R A S S E G N A S T A M P A
FEBBRAIO 2025
R A S S E G N A S T A M P A
FEBBRAIO 2025
Corriere dell’Alto Adige | 1 febbraio 2025
p. 16, segue dalla prima
«Fermare l'overtourism»
Fondazione Dolomiti Unesco chiede ordinanze modello Roccaraso contro l'assalto dei gitanti
Posti di blocco e ordinanze comunali per frenare l'overtourism, come sta facendo Roccaraso assaltato dai turisti a seguito del messaggio di un'influencer napoletana su Tiktok. A chiedere provvedimenti del genere è la Fondazione Dolomiti Unesco, che ha pubblicato un documento sulla "comunicazione sostenibile" in cui, a riguardo dell'overourism, sollecita di «interagire con gli organi politico istituzionali dei territori al fine di introdurre norme, regole e disciplinari coerenti». dal mas / Pagina 16
Posti di blocco e ordinanze comunali, come sta facendo Roccaraso assaltato dai turisti a seguito del messaggio di un'influencer napoletana su Tiktok. La Fondazione Dolomiti Unesco ha pubblicato un documento sulla "comunicazione sostenibile" in cui, a riguardo dell'overourism, sollecita di «interagire con gli organi politico istituzionali dei territori al fine di introdurre norme, regole e disciplinari coerenti con gli obiettivi e i principi indicati, nonché introdurre forme di monitoraggio». Gli obiettivi e i principi sono quelli di riequilibrare gli arrivi e le presenze turistiche sulla montagna in modo da evitare lo stress di taluni siti e di abbandonarne altri nella marginalità. Si arriverà mai a ordinanze municipali anche in provincia di Belluno? «Saranno i sindaci a valutare le situazioni, di volta in volta, insieme alle autorità competenti», afferma il presidente della Provincia, Roberto Padrin, che è anche vicepresidente della Fondazione. «Certo, le ordinanze non sono da escludere. E, d'altra parte, sono in atto anche altre misure». Le Regole di Cortina, ad esempio, stanno blindando con protezioni in legno la strada del passo Tre Croci per evitare parcheggi selvaggi da parte di chi si arrampicherà fino al lago turchino del Sorapis. A qualcosa di analogo sta pensando l'amministrazione comunale di Auronzo. «Le ordinanze? Sono possibili», ammette Paolo Frena, sindaco di Colle Santa Lucia, «ma l'eventuale chiusura del Passo Giau è di competenza di Veneto Strade. Si tratta di provvedimenti comunque da condividere». Altri casi Roccaraso sulle Dolomiti? «Non ce li possiamo permettere», insiste Mara Nemela, direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco. «Proprio per questo abbiamo promosso un Tavolo sulla Comunicazione che propone precise linee guida: la prima è di valutare attentamente a chi ci si affida per comunicare e soprattutto quali sono i messaggi da lanciare. Messaggi», afferma Nemela, «che devono essere coerenti con l'integrità del bene e della qualità della sua frequentazione». Traducendo: no ai creators che si lasciano trasportare con l'elicottero su qualche cima da cui magari si lanciano con la tuta alare. Non è finita. No al rilancio di siti già superaffollati: e non solo le Tre Cime, il Sorapis, il passo Giau. «Sì, invece, ad una diversificazione, promuovendo località altrettanto suggestive», puntualizza Nemela, «che, grazie alla loro frequentazione, possono garantire opportunità di sviluppo a comunità diverse». Il documento licenziato dalla "Rete della promozione del turismo sostenibile" è puntuale al riguardo: «Qualora intenda avvalersi di collaborazioni con influencer, blogger e youtuber, si favorisca una diffusione di contenuti digitali coerenti con i principi». Umberto Martini, docente di Economia e Management all'Università degli Studi di Trento, è stato l'anima dei corsi della Fondazione. È sua convinzione che «il tentativo di controllare la comunicazione generata, soprattutto sui canali dei social media, diviene una necessità per evitare la diffusione di messaggi fuorvianti o semplicemente portatori di una visione della montagna incompatibile con la sua reale valorizzazione». Sarà mai possibile? «Dei tentativi vanno fatti. Soprattutto», afferma Nemela, «chi ha necessità di promuovere territori e attività scelga con oculatezza metodi e contenuti della comunicazione». E questo perché – secondo Martini - «la fragilità intrinseca dell'ambiente montano è messa sempre più a rischio non solo dall'aumento in sé dei flussi – e della conseguente necessità di servizi, strutture e infrastrutture -, ma anche dalla citata "inconsapevolezza" dei nuovi frequentatori, spesso portatori di attese di servizi, bisogni e azioni lontane dall'essere sostenibili», afferma Martini. «Per queste ragioni, appare del tutto necessario che i soggetti istituzionali che sono delegati alla gestione del territorio, ed in particolare delle zone più fragili, intervengano nel cercare di arginare i modelli di fruizione della montagna più impattanti e aggressivi»
Alto Adige | 2 febbraio 2025
p. 18
Dolomiti e overtourism: «No ad altre Roccaraso»
La Fondazione Unesco. Le linee guida: marketing più sostenibile per evitare l’assalto alle montagne
BOLZANO
Posti di blocco e ordinanze comunali, come sta facendo Roccaraso assaltato dai turisti a seguito del messaggio di un’influencer napoletana su Tiktok. La Fondazione Dolomiti Unesco ha pubblicato un documento sulla “comunicazione sostenibile” in cui, a riguardo dell’overtourism, sollecita di «interagire con gli organi politico istituzionali dei territori al fine di introdurre norme, regole e disciplinari coerenti con gli obiettivi e i principi indicati, nonché introdurre forme di monitoraggio». Al lavoro hanno partecipato, tra gli altri, Idm e la Provincia di Bolzano. Gli obiettivi e i principi sono quelli di riequilibrare gli arrivi e le presenze turistiche sulla montagna in modo da evitare lo stress di taluni siti e di abbandonarne altri nella marginalità. Altri casi Roccaraso sulle Dolomiti? «Non ce li possiamo permettere», insiste Mara Nemela, direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco. «Proprio per questo abbiamo promosso un Tavolo sulla comunicazione che propone precise linee guida: la prima è di valutare attentamente a chi ci si affida per comunicare e soprattutto quali sono i messaggi da lanciare. Messaggi», afferma Nemela, «che devono essere coerenti con l’integrità del bene e della qualità della sua frequentazione». Traducendo: no ai creators che si lasciano trasportare con l’elicottero su qualche cima da cui magari si lanciano con la tuta alare. Non è finita. No al rilancio di siti già superaffollati: e non solo le Tre Cime, il Sorapis, il passo Giau. «Sì, invece, ad una diversificazione, promuovendo località altrettanto suggestive», puntualizza Nemela, «che, grazie alla loro frequentazione, possono garantire opportunità di sviluppo a comunità diverse». Il documento licenziato dalla “Rete della promozione del turismo sostenibile” è puntuale al riguardo: «Qualora intenda avvalersi di collaborazioni con influencer, blogger e youtuber, si favorisca una diffusione di contenuti digitali coerenti con i principi». Umberto Martini, docente di Economia e Management all’Università degli Studi di Trento, è stato l’anima dei corsi della Fondazione. È sua convinzione che «il tentativo di controllare la comunicazione generata, soprattutto sui canali dei social media, diviene una necessità per evitare la diffusione di messaggi fuorvianti o semplicemente por tatori di una visione della montagna incompatibile con la sua reale valorizzazione». Sarà mai possibile? «Dei tentativi vanno fatti. Soprattutto», afferma Nemela, «chi ha necessità di promuovere territori e attività scelga con oculatezza metodi e contenuti della comunicazione». E questo perché – secondo Martini - «la fragilità intrinseca dell'ambiente montano è messa sempre più a rischio non solo dall'aumento in sé dei flussi – e della conseguente necessità di servizi, strutture e infrastrutture -, ma anche dalla citata “inconsapevolezza” dei nuovi frequentatori, spesso portatori di attese di servizi, bisogni e azioni lontane... Le Dolomiti sono diventate “Patrimonio Mondiale” nel 2009. II Riconoscimento Unesco attesta l’eccezionalità di questo territorio sotto il profilo scientifico ed estetico, richiamando ad un impegno costante per tutelarne l’integrità, e al tempo stesso, promuoverne i valori. La Convenzione per il Patrimonio mondiale, infatti, che istituisce la “Lista” dei Beni riconosciuto valore universale, impegna le comunità a garantire la corretta identificazione degli eccezionali valori oggetto del Riconoscimento e a preservarli per le generazioni future. Ciò richiede una gestione sostenibile del territorio un’attenzione a tutti i possibili fattori di impatto, diretti o indiretti. La Convenzione enfatizza il ruolo dell’educazione dell’informazione e della comunicazione, dal momento che è solo consolidando «il rispetto e l’attaccamento dei popoli patrimonio culturale e naturale» che è possibile garantirne la conservazione.
L’Adige | 2 febbraio 2025
p. 10, segue dalla prima
«Overtourism, non siamo Roccaraso»
Bernard: «Ma serve un limite». Dolomiti Unesco chiede un cambio di rotta
FABIO PETERLONGO
Un freno al rischio dell’overtourism. Lo chiede la Fondazione Dolomiti Unesco con un documento nel quale invita le amministrazioni a un cambio di rotta sulla comunicazione istituzionale e turistica: essa deve essere improntata alla sostenibilità, alla consapevolezza dei limiti e dei rischi della montagna. Questo mentre assistiamo alla folle invasione di Roccaraso, in Abruzzo, da parte di migliaia di turisti «attirati» da un’influencer. «Non siamo Roccaraso, ma serve un limite» dice il sindaco di Campitello di Fassa, Ivo Bernard. «Quando è troppo è troppo», gli fa eco Valerio Pederiva, sindaco di Soraga. Fanno discutere le immagini “choc” che arrivano da Roccaraso, il comune sulle montagne abruzzesi preso d’assalto da decine di migliaia di turisti e centinaia di autobus in poche ore. È l’esito della campagna social portata avanti da influencer che aizzano i loro follower a “invadere” turisticamente il piccolo abitato. Il sindaco di Roccaraso ha deciso di correre ai ripari: al fine di proteggere i servizi e l’integrità del piccolo borgo appenninico, il primo cittadino ha previsto posti di blocco per controllare i turisti e un contingentamento dei numeri. Scene del genere non si sono ancora viste sulle montagne trentine, ma il tema dell’overtourism, ovvero del sovraccarico turistico ai danni delle piccole comunità montane, emerge sempre più anche nel nostro territorio. È di poche ore fa la presa di posizione della Fondazione Dolomiti Unesco, che con un documento ha chiesto alle amministrazioni un cambio di rotta sulla comunicazione
istituzionale e turistica: essa deve essere improntata alla sostenibilità, alla consapevolezza dei limiti e dei rischi della montagna; e quando le amministrazioni si avvalgono di influencer per la promozione via social-network dovrebbero assicurarsi che questi personaggi garantiscano un livello decoroso di professionalità. L’assessore provinciale al turismo Roberto Failoni, sollecitato sul tema, risponde con un “no-comment”: «Non credo sia il momento di fare polemiche», ha detto. Il sindaco di Campitello di Fassa Ivo Bernard, riflette sulle conseguenze dell’overtourism: «Le scene viste a Roccaraso non si sono mai viste dalle nostre parti. Quando riceviamo delle richieste di collaborazione da parte degli influencer, stiamo sempre attenti che la promozione sia conforme alla salvaguardia dell’ecosistema e di chi la montagna la vive con sensibilità e rispetto». Ma in linea generale, il problema c’è, conferma il sindaco Bernard: «Il fenomeno dell’overtourism si concentra tra il 20 luglio e il 20 agosto, quando le nostre aree sono sottoposte a un flusso turistico a tratti insostenibile. Ma il problema non può essere affrontato a livello locale, serve un’iniziativa nazionale». Bernard sottolinea come questo “ingorgo” derivi dalla prassi italiana per cui tra luglio e agosto il sistema economico “chiude”: «Sono le settimane in cui chiudono i posti di lavoro, le fabbriche, anche le consegne rallentano, - riflette il sindaco - In Austria, ad esempio, non accade, le chiusure sono diluite in modo molto più sostenibile. Bisogna andare in quella direzione». Per Bernard, sembra inevitabile scendere a patti con un sistema economico che poggia pesantemente sul turismo di massa: «In pochi mesi di lavoro estivo, dobbiamo tenere in piedi un sistema turistico che poi investe sul territorio. I sindaci possono al massimo minimizzare i danni affinché il sistema resti in piedi per come è adesso: potremmo fare i blocchi, ma non me la sentirei. Ciò detto, un limite va posto, altrimenti la situazione diventa insostenibile». Il sindaco di Moena Alberto Kostner sembra invece meno drastico: «È vero, quello che viene definito overtourism porta problemi di inquinamento, di traffico, ma mancano idee innovative per risolvere queste criticità. Criticità che d’altronde non sono nuove: ho visto di recente in una baita presso il Passo San Pellegrino una vecchia fotografia risalente agli anni’70, che mostrava una quantità di automobili del tutto paragonabile a quella che vediamo oggi. È un problema che c’è sempre stato. Poi è chiaro: serve educazione alla montagna e al rispetto delle sue risorse». Il sindaco di Soraga Valerio Pederiva riflette sulle immagini di Roccaraso: «Quando è troppo è troppo. Bisogna che l’offerta ricettiva e la pianificazione urbanistica vadano di pari passo, limitando quanto possibile il turismo mordi e fuggi. Noi cerchiamo di puntare sulla destagionalizzazione, collocando alcuni momenti clou fuori dell’alta stagione, come conferma il gran finale dei Suoni delle Dolomiti spostato da agosto a settembre. Da noi situazioni simili a quella di Roccaraso non sono capitate, ma spesso ci preoccupano le condizioni del traffico: c’è un’unica strada statale, quasi immutata da sessant’anni. Servono infrastrutture adeguate».
Il NordEst | 9 febbraio 2025
https://www.ilnordest.it/ambiente/fondazione-dolomiti-unesco-manifesto-contro-overtourism-buone-pratiche-no-abuso-socialinfluencer-creator-economy-tmge29q3
Le Dolomiti corrono al riparo contro l’overtourism: diventa essenziale sapere come comunicare i luoghi
Il gruppo di lavoro messo in piedi dalla Fondazione Dolomiti Unesco elabora le linee guida: influencer e creators vanno guidati, ma anche chi abita i territori deve sapere i danni che può produrre sui social. Non esistono solo i luoghi «belli» ma anche quelli interessanti [link: https://www.ilnordest.it/ambiente/fondazione-dolomiti-unesco-manifesto-contro-overtourism-buone-pratiche-no-abuso-socialinfluencer-creator-economy-tmge29q3 ]
Corriere delle Alpi | 12 febbraio 2025 p. 11
La ricetta per combattere l'overtourism Imparare a comunicare meglio i luoghi
il documento
Le Dolomiti sono diventate "Patrimonio Mondiale" nel 2009. Il Riconoscimento UNESCO attesta l'eccezionalità di questo territorio sotto il profilo scientifico ed estetico, richiamando ad un impegno costante per tutelarne l'integrità, e al tempo stesso, promuoverne i valori. Si apre così un documento redatto dalla Rete della promozione del turismo sostenibiile della Fondazione Dolomiti Unesco. Un documento interessante sotto vari aspetti, che cerca di arginare il dilagare dell'overourism. Il gruppo di lavoro si è avvalso del coordinamento scientifico di Umberto Martini, professore di Economia e Management presso l'Università degli Studi di Trento. Sono stati affrontati quattro focus: valori del Patrimonio Mondiale e senso del limite (integrità, autenticità); gestione dei flussi e il fenomeno dell'overtourism; crisi climatica e impatto sulla fruizione del territorio; prudenza e consapevolezza del visitatore. La comunicazione è una chiave di lettura fondamentale: i luoghi non sono... come sono, ma come vengono rappresentati: dagli enti del territorio, dai social, dagli influencer, dagli abitanti stessi. «Le modalità e i contenuti con cui avviene la comunicazione della montagna, in particolare se rivolta alle attività turistico/ricreative che si svolgono nel suo ambito, fino a comprendere l'escursionismo, l'alpinismo, gli eventi sportivi e culturali - si legge - hanno un impatto significativo nell'indurre comportamenti o atteggiamenti potenzialmente scorretti, o addirittura pericolosi, sia per le persone che la frequentano, sia per i territori». Tutto è cambiato: «Il problema è stato enfatizzato, negli ultimi anni, dalla diffusione dei social media e, con essi, delle nuove forme di comunicazione digitale che sfuggono sia dalla pianificazione che dal controllo degli enti territoriali preposti, alimentando, talvolta, visioni e suggestioni incoerenti con i principi di cui la Fondazione Dolomiti
Unesco si fa portatrice così come i valori stessi alla base del riconoscimento». Quindi, che fare? «Al di là dei flussi di comunicazione provenienti da fonti non controllabili sulle piattaforme digitali (influencer, youtuber e blogger, ma anche semplici turisti che postano e condividono immagini e filmati), deve anche essere considerata la molteplicità delle possibili fonti di comunicazione che scaturiscono da soggetti operanti nel territorio (enti, istituzioni, aziende di promozione turistica, imprese e operatori privati del comparto turistico) che talvolta si compongono degli stessi cittadini/abitanti delle Dolomiti. E' necessario un richiamo ad una maggior consapevolezza, poiché tutti – seppur in grado diverso – siano portatori/attori di comunicazione». Bastone e carota: questa la strategia, si legge nel documento: l'obiettivo è «fissare incentivi positivi e negativi (sticks and carrots) capaci di orientare i comportamenti individuali, nonché un'attività di informazione e formazione culturale in particolare sui valori che definiscono le Dolomiti come Patrimonio Mondiale». Mara Nemela, direttrice.
Mountlive | 13 febbraio 2025
https://www.mountlive.com/le-dolomiti-studiano-le-contromosse-allovertourism/
Le Dolomiti studiano le contromosse all'overtourism
È essenziale sapere come comunicare i luoghi.
La Rete della Promozione del Turismo Sostenibile della Fondazione Dolomiti UNESCO, coordinata dalla Provincia di Belluno, ha creato un gruppo di lavoro per valutare le problematiche connesse alla comunicazione a fini promozionali del territorio interessato dal riconoscimento delle Dolomiti a Patrimonio Mondiale.
Dopo una serie di incontri di formazione e di confronto, anche con l'aiuto di esperti, è stato condiviso un documento finale che indica le linee da seguire per rappresentare il territorio Dolomitico tenendo conto dei valori, delle fragilità e delle problematiche del Bene riconosciuto dall'UNESCO.
Comunicare la montagna Il documento finale parte da alcuni assunti, così riassumibili: il modo in cui si comunica la montagna ha un impatto importante nell'indurre comportamenti potenzialmente scorretti o pericolosi; i social media hanno enfatizzato questa problematica, alimentando visioni incoerenti con i valori del Patrimonio Mondiale; i flussi creati da influencer, youtuber, blogger o da semplici utenti non sono naturalmente controllabili e occorre concentrarsi prima di tutto sui soggetti che operano sul territorio; la frequentazione della montagna è cambiata sia per quantità che per qualità e serve agire non solo sulla comunicazione ma anche sul piano delle regole, dell'informazione e della cultura.
Azioni Il documento indica quindi alcune azioni finalizzate a orientare la comunicazione al rispetto dei valori del Patrimonio Mondiale, a un riequilibrio dei flussi turistici, a una maggiore considerazione del cambiamento climatico e del suo impatto sulla frequentazione della montagna (carenza idrica, fenomeni intensi, dissesti idrogeologici, fusione dei ghiacciai), a una maggiore prudenza che nasce dalla consapevolezza dei propri limiti e di quelli del contesto ambientale.
Otto le azioni concrete individuate: la diffusione dei contenuti del documento; la creazione di contenuti coerenti; la diffusione di una rinnovata cultura della montagna a partire dalle scuole, in collaborazione ad esempio, con il CAI, il Soccorso Alpino e varie agenzie formative; la collaborazione con gli organi di informazione; comunicare i valori naturalistici, paesaggistici e culturali del Patrimonio, evitando di evidenziare esclusivamente la “bellezza” dei luoghi, per non rischiare di banalizzarla; promuovere il dialogo con i diversi attori del territorio, anche per introdurre regole e disciplinari coerenti con gli obiettivi; in caso di collaborazione con influencer, blogger e youtuber, favorire la diffusione di contenuti coerenti con i principi esposti nel documento. Linee-guida per la comunicazione Promuovere la diffusione dei principi indicati presso tutte le istituzioni, gli enti e le realtà imprenditoriali, nonché gli abitanti, che operano nella comunicazione del territorio montano; Creare, anche operando in coordinamento con alcune di esse, forme e contenuti di comunicazione coerenti con i principi indicati, combinando forme di nudging (ispirazione di comportamenti corretti adeguatamente motivati) a forme di warning (indicazione delle conseguenze negative di comportamenti scorretti); Promuovere la diffusione di una rinnovata cultura della montagna, in collaborazione anche con altri enti preposti (ad es. il CAI, il Corpo del Soccorso Alpino, Agenzie formative, etc.), anche presso le fasce più giovani di età, a partire dalle scuole; Attivare forme di collaborazione con testate giornalistiche e di informazione per facilitare la diffusione di messaggi responsabilizzanti e coerenti con i principi indicati in precedenza; promuovere la narrazione del Patrimonio Mondiale delle Dolomiti, privilegiando contenuti che possano richiamare i valori naturalistici, paesaggistici e culturali, evitando di evidenziare esclusivamente la “bellezza” dei luoghi; Promuovere nei territori dolomitici forme di discussione e confronto che coinvolgano istituzioni, enti, imprese e la popolazione residente, al fine di creare condivisione attorno ai principi indicati; Interagire con gli organi politico/istituzionali dei territori al fine di introdurre norme, regole e disciplinari coerenti con gli obiettivi e i principi indicati, nonché introdurre forme di monitoraggio; Qualora s'intenda avvalersi di collaborazioni con influencer, blogger e youtuber, si favorisca una diffusione di contenuti digitali coerenti con i principi sopra citati.
Cosa fare Le modalità e i contenuti con cui avviene la comunicazione della montagna, in particolare se rivolta alle attività turistico/ricreative che si svolgono nel suo ambito, fino a comprendere l'escursionismo, l'alpinismo, gli eventi sportivi e culturali, hanno un impatto significativo nell'indurre comportamenti o atteggiamenti potenzialmente scorretti, o addirittura pericolosi, sia per le persone che la frequentano, sia per i territori.
Il problema è stato enfatizzato, negli ultimi anni, dalla diffusione dei social media e, con essi, delle nuove forme di comunicazione digitale che sfuggono sia dalla pianificazione che dal controllo degli enti territoriali preposti, alimentando, talvolta, visioni e suggestioni
incoerenti con i principi di cui la Fondazione Dolomiti UNESCO si fa portatrice così come i valori stessi alla base del riconoscimento UNESCO.
Al di là dei flussi di comunicazione provenienti da fonti non controllabili sulle piattaforme digitali (influencer, youtuber e blogger, ma anche semplici turisti che postano e condividono immagini e filmati), deve anche essere considerata la molteplicità delle possibili fonti di comunicazione che scaturiscono da soggetti operanti nel territorio (enti, istituzioni, aziende di promozione turistica, imprese e operatori privati del comparto turistico) che talvolta si compongono degli stessi cittadini/abitanti delle Dolomiti. E' necessario un richiamo ad una maggior consapevolezza, poiché tutti – seppur in grado diverso – siano portatori/attori di comunicazione.
La frequentazione della montagna, aumentata quantitativamente e profondamente cambiata nei profili dei frequentatori, richiede un intervento significativo per garantire la sostenibilità dello sviluppo e per ridurre il livello di rischio legato alle caratteristiche intrinseche (geografiche, climatiche, geologiche) delle alte quote.
Tale intervento deve riguardare sia la comunicazione, con forme di nudging (raccomandazione, spiegazione) e di warning (indicazione dei pericoli e delle possibili conseguenze), sia un intervento di tipo regolatorio, con cui fissare incentivi positivi e negativi (sticks and carrots) capaci di orientare i comportamenti individuali, nonché un'attività di informazione e formazione culturale in particolare sui valori che definiscono le Dolomiti come Patrimonio Mondiale.
Overtourism L'overtourism sta interessando molte zone delle Dolomiti.
Se per alcune aree poco conosciute la crescita dei visitatori rappresenta un fattore positivo dal punto di vista socio-economico, esistono aree – dette hotspot – che in alcuni periodi dell'anno superano livelli accettabili di pressione antropica, con il conseguente danno ambientale (impatto sull'ecosistema), sociale (relazione tra turisti e residenti) e, potenzialmente, economico (riduzione della qualità dell'esperienza turistica e della disponibilità al ritorno dei turisti insoddisfatti). La comunicazione deve avere l'obiettivo di sensibilizzare i flussi di visitatori, tenendo conto degli effetti dannosi dell'overtourism, ed essere mirata a favorire/sostenere, in accordo con gli attori/decisori, una distribuzione equilibrata dei visitatori nel territorio dolomitico.
Attenzione alle nuove forme di frequentazione della montagna e necessità di agire sulla consapevolezza dei visitatori rispetto alla corretta relazione con l'ambiente alpino: partendo dal fatto che negli ultimi anni è aumentato il numero dei frequentatori della montagna, senza però che questo si accompagni a un adeguato grado di conoscenza dei pericoli associati alle attività in quota, si sono generati degli impatti che riguardano in primo luogo la percezione della sicurezza e del rischio, per estendersi poi alla sostenibilità dell'esperienza, che talvolta genera un'aspettativa incoerente al contesto.
Aspettativa – che a volte diviene pretesa – di ricevere determinati servizi e di trovare determinati standard di offerta nonostante la fragilità intrinseca dell'eco-sistema alpino.
L'importanza della comunicazione La comunicazione deve favorire e alimentare un incremento di consapevolezza dei visitatori, fino a spingersi alla dissuasione di alcuni comportamenti o atteggiamenti, e in ogni caso non deve mai stimolare o suggerire azioni incoerenti con il pericolo intrinseco alla frequentazione del territorio montano.
La comunicazione in ambito montano può divenire uno strumento educativo per la conoscenza e il rispetto dei propri limiti e di quelli del contesto ambientale in cui si è ospiti.
L'auspicio L'auspicio è che tali azioni possano diventare uno strumento capace di favorire un turismo più responsabile e quindi qualitativamente migliore, garantendo il fondamentale sostegno alla vita della montagna che solo il turismo appare in grado di garantire, senza tuttavia pregiudicare la conservazione dei valori naturali, paesaggistici, sociali e culturali che rappresentano il valore intrinseco della montagna stessa.
Il T | 2 febbraio 2025
p. 9
«Roccaraso, i rischi del social marketing»
L’imprenditore Costa: «Casi di overtourism anche da noi. Pianificare i flussi»
«Ciò che è successo a Roccaraso può ripetersi anche da noi: è questione di tempo». In queste poche parole Michil Costa, albergatore e scrittore originario della Val di Fassa, condensa lo stato attuale del fenomeno del sovraffollamento turistico (overtourism), che in queste settimane è tornato a far parlar di sé. Lo scorso fine settimana, la località di Roccaraso è stata letteralmente invasa da turisti. Centinaia di auto e pullman, principalmente provenienti da Napoli, hanno preso d'assalto la destinazione sciistica abruzzese, che conta poco più di mille anime. Se, come rilevato dal rapporto sullo stato dell'ambiente 2024 dell'Appa (di cui abbiamo già parlato su il T del 24 gennaio), il turismo è uno dei settori più impattanti, lo è anche sulla qualità della vita dei cittadini che, nei posti turistici, ci vivono. Cos'è successo a Roccaraso?
«La ragione principale, come ben sappiamo, è legata al fenomeno di marketing da social network, che sanno venderti immagini da copertina “brillantinate” che attirano il turista mordi e fuggi. Tuttavia, penso che sotto ci sia anche dell'altro: sono abbastanza convinto che quanto successo a Roccaraso sia parte di un progetto di qualche malintenzionato di riciclare denaro sporco, approfittando del
clamore e della confusione dell'evento. Non è possibile che decine di migliaia di persone si spostano in una città, certamente turistica ma mai così sotto i riflettori, da un momento all'altro. E dirò di più, cose simili, secondo me, stanno succedendo a Cortina d'Ampezzo: stanno arrivando tanti soldi da investitori stranieri in quelle zone. Per fare un esempio, di recente a Badia è stata acquistata parte dell'albergo Rosa Alpina da parte di un imprenditore russo: in comuni così piccoli, la presenza di un attore esterno così ingombrante, magari in grado di influenzare la giunta comunale, non è mai un buon segno».
Situazioni simili a quel che è successo a Roccaraso potrebbero avvenire anche in Trentino?
«In una misura minore, o meglio, meno eclatante e più dilazionata, stanno già avvenendo. Faccio l'esempio del monte Seceda, sopra a Ortisei: un paio di anni fa è apparso come screensaver di un desktop su Windows, e da allora è stata letteralmente invasa da turisti cinesi e arabi, che vengono praticamente solo per scattarsi un selfie».
Quali sono le contromisure che le istituzioni dovrebbero prendere per evitare simili fenomeni di overtourism?
«C'è la necessità di calmierare il numero di persone che possono venire in un luogo in un certo periodo: certo, ciò non significa “alzare i prezzi” per diminuire l'accessibilità dell'offerta, ma agire in un'ottica pianificatrice, per gestire al meglio i flussi. Faccio l'esempio dell'isola di Montecristo, che ha aperto le prenotazioni alle 9 del mattino il 27 gennaio: in un quarto d'ora, tutte le prenotazioni per il 2025 erano già esaurite. Questa esclusività aumenta l'appeal di un territorio, e al tempo stesso permette di programmare meglio la gestione dei turisti. Sono più che convinto che “il caro turista cinese” che si informa per una vacanza in Trentino, e si rende conto del largo anticipo con il quale sarebbe necessario programmare il suo arrivo qui, da un lato ci penserebbe due volte prima di venire qui per sole 6 ore, ma deciderebbe piuttosto di venire per 3 giorni, vivendo per davvero il nostro territorio. Dall'altro, potrebbe puntare su territori vicini, come ad esempio il bellunese, che ha ugualmente posti bellissimi, ma non ancora valorizzati turisticamente. L'overtourism ha conseguenze troppo impattanti per i cittadini: i prezzi delle case aumentano, diminuiscono le possibilità di vita sociale al di fuori della stagione e i giovani vengono allontanati dal mondo dell'ospitalità per le eccessive fatiche. Serve lavorare di concerto e collaborare a livello intercomunale per sviluppare una strategia integrata». Ma così ci saranno ricadute economiche... «Sul lungo periodo nessuno ci perderebbe niente: limitare gli accessi vuol dire innalzare la qualità dell'offerta, promuovere nuovi posti vuol dire diluire il flusso del turismo, valorizzare i prodotti locali vuol dire aiutare l'economia del territorio. L'afflusso di turisti provenienti da Paesi in via di sviluppo sta aumentando, anche per via del progressivo arricchimento di una parte della popolazione: se non ci prepariamo, ci troveremo impreparati di fronte a un'invasione».
Corriere delle Alpi | 3 febbraio 2025
p. 13, segue dalla prima
Montagna
Intervista al presidente del Cai, Montani, su sovraffollamento e limiti «Turismo sostenibile, manca la volontà»
Dopo la presa di posizione della Fondazione Dolomiti Unesco per limitare il sovraffollamento di turisti, interviene il presidente del Cai, Antonio Montani: «Le alternative per un turismo sostenibile esistono, ma manca la volontà di applicarle, perché le amministrazioni sull’overturismo ci mangiano. Per quanto riguarda le cime dolomitiche della Val di Fassa ormai ci si deve limitare al contenimento del fenomeno». F. PETERLONGO A PAGINA 13.
«Le alternative per un turismo montano sostenibile esistono, ma manca la volontà di applicarle, perché le amministrazioni sull’overturismo ci mangiano. Per quanto riguarda le cime dolomitiche della Val di Fassa ormai ci si deve limitare al contenimento del fenomeno, anche perché il turismo sostenibile difficilmente può attecchire nei territori di successo». Il presidente del Club Alpino Italiano Antonio Montani interviene sul tema dell’overturismo, il sovraccarico turistico che danneggia l’integrità dell’ambiente alpino, delineando una situazione tutt’altro che rosea. «Ma esistono strategie che possono funzionare, come la destagionalizzazione e la promozione di località turistiche diverse da quelle da “selfie” da cartolina». Presidente Montani, la Fondazione Dolomiti Unesco chiede alle amministrazioni di promuovere una comunicazione più sostenibile, non incentrata sul turismo di massa. Può bastare? È difficile fare argine a simili dinamiche solo lavorando sulla comunicazione. Si continua a ragionare sul turismo della montagna con criteri industriali, urbani, metropolitani. Mi metto nei panni di un amministratore, che su quel carosello vuole mangiarci, così finisce per volersi attaccare al carosello, approvando magari una funivia per svalicare e per congiungersi con altre realtà. Occorre un cambio di paradigma, si deve passare da un’industria del turismo a un artigianato del turismo, diffuso nelle piccole comunità. Esistono alternative? Esistono territori in cui si è ragionato in modo diverso: pensiamo ad alcune valli del Piemonte, dove si pratica un’accoglienza diffusa, che si poggia sui piccoli alberghi e sui bed and breakfast sostenibili. In quei territori c’è meno impatto dal punto di vista ambientale, ma anche sociale. Le comunità montane diventano così luoghi di coesione. C’è anche carenza di alloggi. I lavoratori del turismo montano devono andare a vivere a mezz’ora di distanza dal posto di lavoro perché non c’è spazio per viverci. Che sta succedendo? La carenza degli alloggi è la grande conseguenza di quell’idea di sviluppo. Ovunque ci sono solo seconde case, che vengono però usate solo ad agosto e da Natale a Capodanno. A questo si aggiunge la cementificazione selvaggia, il fatto che l’assalto dei turisti porta gravi criticità per le reti stradali, energetiche e fognarie. Lo spostamento dei residenti è la conseguenza di tutto ciò. Servono persone che vivano la montagna tutto l’anno, anche per permetterne una manutenzione, altrimenti la manutenzione finisce
per limitarsi al giardino dell’albergo. C’è chi dice che l’invasione delle auto in quota non sia un fenomeno nuovo, risale almeno agli anni Settanta. In che modo è peggiorato? È vero, non è un fenomeno nuovo, gli anni Settanta furono il primo decennio del turismo di massa, ma siamo arrivati al culmine di un percorso storico che dura da mezzo secolo e oggi ne emergono tutte le criticità. È possibile attivare politiche turistiche sostenibili nei luoghi dove è già sviluppato il turismo di massa? Il modello alternativo è più difficile da implementare nei territori di successo, perché in quei luoghi è complicatissimo procedere a una transizione verso un turismo sostenibile. Purtroppo, in territori come la Val di Fassa, il fenomeno sembra ormai solo da contenere, lo dico con dolore. Però si può procedere con strategie di mitigazione: tra queste, la destagionalizzazione, che è forse l’unica politica con una certa efficacia. Distribuire gli eventi sulle basse stagioni, anche per valorizzare la scoperta della primavera, dell’autunno, stagioni in cui la montagna è meravigliosa. Però c’è da dire che anche la destagionalizzazione non può risolvere alla radice il problema sistemico. Il modello può essere quello delle Tre Cime di Lavaredo, dove è stato introdotto un pedaggio per gli accessi? Il modello che pretende di risolvere il problema mettendo una stanga e una funivia non ha molto senso. Diamo la priorità a chi ha delle disabilità perché possa arrivarci in automobile, mentre gli altri possono salire a piedi. Si scopre così la vera montagna, si torna a salutarsi mentre si cammina, oggi in montagna non ci si saluta nemmeno più, tale è la frenesia. D’altro canto, non si deve nemmeno usare la “scusa” dell’accesso alle persone disabili per giustificare la realizzazione di impianti giganteschi
Corriere del Veneto | 4 febbraio 2025
p. 6, edizione Treviso – Belluno
TikToker all’assalto
«Ragazzi, qualcuno a pulire il banco champagne». Nel rifugio delle Dolomiti manca solo la TikToker Rita De Crescenzo. Anche senza di lei, lo chalet, un tempo come notava Piovene fatto di una spartana sobrietà alpina, oggi felicemente convertitosi in bellissimo ristorante in altura con impiattamenti da catena di montaggio fordista, è stracolmo già alle 11 e l’angolo champagneria è al terzo giro. Ci sono i fogli con le prenotazioni riscritte e cancellate freneticamente, il gruppo dal vivo che si sgola al ritmo di «Sweet Caroline» occhieggiando al turista inglese come neanche a Wembley, la proverbiale Tomahawk nei menù, le zuffe per i posti. Sta succedendo qualcosa, nella struttura della stagione e dunque del lavoro in questo angolo di mondo. Non è solo l’affollamento delle piste nei fine settimana di febbraio, c’è sempre stato. È questa impressione prevalente di assalto alla diligenza. Di riuscire a malapena a stare dietro ai volumi di visitatori. E non è solo la massificazione del turismo, ma anche, forse soprattutto, quello che i napoletani in trasferta, nella loro ferina sguaiatezza (allegra e adorabile finché si tratta di comporre l’affresco di una città, angosciante quando danno l’assalto a Roccaraso, uno spettacolo privo di ogni civiltà) dicono della comunicazione odierna. Ce li ricordiamo, i volantini turistici, gli opuscoli, gli uffici informazioni con i loro diligenti operatori, i portali, le pubblicità, le campagne mirate? Qualcuno se li ricorda? Perché l’impressione è che siamo alla fine di quel mondo. TikTok, che si traduce in passaparola, anche in tamtam, è il propagarsi di un’onda talmente rapida e veloce e violenta, talmente sovvertitrice del modo tradizionale di comunicare che al momento è del tutto incontrollabile, e i poveri sindaci al massimo possono allestire al volo una fila di bagni chimici. Lo dimostra la colonna dei bus a Roccaraso, ma basta farsi un giro al Sorapis in estate o in qualche rifugio sopra Arabba o la Val Badia in questi giorni per averne prova. Rifugi con un personale spesso sottorappresentato, che alle 13.30 ti guarda con aria esausta, ed è solo la prima parte della giornata. Gli alberghi, dai cinque ai quattro ai tre stelle, anch’essi con personale insufficiente a gestire le rinnovate esigenze della clientela (e spesso meno professionalizzato di una volta). Un assalto. Hai voglia a farci i post indignati. A speculare su ticket d’accesso e passi chiusi. A ostacolare il rinnovamento delle strade. Al momento non si intravede soluzione. Ma che soluzione, neanche una diga.
Corriere del Trentino | 5 febbraio 2025
https://corrieredeltrentino.corriere.it/notizie/cronaca/25_febbraio_05/alpe-di-susi-scritte-sulla-neve-contro-l-overtourism-sotto-lacabinovia-too-much-go-home-af62069f-bb5f-42ab-b57a7f8dc3d66xlk.shtml?utm_source=piano&utm_medium=email&utm_campaign=8620&pnespid=uOJ3BztfOLwXw6Ka_jWlH5GdtAv2V MZmIeKywOR1pBJmom6zXVC57VkSjIsxjDw8lyGBJIG74A
Alpe di Siusi, scritte sulla neve contro l’overtourism sotto la cabinovia: «Too much, go home»
di Silvia M.C. Senette Scritte rosse sulla neve all’Alpe di Siusi (Bolzano) contro l’overtourism, nella notte tra lunedì e martedì («Too much», «Tourists go home») ben visibili dalla cabinovia. Non è la prima protesta in Alto Adige: a Ferragosto, alla stazione della funivia del Renon, era comparsa una corsia «priority» per i residenti esasperati, verniciata sull’asfalto. La polemica divide. «È stata sottovalutata per anni una crescita continua che denunciavamo da decenni osserva la consigliera provinciale dei Verdi, Brigitte Foppa . Ci dicevano che eravamo rompiscatole, che da noi non esiste overtourism, ma solo “overmobility”. Ora se ne
pagano le spese, la ferita nella società si è aperta. La gente si chiede: perché non posso andare in montagna d’estate ma devo mettermi in coda?».
Le reazioni Foppa, cresciuta nell’albergo di famiglia, non condanna il settore: «Il turismo è una costola importantissima della nostra economia, ha portato apertura mentale a noi montanari. Ma quando l’ex assessore Arnold Schuler ha parlato di un tetto ai posti letto, molti erano contrari. La presa di coscienza doveva avvenire prima, ora la gente si è stufata. Ci sono paesi con tanto turismo che fuori stagione non hanno un bar aperto. La val di Funes si è data al turismo sostenibile, lento, non di lusso; proprio per questo è stata scoperta da Instagram e ora ci sono scritte in coreano, cinese, arabo e una “no drone zone”».
Gli operatori del settore Diversa la lettura di Manfred Pinzger, presidente degli albergatori. «Sappiamo che c’è malcontento, ma sono in pochi a protestare e creano difficoltà. In alcune settimane, in alcuni posti, c’è tanto movimento, ma non è una novità. Servono nuovi sistemi per coordinare meglio i flussi, siamo aperti al confronto. Ma queste azioni danno fastidio e non sono la base da cui partire. Siamo organizzati bene, lasciateci lavorare. C’è troppo populismo. Il turismo di alto livello andrebbe incentivato, non penalizzato. Se guardiamo i centri turistici in Svizzera, Francia, Spagna e Austria, in Alto Adige solo alcune destinazioni arrivano al tetto massimo in alcune settimane. E lì bisogna trovare soluzioni, ma non in questo modo».
Numero chiuso Foppa rilancia: «Quando diventa esagerato, bisogna pensare alla contingentazione. Non sono per far pagare l’accesso, significa fare differenze di censo. Ma come per il Cenacolo a Milano, che un tempo visitavi quando volevi e oggi devi prenotare mesi prima, servono limiti. Dietro queste proteste c’è sofferenza ed esasperazione: vanno ascoltate».
Alto Adige | 8 febbraio 2025
p. 19
Alfreider: «Overtourism, replicheremo il modello Braies»
Strade e Infrastrutture Passi, niente chiusura Se ne parlerà forse per i Mondiali in Gardena
BOLZANO
Il modello Braies per la gestione di arrivi e parcheggi funziona per limitare overtourism e traffico eccessivo, verrà mantenuto e potrebbe presto essere replicato. Se ne sta discutendo per esempio con i Comuni di Siusi e Castelrotto, argomento tornato in auge negli ultimi giorni dopo la comparsa delle scritte anti turisti sulla neve dell’Alpe. Si sta pensando di estendere il modello anche alla val di Funes. E non è escluso che vengano coinvolte pure altre realtà. Lo ha chiarito ieri l’assessore Daniel Alfreider, nel corso della conferenza stampa riassuntiva di quanto fatto nel primo anno della nuova giunta provinciale, compresi i programmi futuri. Niente da fare, invece, per la chiusura dei passi dolomitici, le condizioni di contorno normative ancora non la consentono. Ben 2400 km di strade, 1700 fra ponti e viadotti. Per la sola manutenzione ordinaria e straordinaria se ne va metà del budget provinciale delle Infrastrutture, ha precisato ieri l’assessore. Nei prossimi anni si cercherà di evitare la realizzazione di nuove strade, puntando a moltiplicare invece i binari: «Nell’ultimo anno si sono avviati molti cantieri importanti nel settore ferroviario, per 700 milioni, 500 dei quali arrivati in Alto Adige grazie a Pnrr e fondi Ue: val di Riga, Virgolo, stazione di San Giacomo, elettrificazione della linea della Venosta, acquisto di quindici nuovi treni. Due vagoni in più di oggi, aumento dei passeggeri trasportabili del 25%, potranno viaggiare sulla linea della Venosta a 3000 Volt, sull’alta velocità a 25 mila, sulle linee austriache fino a Innsbruck e Lienz». Molto importante anche l’introduzione dell’abbonamento annuale da 250 euro, anziché 650, con 50 euro detraibili e la possibilità di scalare gli Abo+ da 20 euro a testa dei figli che frequentano una scuola. Si parte il 1° giugno. Sulla contestata progettazione del raddoppio della Merano-Bolzano, così Alfreider, «ci sono stati molti scambi coi Comuni coinvolti, molte le domande e le richieste raccolte, specie da parte dei proprietari dei terreni interessati. Entro l’anno Italferr, cui è demandata la progettazione, elaborerà una nuova proposta di progetto cercando di recepire le richieste». Per quanto riguarda la chiusura dei passi, Alfreider ha detto: «Questo è quello che mi fa più male di tutto, perché è uno dei progetti ai quali, anche se nessuno mi crede, tengo più di tutto, ma vediamo che non riusciamo a sbarcare sul tema giuridico, legale. Abbiamo cercato di cambiare le norme a Roma, è stata modificata una norma adesso, poco fa, nel nuovo Codice della Strada; si apre un po' il discorso di una Ztl anche tra comuni di altre regioni, però l'autorizzazione per mettere un limite o un pedaggio ancora non c’è. Proveremo a inserire qualcosa del genere nel piano che stiamo presentando per i mondiali della Val Gardena. Su un progetto così come i Mondiali magari con l’occasione riusciamo a sbloccare temporalmente e localmente».
Alto Adige | 25 febbraio 2025
p. 30
Overtourism, dai camper un possibile plusvalore
MASSIMILIANO BONA
DOLOMITI
L’appello a regolamentare i flussi turistici e a puntare su un turismo sostenibile lanciato di recente dalla Fondazione Dolomiti Unesco è stato raccolto dai Verdi che hanno presentato una mozione per illustrare il plusvalore che il turismo in camper può generare ma anche per spiegare la necessità di un Piano provinciale campeggi con aree di sosta attrezzate. Tra i modelli in ambito dolomitico c’è il Caravan Park di Sesto. Sullo sfondo anche i contributi del Ministero del Turismo per i Comuni sotto i 20mila abitanti. Le cifre: 2 milioni di pernottamenti, 59 strutture e 15.403 posti disponibili. Parliamo di cifre di assoluto rilievo. Nel 2023 si contano 59 strutture per un totale di 15.403 posti disponibili. Nello stesso anno i campeggi hanno registrato un po’ più di 527mila arrivi e oltre 2 milioni di pernottamenti. In parallelo si registra anche un aumento di immatricolazioni: «La European Caravan Federation spiega Madeleine Rohrer - parla di un aumento del 10% delle immatricolazioni di camper dal 2023 al 2024. Concentrandoci sulla Germania, nei primi tre trimestri del 2024 sono stati registrati ben 63.046 camper (con un aumento del 9,9% rispetto all’anno precedente). In Italia l’aumento arriva al 21,9% (5.650 camper) e, dopo la Germania e la Francia, si tratta del maggiore produttore di questi veicoli in Europa. Nella sua recente analisi l’Associazione produttori camper e caravan parte dal fatto che in tutto il territorio italiano il 59% dei pernottamenti avviene all’interno di un campeggio e il 41% al di fuori di queste strutture». Sono diverse le esigenze tra i camperisti: «Le persone che fanno vacanza in camper restano tra l’altro solo una o due notti in un luogo, e poi continuano per altre mete. Da qui l’esigenza di non dover necessariamente trovare un campeggio che disponga di tutte le infrastrutture e di tutti i servizi, che naturalmente è giusto pagare, ma che in questa forma di vacanza non sono richiesti». In ballo i fondi del Ministero del Turismo per i Comuni sotto i 20mila abitanti. Alcuni mesi fa il Ministero del Turismo ha stanziato risorse per 32,9 milioni di euro a beneficio di Comuni con meno di 20.000 abitanti che intendono riqualificare aree di sosta già esistenti oppure crearne di nuove. Per ogni nuova piazzola viene concesso un contributo di 6.000 euro e per ogni progetto per una nuova singola area di sosta un massimo di 400mila euro. Sei le richieste della mozione. I Verdi chiedono: «Di commissionare uno studio sugli effetti del turismo camperistico nella nostra provincia, comprendente il valore aggiunto generato e la durata dei soggiorni; di incaricare l’Idm di pubblicare, ai sensi della legge provinciale n. 58/1988, oltre alla lista dei campeggi, anche quella delle aree di sosta per autocaravan e di informare con una campagna mirata i camperisti; di verificare quali aree di proprietà della Provincia e dei Comuni siano idonee alla realizzazione di nuove aree di sosta per autocaravan, e se è possibile metterle a disposizione, previa gara, ai gestori interessati; di verificare i criteri per la realizzazione di aree di sosta per autocaravan, inseriti nel 2016 nelle norme in materia di esercizi pubblici (per esempio il limite massimo di 19 piazzole); di verificare la possibilità che i camperisti e le camperiste che soggiornano nella nostra provincia effettuino il pagamento telematico della tassa di soggiorno e della tassa di pernottamento per l’Alto Adige Guest Pass; di rivedere quanto prima il piano previsto nel “Programma provinciale per lo sviluppo del turismo” e di riorganizzare il settore delle vacanze in camper in tutte le sue sfaccettature». ©RIPRODUZIONE RISERVATA.
Alto Adige | 28 febbraio 2025 p. 30
Passi chiusi a giugno, no badiota
MASSIMILIANO BONA
GARDENA/BADIA. Comuni e Apt della Val Gardena, della val Badia e della Val di Fassa si erano accordati all’inizio dell’inverno per chiudere i passi dolomitici nei quattro sabati di giugno, anche per la presenza di diversi eventi ciclistici di grande richiamo (Sellaronda Bike Day il 7, Hero Dolomites il 14 e Dolomites Bike Day il 21) in cui già ci sono forti limitazioni per le auto. Ma alla fine è saltato tutto, con la cancellazione dell’ultima riunione di coordinamento a febbraio. Deluso il sindaco di Selva Gardena Roland Demetz. Sindaco, perché è saltato tutto anche stavolta? I Comuni e le Apt della val Gardena e della val di Fassa erano d’accordo. Volevamo farne il mese delle bici, all’avvio della stagione estiva: poteva diventare un bel segno distintivo per la zona dolomitica. Sono stati i badioti, quindi, a fare un passo indietro? Esattamente. Corvara dopo aver aderito ha iniziato a manifestare le prime perplessità a dicembre e poi è stata annullata la prevista riunione di febbraio. Si tratta, innegabilmente, di un’occasione sprecata. Potevamo mandare un bel messaggio tutti assieme ma si è preferito guardare alle lamentele di pochi. Quali sono stati i motivi addotti? Li ho capiti poco. La difficoltà di muoversi in paese o qualcosa dele genere. La verità è un’altra. Quale? Che sulla chiusura dei Passi sono tutti bravi a parole ma quando si tratta di fare preferiscono defilarsi con la prima scusa. Chiudere i Passi dolomitici al sabato a giugno avrebbe consentito di proporre tracciati più lunghi e di gestire meglio fino a 20 mila ciclisti a weekend? Esattamente. A beneficiarne sarebbero stati proprio tutti, integrando meglio Campolongo e Falzarego. Ci si lamenta, da sempre, della scarsa volontà della Provincia di proporre qualcosa di bello per i Passi ma stavolta la “colpa” è dei Comuni... Assolutamente. Comuni e Apt avevano iniziato un percorso comune che poi è stato bruscamente interrotto. E proprio per questo sono deluso. Sa una cosa? Dica... Vorrà dire che chiederemo (sorride ndr) a chi ha le Dolomiti nel marchio pur non essendo sulle Dolomiti. Accetterebbero di cor©RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corriere dell’Alto Adige | 1 febbraio 2025
p. 16, segue dalla prima
Corriere dell’Alto Adige | 6 febbraio 2025
p. 30
Accesso alle Tre Cime ora Auronzo alza la voce «Dagli ambientalisti sempre e soltanto no»
la replica Gianluca De Rosa Botta e risposta tra Mountain Wilderness e amministrazione di Auronzo sul tema della mobilità alternativa pensata da questi ultimi per l'area delle Tre Cime di Lavaredo. Il "no" categorico espresso (com'era già avvenuto peraltro in passato) dal presidente dell'associazione ambientalista Luigi Casanova all'impianto di risalita Misurina-Tre Cime – considerato una delle possibili soluzione al caos traffico e parcheggi all'ombra del monumento naturale patrimonio Unesco – ha spinto la maggioranza auronzana riunita sotto la bandiera del gruppo Auronzo per il futuro, a controbattere. «Rimaniamo basiti dalla contrarietà all'impianto da noi prospettato, oltretutto senza saperne nulla, ma a prescindere, continuando inoltre a falsare il dibattito con numeri errati», sottolineano dal municipio cadorino. «Non sono infatti tra 13 e 14 mila le persone che giornalmente raggiungono le Tre Cime come erroneamente riportato nei giorni scorsi. La media parla infatti di 4 mila persone. Da Mountain Wilderness è arrivato l'ennesimo "no", come siamo abituati spesso a ricevere, a tutti i livelli. Quassù noi quei "no" li conosciamo molto bene. È sempre la stessa risposta, di fronte alla proposta di costruire impianti fotovoltaici o effettuare dei piccoli progetti di ristrutturazione». Auronzo per il futuro incalza sul tema mobilità Mountain Wilderness e il suo presidente Casanova. «Dopo aver analizzato la situazione attuale, risulta difficile comprendere tale contrarietà. Contrarierà che non accettiamo. Siamo disposti ad eliminare i parcheggi in quota lasciando i mezzi a valle, distanti oltre 30 chilometri da qualsiasi punto di partenza. Significherebbe risparmiare tonnellate di Co2, senza contare l'impatto dal punto di vista estetico e paesaggistico oltre ad una riduzione drastica dell'inquinamento acustico. Solo vantaggi, insomma, ed invece la risposta è sempre la stessa: no"». La nota prosegue: «Abbiamo individuato un sistema efficace che ci permetterebbe di non inquinare, di regolare i flussi e la mobilità, di creare posti di lavoro, indirizzare nuovi investimenti. Non che ci aspettassimo un plauso da parte di Mountain Wilderness, figuriamoci, ma i "no" a prescindere sono irricevibili. Il piano attuativo di soluzione di accesso a Misurina e Tre Cime che consigliano questi signori noi ce l'abbiamo già ed è efficiente, all'avanguardia, rispettoso l'ambiente e combatte il sovraffollamento turistico. Ci garantisce un'economia che ci darà modo di investire sul nostro territorio, portando investimenti e lavoro. Non pretendiamo di sapere tutto, ma pretendiamo da parte di Mountain Wilderness valutazioni oggettive non ideologiche. Soprattutto, valutazioni su numeri e progetti. Il no a prescindere è e resta inaccettabile». © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corriere delle Alpi | 12 febbraio 2025
p. 29
«Sulle Tre Cime facciamo decidere alla Fondazione»
Francesco Dal Mas / auronzo
Gli ambientalisti di Mountain Wilderness tendono la mano al Comune di Auronzo, per cercare alternative alla funivia dalla Val Marzon alle Tre Cime. E per affidare alla Fondazione Dolomiti Unesco, che è nata proprio ad Auronzo, il piano di valorizzazione sostenibile del comprensorio della "Trinità". «Riguardo il tema degli accessi alle Tre Cime di Lavaredo, come a Misurina e Monte Piana, condividiamo il suo percorso», scrive il presidente Luigi Casanova al sindaco Dario Vecellio, «tendente a liberare questi monumenti di valore internazionale e ricchi di valori etici e storici come l'area della Grande Guerra a Monte Piana, dall'invasione delle auto e dei mezzi a motore». Ma come si fa a costruire un percorso tanto impegnativo perché appesantito da conflitti? «Conflitto», si chiarisce in
una nota di Mountain Wilderness, «fra economia e salvaguardia del bene internazionale, conflitto fra enti territoriali, comuni altoatesini e comuni del bellunese, conflitto fra sensibilità diverse, necessità di garantire comunque ad Auronzo e ai comuni limitrofi misure di compensazione economica che permettano di strutturare su lungo periodo il lavoro». Gli ambientalisti dicono di avere una proposta. E l'avanzano. «L'associazione ritiene che vi sia un unico ente, privo di interessi di parte, che possa guidarci in questa straordinaria scommessa di valore internazionale, la Fondazione Dolomiti Unesco. Ne siamo certi, anche l'amministrazione da lei guidata, da protagonista, aiuterà questa piccola area, altamente significativa, a offrire al mondo intero un metodo, un progetto, che ci permetta di poter vivere le Tre Cime di Lavaredo e il Monte Piana a polmoni liberi, con sguardo delicato. Respirando serenità, paesaggi, bellezze». L'intervento arriva perché è in corso un dibattito molto articolato e complesso sulla situazione che da decenni si vive sulle Tre Cime di Lavaredo. Mountain Wilderness e le associazioni alpinistiche altoatesine, Cai Veneto e Alpenverein chiedono che l'area venga liberata dall'assalto delle auto. «Lei afferma di essere rimasto "basito" dal nostro no alla proposta di accesso con Funivia alle Tre Cime di Lavaredo», replica direttamente Casanova al sindaco di Auronzo. «Ci accusa di ideologismo, la stessa accusa che noi potremmo rivolgere a quanti, ancora oggi, intendono continuare a infrastrutturare le alte quote. Ci accusa poi di aver quasi falsato i dati sugli accessi alle Tre Cime: lei ha scelto di indicare un accesso medio valutato storicamente sulle 4000 presenze pur nella consapevolezza che gli accessi alle Tre Cime non provengono solo dall'area del lago di Misurina, ma anche dall'Alto Adige – Südtirol arrivando, troppo spesso, per lungo periodo in prossimità delle cifre da noi indicate, cioè 13-14 mila persone al giorno». Gli ambientalisti replicano poi all'accusa di sostenere solo dei no, dicendo di aver invece cercato il confronto, ma di non aver ricevuto risposta. «Certo, un no lo manteniamo forte: basta con il consumo di suolo libero e di paesaggi intonsi. Invece sosteniamo un deciso sì al rispetto delle leggi regionali e nazionali, un deciso sì ai vincoli presenti sui territori, vincoli che ci permettono di conservare biodiversità, magari anche potenziandola creando lavoro». E un no, appunto, anche alla funivia perché verrebbe collocata all'interno di una valle supervincolata. E che rischierebbe di essere gravemente danneggiata dall'inevitabile realizzazione di megaparcheggi.
Corriere dell’Alto Adige | 1 febbraio 2025
p. 19
Nevicate ridotte ai minimi termini: piste artificiali e rischio siccità
FDM FDM
IL FENOMENO
La neve arrivata nei giorni scorsi (fino a 40, anche a 60 cm) e quella che sta per cadere, fino a 10-15 cm, sarà sufficiente per garantirci contro la siccità estiva? Intanto, quello che ad ora è certo, è che ne è caduta così poca nel Bellunese che le piste da sci restano in piedi grazie soprattutto alla neve artificiale. Insomma: fa caldo, nevica pochissimo e anche di pioggia ce n'è poca. L'equivalente idrico nivale (Swe) – l'indicatore della quantità di acqua stoccata in montagna sotto forma di neve – si fermava a fine 2024 a quota meno 91,78%. Indice in rosso raggiunto da nessun'altra realtà alpina nell'arco nordorientale. Si pensi che il deficit di neve a livello nazionale, a metà gennaio, segnava meno 63% rispetto al periodo 2011-2023. Belluno è molto lontana. Alla stessa data del 2024, anno in cui l'andamento della neve in Italia è tornato nella normalità dell'ultimo decennio, l'indice Swe era meno 39%, in provincia quasi tre volte tanto. Giuseppe Romanello, direttore del consiglio di bacino Dolomiti, si dice preoccupato: «Abbiamo tutto il tempo di recuperare, anche se di questo periodo non accadeva che piovesse a 1800 metri di quota e nevicasse poco solo più in alto». La provincia di Belluno consuma dai 13 ai 14 milioni di metri cubi d'acqua l'anno per uso idropotabile. Si tratta di una quota pari a circa il 10-15 per centro dei consumi complessivi. L'Arpav ha diffuso ieri la quantità di neve al suolo dall'inizio dell'anno idrologico, quindi da ottobre. Rispetto al 2023/2024, ma alla stessa data del 31 gennaio, in Comelico, a Malga Coltrondo, è nevicato per 25 cm in meno (siamo a quota 192 cm, meno di così solo nel 2019, e nel 2016 e 2017, gli anni di maggiore siccità). Mezzo metro di differenza in negativo ai 2250 metri dei Monti Alti di Ornella, sopra Arabba. Altri 54 cm, sempre in deficit, sul Col dei Baldi, alle spalle del Civetta. 40 cm di "rosso" anche a malga Losch, in Agordino. E Ad Arabba? Altro che i 462 cm del 2021; è fioccato solo per 109 cm, mezzo metro in meno rispetto ad un anno fa. E a Falcade solo mezzo metro di neve, 3 cm in meno di un anno fa. La coltre bianca è stata più elevata (54 cm) in Casera Palatina, sopra Tambre d'Alpago. Nei prossimi gironi Arpav tirerà il bilancio idrologico e si capirà a quel punto quale sarà la prospettiva. Un bilancio, si badi, che tien conto sia della riserva nivale che delle precipitazioni. «Dall'inizio della stagione metereologica, cioè dal primo ottobre, le precipitazioni nevose sulla montagna veneta, inteso come cumulato di neve fresca, si stanno posizionando al di sotto della media degli ultimi 15 anni» spiega Gianni Marigo, direttore dell'Arpav di Arabba, «Gli scarti più significativi sono alle quote medio-basse, in particolare sulle Prealpi e nei fondivalle dolomitici». Dopo un ottobre molto piovoso, le precipitazioni sono state comunque inferiori alla media, in alcuni casi anche molto inferiori. Il mese di novembre, ad esempio, è stato molto siccitoso. «Inoltre alle quote medio basse e sulle Prealpi abbiamo avuto frequenti episodi di pioggia. Quindi» puntualizza il dirigente dell'Arpav «mentre sulle Dolomiti, alle quote medie e medio alte lo scarto c'è ma è più ridotto, alle quote più basse, soprattutto nei fondivalle, in questo caso mi riferisco ad esempio a Falcade e alle Prealpi, gli scarti sono più significativi. Proprio perché abbiamo avuto una maggior componente di pioggia». E rispetto all'anno scorso? «In alta quota c'è stata più neve, mentre in bassa quote abbiamo avuto un contributo maggiore di pioggia». Parlare ora di siccità è improprio, secondo gli esperti dell'Arpav, perché la situazione meteo e climatica può cambiare da una settimana all'altra. E in ogni caso la risorsa idrica dipende non solo dalla neve, ma dalla disponibilità complessiva
Corriere delle Alpi | 4 febbraio 2025
p. 18
Arpav: «Raggiunti i 15.7° in un gennaio anomalo»
L'analisi Un mese di gennaio più caldo e più piovoso/nevoso del normale. Il mese più rappresentativo dell'inverno risulta normalmente il più freddo e, assieme a febbraio, il più asciutto dell'anno, quest'anno invece c'è stata una spiccata variabilità della circolazione atmosferica, con transito anche di alcune perturbazioni nella prima e soprattutto nella terza decade, mentre nella seconda è prevalso il bel tempo. In tutto si sono avuti 14 giorni soleggiati, 12 variabili o nuvolosi e 5 giorni di maltempo. Le temperature medie mensili sono risultate fra 1.5°C e 2° C superiori alla norma nei paesi di fondovalle e fra 0.5° e 1.5° C in quota, con lo zero termico che è variato fra un minimo di 730 metri del giorno 13 e un massimo di 3080 del giorno 5. Le precipitazioni totali mensili sono state, come detto, più copiose del normale, generalmente più consistenti su Prealpi e Dolomiti meridionali, con scarti, rispetto alle medie pluriennali, compresi fra il +30 e il +80%, ma in alcune zone è piovuto il doppio del normale, come a Sant'Antonio Tortal, a Forno di Zoldo e ad Auronzo. La neve è caduta in genere a quote più alte di quelle tipiche invernali, quasi sempre sopra i 1000 metri, a tratti anche a quote più alte, come il giorno 28, quando è temporaneamente piovuto anche a 2000 metri. Tra gli eventi o i fenomeni particolari da ricordare di questo mese, da segnalare il vento meridionale caldo, moderato o forte in molte zone, del giorno 28: in questa giornata si sono misurate raffiche di 141 km/h sul Monte Cesen, 84 a Passo Pordoi, 66 a Santa Giustina, 63 ad Agordo e 62 km/h ad Arabba. In questo giorno, grazie ad alcune schiarite nel primo pomeriggio, la temperatura a Santa Giustina ha raggiunto i 15.7°C. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 13 febbraio 2025
p. 20
Mutano i santuari degli iceclimber Cascate di ghiaccio minate dal clima
Il focus Francesco Dal Mas
Il cambiamento climatico sta condizionando non solo lo sci, anche l'arrampicata sulle cascate di ghiaccio. Una passione peraltro crescente. «Siamo preoccupati, in verità, per il nostro "santuario", i Serrai di Sottoguda. Temiamo che d'inverno non verranno più riaperti», lancia l'allarme Enrico Geremia, già presidente delle Guide Alpine del Veneto, e uno degli accompagnatori più fidati per questa particolare attività sportiva. Lo rassicura, immediatamente, il sindaco di Rocca Pietore, Valerio Davare. «In giugno riapriremo i Serrai per buona parte del percorso. D'inverno, invece, potranno essere accessibili solo parzialmente: nelle giornate di autentico gelo e per limitati itinerari». Ma nel resto della provincia di Belluno, le alternative sono comunque numerose (più di un centinaio) ed affascinanti. «Purtroppo quelle a bassa quota non esistono praticamente più», specifica Francesco Rigon, guida alpina di Auronzo, che ha scalato il ghiaccio su tutte le Alpi. Ce n'erano almeno una ventina nella sola Valle del Mis, oggi sono residuali. «Più di una ventina sono invece ancora molto attive in Val Travenanzes», precisa la guida, «una quindicina in Val d'Ansiei e a Auronzo, una decina circa tra il Comelico e Sappada». Dall'altra parte della provincia troviamo la Digonera, a Laste, il Coldai con la Paperoga, Cencenighe con la Navahos. E chi non ha provato l'emozione della "The End" o della "Tre per Tre" a Canale d'Agordo? Per non dire della "Mostro Sacro". La Val di Zoldo vanta il Muro del Pianto. Il Col Toront l'Adrenalina. E via elencando. «Con le nevicate e le temperature siberiane di un tempo non c'era difficoltà a scegliere gli itinerari. Oggi invece tutto è molto più problematico», ammette Geremia e per la verità talune cascate sono scomparse, altre sono impraticabili, perché pericolose. «Ecco il motivo», aggiunge, «per cui chiediamo degli Icepark speciali, di cascate tra il naturale e l'artificiale, come possono essere le falesie per l'arrampicata». Sempre più numerosi gli appassionati stranieri. «Trovo più arrampicatori di lingua tedesca che italiani», ammette Rigon, «ma quassù arrivano perfino americani e russi, tanto è appassionante questo mondo». Per un esperto come Rigon, «la verticalità su ghiaccio racchiude tutti i pericoli della montagna, nel senso che la caduta è il rischio più frequente, ma la fragilità della cascata è anch'essa un'insidia da cui guardarsi». E poi – aggiunge – sono in agguato le valanghe, che possono arrivare da monte, ma che sono rintracciabili anche nell'avvicinamento. «Da qui l'importanza della formazione continua», spiega Geremia. «Sono reduce da un recentissimo corso nazionale a Cogne, ma anche a Cortina ce n'è stato uno nei giorni scorsi». Michele Titton, delegato interprovinciale del Soccorso alpino, ha sperimentato da poco un'intrigante cascata nel gruppo della Marmolada. «Questa attività», spiega, «richiede anzitutto una notevole capacità di valutare il sempre più rapido cambiamento delle temperature in relazione alle quote e all'esposizione dei versanti. Abbiamo sbalzi notevoli anche nell'arco di poche ore. È evidente», insiste, «che possiamo avventurarci solo in quota sotto zero». È inoltre indispensabile, raccomanda sempre Titton, un altrettanto puntuale osservazione delle strutture di ghiaccio e di tutto il contesto circostante. Attenzione
14 di acqua del sistema. Nell'ultimo autunno è piovuto fino a ottobre, poi le precipitazioni sono state di gran lunga inferiori a quelle attese. «Sta di fatto» conclude Paolo Frena, presidente Unione Montana Agordina «che se la pioggia caduta fino a quota 1800 fosse stata neve, saremmo arrivati imbiancati fino a fine stagione, garantendo la riserva nivale necessaria. Invece di neve non ce n'è». fdm © RIPRODUZIONE RISERVATA
particolare va assicurata alle cascate di difficoltà facile e media, perché possono formarsi dei canali di scorrimento dell'acqua che diventano inevitabilmente zone di grossi accumuli di neve trasportata dal vento e di conseguenza zone potenzialmente ad alto rischio per la caduta di valanghe. Quindi, un possibile decalogo? Attaccare le cascate alle prime ore del mattino; prevedere il rientro prima che il sole renda le pareti instabili; massima prudenza nella valutazione degli appoggi basali e di eventuali fessure. E ancora: evitare le cascate di colorazione biancastra e quelle troppo affollate per il rischio di potenziali scariche. In definitiva, conclude Titton, «meglio chiedere ogni possibile consiglio, specie alle guide alpine del posto, prima d'intraprendere una salita». © RIPRODUZIONE
RISERVATA Le cascate di ghiaccio nella Val Travenanzes nella zona di Cortina d'Ampezzo. Sotto, Michele Titton Geremia: «Ci mancano le pareti di Sottoguda» Il sindaco: «In futuro le riapriremo col gelo» Titon: «Il pericolo è sempre in agguato Bisogna saper valutare e chiedere consigli».
Corriere delle Alpi | 18 febbraio 2025
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Poca neve e caldo: stagione complicata «Ma si scia da Natale Fiducia nel futuro»
Che fosse un anno di transizione, si sapeva. Lo hanno sempre detto, i nuovi soci di Nevegal 2021 (presto sarà cambiato il nome alla società, in Dolomiti Ski Line) e i rappresentanti di Uoffy Italia, la società che coordina il progetto We love Nevegal. I nuovo soci, che l’anno scorso hanno acquisito le quote di Molin, Pierobon, Slaviero e Gorza (coloro che fondarono Nevegal 2021), sono arrivati in giugno e quest’inverno hanno fatto i conti con le scarse precipitazioni e un freddo discontinuo che non ha permesso di innevare tutto il comprensorio artificialmente. Si scia da Natale, è vero, ma solo su Campo scuola e Coca Bassa, con il Raccordo che ha avuto bisogno di diversi interventi di “ritocco”. E le piste, specie da gennaio, vengono chiuse negli orari di morbida (come al mattino), quando gli sciatori sono pochi e si rischierebbe di rovinare il fondo per il pomeriggio, quando invece l’afflusso è maggiore. «Una stazione sciistica deve essere sostenibile», rimarca Lorenzo Baldanello di Uoffy Italia. E quest’anno i costi sono stati alti. Li svela l’amministratore unico di Nevegal 2021, Devis Biena: «L’innevamento artificiale finora è costato 87 mila euro solo di energia elettrica». Se si aggiungono le lavorazioni e le manutenzioni fatte per aprire gli impianti, il conto (sempre ad oggi) sale a 180 mila euro. «Ma abbiamo dato continuità aprendo, e già a Natale», ricorda ancora Biena. «La stagione è stata molto dura, per le scarse precipitazioni e un freddo discontinuo. Abbiamo perso undici giornate per il maltempo, ma nelle giornate di sole abbiamo avuto ottimi numeri. Siamo sulla strada giusta». Quella, dichiarata, di rilanciare il Nevegal. «In estate lavoreremo per potenziare e rinnovare l’impianto di innevamento artificiale e poter così, dal prossimo inverno, aumentare il numero di piste disponibili», aggiunge Biena. «Quanti soldi servono? Almeno due milioni e mezzo. L’impianto esistente è stato fatto per essere a supporto della neve naturale». «E proseguiremo anche il dialogo con la Provincia per poter avere a disposizione l’acqua del laghetto artificiale e per installare la nuova sciovia delle Erte», si inserisce Baldanello. «Per noi questo è l’anno di partenza. Vogliamo e possiamo fare sicuramente meglio». A partire dall’estate. Sul tavolo ci sono molte iniziative, che saranno svelate nelle prossime settimane. «Ma possiamo dire che punteremo su canyoning, il trekking, il downhill, yoga e pilates», si sbilancia Baldanello. «L’estate è fondamentale per noi». Lo pensano anche Comune e Provincia, che il Nevegal debba vivere dodici mesi l’anno. Investendo per attrarre turisti in tutte le stagioni. Nel piano di We love Nevegal, per esempio, c’è il potenziamento e l’ampliamento delle piste di downhill. Difficile invece pensare allo sci d’erba sulle piste: la Coca è piena di sassi, sarebbe pericoloso. Tornando all’inverno, invece, oltre al potenziamento dell’impianto di innevamento artificiale per le piste dedicate allo sci alpino, si punta a riallestire la pista di fondo in località Faverghera. C’era, il tracciato è molto tecnico. L’obiettivo, a medio termine, è di rimettere in funzione quella pista, però migliorandone o ampliandone alcuni tratti in modo che possa essere utilizzata anche dai fondisti meno esperti. «Alcuni terreni in zona sono privati e bisogna parlare con i proprietari», conclude Baldanello, annunciando anche questo progetto nel piano di rilancio del Nevegal. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Alto Adige | 12 febbraio 2025
p. 30
Il Cai: va regolamentato il servizio taxi in elicottero
MASSIMILIANO BONA GARDENA/BADIA
«Basta alzare gli occhi al cielo o guardare gli elicotteri parcheggiati sui prati nelle valli ladine per capire che la situazione è cambiata: il via vai è continuo e ai residenti inizia a dare fastidio»: a parlare è Carlo Alberto Zanella, presidente del Cai, che invoca una regolamentazione più severa da parte della Provincia. Presidente, cosa le dà fastidio? Che ormai sia normale essere portati in quota in elicottero anche solo per mangiare un boccone in un rifugio. Questa non è gente che ama la montagna per davvero o che a cuore
il nostro ambiente unico. Le sono arrivate parecchie segnalazioni? Sì, molti valligiani sono esasperati. Ci sono elicotteri parcheggiati a bordo strada in attesa di portare il turista o il personaggio noto di turno sul Seceda o sul Piz Boé. Ma i voli turistici per ammirare le Dolomiti ci sono sempre stati. Cosa è cambiato? La frequenza. I voli turistici che fa Elikos, ad esempio, ci possono stare. Ma io sto parlando di servizi taxi veri e propri dal punCosa è vietato adesso? Non si possono sorvolare i parchi naturali. Questo lo so per certo. Ma lei ce l’ha anche con l’eliski? Mi limito ad osservare che è sempre peggio. E mi chiedo: la Provincia cosa fa per arginare questo fenomeno? Tra poco saremo invasi. Sta pensando alle Olimpiadi? Anche. Il servizio taxi in elicottero si moltiplicherà per portare in giro i “vip” di turno. Così non va, bisogna mettere dei paletti invalicabili.
Corriere delle Alpi | 6 febbraio 2025
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Funivia di Cortina: via libera dei tecnici L'impianto porterà alle piste di gara
La commissione regionale ha dato l'ok alla nuova cabinovia
Collegherà la località Apollonio con i tracciati di Socrepes
Francesco Dal Mas / CORTINA
Via libera al progetto della nuova cabinovia a fune di Cortina per assistere alle gare dei Giochi 2026. Era l'ultimo progetto olimpico ancora in stand by da 127 milioni di euro, di cui 20 per realizzare il collegamento in cabinovia – da 2400 passaggi l'ora – dall'ingresso di Cortina, in località Apollonio, fino alle piste di gara sopra Socrepes, altra località della Regina delle Dolomiti. Ebbene ieri, dopo lunghi mesi di gestazione – sostanzialmente dall'estate scorsa – a causa delle osservazioni critiche arrivate da più parti, il comitato tecnico regionale per la valutazione di impatto ambientale (Via) del Veneto ha espresso all'unanimità «giudizio favorevole di compatibilità ambientale». E non solo per la cabinovia, che attraversa un versante franoso, ma anche per il complessivo sistema integrato di mobilità intermodale (un progetto di finanza proposto da Pool Engineering e da Quick-No Problem Parking) che riguarderà il centro di Cortina. il piano La parte pubblica investe 20 milioni: quelli, in sostanza, per fare l'impianto verso Socrepes, di cui si curerà la società Simico e che il Cio ritiene strategico per l'accesso alla pista olimpica. La parte privata farà il resto, ma dopo i Giochi 2026: un parcheggio da 747 posti auto su tre livelli, un edificio servizi e commerciale, un ampio piazzale dedicato ai trasporti pubblici posto sulla sommità del parcheggio riservato al trasporto pubblico; e infine un collegamento pedonale veloce, lungo circa 650 metri, costituito da una sequenza di tappeti mobili pedonali all'interno di un tunnel che collegherà il parcheggio con il centro di Cortina e con la partenza della funivia Faloria, con uscite intermedie su Corso Italia e a largo Poste. l'iter La procedura autorizzativa si è prolungata nel tempo perché il via libera del comitato tecnico regionale ha riguardato l'intero dossier progettuale, quindi anche la parte privata che vedrà la luce dopo i Giochi. Le prime osservazioni sono state inoltrate dalla Provincia, poi sono arrivate quelle delle associazioni ambientaliste e degli stessi privati con residenza lungo i percorsi. Le più puntuali sul piano della sicurezza idrogeologica e del paesaggio sono state recapitate dalla Soprintendenza e dall'Autorità di Bacino, che hanno rilevato rischi e impatti. E che, proprio per questo hanno dettato delle prescrizioni, assunte dallo stesso comitato tecnico, tenuto conto che l'infrastruttura avrà una vita di almeno 50 anni. la cabinovia Rispetto all'ipotesi originaria, il progetto prevede un ridimensionamento delle stazioni della cabinovia, una dislocazione diversa per una maggiore sicurezza idrogeologica e per limitare l'impatto visivo, nonché per evitare che i residenti di Mortisa – dove sarà installata la stazione intermedia – si ritrovino con le funi davanti alla finestra di casa. Ma il percorso autorizzativo non è ancora finito: l'ok definitivo dovrà darlo, la prossima settimana, la conferenza dei servizi decisoria, ma il passaggio sarà una formalità. Passaggio dopo il quale Simico potrà indire la gara d'appalto per la cabinovia, con la consegna dei lavori a marzo. Il cronoprogramma Sono previsti almeno 7 mesi di cantiere, e quindi non c'è comunque tempo da perdere, per completare la posa dei tralicci della cabinovia e fare il collaudo. Un sospiro di sollievo l'ha intanto tirato il commissario per le opere olimpiche, Fabio Saldini, amministratore delegato di Simico: la società, infatti, si è fatta carico delle revisione del progetto della cabinovia per velocizzare l'iter, affidando allo studio Geosolving i necessari approfondimenti e le integrazioni richieste. Ai piani alti di Corso Italia a Cortina, dove ha sede il municipio, il progetto di mobilità integrata viene ritenuto la «vera legacy olimpica», nel senso che consentirà in futuro, dopo le Olimpiadi 2026, di liberare la città e le piste dall'assalto delle auto, specie lungo la strada del passo Falzarego. il parcheggio Fra un anno sarà pronto, comunque, solo il parcheggio a raso, sempre in zona Apollonio, vicino alla stazione di partenza, dove approderanno le navette in arrivo dai vari parcheggi esterni alla città e i pullman che raccoglieranno i visitatori all'hub della Fiera di Longarone e alle aree di sosta di Dobbiaco. le osservazioni Via libera alla cabinovia, quindi, ma con 15 prescrizioni, che si conosceranno quando sarà pubblicato il decreto. Riguarderanno non solo l'infrastruttura a fune ma anche il tunnel che porterà in centro città e le relative stazioni di riferimento.
Gazzettino | 6 febbraio 2025
p. 26, edizione Belluno
Impiantisti entusiasti «La cabinovia di Socrepes toglierà i veicoli in quota»
IL PROGETTO CORTINA D'AMPEZZO
La nuova cabinovia che salirà dal centro di Cortina a Socrepes si farà. In paese la categoria degli impiantisti ha accolto con grande favore il giudizio favorevole, espresso ieri dal comitato tecnico regionale per la valutazione di impatto ambientale della Regione del Veneto. È stato votato all'unanimità il parere di compatibilità ambientale per il nuovo sistema integrato di mobilità intermodale, comprensivo della nuova cabinovia dal piazzale Revis, presso i campi di tennis Apollonio, sino a Socrepes, con una stazione intermedia a Mortisa. Nel contempo è stata posta una serie di 14 prescrizioni e condizioni ambientali, volte a evitare o minimizzare gli effetti del cantiere e del progetto sul delicato ambiente cortinese. Le prescrizioni sono state formulate dal comitato recependo anche le osservazioni di enti esterni, come la Soprintendenza ai beni artistici e paesaggistici o l'autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali, riguardano tutela del paesaggio, sicurezza idraulica, stabilità dei versanti, impatto delle attività cantieristiche, mobilità, inquinamento atmosferico, rumore, protezione della fauna e risparmio energetico. Marco Zardini è il presidente del consorzio impianti a fune Cortina Skiworld, che riunisce le società di Ampezzo, Auronzo e San Vito. Da anni si batte per questa nuova realizzazione: «L'autorizzazione Via per questo impianto, che partirà dal centro di Cortina, per noi è davvero un'ottima notizia. Adesso c'è la fase della progettazione esecutiva, ma possiamo dire che finalmente si parte, l'impianto si farà». Sul valore e la funzione di questo collegamento Zardini aggiunge: «Noi vogliamo togliere il traffico dalle strade e l'intasamento dei parcheggi in quota, specialmente nella zona di Socrepes: questo impianto potrà contribuire in maniera determinante a raggiungere questo obiettivo. Tutte le località sciistiche di un certo livello hanno gli arroccamenti che partono dal paese». C'è il compiacimento anche da parte di Alberto Dimai, presidente della società di impianti a fune Ista, che gestisce il comprensorio di Socrepes, Tofana e Pocol, dove arriverà il nuovo impianto, che porterà gli sciatori sulle piste, partendo da fondovalle: «È un bel risultato. Ci sono voluti tempi lunghi, ma ora ci siamo. Questa cabinovia sarà uno dei reali lasciti delle Olimpiadi, per Cortina, oltre alla rinnovata pista da bob Eugenio Monti. La mobilità dei veicoli si fermerà in centro, senza più salire in quota. Lo abbiamo visto in questo inverno, con il potenziamento degli skibus, dai primi di dicembre. Il trasporto ha aiutato il turismo. Noi impiantisti abbiamo potuto garantire un servizio in più per l'ospite, soprattutto quello straniero, ma anche quello italiano». La nuova infrastruttura sarà importante per Cortina anche secondo Renzo Minella, amministratore della società delle funivie Faloria e Cristallo: «È un cerchio che si chiude, all'interno dell'offerta sciistica della conca ampezzana. Un impianto di grande importanza, che va a migliorare sicuramente l'accesso alle piste, al comprensorio sciistico. Soprattutto sistemerà, una volta per tutte, i disagi al traffico che gli sciatori hanno creato negli anni». Cortina arriva buona ultima fra le destinazioni sciistiche più blasonate, nell'intento di modificare la mobilità, con l'obiettivo di muovere le persone, invece delle auto: «Gli impianti di risalita hanno questo scopo: lasciare le auto nei garage degli alberghi, per poi muoversi con impianti che sono sostenibili sotto l'aspetto ambientale e creano molti disagi in meno, rispetto alle macchine che vediamo lungo le strade», conclude Minella.
Gazzettino | 8 febbraio 2025
p. 35, edizione Belluno
«Nuova cabinovia Socrepes strategica: passo decisivo verso la nuova mobilità»
CORTINA D'AMPEZZO
«L'amministrazione comunale continuerà a lavorare con determinazione per garantire il successo di questi progetti e per costruire una Cortina sempre più moderna, sostenibile e accogliente, in vista dei Giochi olimpici e paralimpici 2026 e oltre». L'assessore ampezzano Stefano Ghezze, con delega all'urbanistica e referente per i progetti di riqualificazione della mobilità, si dice alquanto soddisfatto del passo avanti della procedura per la costruzione della nuova cabinovia da piazzale Revis a Socrepes, con una stazione intermedia a Mortisa. La notizia è giunta lo stesso giorno in cui si è rimarcato che manca un anno all'apertura dei Giochi 2026. «E' un passo decisivo verso la nuova mobilità di Cortina. Il parere favorevole della commissione tecnica regionale per il progetto dell'impianto, una infrastruttura strategica per la mobilità del nostro territorio, suscita una grandissima soddisfazione per l'amministrazione comunale, perché abbiamo superato uno scoglio importante in una partita complessa. Questo progetto è strategico per Cortina, perché introduce un cambiamento concreto nella gestione della mobilità», continua Ghezze. Spiega che il progetto, insieme ai lavori per pedonalizzare via Cesare Battisti e l'attuazione del Lotto Zero, con una direttrice stradale lungo il fiume Boite, contribuirà a una trasformazione radicale della viabilità e darà la possibilità a residenti e turisti di salire direttamente alle piste da sci tramite il nuovo impianto, migliorando la gestione del traffico in ingresso e uscita dal centro abitato. «Il nostro obiettivo era ridurre il traffico in alta quota e ottimizzare l'uso dei parcheggi. Questo risultato è un successo in termini di mobilità e sostenibilità ambientale», aggiunge Ghezze. Ritiene che il traguardo sia stato reso possibile grazie alla collaborazione tra il Comune, il commissario di governo Fabio Saldini, la Regione Veneto e le istituzioni coinvolte. «Il lavoro di squadra è stato determinante per raggiungere questo obiettivo complesso commenta Ghezze Cortina sta cambiando sotto molti aspetti: mobilità, edilizia, urbanistica. Stiamo vivendo un grande rinnovamento, frutto delle opportunità legate alle Olimpiadi e Paralimpiadi. Presto vedremo una nuova Cortina, non diversa, ma rinnovata e pronta ad affrontare le sfide future». Manca meno di un anno all'apertura delle Olimpiadi invernali Milano Cortina 2026, un evento che sta trasformando il volto del paese e del territorio circostante. «I Giochi rappresentano non soltanto una sfida sportiva, ma un'opportunità unica per migliorare le infrastrutture e la mobilità, lasciando un'eredità duratura per la comunità». M.Dib. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corriere delle Alpi | 19 febbraio 2025
Alto Adige | 6 febbraio 2025
p. 30
Monte Pana-Saltria, il progetto per adesso torna nel cassetto
MASSIMILIANO BONA
SANTA CRISTINA/ALPE DI SIUSI
Salta, almeno per questa consiliatura, il progetto per il contestato collegamento tra Monte Pana e Saltria. A dirlo non sono gli imprenditori interessati - a partire dalla Coldereiser Srl (che finora ha preferito non partecipare al dibattito) - ma il portavoce della Svp a Castelrotto, l’avvocato Martin Fill, che sgombra il campo dagli equivoci. Sullo sfondo c’è la battaglia portata avanti dagli ambientalisti di Nosc Cunfin (supportati da Cai, Avs, Moutain Wilderness, Dachverband ecc.) che hanno fatto arrivare sul tavolo dei Comuni di Santa Cristina e Castelrotto qualcosa come 1.600 osservazioni, in larghissima parte contrarie al progetto. Avvocato, in autunno c’era una gran fretta di agire. Adesso il progetto si è arenato. E non sono state convocate le tre previste assemblee pubbliche. C’è un motivo particolare? Non so quale sia la ragione di fondo ma confermo che in questa consiliatura non ci sono più, ormai, i tempi tecnici per procedere. E poi c’è un altro aspetto da valutare. Quale? Dobbiamo protocollare e rispondere a 1.600 osservazioni dei cittadini. È un gran lavoro, soprattutto per Santa Cristina. L’impressione è che gli imprenditori interessati al progetto abbiano cambiato strategia e preso tempo. È così? Dovete chiederlo a loro. Ma posso garantirvi che per noi - come Svp - il progetto non è certo una priorità per le elezioni comunali di maggio. E considerato che se ne parla da oltre 20 anni senza mai fare un passo in avanti... Sì, a Santa Cristina il sindaco era ancora Bruno Senoner. Per noi, al momento, la questione è congelata. Su ciò che accadrà in futuro non mi posso sbilanciare. Lo valuteranno, semmai, i due nuovi consigli comunali.
Corriere dell’Alto Adige | 12 febbraio 2025
p. 3
Funivia Tires-malga Frommer, ambientalisti al Consiglio di Stato
BOLZANO
Prosegue la battaglia degli ambientalisti contro la funivia che collega Tires a malga Frommer. Dopo la bocciatura del ricorso da parte dei giudici del Tar, Alpenverein Südtirol, Cai Alto Adige, Dachverband für Natur und Umweltschutz, Heimatpflegeverband Südtirol e Mountain wilderness si rivolgono al Consiglio di Stato, per portare avanti la battaglia contro quello che continuano a definire un «abuso paesaggistico». Il nodo del contendere riguarda la funivia «cabrio» che parte dal Cyprianerhof (l’hotel cinque stelle di proprietà di Martin Damian, presidente dalla Funivia Tires Spa), ai piedi del Catinaccio. Realizzarla era costato, alla Funivia Tires Spa, 15,5 milioni di euro, per il 75% coperti da contributi della Provincia (11,3 milioni). Dopo l’inaugurazione, il 10 febbraio 2022, il 18 marzo era arrivata l’ordinanza del sindaco di Tires, Gernot Psenner, che disponeva «l’immediata sospensione dell’esercizio» per la mancanza del certificato di agibilità della stazione a valle e del nullaosta necessario all’esercizio. E il 21 marzo l’impianto era stato fermato. Otto mesi e una «bandiera nera» di Legambiente dopo, il 23 novembre, era arrivato il verdetto della Conferenza dei servizi: la funivia poteva essere risanata «sigillando i vecchi volumi, senza demolire l’eccedente». E così avvenne: i volumi aggiuntivi (973 metri cubi nelle stazioni di valle e di monte) erano stati riempiti di terra, e i Comuni di Tires e Nova Levante avevano rilasciato le licenze. Una «maldestra» sanatoria, sostengono gli ambientalisti, frutto di «un accordo con la Procura della Repubblica», che portò al ritorno in funzione dell’impianto, a dicembre. Nel frattempo, era già stato depositato il ricorso al Tar (tanto che i contributi pubblici «vennero liquidati mentre era pendente»), respinto a dicembre 2024 perché, riferiscono gli ambientalisti, «secondo i giudici i volumi abusivamente realizzati non sarebbero “apprezzabili a colpo d’occhio”, e le associazioni non avrebbero interesse a contestare l’abuso paesaggistico». Associazioni che, invece, sostengono che «un aumento di volume pari a mille metri cubi sia più che apprezzabile a colpo d’occhio, considerando che equivalgono a un palazzo di 10 metri di lato, alto tre piani». E rivendicano il loro interesse a ricorrere, «essendo la protezione dell’ambiente e della natura un punto fondamentale del nostro statuto e della nostra missione. Oltretutto, se non noi, chi altro può tutelare questo bene così importante per la collettività? Se questa sentenza del Tar non verrà riformata, si creerà un precedente, e in provincia di Bolzano non sarà più possibile opporsi ad abusi paesaggistici che, purtroppo continuano, ad avvenire». Il riferimento è al monumento naturale della Città dei Sassi (dove quelli che avrebbero dovuto essere «piccoli lavori di miglioria sul sentiero» si erano concretizzati in un intervento di impatto decisamente maggiore, tanto da guadagnarsi un esposto in Procura). «Vogliamo lasciare che il nostro territorio sia sfruttato e deturpato dalla industria dello sci e del turismo senza alcuna tutela?» si domandano le associazioni. Pizzicato sul tema, il presidente della Provincia, Arno Kompatscher, sbotta. «Circolano diverse notizie false da rettificare afferma . Per quel che riguarda gli impianti di risalita in generale, e quello di Tires-malga Frommer in particolare, andrebbe precisato che il finanziamento pubblico, all’epoca, poteva arrivare fino al 75% dei costi tecnici riconosciti. I quali, spesso, rappresentano meno del 30% dell’investimento complessivo. E che, soprattutto, venivano e vengono tuttora concessi sulla base di criteri fissati per legge, non di scelte politiche, come qualcuno insinua». E, ciononostante, sono stati rivisti, e le maglie, negli anni, sono diventate più strette. «Non faccio fatica a ribadire che era giusto concedere il contributo per l’impianto di Tires continua, piccato . Ma oggi ai contributi, che sono pensati per le aree a rischio spopolamento, possono accedere appena il 10-15% degli impianti esistenti». E poi, sottolinea ancora il governatore, «ci sono realtà come l’Alpe di Siusi, la val Gardena, la val Badia e Plan de Corones che non ricevono più un centesimo dalle casse pubbliche da anni. Sarebbe il caso di menzionarlo, perché dalle cronache sembra che qui si concedano valanghe di contributi ai privati»
Alto Adige | 26 febbraio 2025
p. 13
Funivia Tires, troupe di Rai3 a Palazzo Widmann
ANTONIO STELLA, GIAN ANTONIO STELLA
BOLZANO
Le pagine di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera hanno alzato il livello dell’attenzione sulla nuova funivia cabrio Tires-Carezza, che dalla località San Cipriano porta a Malga Frommer, e sul rifugio Passo Santner. Domenica sera ne ha dato conto Report, la trasmissione televisiva di inchiesta di Rai3. E ieri le telecamere sono entrate a Palazzo Widmann. Quelle di FarWest, anche questo un programma in onda su Rai3. Obiettivo, sentire il parere del presidente della Provincia Arno Kompatscher sulla cabinovia e sull’abuso paesaggistico denunciato da Alpenverein, Cai Alto Adige, Dachverband, Heimatpflegeverband e Mountain Wilderness. La troupe di FarWest ha interpellato il governatore su un aspetto evidenziato dal servizio di Report, il presunto conflitto di interessi del proprietario dell’albergo Cyprianerhof e presidente della Tierser Seilbahn Martin Damian, assessore al Turismo della Svp a Tires dal 2020. Kompatscher ha respinto con forza l’ipotesi di un conflitto di interessi. E alle domande dei giornalisti sul rifugio Passo Santner, il governatore ha ribadito la propria contrarietà alla loro interpretazione della vicenda, «che è quella di Gian Antonio Stella, con tante inesattezze e insinuazioni», precisa Kompatscher.
L’Adige | 24 febbraio 2025
p. 9
Gli scarichi dei rifugi a Report
Overtourism e utilizzo non rispettoso della montagna sono gli argomenti del servizio andato in onda ieri sera nella puntata di Report su Rai 3. In particolare l’attenzione è stata puntata sulla Val di Fassa. Il servizio si intitolava «Sulle tracce del turismo in val di Fassa» e si è parlato della tubazione che disperde nel bosco i reflui provenienti dal rifugio Roda de Vael e della baita Marino Pederiva. Due strutture senza fognature che fino a quando non c’è stato un forte aumento di frequentatori della montagna scaricavano i liquami in fosse biologiche. La frequentazione massiccia di questa zona aveva poi portato la Provincia a installare in superficie 800 metri di tubo per convogliare a valle i liquami con non pochi problemi anche per i residenti. A settembre dello scorso anno erano stati infatti emessi due decreti penali di condanna a carico dei rifugisti per la contaminazione dell’acqua potabile a Tamion e Vallongia, contaminazione che a luglio 2023 aveva provocato parecchi di casi di gastroenterite oggetto di una circostanziata denuncia e di una successiva accurata inchiesta. «Il 28 maggio 2021 la Società degli alpinisti tridentini (Sat) è stata autorizzata dal Comune di San Giovanni di Fassa, nell'ambito di un procedimento di autorizzazione unica territoriale in capo all’Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente (Appa), allo scarico delle acque reflue domestiche previo trattamento per il rifugio Roda de Vael», ha precisato la Provincia nella replica inviata a Report. «Questo tipo di gestione dei reflui è adottato da buona parte dei rifugi alpini». «In ogni caso - si legge ancora nella nota - con questa autorizzazione è stata modificata la precedente autorizzazione comunale, prevedendo lo spostamento del punto di scarico in suolo, con un prolungamento di circa 350 metri della tubazione. Nell’ambito del procedimento erano stati acquisiti i pareri istruttori favorevoli da parte del Servizio geologico della Provincia e dell’Apss». Poiché il rifugio Roda de Vael molto frequentato, nel 2021 la Giunta Provinciale aveva previsto nel Piano stralcio per i rifugi alpini ed escursionistici del Piano provinciale di risanamento delle acque, la possibilità di collettare i reflui alla fognatura nera. Nel marzo 2024, il progetto per il nuovo collettore delle acque nere è stato approvato e i lavori dovrebbero iniziare nella primavera del 2025. Nel presentare il servizio su Intragram la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci ha scritto. «Val di Fassa nel cuore delle Dolomiti. Il suo fondovalle e gli anelli intorno al Catinaccio, la Marmolada e le Torri del Vajolet rendono questa zona del Trentino una delle più frequentate d’ Italia. L’impatto del turismo ha una doppia faccia. E se da un lato alimenta un’industria che sembra non conoscere crisi, dall’altro è il caso di dire che lascia dietro di sé una scia nera e in questo caso pure maleodorante. Abbiamo ripercorso un tubo a ritroso nel bosco: perché è proprio in mezzo alla montagna che vengono scaricate le fognature dei rifugi». Intervistato, l’architetto Armando Loss, imprenditore turistico di Tamion, ha nuovamente puntato il dito contro questo sistema di svuotamento delle fognature. Proprio lui in passato aveva presentato denuncia ai Carabinieri e fatto segnalazione a Nas, Noe e Provincia. Davanti alle telecamere ha ribadito il pericolo di inquinamento ambientale e il fatto che il vespaio non riusce più a contenere le fognature.
Alto Adige | 26 febbraio 2025
p. 18
Pronto anche il Piano «Previsti ampliamenti per i rifugi del Cai»
Il punto Il nuovo regolamento del Parco nazionale Dolomiti Bellunesi è a Roma al Ministero dell'Ambiente in attesa di essere approvato. È uno degli ultimi importanti atti del consiglio direttivo dell'ente, che è decaduto, insieme con il presidente, a metà gennaio. Nei giorni scorsi, Ennio Vigne, presidente dal 2 dicembre 2019, è stato nominato commissario straordinario e sarà in carica per tre mesi, rinnovabili, in attesa della nomina del presidente che tocca al ministero, dopo un lungo iter. Il regolamento del Parco ha suscitato molte perplessità negli ultimi anni. «Noi abbiamo ereditato un regolamento, adottato nel 2018, dove alcune attività, come il canyoning, il deltaplano, le gare automobilistiche che si svolgevano di regola nell'area tutelata, erano state, come dire, sottovalutate. Abbiamo rivisto il regolamento, discutendone con il territorio, lo abbiamo aggiornato, approvato dai nostri organismi, il direttivo e la Comunità del Parco, e inviato a Roma a fine 2024. Non ho idea di quanto tempo ci vorrà: l'anno scorso abbiamo inviato una prima bozza a gennaio e abbiamo avuto una risposta dopo dieci mesi». C'è poi il piano del Parco, una specie di piano regolatore, anch'esso è stato rivisto e ora è in mano al consiglio regionale che lo dovrebbe approvare a giorni. Cosa cambia rispetto al passato? «Avevamo necessità di apportare modifiche per poter adeguare i rifugi alle nuove esigenze. Il Cai ci ha chiesto per i propri rifugi di fare dei piccoli ampliamenti per realizzare servizi a favore dei gestori, come i servizi igienici. Altro caso, al rifugio Bianchet ci sono circa sessanta posti letto e una sola doccia. Nel nuovo piano del Parco sono previsti questi piccoli aggiustamenti di volumetria. Ricordo che su 24 Parchi nazionali solo tre hanno un regolamento e altrettanti hanno un piano del Parco». Qual è il bilancio di questi cinque da presidente? «Quando sono arrivato, nel 2019, tutte le strutture erano chiuse, in cinque anni abbiamo investito dieci milioni per riaprire rifugi, bivacchi, centri informativi, penso a Valle Imperina o alla Valle del Mis, per sistemare sentieri, per sviluppare attività scientifiche». Cominciamo da Valle Imperina. «I numeri di visitatori in un solo anno sono incredibili: le miniere sono diventate un punto di riferimento per l'Agordino e per tutto il Veneto, arrivano pullman da altre regioni. Abbiamo recuperato l'ex centrale con un investimento di 500 mila euro e c'è un altro investimento per la manutenzione. Importante la collaborazione con il Comune di Rivamonte, come con tutte le altre amministrazioni locali. Anche l'area di Candaten è ripartita, anche se la gestione del punto informativo ha avuto fasi alterne: ripartiremo quest'estate. Sull'asse agordina c'è anche un forte investimento per la pista ciclabile Sedico – Cencenighe, noi abbiamo una fetta tra la casa cantoniera di Castei, fino all'uscita da Valle Imperina. C'è da superare la frana di Castei, l'iter si è rallentato a causa del passaggio di competenze tra Veneto Strade e Anas, ci dicono che a giugno si dovrebbe sbloccare». Per quanto riguarda i rifugi, avete
fatto molti interventi nella zona della Schiara. «Abbiamo investito molto sul Bianchet, gestito dal Cai di Belluno (che è una vera macchina da guerra): il Bianchet è un rifugio pilota per una serie di temi ambientali e poi si trova sull'Alta Via 1. Alla ex malga la Varetta è stato rifatto l'acquedotto, ci sono progetti per i servizi e le docce, il bivacco è aperto. Così come alla casera Vescovà, con bivacco per i carabinieri forestali del Parco. Quelle sono tra le zone più belle in assoluto del Parco». Passiamo alla Valle del Mis, anche qui ci sono stati molti cambiamenti. «È stato un lavoro intenso, abbiamo completato gli interventi: il ristorante funziona, è stato aperto anche oltre la stagione estiva. A fine estate completeremo i lavori ai bungalow. Ottima anche la stagione ai Cadini del Brenton, con 16 mila visitatori. Probabilmente ritoccheremo un po' il ticket di ingresso che ora è a 2 euro e gratis per chi vive nei paesi del Parco. Stiamo ragionando con la Provincia e i due Comuni interessati per mettere un semaforo alternato, come sul San Boldo, all'inizio della prima galleria in modo da poter raggiungere Gosaldo anche con i camper, che ora non passano». Poi c'è la città di Belluno, dove siete impegnati in molti ambiti. «Abbiamo avuto problemi burocratici per completare i lavori al Piero Rossi: ora un primo progetto è pronto ad andare in appalto. Per quanto riguarda il sentiero dell'Ardo, di cui si occupa il Comune di Belluno, i lavori sono andati in appalto, noi ci mettiamo i soldi, 500 mila euro. È un primo stralcio che si spera possa essere reso fruibile già a fine estate». ma.co. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Alto Adige | 13 febbraio 2025
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Rifugio Passo Santner, chiesta l’archiviazione
BOLZANO
Un pezzo pregiato di Dolomiti venduto ai privati per realizzare l’ampliamento del rifugio Passo Santner: la vicenda ha fatto scalpore, ma ora la Procura ha chiesto l’archiviazione nell’indagine a carico della giunta provinciale in carica l’11 giugno 2019: quel giorno venne adottata la delibera di vendita di 900 metri quadrati di terreno demaniale sotto il Catinaccio. L’inchiesta era stata avviata dall’esposto depositato dal consigliere provinciale Paul Köllensperger, che aveva parlato di «svendita» di un area di grande pregio. Erano finiti indagati il presidente Arno Kompatscher e gli assessori Arnold Schuler, Giuliano Vettorato, Daniel Alfreider, Massimo Bessone, Waltraud Deeg, Maria Hochgruber e Thomas Widmann. Per tutti l’ipotesi di reato contestata è abuso d’ufficio e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. Ora arriva la richiesta di archiviazione rivolta dalla Procura al giudice per le indagini preliminari. L’esposto contestava la stima della particella di terreno. «Lascia davvero senza parole il prezzo di vendita di un terreno che dovrebbe essere di inestimabile valore: 27.450 euro complessivi», era l’accusa alla base dell’esposto. 30,50 euro al metro quadrato, «in un’area riconosciuta quale patrimonio dell’umanità Unesco e inserita nel Parco naturale provinciale Sciliar-Catinaccio». Contestata anche la motivazione alla base della delibera provinciale: «Non riteniamo corretto dichiarare che la vendita ai privati sia stata possibile attraverso la dichiarazione che quel terreno non è più utilizzato a fini istituzionali. Deluso Köllensperger (TeamK) dalla richiesta di archiviazione: «Con l’abolizione del reato d’abuso d’ufficio non mi facevo molte illusioni. Leggerò le motivazioni per valutare gli eventuali ulteriori passi». Il consigliere aveva depositato un esposto anche alla Corte dei Conti: nei mesi scorsi la procura contabile aveva quantificato in 600mila euro il danno causato alla Provincia da quella vendita, inviando a due dirigenti della Provincia un invito a dedurre. «E questa vicenda mi risulta che sia ancora aperta», riferisce Köllensperger. Proprio oggi arriva in aula in consiglio provinciale il disegno di legge presentato dal TeamK «Norme per l'amministrazione del patrimonio della Provincia autonoma di Bolzano» concepito in seguito alla vicenda della vendita del terreno per il Rifugio Passo Santner: l’obiettivo è rendere più stringenti le norme, «per evitare che si ripeta un nuovo caso Catinaccio». Secondo l’esposto, la delibera provinciale avrebbe procurato «un ingiusto vantaggio patrimoniale, il quale si sostanzia nella circostanza che il privato ha acquisito un bene immobile di indubbio valore commerciale – il quale nel rispetto della normativa provinciale attualmente in vigore non avrebbe nemmeno potuto essere ceduto, altrimenti è legittimo ritenere che vi sarebbero stati anche altri interessati –, e ciò inoltre a un prezzo assolutamente sottostimato e del tutto incongruo».
Dolomiten | 13 febbraio 2025
p. 11
Corriere delle Alpi | 8 febbraio 2025
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Parco nazionale ora Ennio Vigne è il commissario
FELTRE
Ennio Vigne nominato Commissario straordinario dell'Ente Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi. A fine 2024 era scaduto il suo mandato come presidente del Parco e ora Vigne si veste da traghettatore e guiderà l'Ente fino alla nomina del nuovo presidente di cui il nome non è ancora stato deciso. Era nell'aria una decisione così perché la persona di Ennio Vigne, per anni alla guida del Parco, era la più indicata per questa fase transitoria per evitare che i lavori in essere non subissero uno stop. Sul sito web del Parco Nazionale (www.dolomitipark.it) la nomina è messa in rilievo: «Con decreto ministeriale n. 40 del 05 febbraio 2025, Ennio Vigne è stato nominato Commissario Straordinario dell'Ente Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi con decorrenza dalla data del 15 gennaio 2025». Lo stesso Vigne commenta e spiega questo passaggio: «È arrivata la nomina e ha una durata di tre misi prorogabile e comunque non oltre la nomina del nuovo presidente. Ora prenderà il via tutti l'iter che porterà alla nuova nomina della guida del Parco e nel frattempo noi continueremo a lavorare con piena operatività perché abbiamo tantissime cose in essere». UN PRONOSTICO Per quanto riguarda il nome del nuovo presidente non ci sono ancora notizie. «Intanto - piega Vigne - facciamo un passettino alla volta. Intanto è stato nominato il Commissario e ora inizierà la procedura secondo la normativa che vedrà il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica concertare con la Regione Veneto e poi ci sarà il passaggio alle Camere da cui uscirà il nome del nuovo presidente. Su questo argomento non posso dire altro, attendiamo gli sviluppi, ma intanto continuiamo a lavorare». Nuova energia arriva dalla nomina del nuovo direttore Sonia Anelli che ha preso servizio a inizio anno e che sarà presentata probabilmente a fine febbraio: «L'arrivo del nuovo Direttore è una cosa importante per il Parco. Al momento sta lavorando da casa a causa di un piccolo infortunio, ma conto che per fine febbraio possa arrivare, ma sta già lavorando moltissimo». CINQUE CERCHI Le Olimpiadi sono un riflettore imponente puntato sul territorio e questo Ennio Vigne lo sa: «Dobbiamo assolutamente sfruttare l'opportunità olimpica per mandare un messaggio di turismo sostenibile e accessibile, quello che semplicemente è il messaggio del Parco. Aumentare la collaborazione con le Dmo, con Dolomiti Unesco e con tutti i soggetti legati al mondo del turismo». Intanto, in attesa del nuovo presidente i lavori del Parco non si fermeranno e andranno a toccare temi politici ma anche operativi con tutte le attività scientifiche che ci sono ora in essere. SUL TAVOLO Il Commissario straordinario ha il compito di mantenere in essere la vita dell'Ente che è chiamato a dirigere. Proprio su questo tema si sofferma Vigne mettendo in luce il fatto che il motore dell'Ente non si fermerà: «Ci sono molte cose che devono essere portate avanti. Dobbiamo chiudere il ragionamento per ottenere il finanziamento che permetterà di completare gli alloggi a Longarone, vanno seguite tutte le convenzioni sulla sentieristica in attesa che arrivi, speriamo, un finanziamento per l'annualità 2025, c'è il ragionamento sul regolamento del Parco che si trova ora al Ministero dopo la nostra adozione». Poi conclude: «Ne abbiamo parecchio di lavoro da fare. Per fortuna ci sono opportunità e condizioni, la struttura Parco è un'ottima struttura e quindi i risultati ci sono. Si tratta di arrivare il prima possibile al nuovo Presidente e al nuovo Direttivo in modo da mettere in assetto normale il Parco». D.M. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corriere del Trentino | 6 febbraio 2025
p. 9
Bletterbach come Marte
In Alto Adige il canyon di Aldino studiato da scienziati e astronauti
Uno canyon in Alto Adige è diventato il laboratorio segreto degli esploratori spaziali. È il Geoparc Bletterbach di Aldino e il presidente Peter Daldos conferma la collaborazione con gli astronauti. «Ogni anno arrivano astronauti di Nasa, Esa e Jaxa per una settimana di formazione geologica - dice Daldos - . Si muovono con discrezione tra i turisti e studiano questa gola che assomiglia incredibilmente a Marte». Le analogie con i pianeti spaziali sono sorprendenti. «Le sequenze di arenaria e gli strati di gesso sono quasi identici a quelli fotografati sul pianeta Rosso, tanto che l’Esa ha ufficialmente riconosciuto il nostro sito come «Mars analog site», sito analogo a Marte». Quindici astronauti sono già passati di qui: da Samantha Cristoforetti a Thomas Pesquet, da Alexander Gerst a Luca Parmitano. E ancora Matthias Maurer dell’Esa, Kate Rubins e Stephanie Wilson della Nasa e Sergei Kud-Sverchkov di Roscosmos. Il progetto «Pangaea» porta dalla teoria alla pratica. «Gli astronauti scendono nel canyon, realizzano schizzi, utilizzano la realtà virtuale, esplorano come farebbero su Marte. Imparano a interpretare gli elementi geologici e a orientarsi tra le rocce per le missioni futureprosegue il presidente Daldos -. Una volta Marte e Terra erano molto simili: avevano atmosfera e nucleo liquido. Se si vogliono trovare tracce di vita, bisogna cercare tra gli strati e qui abbiamo reperti di 260 milioni di anni fa, orme e fossili di sauri, gli antenati dei dinosauri». Donne e uomini eroici dello spazio in Alto Adige rimangono affascinati dal piccolo canyon di Aldino. «Vengono per la geologia e chiedono di raccontare la storia del Bletterbach - rivela Daldos -. Sono persone normali, ma con un’esperienza immensa. Samantha Cristoforetti è venuta due volte, altri astronauti sono tornati con i loro bambini. È incredibile pensare di avere qualcosa da spiegare a un astronauta e vederlo a bocca aperta davanti a oltre 260 milioni di anni di storia. Un onore che capita raramente». Il Bletterbach viene alla luce a fine 1900. «Dopo le prime esplorazioni scientifiche, il sito era stato dimenticato - conferma il presidente. Poi gli scienziati Piero e Giuseppe Leonardi lo riscoprirono negli anni ‘60 e ‘70 e, con il riconoscimento Unesco alle Dolomiti, l’interesse è esploso. Nel 2005 abbiamo inaugurato il centro visite». Il Bletterbach è il Gran Canyon d’Europa, ammette Daldos. «Concentra tra le sue rocce 40 milioni di anni di storia geologica grazie alla gola che il ruscello ha scavato, rivelando fossili su entrambe le pareti. Le orme dei nonni del T-Rex sono imprigionate nelle rocce: quando lo raccontiamo ai bambini, restano senza parole». Molte le collaborazioni scientifiche. «Lavorando con università di tutto il mondo, è capitato che un gruppo dell’ateneo di Padova arrivasse con la prima delegazione di astronauti: c’era Luca Parmitano, ma anche Pedro Duque, allora ministro della Scienza spagnolo». L’attenzione degli scienziati è stata catalizzata da dettagli microscopici. «Le inclusioni di gesso vicino al Butterloch, elementi anomali che si vedono anche nelle foto di Marte, hanno catturato l’attenzione dell’Esa. Com’è possibile che siano anche qui, ad Aldino? Sono iniziate così le ricerche degli enti spaziali internazionali». La riservatezza è d’obbligo. «Non comunichiamo mai quando verranno gli astronauti. Arrivano in giorni normali, si spostano nelle zone meno frequentate, ma indossano tute Nasa o Esa e i turisti li riconoscono». Daldos racconta aneddoti. «Una volta sono venuti collezionisti di meteoriti da Verona durante la visita degli astronauti: è stato divertente vederli a confronto. E poi arrivano studiosi da tutto il mondo, anche dalla Cina, per vedere imprigionato in un sottile strato di terra il confine tra il Permiano e il Triassico, quel momento catastrofico in cui un’esplosione di magma ha cancellato il 90% della vita marina e il 70% di quella terrestre». Il Geoparc è un luogo speciale, dove la storia del pianeta si racconta attraverso strati di roccia e dove gli astronauti si preparano a svelare i misteri di mondi lontani.
Gazzettino | 21 febbraio 2025
p. 31, edizione Belluno
Parco, via libera al nuovo piano: ora voto in aula
FELTRE
La Seconda Commissione regionale che si è riunita ieri a Venezia ha dato via libera al nuovo Piano per il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi. La delibera, che ora approderà in consiglio regionale per il voto definitivo, ieri in commissione è passata. Si sono astenuti i dei due consiglieri di Europa Verde, tra cui Andrea Zanoni, che ha posto diversi quesiti sul punto, i due consiglieri del Pd e il portavoce dell'opposizione Arturo Lorenzoni. IL LAVORO Il vecchio piano è stato approvato dalla Regione il 15 novembre del 2000 ed è quello vigente. «Stavamo viaggiando ancora con un piano di 25 anni fa - aveva spiegato il consigliere regionale Zanoni - e nel frattempo ci sono state delle evoluzioni importanti sia nella direttiva Habitat, sia nella rete "Natura 2000", abbiamo inserito nella Costituzione l'articolo 9 sulla tutela dell'ambiente. Quindi è un'era geologica quella che è trascorsa e c'era il bisogno di un nuovo piano». «Oggi ci siamo astenuti - ha detto ieri Zanoni - non per motivi particolari, ma perché vogliamo capire se durante il dibattito che ci sarà in aula possiamo ottenere qualche miglioramento: si può sempre fare meglio». In commissione ieri i quesiti sono stati posti anche sulla questione dei droni. Sì perché ci sono le norme nazionali, ma vengono previste anche alcune regole nel piano per autorizzare solo in casi specifici l'utilizzo dei droni sulla zona protetta del Parco. LA DELIBERA Nella delibera varata dalla giunta regionale a fine novembre e ora anche dalla commissione regionale si ripercorre l'iter del Piano passato per il Protocollo d'intesa, approvato dalla Regione del Veneto, dall'Ente Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi e dai Comuni del Parco nei mesi scorsi. Si spiega che l'aggiornamento del Piano per il Parco consente di realizzare due principali modifiche concettuali e metodologiche. La prima è «la separazione degli indirizzi gestionali ambientali presenti nelle Norme Tecniche d'Attuazione vigenti dagli indirizzi normativi urbanistici, che sono stati inseriti nel Regolamento del Parco» (approvato nel 2021 dal Ministero). La seconda è l'armonizzazione del Piano per il Parco con il Piano di Gestione della "Dolomiti Feltrine e Bellunesi, «atto rilevante dal punto di vista della tutela e della salvaguardia ambientale. Attraverso l'armonizzazione del Piano di Gestione con il Piano per il Parco, saranno verificate le misure di tutela e di conservazione già messe in atto nel Parco e le eventuali integrazioni mirate specificatamente alla tutela di habitat e specie
delle Direttive Natura 2000». I DOCUMENTI La documentazione di aggiornamento del Piano è molto corposa composta da decine di allegati in cui si parla di zonizzazione, confini e tanto altro. In particolare ieri nella comunicazione inviata ai consiglieri sull'aggiornamento del piano si specifica ad esempio che «L'ente Parco promuove la conoscenza del territorio protetto, nonché l'uso consapevole e la salvaguardia delle sue caratteristiche paesaggistiche e coordina i propri strumenti di pianificazione alle previsioni dei piani paesaggistici in conformità con quanto disposto dall'articolo 145 del decreto legislativo 42 del 2004, il Codice dei beni culturali e del paesaggio». Una norma che era stata varata dopo il piano che è ancora vigente per il Parco e che necessitava quindi di essere recepita nel nuovo documento. E.S.
Alto Adige | 23 febbraio 2025
p. 34
Sesto contro la Provincia: «Stop ad altre aree protette»
FAUSTO DA DEPPO
SESTO PUSTERIA
Il Comune di Sesto ha detto no a “Natura 2000: Avvio del procedimento per l’approvazione degli obiettivi e delle misure di conservazione aggiornate per le Zone speciali di conservazione”, il documento approvato in novembre dalla giunta provinciale, facendo proprie osservazioni e proposte avanzate dal Consiglio degli agricoltori di Sesto e dichiarando “di non accettare che in futuro vengano designate altre aree Natura 2000 nel Comune di Sesto”. "L’attuale situazione di utilizzo turistico non va limitata". "L’area Natura 2000 di Sesto, nella regione delle 3 Cime, è un habitat per numerose specie animali e vegetali – si legge nella delibera del consiglio comunale - e presenta un’eccezionale bellezza paesaggistica. Serve una considerazione equilibrata degli interessi di conservazione della natura e del turismo. Attraverso la collaborazione tra le parti interessate e una pianificazione sostenibile, è possibile salvaguardare sia le risorse naturali che gli interessi economici del Comune. Solo così Sesto potrà rimanere una destinazione attraente per i visitatori e una comunità vivace per gli abitanti. L’attuale situazione di utilizzo turistico non deve essere limitata in futuro, ad esempio per quanto riguarda le opportunità escursionistiche e le piste di sci di fondo. Deve essere garantito anche l’ampliamento sostenibile delle infrastrutture turistiche nelle aree Natura 2000, come ad esempio le piste ciclabili”. Infrastrutture e restrizioni. "La protezione mirata delle infrastrutture, attraverso sistemazioni idraulico-forestali ma anche attraverso un’adeguata delocalizzazione delle infrastrutture, deve essere possibile anche nelle aree Natura 2000 senza grandi restrizioni”. L’uso dei boschi. "Le aree Natura 2000 nel Comune di Sesto – si legge ancora nella delibera - comprendono estesi boschi di produzione e foreste tutelate. L’uso sostenibile dei boschi di produzione e la manutenzione dei boschi di protezione, soprattutto a causa dei gravi danni causati dal bostrico, devono continuare a essere possibili senza restrizioni. Lo sviluppo di una nuova viabilità forestale nei boschi deve essere garantito anche in futuro nel modo meno burocratico possibile”. “L’importanza della caccia”. “Inoltre, il Comune vuole evidenziare l’importanza dell’esercizio della caccia. Essa contribuisce in modo sostanziale al mantenimento dell’equilibrio ecologico, alla riduzione dei danni causati dalla fauna selvatica ed è inoltre una parte fondamentale dell’identità culturale di Sesto. Per questo motivo, la caccia dovrà continuare ad essere esercitata in tutta l’area comunale nella forma attuale”. “Decisioni trasparenti”. “Pertanto, si dovrebbe sospendere il procedimento – auspica il consiglio comunale di Sesto in riferimento all’Avvio del procedimento per le Zone speciali di conservazione - affinché le osservazioni/proposte avanzate nonché questo parere possano essere accuratamente valutati, evitando che le decisioni vengano prese in modo affrettato, ma garantendo che siano trasparenti e prese in accordo con i soggetti interessati”.
Alto Adige | 6 febbraio 2025
p. 18
Soccorso alpino, circa 1.300 interventi
DAVIDE PASQUALI
BOLZANO
Quasi 1.300 interventi di soccorso in un solo anno. Ad essere soccorsi soprattutto escursionisti sciatori in pista e montain biker, per lo più italiani germanici e austriaci. L’elisoccorso viene utilizzato nel 25 per cento degli interventi. I volontari ci sono, oggi come oggi assommano a 617 unità, sono entusiasti anche se l’impegno in termini di tempo ed energie è forte e spesso rischiano la vita, ma ormai da 7-8 anni sono in (seppur lieve) flessione. Sono i numeri che palesano il grande impegno civile profuso dalla delegazione altoatesina del Cnsas, il Soccorso alpino del Club Alpino Italiano. Il Soccorso alpino e speleologico dell’Alto Adige Cnsas Odv, così in una breve nota diramata ieri, «guarda ad un anno 2024 ricco di eventi. Con un totale di 1.291 interventi, i nostri soccorritori volontari hanno, ancora una volta, dimostrato il loro instancabile impegno e la loro grande professionalità». Il Soccorso alpino e speleologico dell'Alto Adige, guidato dal presidente Giorgio Gajer, opera in tutta la provincia in ambito alpino e speleologico e conta 617 tra soccorritori e
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Corriere della Sera | 9 febbraio 2025
p. 24, Nazionale
Il giro d’affari milionario dei rifugi deluxe ad alta quota (con i soldi della Provincia)
Stanziati 1,2 milioni per un solo super resort: 700 mila ai 25 ricoveri pubblici
GIAN ANTONIO STELLA
«Mutterprovinz», la Mamma Chioccia dei sudtirolesi, ama tutti i suoi pulcini. Diversamente, però. Esempio? Spiccioli ai rifugi alpini pubblici e milioni agli «amiketten» privati. Certo, nessuno usa il tedesco maccheronico per ironizzare sulle regalie finite ai padroni di «ricoveri deluxe» in alta quota. La filosofia nell’uso dei pubblici denari, però, dopo la rimonta sulla secolare povertà montana grazie all’immensa autonomia strappata da Silvius Magnago, non è così diversa dall’«amichettismo» sotto accusa nel resto d’Italia. Anzi. Il destino dei bivacchi Prendete appunto i rifugi tirati su nei luoghi più impervi a prezzo di enormi sacrifici, pietra su pietra, scandola su scandola, per offrire ospitalità di fortuna agli scalatori sorpresi da rovesci temporaleschi o inattese nevicate. Per i 25 ricoveri pubblici dalla costosissima manutenzione e dai magri guadagni, denunciano Carlo Alberto Zanella del Cai (che ne gestisce 14) e Georg Simoni di Alpenverein Südtirol (11 più un albergo in quota), Mamma Provincia ha scucito l’anno scorso 700 mila euro: 28 mila, in media, a testa. Il costo d’un solo posto letto al villaggio temporaneo che sarà fatto a Cortina per le Olimpiadi 2026. Poco più dei 518.160 dati a fondo perduto dalla stessa Provinz per il solo rinnovo della vecchia condotta idrica e della teleferica (che un domani, chissà, potrebbe portare pure clienti...) al rifugio privato del Passo Santner a 2734 metri nel cuore del parco naturale del Catinaccio. Benedetto, peraltro, da altre generose regalie. C’era lassù al Catinaccio, racconta la leggenda, il Giardino delle Rose di re Laurino che regnava su un popolo di nani che scavavano la montagna alla ricerca di cristalli, argento ed oro, possedeva un mantello che lo rendeva invisibile e si innamorò perdutamente della bella Similde... C’era anche, fino a pochi anni fa, un piccolo rifugio a un piano costruito nel ‘56 per 12 anime disposte ad ammucchiarsi su sei brande a castello. Gli incassi Quanto poteva incassare se pure fosse stato pieno tre mesi l’anno? Una cinquantina di euro a testa in mezza pensione? Farebbero, in 100 giorni di costante bel tempo (magari!) 600 euro a notte per un totale di 60mila l’anno. E chi mai investirebbe con certe spese lassù in cima dove arrivano solo veri scalatori e solo se non piove? Invece, oplà, nel 2018 un investitore salta fuori. È Stefan Perathoner e, ricorderà il Corriere dell’Alto Adige , era rappresentante dei rifugisti privati all’interno dell’associazione albergatori (Hgv) e consigliere comunale della Svp nel municipio di Castelrotto dove lavorava anni fa come capo dell’ufficio legale il quasi compaesano Arno Kompatscher, Presidente oggi dell’opulenta Provincia. Fiducioso nell’avvenire (e nelle prebende pubbliche) l’imprenditore chiede anzi di ingrandire il rifugio. Quanto? Più possibile. Al punto che, scriverà Riccardo Bruno sul Corriere della Sera , sarà tirata su infine «una piramide a tre piani, al posto di una casupola che quasi scompariva alla vista». Così impattante con le sue superfici metalliche tipo astronave tra le guglie («Certi architetti vogliono metterci il marchio», accusa Georg Simoni) da esser bocciata da Cai e Alpenverein non una ma due volte fino a passare la terza volta, dai e dai, solo in assenza loro e della «commissione paritetica». Risultato: una moltiplicazione «da 319 metri cubi a 2.708 metri cubi»: oltre otto volte la cubatura originale. In un’area tutelata, in teoria, dall’Unesco. Uno sgorbio tale da spingere Legambiente a bollare il neo-rifugio con la bandiera nera: obbrobrio paesaggistico. Quanto è costato? Un elicottero «da cantiere» e lassù era indispensabile per quel gigante edilizio porta dagli 8 ai 9 quintali e costa da 27 ai 35 euro al minuto: da 1.620 a 2.100 l’ora. Tariffe da far accapponare la
25 guide alpine di madrelingua tedesca, italiana e ladina, distribuiti in ventuno stazioni alpine e una stazione speleologica. Il Soccorso alpino e speleologico dell'Alto Adige tiene a ringraziare tutti i soci membri e i sostenitori «per il loro instancabile impegno e la preziosa collaborazione. Insieme garantiamo sicurezza e pronto intervento sulle montagne e nelle grotte dell'Alto Adige». Alquanto interessante, per comprendere il fenomeno degli incidenti in montagna, è la casistica legata al tipo di attività. Su oltre venti differenti tipi, a farla da assoluto padrone è l’escursionismo, che conta oltre cinquecento interventi. Ma pesa molto anche lo sci in pista, con quasi duecento interventi nel corso del solo 2024. Al terzo posto, ed è una voce che sta cominciando a pesare sempre di più, sta la mountain bike: il Cnsas dell’Alto Adige è stato costretto a intervenire in oltre cento casi. A pesare molto, come spiegano in dettaglio i soccorritori, è l’introduzione delle bici elettriche, che hanno permesso a molti, anche a chi non ha la gamba e l’esperienza, di raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili. La facilità e la rapidità di raggiungimento di luoghi anche molto impervi cozza però sempre più spesso con le difficoltà del terreno che tanti e-biker, spesso improvvisati, non sono in grado di gestire. Soltanto dopo, nella classifica degli interventi di soccorso, compaiono alpinismo, vie ferrate e scialpinismo. I più soccorsi sono di gran lunga turisti ed escursionisti italiani, che nel 2024 hanno raggiunto quota 664. Seguono i germanici, anche loro pesantemente rappresentati nella statistica, con 331 interventi. Seguono austriaci, (44), belgi (18), olandesi (15), britannici (14), francesi (13), cechi e americani (12) e poi giù a scalare. A dimostrare però la complessità del comparto turistico escursionistico, e le conseguenti difficoltà linguistiche nella gestione degli interveniti, è utile considerare il fatto che sono citate ben 53 nazionalità. Nel 54% dei casi si sono mantenute le condizioni vitali, nel 30% i coinvolti sono stati recuperati indenni, nell’11% in condizioni critiche, nel 2% in pericolo di vita. I decessi assommano al 3%, i non ritrovati all’1%. Se il 75 per cento degli interventi viene operato via terra, la presenza dell’elisoccorso rappresenta il 25 per cento del totale, con sempre maggiori casi, lamentati dai soccorritori, di interventi richiesti senza motivo reale, quasi Pelikan e Aiut Alpin fossero dei servizi taxi. Attualmente, il Cnsas altoatesino conta come detto 617 uomini, non tutti operativi. L’organico a disposizione è di 4 unità cinofile, 59 medici, 143 tecnici di elisoccorso, 19 istruttori, 36 aspiranti soccorritori e 259 soccorritori.
pelle a un privato senza «aiutini». Da sommare ai costi dei materiali e di una manodopera che a 2734 metri d’altezza sono stratosferici come lo smaltimento di macerie e rifiuti, in un caso perfino persi (parzialmente) nel trasporto. Totale? Girano cifre folli: non ci avventuriamo. Certo è che finora, per il consigliere provinciale di «Team K» Paul Köllensperger che ha sventagliato interrogazioni sul tema, Mamma Chioccia ha aiutato l’amico albergatore con «almeno un milione e 200mila euro». Per un rifugio secondo Legambiente «non necessario dati i parecchi rifugi nelle vicinanze». E nato per offrire trattamenti esclusivi a prezzi esclusivi: 110 euro a notte mezza pensione in camerata, 130 nelle stanze fino a tre. Una tombola, per gli alpinisti. La scelta del lusso Il tutto in linea con la scelta del SudTirolo di puntare su un turismo sempre più deluxe dove, tra le ire degli scalatori devoti all’antica rude purezza, i rifugi ospitano passerelle di Lamborghini issate mesi fa fino al Comici dedicato al più celebre dei nostri scalatori, apericena sulle vette comodamente raggiunte con funivie chiuse solo a mezzanotte, cene grand gourmet con ostriche di Normandia e gamberi freschi di Mazara. È questo il futuro? Magari col rilancio di progetti per ora accantonati quali la torre di cristallo di 18 metri (un condominio di 6 piani) alle Coronelle, come denunciò Valentino Liberto su salto.bz , per «una spesa totale di 16 milioni e 773 mila euro di cui 5,82 milioni finanziati dalla Provincia, che continuerebbe a sostenerne le spese di gestione, stanziando 555 mila euro ogni anno per i prossimi 35 anni»? E magari con la cessione dei terreni demaniali dolomitici? Perché questo è accaduto, al Santner. Anziché darlo in concessione, la Provincia ha svenduto il terreno, che apparteneva ai cittadini italiani, come «edificabile». A 30,5 euro al metro. Il danno erariale Una pipa di tabacco. Offensiva anche agli occhi della Corte dei Conti che, ha scritto Chiara Currò Dossi sul Corriere dell’Alto Adige , ha contestato 600mila euro di danni a due dirigenti provinciali rei d’aver «accettato intenzionalmente di vendere un bene del patrimonio indisponibile a un prezzo di gran lunga inferiore al suo valore reale, omettendo di chiedere un’ulteriore stima adeguata alla natura del terreno oggetto di alienazione». Un danno erariale per il quale i due funzionari difesi (ovvio) dai vertici politici svp, potrebbero addirittura non pagare pegno. Fino ad aprile infatti, in attesa di altri rinnovi, è ancora in vigore lo scudo erariale temporaneamente introdotto per ragioni legate all’emergenza Covid e da allora prorogato e ri-prorogato a dispetto della Corte Costituzionale che ha sancito: poteva andare bene, ma non in eterno. Quindi, o viene dimostrata inconfutabilmente una corruzione o ciao. E l’abuso d’ufficio? Cucù: non c’è più.
Dolomiten | 13 febbraio 2025
p. 17
„Wir sollten da schon gut aufpassen“
Corriere delle Alpi | 25 febbraio 2025
p. 31
Righetto suona l'allarme «Dal clima all'overtourism è ora di sporcarsi le mani»
Nicolò Menniti Ippolito
Dopo i molti romanzi ambientati nelle montagne venete, Matteo Righetto ha scritto un libro in cui prevale la vena saggistica – di denuncia se si vuole – anche se le tracce narrative non scompaiono del tutto. "Il richiamo della montagna" (Feltrinelli, p. 128, 14 euro), da oggi in libreria, parla di clima e di overtourism, di mondo selvatico e antropocentrismo feroce, dei tempi lunghi della natura e del culto dell'istante della contemporaneità. Perché un saggio? «Per una urgenza culturale. Negli ultimi anni ho avvertito che intorno ai miei libri di narrativa andava creandosi una comunità di persone sensibili ai temi che affrontavo e questo mi ha spinto ad offrire a questi lettori, a queste lettrici anche le mie osservazioni, le mie riflessioni, perché non si può stare con le mani in mano, non si può lasciarsi andare al flusso mainstream che suggerisce agli scrittori di non esporsi, di limitarsi a raccontare storie. E la forma giusta per dire la mia era il pamphlet, per quanto ibridato, almeno nella prima parte, da elementi narrativi». Ci sono due eventi nel libro che fanno da perno: la tempesta Vaia e il collasso di una parte del ghiacciaio della Marmolada. «Sono due esempi eclatanti di come e di quanto siamo tutti fermi a osservare e giudicare gli effetti e mai a ragionare sulle cause dei problemi. Ci limitiamo al fatto in sé, ne parliamo per qualche giorno e non solleviamo mai la questione politica ed epocale che c'è dietro. Il riscaldamento globale sta cambiando il paesaggio, Vaia o il bostrico ne sono solo la manifestazione tangibile. Ma ancora più a monte c'è la perdita totale di una relazionecome dire - poetica con la terra. C'è la necessità di riscoprire un rapporto più profondo, più autentico con la bellezza di quello che sta intorno a noi e non possiamo dare mai per scontato che questa bellezza duri per sempre». Nell'indicare questo diverso rapporto con la natura spazi tra diverse culture. «In parte gioco in casa, perché Mario Rigoni Stern è stato un maestro nell'indicare la necessità di un limite e nel richiamare alla responsabilità nel rapporto con la natura. Ma anche Zanzotto e molti altri scrittori veneti hanno avuto questa sensibilità. Non volevo limitarmi alla invettiva, alla "pars destruens", così nella seconda parte del libro ho provato ad offrire una "pars costruens", ho indicato suggestioni, idee, sentieri che si rifanno a una sapienza antica che si trova in molte civiltà, da quelle dei nativi americani, a quella degli antichi norreni che abitavano le terre europee prima che questo continente venisse addomesticato. In comune queste culture hanno il senso di sacralità della natura, la percezione del "respiro" delle montagne, che in questo libro sono una sineddoche della terra intera, la parte per il tutto». Come recuperare questo rapporto? «Mettendoci in ascolto. Le migliaia di persone che vanno a Roccaraso, ma anche sui passi dolomitici, non si portano a casa niente, non fanno nessuna esperienza. Io chiedo a chi viene in montagna di fermarsi, di ascoltare il respiro, non cercare solo l'adrenalina individuale. Deve diventare un'esperienza di condivisione sociale, che mantenga il punto di vista sul bene comune». Come in alcuni romanzi ti soffermi sul valore del "selvatico" autentico, non di quello che cerca l'estremo. «Il selvatico, quello buono, ha a che fare con la capacità di riconoscersi in uno spirito antico, che possiamo assaporare inconsapevolmente in certi momenti a cui di solito non diamo un nome: quando sentiamo il bramito del cervo o l'ululato del lupo e ci vengono i brividi, oppure quando avvertiamo i profumi del bosco, quando mettiamo i piedi in un ruscello, quando arriva la prima neve. In quegli istanti torniamo a quell'antico spirito selvatico, non siamo più irregimentati dall'overtourism». Dopo molti anni di crescita però la sensibilità ecologica oggi si torna indietro. «È un rovesciamento completo della realtà, della natura delle cose, ma sono convinto che non potrà durare: chi grida tanto e sempre, poi perderà la voce. Più che il male del negazionismo, mi preoccupa il silenzio di chi ha una idea diversa, ma non va oltre la critica stando seduto sul divano di casa. L'intellettuale deve sporcarsi le mani». Matteo Righetto torna in libreria con "Il richiamo della montagna".
Corriere del Veneto | 25 febbraio 2025
p. 14, edizione Treviso – Belluno
L’urlo della montagna
«Agata guarda le case scoperchiate, i boschi schiantati, stesi a terra come i morti della Grande Guerra. Tutti gli alberi delle foreste di sopra, di sotto, tutt’intorno, sono spariti. Non ci sono più. Niente è come prima. Le ginocchia non la tengono in piedi». È lo sgomento dell’anziana Agata, «la vègia», per la devastazione della tempesta Vaia: in una notte 750mm di pioggia, con il vento che ha soffiato a 16o chilometri all’ora, «i boschi sono affogati in 160 milioni di metri cubi d’acqua, nelle Alpi orientali gli abeti rossi che si sono schiantati sono 16 milioni. Il più grande disastro climatico in Italia». E poi la tragedia della Marmolada il 3 luglio 2022, una porzione impressionante del ghiacciaio sotto Punta Rocca, si staccò causando 11 morti. E l’overtourism sulle montagne, che diventa Alpicidio , piste da sci, auto, elicotteri, aerei dappertutto, un assalto che soffoca e distrugge. Tragedie tra cambiamento climatico, business e violenza degli esseri umani, che stanno annientando natura e paesaggio. Riflette e analizza la questione lo scrittore Matteo Righetto nel nuovo libro Il richiamo della montagna (Feltrinelli, 128 pagine, 14 euro). Un saggio in cui la raffinata penna del romanziere lascia il posto alle considerazioni e la denuncia del filosofo di montagna, che tra quei boschi martoriati e le vette, ormai da anni ha deciso di viverci, li percorre, scruta, conosce e monitora. «Come possiamo tornare a instaurare con la natura dei monti un rapporto di reciproco beneficio e non più di sfruttamento? - si domanda Righetto - . La rivoluzione culturale più profonda, ecologista, deve affondare le radici nella spiritualità della montagna. Va ritrovata l’umanità, va ascoltato il richiamo della natura». La saggezza della gente dei monti aveva visto lungo. «Agata lo aveva sempre saputo...aveva capito che alle nostre montagne avevamo chiesto tanto, troppo e che è arrivato il momento di restituire loro qualcosa. Ma nessuno lo vuole intendere. Tutti troppo concentrati a fare soldi a scapito della natura, dei boschi, dei prati sempre più cementificati e puntellati dai piloni delle cabinovie. Ferraglia in assenza di neve». Righetto alterna il passo del trattato filosofico con dati da inchiesta e con la denuncia diretta delle responsabilità degli esseri umani. Agata «la vègia» diventa la coscienza e la testimonianza di quanto sta accadendo. «Se la Marmolada potesse parlare a politici, tour operator, alle aziende turistiche - scrive Righetto - direbbe: basta! Rendetevi conto della situazione, il mio dramma si sta riversando su di voi. Piantatela di litigare sui confini e sui soldi delle piste da sci che ancora volete realizzare sulla mia schiena spezzata e martoriata. Soccorrete me e le altre montagne. Datemi sollievo... alzate la voce per ergermi a simbolo di lotta e resistenza al riscaldamento globale». Le
responsabilità secondo lo scrittore sono chiare, una politica scellerata e una cultura pluridecennale di consumo e consumismo del suolo, in cui la montagna è vista solo come luogo dove il turismo di massa si riversa volgare e infestante. «Sport spinto e disturbante per gli animali del bosco, frastuono, traffico, motociclisti sui passi dolomitici scambiati per circuiti da corsa, droni ovunque, inquinamento, inciviltà, sfruttamento di boschi, prati, vallate e sentieri». E l’overtourism, l’assalto incivile. «Chi intasa i passi con auto e moto, chi esce dai sentieri e scorrazza con le e-bike dove nidifica il gallo forcello o la pernice bianca... andiamo avanti così, chiudendo gli occhi di fronte a un vero e proprio Alpicidio e alla devastazione morale e ecologica che sta per travolgerci». Matteo Righetto passa molto tempo tra quelle montagne, camminando tra boschi e vette, osserva, prende nota. Un attivismo pro natura che nel libro diventa militante, accanto al racconto lo scrittore scende in campo con la denuncia. «Impegno civile per prendermi cura di un territorio che amo», lo definisce Righetto, che dal 2023 è anche presidente del Cai di Livinallongo-Santa Lucia.