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L'UOMO A DUE RUOTE

Milano può ben definirsi capitale del ciclismo italiano e, nell'ambito cittadino, nessun altro quartiere più del Sempione può vantare un ruolo primario nella storia del ciclismo sportivo. Nella nostra zona sorse, infatti, la prima pista per le gare di velocità su bicicletta: il Velodromo Sempione poi sostituito dal Velodromo Vigorelli. Furono partenza e traguardo finale di tanti giri d'Italia. Vi ebbero lugo grandi competizioni sportive e vi si celebrarono tanti record mondiali e grandi eventi legati alla bicicletta.

La bicicletta, veicolo fatto a misura dell'uomo, dopo essere stato umile, silenzioso strumento di lavoro e divertimento è diventato protagonista di un'interessante mostra che, partendo dalla protostoria, arriva sino alle futuristiche sperimentazioni.

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Presso l'area ex Ansaldo, in via Tortona, angolo via Stendhal, è in corso la mostra L'uomo a due ruote dedicata al ciclismo e al mondo della bicicletta nella storia, nel costume, nell'economia, nella cronaca, nell'attualità e nello sport. E' la prima in Europa e richiama appassionati di generazioni vecchie e nuove: la bicicletta, infatti, è quasi patrimonio di vita di ogni famiglia.

La mostra resterà aperta sino alla fine di marzo e costituisce un avvenimento d'interesse. La rassegna offre la possibilità di ripercorrere la storia della bicicletta dal pionierismo di Leonardo da Vinci, ai velocipedi, ai bicicli sino alle sperimentazioni e ai prototipi d'oggi. L'esposizione copre uno spazio di 3.500 metri quadrati.

II nucleo centrale della mostra è l'evoluzione della bicicletta in tutti i suoi aspetti, che sono molteplici, spesso addirittura impensabili. In varie epoche le due ruote sono simbolo del tempo libero. Pennellate d'arte si esprimono in forme particolari che fanno cronaca ed esprimono le abitudini e il gusto della gente. E, naturalmente, soprattutto negli ultimi decenni, si ampliano gli orizzonti, dalla pratica sportiva alla ricerca scientifica e tecnologica, fino alle possibilità "estreme", ma altrettanto curiose dell'uso della bicicletta per grandi primati.

Accanto alle due ruote e alle trasformazioni nel tempo, la mostra mette in evidenza altri aspetti letterari e visivi che negli anni hanno cantato le "gesta" della bicicletta. Ci sono gigantografie che parlano di gloriose imprese sportive e del rapporto tra l'uomo in bicicletta e l'ambiente. Ci sono filmati che raccontano la cronaca di

"grandi duelli", ma anche il ruolo della bicicletta in manifestazioni, abitudini della gente, anni difficili e no, di "interviste" in voce con campioni che hanno appassionato e scatenato il tifo di intere folle. Ma, al di là del percorso storico della bicicletta come veicolo realizzato e finito, ecco successive evoluzioni.

E, per finire, una carrellata di cimeli, che non sono solo coppe e trofei, ma tutto ciò che direttamente richiama la vera "filosofia" della mostra: il rapporto tra uomo e bicicletta.

Un volume-catalogo edito dall'Electa, corredato da belle fotografie e da testi di esperti, può anche diventare un documento di facile consultazione che guida il visitatore attraverso le varie epoche della bicicletta e il suo molteplice impiego. Un volume insomma che, a corredo della mostra, è proprio una testimonianza di quella "avventura, storia e passione" che, da sempre, sono il distintivo dell'uomo a due ruote.

Breve Storia Della Bicicletta

La storia della bicicletta, la cui invenzione non è attribuibile a un unico individuo, ma è il risultato di un'infinita serie di piccoli, e avolte singolarmente insignificanti, brevetti, modifiche e miglioramenti operati da molti "inventori", inizia, naturalmente, assieme a quella del suo componente basilare: la ruota.

Il vero inizio dell'interesse nei confronti della ruota e della sua utilizzazione come mezzo di trasporto, e anche come strumento bellico, (di per sè e non applicata a carri) risale all'Umanesimo anche se si tratta molto spesso di speculazioni "teoriche", non direttamente e immediatamente collegabili a una pratica progettuale. Giovanni Fontana, nel suo "Bellicorum Instrumentorum Liber" (sec.XV) attraverso una fune e degli ingranaggi era in grado di trasmettere il moto alle ruote anteriore. Nella sua scia Jacopo Martini detto Taccola con le sue ruote "motrici", Roberto Volturio, Francesco di Giorgio Martini, ma soprattutto Leonardo da Vinci. A quest'ultimo si attribuiscono, come testimoniano i fogli del Codice Atlantico, parecchie intuizioni che precorreranno le invenzioni tecniche che sono alla base di molti mezzi di trasporto contemporanei, del volo al n,_>vimento su terra, alla bicicletta appunto. segue a pag.16

Un disegno, datato 1482, di un suo giovane allievo mostra straordinarie intuizioni sul sistema di trasmissione del moto attraverso i pedali e una catena a denti cubici, oltre che un meccanismo simile a quello delle attuali moltipliche.

Varie sono le sperimentazioni nei secoli successivi nella direzione ipotizzata da Leonardo per un mezzo di locomozione e trazione meccanica, azionato dalla forza dell'uomo, ma bisogna apsettare la fine del secolo XVIII e i primi del XIX perchè le "invenzioni" inizino a susseguirsi una con l'altra a un ritmo incalzante.

I problemi da risolvere sono numerosi e diversi: come far muovere il veicolo, come trasmettere il movimento, come governare la direzione e, infine, come collegare fra loro le singole componenti del mezzo. In un'età ancora completamente dominata dall'uso del cavallo, molto stupore deve aver generato nel 1791 il Conte di Sivrac, che si aggirava per i giardini del Palais Royal di Parigi a bordo del celerifero, un rozzo asse di legno al quale erano fissate due ruote, che si muoveva grazie alla spinta dei piedi sul terreno. Certo non si poteva girare, in assenza di un sistema di sterzo, e il veicolo appariva pesante e goffo, ma nonostante ciò si diffuse in tutta Europa. Il barone tedesco Karl von Drais di Sauerbrun nel 1816, mantenendo l'idea del movimento con i piedi e la struttura in legno, brevettò una specvie di timone che era in grado di far mutare direzione al veicolo. La sua dfraisienne, oltre allo sterzo, aveva una lunga e comoda sella, di altezza regolabile e appoggiabraccio per il conducente.

La trasmissione del moto non più sul terreno ma direttamente sul veicolo, attraverso un complesso sistema di bielle e di rudimentali pedali, che agivano sulla ruota posteriore, fu realizzata nel velocipede dello scozzese Kirkpatrick Mac Millan, nel 1839, che irrobustì inoltre il telaio con parti in ferro. Per quanto riguarda la trasmissione del moto, che rimane il problema fondamentale di questi primi "inventori", un'altra direzione di ricerca, differente da quella di Mac Millan, sarà presa dal francese Ernest Michaux, che applica i pedali direttamente sulla ruota anteriore in modo che, subendo un movimento rotatorio, muovano il biciclo, come si chiamerà il mezzo da lui progettato fra il 1861 e il 1868, dopo molte sperimentazioni che erano avvenute nel decennio precedente. Michaux affronta inoltre il problema di come arrestare il veicolo e mette a punto un ingegnoso sistema di arresto, progenitore degli attuali freni.

La maggiorazione dimensionale della ruota anteriore, già presente, nel biciclo, viene esagerata negli anni successivi con un certo vantaggio per quanto riguarda la verecità di movimento e qualche disagio per via dell'equilibrio del conducente.

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