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I lavoratori Fiat verso il XIV Congresso del PCI Lavoratori Fiat e Mezzogiorno
from I Duecentomila1
La reale portata della situazione politica ed economica internazionale e dei problemi interni al nostro paese deve essere al centro del dibattito congressuale nelle cellule e sezioni del nostro partito per creare il massimo orientamento, l'unità di azione e di lotta necessari per far fronte agli attacchi dei grossi monopoli interni e internazionali.
Negli ultimi mesi, l'economia italiana e più in generale quella dei paesi capitalistici « del cosiddetto occidente » ha subito scosse tali da far supporre il tracollo, il cosiddetto « strozzamento » a tempi brevi se non si cercano e si attuano misure che vanno nella giusta direzione.
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I paesi capitalisti si trovano di fronte ad una crisi che non è ciclica (tale che basta la classica politica deflattiva attuata da sempre dai vari governi borghesi che hanno diretto i vari stati) ma è la crisi stessa del capitalismo, della sua logica imperialista, di sfruttamento della classe operaia e oppressione dei paesi del terzo mondo.
Cosa significa questo. I grossi monopoli e le compagnie multinazionali con l'appoggio diretto dei paesi imperialisti, primi fra tutti gli USA hanno sempre rapinato le materie prime ai paesi sottosviluppati del « terzo mondo ». Tutto questo in vari modi: colonialismo, asservimento della borghesia del luogo agli interessi delle compagnie, oppressione della classe operaia e contadina. In definitiva queste compagnie hanno sempre preso le materie prime a questi paesi pagandole a basso costo facendo enormi fortune mentre hanno tenuto nella miseria (condizione essenziale della logica imperialista) milioni di uomini. Ora cosa è successo: negli ultimi anni abbiamo assistito ad un grande e profondo risveglio dei popoli oppressi, primo fra tutti il popolo del Vietnam, i quali hanno alimentato questo sentimento, questa volontà di riscatto, di spezzare le catene dell'oppressione e di appropriarsi delle ricchezze nazionali e sottrarle alla rapina dei monopoli internazionali. L'Angola, il Mozambico, la Guinea Bissau, I paesi Arabi, il Venezuela, Messico, Perù, ecc., tutti popoli che hanno ottenuto la loro indipendenza nazionale ed economica, rivendicando alle imprese straniere il giusto prezzo delle materie prime, per avere così un livello di vita più giusto e più umano. In questo contesto va dunque vista la posizione dei paesi Arabi produttori di petrolio; paesi che non hanno più permesso che venisse rapinata l'unica ricchezza che possiedono, il petrolio. Vanno dunque respinte e ostacolate dalla classe operaia, da tutte le forze sane, le minacce di Kissinger e degli Stati Uniti lanciate contro i paesi Arabi, di « un sicuro intervento bellico americano nel caso di uno strozzamento dell'economia occidentale ». Noi comunisti, all'opinione pubblica internazionale, additiamo il tentativo americano di mettere in pericolo la pace nel mondo, alimentando la politica espansionistica di Israele ed intervenendo diretta- mente in Indocina. Ricordiamo pure a tutti i popoli che l'imperialismo, il capitalismo, quando è in difficoltà, tenta sempre la guerra per assicurarsi più ampi spazi di mercato e risolvere così una crisi che è al suo interno. Lo ha fatto nella guerra del 1915-18; in quella del 1939-45 e cerca di farlo anche adesso. E' necessario, dunque, un niusto orientamento fra le masse tale da evitare ogni equivoco o consenso alla politica americana contro i paesi arabi.
Quindi una crisi profonda dei paesi capitalisti dovuta al mutare dei rapporti economici con i paesi sottosviluppati.
Come si trova l'Italia, sul piano interno, a fronteggiare questa crisi? Noi comunisti diciamo che l'Italia affronta questa crisi in condizioni più drammatiche degli altri paesi occidentali. Da circa trenta anni assistiamo ad un tipo di sviluppo (promosso dai governi della D.C.) abnorme, distorto, irrazionale che si è mosso verso due obiettivi di fondo: spopolamento delle campagne nel Sud e rapida industrializzazione del Nord della penisola. Invece di risolvere la « questione meridionale » la D.C. l'ha esasperata. Creando così, da un lato, l'abbandono totale dell'agricoltura (sei milioni di ettari di terra incolti) dall'altro il congestionamento delle grandi città dei Nord (Milano, Torino, Genova) dando vita a problemi di natura sociale di enorme portata (case, trasporti, ospedali, ecologia, scuole, ecc.). Tutto questo al solo sco- di creare un esercito di manodopera dequalificata, spoliticizzata e soprattutto disposta a ricevere salari bassi. Quali sono stati i settori prevalenti in cui si è mossa l'industria? L'industria italiana ha posto al centro del suo sviluppo la costruzione di macchine ed autostrade; due settori collegati. Si è voluto creare il mito dell'automobile, delle belle strade e cioè, del consumismo fittizio, non essenziale. Milioni di italiani lavorano direttamente e per conto di questi settori. Ora, però questi settori sono in crisi. Le automobili non si vendono più come prima e le industrie del settore mettono i lavoratori a cassa-integrazione. I comunisti hanno sempre denunciato questo tipo di sviluppo tendente ad esasperare i consumi lo spreco, mentre si mortificavano le esigenze di una politica delle riforme, di una collettivizzazione della produzione. In definitiva, i comunisti hanno sempre sollecitato un tipo di industrializzazione collegata alla politica delle riforme -iù urgenti (casa, sanità, edilizia npolare, agricoltura, ecc.). Abbiamo sempre rivendicato l'esigenza di uno sviluppo dei trasporti pubblici che portasse al contenimento, alla dissaturazione del settore auto e a prezzi più giusti per i lavoratori per recarsi sul lavoro. Dall'altra parte gli Agnelli, e i padroni in genere, gioivano di quel miracolo economico degli anni '60, durante i quali si ebbe il boom delle vendite di auto. Ora però questi meccanismi sono in crisi; la politica del consumo privato è stata sconfessata, occorre cambiare strada. Il compagno Enrico
Berlinguer poneva una questiona di fondo nella sua relazione al C.C. del Partito. Egli ha parlato di un « duro sforzo del popolo italiano per uscire dalla crisi e avviarsi ver-) un superiore assetto politico 3 sociale. Ma a quali condizioni e verso quali obiettivi si deve articolare questo duro sforzo che il P.C.I. chiede al popolo lavoratore. Vi sono tre punti essenziali:
1) la necessità di una dura lotta della classe operaia e dei suoi alleati per costringere i monopoli alla necessaria riconversione produttiva che si inserisca nel discorso delle riforme. In questa direzione deve andare la lotta dei lavoratori FIAT; In questo momento la classe operaia deve più che mai uscire fuori dalla fabbrica; vi è la necessità che essa stessa in prima persona si faccia carico dei problemi della società investendo e coinvolgendo tutte le istituzioni proposte alla soluzione reale delle cose.
E l'iniziativa del Consiglio di fabbrica della FIAT di Cassino nel mese passato è andata in quella direzione. Si è sollecitata ed ottenuta una seduta del Consiglio Regionale del Lazio proprio a Cassino ed al centro del dibattito sono stati posti problemi quali: un confronto con la FIAT, anche in contatto con le regioni interessate, per valutare le prospettive ed i programmi di investimento dell'azienda in relazione alla crisi del settore auto; affrontare con interventi urgenti i problemi della casa, o dei trasporti e dei servizi in generale. una necessaria ridistribuzione dei redditi che lumini le ingiustizie retributive, le enormi differenze di compenso che esistono tra la classe operaia da una parte e professionisti e burocrati dall'altra. la sicurezza e la consapevolezza che questi sforzi del popolo vadano nella direzione di un cambiamento profondo delle strutture economiche italiane e verso un superiore assetto della società.
E' necessario, quindi, dare rapida attuazione ai 'problemi posti dalla attuale vertenza sindacale, che vada nella direzione di un recupero salariale per i lavoratori.
Ma è chiaro che per raggiungere l'obiettivo di un nuovo sviluppo economico e sociale è necessario 'Alla svolta profonda, un cambiamento democratico della direzione politica nel paese; occorre in sostanza che una forza nuova, più ana, più legata al popolo abbia la giusta responsabilità del paese. Le forze che attualmente governano l'Italia non bastano, anche se lo volessero, a farci uscire dalla crisi. Quindi il Partito Comunista P! governo. Non si tratta, come dice il nostro segretario generale, di raggiungere in tempi brevi il socialismo perchè per esso non ci sono le condizioni interne e internazionali, ma di fare una nuova tappa della rivoluzione democratica e antifascista con la conquista nel nostro paese di elementi di socialismo che non sono propri di una società socialista ma che senza dubbio vanno nella sua direzione.
SILVIO ANTONELLIS operaio FIAT di Cassino
Editori Riuniti Per Il Xiv Congresso Del Pc
Per noi comunisti, rottura e distacco tra cultura e politica non possono esistere, perché lo sviluppo delle nostre posizioni ideali non può essere separato mai dalla nostra attività pratica. (P. Togliatti, dal rapporto al VI Congresso del PCI)
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