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La strada della riconversione

Già nelle recenti vertenze aziendali ii movimento operaio delle Industrie aerospaziali, come alla Fiat e Fn altri grandi complessi, aveva saputo porsi obiettivi di lotta quailficanti quali: li controllo degli investimenti, lo sviluppo al sud, e nel caso della Aeritalla Il contratto unico delle partecipazioni statali.

Con II convegno tenuto recentemente si è fatto un altro passo in avanti ed il successo di partecipazione e di Interventi sta a garantire che non si tratta di acqui*Word di una avanguardia Illuminata, separata dal movimento, ma di un processo di maturazione che tende a coinvolgere tutti gli addetti del settore.

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Nutrita è stata la presenza dei lavoratori dell'Aeritalia e di altri settori del trasporto, folte delegazioni da altre regioni, qualificate presenze di ricercatori, studiosi ed esponenti di altri partiti, numerosi e buoni sono stati gli interventi.

Le due relazioni introduttive presentate a nome della cellula del P.C.I. della Aeritalla di Torino dal sottoscritto Giovanni Papero e da Pier Luigi Gentile, hanno documentato abbondantemente le caratteristiche del settore aerospaziale.

E' questo un settore che ha conosciuto un grande sviluppo in seguito alle spese militari e per la corsa allo spazio.

L'anno di massima espansione è stato il 1968 al culmine dell'impegno americano nel Vletnem. Allora gli occupati nei paesi del mondo occidentale arrivarono alla cifra di circa due milioni e le vendite si aggiravano sul 20.000 miliardi di lire, circa il 40% del Reddito Nazionale lordo di quell'anno.

All'interno dl questo settore fa spicco l'assoluto predominio delle Industrie americane che in quell'anno occuparono ben 1.502.000 addetti (contro poco più di 400.000 in Europa) e vendettero da sole per circa 18.000 miliardi di lire. A seguito del disimpegno nel Vietnam, e delle riduzioni nelle spese governative per la difesa e lo spazio, le industrie americane si trovarono a dover fronteggiare una crisi di domanda di ingenti proporzioni. Esse reagirono ristrutturando radicalmente le aziende, gli occupati scesero a 922 mila nel 1972, accentuando la diversificazione ed incrementando le esportazioni, in ciò aiutate dalle due successive svalutazioni del dollaro del dicembre 1971 e del febbraio 1973.

id quasi monopolio del costruttori americani di velivoli civili si è pertanto accresciuto in questi ultimi anni passando dal 90,5% del mercato nel 1970 al 93,4% nel 1973. Le imprese degli USA hanno fatto sostanziali progressi soprattutto in Europa passando dal 69,9% nel

1970 811'81,0% nel mercato civile europeo nei 1973, mercato che in quell'anno era pari al 26,3% di quello complessivo del mondo occidentale.

L'Europa di fronte alla sempre più accanita concorrenza americana si trova con una gamma di ve- livoli civili tecnicamente validi, costati anni di studi e ricerche e migliaia di miliardi di lire, che non trovano adeguati sbocchi sul mercato. Un enorme potenziale produttivo rimane sottoutilizzato (nel 1972 il fatturato per addetto era di 14 milioni e 100 mila lire negli USA contro i soli 7 milioni e 500 mila nella CEE) e rischia di venire definitivamente compromesso. L'industria aeronautica della CEE si trova in una situazione drammatica, i suoi oltre 400 mila occupati vedono ogni giorno di più minacciati I loro posti di lavoro. Ad aggravare la situazione vi è lo stato di dissesto economico di numerose compagnie di trasporto aereo a causa dell'aumento generale dei costi, esaltato dalla recente crisi petrolifera, ed a causa di una crescita del traffico inferiore _a quanto Incautamente previsto negli anni di euforia generale, quando fu dato il via all'acquisto eccessivo di velivoli a grande capacità. E' ora tempo di ridimensionamento in parecchie compagnie di trasporto con conseguenze sulla occupazione del settore stesso e di quello delle costruzioni per. il calo degli ordini di velivoli nuovi.

Venendo a parlare della situazione italiana la seconda relazione mette in evidenza come la politica nazionale aeronautica impostata a cavallo degli anni '70, mostri anche a distanza di breve tempo tutti i suoi limiti.

Ciò a causa della scarsa competenza nel settore da parte degli organismi governativi incaricati di elaborare le linee di sviluppo. Basti come esempio ricordare che la Commissione Lavori incaricata dal CIPE di esaminare le prospettive di sviluppo dell'industria aeronautica italiana, aveva Indicato come molto promettente il campo dei velivoli civili a decollo ed atterraggio corto per i quali in realtà non esiste e probabilmente non esisterà per ancora molti anni una seria prospettiva di mercato.

La relazione denuncia inoltre la incoerenza e le incapacità a livello governativo perché dopo avere definita una politica aeronautica, le cui carenze tecniche sono appena state accennate, le ha fatto poi mancare il necessario supporto finanziario.

Molto critica è anche la situazione della stessa Aeritalla: passivo dichiarato a tutto il 1973 di 25 miliardi, per id 1974 si prevede una ulteriore perdita di una trentina di miliardi. Anche in questo caso si denuncia il caos amministrativo e commerciale, l'irresponsabilità del management, la situazione di stallo di potere che ha già fatto cambiare 4 direttori generali ed ha già richiesto tre anni per l'introduzione di una nuova struttura organizzativa non ancora completata.

L'accordo Aeritalla-Boeing, che di fatto costituisce una spina nel piano di una auspicabile cooperazione europea e che si innesta in una tradizione di asservimento dell'industria aerospaziale italiana a quella degli USA, in funzione sovente di ostacolare un possibile coagulo di forze europee, viene criticato non tanto per questi motivi che possono apparire di principio, quanto per i contenuti concreti.

Le vie di uscita da questa situazione che è stata sovente de' finita drammatica non sono né semplici né indolori. E' chiaro che sebbene si ritenga che l'industria aeronautica europea ed in essa quella italiana vadano salvate, ciò ,non può awenire senza una risoluta ristrutturazione del settore con la creazione di poche imprese o consorzi di imprese, capaci: di criticare la eccessiva proliferazione di progetti che si elidano a vicenda, di concentrare le energie su soluzioni che abbiano preventivamente garantito _uno sbocco, almeno sul mercato europeo, e capaci pertanto di avere gestioni economistiche.

Di fronte al gran numero di bisogni sociali ancora insoddisfatti nella maggior parte d'Europa sarebbe infatti grave distogliere ingenti risorse per coprire deficit di imprese gestite in maniera antieconomica, anche se di grande importanza industriale e strategica.

Altra via da percorrere è quella della diversificazione produttiva e della applicazione delle capacità sviluppate nel settore aerospaziale per la soluzione dei problemi più urgenti della collettività, quali: lotta agli Inquinamenti, automatizzazione degli ospedali, controllo del traffico urbano e simili.

Dei numerosi ed interessanti Interventi che speriamo vengano presto pubblicati con gli atti del convegno,' ricordiamo alcune importanti osservazioni del professor Giovanni Jarre del Politecnico di Torino,' il quale riallacciandosi a quanto rilevato nelle relazioni introduttive ha ricordato come gli europei abbiano sperato ottime occasioni di sviluppare autonoma. mente tecnologie di avanguardia quando gli USA, per gravosi impegni nel Vietnam e per la corsa alla lu,na non potevano competere In tutti I settori. Gli USA infatti sono riusciti ad, ostacolare gli sviluppi autonomi europei nel campo nucleare ed elettronico e ci hanno bloccato nel campo spaziale in cui, per il loro stesso massiccio impegno non temevano di perdere li primato.

Il professor Jarre ha dato anche atto al P.C.I. di aver maturato in questi ultimi anni una linea molto più evoluta sulla realtà del mondo industriale, comprendendo come la salvaguardia del patrimonio industriale del paese sia un problema di estrema rilevanza per la classe operaia. Neppure una lacrima fu versata nel 1964 quando la Generai Electric comperò il settore del calcolatori elettronici della Olivetti unicamente per chiuderlo e soffocare cosi sul nascere un possibile concorrente.

Per ultimo Jarre, pur rilevando il successo del convegno, ha osservato come la sua mancata caratterizzazione di partito può aver nuociuto ad una più ampia partecipazione di competenza. Ha auspicato che riesca a riprendere il discorso in un ambito più vasto che veda le forze del sindacato, dei partiti, della ricerca, della scuola, farsi promotrici di un altro Incontro che sappia sviluppare l'ottimo lavoro fino ad ora svolto.

Nella sua ampia conclusione il compagno Lucio Libertini ha delineato iI quadro dei problemi che la nostra società deve affrontare e superare In questo periodo di grave crisi strutturale mondiale. All'interno dl questo ambito generale ha celato il problema nella ristrutturazione del settore aerospaziale che rappresenta un patrimo- nio nazionale di mezzi e di esperienza che non deve andare perduto.

II P.C.I. non ha voluto né vuole monopolizzare il discorso sul settore aeronautico ed è ben disponibile a concorrere con altre componenti all'approfondimento dei temi trattati.

Il presente convegno ha voluto assolvere ad una funzione di richiamo e di stimolo per tutte le forze popolari che operano in Italia. sui temi della struttura industriale Italiana e delle necessarie riconversioni.

TERMINI IMERESE Fecondi legami tra operai e popolazione

L'accordo FIAT è stato salutato positivamente nello stabilimento di Termini Imerese e nei comuni che prestano la mano d'opera a tale stabilimento.

Tutta la vicenda dalla prima fase (rottura delle trattative-cassa integrazione) a quest'ultima fase è stata seguita attentamente dagli operai e dalla popolazione della zona, non salo attraverso la stampa ma con iniziative specifiche. Nel Termitano si è riuscito a realizzare un vasto schieramento unitario, che accanto ai lavoratori FIAT, vedeva i numerosi edili rimasti disoccupati nello stesso tempo per la crisi del settcre, le forze sindacali, il nostro partito e come grande novità la presenza dei sindaci democristiani (fanfaniani) della zona, ed il loro leader sen. Carollo (anche se costui ha cercato di strumentalizzare l'iniziativa rimanendo schiacciato ed isolato dal movimento). Nella sala consiliare del comune di Termini su iniziativa del F.L.M., si è tenuta una conferenza, in cui è stata discussa la grave situazione che si era determinata nella zona, con la messa in cassa integrazione degli operai, con il ritardo del iompletamento della diga sul S. Leonardo e con la chiusura dei cantieri edili.

La classe operaia della FIAT è stata la protagonista di questa lotta, nella quale ha dimostrato la sua accresciuta maturità, facendo un salto di qualità, uscendo dal- la fabbrica e trovando i temi su cui collegarsi alla popolazione della zona.

Su questa strada è possibile portare avanti la vertenza di zona varata dalla Conferenza indetta dalla FLM e tenutasi nel .giugno 73 a Termini.

Oggi assieme alle preoccupazioni più generali (crisi economica, caro-vita, etc...) permane quella legata al tipo di produzione dello stabilimento (FIAT 500 R); ed in questa direzione gli operai e i sindacati sono convinti che si debba aprire un discorso con la FIAT per vedere cosa si deve produrre.

Ora gli operai si apprestano a portare avanti quell'altra grande battaglia di democrazia, rinnovamento e progresso collegata ai decreti delegati sulla scuola. Le difficoltà sono dello stesso tipo di quelle per la cam-na del Referendum sul divorzio: non conoscenza del oblema, esclusione dei ceti più poveri dalla scuola, etc...

In questa direzione si è già mossa la FLM, che ha indetto un'assemblea dei genitori. Si è deciso di marciare sulla piattaforma proposta nel palermitano dalla Federazione CGIL-CISL-UIL, esistono le possibilità per realizzare liste unitarie, che vedano assieme le stesse forze che si sono impegnate nella lotta contro la cassa integrazione. Si può dire unità nella lotta, unità nelle elezioni. ITALO

La decisione di mettere in cassa integrazione circa 70.000 operai del settore auto, presa dalla Fiat nel mese di ottobre ha dato l'inizio anche nel nostro stabilimento, in precedenza adibito alla fusione di particolari per il settore auto, oltre che per i veicoli industriali e diversificati, ad una seconda fase di ristrutturazione e anche ad un inizio di riconversione produttiva nel giro di pochi anni.

La fonderia di Borgaretto prima del 1970 produceva fusioni: in ghisa, in alluminio pressofuso nonchè getti in leghe speciali per esperienze varie, era di proprietà dell'Aspera Frigo e occupava circa 900 operai che ruotavano 'sui tre turni; la situazione ambientale non era delle più brillanti (vi erano alte percentuali di operai affetti da silicosi); la classe operaia era in prevalenza proveniente dal Sud, ed in parte formata da operai licenziati da altri stabilimenti durante gli anni '50.

Dopo il passaggio alla Fiat avvenuto nel 1970 si verificò la prima ristrutturazione che causò la riduzione degli operai a circa 800 (attuando trasferimenti in altre sezioni). Furono prese decisioni che portarono all'eliminazione della fusione di particolari in ghisa e in pressofusione, potenziando invece la fusione di getti in conchiglia ed in terra. Da una produzione di pochi getti per tipo si passò quindi ad una produzione ín serie specie di particolari per il settore auto (condotti di aspirazione per quasi tutti i tipi di auto — scatole sterzo), inoltre anche il reparto produzione getti speciali (aereonautici) subì una trasformazione e venne potenziato.

Con dure lotte si costrinse la Fiat ad intervenire per il miglioramento della situazione ambientale ed in questo campo si registrarono interessanti risultati.

Indubbiamente tale ristrutturazione comportò dei problemi al movimento: i mutati rapporti di forza tra le strutture sindacali e l'azienda (il passaggio alla Fiat significò maggior difficoltà nell'incidere con le lotte, inoltre un certo riflusso del movimento almeno all'inizio dovuto al miraggio: « E' arrivata la Fiat e staremo bene », nonchè il trasferimento da altre sezioni Fiat di attivisti idel Sida che in un primo momentS riuscirono ad inserirsi in mezzo ai lavoratori con metodi clientelari); l'incidenza della dequalificazione che la ristrutturazione comportò, passando da una produzione quasi artigianale ad una produzione in serie.

Dopo alcune conquiste fatte dal -movimento operaio in gene- rale, anche a Borgaretto la situazione iniziò a migliorare, si avanzarono proposte e richieste alla Direzione che portarono con la lotta al recupero del movimento, si riuscì quindi a respingere la logica Fiat di decidere da sola anche l'ubicazione di macchinari in uno spazio che si faceva già troppd stretto, i metodi autoritari di alcuni capi provenienti da altre sezioni subirono dure risposte dagli operai.

La qualificazione affrontata con l'inquadramento unico migliorò sensibilmente: si riuscì a costringere l'azienda alla contrattazione con il Consiglio di fabbrica arrivando a concordare dei profili professionali in ogni area di lavoro, respingendo tutte le strumentalizzazioni fatte dalle

Fiat durante la trattativa con degli scioperi interni, che hanno sempre visto una partecipazione pressochè totale, riuscendo ad impegnare la azienda su questo punto ad una verifica mensile dei passaggi di categoria, passaggi che dal mese di aprile 1974 al dicembre 1974 sono stati per gli operai 362 su una forza di 747 (36 dal 4° al 5° livello, 102 dal 3° al 4° livello, 224 dal 2° al 3° livello).

Indubbiamente su questo punto ancora molto resta da fare, alcuni ritardi come quello dell'applicazione dell'inquadramento unico per gli impiegati vanno recuperati, ma nel complesso proprio per la partecipazione che vi è stata da parte degli operai su questo tema, il giudizio sia sul metodo adottato che sui risultati ottenuti è senz'altro positivo.

La seconda fase di ristrutturazione ebbe inizio pochi mesi fa, subito dopo le ferie dell'agosto '74 si iniziò poco per volta a smantellare un reparto adibito a lavori di grandi serie (condotti aspirazione), reparto che era stato impiantato solo da 3 anni, ci dissero in un primo tempo che bisognava trovare spazio per allargare il reparto « fusione getti in terra » (adibito particolarmente a produzioni per il settore veicoli industriali) per far fronte alle enormi richieste che vi erano in tale settore.

Solo in un secondo tempo, cioè all'annuncio unilaterale della Fiat di mettere a cassa integrazione migliaia di addetti al settore auto tra cui anche centinaia di operai delle fonderie di Carmagnola venne recepito il vero motivo: trasferire quelle produzioni a Carmagnola per ridurre in quello stabilimento gli operai da mettere ín cassa integrazione e creare un clima di minaccia del'loccupazione anche a Borgaretto.

La manovra è tutt'ora in atto, dopo il trasferimento di quei particolari, gli operai vennero

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