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Lettere di licenziamento alla "S.I.F." (Società Italiana Forme)

La precaria situazione dei lavoratori della S.I.F., va avanti ormai da oltre due anni, da quando cioè l'azienda, allora sita in via Watt 13, con il nome di "Bertolaia", dichiarò fallimento.

Vi fu in quell'occasione una immediata risposta da parte dei 250 lavoratori occupati, i quali, con l'appoggio del Sindacato, diedero inizio ad una intensa e logorante occupazione della fabbrica in difesa del proprio posto di lavoro.

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Del problema si fece carico anche il C. di Z. 16, appoggiato da alcune forze politiche del rione. Dopo lunghe trattative, la direzione decide di riprendere le attività produttive in maniera molto ridimensionata, sia in organico che in macchinari; trasferendosi da via Watt in via Binda 14 sotto un nuovo nome. Nasce così la "S.I.F." (Società Italiana Forme).

Il tipo di produzione, resta pressochè immutato: forme per calzature e zoccoli. Contemporaneamente, affiliata alla fabbrica di Milano, viene aperta una piccola succursale a Miradolo Terme, con 25 dipendenti.

Inizialmente le cose sembra- vano andare per il meglio, ma con il trascorrere del tempo si cominciarono a notare dei sintomi di incertezza: si intravvedeva fin da quel momento una chiara intenzione padronale di creare i presupposti per un ridimensionamento della produzione con un conseguente calo dell'occupazione; infatti, per alcuni lavoratori che per raggiunti limiti di età o per altre ragioni lasciavano l'azienda, da parte della direzione non veniva attuato nessun meccanismo di turn-over. L'organico scende così in meno di due anni ad appena 70 unità tra operai ed impiegati.

Il primo campanello d'allarme ai lavoratori giunge nel febbraio di quest'anno, quando l'azienda decide di punto in bianco la chiusura del reparto adibito alla produzione zoccoli.

Vi fu un'immediata reazione del C. di Z., al quale la direzione rispose in maniera molto ferma e secca, esprimendo la propria volontà di procedere ad un'ennesima ristrutturazione di tutto l'apparato produttivo; e quindi di ridurre la produzione forme dalle 960 alle 500 paia al giorno; dicendo inoltre che il numero ottimale di organico per tale pro- duzione sarebbe stato di 25 - 30 dipendenti, tra operai ed impiegati (Quindi, ferma intenzione padronale a ridurre nell'immediato futuro di altre 40 unità lavorative).

In quella seduta, la direzione minacciò anche la possibile chiusura di Miradolo, minaccia che non tardò molto a trasformarsi in cruda realtà; infatti, poco tempo dopo, cassa integrazione; e nell'agosto scorso smantellamento totale degli impianti di produzione e lettera di licenziamento a tutti i 25 dipendenti.

Ma come se non bastasse, al ritorno dalle ferie i lavoratori si trovano di fronte ad un ulteriore irrigidimento padronale; infatti, l'inesorabile macchinazione di ridimensionamento è iniziata.

La direzione mette al corrente il C.d.F. delle sue ferme intenzioni di procedere subito alla messa in cassa integrazione di tutte le maestranze produttive per trenta giorni e contemporaneamente licenziamento di venti unità.

Da qui l'incontro in Confindustria, dove la direzione giustifica la richiesta per la crisi di mercato.

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