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Milano cambierà volto?
Alla fine di giugno è stato presentato in Consiglio comunale il nuovo Piano regolatore di Milano, lo strumento urbanistico più importante di cui una città possa dotarsi.
È una sorta di verifica del lavoro che, in questo settore, la nuova giunta democratica ha saputo compiere nei mesi passati. La verifica tecnica, in una certa misura era già stata fatta: le relazioni di settore (servizi, industria, mobilità, verde. ecc.) erano già state sottoposte da tempo all'esame dei consigli di zona, dei sindacati, delle categorie professionali interessate. Con una prassi, è il caso di sottolinearlo, certamente innovativa: la città è stata chiamata a giudicare e a modificare lo strumento che ne dovrebbe regolare la crescita nei prossimi anni.
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Democrazia e partecipazione hanno contraddistinto dunque il lavoro della giunta: il PRG non nasce nel chiuso di alcuni uffici tecnici, ma nella discussione che per mesi ha animato la città, o. almeno, i suoi organismi del decentramento.
« Milano cambierà volto, allora? » potrà chiedersi qualcuno.
Per rispondere bisognerebbe descrivere la città già costruita. bisognerebbe ripercorrere la storia di centoanni di devastazione del territorio. di speculazione edilizia, di sventramenti che hanno solo favorito nuove posizioni di rendita parassitaria, di piani regolatori approvati e regolarmente aggirati.
Il nuovo Piano regolatore non può inventare una città « diversa »: raccoglie un'eredità, dopo tanti anni di malgoverno democristiano, assai pesante e cerca di smussarne gli aspetti più negativi.
Milano è cresciuta a dismisura soffocando l'hinterland, facendone un immenso quartiere di dormitori e di fabbriche inquinanti: il nuovo PRG si pone in un'ottica comprensoriale, cerca di armonizzare le necessità della città con quelle dei paesi della cintura, il punto di riferimento costante è il piano intercomunale (P. I . M. )
L'espulsione dei ceti popolari dai quartieri centrali o se micentrali della città, promossa dalle grandi immobiliari che volevano trasformare vecchie case in palazzi di lusso, è diventata, dopo gli anni sessanta, frenetica.
La prima risposta è venuta dalle lotte popolari per la difesa del quartiere Garibaldi e l'Isola. Poi è venuto il primo piano di 167, che la nuova giunta ha perfezionato e ha iniziato a realizzare, integrandolo nel piano regolatore.
A Milano sono diminuite le fabbriche e i posti di lavoro. La popolazione operaia ha dovuto lasciare la città. Il nuovo PRG vuole difendere la struttura produttiva della città.
Non un nuovo sviluppo incontrollato e caotico, non nuovi capitali investiti in una zona già « forte » di industria, di uffici, ecc. Ma interventi che consentano alle industrie e alle fabbriche di adesso di non essere soffocate da problemi di spazio, di mantenere una loro vitalità produttiva e i livelli occupazionali attuali.
Su questa scelta della giunta si è aperta una polemica assai aspra: la DC milanese, dopo aver consentito per trent'anni qualsiasi speculazione, sostiene ora per Milano la necessità di uno « sviluppo zero ». Ma
Milano: Corsia dei Servi ai primi dell' 800 ..marsamaxwmara~.. questa formula significa, in queste condizioni, non controllare o frenare lo sviluppo di Milano rispetto all'hinterland e alla Regione, significa piuttosto innestare un irreversibile processo di decadimento produttivo che priverebbe in poco tempo la città di migliaia di posti di lavoro. Scelta che colpirebbe evidentemente non solo i lavoratori ma tutti i ceti produttivi della città.
Le industrie devono quindi rimanere e deve essere garantita la possibilità di una crescita produttiva, nel quadro evidentemente di attente scelte tecnologiche.
I servizi sociali (scuole, asili, giardini, centri civici, ecc.) sono ancora un grave problema per la città: vi si è fatto fronte con il « piano dei servizi », che punta al recupero di strutture già esistenti e di tutti gli spazi liberi disponibili. Un censimento dunque delle necessità della città e delle possibilità concrete di farvi fronte.
La giunta si muove dunque, nei limiti di una legislazione assai carente e contradditoria, in una città già devastata da decenni di speculazione, con rigore, ricercando la collaborazione critica di tutti i cittadini.
Tra i provvedimenti della nuova Amministrazione democratica va ricordata ad esempio la revoca « per caducazione » di numerose convenzioni di lottizzazione, stipulate pri- ma del 1968 con privati, non realizzate o realizzate solo in parte. Sono così cancellati accordi vecchi di anni per massicce edificazioni di carattere speculativo. È il segno di un nuovo modo di concepire la città e insieme della volontà di fare del piano regolatore. sgombrato il campo da tutta una serie di vincoli assunti dalle precedenti amministrazioni. uno strumento di pianificazione dello sviluppo della città veramente efficace.