Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Febbraio 2022

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RASSEGNA STAMPA FEBBRAIO 2022


PRINCIPALI ARGOMENTI DALLA RASSEGNA STAMPA DI FEBBRAIO:

PREMIO DI LAUREA DOLOMITI UNESCO ............................................................................................................ 3 CRISI CLIMATICA ............................................................................................................................................... 3 MARMOLADA ..................................................................................................................................................... 6 LA COSTITUZIONE ABBRACCIA L’AMBIENTE .................................................................................................... 9 PASSI DOLOMITICI E MOBILITA’ ...................................................................................................................... 10 COLLEGAMENTO SALTRIA – MONTE PANA..................................................................................................... 12 COLLEGAMENTI INTERVALLIVI ........................................................................................................................ 12 COLLEGAMENTO SAN CIPRIANO – MALGA FROMMER ................................................................................... 14 OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI .................................................................................................................... 15 RETE DEI PRODOTTI E PRODUTTORI DI QUALITA’ DELLE DOLOMITI UNESCO .............................................. 21 NOTIZIE DAI RIFUGI.......................................................................................................................................... 22 NOTIZIE DAI PARCHI ........................................................................................................................................ 24 NOTIZIE DAI CLUB ALPINI ITALIANI ................................................................................................................. 25 INTERVISTE ED EDITORIALI ............................................................................................................................. 26 DOLOMITI IN TV ................................................................................................................................................ 28


PREMIO DI LAUREA DOLOMITI UNESCO Corriere delle Alpi | 1 Febbraio 2022 p. 25 Premiata la tesi di laurea sulla riqualificazione dell'ex Colonia Eni di Borca Il premio Un premio per la tesi di laurea dedicata al progetto di riqualificazione dell'ex colonia Eni di Borca messo in atto da Dolomiti Contemporanee. A ricevere il riconoscimento un lavoro che era stato discusso nel 2019 dagli allora studenti di architettura allo Iuav di Venezia Angelo Paladin, Ettore Focaccia, Federico Biasotto, Simone Rossato con relatore Paolo Faccio e tra i correlatori Gianluca D'Incà Levis, curatore di Dolomiti Contemporanee. La tesi di laurea magistrale "Restauro di uno spazio condiviso: il restauro dell'ex Colonia di Borca di Cadore nel dialogo tra naturale e artificiale" ha ricevuto nei giorni scorsi il premio di laurea della Fondazione Dolomiti Unesco con la Provincia autonoma di Trento. «Questo studio di tesi», spiegano da Dolomiti Contemporanee, «ha avuto sin dall'inizio il nostro supporto in Progettoborca, che ha ospitato per mesi i quattro studenti laureandi. Questo ha favorito la loro ricerca, integrandola alla propria strategia di rigenerazione della Colonia dell'ex Villaggio Eni di Corte. La formazione è infatti uno dei pilastri del nostro lavoro». Dal 2014 ad oggi Dolomiti Contemporanee ha sviluppato una piattaforma di rigenerazione dell'ex villaggio Eni, operando insieme a moltissimi enti e università, italiane e straniere: «L'ex Villaggio», continuano da Dc, «è una grande risorsa territoriale, come sottolineato, pochi giorni fa, dal presidente della Provincia che ha posto il recupero del Villaggio come una "priorità della Provincia", di qui al 2026, anno delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina». Nella motivazione del premio la commissione ha sottolineato come "il tema dell'abbandono e del recupero di quegli elementi identificativi delle Dolomiti che trascendono la dimensione locale è inoltre uno dei temi al centro dell'attenzione per la conservazione del bene Dolomiti Unesco, così come la protezione delle aree insediate immediatamente contigue al bene". Ricordiamo che la Fondazione Dolomiti Unesco è partner di Dolomiti Contemporanee dal 2011, e che numerose sono le collaborazioni sviluppate negli anni, in particolare all'interno dei Dolomiti Days: «Congratulazioni ai premiati dunque, e avanti con il lavoro di squadra e con la tessitura delle reti reattive intelligenti». --E.d.c.© RIPRODUZIONE RISERVATA

CRISI CLIMATICA Alto Adige | 4 Febbraio 2022 p. 23 Non nevica, dramma ghiacciai davide pasquali bolzano Giorni della merla, i più freddi e nevosi dell'anno? Macché. E a farne le spese sono i nostri ghiacciai. Lo chiariscono gli esperti del Servizio glaciologico del Cai Alto Adige, Pietro Bruschi e Franco Secchieri. I ghiacciai, spiegano, sono tra gli elementi più dinamici dell'ambiente naturale, quelli che avanzando o ritirandosi hanno sempre segnato e testimoniato i mutamenti del clima. «Nella stagione invernale (e primaverile) i ghiacciai riposano e si nutrono di quella neve che, trasformandosi poi in nevato e ghiaccio, li fanno vivere e sopravvivere al caldo dell'estate». Gli accumuli ovviamente devono essere tali da poter essere in parte accantonati per costituire quella riserva di neve, nevato e ghiaccio che consentirà al ghiacciaio di continuare a sopravvivere. «Se la quantità di massa gelata che rimane è di più di quella che se ne va per ablazione durante l'estate, allora il ghiacciaio aumenterà e farà avanzare le sue lingue. In caso contrario la sua massa diminuirà sempre più fino a farlo gradatamente scomparire». È ciò che purtroppo sta succedendo negli ultimi anni, «e la situazione è tanto peggiore per le masse gelate alle quote più basse». Per le Dolomiti, ad esempio, anche i ghiacciai maggiori come quello della Marmolada si stanno riducendo, con conseguente sensibile modifica del paesaggio glaciale. I ghiacciai di maggiori dimensioni si riducono, alcuni di estensione minore sono già scomparsi. L'attuale stagione invernale, proseguono i glaciologi del Cai, «si è finora presentata con una scarsa quantità di precipitazioni nevose, facendo mancare ai ghiacciai soprattutto la neve dell'autunno e quella di inizio inverno, la quale assume nel tempo una densità tale da trasformarsi in nevato, più resistente all'ablazione estiva». Nonostante i conti si facciano solamente a fine estate, «al momento ci sono tutti i presupposti per ipotizzare una annata negativa per i bilanci dei nostri ghiacciai a causa della neve che ancora non è caduta e che pare non abbia nessuna voglia di farlo». Naturalmente la speranza è che ciò non accada e che questo sia solo un presagio senza seguito.Ma come stanno i nostri ghiacciai? La risposta si può trovare nelle relazioni degli operatori del Servizio glaciologico del Cai Alto Adige, che da anni ormai rilevano una situazione di arretramento di tutte le fronti dei ghiacciai controllati e una consistente riduzione generalizzata delle masse gelate presenti sulle montagne della provincia di Bolzano. Condizioni confermate anche dagli operatori del Comitato Glaciologico Italiano e supportate


dalle campagne di rilievo aereo che accompagnano le misure a terra. Il tutto concordato e con il concreto appoggio e sostegno dell'ufficio idrologia e dighe della stessa Provincia altoatesina. Ma Bruschi e Secchieri vanno oltre: «La prospettiva che si potrebbe presentare a seguito di un possibile scarso innevamento dei ghiacciai e di una successiva estate caratterizzata da siccità e elevate temperature fornisce il quadro di un bilancio di massa glaciale estremamente negativo, aggravando ulteriormente le condizioni di glacializzazione delle fasce più elevate del territorio, e non solo dell'Alto Adige e del Trentino».Non si tratta comunque solo di un problema di mutamento del paesaggio, ma anche e soprattutto di un'ulteriore perdita della riserva idrica immagazzinata in forma solida. «Questo evento si ripercuoterebbe inesorabilmente sulle portate estive di torrenti e fiumi, colpendo anzitutto il mondo dell'agricoltura. Verrebbe a diminuire pure il potenziale idroelettrico, proprio in un momento in cui i costi dell'energia sono in forte aumento e le disponibilità in sensibile diminuzione». A risentire della situazione anche la pratica dello sci. Quello estivo è uno sport che si va via riducendo perché i ghiacciai disponibili sono sempre meno. Da qualche parte è in atto il tentativo di salvare la neve ricoprendo le superfici con enormi teloni bianchi. Ma sembra una soluzione insostenibile per motivi diversi, anche e soprattutto economici e ambientali. «È come voler scaldare in inverno l'acqua del mare di Riccione per poterci fare il bagno».Il clima, concludono i glaciologi, cambia per tutto e per tutti, a cominciare dai ghiacciai. Corriere dell’Alto Adige | 4 febbraio 2022 p. 7 Niente pioggia e neve da due mesi Timori a Trento, Bolzano tiene Merler: «Produzione ridotta del 35%». Trogni: «Investimenti per l’efficienza» Di Nicola Chiarini TRENTO La persistente assenza di piogge e nevicate riduce la produzione idroelettrica e, quindi, potrebbe gravare ulteriormente sulle bollette degli utenti. Una preoccupazione, in verità, avvertita più in Trentino rispetto all’Alto Adige, dato che le minori precipitazioni, tra novembre e gennaio scorsi, avrebbero interessato più la fascia dolomitica rispetto alla cresta di confine su cui, peraltro, insistono alcuni tra i principali bacini artificiali di raccolta idrica. Non vi fosse, però, una ripresa degli eventi atmosferici, per compensare il ridotto approvvigionamento da turbina idraulica i gestori si vedrebbero con ogni probabilità costretti ad aumentare il ricorso alle fonti fossili, in primis il gas, con aumenti stimati da Arera (l’autorità nazionale per la regolazione del mercato energetico) tra il 41,8% e il 55% per il primo trimestre 2022, raffrontato allo stesso periodo 2021. «Tra dicembre e gennaio — osserva Marco Merler, amministratore delegato di Dolomiti Energia — la produzione idroelettrica nei nostri impianti ha avuto un calo tra il 35% e il 40% rispetto alle medie storiche del periodo che, comunque, ha volumi ridotti rispetto al periodo primaverile ed estivo, dato che il ghiaccio trattiene l’acqua, riducendone la disponibilità allo stato liquido. Viceversa, sono premature stime per gli impatti sulle bollette, pur essendo evidente il meccanismo di mercato secondo cui, se diminuisce la disponibilità di un bene, il prezzo tende a salire. Senza contare che quel che non viene coperto dall’idroelettrico, in prevalenza, è sostituito dal gas». E poco conta che, in entrambe le Province autonome, il sistema garantisca una produzione superiore ai bisogni di autoconsumo. «Non siamo isole — continua Merler — e tutta l’energia prodotta viene inserita nel sistema di distribuzione che è nazionale e interconnesso». Gli effetti potrebbero essere molto più severi, in assenza di bacini e investimenti tecnologici, come sottolinea Mario Trogni. «Abbiamo pianificato investimenti per 120 milioni di euro — spiega il direttore degli impianti idroelettrici di Alperia — per rendere più performanti grandi centrali come Cardano, Bressanone, Lasa oltre a San Floriano, co-gestita con i cugini di Dolomiti Energia». La situazione dell’innevamento non è omogenea. «In Alto Adige — continua Trogni — c’è stato un calo, contenuto a nord e verso la Pusteria, mentre a sud, verso le Dolomiti e le zone di confine con il Trentino, la riduzione è più accentuata, anche se inferiore al 2017, per riferirsi ad anni recenti, quando la situazione fu gestita senza sofferenze particolari. In ogni modo, non sono prevedibili, al momento, impatti ulteriori per l’utenza. L’aumento dei costi si lega, anzitutto, ai rincari delle fonti fossili, gas in testa. Nei nostri impianti non registriamo scostamenti particolarmente accentuati, rispetto alle produzioni previste. In ogni caso, l’incremento dell’efficienza degli impianti è l’obiettivo da perseguire». L’investimento in ricerca e tecnologia è centrale anche per gli agricoltori, buona parte dei quali vedono con preoccupazione gli effetti del cambiamento climatico. «Il piano nazionale di ripresa e resilienza ( Pnrr) mette a disposizione non poche risorse per il discorso irriguo — argomenta Giacomo Barbacovi, presidente trentino Coldiretti —. Insieme all’università di Trento e alle Fondazioni Edmund Mach e Bruno Kessler stiamo implementando i sistemi di irrigazione a goccia, che assicurano minor spreco di risorsa idrica, con sistemi di sensori che attivino la distribuzione dell’acqua secondo necessità. Cruciale, inoltre, lo studio di bacini che possano raccogliere le piogge, tenuto conto che i ritmi stagionali sono divenuti più irregolari e poco prevedibili». Più tranquillo si mostra Leo Tiefenthaler, sul versante altoatesino. «Problemi grossi, per fortuna, non ne vediamo — dice il presidente del Bauernbund —. I nostri contadini stanno lavorando tranquillamente nei vitigni e nei frutteti e, per il momento, non ci segnalano problemi idrici particolari. Certo, è un po’ che non piove e non nevica, ma anche in anni passati abbiamo avuto situazioni analoghe, con una ripresa delle precipitazioni in tempi utili».

Alto Adige | 5 Febbraio 2022


p. 21 Meno neve, l'acqua diventa risorsa "fragile" anche sulle Alpi paolo campostrini bolzano Piovere, pioverà. Lo farà tanto e ancora per tanto tempo. Ma l'acqua, la sua disponibilità, sarà sempre più un problema. Uno dice: ma non è una contraddizione? «Lo sembra soltanto - risponde Maurizio Righetti - perché ci sarà una profonda redistribuzione delle precipitazioni. Che troveranno, nei prossimi anni, una accelerazione dei cambiamenti climatici. Il risultato è che le precipitazioni invernali saranno sempre meno nevose...». E meno neve e più acqua significherà che lo stoccaggio delle riserve idriche, quel mezzo metro di neve che fa di solito ritrovare l'acqua dei mesi freddi a maggio, sarà sempre più difficile. Con le temperature in innalzamento l'acqua, non più ghiacciata, evaporerà molto prima. Risultato: pur con gli stessi volumi in termini assoluti di precipitazioni, l'acqua disponibile per le riserve agricole o potabili sarà sempre meno. Dobbiamo fasciarci la testa? «Non è detto. Ma quello che è certo è che dobbiamo prepararci. I nostri modelli matematici sono a disposizione. Possiamo agire su vari piani, per cui saremo in grado di fronteggiare i cambiamenti se accettiamo di dover cambiare anche noi». Maurizio Righetti ha i suoi laboratori al NoiTechpark («Ai suoi confini sud», precisa), e con il suo team studia modelli climatici ma soprattutto le loro ricadute in termini di approvvigionamenti idrici applicate anche sul piano energetico. All'università di Bolzano, di cui è docente alla facoltà di Scienze, tiene un corso sugli impianti idroelettrici per il corso di laurea in energetica. Ed è sempre più a stretto contatto con i nostri esperti di protezione civile. Tra i più interessati a mettere in campo previsioni a breve e medio termine rispetto all'evoluzione climatologica e alle possibili ricadute di questi cambiamenti anche sul terreno della sicurezza: rischi di frane, esondazioni.Fin dove possono arrivare le vostre previsioni?Si è mai chiesto perché alla tv se ne fanno solo fino a due-tre giorni? Beh, perché andare oltre significa essere meno precisi. Certo, i nostri modelli matematici ci aiutano un po' di più ma rimane il fatto che, soprattutto in montagna, le griglie territoriali che prendiamo in considerazione, quadrati di circa 10 chilometri, sono sottoposte ad una variabilità tipicamente alpina.Ma siete in grado di guardare, nel tempo, sui grandi numeri?È possibile in termini generali., Ad esempio per quasi tutti gli studi sui possibili cambiamenti climatici, il trend è quello di inverni sempre più caldi. Fino a due o tre gradi nel lungo periodo. E di estati meno piovose.Lei si occupa di impianti idroelettrici, l'oro dell'Alto Adige. Cosa significano questi cambiamenti per l'acqua? Che in montagna sarà sempre più probabile che piova invece che cada la neve. Ci vorranno più cannoni...Non basteranno. Perché qui la questione non è solo legata allo sci.E a cos'altro? Meno neve vuol dire una sola cosa: la capacità di accumulo di acqua andrà in crisi. Perché quel mezzo metro di neve, che poi diventa ghiaccio che cade d'inverno, non costituirà più la tradizionale riserva d'acqua che potremo utilizzare a maggio. Cerco di farla semplice, ma la sostanza è questa. Vuol dire che lo stoccaggio sarà molto complicato? Andando avanti negli anni sempre più. Ricadute immediate, per quando accadrà sempre più frequentemente? Si dovrà ripensare la struttura degli approvvigionamenti nel mondo agricolo, ad esempio. Ma anche sul fronte dell'acqua potabile per le nostre case occorrerà muoversi in tempo. Sappiamo quale è il trend, dunque attrezziamoci". È una prospettiva preoccupante. Il problema va posto adesso per provare a risolverlo domani o dopodomani. Un problema anche per le riserve idroelettriche? Non immediato naturalmente. Ma tra agricoltura e energia, i cambiamenti climatici in atto sono lì a dirci che ci dovrà essere una diversa gestione delle risorse idriche. Pensa che sia necessario un piano di redistribuzione? Qualcuno ci sta pensando. Ma già adesso i cambiamenti climatici prodotti stanno producendo fenomeni insoliti. Ad esempio quelli che volgarmente chiamiamo bombe d'acqua. Insomma l'acqua ci sarà ma potrebbe diventare un problema la sua redistribuzione nel tempo anche in termini di precipitazioni. Cosa significa tutto questo per il nostro territorio? Semplificando: sarà un territorio sempre più stressato. Pensiamo ai possibili smottamenti dovuti alla concentrazione di precipitazioni, all'ingrossamento o alla diminuzione dei corsi d'acqua. Che state facendo? Lavoriamo molto bene insieme alla protezione civile. Intende quella provinciale? Beh, è un modello per tante altre regioni. Qui ci si è mossi bene anche in passato. Nei nostri laboratori al Noi c'è spesso la presenza di tecnici della protezione altoatesina. Studiano i nostri modelli, le griglie previsionali, cosa potrebbe accadere ai bacini montani o nel corso di colate di fango o altri fenomeni sul territorio alpino. Quali rimedi sono possibili o sono in atto? La capacità di fronteggiare eventi estremi sarà la base delle azioni di protezione civile del futuro. Ma anche di quelle sul piano economico, pensiamo all'agricoltura, o energetico, a proposito delle nostre centrali idroelettriche. Accettare e accertare quanto più possibile i cambiamenti è la strada giusta per trovare i giusti rimedi. Corriere delle Alpi | 6 Febbraio 2022 p. 17 Manca mezzo metro di manto secondo il glaciologo Franco Secchieri e non basteranno le precipitazioni primaverili Poca neve e i ghiacciai vanno in sofferenza «Salvi se stabilizziamo il clima della Terra» L'esperto Francesco Dal Mas Il bilancio del ghiacciaio della Marmolada, del Sorapis, dell'Antelao, sarà anche quest'anno in deficit. Lo prevede Franco Secchieri, glaciologo, che da 40 anni è il "tesoriere" di quanto rimane delle ultime superfici di ghiaccio in quota. «Il motivo? Lo avete già pubblicato», dice, «nelle Dolomiti si è accumulato, da ottobre a fine gennaio, il 28 per cento in meno di neve fresca. Stiamo parlando di una mancanza pari ad 85 centimetri rispetto alla media 2009-2021. Nelle Prealpi siamo a quota -45 per cento, con una carenza di


75 centimetri, e nel fondovalle delle Dolomiti di neve ne manca circa mezzo metro». Questo i dati generali. Nel caso della Marmolada, a fine gennaio avevamo, a 2600 metri, quindi alla base del ghiacciaio, tra i 250 ed i 280 centimetri di neve, accumulata da ottobre, a fronte di una media di 400 cm. Non resta, dunque, che coprire la Marmolada (il Sorapis, l'Antelao, il Civetta) con dei teloni? Lo fa già la società Funivie Marmolada proteggendo alcune parti della pista da sci: «Non scherziamo, per favore. Raccontare la copertura dei ghiacciai come una soluzione agli effetti avversi del cambiamento climatico non è soltanto sbagliato - hanno documentato i glacioloci in una recente analisi, firmata anche dal sottoscritto - è anche un tentativo di greenwashing. Considerati gli effetti negativi sull'ambiente e i costi proibitivi, coprire i ghiacciai può avere senso solo localmente per tutelare gli interessi economici legati allo sfruttamento di specifici ghiacciai. Non ha invece nulla a che vedere con il contrasto al cambiamento climatico, che anzi contribuisce ad aggravare». Perché una così netta contrarietà? «Perché i ghiacciai sono ecosistemi dove vivono comunità ecologiche attive che svolgono fotosintesi e accumulano materia organica, contribuendo all'assorbimento di anidride carbonica atmosferica. Ricoprirli con i teli significa impedire questi processi ecologici e distruggere le comunità biologiche che trovano sulla superficie dei ghiacciai gli ambienti più adatti alla propria sopravvivenza». Allora addio ghiacciai. Quanto sta perdendo la Marmolada? Si parla di 2 metri di ritiro l'anno?«Non si può dire a metà dell'anno glaciologico che va dal primo ottobre al 30 settembre, cioè dalla prima nevicata d'autunno alla conclusione della stagione, perché le misurazioni avvengono in maggio e in settembre. Ma di sicuro quest'anno saremo in deficit. Abbiamo concluso bilanci positivi tra gli anni 60 e 80. Dal 1985 abbiamo registrato solo ghiacciai in ritirata, come dimostrano gli archi morenici ai piedi di queste superficie; di quelle della Marmolada ad esempio, cioè gli archi di destriti rilasciati». Il metereologo Luca Mercalli dice che probabilmente in primavera ritorneranno neve e pioggia, come spesso accade. La speranza è l'ultima a morire? «La neve che si compatta è quella che arriva in novembre e dicembre, anche quella, in parte, di gennaio e febbraio. Perché è nelle condizioni, appunto, di trasformarsi in ghiaccio. Quella primaverile si scioglie facilmente, rilascia calore termico più avanti si va con la stagione. Quindi anche se le precipitazioni nevose sono abbondanti, non fanno massa». Neppure se le temperature fanno scendere la colonnina del mercurio a meno 30 gradi? «Sono temperature sporadiche. E, comunque, se non c'è neve, a che cosa servono?». Come, dunque, si salvano i ghiacciai? «Si salvano soltanto stabilizzando il clima del pianeta. Lo abbiamo scritto, noi glaciologi, anche in quella nota che citavo: se saremo capaci di ridurre l'utilizzo dei combustibili fossili e contenere l'incremento delle temperature planetarie entro i 2 gradi rispetto al periodo preindustriale (accordo di Parigi), salveremo il 40 per cento del ghiaccio oggi presente sulle nostre Alpi». -- © RIPRODUZIONE RISERVATA

MARMOLADA L’Adige | 6 Febbraio 2022 p. 29 Marmolada, la cabinovia “sospesa” Lo stop alla variante al Prg condiziona i piani impiantistici GIORGIA CARDINI MARMOLADA Che fine ha fatto il progetto di cabinovia Passo Fedaia - Pian dei Fiacconi promosso dai fratelli Mahlknecht di Ortisei? E' appeso, letteralmente, a un filo: quello della variante 2018 al Prg di Canazei, il cui esame è stato sospeso nei giorni scorsi dal Servizio Urbanistica e Tutela del Paesaggio, in seguito agli esposti-ricorsi presentati dall'architetto Enzo Soraperra (l'Adige di martedì e mercoledì).Nell'approvazione di quella modifica al Piano regolatore generale, infatti, e nella successiva presentazione ai servizi provinciali del progetto affinché lo valutino, sta la possibilità di realizzare l'impianto come lo vogliono le Funivie Fedaia - Marmolada srl di cui sono soci con quote paritarie Walter, Ivo, Patrick Adolf e Alex Alois Mahlknecht.I Mahlknecht, che avevano comprato la ex cestovia da Filippo Graffer dismettendola nel settembre 2019, avevano annunciato a gennaio 2021 i dettagli tecnici del progetto che avrebbe dovuto sostituire l'ultimo impianto "romantico" delle Dolomiti, spostando la stazione di arrivo a monte di quella esistente di 70 metri e traslandola di circa 50. Il tutto, come aveva dichiarato Alex Mahlknecht, «per realizzare un impianto più sicuro e protetto dai fenomeni valanghivi». Un mese prima, tra il 5 e il 6 dicembre, una enorme valanga aveva distrutto il rifugio Pian dei Fiacconi e piegato fin quasi a terra i sostegni della vecchia cestovia, dismessa l'anno prima: nessun ferito né morto, per miracolo. Imperversava il maltempo, il gestore del rifugio Guido Trevisan aveva chiuso l'esercizio e portato a valle la famiglia.Ora sul progetto dei Mahlknecht si specula molto perché il "be surprised - new opening 2021" annunciato sulla home page del sito della società, è rimasto una promessa. Ivo Mahlknecht, raggiunto telefonicamente, dice che «tra due mesi potrebbero esserci delle novità: dipendiamo dall'ente pubblico», ammette a denti stretti. Ossia da come si risolverà la "grana" della variante al Prg di Canazei e da come in Provincia si vorrà affrontare il problema. Il sindaco di Canazei Giovanni Bernard, da parte sua, ricorda che nella variante al Prg è stato previsto «un piccolo ampliamento dell'area sciabile che consentirebbe ai Mahlknecht di arrivare su una cresta posta al riparo dalle valanghe». Ma l'intenzione di investire c'è ancora? «Sentendo loro, sono pronti a investire subito». E se la variante al Prg non venisse approvata? «Resterebbe valido il vecchio tracciato già approvato». Nonostante il rischio valanghe? «L'aspetto valanghivo è già stato analizzato in tutti i dettagli, tenendo presente gli eventi verificatisi nella storia, nell'adozione».Tra chi ha visto le carte delle modifiche 2018 al Prg c'è anche l'ex gestore del rifugio Pian dei Fiacconi. Guido Trevisan spiega che «la variante prevedeva, in prima battuta, l'ulteriore


spostamento a monte della stazione di arrivo del nuovo impianto, rispetto ai 70 metri di traslazione già previsti, ma l'area ricadeva in zona di tutela Unesco. Quindi si è aggiustata nuovamente la linea del tracciato, riabbassando la stazione di 10 metri circa».Per la stazione di arrivo a monte dell'ex cestovia, il progetto pare preveda una torre alta 11 metri, per annullare qualunque rischio. Ma, per la storia di Pian dei Fiacconi, forse neppure questo ingombrante accorgimento basterebbe a salvaguardare il resto della linea, per cui si dovrebbero realizzare anche altre costose (e impattanti) opere di difesa. Ivo Mahlknecht non conferma né smentisce queste ipotesi, limitandosi a dire che «il progetto è rimasto uguale a quello presentato a inizio 2021».Ma la scelta della cabinovia è molto discussa ed è contestata soprattutto da chi teme che la Marmolada diventi una tappa dell'ennesimo "carosello" alpino: da Pian dei Fiacconi il collegamento con le Funivie Marmolada di Mario Vascellari, che da Malga Ciapela portano a Punta Rocca, sarebbe a portata di mano; e viene considerato possibile da più parti anche un ulteriore collegamento dall'arrivo della Funifor Arabba - Porta Vescovo alla nuova partenza della cabinovia di passo Fedaia, completando l'area del Superski Dolomiti. Una possibilità che non dispiace certo agli impiantisti né a qualche rifugista, mentre preoccupa molto chi teme che la "Regina" sotto tutela Unesco venga omologata a un mondo basato sul numero dei "bip". L’Adige | 8 Febbraio 2022 p. 30 Marmolada «Fedaia-Porta Vescovo collegamento nel Prg» PASSO FEDAIA Il collegamento impiantistico Passo Fedaia - Porta Vescovo; una ridefinizione dell'area sciabile; una pista ciclabile da Penia al Passo; la possibile trasformazione in museo dell'ex rifugio Fedaia; la sistemazione e riqualificazione dei sistemi di sosta.Se finora la variante 2018 al Prg di Canazei (sospesa per verifiche sulla compatibilità del progettista) ha prodotto un risultato, è quello di essere riuscita a compattare gli operatori di Passo Fedaia. A firmare le osservazioni alla variante il 21 gennaio sono stati infatti i gestori di rifugio Castiglioni Marmolada, società Vernel, Bar Diga, Rifugio Dolomia, Rifugio Punta Penia, Ristorante Col de Cuc e società Funivie Fedaia Marmolada dei fratelli Mahlknecht, che punta a realizzare una cabinovia al posto della vecchia cestovia Graffer. Ma le note allo stesso piano redatte il 2 febbraio da Guido Trevisan, del rifugio Pian dei Fiacconi, sono sulla stessa linea. Tutti criticano la variante al Prg per la programmazione tutto sommato "povera" riguardo al possibile sviluppo di Passo Fedaia e della Marmolada. Ciò che viene chiesto è «una più precisa definizione, anche normativa, delle azioni possibili nell'ambito dell'area sciabile e una ripresa del Programma degli interventi già approvato dalla Giunta provinciale di Trento nel 2015» , rimasto finora sulla carta. La richiesta è quella di inserire nella variante un impianto di risalita in destra orografica dal lago di Fedaia a Porta Vescovo, con partenza a ridosso o a monte della strada statale. Impianto di arroccamento che non avrà una pista, ma che viene considerato «fondamentale per il sostentamento economico di qualsiasi programma di rilancio invernale della Marmolada» e viene proposto come «linea importante di mobilità alternativa nell'ottica di una riduzione del traffico veicolare estivo sui passi». Gli imprenditori che hanno firmato le osservazioni il 21 gennaio chiedono poi che l'area sciabile sulla Marmolada venga estesa a levante comprendendo l'intero canalone a ridosso di Cima Dodici, «che è una splendida pista per free ride naturalmente già configurata per questo tipo di attività sportiva»; zona che «potrebbe essere interessata da un tracciato alternativo di impianto di risalita, con la stazione di monte posta in una zona più sicura ai margini dell'area valanghiva nonché molto meno impattante sul piano ambientale perché defilata rispetto alla principale visuale sulla montagna».Trevisan, ancora scottato dalla valanga che ha distrutto il suo rifugio il 5 dicembre 2020, fa notare invece a questo proposito che l'ampliamento dell'area sciabile come previsto dalla variante «è un azzardo di dubbia legittimità» ed è «assolutamente criticabile in quanto ricade in area ad elevata pericolosità geologica» secondo le Carte approvate nel 2020 in Provincia. Ma, come i suoi colleghi, anche il rifugista di Pian dei Fiacconi chiede, per i nuovi parcheggi sotto la diga, una loro possibile estensione in rapporto a quella dell'area sciabile, e una loro migliore regolamentazione per contenere la sosta selvaggia dei camper (contati in oltre 100) «che durante la stagione estiva affollano indiscriminatamente le pendici della montagna». Tutti considerano poi importante la previsione di un tracciato ciclabile che, partendo da "Ruf de Penia" si dipani lungo la strada forestale e il "Viel dei Russi" fino al tornante numero 5 della statale per poi proseguire da qui al Fedaia; un percorso naturalistico con ponte tibetano alla scoperta delle sorgenti dell'Avisio; il recupero dell'ex rifugio Fedaia a sede museale Unesco. G.Car. L’Adige | 9 Febbraio 2022 p. 30 «La Marmolada non deve diventare l'ennesimo luna park d'alta quota» giorgia cardini MARMOLADA È un grandissimo conoscitore della Marmolada, Giorgio Daidola, e ne è innamorato: dopo essere salito a Punta Rocca e Punta Penia per la prima volta agli inizi degli anni Settanta, non ha più abbandonato il massiccio, tornandovi ogni anno, sempre con gli sci ai piedi. Torinese trapiantato in Trentino, docente al Dipartimento di Economia e Management dell'Università di Trento, ha fatto del telemark il


proprio sport invernale preferito, salendo e scendendo le montagne di tutti i continenti. E da poco ha pubblicato «Marmolada Bianca» (Edizioni Del Faro) un volume che - alternando la riproduzione di articoli già usciti sui giornali locali, considerazioni socio-economiche sullo sviluppo dell'industria dello sci e la descrizione delle più belle discese "libere" del massiccio - si conclude con una serie di interviste ai rifugisti di Passo Fedaia. Il professore sostiene la tesi che la Marmolada potrebbe avere un futuro luminoso se fosse lasciata al fuoripista, al telemark e allo sci di nicchia perché il versante che si affaccia sul Fedaia ha le caratteristiche giuste per funzionare quando tutti gli altri sono fermi per mancanza di neve. Mentre costruire un impianto come la cabinovia progettata dalla società dei fratelli Mahlknecht potrebbe aprire la strada a ulteriori collegamenti con Porta Vescovo (effettivamente richiesto dagli stessi impiantisti) o con il versante di Arabba, facendo della "Regina delle Dolomiti" l'ennesimo "lunapark" in alta quota.«La mia non è una visione da ambientalista - spiega Giorgio Daidola -. Io gli impianti li prendo da sempre, ma c'è un'ansia da collegamento impiantistico che non ha senso. Ormai è tutto un carosello, con "piste autostrade" sempre più larghe e uguali, ovunque si vada». Mentre, fa notare il docente, c'è stata una ripresa dello scialpinismo tale per cui bisognerebbe salvaguardare alcune stazioni dall'omologazione per farne paradisi per i free rider: «La Marmolada è il territorio ideale per lo sviluppo di un modello alternativo a un turismo invernale maturo se non moribondo» scrive l'esperto, che definisce il progetto dei fratelli Mahlknecht come «frutto di una visione del turismo di montagna consumistica e obsoleta, che richiede grandi investimenti di cui anche la pandemia ha messo in evidenza tutti i limiti e tutti i rischi economici». Rischi «che si riflettono sulla comunità attraverso la pericolosa politica dei sussidi a pioggia e, nella normalità, nell'elargizione di continui contributi d'esercizio necessari per non generare crisi nel sistema».Daidola riconosce però che il sistema basato sul numero dei passaggi è difficile da fermare, perché ormai tutto gira intorno all'industria dei "bip" e perché, comunque, nell'ultimo decennio tra sci da discesa e snowboard c'è stata una crescita dell'11% di praticanti. Se sarà così difficile fermare anche i progetti riguardanti la Marmolada, il docente ha una speranza: che lo "Ski Spirit"(«la ricerca della bellezza, del profumo della neve, della curva sulla polvere e sul firn invernale») possa vivere ancora nella ricerca di angoli rimasti incontaminati e nello sci primaverile, che prospera a impianti chiusi. A meno che il riscaldamento globale non fermi tutto, senza appello.

L’Adige | 13 febbraio 2022 p. 29


L’Adige | 17 febbraio 2022 p. 29 Canazei ha chiesto verifica tecnica e storica dei confini di Portavescovo CANAZEI Sui confini tra Trentino e Veneto si è aperto un nuovo capitolo. All'annosa diatriba sulla linea di demarcazione della Marmolada tra Canazei e Rocca Pietore il Comune fassano ora chiede chiarimenti sul confine di Portavescovo, 2.478 metri di altitudine, stazione di arrivo della funivia del comprensorio sciistico di Arabba e dove si trova il rifugio Luigi Gorza. È notizia di qualche giorno fa che il Comune di Livinallongo, provincia di Belluno, "padrone" di queste terre, ha incaricato un esperto - il geometra Dino Bellumat di Feltre - per definire la linea esatta di confine tra i due comuni, in località Portavescovo-Forcella Europa. L'assegnazione dell'incarico segue l'istanza di chiarimenti che già un paio di anni fa il Comune di Canazei aveva intrapreso, deciso a verificare in maniera più adeguata, con studi storici e cartografici, se i confini attuali fossero quelli corretti. Il sindaco Giovanni Bernard, interpellato sull'argomento, getta acqua sul fuoco per non accendere polemiche. «Sono in corso delle verifiche catastali per definire la questione, ma non contestiamo nessun aspetto. Non c'è nessuna rivendicazione territoriale da parte nostra, si tratta di una verifica tecnica in via assolutamente tranquilla, senza nessuna pretesa e senza voler creare una battaglia sui confini. Il lavoro dell'esperto che abbiamo incaricato non è ancora concluso e quindi aspettiamo di vedere il risultato finale prima di esprimerci». Di diverso avviso è invece il sindaco di Livinallongo Leandro Grones, che si è attivato per difendere le proprie istanze.«Forse la richiesta di chiarimenti sui confini è dovuta più per una questione di cassa che per verità storica - dice il sindaco -. Se per noi, in quanto Comune bellunese, la quota Imu in ballo finisce direttamente a Roma, non è la stessa cosa per un Comune di Provincia autonoma come Canazei, che può trattenersela. Il professionista che abbiamo incaricato ha il compito di effettuare delle ricerche documentali al fine di acquisire le cartografie sulle quali la linea di confine è rappresentata. Portavescovo è un sito interamente demaniale con delle zone non censite che, secondo i nostri vicini trentini, darebbero adito a delle incongruenze. Queste aree interesserebbero in parte l'arrivo della funivia e in minima parte il rifugio Luigi Gorza». A.O.

LA COSTITUZIONE ABBRACCIA L’AMBIENTE Gazzettino | 9 Febbraio 2022 p. 6 La tutela dell'ambiente entra nella Costituzione: sì bipartisan alla Camera ROMA Due piccole aggiunte, all'articolo 9 e all'articolo 41 della Costituzione, che però bastano a far parlare le forze politiche praticamente all'unanimità di giornata epocale. La Camera ha approvato ieri in quarta e ultima lettura, con 468 voti a favore, un contrario e sei astenuti, l'inserimento della tutela ambientale tra i principi fondamentali della Carta. Come era già accaduto nel precedente passaggio al Senato, anche in questa votazione è stata superata la soglia dei due terzi prevista per evitare il referendum costituzionale. Il testo, che quindi entra direttamente in vigore, è il frutto di un lavoro di sintesi partito da otto diversi disegni di legge. In particolare, nell'articolo 9 si introduce un terzo comma in base al quale, accanto alla tutela del paesaggio e del patrimonio storicoartistico della nazione, si attribuisce alla Repubblica anche la tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi. Viene poi inserito un principio di tutela degli animali, attraverso la previsione di una riserva di legge statale che ne disciplini le forme e i modi. Il punto relativo alla tutela degli animali era stato infatti molto dibattuto nel primo passaggio al Senato: la Lega in particolare temeva che la dicitura potesse compromettere settori come quello della macellazione o della lavorazione delle carni. L'altra modifica riguarda l'articolo 41: si stabilisce che l'iniziativa economica privata non possa svolgersi a danno della salute o dell'ambiente, aggiungendo questi due limiti a quelli già vigenti, ovvero la sicurezza, la libertà e la dignità umana. LE NORME La Costituzione, insomma, diventa più ambientalista e più animalista. Il primo a esultare è proprio il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, secondo cui «questo voto del Parlamento segna una giornata epocale». «Ho sostenuto con grande convinzione questa conquista ma devo dare atto che è il frutto di un lavoro che viene da lontano e ringrazio il Parlamento. Il governo crede assolutamente in questo cambiamento», aggiunge. Il ministro ci tiene anche a precisare che, per quanto riguarda la modifica dell'articolo 41, «l'iniziativa privata economica resta libera» solo che «è scritto nero su bianco nella Costituzione che non deve danneggiare e non deve essere a detrimento della salute e dell'ambiente». Una precisazione dovuta ad alcuni dubbi sorti durante tutto l'iter di discussione del testo, sollevati soprattutto da FdI. Anche nel dibattito di ieri alla Camera, la deputata Augusta Montaruli ha sottolineato che non si può interpretare questa modifica costituzionale «come


uno strumento di ostacolo rispetto alla nostra economia» e per questo ha richiamato la necessità «di riguardare l'impianto delle norme affinché vi sia un reale equilibrio tra la tutela ambientale» e la «necessità di garantire alle nostre aziende di continuare a lavorare e, quindi, di dare opportunità di sviluppo e di occupazione sul nostro territorio, all'insegna di un rispetto maggiore del nostro ecosistema». L'approvazione della riforma costituzionale viene salutata con i toni entusiastici anche dal presidente della Camera, Roberto Fico. «Si tratta di un passaggio storico. Un segnale chiaro del Parlamento». Soddisfatte anche le associazioni ambientaliste: «La tutela dell'ambiente diventa un principio fondamentale della Repubblica», dice Donatella Bianchi del Wwf. Barbara Acquaviti © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera | 9 Febbraio 2022 p. 10, edizione di Treviso-Belluno Montagna, la legge in dirittura d’arrivo «Occasione unica anti-spopolamento» M. G. Belluno La legge sulla montagna? «Una grande occasione per dare prospettive di sviluppo alle aree montane che, da oltre un decennio, registrano un drammatico spopolamento». Lo dice il presidente della Provincia, Roberto Padrin. Che ieri ha partecipato alla riunione indetta dal ministro degli Affari regionali, Mariastella Gelmini, per fare il punto sulla legge-quadro per la montagna, il progetto di legge con disposizioni in favore delle zone montane. «Abbiamo analizzato le bozze del progetto di legge che approderà in Parlamento tra poche settimane. La ministra Gelmini, che ringrazio per la disponibilità, ha individuato come orizzonte temporale la fine di febbraio» spiega Padrin. Sul tavolo della riunione, in particolare il cronoprogramma, col Mef (ministero dell’Economia e Finanze) che sta definendo la nuova classificazione dei Comuni di montagna e l’avanzamento di ulteriori proposte da inserire nella bozza che sarà portata in Parlamento, in particolare l’allargamento della metanizzazione e della rete digitale alle aree montane. Padrin ha focalizzato l’attenzione soprattutto sul recupero dei borghi montani, «indispensabile per rendere attrattivi i territori e accoglienti per le nuove professionalità di cui le nostre comunità necessitano. Però è necessario superare la parcellizzazione delle proprietà private che rende troppo spesso impossibile per i Comuni e gli enti locali proporre progetti di recupero». Sottolinea Padrin: «Il valore aggiunto di questo progetto di legge è che non si parla di sussidi alla montagna, ma di sviluppo omogeneo delle aree, con attenzione a cittadini e imprese, nella logica di tenere le persone a vivere nelle Terre Alte». Il presidente della Provincia ha chiesto alla ministra Gelmini la possibilità di valorizzare nel testo il ruolo dell’Upi (Unione Province italiane) e, in particolare, del coordinamento delle tre Province interamente montane, sottoscritto il 14 luglio 2021. «Le Province possono attuare politiche legate ai rispettivi piani strategici che ben si integrano nel quadro del progetto di legge. Che rappresenta un primo passo concreto verso una nuova visione della montagna e del ruolo delle Province montane».

PASSI DOLOMITICI E MOBILITA’ Alto Adige | 10 febbraio 2022 p. 34 Pedaggi, non se ne parla Sì ai cartelli Unesco MASSIMILIANO BONA Dolomiti Pedaggi sui passi, almeno per ora non se parla. Bocciata in Consiglio provinciale una mozione in questa direzione mentre è passata di misura (17 voti a 16) l'idea di «rendere chiaramente riconoscibile con cartelli posti lungo il perimetro l'area del sito Unesco, segnalando al contempo che si tratta di un'area sensibile». Un piccolo passo avanti verso una maggiore tutela ma anche un intelligente mossa di marketing. La mozione presentata dai consiglieri Unterholzner, A.Ploner, Faistnauer, F. Ploner, Köllensperger e Rieder è stata emendata da Unterholzner (Enzian) e Knoll, Atz Tammerle (Süd-Tiroler Freiheit), Mair, Leiter-Reber (Die Freiheitlichen) e Faistnauer (Perspektiven Für Südtirol). Unterholzner: «Finora campagne poco coraggiose».Le premesse della mozione sono in parte condivisibili. Josef Unterholzner ha sottolineato che dopo l'attribuzione nel 2009 del riconoscimento dell'Unesco per le Dolomiti «la missione di tutelare questo ecosistema così sensibile era stata ed è spesso dimenticata». Ad oggi «non esistono per quest'area di 135 mila ettari, strategie orientate al futuro e decisioni in questa direzione da parte dei responsabili politici, del turismo e della Fondazione Dolomiti Unesco. A ciò si somma l'assenza di scelte coraggiose per quanto riguarda la mobilità, e - nonostante i buoni propositi espressi a suo tempo da Alto Adige Marketing - di campagne di sensibilizzazione per trasformare il turismo di massa in un turismo di


qualità». La mozione chiedeva poi di prendere da realtà come la svizzera Zermatt «rinunciando alla mobilità gratuita».Alfreider: «Ci stiamo lavorando al Ministero. Passi avanti per lo Stelvio».Per l'assessore provinciale alla mobilità Daniel Alfreider sul tema si sta lavorando su più fronti. «Serve un cambio di paradigma e sono necessari tempo e preparazione. Si è riusciti a intervenire con una norma di attuazione, in modo da rendere possibile un pedaggio anche su una strada di collegamento come quella del passo Sella, ma va considerato che ci sono partner da considerare al di là del Passo. Da parte del Governo c'è maggiore attenzione, lo stesso ministro Giovannini era soddisfatto della proposta dell'Alto Adige e si stanno studiando le possibilità di modifica relative alle zone sensibili con l'appoggio dell'onorevole Schullian. Si sta lavorando anche per limitare gli accessi per via digitale, come si è provato a fare a Braies, ma bisogna fare attenzione ad altre disposizioni, quali ad esempio la privacy. Si lavora a regolamentazioni di questo tipo anche per il Passo dello Stelvio. Ci sono contatti con la Lombardia, ma ci vogliono tempo e pianificazione. L'obiettivo è di dare alle persone la possibilità di raggiungere queste località senza usare la macchina ed evitando intasamenti nel fondovalle. La mozione va respinta, mancano i presupposti giuridici».Kuenzer: «La Fondazione si è già attivatdi più fronti».Maria Hochgruber Kuenzer (Svp), referente altoatesina nel Cda Dolomiti Unesco, ha chiarito che la Provincia di Bolzano ha sempre messo in primo piano la particolarità dell'area. «È stato segnalato che sono necessari nuovi programmi per tutelare l'area, ma l'Alto Adige ne è solo una parte. Nel frattempo, sono state installate insegne ai limiti dell'area protetta per sensibilizzare di più sulla questione». Team K: «Il pedaggio sarebbe stato di grande aiuto».Paul Kölensperger (Team K), ricordando di aver firmato la mozione originaria, si è detto favorevole alla proposta, ritenendo «il pedaggio un passo importante per tutelare l'area sensibile Dolomiti Unesco, al fine di evitare il traffico e puntare a mezzi di trasporto più sostenibili».Verdi contro il pedaggio.Hanspeter Staffler (Verdi) ritiene che la proposta andasse nella direzione giusta. Ha ricordato che «nel 2009 nessuno pensava che la messa sotto tutela avrebbe attirato tanti turisti, promuovendo il contrario di quanto si voleva fare. I problemi sulle strade e i passi dolomitici ci sono da anni, e le proposte elencate possono andare bene, «tuttavia un sistema che prevede un pedaggio non aiuta a ridurre il traffico, e manca un riferimento alla limitazione, come a Braies, dove si stanno ipotizzando limiti di accessi giornalieri».

Alto Adige | 10 febbraio 2022 p. 6 «Dolomiti, troppo traffico» La proposta di pedaggio bocciata in consiglio Non passa la linea delle opposizioni. Ok solo alla nuova segnaletica BOLZANO È stata bocciata, ieri in consiglio provinciale, un’articolata proposta dell’opposizione di istituire una serie di limitazioni al traffico nel territorio dolomitico. La mozione, intitolata «Piano strategico per la mobilità nell’area sensibile delle Dolomiti patrimonio Unesco», era stata firmata dai consiglieri del Team K, di Enzian, di Süd-Tiroler Freiheit, dei Freiheitlichen e di Perspektiven für Südtirol. In aula, il primo firmatario Josef Unterholzner (Enzian) ha sostenuto: «La missione di tutelare l’ecosistema dolomitico, dopo l’attribuzione nel 2009 del riconoscimento di Patrimonio mondiale dell’umanità Unesco, è stata dimenticata, non esistendo strategie né scelte coraggiose per quanto riguarda la mobilità. Nonostante i buoni propositi espressi all’epoca da Alto Adige Marketing di organizzare campagne di sensibilizzazione per trasformare il turismo di massa in un turismo di qualità, non sono state in realtà realizzate misure degne di nota, mentre i volumi di traffico ed inquinamento, anche acustico, sono arrivati a un punto di non ritorno. Per questo — ha aggiunto il consigliere Unterholzner — sono urgentemente necessari dei piani coerenti per indirizzare e gestire i flussi turistici, anche tramite contingentamenti e abolizione della mobilità gratuita verso le principali attrazioni, sull’esempio di quanto fatto a Gornergratt e Zermatt, in Svizzera». Fatta questa premessa, nella mozione si chiedeva di impegnare la giunta ad una serie di iniziative: rendere chiaramente riconoscibile, con cartelli posti lungo il perimetro, il territorio patrimonio Unesco, richiedere un pedaggio per tutti i veicoli con motori a combustione, consentire il passaggio gratuito ai veicoli elettrici, installare colonnine di ricarica ai piedi delle strade per i passi, coordinare tali misure con le Province limitrofe per un’applicazione omogenea, utilizzare i ricavi dei pedaggi per migliorie all’interno del sito Unesco e, infine, prevedere un efficiente sistema di trasporto pubblico. Tra i vari interventi in aula, Maria Hochgruber Kuenzer (Svp), quale responsabile nominata dall’Alto Adige per il cda della Fondazione Dolomiti Unesco, ha riconosciuto che sono necessari nuovi programmi per tutelare l’area, ma ha anche ricordato che l’Alto Adige ne è solo una parte. L’assessore provinciale alla Mobilità, Daniel Alfreider, nel suo intervento ha anche aggiunto una piccola nota personale, spiegando che egli stesso, vivendo vicino al Passo Sella, conosce bene la situazione del traffico: «I Comuni confinanti se ne occupano da ben prima del 2009 — ha spiegato l’assessore — Il ministro Enrico Giovannini è attento a questi temi e si stanno studiando varie possibilità per le zone sensibili. Si sta lavorando anche per limitare gli accessi per via digitale, come si è provato a fare a Braies, ma bisogna fare attenzione ad altre disposizioni, quali per esempio quelle sulla privacy. Si lavora a regolamentazioni di questo tipo anche per il passo dello Stelvio, con contatti in corso con la Lombardia, ma ci vogliono tempo e pianificazione. L’obiettivo è di dare alle persone la


possibilità di raggiungere queste località senza usare la macchina — ha concluso Alfreider — . La mozione non è accoglibile, in quanto mancano i presupposti giuridici». La mozione è stata votata per parti separate: bocciati ben 6 punti della proposta, mentre è stato approvato solo il primo punto (17 sì e 16 no), quello che impegna la giunta «a rendere chiaramente e immediatamente riconoscibile con cartelli posti lungo il perimetro l’area del sito iscritto nel patrimonio Unesco, segnalando che si tratta di un’area sensibile».

COLLEGAMENTO SALTRIA – MONTE PANA Alto Adige | 9 Febbraio 2022 p. 32 «No a ogni genere di impianto tra Saltria e il Monte Pana» jimmy milanese santa cristina No ad ogni forma di collegamento turistico tra Monte Pana e Saltria. In un incontro con Maria Hochgruber Kuenzer, assessora allo Sviluppo del territorio e al Paesaggio della Provincia, i rappresentanti dell'organizzazione "Nosc Cunfin" hanno ribadito la loro posizione sulla questione della tutela dell'ecosistema ai piedi del Sassolungo sull'Alpe di Siusi, nel territorio di Santa Cristina. Al centro del confronto, c'erano in particolare le rimostranze da parte dei circa 800 cittadini che si sono raccolti attorno all'organizzazione Nosc Cunfin e che da anni chiedono alla Provincia di mettere in campo tutti gli sforzi possibili al fine di preservare l'ecosistema della zona che si sviluppa attorno al Sassolungo. Tra le varie richieste, è in primo piano quella di non assecondare gli interessi del gruppo di imprenditori che sta lavorando per la costruzione di un impianto funicolare che dovrebbe collegare Saltria sull'Alpe di Siusi, a Monte Pana, sopra Santa Cristina."Nonostante alcune zone siano state poste sotto protezione come ad esempio la zona delle sorgenti che servono anche l'abitato di Ortisei, nonostante diverse risoluzioni dei Comuni di Ortisei e S. Cristina contrari alla realizzazione di un nuovo collegamento funiviario tra Monte Pana e Saltria, nonostante ripetute campagne di sensibilizzazione a favore della conservazione dei suoli ai piedi del Sassolungo, nonostante la raccolta di firme consegnate nelle mani prima di Silvius Magnago e dopo, nel 2020 (ben 2900 firme) in quelle dell'attuale presidente della giunta provinciale Arno Kompatscher, nonostante le richieste degli ambientalisti di dichiarare la zona ai piedi del Sassolungo Patrimonio naturale dell'Unesco oppure Parco naturale, i terreni in questione non sono ancora al sicuro dai pericoli della speculazione edilizia", si legge nella nota che accompagna l'iniziativa Nosc Cunfin, che dichiara di parlare a nome di "diverse migliaia di cittadini". Insomma, l'iniziativa popolare, rivolgendosi alla politica, chiede alle istituzioni provinciali di dichiarare e difendere l'unicità dei territori ai piedi del Sassolungo. "Tutti sappiamo che da anni opera un gruppo d'interesse che sta spingendo per realizzare il collegamento tra Monte Pana a Saltria nella forma di una ferrovia a cremagliera. Tuttavia, per noi rimane incomprensibile che un'impresa privata - la quale tra l'altro si avvale di un generoso sostegno con fondi pubblici - voglia realizzare i suoi profitti su terreni comunali che appartengono a tutta la collettività", spiegano gli ambientalisti. Che chiedono che l'ecosistema dell'area Cunfin rimanga una zona naturale incontaminata e per sempre. A questo punto, gli attivisti ambientali che lanciano un altro appello alla popolazione: "Il masterplan Vision Gherdeina - spiegano- prevede la formazione di un gruppo di lavoro sovra comunale con il coinvolgimento dei cittadini nel processo decisionale. Per questo, le persone interessate possono esprimere le loro opinioni sui terreni del Cunfin in un sondaggio online al quale seguirà un referendum. Siamo convinti che la Val Gardena abbia già superato la sua capacità turistica e che non abbia bisogno di un ulteriore sviluppo in tal senso. Il progetto di collegamento tra Monte Pana e Saltria rappresenterebbe semplicemente uno sfregio irreversibile e irrevocabile in un ecosistema unico e per noi quindi non si deve fare", conclude la nota di Nosc Cunfin.

COLLEGAMENTI INTERVALLIVI Corriere delle Alpi | 5 Febbraio 2022 p. 25 Il comitato contro il progetto sciistico intervallivo si appella a Zaia «I nostri luoghi incontaminati vanno gestiti in modo sostenibile»


«Governatore, venga a Fodom l'idea del collegamento è labile» la polemica «Presidente Zaia, venga a Livinallongo per vedere di persona quanto il suo progetto abbia fondamenta molto labili e pericolanti». Così il Comitato fodom "Ju le mán da nosta tiera" si rivolge al presidente della Regione, Luca Zaia, in una lettera aperta in cui viene affrontata la questione dei collegamenti sciistici intervallivi (quello dalle 5 Torri verso il Civetta e il Fertazza, e quello tra Passo Falzarego, il Passo Val Parola e località Armentarola, vicino a San Cassiano) per i quali la Regione ha affidato allo Studio Plintos l'incarico per uno studio di fattibilità tecnico-economica (71.560 euro).«Proprio in questi ultimi due giorni», dice il comitato fodom nella lettera a Zaia, «si sono viste le prime immagini provenienti da Pechino, sede olimpica, dove sono iniziate le prime competizioni e il nostro pensiero è andato a lei. Si vedono chilometri di piste in una zona in cui negli ultimi anni la precipitazione media annua - così scrive un quotidiano - va dai 5 ai 20 centimetri. Naturalmente le gare si devono fare, le piste devono essere costruite, gli impianti anche e da questa situazione qualcuno ne ha tratto vantaggio; ad esempio, fra i tanti, anche una rinomata azienda italiana». Fra quattro anni le competizioni si svolgeranno in Italia, «per l'Olimpiade», dice il comitato, «che fa della sostenibilità una pietra miliare». «I giorni scorsi, snocciolando ai microfoni i milioni di euro che saranno distribuiti di qua e di là», continua la lettera rivolta a Zaia, «lei ha detto che al territorio resteranno in dote varie strutture, fra cui i famosi collegamenti intervallivi (Cortina-Civetta e Cortina -Arabba) che daranno origine ad un comprensorio che sarà il doppio del Sellaronda. Ha fatto commissionare dalla Direzione infrastrutture e trasporti uno studio di fattibilità, ma, sentendo le sue parole, ci chiediamo come mai abbia voluto spendere i soldi del contribuente se ha già deciso che i collegamenti si faranno».Il comitato pertanto non sembra essere stato rassicurato dalle parole dell'assessore regionale al turismo Caner intervenuto nei giorni scorsi rispondendo alle obiezioni di Per altre strade - secondo cui lo studio servirebbe proprio per verificare la fattibilità o meno dei collegamenti.«Siamo sicuri», chiude il comitato di Livinallongo, «che questi collegamenti saranno una dote e non un pesante fardello, frutto di una scelta illogica, irrazionale, anacronistica, antieconomica e antiecologica? Presidente, venga a fare un sopralluogo con la popolazione locale nei luoghi incontaminati, atti ad essere vissuti e gestiti in maniera alternativa e veramente sostenibile, dove sono previsti questi fantomatici collegamenti». --G.San.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gazzettino | 5 Febbraio 2022 p. XI, edizione Belluno «No alla ski area: Zaia venga a vedere» LIVINALLONGO «Presidente Zaia, prima di avviare ufficialmente i lavori del collegamento sciistico tra Cortina d'Ampezzo e Arabba, venga a farci visita e a rendersi conto di persona della bellezza dei luoghi che verrebbero deturpati dall'ennesimo impianto di risalita antiecologico e antieconomico». L'ACCORATO APPELLO E' un appello pubblico accorato quello lanciato dal comitato popolare Ju le mán da nosta tiera affinché la Regione Veneto abbandoni un progetto che, come sottolineano gli abitanti di Livinallongo, «distruggerebbe una delle ultime zone selvagge rimaste in provincia. Un'area di una bellezza mozzafiato che, non secondario, raccoglie i resti di centinaia di soldati della Grande guerra che qui combatterono e morirono». IL TIMORE «Proprio in queste ore - afferma il sodalizio il cui portavoce è Denni Dorigo - si sono iniziate a vedere le immagini provenienti da Pechino, sede olimpica, dove sono cominciate le prime competizioni e il nostro pensiero è andato a Lei. Si notano chilometri di piste in una zona in cui negli ultimi anni la precipitazione media annua - così si apprende documentandosi un po' - va dai 5 ai 20 centimetri. Naturalmente le gare si devono fare, le piste devono essere costruite, gli impianti anche e da questa situazione qualcuno ne ha tratto vantaggio; ad esempio, fra i tanti, anche una rinomata azienda italiana». DISTRIBUITI MILIONI DI EURO Fra quattro anni, invece, le competizioni si svolgeranno in Italia. «Nel contesto di quell'Olimpiade - viene sottolineato - che fa della sostenibilità una pietra miliare. I giorni scorsi, snocciolando ai microfoni dei media i milioni di euro che saranno distribuiti di qua e di là, Lei ha detto che al territorio resteranno in dote varie strutture, fra cui i famosi collegamenti intervallivi (Cortina-Civetta e Cortina-Arabba) che daranno origine a un comprensorio che sarà il doppio del Sellaronda. Ha fatto commissionare dalla Direzione Infrastrutture e Trasporti uno studio di fattibilità di tali collegamenti per una cifra totale di 71.560,32 euro (Bur n. 3 del 07.01.2022), ma, sentendo le sue parole, ci chiediamo come mai abbia voluto spendere i soldi del contribuente se ha già deciso che i collegamenti si faranno». UN PESANTE FARDELLO Più che una dote proficua, per il comitato questi futuri eventuali collegamenti saranno un pesante fardello, frutto di una scelta illogica, irrazionale, anacronistica, antieconomica e antiecologica. Presidente, La invitiamo a fare un sopralluogo qui a Livinallongo, insieme alla popolazione locale, nei luoghi incontaminati, atti ad essere vissuti e gestiti in maniera alternativa e veramente sostenibile, dove sono previsti questi fantomatici collegamenti; solo così potrà rendersi conto di persona, visto che sulla carta è un po' più difficoltoso,


quanto il Suo progetto abbia fondamenta molto labili e pericolanti. Certi che questo nostro invito cadrà nel vuoto, salutiamo cordialmente. TROPPI INTERESSI Il Comitato Ju le mán da nosta tiera fin dalla nascita, non le ha mai mandate a dire. Sin dalle prime ipotesi di progetto affermava che «la gente non è stupida e ha capito che si danno delle motivazioni inventate ad hoc per sostenere gli interessi di pochi. Non servono tecnici o consulenze universitarie per capire che un turista che alloggia ad Arabba non potrà mai arrivare a Cortina utilizzando solamente gli impianti di risalita senza muovere la macchina» COSTI FUORI LOGICA «Ciò è presto dimostrato - conclude il Comitato -: si tratterebbe di salire su almeno dieci impianti di risalita, di cui metà ancora da progettare e costruire, con chilometri e dislivelli da percorrere a piedi fra un impianto e l'altro e con un costo da sostenere per ogni singolo passeggero fuori da ogni logica. Se si vuole pensare a collegare le valli, togliendo il traffico dai passi, l'unica soluzione sono i tunnel sotterranei: basterebbe prendere come esempio la rete viaria del Tirolo. Tutto il resto è fumo negli occhi».

Gazzettino | 10 febbraio 2022 p. 11, edizione Belluno «Collegamento Cortina-Arabba: chi dice no lo fa solo per egoismo» COLLE SANTA LUCIA Sul collegamento sciistico tra Cortina e Arabba interviene il consigliere di minoranza di Selva di Cadore Leopoldo Lezuo, già sindaco di Colle negli anni Novanta. «La mia posizione in relazione al collegamento sciistico tra Cortina e Arabba e anche tra il Civetta e Cortina è nota da tempo, in modo particolare da quando ero sindaco di Colle Santa Lucia dal 1990 al 1999- spiega Lezuo- e anche dopo, ora sono solamente un consigliere di opposizione al Comune di Selva di Cadore dal mese di ottobre scorso ma la mia idea nel tempo non è cambiata tanto che anche oggi questo progetto è proposto direttamente dalla Regione Veneto e non solo come collegamento sciistico ma con valenza anche per la stagione estiva con il fine di togliere traffico dai Passi Dolomitici. Tutto ciò mi porta a fare delle ulteriori riflessioni in merito». GLI INTERROGATIVI «In primo luogo, questo ipotetico comitato chi rappresenta davvero- si chiede il consigliere -? Sarei curioso di sapere e di capire quanti cittadini rappresenta veramente, anche in considerazione del fatto che fino ad oggi dovrebbero essere i sindaci e i consigli comunali dei Comuni interessati a rappresentare i cittadini». In questo contesto lo stesso consigliere di minoranza di Selva sottolinea se questa volontà di conservare il territorio, vale solamente in questo momento particolare, considerando che nel passato si è agevolato un determinato sviluppo turistico senza porsi molti interrogativi. «Il caso delle stazioni sciistiche come Arabba - spiega Lezuo -: per visione dei pionieri degli anni Settanta e per lungimiranza degli amministratori di allora che con una grande capacità politica e imprenditoriale hanno saputo guardare al futuro, permettendo lo sviluppo di cui oggi tutti ne traggono vantaggio. Mi chiedo dove sono i sindaci dei comuni interessati di cui non si sente la loro voce a proposito, o sono proprio loro che si nascondono dietro questi comitati per incapacità di dare una risposta istituzionale?».GUARDARE AL FUTURO«Credo continua l'ex sindaco di Colle - che il rispetto della nostra storia non venga meno se pensiamo anche al futuro delle nostre popolazioni che vivono di turismo, chiaro che il tutto deve essere fatto con assoluto rispetto dell'ambiente ed in modo sostenibile. Ciò nonostante ho l'impressione che come ho già avuto modo di affermare che da parte di chi non vuole questi collegamenti ci sia una posizione di estremo egoismo e paura di perdere delle fette di mercato a favore anche di altri soprattutto da parte di chi in modo particolare i giovani che hanno deciso di continuare a vivere nelle terre alte». «Non si tratta di creare nuove aree sciistiche - conclude Lezuo - ma solamente di collegare quelle esistenti con l'obiettivo di migliorare l'offerta e di dare maggiori possibilità di incremento economico agli investimenti fatti gli ultimi anni. Ora ritengo che il Governatore Zaia non abbia bisogno di venire in sopralluogo alle zone interessate in quanto ben conosce l'area montana Bellunese. Comunque resto fiducioso nel suo operato e che davvero si riesca a concretizzare qualcosa di estremamente necessario in vista dell'appuntamento olimpico 2026». (D.F.)

COLLEGAMENTO SAN CIPRIANO – MALGA FROMMER Alto Adige | 10 febbraio 2022 p. 6 Tires, oggi il primo viaggio della funivia «cabrio» Eisath: «Impianto innovativo, convincerà gli scettici». Si potrà viaggiare sul tetto della cabina


BOLZANO Entra in funzione oggi la nuova funivia di Tires. Si tratta della prima funivia d’Italia, nonché una delle poche al mondo, con una terrazza panoramica sul tetto della cabina, che consentirà ad un piccolo gruppo di persone di viaggiare all’aperto godendosi il panorama del Catinaccio. Una particolarità riservata a chi non teme il freddo ed è disposto a pagare un supplemento di prezzo per poter salire sul tetto. La funivia «cabrio» è quindi un impianto di risalita particolare, che dovrebbe rendere l’esperienza del viaggio unica: «Si tratta di un impianto bellissimo ed inedito nelle nostre montagne e credo che potrà convincere anche coloro che hanno espresso dubbi sulla bontà di questo progetto» afferma Florian Eisath, ex azzurro di Coppa del mondo di sci e oggi amministratore della società Carezza Dolomites, riferendosi alle recenti polemiche mosse dagli ambientalisti e delle società alpinistiche. Il Cai e l’Alpenverein avevano infatti criticato il progetto, definendolo sovradimensionato e sostenendo che i piloni avrebbero un’altezza eccessiva e quindi impattante. Le associazioni avevano inoltre criticato il contributo pubblico elargito dalla Provincia, pari a 11,3 milioni di euro, a fronte di un investimento complessivo di 15,8 milioni. L’impianto, che collega San Cipriano con Malga Frommer, entrerà in funzione oggi per la prima volta, secondo l’orario d’esercizio 8.30 - 16.45. «Non ci sarà ancora l’inaugurazione ufficiale, perché alcune parti esclusivamente estetiche dell’impianto devono venire completate — spiega Eisath — e quindi abbiamo deciso di svolgere la cerimonia inaugurale in estate». L’impianto avrà cabine da 60 posti e coprirà un tracciato di 3,8 km portando sciatori in inverno e turisti in estate dalla località di San Cipriano fino al Catinaccio, con un dislivello di 644 metri. Il tragitto sarà coperto in 7 minuti. Oltre alla cabina «cabrio», un’altra particolarità dell’impianto è rappresentata dalle stazioni a valle e a monte, entrambe interrate, progettate dall’architetto Werner Tscholl.

OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI Alto Adige | 19 febbraio 2022 p. 34 L'appello delle associazioni ambientaliste per le «Olimpiadi verdi nelle Alpi» Dolomiti Associazioni ambientaliste schierate per chiedere «Olimpiadi davvero sostenibili, a differenza di quelle ormai in dirittura d'arrivo in Cina». All'appello hanno aderito Heimatpflegeverband, Federazione Protezionisti, Mountain Wilderness, Piattaforma Pro Pusteria, Lia per Natura y Usanzes, Peraltrestrade Dolomiti, Italia Nostra, Wwf Italia, Mava Seggo e Protect our Winters Italy. «I giochi olimpici non lasciano l'ambiente indenne: migliaia di tonnellate di cemento vengono gettate ogni volta per la realizzazione di nuove infrastrutture, migliaia di persone e enormi quantità di attrezzature devono essere trasportate e consegnate». Questione traffico individuale motorizzato.«Strade nuove e più ampie generano nuovo traffico. Tuttavia, l'Italia, e soprattutto l'Alto Adige, vogliono utilizzare i cospicui fondi olimpici per realizzare numerosi ampliamenti alla rete stradale. Uno degli esempi più eclatanti è il nuovo collegamento previsto tra la statale della Pusteria e la strada per la Valle di Landro. Questo megaprogetto conduce in parte attraverso aree Natura 2000, tutelate a livello europeo. Sono previsti anche l'ampiamento della strada della Pusteria, lo sviluppo degli svincoli verso Valdaora, verso Anterselva e verso Sesto, l'ampliamento del collegamento tra San Cassiano e Cortina, l'ampliamento di molte strade sui passi.La maggior parte delle risorse dovrebbero confluire nel trasporto pubblico locale.Come progetto modello di sostenibilità per i giochi olimpici del 2026 viene ripetutamente citata dai responsabili la costruzione della variante ferroviaria della Val di Riga. Ma se un progetto infrastrutturale per il trasporto pubblico locale, necessario da decenni, deve aspettare le Olimpiadi per essere realizzato, dimostra come i mezzi di trasporto sostenibili siano molto in basso nella lista delle priorità dei responsabili politici.Nessuna nuova grande struttura«Esistono due ruderi olimpici in Italia: sono due piste da bob abbandonate al termine dei giochi e la prossima sarà costruita a Cortina per le Olimpiadi del 2026, con un costo che si avvicina ai 70 milioni di euro. Ciò fa emergere il problema fondamentale del sistema olimpico e il bluff della candidatura Milano-Cortina, basata sul fatto che la maggior parte delle infrastrutture erano esistenti». Valutazione di impatto ambientale e sul clima per le Olimpiadi. «Se i leader politici prendono seriamente le loro dichiarazioni sulla gestione sostenibile delle Olimpiadi 2026, allora ogni investimento deve essere controllato e monitorato per il suo impatto ambientale e sul clima».

L’Adige | 19 febbraio 2022 p. 33


Corriere del Veneto | 20 febbraio 2022 p. 15, edizione Treviso/Belluno «Con i Giochi Cortina più green e accessibile» Gli operatori del turismo e del commercio immaginano il futuro prossimo della Regina delle Dolomiti Passaggio di testimone con Pechino: oggi maxischermo in centro per seguire la cerimonia, poi kermesse Katia Tafner Cortina D’AMPEZZO La Regina delle Dolomiti nuovamente in piazza, dopo la festa di bentornata all’oro olimpico nel curling Stefania Constantini di una settimana fa. Ora l’occasione è l’atteso «Flag Handove»r: il passaggio della bandiera olimpica, da Pechino 2022 a Milano-Cortina 2026 che verrà vissuto in diretta dalla cittadina ampezzana, grazie a un maxi-schermo sotto al campanile in piazza Angelo Dibona, dalle ore 13. A raccogliere il simbolo olimpico da Pechino i due protagonisti istituzionali dei prossimi Giochi olimpici invernali: il sindaco di Milano, Beppe Sala e il primo cittadino di Cortina d’AMPEZZO, Gianpietro Ghedina. «Soddisfazione e orgoglio nel poter accogliere una seconda volta, dopo 70 anni, le Olimpiadi a Cortina — – ha evidenziato Ghedina — Saranno Olimpiadi sostenibili, ma che potranno esaltare il nostro territorio e ammodernare una serie di infrastrutture. Cortina vive di sport 360 giorni all’anno». Le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 sono le prime al mondo assegnate a due città insieme: Milano e Cortina. L’evento coinvolgerà anche due Regioni, Lombardia e Veneto e due Province Autonome, Trento e Bolzano, su un territorio di oltre 22.000 chilometri quadrati complessivi. Anche questi gli elementi che verranno evidenziati nella cerimonia del «Flag Handover». Così la Regina delle Dolomiti è sempre più rovente per la nuova grande occasione che le si sta presentando in termini di visibilità e opportunità di rinnovamento.


«La spinta è stata forte con i Mondiali di sci alpino dell’anno scorso e ora le Olimpiadi del 2026 ci portano a fare di più e meglio. L’attenzione — fa sapere Roberta Alverà, presidente dell’associazione albergatori di Cortina — sarà nell’introdurre la sostenibilità nelle strutture ricettive più vecchie e puntare a quelle nuove soprattutto in termini di accessibilità per i disabili. A Cortina si disputeranno anche le Paralimpiadi e su questo c’è molto da lavorare». Anche per l’associazione di commercianti e imprenditori «Cortina for Us» le Olimpiadi sono una nuova occasione. «Grazie anche alla collaborazione con l’amministrazione comunale ampezzana, siamo divenuti il riferimento sul territorio per i principali eventi di Cortina — riferisce Franco Sovilla, presidente dell’associazione — Anche per questo siamo stati individuati come coloro che potrebbero occuparsi degli eventi collaterali e di avvicinamento alle Olimpiadi 2026. Per noi sarà anche una vetrina per mettere in luce le eccellenze del territorio, dalla cultura alla gastronomia». Un’altra realtà importante del territorio, quella della «Cooperativa» di Cortina, sta già lavorando nella direzione del grande evento sportivo. «Avevamo già piani di sviluppo, ma questi grandi due eventi internazionali hanno portato maggior impulso — riferisce la direttrice Emanuela De Zanna — Nelle future ristrutturazioni porteremo più spazio al settore sportivo, con corner dedicati e gadget. Se possibile, anche uno spazio ufficiale per il merchandising delle Olimpiadi, come fatto per i Mondiali dello scorso anno» . Se è vero che Cortina sta vivendo una nuova visibile ondata di rinnovamento, anche per i nuovi impianti e collegamenti sciistici, la viabilità resta il vero punto interrogativo verso il 2026.

Corriere delle Alpi | 21 febbraio 2022 p. 2 Milano-Cortina 2026, inizia l'avventura La bandiera olimpica a Sala e Ghedina Luca De Michiel CORTINA D'AMPEZZO L'avventura di Milano-Cortina 2026 è ufficialmente iniziata. Nella spettacolare cornice del Bird's Nest di Pechino si è svolta la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi invernali cinesi, con il passaggio della bandiera a cinque cerchi alla delegazione italiana, che ha ufficializzato l'inizio del cammino verso i Giochi del 2026.Un momento emozionante e carico di significato che ha permesso al mondo intero di assaporare quella che tra quattro anni sarà la cornice dove i campioni del futuro si daranno battaglia. Dopo aver sventolato per l'ultima volta la bandiera sul suolo cinese, il sindaco di Pechino Chen Jining l'ha ceduta al presidente del Cio, Thomas Bach, che l'ha consegnata, secondo il rituale, ai primi cittadini di Milano e Cortina, Giuseppe Sala e Gianpietro Ghedina.LA CERIMONIAAl Bird's Nest spazio a una cerimonia breve, pensata ancora dal regista Zhang Yimou, illuminata da 20mila lanterne, laser e proiezioni, alla presenza del presidente cinese Xi Jinping. Con la fiaccola al centro dello stadio, sulle note dell'Inno alla Gioia di Beethoven, hanno fatto il loro ingresso i portabandiera delle squadre partecipanti, con il tricolore tenuto in mano da Francesca Lollobrigida. Cortina protagonistaAl termine dello spettacolo, la presentazione di Milano-Cortina, ideata da Marco Balich. Grandi emozioni all'inno di Mameli, cantato da Malika Ayane, accompagnata dal preziosissimo violino di Giovanni Andrea Zanon. Spazio poi a un video emozionale per celebrare le bellezze dell'Italia. Protagoniste le Frecce tricolore mentre volano dalle Dolomiti a Venezia e fino a Milano, con i presidenti delle Regioni, Luca Zaia e Attilio Fontana, a dare il benvenuto ai Giochi olimpici con un saluto in lingua cinese. Poi il presidente del Cio: «Aspetto tutte le giovani promesse in Italia tra quattro anni», ha detto Bach.L'oro ampezzanoI Giochi appena conclusi hanno portato alla compagine italiana 17 medaglie, superando di gran lunga il bottino ottenuto nel 2018. Un'Olimpiade storica per lo sport bellunese, segnata soprattutto dall'oro nel curling doppio misto di Stefania Constantini. La giovane atleta ampezzana con la sua impresa ha acceso i riflettori su uno sport fino a poco fa quasi sconosciuto ma da tempo praticato a Cortina ed in poche altre parti d'Italia. Sarà lei tra 4 anni a difendere il titolo conquistato assieme ad Amos Mosaner nelle piste di casa allo stadio Olimpico. Buoni i risultati anche per i cortinesi Mattia Gaspari ed Anna Comarella che hanno ottenuto piazzamenti di rispetto nel skeleton e nello sci di fondo. A testa alta anche Lucia Dalmasso nello snowboard ed il giovane Leonardo Donaggio, quinto nel freestyle a soli 18 anni. LE PRIME DATEIn attesa di definire al meglio programmi e tappe intermedie verso il 2026 ci sono già le prime date certe. La cerimonia di apertura si svolgerà il 6 febbraio 2026 allo stadio di San Siro a Milano, quella di chiusura il 22 febbraio nella meravigliosa cornice dell'Arena di Verona. Secondo i progetti iniziali Milano ospiterà competizioni al chiuso quali hockey su ghiaccio, pattinaggio artistico e short track speed skating, mentre Cortina sarà la sede delle gare di sci alpino, bob, slittino, skeleton e curling. Alcuni eventi si svolgeranno invece in altre località del Nord Italia e in particolare tra le provincie di Trento e Bolzano ed in Valtellina. Quello che ad oggi sembra certo e che è stato messo sin da subito in risalto è che la pianificazione dei Giochi si concentrerà sul basso impatto ambientale e sul risparmio economico, basandosi sul riutilizzo o sulla riconversione di strutture e infrastrutture. A ciò si aggiunge che gran parte dell'immagine dei Giochi 2026 è stata o sarà scelta dal pubblico, come ad esempio il logo, la mascotte e la canzone. Quasi tutti i dettagli della 25ª edizione delle Olimpiadi verranno definita nei prossimi mesi con gli addetti ai lavori che già quest'estate dovrebbero rendere note alcune scelte e tappe fondamentali. L'Italia si prepara dunque ad ospitare per la terza volta le Olimpiadi Invernali, dopo Cortina 1956 e Torino 2006. Sarà un viaggio da vivere e un'opportunità da non perdere, il conto alla rovescia è iniziato. --© RIPRODUZIONE RISERVATA


Gazzettino | 22 febbraio 2022 p. 14, edizione Belluno Olimpiadi 2026 e sostenibilità: il rischio che siano solo parole

Corriere delle Alpi | 23 febbraio 2022 p. 29 Pista da bob Monti Ok all'accordo di programma «Con la sigla dell'accordo di programma per la realizzazione ed il cofinanziamento dell'intervento di riqualificazione dell'impianto di bob Eugenio Monti, si mette nero su bianco l'impegno della Regione Veneto nella realizzazione di una delle opere simbolo delle Olimpiadi Milano Cortina 2026». Il presidente Luca Zaia annuncia l'approvazione da parte della giunta regionale dell'accordo di programma per la realizzazione ed il cofinanziamento dell'intervento di riqualificazione. A siglarlo Regione, Provincia di Belluno e Comune di Cortina. La Regione ha già predisposto il documento di fattibilità delle alternative progettuali, oltre al progetto di fattibilità tecnico-economica; la Provincia di Belluno ed il Comune di Cortina si sono impegnate a cofinanziare l'intervento con un importo pari a 500mila euro ciascuno. L'intervento verrà finanziato, con un emendamento del governo, nell'ambito dell'ultima manovra di bilancio. L'opera rientra tra i progetti strategici considerati di maggiore rilievo nell'ambito delle attività finalizzate all'organizzazione dei giochi olimpici e paralimpici Milano Cortina 2026.

Corriere del Trentino | 23 febbraio 2022 p. 2 «Per l’evento una valutazione di impatto su clima» Ambientalisti critici. Sotto la lente la pista di bob di Cortina: ieri l’accordo veneto per i lavori TRENTO Se la gestione sostenibile delle Olimpiadi deve diventare un impegno reale, «allora ogni investimento deve essere controllato e monitorato per il suo impatto ambientale e sul clima» attraverso una valutazione specifica. A chiederlo sono le associazioni ambientaliste dell’Alto Adige— Heimatpflegerverband Südtirol, Federazione protezionisti sudtirolesi e Mountain wilderness Italia — con l’appoggio anche di Mountain wilderness trentino. «Le Olimpiadi di Pechino — scrivono le associazioni — si stanno rivelando come i Giochi più insostenibili di tutti i tempi tra violazione dei diritti umani e paesaggio sfregiato, ma le preoccupazioni sono ormai rivolte verso Milano–Cortina 2026». L’invito è chiaro: «Serve un’inversione di tendenza nella politica


e l’investimento dei fondi olimpici solo in progetti verdi». L’appuntamento olimpico, sottolineano gli ecologisti, «non lascia l’ambiente indenne»: le nuove infrastrutture, il traffico, la viabilità intaccano inevitabilmente il territorio. «Ma se i problemi principali vengono affrontati per tempo e in modo organico, gli effetti negativi sull’ambiente e sulla qualità della vita dei residenti possono essere ridotti al minimo». E tra i problemi principali c’è sicuramente il traffico, attraverso «i numerosi ampliamenti alla rete stradale che l’Italia vuole realizzare con i fondi olimpici». Con «il trasporto pubblico locale che rimane in secondo piano». «Ma se le Olimpiadi durano appena due settimane — osservano le associazioni — le infrastrutture devono porsi l’obiettivo di migliorare la qualità della vita della popolazione per i decenni a venire». E le strutture? Il «bluff» di Milano-Cortina, è la denuncia, sta nella volontà di realizzare «dal nulla nuove enormi strutture per ogni nuova sede, invece di utilizzare strutture già esistenti». Nuovi impianti «che alla fine dei giochi non verranno più utilizzati e graveranno sulla popolazione locale e sull’ambiente per decenni». Uno su tutti: il centro del bob di Cortina. Ieri è stato siglato l’accoro tra Regione Veneto, Belluno e Cortina che ufficializza l’intervento. Di qui la richiesta di una valutazione dell’impatto ambientale e degli effetti sul clima delle Olimpiadi. «La sostenibilità dei giochi invernali — concludono le sigle — deve essere messa sotto costante osservazione. Solo un netto cambio di mentalità permetterebbe che quanto realizzato sia fruibile anche in futuro dalle popolazioni locali, senza costituire una cicatrice per il territorio».

Corriere del Trentino | 23 febbraio 2022 p. 2 «Olimpiadi, bisogna correre: persi due anni I costi aumentano, niente opere faraoniche» Milano-Cortina, il piano di Tito Giovannini: «Alberghi chiusi? Per il 2026 i posti letto sono garantiti» TRENTO Negli occhi ci sono ancora le immagini delle medaglie italiane — e trentine — alle Olimpiadi di Pechino appena concluse, l’arrivo della bandiera olimpica in Italia, i festeggiamenti a Cembra per Amos Mosaner e per il suo oro a cinque cerchi nel curling (oggi a Baselga la festa per Pietro Sighel e gli altri azzurri). «Ma ora non c’è tempo da perdere: dobbiamo pensare al 2026» rilancia subito Tito Giovannini, rappresentante trentino nel consiglio di amministrazione della Fondazione Milano-Cortina 2026. Niente allarmismi, assicura Giovannini: «Sono tranquillo, ce la faremo». Ma i nodi da affrontare sono tanti: dal caro materie prime «con cui dovremo fare i conti anche noi» fino al tema spinoso del nuovo Ice Rink Pinè. «Non si faranno impianti faraonici» chiarisce il manager. I tempi L’agenda, del resto, è fitta. All’appuntamento di Milano-Cortina mancano quattro anni. Solo tre alla conclusione di tutti gli interventi sugli impianti. «Conosco l’iter e tutti si stanno impegnando al massimo: funzionari, tecnici e amministratori» premette Giovannini. Ma è tempo di cambiare passo. E lo spirito mediterraneo non aiuta: «Agli italiani manca il senso dell’urgenza che caratterizza altre mentalità». E le conseguenze, anche sulla kermesse a cinque cerchi del 2026, sono evidenti: «Avremmo dovuto iniziare prima. Abbiamo perso due anni». I costi in crescita Anche perché il percorso è costellato di ostacoli, legati alla crisi e agli strascichi della pandemia. Come l’aumento dei costi delle materie prime. «In questo momento — osserva il manager — i costi stanno aumentando ovunque. È un problema con cui dovremo fare i conti anche noi. Dovremo adeguarci». Un obiettivo non semplice: la road map verso Milano-Cortina contempla interventi sulla viabilità, sulla mobilità. E naturalmente sugli impianti. Che, per quanto riguarda il Trentino, portano soprattutto verso una destinazione: Baselga di Pinè. Il nodo Ice Rink «Cattedrali nel deserto non ne faremo» ribadisce ancora una volta Giovannini, riferendosi proprio al nodo della copertura dell’Ice Rink Pinè. E al dibattito aperto dopo la presentazione del progetto di partenariato pubblico-privato da parte di Fincantieri, che coinvolge Trentino progetti, Maffeis Engineering e il famoso architetto Carlo Ratti. «In questi giorni si sono sparate cifre improvvide» sbotta Giovannini. Nel mirino, l’importo da 180 milioni prospettato per la realizzazione dell’impianto e la sua gestione ventennale. «Su quel progetto — prosegue il membro del cda — sono state avviate le valutazioni dei tecnici. Io mi esprimerò quando avrò gli elementi». Ma il primo commento indica già una linea precisa: «Nessuno è nelle condizioni di prendere in considerazione un’opera da 180 milioni. La sostenibilità, di cui ci si sta riempiendo la bocca, non è un valore solo a parole: deve esserlo anche nei fatti». Un concetto che Giovannini chiarisce ulteriormente: «Se vedo nella vetrina di un negozio qualcosa che mi piace ma che è fuori dalla mia portata non entro nemmeno in negozio». La morale è chiara: «Non realizzeremo impianti faraonici che non hanno potenzialità di utilizzo futuro. Con la giunta provinciale abbiamo fissato l’obiettivo di rimanere all’interno di una certa cifra di spesa». Intanto, però, il tempo scorre. E il 2025 è dietro l’angolo, con il rischio per Baselga di farsi trovare impreparata. «Escludo categoricamente che Pinè perda la sede olimpica» tranquillizza il manager. Che sulle altre due sedi — Predazzo per il centro del salto e Lago di Tesero per lo sci nordico — è tranquillo. «Ma anche lì c’è da correre». La gestione


Ci sono poi gli altri aspetti da monitorare. Come la ricettività, che dopo il Covid mostra qualche crepa anche in Trentino, con alberghi che chiudono. «Un problema grave — sottolinea Giovannini — ma che non intaccherà le Olimpiadi. La Fondazione si è mossa molto in anticipo su questo e i posti letto per il 2026 ci sono». E la pandemia? Per il 2026 sarà alle spalle. «Ma l’imprevedibilità di quanto può succedere rimane l’incognita maggiore» incalza il membro del board della Fondazione. Un nuovo virus, che si presentasse a pochi mesi dall’evento, «potrebbe annullare tutti gli sforzi». «Nel 1991 — ricorda Giovannini — per i mondiali di Fiemme, lo scoppio della guerra del Golfo ci creò parecchi problemi». C’è però l’altro lato della medaglia. Quello che brilla di più: «Le Olimpiadi lasciano il segno nelle nuove generazioni». È questa l’opportunità più grande di un evento a cinque cerchi: «Al di là delle medaglie, della promozione del territorio, del turismo, l’aspetto motivazionale, l’ispirazione per i giovani è prevalente». Il ritorno da Pechino Ed è proprio ai giovani che Giovannini vuole trasmettere l’emozione provata da Amos Mosaner e Pietro Sighel, tornati da Pechino con una medaglia al collo. «È straordinario — dice — vedere il proprio vicino tornare con una medaglia». Per questo Mosaner e Sighel saranno i portavoce dello sport nelle scuole, con l’obiettivo di «ispirare» i giovani. «Mosaner, a Cembra, parlava dello scarso numero di affiliati all’associazione di curling. Bene: l’obiettivo sarà di realizzare un campo da curling in ogni angolo del nostro ambito, per far sì che Amos, oggi un eroe locale, non venga dimenticato». Ma di Pechino non si dimenticheranno nemmeno le immagini delle strisce di neve artificiale per le piste da sci, dello stadio del salto in mezzo a un sito industriale. «Non sono state belle immagini — conclude Giovannini —. Da noi il contesto sarà composto di larici e abeti rossi».

Corriere del Trentino | 23 febbraio 2022 p. 2 «Per l’evento una valutazione di impatto su clima» Ambientalisti critici. Sotto la lente la pista di bob di Cortina: ieri l’accordo veneto per i lavori TRENTO Se la gestione sostenibile delle Olimpiadi deve diventare un impegno reale, «allora ogni investimento deve essere controllato e monitorato per il suo impatto ambientale e sul clima» attraverso una valutazione specifica. A chiederlo sono le associazioni ambientaliste dell’Alto Adige— Heimatpflegerverband Südtirol, Federazione protezionisti sudtirolesi e Mountain wilderness Italia — con l’appoggio anche di Mountain wilderness trentino. «Le Olimpiadi di Pechino — scrivono le associazioni — si stanno rivelando come i Giochi più insostenibili di tutti i tempi tra violazione dei diritti umani e paesaggio sfregiato, ma le preoccupazioni sono ormai rivolte verso Milano–Cortina 2026». L’invito è chiaro: «Serve un’inversione di tendenza nella politica e l’investimento dei fondi olimpici solo in progetti verdi». L’appuntamento olimpico, sottolineano gli ecologisti, «non lascia l’ambiente indenne»: le nuove infrastrutture, il traffico, la viabilità intaccano inevitabilmente il territorio. «Ma se i problemi principali vengono affrontati per tempo e in modo organico, gli effetti negativi sull’ambiente e sulla qualità della vita dei residenti possono essere ridotti al minimo». E tra i problemi principali c’è sicuramente il traffico, attraverso «i numerosi ampliamenti alla rete stradale che l’Italia vuole realizzare con i fondi olimpici». Con «il trasporto pubblico locale che rimane in secondo piano». «Ma se le Olimpiadi durano appena due settimane — osservano le associazioni — le infrastrutture devono porsi l’obiettivo di migliorare la qualità della vita della popolazione per i decenni a venire». E le strutture? Il «bluff» di Milano-Cortina, è la denuncia, sta nella volontà di realizzare «dal nulla nuove enormi strutture per ogni nuova sede, invece di utilizzare strutture già esistenti». Nuovi impianti «che alla fine dei giochi non verranno più utilizzati e graveranno sulla popolazione locale e sull’ambiente per decenni». Uno su tutti: il centro del bob di Cortina. Ieri è stato siglato l’accoro tra Regione Veneto, Belluno e Cortina che ufficializza l’intervento. Di qui la richiesta di una valutazione dell’impatto ambientale e degli effetti sul clima delle Olimpiadi. «La sostenibilità dei giochi invernali — concludono le sigle — deve essere messa sotto costante osservazione. Solo un netto cambio di mentalità permetterebbe che quanto realizzato sia fruibile anche in futuro dalle popolazioni locali, senza costituire una cicatrice per il territorio».


RETE DEI PRODOTTI E PRODUTTORI DI QUALITA’ DELLE DOLOMITI UNESCO Alto Adige | 16 febbraio 2022

p. 34 Biodiversità, 70 aziende col marchio «Unesco» DOLOMITI Una rete dei produttori e dei prodotti di qualità Dolomiti Unesco che porta avanti il concetto di sostenibilità e conservazione attiva del territorio. Quattro le categorie considerate - ortofrutticoltori, allevatori, vitivinicoltori-birrai e apicoltori - per un totale di una settantina di aziende coinvolte. Coltivatori della biodiversità.Il settore agroalimentare è quello nel quale il concetto di "conservazione attiva" del


Patrimonio Mondiale è più evidente: i protagonisti sono i coltivatori della biodiversità, veri fautori di un'economia sostenibile ancorata alla specificità delle vallate dolomitiche. Conoscerli significa capire a fondo l'unicità di ogni luogo e la cura necessaria a preservarlo perché ortofrutticoltori, allevatori, vitivinicoltori, birrai e apicoltori sono considerate a ragione le sentinelle della biodiversità.Dalla mela prussiana al mais sponcio.E i prodotti non sono mai banali. Anzi, invitano ad essere scoperti e soprattutto gustati. La categoria degli ortofrutticoltori include aziende tra loro molto diversificate. Si tratta infatti di agricoltori che producono varie tipologie di ortaggi, frutta, legumi e cereali (tra cui produzioni specifiche locali, come il fagiolo gialet, la mela prussiana o il mais sponcio) ma anche erbe officinali e piante aromatiche. Anche in questo caso le aziende oltre che produttrici possono trasformare le materie prime per ottenere, ad esempio, conserve e prodotti alimentari e erboristici. La categoria degli allevatori è la più ampia all'interno della rete dei produttori di qualità perché include sia tutte le aziende afferenti alla zootecnica, quindi che allevano più specie animali (in prevalenza vacche da carne o da latte, ma anche capre e pecore) sia quelle che trasformano e rivendono carne (con produzione ad esempio di salumi e insaccati) o latte (con produzione di latticini).Quella dei vitivinicoltori e dei birrai è una categoria di nicchia ma tra le più apprezzate. Include aziende vitivinicole e i produttori di vini e birre artigianali prodotte con materie prime dolomitiche. Tra gli apicoltori figurano aziende agricole dedicate all'allevamento delle api e che producono miele o suoi derivati, come la melata e l'idromele, ma anche prodotti come polline, cera d'api, pappa reale, propoli.Una piattaforma comune ma anche buone pratiche. «Quella che stiamo costruendo - spiega Irma Visalli - è una piattaforma di confronto, che si sta rivelando estremamente interessante: produttori di province e regioni diverse stanno scoprendo ciò che hanno in comune, sia in termini di opportunità che di problematiche. Il nostro primo obiettivo era quello di accrescere la consapevolezza di vivere e operare in un Patrimonio Mondiale e possiamo dire che è già stato raggiunto. Il secondo è proprio quello di creare relazioni, condividere buone pratiche, alimentare non la competizione ma la relazione tra produttori e agricoltori, valorizzando le specificità e non certo l'omologazione».Il paesaggio e i suoi protagonistiLa natura, il tempo, ma anche gli uomini hanno contribuito a plasmare il paesaggio dolomitico riconosciuto dall'Unesco come unico al mondo. Agricoltori e allevatori che realizzano prodotti di qualità certificati contribuiscono alla sua cura e alla sua tutela ed è per questo che la Fondazione Dolomiti Unesco ha deciso di mettere in rete produttori di tutte le province e le regioni delle Dolomiti. La rete è anche un'occasione per far dialogare esperienze diverse e mettere in comunicazione le vallate con le loro tradizioni e specificità. "Non mettiamo in rete i prodotti ma i produttori" sottolinea Irma Visalli, "ognuno con la propria storia, la propria esperienza, la propria vita. Tutti condividono un'opportunità e una responsabilità: quella di operare nel paesaggio dolomitico riconosciuto dall'Unesco. I loro prodotti, peraltro, hanno già ottenuto le certificazioni delle rispettive aree protette, che da luoghi percepiti come oggetto di vincoli possono e devono diventare luoghi nei quali si può attivare un'economia legata alla qualità". MAX.BO.

NOTIZIE DAI RIFUGI Gazzettino | 15 febbraio 2022 p. 7, edizione Belluno «Estendere ai rifugi il superbonus dell'80%» L'IDEABELLUNO Rifugi alpini presìdi insostituibili della montagna: ampliare a queste strutture il superbonus dell'80%. Estendere il superbonus anche ai rifugi, il coordinatore di Forza Italia Dario Scopel rilancia la proposta anche per la montagna bellunese. «I rifugi alpini sono autentici avamposto nella custodia del bene-montagna -commenta - e per questo bisogna utilizzare ogni strumento utile a favorirne la permanenza e la sopravvivenza, anche in termini economici». L'idea, partita dall'Uncem - l'Unione Nazionale Comuni Comunità ed Enti Montani, in queste ore si sta facendo largo e sta raccogliendo il favore di altre istituzioni come il Cai oltre, naturalmente, a numerosi rifugisti. L'idea è quella di richiedere al governo l'estensione del superbonus dell'80% per gli interventi a favore delle strutture ricettive, per l'appunto, ai rifugi alpini, ma anche alle strutture di media montagna, come quelle poste a presidio di malghe e aree verdi. Le motivazioni della richiesta non mancano. «Sappiamo bene tutti quale sia il valore della presenza dei rifugi, ma direi soprattutto di coloro che con grande passione e sacrificio li gestiscono, per l'intera montagna italiana, ma soprattutto per quella bellunese, in alcuni tratti periferica rispetto ai flussi turistici maggiori - sottolinea Scopel -. Al ruolo insostituibile di accoglienza e ristoro per gli escursionisti e gli amanti dei paesaggi montani, si aggiunge infatti, non meno rilevante, quello di autentiche sentinelle dell'ambiente, con i suoi rischi e i suoi pericoli. Una montagna abbandonata diventa in poco tempo una montagna degradata e inaccessibile, con tutto quello che questo comporta anche per le comunità di valle».ATr

Corriere delle Alpi | 17 febbraio 2022


p. 18 Appello al Governo di Uncem e Scopel «Il Superbonus anche per i rifugi» Fabrizio Ruffini BELLUNO «I rifugi alpini sono presìdi insostituibili della montagna, per questo è necessario estendere anche a queste strutture il super bonus dell'80% pensato per le strutture ricettive». Con queste parole il coordinatore provinciale di Forza Italia, Dario Scopel, rilancia l'idea di chiedere al Governo l'estensione del super bonus anche ai rifugi e alle strutture di media montagna poste a presidio di malghe e aree verdi. Anche nel Belllunese, quindi, la proposta partita da Uncem e portata avanti trasversalmente sta raccogliendo il favore di altre istituzioni, come il Cai, oltre, naturalmente, a numerosi rifugisti.Le motivazioni della richiesta, tutt'altro che estemporanea, non mancano: «Sappiamo bene tutti quale sia il valore della presenza dei rifugi, e di coloro che con grande passione e sacrificio li gestiscono, per l'intera montagna italiana, ma soprattutto per quella bellunese, in alcuni tratti periferica rispetto ai flussi turistici maggiori», sottolinea Scopel, che aggiunge: «Al ruolo insostituibile di accoglienza e ristoro per gli escursionisti e gli amanti dei paesaggi montani, si aggiunge, infatti, non meno rilevante, quello di autentiche sentinelle dell'ambiente, con i suoi rischi e i suoi pericoli. Una montagna abbandonata, aggiunge Scopel, diventa in poco tempo una montagna degradata e inaccessibile, con tutto quello che questo comporta anche per le comunità di valle». A tutto questo si aggiunge l'analisi del contesto storico ed economico che stiamo vivendo: «Due anni di pandemia, con stagioni invernali quasi azzerate e stagioni estive ridotte al lumicino, hanno letteralmente messo in ginocchio molte di queste strutture; è evidente che un sostegno come quello del super bonus potrebbe dare nuovo slancio agli investimenti e garantire ai gestori un'autentica prospettiva di ripresa», prosegue il coordinatore azzurro, che pone infine l'accento su un altro aspetto: «Il tema della transizione ecologica tanto dibattuto in questi mesi necessita di sostegni concreti anche in alta montagna, dove peraltro i costi dell'approvvigionamento energetico sono molto alti; un aiuto all'investimento, per esempio, in impianti per la trasformazione dell'energia solare garantirebbe ai rifugi una maggiore autonomia, costi inferiori e, contemporaneamente, un impatto ambientale molto ridotto. Mi auguro che il governo faccia questa partita tutt'altro che dispendiosa sul piano delle risorse economiche da destinare (vista la relativa esiguità delle strutture interessate), ma molto importante per gli effetti che potrà avere per la custodia di un bene prezioso come le nostre Dolomiti, Patrimonio dell'Unesco, e più in generale di tutto l'ecosistemamontagna».BANDI MAL FORMULATI «Mi fa piacere che anche la politica locale si interessi della questione, perché finora ha dimostrato di non avere molta dimestichezza con l'attività nei rifugi», commenta il presidente del Cai di Feltre, Ennio De Simoi, «c'è un problema, però: spesso a questi bandi non possono partecipare direttamente le sezioni del Cai, ma solo i proprietari (che possono essere anche i Comuni o il Demanio) o i gestori dei rifugi, intesi come coloro i quali si occupano direttamente della conduzione del rifugio. Questo implica enormi difficoltà per la richiesta di finanziamento, perché i gestori spesso non vengono individuati prima dell'estate e comunque ragionano sulla stagione e non a medio-lungo termine come potremmo fare noi. Dall'altra parte, gli enti pubblici difficilmente si interessano a queste questioni. Purtroppo lo stiamo vedendo anche oggi con il bando di sostegno alle attività economiche in provincia di Belluno, per il quale non possono partecipare i vari gruppi del Club Alpino Italiano». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 18 febbraio 2022 p. 25 I rifugi potranno avere tutti i benefici previsti dal decreto Turismo BELLUNO I benefici del decreto Turismo anche ai rifugi. C'era il pericolo che le strutture montane potessero esclusi e, quindi, dovessero rinunciare a crediti d'imposta e contributi a fondo perduto per le imprese turistiche e allora Confcommercio Belluno ha subito coinvolto le proprie rappresentanze nazionali , fra le quali Federalberghi, affinché il ministero si pronunciasse con urgenza.In risposta a una domanda posta proprio da Federalberghi ieri mattina il ministero del Turismo ha chiarito che anche i rifugi possono accedere ai benefici. Tutto questo è confermato anche sul sito internet, dove si legge testualmente che «i rifugi alpini ed escursionistici (inclusi in apposito elenco istituito dalla Regione o dalla Provincia autonoma) possono beneficiare degli incentivi, in quanto imprese del comparto turistico.L'ammissibilità agli stessi benefici da parte delle imprese, nel caso di immobili di proprietà terze, dovrà comunque essere valutato, in relazione al regime contrattuale in vigore. In vista dell'apertura dei bandi per l'ottenimento di crediti d'imposta e contributi a sostegno della riqualificazione dell'offerta turistica (risparmio energetico, abbattimento delle barriere architettoniche, adeguamento sismico e digitalizzazione) era infatti fondamentale avere la certezza che anche i rifugi potessero concorrere per l'ottenimento di eventuali aiuti che, è giusto ricordarlo, rientrano in una sfera d'intervento a carattere nazionale a fronte della presentazione in tempi stretti di idonei progetti. Tutte le istruzioni necessarie sono sul sito di Federalberghi. --© RIPRODUZIONE RISERVATA


NOTIZIE DAI PARCHI La Usc di Ladins | 18 febbraio 2022 p. 7


NOTIZIE DAI CLUB ALPINI ITALIANI Corriere delle Alpi | 1 Febbraio 2022 p. 18 Le associazioni fanno squadra: «Pochi soci e scarsi fondi, ma noi siamo garanti della sicurezza degli escursionisti» L'appello del Cai: servono forze nuove «Chi frequenta la montagna deve aiutarci» Francesco Dal Mas BELLUNO "Con il Cai non sei mai solo": è lo slogan a effetto della campagna tesseramento 2022 lanciato unitamente dalle sezioni bellunesi del Club Alpino Italiano. Pulizia dei sentieri, gestione dei rifugi, manutenzione delle vie ferrate, organizzazione di attività e incontri che mettono al centro la montagna e la natura. Il Cai è sempre più una risorsa fondamentale nel Bellunese, ma i numeri degli iscritti non sono ancora all'altezza dell'associazione che avrebbe bisogno di più fondi e di molte più forze. Ecco dunque la necessità di unirsi, dal Cadore fino all'Agordino, per cercare nuovi soci. «Cosa sarebbe la montagna senza il Cai? », s'interroga il presidente della sezione feltrina Angelo Ennio De Simoi, «forse in pochi se lo sono chiesti. Ma basterebbe che ci fermassimo un anno e si vedrebbe. Chi ama la montagna penso debba essere moralmente coinvolto e portato a sostenere la nostra associazione. Con la manutenzione dei sentieri, la gestione dei rifugi e dei bivacchi, siamo l'unico presidio presente in quota. Spesso non si capisce a fondo il nostro lavoro ma siamo garanti della sicurezza del territorio e degli escursionisti. Se si frequenta la montagna», spiega De Simoi, «bisogna essere spinti a dare un sostegno concreto, iscrivendosi al Cai, perché si è fruitori di certi servizi». L'associazione oggi deve fare i conti con pochi giovani e tanto lavoro, soprattutto dopo Vaia. «Il difficile rinnovo generazionale sta facendo mancare le energie e l'entusiasmo che il nostro territorio necessita», commenta Emilio Fabbro, presidente cadorino della sezione di Lorenzago. «Tutto quello che è stato fatto in seguito alla tempesta Vaia ci ha dimostrato che la montagna è ancora viva ma per mantenerla bella, accessibile e pulita è fondamentale supportare e diventare attivamente parte delle nostre sezioni. La rete capillare di sentieri che rende la montagna viva è da sempre al centro delle nostre azioni portate avanti da volontari straordinari con competenze specifiche, adeguatamente formati ed equipaggiati». Alle parole di Fabbro fanno eco quelle del giovane presidente alpagoto Luca Dal Paos. «Sicuramente la manutenzione dei sentieri è una delle attività più importanti che facciamo, sono convinto che è fondamentale avere nuovi soci per un contributo economico, ma allo stesso tempo abbiamo bisogno di persone attive. Iscrivendosi al Cai si possono imparare tantissime cose che magari a scuola non vengono trattate, lo dico soprattutto ai più giovani. C'è bisogno di chi ha dimestichezza con le nuove tecnologie e allo stesso tempo si apprendono abilità e tecniche manuali oggi sempre più in disuso». L'appello all'iscrizione viene rilanciato anche nel territorio agordino. «Sarebbe prima di tutto un supporto economico importante per poter mantenere puliti i nostri sentieri, per portare avanti la gestione dei rifugi e tutte le nostre attività nella zona», spiega il presidente Dario Dall'Osbel, «mi appello soprattutto agli appassionati di montagna. Quando si percorre un sentiero pulito e segnalato bisogna riflettere sul lavoro che è stato fatto lì, molto probabilmente da un volontario del Cai. Immaginate se non fosse così come sarebbe oggi la montagna...».© RIPRODUZIONE RISERVATA


INTERVISTE ED EDITORIALI Alto Adige | 22 febbraio 2022 p. 15 Quando la neve era demonizzata di Annibale Salsa, antropologo


DOLOMITI IN TV Corriere delle Alpi | 18 febbraio 2022 p. 34 "Un passo dal cielo" Per la nuova serie confermati San Vito e il Bellunese SAN VITO «Un passo dal cielo 7. I guardiani" sarà girato a San Vito e nel Bellunese. La notizia è stata resa nota ieri pomeriggio dal sindaco Emanuele Caruzzo: il primo cittadino (con il vice Alfonso Sidro, il presidente del consorzio Cadore Dolomiti Gildo Trevisan e la responsabile marketing Daniela Falcinelli) ha infatti incontrato in municipio i vertici di Lux Vide, la società di produzioni televisive che realizza anche la serie "Un passo dal cielo".«Da quando la Rai ha confermato che ci sarà la settima stagione della fiction», spiega Caruzzo, «visto il record di ascolto che ha avuto la sesta, in netto aumento rispetto alla quinta, abbiamo ripreso i contati con Lux Vide che produce la serie per sottolineare la nostra volontà di continuare ad ospitare il cast. Oggi pomeriggio (ieri per chi legge, ndr) abbiamo incontrato l'organizzatore generale Mirko D'Angeli e abbiamo ufficializzato il ritorno di attori, registi e cast nel nostro paese e in provincia di Belluno».Come sempre i dettagli sono davvero pochi.«Posso dire che lo Chalet la Lago», aggiunge Caruzzo, «che nella finzione è stato trasformato nella sede del Commissariato di polizia, riavrà quel ruolo; e aggiungo che il lago di Mosigo sarà ancora al centro della trama e quindi delle immagini. Poi, nei prossimi mesi, il regista e i responsabili della produzione faranno dei sopralluoghi per identificare le varie location per le riprese. Le scene verranno girate tra agosto e ottobre in date ancora da stabilire. Noi siamo molto soddisfatti», conclude Caruzzo, «di questo ritorno. La fiction, che è stata seguitissima su Rai1, ci ha portato tantissima visibilità e ha dato lavoro a tante attività e a tanti cittadini non solo a San Vito ma anche nell'intera provincia». Pochissime le anticipazioni anche sulla trama; del cast si sa che ci saranno nuovi ingressi e anche i volti storici. Torneranno Daniele Liotti nei panni di Francesco Neri; Enrico Ianniello in quelli di Vincenzo Nappi; Gianmarco Pozzoli in quelli di Huber Fabricetti; Giusy Buscemi in quelli di Manuela Nappi; Serena Iansiti di Carolina Volpi; Aurora Ruffino di Dafne Mair; Anna Dalton di Elda; Carlo Cecchi di Cristoph; Luca Chikovani di Enrico Costa. Filippo De Carli vestirà i panni di Giorgio. Calcolando l'inizio delle riprese e la post produzione, "Un passo dal cielo 7" dovrebbe andare in onda su Rai 1 a inizio 2023. --alessandra segafreddo© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 19 febbraio 2022 p. 17 "Un passo dal cielo" e la serie "Schnee" vetrine del turismo: la Dmo è al lavoro Alessia Forzin Belluno Le Dolomiti fanno gola ai produttori televisivi. Sono due le serie che saranno girate in provincia nei prossimi mesi, e che permetteranno di far conoscere un territorio ricco di panorami mozzafiato anche a chi non ci si è mai avventurato. A Val di Zoldo (e in parte in centro Cadore) a partire da marzo inizieranno le riprese di "Schnee", produzione italo austriaca destinata al pubblico tedesco e prodotta da Primary Pictures, coprodotta da X-Films con la produzione esecutiva di Mestiere Cinema. Le troupe rimarranno in zona due mesi, poi torneranno a maggio.In agosto, invece, torneranno a San Vito di Cadore Enrico Ianniello, Daniele Liotti e tutti gli attori di Un passo dal cielo - I guardiani. La settima serie della fortunata fiction Rai sarà girata ancora in Cadore, con base fra San Vito (il commissariato di Polizia sarà riallestito sulle rive del Lago di Mosigo) e Cortina, dove sarà ricostruita la baita di Francesco Neri (Daniele Liotti) alle 5 Torri. La messa in onda della serie dal 1° aprile al 20 maggio 2021 ha avuto ricadute importanti sotto il profilo turistico: i fan si sono riversati a San Vito, Cortina, Calalzo, Borca, Cibiana, set delle storie narrate nella fiction.Ecco perché la Provincia e la Dmo ora puntano a suggerire anche altre location alla produzione, per far conoscere altri angoli del Bellunese al grande pubblico. «Stiamo cercando di capire se spetti a noi o alla Regione indicare altre zone», spiega il direttore della Dmo, Michele Basso. «Sicuramente parleremo con la produzione, ci confronteremo per dare qualche indicazione, vista la conoscenza che abbiamo del territorio. Poi ovviamente spetterà a Lux Vide decidere dove girare».Anche la Provincia aveva questo obiettivo, ci lavorò l'allora consigliere delegato al turismo Danilo De Toni. L'idea era quella di ampliare la zona delle riprese ad altri angoli di rara bellezza del Bellunese, dall'Agordino alla Valbelluna all'Alpago. La produzione ha in programma alcuni sopralluoghi in provincia nelle prossime settimane, solo al termine sarà deciso dove girare le scene.«Quel che è certo è che iniziative di questo genere fanno solo bene alla nostra provincia, tanto che stiamo già facendo un ragionamento, con la collaborazione dei Comuni interessati, per creare dei pacchetti per i turisti che volessero visitare i luoghi delle serie», continua Basso. «Ovviamente coinvolgeremo i consorzi in questa operazione, e guarderemo anche ai mercati esteri».È


soddisfatto anche il presidente della Provincia Roberto Padrin: «Le ricadute che abbiamo avuto dopo la messa in onda di Un passo dal cielo sono state notevoli», spiega. «Certo, sarebbe bello poter far conoscere attraverso la televisione anche altre zone, ma considero già un'ottima notizia che la produzione abbia deciso di girare un'altra serie qui».Sulla stessa linea il sindaco di San Vito, Emanuele Caruzzo, che ha toccato con mano la promozione turistica generata dalla fiction: «Moltissimi appassionati sono venuti a visitare i luoghi della serie, il ritorno pubblicitario è stato notevole e siamo davvero molto contenti che sarà girata un'altra serie sul nostro territorio». Ma non c'è solo il turismo: una produzione televisiva rappresenta anche un'opportunità importante per le attività del territorio. «Un'azienda artigiana di Val di Zoldo ha ricevuto richiesta di preventivi per fornire parecchio materiale ligneo per le scenografie della seria italo-austriaca che sarà girata in quelle zone», conferma Basso. --© RIPRODUZIONE RISERVATA


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