R A S S E G N A S T A M P A
MARZO 2025
CORSO DI FORMAZIONE IN COLLABORAZIONE CON OCSE: TRE GIORNI PER IL FUTURO DELLE DOLOMITI
Trentino | 28 febbraio 2025
https://www.giornaletrentino.it/montagna/il-futuro-delle-dolomiti-le-sfide-per-uno-sviluppo-sostenibile-1.4010179
Il futuro delle Dolomiti: le sfide per uno sviluppo sostenibile
A maggio tre giornate di confronto, a Trento, organizzate dal Centro Ocse, in collaborazione con la Fondazione Dolomiti Unesco […]
Lo Scarpone | 4 marzo 2025
https://www.loscarpone.cai.it/dettaglio/tre-giorni-per-il-futuro-delle-dolomiti-a-maggio-il-confronto-su-sviluppo-e-sostenibilit%C3%A0/
Tre giorni per il futuro delle Dolomiti: a maggio il confronto su sviluppo e sostenibilità
di Gian Luca Gasca
A Trento dal 7 al 9 maggio il Centro OCSE – Organisation for Economic Co-operation and Development, in collaborazione con la Fondazione Dolomiti UNESCO nell’ambito della Rete della Formazione e della Ricerca Scientifica, coordinata dalla Provincia autonoma di Trento attraverso TSM|STEP Scuola per il Governo del Territorio e del Paesaggio, organizza un’iniziativa di capacity building dal titolo: "Pronti per il futuro: opportunità e sfide per lo sviluppo sostenibile nel Sito delle Dolomiti Patrimonio Mondiale UNESCO".
2025: L’ANNO DEI GHIACCIAI
Corriere del Trentino | 19 marzo 2025
p. 10
L’anno dei ghiacciai
Il Muse per il clima
I ghiacciai sono le «sentinelle del clima», ma anche memoria storica, riserva idrica, elemento paesaggistico in grado di influenzare il pensiero culturale e artistico di popolazioni di ogni parte del mondo. E stanno scomparendo. Per questo il 2025 è stato nominato l’Anno Internazionale per la Conservazione dei Ghiacciai. Da venerdì, Giornata mondiale dei ghiacciai, il Muse, Museo delle Scienze di Trento, darà il via a una programmazione lunga nove mesi, dedicata alle trasformazioni climatiche e eco-sociali legate alla scomparsa dei ghiacciai. «Il Muse non è solo un museo - spiega il direttore Massimo Bernardi - ma anche un centro di ricerca e istituzione culturale il cui obiettivo è contribuire alla conoscenza e al dibattito sociale sull’importanza fisica e simbolica dei ghiacciai. I musei hanno il potere di trasformare la conoscenza in azione: per questo nasce questo programma di attività multidisciplinari, accessibili e coinvolgenti». Dalla ricerca scientifica alle mostre, dalle attività educative ai cicli di proiezioni cinematografiche, gli incontri ed eventi a tema saranno più di 80 fino a dicembre, estesi in tutta la rete del Muse, per coinvolgere le persone a riflettere. La divulgazione scientifica sulla crisi climatica deve coincidere con un nuovo modo di pensare, che metta al centro l’intero ecosistema. La programmazione inizia con il nuovo allestimento nello spazio Agorà del Muse intitolato Dal ghiaccio a noi. Le ricerche Muse sui ghiacciai nell’Antropocene , che partendo dalle motivazioni che hanno spinto le Nazioni Unite a dichiarare il 2025 Anno Internazionale per la Conservazione dei Ghiacciai arriva a riflettere sulle conseguenze che la scomparsa dei ghiacciai avrà sulle vite di tutte e tutti. L’allestimento si trasformerà anche in un palcoscenico per i «Dialoghi sul ghiaccio», calendario di appuntamenti dedicati alla storia, all’evoluzione e al futuro dei ghiacciai. E poi spiritualità, storia bellica, produzione di energia idroelettrica e le «vite al limite» degli ecosistemi glaciali. «Nell’immaginario collettivo il concetto di ghiacciaio è associato a qualcosa di immutabile e fermo - riflette Valeria Lancioni, la coordinatrice di Ricerca Clima Ecologia del Muse -. Ma non è così. Non solo esistono organismi che necessitano della presenza del ghiacciaio per vivere, ma la progressiva fusione può portare alla riemersione di altri microorganismi, ordigni bellici, composti chimici. Potrebbero essere forme di vita sconosciute, o inquinanti di cui conosciamo perfettamente la pericolosità come il Ddt. Per questo lo scioglimento dei ghiacciai ha conseguenze che toccano ogni aspetto della vita umana». Altro momento atteso è la mostra dedicata a
Sebastião Salgado, dal titolo Ghiacciai che vede la collaborazione tra il Muse, il Mart e il Trento Film Festival, nella sede del Museo delle Scienze di Trento, inaugurazione il 12 aprile. Tra gli eventi anche una rassegna cinematografica in collaborazione con Harpolab, cicli di incontri con esperti e ricercatori in partnership con Sat, la programmazione di eventi per la fascia di popolazione più giovane come Muse Fuori orario e i Party per famiglie declinati con attività a tema, spettacoli teatrali e molto altro. A cui si aggiungono le iniziative nella sede territoriale del Museo geologico delle Dolomiti, a Predazzo. Una realtà tanto complessa come quella dei ghiacciai merita una rete di collaborazioni altrettanto estesa, la sinergia è tra Dipartimento Protezione civile, foreste e fauna, Sistema Bibliotecario Trentino, Comune di Trento, Servizio sviluppo sostenibile e aree protette e Agenzia Provinciale per la protezione dell’ambiente della Provincia autonoma di Trento, più una quantità di enti di ricerca, musei, università e associazioni di varia natura.
Alto Adige | 20 marzo 2025
p. 19
Poca neve e temperature elevate: l’acqua c’è, ghiacciai in sofferenza
DAVIDE PASQUALI
BOLZANO
Domani termina l’inverno e si festeggia la giornata mondiale dell’acqua e dei ghiacciai. Ma come siamo messi, in Alto Adige? Quanto a precipitazioni ci siamo salvati per il rotto della cuffia con l’ultimo weekend e con il prossimo. Temperature però più alte della media di 1-1,5 gradi in inverno. Niente emergenza idrica, ci salvano ancora le abbondanti precipitazioni del 2024. I ghiacciai invece restano a forte rischio. Per il rotto della cuffia «L’anno scorso - così Dieter Peterlin del meteo provinciale - era molto piovoso fino a settembre/ottobre. Poi da novembre è cambiato tutto: inverno abbastanza secco. Solo di recente tante precipitazioni. Un inverno più secco ma non eccezionalmente secco; poi la settimana scorsa tante precipitazioni, perciò siamo più o meno in linea, nella media». Però comunque è stato un inverno poco nevoso. «In montagna ora c'è abbastanza manto, anche un metro di neve fresca». Ha nevicato dappertutto soprattutto nelle zone di Stau: val Sarentino, val Ridanna, Brennero, val Passiria, meno a ovest in Venosta e a est in Pusteria. «Quindi precipitazioni in media, temperature però in inverno in media sempre più alte di 1 o 1,5 gradi. Al di là delle nevicate primaverili, spiega, «per i ghiacciai sono molto più importanti le temperature che le precipitazioni. Potrebbe anche fare una bella nevicata d'inverno, però se le temperature poi sono alte, quella neve scompare subito. Meglio temperature basse che tanta neve. Naturalmente anche tanta neve è buono per i ghiacciai, però il focus sta più nelle temperature». Comunque sia, conclude, «altre precipitazioni sono previste da questo fine settimana, il meteo cambierà di nuovo». Risorse idriche salve Come va invece con le risorse idriche? «L'inverno - così Roberto Dinale, direttore dell’ufficio idrologia e dighe della Provincia - non è stato particolarmente ricco di precipitazioni. Ma tenuto conto dell'ultimo evento e dell'evento che c'era stato anche verso fine gennaio, tutto sommato siamo rientrati in media rispetto alla quantità d'acqua stoccata sotto forma di neve». Fino a un paio di settimane fa c'era un po' di preoccupazione: «Direi che questa al momento è rientrata e stiamo un pochino in una situazione di un fine inverno abbastanza normale rispetto quantomeno a disponibilità di neve. Idem per quanto riguarda anche l’acqua nei bacini artificiali, dove in media il riempimento è leggermente maggiore rispetto a quello tipico di questo periodo, forti anche di un 2024 che era stato molto molto piovoso, soprattutto per la parte centrale dell'anno, ossia la primavera e l'estate. Le stesse acque sotterranee sono nella norma, quindi tutto sommato quel po’ di preoccupazione legata soprattutto alle temperature, fino adesso elevate, è rientrata». Ora ha nevicato soprattutto dalla media montagna in su, prosegue, «e questo anche nelle regioni che ci stanno a valle, quindi anche in Trentino e in Veneto, dove le montagne sono mediamente più basse; loro chiaramente risentiranno un po’ di più di questo tipo d'inverno, noi tutto sommato abbiamo ricevuto un po’ più di neve e siamo un po’ più tranquilli che non magari negli ultimi anni, dove la questione siccità era sempre stata all'ordine del giorno, soprattutto nel ’22-’23. Veramente avremo bisogno comunque di ulteriori precipitazioni nei prossimi mesi, ma se facciamo il punto della situazione oggi, siamo abbastanza nella norma». Ghiacciai in panne Questo vale per le risorse idriche, «invece - va oltre - per i ghiacciai temperature più alte e poche precipitazioni in tardo autunno e inverno pesano o comunque rischiano di pesare abbastanza». Però, come detto, «essendo un po’ rientrata anche la questione della neve in quota, sicuramente anche sui ghiacciai abbiamo avuto un accumulo a tratti fino a un metro». Questo dà un po' di respiro. «Per contro sappiamo che la stagione in qualche modo determinante per i ghiacciai è l'estate, perché insomma un po’ di neve in più o in meno non fa di solito differenza, diverso è il discorso riguardo alle temperature». Quindi quello che si può dire «è che andrà magari a concludersi con qualche altra precipitazione; adesso in aprile tipicamente sui ghiacciai ancora nevica, quindi la stagione potrebbe chiudersi in media anche per l’accumulo glaciale». Però, conclude, «un accumulo nella media vuol dire sicuramente un bilancio di massa negativo a fine estate, dovuto alla forza termica. Quindi diciamo: abbiamo avuto un inverno normale che vorrà dire anche un’estate quantomeno mediamente normale per quanto riguarda le perdite di massa glaciale, che negli ultimi anni sono sempre state significative».
Corriere delle Alpi | 21 marzo 2025
p. 8 e 9, segue dalla prima
Ghiacciai ridotti: emergenza idrica
Sulle Dolomiti perso un volume d'acqua pari a 15 volte il lago di Auronzo
Dal 1980 a oggi i ghiacciai delle Dolomiti hanno perso il 56% della loro superficie. Addio a 105 milioni di tonnellate di ghiaccio. Addio a una riserva d'acqua di oltre 94,5 miliardi di litri: 15 volte il lago di Auronzo. Negli anni 50 le Dolomiti avevano 33 ghiacciai: oggi ne sono rimasti solo nove. È emergenza. Proprio per questo, da oggi, il 21 marzo è la Giornata Mondiale dei Ghiacciai che, come ricorda il professor Barbante, «Sono destinati a sparire». Dal mas e berlinghieri / PAGine 8 e 9.
Dal 1980 ad oggi solo i ghiacciai delle Dolomiti hanno perso il 56% della loro superficie. Sono stati cioé persi 105 milioni di tonnellate di ghiaccio. È venuta meno una riserva d'acqua di oltre 94,5 miliardi di litri, pari alla scomparsa di un decimo del lago di Garda, pari a 15 volte la scomparsa del lago di Auronzo. Alla fine degli anni 50 le Dolomiti avevano 33 ghiacciai: oggi di attivi ne sono rimasti solo nove. È una emergenza. Proprio per questo l'assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 21 marzo Giornata Mondiale dei Ghiacciai e il 2025 Anno Internazionale per la Conservazione dei Ghiacciai. Giornata che è occasione di analisi, riflessioni, proposte e nuove iniziative finalizzate alla preservazione di questo particolare patrimonio. Negli ultimi 40 anni sempre i ghiacciai delle Dolomiti hanno perso un volume pari a 0,105 gigatonnellate, 105 milioni di tonnellate si diceva, di cui 22 milioni, quindi un quarto, tra il 2010 ed il 2013. C'è di che preoccuparsi? «Di più» afferma Andrea Securo, dell'Università di Trieste, che ha coordinato il lavoro di 9 esperti che hanno indagato l'involuzione delle superfici ghiacciate delle Dolomiti bellunesi per un triennio e che pubblicheranno lo studio a giorni. I ricercatori delle università Ca' Foscari e Roma Tre, del Cnr, del Comitato Glaciologico e di altri istituti hanno ricostruito gli ultimi 40 anni di scioglimento dei ghiacciai nella regione delle Dolomiti, concludendo che dal 1980 è stato perso il 56% della superficie. E il volume complessivo che si è esaurito significa, in sostanza, che le Dolomiti non dispongono di 94,5 miliardi di litri d'acqua, la riserva che avevano più di 40 anni fa. «La verità è che la neve caduta resta sotto la media» analizza Securo, «Più di un metro in meno prima delle recenti precipitazioni. È difficile dire ora quale contributo darà. Ma la preoccupazione resta elevata». Alla fine degli anni 50 le Dolomiti ospitavano 33 ghiacciai, di cui solo 9 sono ancora attivi; due di questi sono stati suddivisi in porzioni più piccole. Ebbene, secondo le rilevazioni in corso e le proiezioni, tutti i ghiacciai delle Dolomiti sono destinati a scomparire, perché non hanno possibilità di alimentarsi. È vero che corpi minori potrebbero resistere sotto la copertura dei detriti diventando da glaciale a periglaciale, e magari dimostrandosi più resilienti in un clima che si riscalda. Ma gli esperti prevedono che alla fine scompariranno. In 40 anni, ad esempio, lo stesso baricentro dei ghiacciai analizzati da questi studiosi sulle Dolomiti è sprofondato di 28,7 metri, di cui il 33% tra il 2010 e il 2023. Si tenga presente, comunque, che il 66% dell'intera perdita di volume è dovuto al solo ghiacciaio della Marmolada. L'inventario più recente disponibile per i ghiacciai italiani (Smiraglia, 2015) riporta che 51 corpi glaciali erano presenti sulle Dolomiti nel 2009, per una superficie complessiva di 5,04 chilometri quadrati, pari all'1,4% della superficie totale dei ghiacciai italiani. Ma, attenzione: 13 erano classificati come ghiacciai montani mentre 38 venivano considerati chiazze di neve o ghiaccio. La situazione nell'ultimo decennio si è aggravata e oggi in Veneto troviamo il Popera Alto, il Popera Pensile, il Cristallo, il Sorapiss Occidentale, l'Antelao Inferiore, l'Antelao Superiore, La Marmolada (Principale, Punta Penia, Ovest, Centrale), il Fradusta (Superiore ed Inferiore), il Travignolo. L'Arpav monitora costante i ghiacciai per considerarne quella che permane una progressiva involuzione. Una vigilanza finalizzata alla possibile prevenzione rispetto ad eventuali emergenze. Arpav gestisce infatti un proprio data base che viene costantemente aggiornato sia attraverso l'acquisizione di dati di rilevamenti svolti da vari enti, sia attraverso l'effettuazione di rilievi diretti. Nell'ultimo anno si è dato inizio a una serie di rilievi con droni di alcuni apparati periglaciali. Arpav partecipa inoltre al gruppo di lavoro sul rischio di dissesto in ambienti glaciali e periglaciali istituito dal dipartimento nazionale di Protezione civile. Nei mesi scorsi ad Arabba i tecnici dell'agenzia hanno infatti condotto rilievi con droni su alcuni siti di rilevanza per la criosfera, cioè la superficie coperta da neve, ghiacciai e permafrost. In particolare, sono stati monitorati ghiacciai, colate detritiche (debris flow), ghiacciai rocciosi (rock glacier) e depositi di glacionevato (dead ice). I siti sono stati scelti considerando il rischio di dissesto e la rilevanza per il monitoraggio climatico. Per le misure, i tecnici Arpav hanno utilizzato il drone in dotazione al centro di Arabba e un drone equipaggiato con sensore Lidar, che usa impulsi laser per misurare distanze con precisione, creando mappe tridimensionali dell'ambiente. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Evaporati 105 milioni di tonnellate di ghiaccio: sono passati da 33 a nove lo studio sulle masse ghiacciate dei gruppi montuosi delle alpi orientali Addio a una riserva d'acqua di oltre 94,5 miliardi di litri, pari a 15 volte il lago di Auronzo.
Gazzettino | 21 marzo 2025
p. 27, edizione Belluno
Il deficit di neve a oggi sfiora il 40% e rispetto ai dati storici meno 57%
I DATI BELLUNO
Un terzo in meno sulle Dolomiti, quasi la metà in meno sulle Prealpi. E qui nel Bellunese va anche meglio della media nazionale che nel bilancio idrico nivale dell'Italia segna un meno 57% rispetto alle medie storiche. LA FOTOGRAFIA Nel Bellunese, come spiega Arpav nel suo report, a febbraio sono caduti mediamente 50-65 centimetri a 2000 metri nelle Dolomiti e 65-85 centimetri di neve a 1600 metri nelle Prealpi. Dall'inizio della stagione invernale il deficit di precipitazione nevosa è ancora del 34% nelle Dolomiti (-130 centimetri circa di neve fresca) e del 38% nelle Prealpi (-100 centimetri). La copertura nevosa sulla montagna veneta (SCA-Snow Cover Area), il giorno 3 marzo era giudicata discreta anche a seguito delle nevicate dei giorni precedenti ed è stimata in 2050 km2, circa il 45% del territorio montano veneto. La densità della neve in quota è, mediamente, di 240-270 kgm-3, «leggera per il periodo a causa della mancanza della neve di inizio inverno». IL REPORT A tinte fosche il report di Fondazione Cima che segnala le «poche luci e molte ombre sulla risorsa idrica nivale. L'inverno dovrebbe essere il periodo in cui la neve si accumula, raggiungendo il suo picco
tra la fine di febbraio e la meta di marzo secondo i dati storici, costruendo una riserva d'acqua importante per la primavera e l'estate, ma la realta che emerge dai dati attuali e ben diversa». Il bilancio idrico nivale dell'Italia infatti si mantiene in negativo, con un deficit nazionale dello Snow Water Equivalent (Swe) pari al -57% rispetto alle medie storiche. Questo valore riflette una tendenza in corso da diversi anni, segnalando una progressiva riduzione della disponibilità di neve. La fusione precoce della neve e direttamente influenzata dall'aumento delle temperature, con conseguenze dirette sulla disponibilità idrica per i mesi successivi. L'inizio della stagione e stato incerto: un novembre insolitamente secco ha ritardato la formazione del manto nevoso, privando le montagne della solida base su cui normalmente si accumula la neve nei mesi successivi. Dicembre ha tentato di correggere questo squilibrio con alcune precipitazioni, ma le ripetute ondate di calore hanno compromesso significativamente questo accumulo. Nei primi due mesi dell'anno, poi, il panorama e cambiato nuovamente. Gennaio ha portato nevicate abbondanti su parte delle Alpi, alimentando la possibilità di un parziale recupero. Tuttavia, febbraio non ha sostenuto le speranze: temperature superiori alla media hanno accelerato il processo di fusione, soprattutto a media e bassa quota.
Gazzettino | 21 marzo 2025
p. 27, edizione Belluno
«Lanciai l’allarme già 33 anni fa: ora è troppo tardi»
L'ESPERTO BELLUNO
«Il ghiacciaio della Marmolada ha 30 anni di vita, ed è l'esempio emblematico della tragedia glaciologica che sta succedendo». A dirlo è il geologo e glaciologo Franco Secchieri, che nella sua lunga carriera ha svolto ricerche per diverse amministrazioni pubbliche e ha collaborato con il Comitato Glaciologico Italiano per la stesura del nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani. Per conto di Arpa Veneto ha iniziato nel 1999 il monitoraggio glaciologico delle Dolomiti, ed è componente del Comitato Glaciologico Italiano, membro della International Glaciological Society e nel 1992 ha fondato il Servizio Glaciologico del Cai Alto Adige, di cui è Responsabile Scientifico. «Le valutazioni da terra assieme a quelle aeree negli ultimi 40 anni mostrano come in questi anni il ghiacciaio si sia frammentato in prospettiva scomparsa - spiega il glaciologo -. Inizialmente copriva tutto il versante settentrionale del monte, mentre a oggi sono rimaste una serie di placche destinate a ridursi col tempo». PRECURSORE Il 2025 è l'anno internazionale della conservazione dei ghiacciai, proclamato dalle Nazioni Unite con l'obiettivo di sensibilizzare la società sul ruolo essenziale dei "giganti bianchi" nel sistema climatico e idrologico, e la sentenza della futura scomparsa del ghiacciaio della Marmolada pare inappellabile, alla luce di due fattori. «Nelle mie pubblicazioni ho inserito quasi sempre un articolo pubblicato su Il Gazzettino 33 anni fa nel quale lanciai già allora allarme per i ghiacciai, ma allora non ci badava nessuno - afferma l'esperto -. Il bilancio glaciologico di questi ultimi anni però parla chiaro. La massa di neve è minore e al contempo aumenta la temperatura; queste due condizioni insieme fanno sì che diminuiscano le masse gelate». I FATTORI Ed entra nel dettaglio: «Cade meno neve in inverno, e quella della primavera è più calda e quindi non ha il tempo di trasformarsi in nevato, ovvero quella che ha una difesa maggiore alle radiazioni solari; in primavera anche se cadono quattro metri di neve questa in un mese se ne va. Il secondo fattore, ma il principale, è l'innalzamento delle temperature estive con lo zero termico che sale anche oltre i 4000 metri, ma anche quelle invernali hanno il loro peso. Le condizioni favorevoli al glacialismo superano i 3000 metri di quota e quindi le montagne che stanno sotto vedono le masse di ghiaccio estinguersi». LE CONSEGUENZE La progressiva riduzione dei ghiacciai porta conseguenze anche verso la pianura riguardo la minor disponibilità di risorse idriche estive, ma è anche motivo di variazione nel paesaggio, portando anche rischi idrogeologici. «Le riserve d'acqua che diminuiscono e quindi l'alimentazione dei fiumi con tutte le conseguenze - prosegue Secchieri -. Le portate d'acqua dell'Adige e del Po del 2021 e 2023 hanno visto condizioni addirittura di secca nel mese di luglio e agosto con tutte le criticità del cuneo salino. Ma c'è anche un aspetto paesaggistico che sta cambiando rapidamente e la Marmolada è esempio emblematico di questo». «Aumentano anche le frane perché si scioglie il permafrost, ovvero il terreno gelato e altre cose di questo genere. Non è improvvisa la scomparsa dei ghiacciai, ma la riduzione è in atto da tempo, e anche se qualcuno dei prossimi inverni fosse più nevoso, il bilancio glaciologico non cambierebbe in quanto l'unità di misura temporale è trent'anni, in quanto il clima ha tempi molto lunghi». INARRESTABILE Lo sci estivo in Marmolada è già un lontano ricordo, mentre si è tentato in passato l'esperimento di conservare la neve con dei teloni. «Tutti i glaciologi concordano nel dire che quest'ultima misura non serve a nulla - conclude Secchieri -. I cinesi stanno tentando di ricostruire i ghiacciai sparando acque, ma ciò ha costi elevati e che quindi non trovano il beneficio. Anche il futuro dello sci al di sotto dei 2000 metri è destinato a cambiare, considerando che serve acqua anche per la produzione di neve programmata». Claudio Fontanive © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corriere del Trentino | 21 marzo 2025 p. 6
«Ghiacciai in via di estinzione» L’allarme di enti e associazioni
Ma. Gio. TRENTO
Il messaggio ha il sapore dell’sos: «I grandi giganti bianchi, a causa della crisi climatica e delle alte temperature, arretrano di anno in anno e con loro rischiamo di perdere la più grande riserva d’acqua del pianeta». Alla vigilia della Giornata internazionale dei ghiacciai che si celebra oggi Cai, Comitato glaciologico italiano, Cipra Italia, Legambiente ed European Mountaineering association lanciano il «Manifesto europeo per una governance dei ghiacciai e delle risorse connesse». Mettendo nero su bianco la situazione attuale del manto in quota, ma anche le azioni da promuovere per provare ad arginare l’impatto del cambiamento climatico. Un documento, quello presentato ieri a Milano, a cui hanno aderito anche sessanta enti di ricerca, ong, organizzazioni, tra cui il Museo delle scienze di Trento e il Progetto «Rock-me» (Gect Tirolo, Alto Adige, Trentino). E che poggia sui dati elaborati da Legambiente nel report «Sos ghiacciai», diffuso ieri. «Dal 2000 al 2023 si legge la maggior perdita relativa di ghiaccio si è verificata nelle regioni con una piccola area glaciale (cioè minore di 15mila chilometri quadrati)». Guardando ai ghiacciai alpini, prosegue il report, «ad oggi si registra la perdita di almeno un terzo della massa e con l’incremento delle temperature previsto entro il 2050 tutti i corpi glaciali al di sotto dei 3.500 metri di quota saranno scomparsi». Dopo l’estinzione del ghiacciaio di Flua in Valsesia, ora si guarda ai prossimi: e quelli «destinati a scomparire» sono la Marmolada e l’Adamello. Di qui gli imperativi indicati nel Manifesto. Il primo: «Ridurre le emissioni di gas serra limitando il riscaldamento globale a 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali». Il secondo: «Aumentare le azioni di adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici». Per raggiungere gli obiettivi, il documento fissa delle azioni comuni, delle quali le associazioni si fanno garanti: quattro da mettere in programma a livello europeo e quattro a livello generale. Per quanto riguarda le azioni europee, si parte con la necessità di «creare un sistema europeo di monitoraggio del rischio criosferico, favorendo la condivisione di esperienze maturate a livello locale e regionale». Ancora, si punta a «istituire una rete multidisciplinare di competenze da condividere», ma anche a «valorizzare gli strumenti e le politiche internazionali per la mitigazione e l’adattamento alla crisi climatica nelle aree glaciali europee» e a «sostenere la leadership e il ruolo guida dell’Europa a livello globale, orientando le scelte dell’Unione europea verso la tutela degli ambienti glaciali». A livello generale, i promotori del manifesto insistono sulla necessità di «sostenere il valore e la protezione dei ghiacciai e del permafrost», di «collaborare con università, centri di ricerca e scuole per sensibilizzare i cittadini», di «istituire spazi di confronto» e di «promuovere e mettere in rete le esperienze».
Corriere delle Alpi | 22 marzo 2025
p. 18
Ghiacciaio della Marmolada malato grave In 137 anni persi 162 milioni di litri
FDM
ROCCA PIETORE
Sono 162 milioni i litri di acqua persi in 137 anni dal ghiacciaio della Marmolada, pari a circa due laghi del Centro Cadore. Per celebrare la Giornata dei Ghiacciai, che si colloca all'interno dell'Anno Internazionale della loro protezione lanciato a Ginevra dall'Unesco e dalla World Meteorological Organization (WMO), la Fondazione Dolomiti Unesco ha pubblicato un numero speciale della Newsletter interamente dedicato ai ghiacciai delle Dolomiti Patrimonio Mondiale, grazie alla collaborazione del professor Alberto Carton, geomorfologo dell'Università di Padova e membro della Rete del Patrimonio Geologico della Fondazione. MENO NEVE «Nel 2023 la Marmolada aveva perso 3 metri di neve, l'anno scorso un po' meno, ma quest'inverno il deficit è di nuovo grave. Vediamo quanto resterà delle ultime precipitazioni. Un bilancio, in ogni caso, si fa alla fine perché può nevicare anche in piena primavera». Lo fa sapere l'ingegner Mauro Gaddo, che dirige il MeteoTrentino e ieri ha relazionato sulla Marmolada ad un convegno svoltosi a Roma, assicurando che dopo la tragedia con le 11 vittime «il monitoraggio continua, ma verrà meglio strutturato nel prossimo futuro, perché non si è ancora capito, ad anni di distanza e di analisi, perché sia caduto quel blocco di ghiaccio anziché qualche altro». NON È UN SOLO GHIACCIAIO Quando si parla della Marmolada bisogna tener conto che la montagna è frantumata in quattro ghiacciai, un tempo erano il doppio. Nel 1888 la massa glaciale copriva un'area di 4,28 km quadrati, nel 2018 si era ridotto a 1,48Km quadrati. Pari ad una riduzione del 66% della superficie, che oggi è arrivata al 72%, mentre il volume si è contratto dell'89%, da 181 milioni di metri cubi a 19 milioni. «Si pensi che dal 1971 al 2015 le fronti sono retrocesse di diverse centinaia di metri, anche di 650 nella parte centrale. A partire dagli anni 2000 il tasso medio di ritiro è aumentato passando dai 3,94 metri l'anno (nel periodo dal 1880 al 2000) ai 31,95 negli ultimi 20 anni», specifica Canton. Fino a 60 anni fa la Marmolada era articolata in 8 ghiacciai. Da allora ad oggi alcuni sono scomparsi, mentre altri si sono frazionati. «Durante la prima guerra mondiale il ghiacciaio era sufficientemente profondo da ospitare gallerie e difese sotterranee e accoglieva circa 300 soldati austro ungarici nella ben nota Città di Ghiaccio», ricorda ancora Canton. Nel 2004 lo spessore medio del ghiaccio era di 18 metri, con un massimo vicino ai 50 metri. Solo 10 anni più tardi, lo spessore medio si contraeva a 12,9 metri e quello massimo neppure a 40. Nello stesso periodo di tempo l'area coperta si è ristretta del 22%. Con questi ritmi la scomparsa è datata al 2050. NON SOLO MARMOLADA Il lavoro scientifico del prof. Carton prende in esame la storia del glacialismo dolomitico, ripercorre gli studi che dalla fine del XIX secolo hanno iniziato a delinearne il quadro evolutivo e arriva fino a tracciare le caratteristiche dei ghiacciai e dei glacionevati che sono presenti nei nove Sistemi delle Dolomiti Patrimonio Mondiale e che sono segnati dalla riduzione di superficie e di volume dovuta al processo di fusione in corso. Se un paragrafo è dedicato al caso specifico della Marmolada, molto interessante è anche l'indicazione dei possibili itinerari glaciologici sulla Marmolada, sulle Pale di S. Martino e sull'Antelao. Vengono analizzati anche i ghiacci del Sorapiss e del Pelmo. Per la Fondazione Dolomiti Unesco, questo è «un modo per contribuire alla conoscenza e alla divulgazione scientifica sullo stato dei ghiacciai delle Dolomiti e per continuare a stimolare la riflessione su tutto ciò che, insieme ai ghiacciai, stiamo perdendo a causa dei cambiamenti climatici». POSTER INFORMATIVI In occasione della Giornata mondiale dei ghiacciai, la Provincia di Trento ha installato poster informativi ai piedi di quattro ghiacciai per
evidenziarne l'evoluzione tramite immagini storiche, tra cui la Marmolada. «Vogliamo sensibilizzare la comunità locale e i visitatori sul valore unico dei nostri ghiacciai, che rappresentano una risorsa naturale fondamentale per l'equilibrio delle nostre montagne», evidenzia l'assessore provinciale all'ambiente, Giulia Zanotelli. «Le immagini documentano l'evidente riduzione dei ghiacciai». fdm
L’Adige | 22 marzo 2025 p. 39
È l’anno dei ghiacciai Le iniziative del Parco
GIULIANO BELTRAMI
CARISOLO
"Ghiacciai - il futuro dei ghiacciai perenni nelle nostre mani". È il titolo della mostra inaugurata ieri pomeriggio alla Casa del Parco Geopark di Carisolo e realizzata dal Muse assieme a numerosi partner locali. Che sia una mostra importante lo dice la tempistica anomala della sua apertura. Sarà visitabile infatti fino al 30 settembre ogni mercoledì dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 17 e ogni venerdì dalle 14 alle 17; inoltre mercoledì prossimo, 26 marzo, venerdì 4 e mercoledì 23 aprile dalle 18 alle 20, nell'ambito degli appuntamenti di Libriamoci. Come spiegano al Parco, «è composta da pannelli in plexiglass che offrono una visione complessiva dello stato dei ghiacciai nel mondo, e da un estratto del docufilm ‘Il canto del ghiaccio’, visibile in loop». Rimanendo nelle mostre, in collaborazione con il Parco fluviale della Sarca verrà allestita presso la Casa Acqua Life a Spiazzo la mostra dedicata al fiume Sarca dal titolo “Sottosopra - in viaggio con la Sarca”, con visite guidate e attività per famiglie. Il Parco ospiterà inoltre la mostra curata dalla Fondazione Dolomiti Unesco sul Geotrail, intitolata “Dolomiti in cammino nella geologia della meraviglia”. Dolomiti, Sarca... Comunque sia, tutto nasce dal ghiacciaio. Per questo nel corso del 2025 verranno organizzate escursioni tematiche guidate a cadenza settimanale assieme al personale del Parco, uno o più trekking più impegnativi (di due giorni) per conoscere il ghiacciaio dell’Adamello-Mandrone (nella foto, il più esteso dell’arco alpino) e il ghiacciaio d’Agola, con pernottamento al rifugio Mandron e Dodici Apostoli. Senza dimenticare le serate divulgative sul tema “I ghiacciai del Parco” in varie località dell’area protetta. Non mancheranno gli incontri per la presentazione del docufilm “Il canto del ghiaccio” con gli esperti del Parco, assieme ai colleghi della Sat, del Muse e degli altri enti che hanno collaborato alla realizzazione del progetto. Un estratto del film, “L’estate del Lares”, sarà visibile, oltre che al Muse, nell’ambito della mostra sui ghiacciai allestita a Carisolo. Infine verrà presentato al pubblico il database geomorfologico del Geoparco, «strumento fondamentale - per dirla con il Parco - per la conoscenza della geologia del Parco e quindi anche dei suoi ghiacciai e propedeutico alla realizzazione della Carta geomorfologica del Parco». Formazione e didattica. Nel 2025 prenderà il via un nuovo progetto formativo rivolto alle scuole superiori sul tema dei ghiacciai, che farà perno sul rifugio Mandrone. «Attraverso un percorso dinamico dal fondovalle all’alta quota gli studenti e i loro insegnanti impareranno a riconoscere i segni indelebili lasciati sul territorio dagli imponenti ghiacciai che hanno dominato la zona nei secoli passati, e che ora, a causa degli effetti del cambiamento climatico, stanno rapidamente scomparendo». I ghiacciai, tesori in via di estinzione. Saperlo è importante, ma non è sufficiente. Bisogna proteggerli, minacciati come sono dallo scioglimento causato dall’innalzamento delle temperature. Proteggerli significa preservare una delle ricchezze più importanti del Trentino: la risorsa idrica. Serve ricordare l’uso in casa, in campagna e nella produzione di energia idroelettrica? «Proteggerli - affermano al Parco - significa pure tutelare la biodiversità montana, la stabilità dei suoli e contribuire alla regolazione del clima a livello locale. I ghiacciai svolgono un ruolo chiave nella ricerca scientifica, cui il Parco tiene molto». Insomma, l’appello alla tutela dei “giganti bianchi” è accorato e soprattutto inevitabile. E chissà se saremo ancora in tempo.
Corriere del Veneto | 22 marzo 2025
p. 2, edizione Treviso – Belluno
Frenata sulle infrastrutture a Nordest «In ritardo A4 e treno per l’aeroporto»
M. Za.
Venezia
Confindustria prende la temperatura alle infrastrutture del Nord Italia e il Veneto fa decisamente la parte del leone. Dal quadruplicamento dei binari per l’Alta velocità agli hub portuali, dai potenziamenti autostradali al treno per l’aeroporto a Venezia gru ed escavatrici stanno lavorando sodo. Lo certifica l’annuale Osservatorio Territoriale Infrastrutture (Oti) con Fondazione Nord Est. Il macro dato nordestino è che nel 2024 l’83% degli interventi monitorati è avanzato, sì, ma accumulando del ritardo rispetto al rispetto dei cronoprogrammi nel corso dell’anno precedente. In sostanza nel 2024, il 66,7% dei lavori per le grandi infrastrutture in Veneto, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige è proseguito secondo i programmi. Nel 2023 il rispetto della tabella di marcia arrivava, però, al 78%. In buona sostanza, una frenata sulle infrastrutture c’è stata. La «classifica» dice che rispettano le tempistiche previste: la Tav tutta (Brescia-Verona ma anche Verona-Padova nonostante gli extra costi ancora da «regolarizzare»); la velocizzazione della linea storica fra Venezia e Trieste; il tunnel di base del Brennero; l’hub portuale di Venezia; il terminal Passeggeri dell’aeroporto Marco Polo di Venezia; l’interporto Quadrante Europa di Verona e anche il «servizio ferroviario metropolitano di Venezia» vale a dire il potenziamento e l’aumento della qualità del servizio delle linee ferroviarie che in Veneto trasportano i pendolari,
a partire dall’elettrificazione sulle tratte che ancora utilizzano motrici diesel. Là dove, invece, i cantieri hanno rallentato facendo peggio del previsto si incrociano la terza corsia sull’A4 fra Quarto d’Altino e Villesse ma anche l’A22 Autobrennero, la ferrovia FortezzaVerona, la superstrada Pedemontana (ultimata, in ritardo, a febbraio 2024 e poi agganciata all’A4 solo a maggio) e, soprattutto, la bretella ferroviaria fra Mestre e l’aeroporto di Venezia. Su quest’ultimo cantiere va detto che pesa la scadenza ormai vicina di giugno 2026 legata ai fondi Pnrr utilizzati. Tanto che ormai è assodato lo sforamento della dead line . C’è poi una sola opera che a Nordest che si guadagna il bollino rosso di «grave ritardo» e, però, non è veneta: si tratta dell’Autostrada Cispadana, una sorta di «Pedemontana emiliana», 65,7 chilometri per collegare A22 e A13 attraversando le province di Reggio Emilia, Modena e Ferrara. «Tra i lavori che stiamo seguendo con grande attenzione - commenta Raffaele Boscaini, presidente di Confindustria Veneto – ci sono anche quelli di Milano Cortina 2026. Restiamo fiduciosi che il completamento di queste infrastrutture avvenga nei tempi prospettati. Auspichiamo inoltre che entro l’anno si avviino anche i lavori per il fondamentale elemento di snodo costituito dalla variante di Longarone». E le due super-varianti di Cortina e di Longarone, ormai è chiaro, arriveranno ben dopo lo spegnimento della fiaccola olimpica sulle Dolomiti. Per gli industriali, però, c’è anche un altro comparto che necessità attenzione: la logistica. «Questo è un altro tema cruciale per la nostra regione - dice Boscaini - Confindustria Veneto da tempo segue con grande interesse le evoluzioni in atto su questo fronte. Lo stesso Pnrr, ad esempio, prevede finanziamenti per investimenti su nuovi modelli e piattaforme logistiche che ci permetterebbero di essere più efficienti e sostenibili superando l’attuale frammentazione nelle informazioni». Cambiano le esigenze delle imprese oltre che dei territori e cambiano anche le opere monitorate da Oti. Per il 2025 il sistema confindustriale veneto ha chiesto di inserire il monitoraggio di sei nuove opere: la nuova Romea Commerciale (o, meglio, la variante alla statale 309 fra Ravenna e Mestre), la Valdastico Nord (quel prolungamento a Nord dell’A31 che pare votato a non vedere mai la luce data la strenua opposizione del Trentino); il potenziamento della Pedemontana con i collegamenti Nord-Sud (sulla Valsugana, la statale 50 bis nell’area industriale di Feltre e e la 308 Del Santo); l’intera tratta dell’A13 alle prese con l’introduzione su alcuni tratti della terza corsia; l’aeroporto Catullo di Verona con l’ampliamento del terminal passeggeri e il completamento della regionale 10 da Carceri a Legnago. Non c’è, naturalmente, la Via del Mare che è ancora sulla carta e su cui si attende una valutazione dei costi aumentati a carico del consorzio Sis.
Il T | 22 marzo 2025 p. 9
«Ghiacciai in crisi, già persi novanta chilometri quadrati»
La Sat lancia il progetto «Freez the future». Ferrari: agire subito
Mostre, collaborazioni, convegni, laboratori. Sono tanti gli eventi promossi dalla Sat all'interno del progetto «Freeze the future» dedicato alla tutela dei ghiacciai trentini. L'iniziativa è stata presentata ufficialmente ieri in occasione della Giornata internazionale dei ghiacciai, una ricorrenza speciale visto che il 2025 è anche stato proclamato dall'Onu come l'anno internazionale a loro tutela. «Abbiamo pensato a lungo sul come riuscire a portare un tema apparentemente lontano come quello dei ghiacciai nel fondovalle trentino - spiega il presidente della Sat Cristian Ferrari - Siamo partiti dall'idea che un ghiacciaio sia tante cose insieme: uno spettacolare paesaggio montano, un fondamentale attore degli ecosistemi locali, una sentinella del cambiamento climatico, un luogo di memoria storica e ricerca scientifica. E tutto questo va raccontato in tanti modi, con tante iniziative e andando direttamente sul territorio. Il titolo Freeze the future vuole essere un appello all'azione, un tentativo di ispirare un cambiamento reale di fronte a una crisi climatica che sta lasciando sempre più il segno: dalla seconda metà dell'Ottocento sono andati persi 90 chilometri quadrati di ghiacciai». Contestualmente è stata inaugurata ieri proprio la prima iniziativa del progetto Freeze the future, cioè l'omonima mostra fotografica che raccoglie gli scatti dello stesso Ferrari sui ghiacciai trentini, che verrà ospitata nella sede della Sat di via Manci. «Durante gli anni, attraverso l'attività della Commissione glaciologica, ci siamo resi conto di come i dati e la mera misurazione numerica non siano efficaci nel dare consapevolezza di cosa sta succedendo in quota - prosegue il presidente Sat - Abbiamo quindi scelto il linguaggio delle immagini, del confronto visivo fra il prima e il dopo. Siamo convinti che questo aiuterà i visitatori a capire al meglio di costa si sta parlando». Oltre alla mostra, la sede Sat ospita da ieri anche l'opera «Albedo, memorie di un gigante», un'installazione da 2,5 metri di altezza e 3,75 di larghezza realizzata dal trentino Federico Seppi. «Sono quattro pannelli in legno di pioppo, foglie argento e rame ossidata - spiega l'artista - Ho usato una tecnica nata osservando la natura e i ghiacciai da vicino, quindi senza usare colore ma solo metallo che si ossida nel tempo». Per tutto il 2025, poi, Sat sarà affiancata da diversi partner (Muse, La Sportiva, Dolomiti Energia, Itas, Surgiva, Risto3, Casse Rurali) nella sensibilizzazione e promozione di azioni concrete per la tutela dei ghiacciai: ci saranno campagne digitali, uscite tematiche, laboratori dedicati ai giovani e, a settembre, è previsto un convegno scientifico sul tema. Presenti alla conferenza anche la vicepresidente provinciale Francesca Gerosa e l'assessora comunale Giulia Casonato. «Siamo di fronte a un tema che non può lasciare nessuno di noi indifferente - ha detto Gerosa - Viviamo in tempi veloci, frenetici, e il titolo Freeze the future è un invito, come dice lo slogan, a fermarci, osservare, riflettere. Lavorare sulle immagini come fatto attraverso la mostra è il giusto modo per dare consapevolezza di quanto sta succedendo, così come coinvolgere tutto il territorio e il maggior numero di attori possibili: andando a velocità diverse, avere sensibilità differenti sul tema renderebbe qualsiasi intervento a riguardo solo una goccia nell'oceano. Nelle nuove generazioni vedo comunque un'attenzione verso le tematiche ambientali che forse a noi, in passato, è mancata, e questo fa ben sperare per il nostro futuro».
Corriere del Veneto | 28 marzo 2025
p. 11, edizione Treviso – Belluno
Le estati più lunghe e torride «I ghiacciai delle Dolomiti spariranno entro il 2050»
DIMITRI CANELLO
BELLUNO
I ghiacciai dolomitici sono a serissimo rischio scomparsa entro il 2050. Il drammatico innalzamento delle temperature, le estati sempre più torride e l’innevamento più irregolare rispetto al passato sono alla base della drastica riduzione che sta avvenendo soprattutto sul versante bellunese. Sotto stress e sempre più ridotti, oltre alla Marmolada al confine col Trentino Alto Adige, anche Popera Alto, Popera Pensile, Cristallo, Sorapis Occidentale, Antelao Superiore e Antelao Inferiore. Anche gli altri ghiacciai sulle montagne italiane potrebbero scomparire nei prossimi decenni. Un innovativo studio pubblicato su «The Cryosphere», condotto dall’Isp (Istituto di Scienze polari) del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia, fornisce la prima stima pluridecennale (dagli Anni ’80 del secolo scorso al 2023) del bilancio di massa e delle variazioni topografiche dei ghiacciai montani della regione. Il progetto, supportato da enti come il Comitato glaciologico italiano, la Società meteorologica Alpino-Adriatica, l’Arpa (Agenzia regionale di protezione ambientale) Veneto e ulteriori istituzioni internazionali, ha adottato un duplice approccio metodologico: da un lato, l’utilizzo della tecnica «Structure from Motion» su immagini aeree storiche per il periodo 1980-2010; dall’altro, il ricorso a droni e alle acquisizioni LiDar da elicottero dal 2010 al 2023, garantendo una precisione elevata nelle misurazioni. Nel 2023 si contavano nove ghiacciai, ma la frammentazione della Marmolada in quattro corpi distinti porta il totale a 12. L’area complessiva di questi ghiacciai è passata da poco più di 4 chilometri quadrati negli Anni ’80 a meno di due chilometri quadrati oggi, registrando una perdita del 56%, di cui il 33% solo dal 2010 in poi, con una notevole accelerazione. Inoltre, il manto nevoso ha subito una diminuzione media di 28,7 metri di spessore dal 1980 al 2023, con un calo del 33% nel periodo più recente. Tra tutti, il ghiacciaio della Fradusta, in Trentino, ha subito la maggiore riduzione, perdendo 50 metri di spessore e riducendosi del 90% in termini di area. I dati climatici, elaborati in collaborazione con Arpa Veneto, evidenziano un aumento delle temperature di circa due gradi negli ultimi 40 anni, equivalenti a +0,5 gradi per decade. Sebbene si osservi un incremento delle precipitazioni nevose in alta quota, tali fenomeni non compensano l’accelerata fusione dovuta alle estati più lunghe e calde. Lo studio conclude che il 66% della perdita totale di volume degli attuali ghiacciai delle Dolomiti è attribuibile alla Marmolada e che le aree di accumulo dei ghiacciai si trovano ora al di sotto della linea di equilibrio glaciale alpina. Questo scenario preannuncia che, anche in presenza di condizioni climatiche stabili, i ghiacciai potrebbero frammentarsi in piccoli corpi statici o scomparire completamente entro pochi decenni. «I danni spiega Renato Colucci del Cnr sono ormai irreversibili e dovuti all’innalzamento delle temperature soprattutto d’estate. Ci saranno profondi mutamenti nell’ecosistema e nei prossimi due decenni, forse prima, i ghiacciai dolomitici sono destinati a scomparire».
Gazzettino | 28 marzo 2025
p. 26, edizione Belluno
«Tutti i ghiacciai delle Dolomiti stanno sparendo»
IL REPORT BELLUNO
«I ghiacciai delle Dolomiti stanno scomparendo». Sembra una frase da incipit di un film thriller catastrofico all'americana, eppure è la verità osservabile dei nostri giorni, per quanto sia difficile da digerire. E non si parla solo della Marmolada, il ghiacciaio simbolo delle Dolomiti: nei prossimi decenni potrebbero ridursi, fino a sparire, anche gli altri ghiacciai di queste montagne. A sostenerlo per la prima volta uno studio realizzato dall'Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) e dall'Università Ca' Foscari di Venezia, appena pubblicato sulla rivista "The Cryosphere". Hanno collaborato alla ricerca il Comitato Glaciologico Italiano, la Società Meteorologica Alpino-Adriatica, l'Arpa Veneto, il Servizio geologico di Danimarca e Groenlandia, l'Università tecnica della Danimarca, l'Università Roma Tre e l'Università del Quebec a Montreal. LA PREMESSA «Le Dolomiti sono state oggetto di numerosi studi in ambito geologico, geomorfologico e sulla biodiversità. Tuttavia, i ghiacciai di questa regione sono spesso rimasti ai margini dell'esplorazione scientifica, ad eccezione del ghiacciaio della Marmolada, il più esteso della zona», spiega Renato R. Colucci, ricercatore del Cnr-Isp e coautore del paper. «Nonostante le informazioni sui ghiacciai delle Dolomiti fornite dalle due edizioni dei catasti dei ghiacciai italiani del 1962 e del 2015, i dati disponibili in merito alla loro evoluzione nel corso del tempo sono stati finora estremamente frammentari, e spesso sono stati solo qualitativi, soprattutto per quanto riguarda le loro variazioni di volume. Il nostro è il primo lavoro a presentare una stima pluridecennale (dagli anni '80 al 2023) della variazione topografica e del bilancio di massa degli attuali ghiacciai montani presenti nelle Dolomiti». LA METODOLOGIA Un risultato raggiunto in due step: per il periodo dagli anni '80 al 2010 è stata impiegata la tecnica Structure from Motion (SfM) applicata ad immagini aeree storiche; dal 2010 al 2023 invece si è fatto uso anche di immagini con droni (Uav) e acquisizioni Light Detection and Ranging (LiDAR) da elicottero, che hanno permesso un'elevata risoluzione e accuratezza. I RISULTATI Al 2023, ultimo anno preso in esame dallo studio, si contavano 9 ghiacciai, anche se la frammentazione del ghiacciaio della Marmolada in 4 corpi glaciali distinti porta il numero totale a 12. «L'area totale di questi ultimi 12 ghiacciai è passata da poco più di 4 chilometri quadrati negli anni '80 a poco meno di 2 km quadrati oggi, con una perdita del 56%, di cui il 33% dal 2010», precisa Andrea Securo, dottorando dell'Università Ca' Foscari Venezia e coautore dello studio. I RISULTATI
«Complessivamente abbiamo riscontrato una diminuzione della superficie topografica media dei ghiacciai di 28,7 metri dal 1980 al 2023, di cui il 33% tra il 2010 e il 2023. Il ghiacciaio che ha subito la riduzione maggiore è quello della Fradusta, che ha visto una diminuzione di spessore medio di 50 metri ed una riduzione areale del 90%». Interessanti anche i dati sulle temperature elaborati per lo studio assieme ad Arpa Veneto che ha quantificato un aumento di +2.0°C, circa +0.5°C per decade negli ultimi 40 anni. Al contempo i dati mostrano anche un certo aumento delle precipitazioni nevose ma solo in alta quota, fenomeno che, avvertono i ricercatori, non è stato sufficiente a colmare la maggiore fusione dovuta a estati sempre più lunghe e sempre più calde. In conclusione, lo studio mette in luce che in tutta l'area il 66% dell'intera perdita di volume è attribuibile al solo ghiacciaio della Marmolada. «Oggi le aree di accumulo dei ghiacciai delle Dolomiti si trovano al di sotto della linea di equilibrio glaciale alpina, un indicatore del fatto che, nel giro di pochi decenni, questi ghiacciai scompariranno o si frammenteranno in piccoli corpi glaciali senza dinamica. Il loro destino appare purtroppo inevitabile anche assumendo una stabilizzazione del clima sui valori medi degli ultimi 30 anni (1991-2020)», concludono gli autori. Giulia Prior © RIPRODUZIONE RISERVATA.
La Usc di Ladins | 28 marzo 2025
p. 24

GLI EFFETTI DELLA CRISI CLIMATICA SULLE DOLOMITI
Corriere dell’Alto Adige | 1 marzo 2025
p. 5
Il meteorologo: «Un inverno mite e secco»
L’inverno meteorologico è stato eccezionalmente mite in tutto l’Alto Adige, con temperature, nei tre mesi di riferimento, superiori a quelle registrate nel periodo di riferimento di 30 anni, dal 1991 al 2020. Lo afferma il meteorologo Dieter Peterlin, dell’Ufficio provinciale Meteorologia e prevenzione valanghe, che spiega: «Lo scostamento è compreso tra un grado e un grado e mezzo». La temperatura
più alta dell’inverno ormai in archivio è stata registrata il 27 febbraio a Gargazzone con 16,6 gradi. La più fredda nella mattinata del 4 gennaio con meno 17,3 gradi, registrata a Monguelfo e Sesto Pusteria. La maggior parte dell’inverno è stato secco: «Questa fase di scarse precipitazioni è iniziata già a novembre» conferma Peterlin. Tuttavia, un unico e forte accumulo di neve a fine gennaio ha fatto sì che l’inverno meteorologico fosse comunque nella media. La primavera meteorologica inizia oggi: prevista in provincia un’alternanza tra sole e nubi.
Corriere del Trentino | 9 marzo 2025
p. 2
«La crisi climatica sta già modificando il comportamento di animali e piante»
TRENTO
I cambiamenti climatici non hanno solo degli effetti diretti sull'intensità degli eventi meteorologici estremi, ma possono influenzare indirettamente l'intero ecosistema. Un esempio è rappresentato dagli effetti riscontrabili su flora e fauna. «La crisi climatica sta già modificando il comportamento di animali e piante», afferma Filippo Zibordi, zoologo e divulgatore scientifico che per tredici anni ha lavorato con il Parco Naturale Adamello Brenta nell'ambito del progetto di reintroduzione dell'orso bruno in Trentino. «Abbiamo già moltissimi esempi dice Zibordi l'Eurac di Bolzano ha scoperto che la fioritura della varietà di melo Golden Delicious a Laimburg inizia circa n giorni prima rispetto al 1975». Una tendenza che con ogni probabilità riguarda l'intero Alto Adige, specie selvatiche incluse. La fioritura del melo dipende fortemente dalle temperature medie di fine inverno e primavera ed è influenzata anche dalle temperature notturne. Inoltre, non bisogna dimenticare che sull'arco alpino le temperature medie stanno aumentando a una velocità quasi doppia rispetto alla media globale. La conseguenza diretta, come evidenziano dailturac, è che di fronte a una fioritura precoce aumentino i danni dovuti alle gelate improvvise. Questo anche se le gelate tardive stanno diventando più rare a causa del riscaldamento climatico. «La fioritura anticipata ha effetti negativi persino sulla sopravvivenza dei piccoli di stambecco», prosegue lo zoologo citando i risultati di uno studio coordinato dal Parco nazionale del Gran Paradiso. «L'evoluzione degli stambecchi ha fatto sì che i capretti nascessero a giugno, quando la vegetazione e più rigogliosa, ora ciò non accade più e il latte delle femmine di stambecco è diventato meno calorico. Il problema è che in questo modo i piccoli si trovano ad affrontare l'inverno con una minor massa grassa e questo fa aumentare la mortalità». L'impatto dei cambiamenti climatici sulla fauna alpina è stato confermato anche da una ricerca coordinata da Maurizio Ramanzin (dell'Università di Padova) e da Francesca Cagnacci, della Fondazione Edmund Mach. L'inesorabile innalzamento delle temperature sta infatti spingendo alcune specie di ungulati verso altitudini più elevate. Gli stambecchi della Marmolada stanno già modificando gli orari in cui si alimentano e d'estate si sposta.
TRE CIME DI LAVAREDO: GLI AGGIORNAMENTI
Corriere delle Alpi | 5 marzo 2025
p. 18
Tre Cime, la soluzione è on line «Ma ci vorrà tempo per farlo»
il focus
Il primo grande parcheggio "a valle" è indubbiamente quello di Acquabona, a Cortina. «Per la verità ancora poco utilizzato perché», spiega il sindaco Gianluca Lorenzi, «deve maturare la cultura del trasbordo in navetta». Iniziative "promozionali" ancora più mirate saranno promosse per l'estate prossima. Ma ecco che s'affaccia, sempre sull'estate 2025, la rivoluzione di Auronzo, per Misurina. «In questi giorni», annuncia il sindaco Dario Vecellio, «abbiamo deliberato l'avvio delle procedure per razionalizzare ed informatizzare l'accesso alle Tre Cime di Lavaredo, attraverso il sistema della prenotazione, in modo da evitare ogni possibile coda. Si prenota il parcheggio a monte. I posti disponibili sono 700». Ma col tempo si arriverà anche alla prenotazione della sosta a valle, a Misurina e dintorni. Il che significa l'attivazione di un sistema di mobilità attraverso i mezzi pubblici. Si partirà da Misurina, ma soprattutto da Auronzo (oltre che da Calalzo). «La prenotazione esige che i posti macchina sia segnati e ben strutturati. Quindi ci vorrà del tempo. A valle, quindi ad Auronzo, non realizzeremo una mega area di sosta, ma tanti siti, di dimensione compatibile e opportunamente mascherati». In prospettiva non manca l'impianto a fune, per collegare la val Marzon alle tre Cime. Ma si tratta di un progetto delicato e complesso, nonché costoso, quindi dai tempi lunghissimi. Dall'altra parte della Provincia, intorno al gruppo del Sella è allo studio, per il mese di giugno, la chiusura dee passi nelle giornate di sabato per dedicarle al cicloturismo. Per il momento sono calendarizzati il Sellaronda Bike Day del giugno (Passo Sella, Passo Gardena, Passo Pordoi e Passo di Campolongo), il Dolomites Bike Day del 21 giugno (Campolongo, Falzarego e Valparola), la Maratona dles Dolomites del 6 luglio (Campolongo – Pordoi – Sella – Passo Gardena – Passo Giau – Valparola) e in settembre il Sellaronda Bikeday del giorno 13. Michela Lezuo, presidente del Consorzio Turistico di Arabba, conferma che c'è l'intenzione di comprendere altri sabati di giugno, per dedicare un intero mese all'attività cicloturistica che
richiama un numero sempre maggiore di appassionati. «Ma nulla è stato ancora deciso. È in corso una interlocuzione tra le valli, che peraltro tiene conto di varie problematiche. Certo è che una nuova consapevolezza di accesso alla montagna è ormai imprescindibile». I Comuni intorno al Gruppo del sella, immaginando nuove modalità di accesso, stanno progettando anche i necessari parcheggi a valle. "È ancora presto per ipotizzare prenotazioni o altri sistemi" ammette il sindaco di Livinallongo Nagler. Paolo Frena, sindaco di Colle Santa Lucia, ha allo studio modalità nuove accesso e di parcheggio al passo Giau. «Ma in questo caso», afferma, «la soluzione radicale arriverà solo con il collegamento in cabinovia da fedare a Colle santa Lucia e al Fertazza, quindi con parcheggia a valle». fdm © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corriere delle Alpi | 8 marzo 2025
p. 35
Tre Cime, parcheggi solo su prenotazione Il costo per le auto passa da 30 a 40 euro
Gianluca De Rosa / auronzo
L'attesa è stata tanta, ma alla fine la prima grande novità per l'accesso alle Tre Cime di Lavaredo è arrivata. L'amministrazione comunale di Auronzo ha dato il via libera all'introduzione del sistema di prenotazione on line dei parcheggi del rifugio Auronzo, con l'obiettivo di ridurre le code in entrata al casello e il conseguente caos che quotidianamente, durante il periodo estivo, coinvolge tutta l'area fino a Misurina. Sarà un sistema pensato per gestire da remoto il pagamento del parcheggio delle Tre Cime, capace di garantire un posto riservato ad auto, camper o van limitati ad un numero massimo di 800 unità, lo stesso del recente passato. Sarà, soprattutto, l'unico sistema per accedere alle Tre Cime di Lavaredo visto che il vecchio pedaggio da pagare una volta giunti al casello andrà in pensione. «Stiamo lavorando per riuscire ad attivare il sistema di prenotazione per il parcheggio delle Tre Cime di Lavaredo in tempo per l'inizio della stagione estiva», annuncia Nicola Bombassei, consigliere delegato alle Tre Cime di Lavaredo e Misurina. «Riteniamo che la prenotazione del parcheggio sia l'elemento fondamentale per ridurre le code in entrata verso le Tre Cime da Misurina. Non ci sarà più la possibilità di accedere ai parcheggi del Rifugio Auronzo senza prima aver riservato il proprio posto. Il nuovo sistema ridurrà il traffico superfluo che si generava tra chi rimaneva ad aspettare in coda nell'attesa che si liberasse un posto nel parcheggio». L'introduzione del sistema on line per riservare un posto auto alle Tre Cime non sarà l'unica novità dell'estate 2025: contestualmente infatti, l'amministrazione comunale ha varato un aumento delle tariffe del medesimo parcheggio che passano dalle 30 euro giornaliere (per un'auto) a 40 euro (che diventano 60 euro per un van). Invariato l'orario di permanenza che resta di dodici ore. Aumento così spiegato dallo stesso consigliere Nicola Bombassei. «Il vecchio sistema produceva per il Comune di Auronzo incassi importanti, questo è risaputo. Il nuovo sistema ridurrà gli incassi perché rivoluzionerà le modalità di accesso al sito, ma per noi la priorità in questo momento è quella di eliminare le code e contestualmente migliorare l'accesso in quota a tutto vantaggio dell'esperienza dei visitatori. Altro tema importante è quello della riduzione dell'inquinamento. L'aumento delle tariffe è da considerare fisiologico, visto che le stesse erano ferme ormai da molti anni». L'aumento delle tariffe garantirà ugualmente introiti importanti al Comune di Auronzo ma al tempo stesso potrebbe fungere (il condizionale è d'obbligo) da deterrente per l'accesso motorizzato alle Tre Cime a tutto vantaggio di sistemi alternativi. Tra questi quello che richiede il ricorso al trasporto pubblico, altro tema al vaglio delle autorità competenti. «Il parcheggio riservato è solo un primo atto, continueremo a lavorare alacremente per ridurre l'impatto delle auto su tutta l'area, Misurina compresa che finora ha pagato un prezzo carissimo, strettamente collegato al caos ed alle code in direzione Tre Cime», conclude Nicola Bombassei. «L'obiettivo primario è contrastare il parcheggio selvaggio. Lo spettacolo offerto dalle macchine in sosta in ogni dove, prati compresi, è uno scempio che cozza con il paesaggio circostante».
Corriere delle Alpi | 9 marzo 2025
p. 27
«L'obiettivo è la funivia per le Tre Cime»
Gianluca De Rosa Auronzo
L'introduzione del sistema di prenotazione dei parcheggi alle Tre Cime di Lavaredo, grande novità in vista dell'estate 2025, rappresenta solo il primo passo di un progetto più ampio pensato per modificare completamente la mobilità attorno al monumento naturale simbolo del patrimonio Unesco nel mondo. Ad Auronzo, infatti, si continua a lavorare alla realizzazione di un impianto di risalita che raggiunga l'area delle Tre Cime di Lavaredo da Misurina. Obiettivi a breve, medio e lungo termine nella testa degli attuali amministratori auronzani, che con la delibera che sancisce il passaggio al posto auto riservato da remoto, hanno "sganciato" il territorio di Misurina dalle sabbie mobili in cui è rimasto impelagato per tanto, troppo tempo. La prenotazione del posto, che avverrà attraverso un portale ad hoc i cui dettagli verranno resi noti più avanti, a ridosso della riapertura della strada (attualmente ancora chiusa come avviene tradizionalmente durante il periodo invernale) e del via alla stagione turistica estiva, manda in pensione il casello situato un paio di tornanti più su del lago Antorno. Questo significherà che, quando si sarà riempito il parcheggio, a nulla servirà mettersi in coda per ore sotto il sole con la sola conseguenza di creare caos e disagi. L'altro tema attualmente al vaglio delle autorità è legato alla fruibilità del sistema di
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trasporto pubblico. Un obiettivo da considerare non proprio a breve termine, più giusto forse dire a medio. I ragionamenti con i vertici di Dolomitibus proseguono, seppur a far spenti, da tempo, ma sul discorso della mobilità scende in campo anche la vicina Pusteria (che nel frattempo approva la mossa del ticketing on line, varato sulla falsa riga di quanto già avviene, con ottimi riscontri, da qualche anno a Braies). «Dobbiamo dare respiro a Misurina cancellando il parcheggio selvaggio delle auto che interessa non solo l'area intorno al lago ma anche i prati circostanti», ha sottolineato il consigliere comunale con delega a Tre Cime e Misurina Nicola Bombassei, «si tratta di una conseguenza del caos che si genera sin dal mattino presto lungo la strada d'accesso alle Tre Cime. Questo ora non succederà più. Misurina non merita certi scempi». Il tutto con un progetto ambizioso sullo sfondo: la realizzazione di un impianto di risalita Misurina-rifugio Auronzo che cancelli definitivamente la presenza di macchine nelle vicinanze del rifugio Auronzo e dunque, letteralmente, a due passi dalle Tre Cime. «Non è un sogno ma un obiettivo concreto da perseguire», ha aggiunto Bombassei, confermando di fatto le indicazioni emerse già qualche settimana fa. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Gazzettino | 12 marzo 2025
p. 37, edizione Belluno
Tre Cime, contro overtourism parcheggi prenotabili online
AURONZO
Primo provvedimento da parte della Giunta del Comune di Auronzo di Cadore guidata dal sindaco Dario Vecellio Galeno per mitigare gli effetti dovuti all'enorme afflusso turistico estivo verso i parcheggi ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. Si tratta, come recita il dispositivo, di avviare una fase sperimentale finalizzata a mitigare l'impatto antropico in tutta l'area, fornendo un servizio adeguato all'utenza turistica e valorizzando l'area che, tra l'altro, è Patrimonio Unesco. Lo strumento che l'esecutivo ha deciso di adottare è l'introduzione di un sistema di accesso al parcheggio in quota attraverso la prenotazione da portale dedicato digitale multilingue, utile al calmieramento dei flussi nell'area. IL PROBLEMA Difatti in ogni estate al casello di esazione del parcheggio si verifica un blocco delle auto, creando code chilometriche lungo la strada che impattano anche nell'area di Misurina e di conseguenza nelle direzioni di Auronzo, di Carbonin di Dobbiaco e di Cortina con il Passo Tre Croci. Tutta l'area dunque si trova con il traffico congestionato con conseguenti disagi anche agli automobilisti in transito. NUOVO SISTEMA Al potenziale visitatore si presenterebbero dunque delle possibili scelte alternative di accesso per giorno e fascia oraria disponibile con il pagamento informatizzato. Nello stesso tempo, anche tramite l'introduzione del sistema di vendita predittivo dell'intelligenza artificiale sarebbe garantita la capienza massima disponibile alla vendita dei ticket. Nella delibera si ricorda che tale servizio «debba interagire ed essere strettamente coordinato con i consueti servizi che vengono ordinariamente affidati agli operatori economici all'uopo individuati, oltre che con le maestranze messe a disposizione dall'ente, e le attività degli operatori economici terzi per garantire la buona gestione complessiva del sistema della Strada e parcheggi delle Tre Cime per l'incipiente stagione 2025». Insomma il sistema di prenotazione digitale è ritenuto una valida alternativa che integra quello fin qui adottato. Questo è uno dei tasselli di un disegno più ampio che l'Amministrazione comunale auronzana ha in animo di adottare per fronteggiare un fenomeno che negli ultimi anni è cresciuto in modo esponenziale e da razionalizzare. (G.G.) © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corriere delle Alpi | 25 marzo 2025
p. 28
Sabato una tavola rotonda sui problemi delle Tre Cime
Auronzo
Sabato 29 marzo alle 17.30 ad Auronzo, nella sala consiliare del municipio, si terrà una tavola rotonda con la presenza di: Dario Vecellio Galeno sindaco di Auronzo, Renato Frigo presidente Cai Veneto, Georg Simeoni presidente Alpenverein Südtirol (AVS), Carlo Alberto Zanella presidente Cai Alto Adige e Luigi Casanova presidente Mountain Wildernss Italia coordinati dalla giornalista Mirta Da Pra Pocchiesa. La serata apre il confronto partecipato sulla gestione del territorio delle Tre Cime di Lavaredo, in modo specifico sugli accessi, da parte altoatesina e da parte bellunese. Un incontro aperto a tante domande che necessitano di risposte adeguate: chiusura al transito privato, navette pubbliche e private con prenotazione, una o più cabinovie, parcheggi e dove, come gestire e riqualificare un territorio patrimonio Unesco, quali ricadute economiche e sociali sui territori, sulla biodiversità e sui paesaggi. Sono rare le situazioni in cui si riscontrano tanti problemi fra loro interconnessi, causa di pesanti conflitti che portano all'immobilismo. Conflitti che, qualora fossero affrontati e risolti, potrebbero produrre rigenerazione, qualità, ordine e rispetto verso la natura, verso i residenti, verso gli ospiti, verso le Istituzioni. A chi spetta il compito di indirizzo della gestione del territorio su un'area tanto vasta, fragile, delicata? Come costruire un percorso partecipato che porti a smorzare i conflitti e a costruire trasparenza e condivisione? I promotori sono: il Coordinamento associazioni per ambiente e legalità alto bellunese, Mountain Wilderness Italia, Italia Nostra Belluno, Wwf, O.A. Terre del Piave Libera Cadore, Ecoistituto Veneto A. Langer, Gruppo Promotore Parco del Cadore e Peraltrestrade Dolomiti. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Gazzettino | 25 marzo 2025
p. 37, edizione Belluno
Tre Cime come il centro di Milano: sabato un convegno per fare ordine
GIANFRANCO GIUSEPPINI
AURONZO
Le Tre Cime di Lavaredo saranno al centro di un dibattito nel municipio di Auronzo di Cadore sabato alle 17,30. Il gruppo promotore è costituito da Mountain Wilderness Italia, Italia Nostra sezione di Belluno, Wwf Terre del Piave, Libera Cadore presidio Barbara Rizzo, Ecoistituto Veneto Langer, Gruppo promotore parco del Cadore e Peraltrestrade Dolomiti. Alla tavola rotonda parteciperanno il sindaco Dario Vecellio Galeno, i presidenti del Cai Veneto Renato Frigo, di Alpenverein Südtirol Georg Simeoni, del Cai Alto Adige Carlo Alberto Zanella, di Mountain Wildernss Italia Luigi Casanova. Assenti, le istituzioni territoriali delle Regole auronzane che in un'ormai annosa vertenza con il Comune di Auronzo rivendicano l'area facente parte dell'ormai famosa particella catastale 402. Perchè è potenziale parte in causa nella gestione del territorio. Altra notazione è quella che non si è mai assistito nel municipio auronzano ad una partecipazione così massiccia di associazioni interessate all'aspetto ambientale, provenienti anche dal vicino Alto Adige. Il tema su cui verterà la discussione è "La lunga visione di Dino Buzzati: Le Tre Cime di Lavaredo assediate dalle auto". L'ORIGINE Lo spunto di partenza del dibattito è dunque quello di un ampio articolo del 5 agosto del 1952 del giornalista scrittore bellunese che con chiaroveggenza lanciava l'allarme dell'assalto da parte di mezzi motorizzati alla celebre triade dolomitica e alle vette che la circondano. Un fenomeno legato a sovraffollamento turistico di tutta l'area, da Braies, a Misurina al Sorapiss e che nelle Tre Cime trova il suo culmine. Sono mille i quesiti che il fenomeno di questi tempi propone e che i partecipanti proveranno ad affrontare: chiusura al transito privato? Navette pubbliche e private con prenotazione? Una o più cabinovie? Parcheggi, ma dove? Come gestire e riqualificare un territorio patrimonio Unesco? Quali ricadute economiche e sociali sui territori? E sulla biodiversità? E sui paesaggi?. IL PROBLEMA «Sono rare puntualizza l'organizzazione - le situazioni in cui si riscontrano tanti problemi fra loro interconnessi, causa di pesanti conflitti che portano all'immobilismo. Conflitti che, qualora fossero affrontati e risolti, potrebbero produrre rigenerazione, qualità, ordine e rispetto verso la natura, verso i residenti, verso gli ospiti, verso le istituzioni». Conseguenti a questi interrogativi sono quelli relativi alla gestione di una tale situazione: a chi spetta il compito di indirizzo della gestione del territorio su un'area tanto vasta, fragile, delicata? Come costruire un percorso partecipato che porti a smorzare i conflitti e a costruire trasparenza e condivisione? Dicono gli organizzatori: «Questo è lo scopo della serata, attendiamo non solo un folto pubblico, ma le istituzioni coinvolte. È compito della politica e delle istituzioni fare la sintesi». Gianfranco Giuseppini © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corriere del Veneto | 28 marzo 2025
p. 11, edizione Treviso – Belluno
Tre Cime di Lavaredo e l’overtourism Tavola rotonda col sindaco di Auronzo e gli ambientalisti per una soluzione
Ugo Cennamo
Auronzo
Originale la teoria del sindaco dei sindaci Andrea De Bernardin, tre mandati consecutivi a Rocca Pietore prima di passare il testimone l’anno passato e oggi «solo» segretario provinciale della Lega. Sostiene, lui che è cresciuto nell’Agordino ai piedi della Marmolada, che se un turista di passaggio per le strade dolomitiche vede un parcheggio strabordante di auto ci si butta a capofitto, ignorando quelli meno frequentati e che magari nascondono bellezze altrettanto uniche. Di certo quel che accade in luoghi-simbolo delle montagne divenute non per caso patrimonio Unesco è sotto gli occhi di tutti. I ventimila turisti ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo registrati nelle giornate di massimo afflusso, molti dei quali arrivati passando da un altro gioiello quale è il lago di Misurina, sono il classico esempio di quel sovraffollamento turistico che trasfigura la bellezza di un luogo. Più che legittimo chiedersi cosa accadrà se non si mette un freno a questa tipologia di turismo, devastante quanto il granchio blu per l’habitat marino delle nostre coste. «Necessario trovare soluzioni afferma convinto Dario Vecellio Galeno, sindaco di Auronzo ma non dimentichiamo che il turismo evita lo spopolamento, porta ricchezza a chi vive nelle nostre valli, non possiamo creare delle riserve come predica l’ambientalismo estremo». Per conoscere le contromisure che il primo cittadino intende adottare per il versante veneto delle Tre Cime un’occasione la offre la tavola rotonda domani alle 17.30 in municipio ad Auronzo. Il sindaco Galeno sarà tra i protagonisti dell’incontro organizzato dal Coordinamento delle associazioni per l’ambiente e la legalità dell’Alto Bellunese ovvero Mountain Wilderness Italia, Italia Nostra, Wwf Terre del Piave, Libera Cadore, Ecoistituto Veneto Langer, Gruppo Promotore Parco del Cadore, Peraltrestrade Dolomiti. Incontro pubblico che s’ispira a una previsione azzeccata del giornalista del «Corriere della Sera» e scrittore Dino Buzzati. «Le Tre Cime di Lavaredo assediate dalle auto» è il titolo dell’appuntamento al quale parteciperanno anche Renato Frigo, presidente del Cai (Club alpino italiano) Veneto, Georg Simeoni, presidente Alpenverein Südtirol, Carlo Alberto Zanella, presidente del Cai Alto Adige e Luigi Casanova, presidente Mountain Wilderness.
Corriere delle Alpi | 30 marzo 2025
p. 28
Una rete per costruire ma spicca l'assenza della Fondazione Unesco
FDM
il dibattito «Bisogna pensare al bene comune. Forse, dunque, l'impianto di trasporto a fune potrebbe essere una soluzione». Così Mauro Corona, intervenuto anche lui al confronto di Auronzo sull'accessibilità alle Tre Cime. Ma lo scrittore, alpinista e scultore ha sollecitato una soluzione anche per il lago di Sorapis. Il convegno di ieri aveva lo scopo di riattivare una rete, affidando alla Fondazione Dolomiti Unesco la regia di ogni possibile azione. Ma come ha fatto rilevare la moderatrice Mirta Da Pra, la Fondazione non è intervenuta. E la Provincia neppure. «I conflitti, laddove non gestiti, generano le macerie degli errori, irrecuperabili (si pensi alla strada delle Tre Cime) e dell'immobilismo», ha osservato Gigi Casanova, presidente di Mountain Wilderness. «La Fondazione Dolomiti Unesco è un ente sovraregionale. Ha finalità coerenti con il nostro progetto: liberare dalla morsa delle auto l'intero areale delle Tre Cime di Lavaredo, senza trasferire in altri ambiti costi ambientali e paesaggistici. Noi siamo qui per affermare la nostra piena disponibilità a una collaborazione costruttiva». E allora – ha invocato - dotiamoci di un metodo, di un agire condiviso nell'affrontare questo nodo che qualifica le intere Dolomiti. Confronto, anche conflitto serio se necessario. Ma per arrivare dove? «Avere le Tre Cime di Lavaredo e Monte Piana liberi da auto private e altri mezzi a motore, anche invernali, anche dai voli di qualunque tipo. Montagna libera da rumori, ridonata alla natura, montagna che venga vissuta con umiltà e leggerezza, montagna capace di trasferire emozioni e non solo utile allo scatto di qualche foto». Ovvero, come ha osservato Da Pra, una prospettiva sempre più lontana dall'overtourism. E in questo senso è necessario un dialogo costante sia all'interno delle terre alte e tra queste e la pianura, la città, con «un ascolto reciproco». Infatti il "conflitto" è dietro l'angolo, basta considerare il pendolarismo turistico ormai esasperato. Occorre anche un patto fra generazioni. Da Pra l'ha definito il "Metodo Tre Cime". Tutti d'accordo, gli altri, a cominciare da Renato Frigo, presidente regionale del Cai, che ha raccomandato «programmazione, pianificazione», ciò che oggi ancora manca. Si veda, appunto, il tema del traffico verso le Tre Cime, un tema sollevato a suo tempo dallo stesso Dino Buzzatti, ma più recentemente (40 anni fa circa) da Alex Langher con le prime proteste al parcheggio in quota. Secondo Frigo la necessaria programmazione deve evitare, ad esempio, che mentre Auronzo studia accessi sostenibili, ci siano aziende di Tpl che incentivino a dismisura le corse verso la "Trinità". Carlo Alberto Zanella del Cai Alto Adige ha sollecitato un freno al turismo mordi e fuggi, dichiarandosi comunque favorevole alla prenotazione. E in particolare ha rinnovato l'esigenza che l'accesso ai passi dolomitici avvenga a fasce orarie e con prenotazione. Certo è che l'assenza della Fondazione Dolomiti Unesco, in particolare del suo vertice politico, ieri ha pesato. E a questo proposito Frigo ha tenuto a ribadire un suo concetto: «La Fondazione siamo noi. Riempiamola noi di contenuti». In sede di convegno è stata rivalutata anche la funzione delle Regole. «Hanno permesso la vita di comunità di montagna. Grazie alle Regole nella gestione del territorio si sono istituiti i demani collettivi, democratici, forti di solidarietà, di condivisione. Sono le Regole ad aver permesso alle comunità locali e valligiane la sopravvivenza in autonomia di governo del territorio in tempi di scarsità di risorse. Oggi», è stata la riflessione di Casanova, «il termine "regole" viene trasformato in negativo e letto come vincolo, impedimento, non più come regola tesa alla tutela di un bene nel futuro. Si tratta di un preoccupante arretramento culturale che poggia su una lettura della libertà individuale e collettiva priva di una minima attenzione alle necessità delle generazioni future». fdm © RIPRODUZIONE RISERVATA Escursionisti davanti allo spettacolo delle Tre Cime di Lavaredo.
Corriere delle Alpi | 30 marzo 2025 p. 28
Alle Tre Cime in bus e funivia: tavolo Comune-ambientalisti
Francesco Dal Mas / AURONZO
Comune di Auronzo e ambientalisti per la prima volta gli uni di fronte agli altri per provare a decidere insieme il destino del traffico mortifero fino ai piedi delle Tre Cime. E in 150, ieri pomeriggio, nella sala del municipio, per partecipare all'inedito confronto. Il sindaco Dario Vecellio Galeno ha confermato che la prossima estate da Misurina si salirà solo con la prenotazione, in modo da evitare le code anche di tre ore. Ha pure confermato che il pedaggio aumenterà a 40 euro per le auto: per incentivare il trasporto pubblico. Ha quindi anticipato l'idea di un partenariato pubblico privato per risolvere definitivamente le problematiche dell'assalto alla ‘Trinità'. «Registriamo punte addirittura di 13 mila arrivi in quota, nei giorni di picco, comunque la media non è mai inferiore alle 8-10 mila presenze. Il numero compatibile è invece di 4-5 mila», ha precisato il sindaco introducendo la riflessione del convegno organizzato dalle associazioni ambientaliste. L'intenzione dell'amministrazione Vecellio Galeno è di chiudere il parcheggio vicino al rifugio Auronzo, e quindi la strada, e di realizzare - con investitori privati - un collegamento funiviario, più precisamente una cabinovia, con partenza da Misurina, magari dal parcheggio sopra il lago, dove la stazione rimane quasi invisibile. Ma, attenzione: a Misurina non si arriverà più in macchina, se non in transito. Vi si approderà attraverso una fitta rete, coordinata, di trasporti dalla Val d'Ansiei, da Cortina e dall'Alta Val Pusteria. «Prevediamo servizi di trasporto privato (perché ormai il pubblico non è in grado di garantire corse efficienti) che ad orario cadenzato raccolgono il turista o escursionista davanti agli alberghi e presso i parcheggi a valle, ovviamente meglio strutturati, per consegnarli al trasporto funiviario». Ma non si è sempre detto che la strada col pedaggio era insostituibile per garantire alle casse municipali 2 milioni
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Gazzettino | 30 marzo 2025
p. 27, edizione Belluno
Tre Cime, meno auto e un nuovo impianto che sale al rifugio
LUCIO EICHER CLERE
IL PROGETTO AURONZO DI CADORE
Basta con l'assedio delle auto alle Tre Cime di Lavaredo. Al convegno organizzato ieri da diverse associazioni ambientaliste, tra cui Italia Nostra, Libera, Pas, Mountain Wilderness, nella sala consiliare del Comune di Auronzo, c'era più di un centinaio di persone, in rappresentanza della comunità auronzana, ma anche dai territori vicini del Cadore e della Pusteria. Nel ricordo della presa di posizione fatta da Dino Buzzati nel 1952 contro la costruzione della strada che sale fino al rifugio Auronzo, appello vano visto che la strada è ora l'argomento di discussione sulla necessità di intervenire per fermare o almeno frenare l'enorme numero di auto e pullman vicino al lago di Misurina e di Antorno e le lunghe code al casello per salire pagando il pedaggio, si è affrontato il drammatico problema che da decenni aspetta di essere risolto GLI INTERESSI IN BALLO È quindi tra interesse economico dell'ente pubblico e prospettiva di un turismo rispettoso della fragilità dell'ambiente, che lo stesso Comune di Auronzo sta affrontando il problema di limitare l'accesso alle Tre Cime. Nell'introduzione fatta da Mirta Da Pra Pocchiesa, presidente del Parco del Cadore, giornalista, coordinatrice di Casa Comune del Gruppo Abele di Torino, è stato sottolineato il problema del surplus turistico, a cui dovrebbero porre freno le istituzioni, e la ricerca di un nuovo approccio alla questione che potrebbe diventare il "Metodo Tre Cime", da estendere a tutte le località dolomitiche e di altre zone di montagna invase dai turisti. Lo stimolo di Mirta ha dato modo al sindaco di Auronzo, Dario Vecellio Galeno di entrare al centro della questione del sovraffollamento, sopratutto nei mesi estivi, delle Tre Cime di Lavaredo: «È un problema che stiamo affrontando da tempo e la nostra proposta si concretizza in una limitazione delle auto al fondovalle, la prenotazione degli accessi con salita in pullman e la costruzione di un impianto di risalita che da Misurina porti i turisti fino alla base delle Tre Cime. È una idea che dovremo condividere con i Comini di Cortina e Dobbiaco, ma che va nella direzione di ridurre l'inquinamento di anidride carbonica provocato dall'enorme numero di automobili e di abbassare il numero giornaliero di turisti, possibilmente dilatando le presenze nei mesi primaverili e autunnali». IL COORDINAMENTO Una proposta che dovrà essere esaminata anche nei contesti politici di Provincia e Regione, entrambe assenti, così come con la Fondazione Dolomiti Unesco. E contro la mancanza di difesa del territorio da parte della Fondazione si sono espressi sia il presidente del Cai Veneto Renato Frigo che quello della provincia di Bolzano Carlo Alberto Zanello. Nell'intervento conclusivo, il presidente di Mountain Wilderness. Luigi Casanova ha criticato il "convitato di pietra", quale è stato il progetto di collegamento tra Padola e Passo Monte Croce Comelico. Una critica dura ai nuovi impianti, anche in considerazione dei cambiamenti climatici. L'ALTRO COMUNE Tra gli interventi del pubblico, di rilievo quello del sindaco di Sesto, dirimpettaio del Comune di Auronzo per le Tre Cime, che si è rammaricato che dopo i primi contatti per affrontare il problema del sovraffollamento sotto le Drei Zinnen, non si sia più proseguito nella condivisione di idee e progetti, come quello illustrato da Dario Vecellio Galeno. Una platea cosciente della necessità di intervenire rapidamente per la limitazione del traffico e dell'afflusso incontrollato, ha potuto ribadire in molti altri interventi il sostegno alla tutela e al rispetto della natura, per consegnare un ambiente vivibile alle generazioni future. Secondo molti il convegno deve essere di stimolo per operare decisi nella direzione di fermare l'afflusso automobilistico da Misurina alle Tre Cime di Lavaredo. Lucio Eicher Clere © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corriere del Veneto | 30 marzo 2025
p. 8, edizione Treviso - Belluno
Tre Cime di Lavaredo come Venezia «Traffico e ressa, adesso si prenota»
AURONZO DI CADORE (Belluno)
Oggi per arrivare alla Tre Cime di Lavaredo, al confine fra Veneto e Trentino Alto Adige, per godere di uno dei panorami più belli del mondo, si paga dai 20 euro in moto, 30 euro in auto, fino ai 120 euro in un pulmino di trenta persone. Ciò nonostante, l’afflusso di turisti resta troppo elevato, fino a toccare punte di 7-8 mila persone al giorno. E così, nel 2025 arriva una nuova stretta: a riferire della novità, ieri in una tavola rotonda ad Auronzo di Cadore nel Bellunese, il sindaco Dario Vecellio Galeno: «Abbiamo pensato a una
17 e mezzo di introiti? «Disponiamo di studi che con un trasporto più sostenibile riusciremmo perfino a raddoppiare questo introito. E nello stesso tempo a salvaguardare il nostro straordinario contesto ambientale», è la risposta del sindaco. Tra l'altro, secondo Vecellio Galeno, con una siffatta organizzazione la destagionalizzazione potrebbe essere assicurata per 10 mesi l'anno. Il sindaco ha illustrato anche uno studio molto interessante sulle emissioni di Co2: 80 grammi al km a passeggero tramite bus, 143 grammi in auto. Ebbene, calcolando 10 mesi di auto e bus con una media di 4 mila trasportati al giorno in alta stagione e 700 in bassa, la quantità di Co2 ammonterebbe a 2.283 tonnellate al dì. Nello stesso periodo di tempo, con il collegamento funiviario si potrebbero risparmiare 1.959 tonnellate, senza contare l'impatto visivo dei parcheggi, l'inquinamento acustico, il continuo traffico veicolare da Misurina alle Tre Cime. La reazione degli ambientalisti? Non è stata di immediata contrarietà. L'importante, hanno detto, è avviare un tavolo di confronto. Piena la disponibilità del sindaco.
soluzione per arginare il traffico nella zona ha detto perché ha toccato punte insostenibili e questo nonostante il pedaggio che si paga attualmente. Il mio Comune ha pensato a un sistema di prenotazione per gestire i flussi di turisti e per limitare l’accesso». Il piano segue l’esempio del ticket d’accesso di Venezia dove a undici giorni dall’apertura del portale in 10 mila hanno già prenotato e 20 mila chiesto l’esenzione tra il 18 aprile e il 4 maggio. Obiettivo di Auronzo: «Dare respiro all’area di Misurina attorno al lago dice il sindaco . Ci si potrà prenotare sul web e potrà essere garantito un accesso regolamentato favorendo il più possibile bus navetta dedicati più che l’auto singola. Vogliamo un turismo sostenibile e responsabile». I passaggi formali come le delibere comunali non sono ancora stati compiuti, ma la strada è tracciata. E nel dibattito di ieri l’opinione comune di tutti i partecipanti è che si debba trovare una soluzione il prima possibile: «Se per limitare l’accesso ai parcheggi spiega il presidente del Cai altoatesino Carlo Alberto Zanella bisogna far pagare cento euro, io sono a favore. Non è possibile vedere scene come quelle che abbiamo visto sinora. Sarà pure un turismo elitario, ma non possiamo permettere che si stia in coda per ore». Al dibattito è intervenuto anche il presidente del Cai Veneto Renato Frigo. Rispetto al suo pari grado altoatesino, la sua posizione è allineata con quella di Vecellio Galeno: «Sinceramente non vorrei che le Tre Cime di Lavaredo si trasformassero in una meta per ricchi argomenta ma c’è da dare respiro a tutta la viabilità attorno al lago di Misurina, che in estate diventa invivibile, così come durante le festività dove l’accesso turistico raggiunge i picchi più elevati. Regolamentare gli accessi è l’unica soluzione». Frigo propone una ricetta: «Dobbiamo pensare a un numero massimo di persone che possano arrivare nella zona. Ne va della qualità complessiva del turismo, che non può diventare un luogo dove si fa una parata di Porsche o un turismo mordi e fuggi. Deve essere un turismo consapevole della bellezza di quello che si va a visitare e, per questo, rispettoso e regolamentato». Luigi Casanova, presidente di Mountain Wilderness Italia, ha un’idea precisa in mente. «Dobbiamo avere le Tre Cime di Lavaredo e Monte Piana liberi da automobili private e mezzi a motore, anche dai voli di qualunque tipo spiega Montagna libera da rumori, ridonata alla natura, vissuta con umiltà e leggerezza, capace di trasferire emozioni e non solo utile allo scatto di qualche foto, montagna dove i temi della conservazione, paesaggistica e naturalistica, ritornino protagonisti nel rispetto dell’articolo 9 della Costituzione italiana»
FUNIVIA SOCREPES: GLI AGGIORNAMENTI
Gazzettino | 13 marzo 2025
p. 27, edizione Belluno
La svolta di Socrepes: rinascono 2 impianti
MARCO DIBONA
PISTE DA SCI CORTINA
Le due attuali seggiovie Roncato e Ra Freza, nel comprensorio sciistico di Socrepes, a Cortina, alle pendici della Tofana, potranno essere sostituite con una unica cabinovia. Il progetto del nuovo impianto, con cabine da dieci posti, una portata oraria di tremila persone, è stato approvato dalla Provincia di Belluno: «In appena tredici mesi la pratica è stata analizzata ed evasa, con tempi decisamente rapidi commenta il consigliere provinciale Marzio Sovilla, delegato agli impianti a fune - l'Amministrazione provinciale e consapevole dell'importanza degli impianti di risalita per la montagna, come sistema per la fruibilità del territorio, per lo sci e il turismo, e mezzo di trasporto sostenibile. Tanto più che questo impianto va a sostituire due vecchie seggiovie». L'OFFERTA La nuova cabinovia Lacedel - Socrepes servirà diverse piste da sci già esistenti e consentirà di indirizzare ancora più rapidamente gli sciatori verso il comprensorio della Tofana da una parte, verso Pocol dall'altra, portandoli alla cabinovia Cortina Skyline, inaugurata nel 2021, che sale verso Cinque Torri, Averau, i passi Falzarego e Giau, il Lagazuoi. La società Ista, che ha presentato il progetto, avrà la concessione di linea fino al 2048 e dovrà demolire i due impianti esistenti. La nuova cabinovia servirà principalmente durante l'inverno, in uno dei comprensori sciistici più frequentati della conca d'Ampezzo, ma anche d'estate, per portare in quota gli appassionati di mountain bike. Potrà inoltre agevolare l'accesso degli spettatori che saliranno a piedi sino al traguardo di Rumerlo, in fondo alla pista Olympia, per assistere alle gare di Coppa del mondo di sci. Se sarà realizzata già durante la prossima estate, così da aprire per l'inverno che verrà, potrà servire anche per fare accedere il pubblico alle gare dei Giochi olimpici e paralimpici invernali 2026. L'ALTERNATIVA Al vasto comprensorio sciistico di Socrepes si potrà arrivare anche con il nuovo impianto di arroccamento, che si intende realizzare, con la stazione a valle nel centro del paese, in piazzale Revis, vicino ai campi di tennis Apollonio, per salire alla stazione intermedia di Mortisa, passare accanto agli abitati di Meleres e Lacedel, e arrivare infine sopra Ria de Saco, proprio sulle piste da sci. A quel punto ci sarebbe un carosello di una ventina di impianti collegati, sci ai piedi, con partenza dal centro di Cortina. Per questa nuova cabinovia, oggetto di contestazioni, di critiche, di molteplici richieste di integrazioni del progetto, con numerose prescrizioni, poiché attraversa zone geologicamente instabili, con frane attive, si è in attesa della conferenza di servizi decisoria, ormai prossima. Intanto è arrivato il parere favorevole del Comitato tecnico regionale, nella valutazione di impatto ambientale. La società Iniziative turistiche ampezzane nasce il 18 novembre 1965. I soci di Ista sono inizialmente soltanto maestri di sci, quando a Cortina c'è una sola scuola; poi la compagine sociale si amplia, sino a comprendere più di quattrocento sottoscrittori. La prima sciovia sale da Roncato a Socrepes; alla fine degli anni Sessanta se ne aggiunge una seconda più breve, oltre Socrepes, per il collegamento verso Pocol; poi arriva lo skilift baby, per i principianti. Con il tempo tutte le sciovie sono sostituite da seggiovie. Dopo la fusione con la Società seggiovie di Cortina, nel 2002, Ista acquisisce gli impianti alle pendici della Tofana, sino ai rifugi Duca d'Aosta e Pomedes. Acquista quindi la vecchia sciovia
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doppia Olimpia, a Pocol, e la sostituisce con una seggiovia quadriposto. Nel 2005 si aggiungono la seggiovia e la sciovia del Col Gallina, al passo Falzarego. Lo stesso anno apre Tofana Express, la prima sei posti del Veneto. Dal 2021 Ista gestisce la cabinovia Cortina Skyline, che porta alle Cinque Torri e al passo Falzarego. Marco Dibona © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corriere delle Alpi | 11 marzo 2025
p. 29
Nuovo rinvio della Conferenza di servizi decisoria che dovrà approvare il progetto riguardante la cabinovia Apollonio Socrepes.
Alessandro Michielli / cortina
Nuovo rinvio della Conferenza di servizi decisoria che dovrà approvare il progetto riguardante la cabinovia Apollonio Socrepes. Il Piano delle opere di Simico – presente sul sito della società e aperto a tutti gli utenti – ha aggiornato ancora una volta la data della Conferenza che dovrebbe essere il prossimo 24 marzo. Il condizionale è d'obbligo, però, visto che la riunione che darà o no il via libera definitivo all'impianto ha già subito innumerevoli rinvii nel corso degli ultimi mesi/settimane. E quindi dare per certa una data, ormai, risulta difficile. le dichiarazioni delle istituzioni A leggere le dichiarazioni di politici, istituzioni e dirigenti non ci sono dubbi: la cabinovia si farà. Ma l'ennesimo rinvio della Conferenza di servizi (questo è quello che si legge sul sito di Simico) che ha il compito di ufficializzare il progetto, qualche preoccupazione in più l'ha fatta venire: «Da quello che mi dicono va tutto bene, arriverà l'ok definitivo dalla Conferenza di servizi», ha dichiarato il ministro dello Sport, Andrea Abodi. «Non vedo grandi preoccupazioni, fermo restando che non essendo superficiali c'è grande attenzione. Ma mi sembra che stia andando tutto come deve». «Socrepes si farà», ha detto in una recente intervista il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. «Dopodiché esistono sempre gli spalti poco nutriti di quelli che tifano affinché tutto vada male». «Sono fiducioso che il progetto possa andare avanti», ha dichiarato il sindaco di Cortina Gianluca Lorenzi durante l'evento dedicato alle Paralimpiadi. I dettagli sul progetto Il progetto, ritenuto strategico da Fondazione Milano Cortina per garantire la logistica dell'evento, prevede un sistema combinato di opere ed include la costruzione di un impianto di risalita, con una capacità di 2.400 persone all'ora, integrato in un edificio multifunzionale che ospita servizi, ristoro e un centro wellness su cinque livelli. È compreso un parcheggio su tre livelli per 750 auto e 114 box privati oltre a un'ampia area per i trasporti pubblici. La prima fase di cantiere riguarderà solo l'impianto di risalita e non il parcheggio che verrà realizzato solo dopo i Giochi. La gara sul portale appalti Simico, fiduciosa, ha già pubblicato sul portale appalti la gara europea per la progettazione e l'esecuzione dei lavori per l'impianto. La determina a contrarre firmata dal ceo Fabio Saldini, indice "l'avvio della procedura ristretta, per l'affidamento dell'appalto per l'importo complessivo di 22.841.328 euro, di cui 21.953.460 per lavori a corpo e 229.264 per lo sviluppo della progettazione esecutiva oltre a 658.603 per i costi della sicurezza, a fronte di una durata complessiva dell'appalto pari a 240 giorni".
Gazzettino | 21 marzo 2025
p. 37, edizione Belluno
Nuova cabinovia: «Una cattedrale nel deserto»
MARCO DIBONA
CORTINA
Stia attento il Comune di Cortina d'Ampezzo, perché rischia di ritrovarsi a gestire il nuovo, oneroso impianto di risalita da Revis a Socrepes, senza avere a disposizione il parcheggio alla partenza della cabinovia, nel piazzale sotto i campi di tennis Apollonio. Nel caso peggiore, l'amministrazione pubblica ampezzana dovrà addirittura sobbarcarsi l'onere di smantellare una struttura che non potrà andare avanti, nel suo esercizio, perché insiste su una frana attiva, che sposterà i sostegni, i piloni che reggono le funi: è il monito che lancia Andrea Gillarduzzi, geologo ingegneristico e manager, che vive e lavora all'estero, soprattutto nel Regno Unito, ma che mantiene stretti contatti con la sua comunità di origine, risiede a Lacedel, il villaggio che sarà affiancato dal nuovo impianto di risalita. LA SCADENZA A pochi giorni dalla conferenza di servizi di lunedì che dovrà varare il progetto della cabinovia, al termine di un iter travagliato, Gillarduzzi invia una lettera aperta ai consiglieri comunali di Cortina, ai funzionari del comune, della Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture dei trasporti e della Provincia di Belluno, servizio impianti a fune. I mesi scorsi Gillarduzzi aveva già avuto modo di esprimere motivate riserve sul progetto della cabinovia, valutando gli aspetti ambientali, con il passaggio delle funi a ridosso delle abitazioni e soprattutto con l'ipotesi di costruirla sopra la frana, che scende dalle pendici della Tofana sino al fondovalle, all'alveo del torrente Boite. L'ESPERIENZA Nelle valutazioni del progetto porta la sua esperienza di ventisei anni, nella pianificazione, progettazione preliminare ed esecutiva, supervisione dei lavori e monitoraggio e studi forensi per opere di trasporto, come strade, tunnel, ponti, ferrovie, porti, in oltre trenta paesi, nei cinque continenti. Gillarduzzi elabora inoltre una valutazione economica: «La Valutazione di impatto ambientale per questo sistema integrato di mobilità intermodale, legato ai Giochi 2026, è stata ottenuta il 13 febbraio 2025. In seguito, Società infrastrutture Milano Cortina ha diviso il progetto in tre stralci: il parcheggio sotterraneo, la cabinovia e un people mover. Inoltre Simico, per assicurare la realizzazione dell'impianto in tempo utile, è subentrato nella titolarità del progetto, per la sola cabinovia, alle società Pool Engineering e Quick no problem parking, che erano i proponenti privati. L'attuale proposta
COLLEGAMENTO COMELICO – PUSTERIA: GLI AGGIORNAMENTI
Gazzettino | 12 marzo 2025
p. 37, edizione Belluno
«No al collegamento Comelico - Pusteria»
ALDO DE PELLEGRIN BOLZANO
Da ben più di un decennio ormai, l’ampliamento dell’area sciistica delle Tre Cime di Lavaredo in Alta Pusteria, è uno degli scopi primari dell’intero settore turistico economico delle due aree sciistiche confinanti, italiana ed austriaca, ed anche del comune di Comelico Superiore. L’obiettivo è quello di realizzare un carosello sciistico che coinvolga l’austriaca Thurntal da Lienz a Sesto Pusteria attraverso la Cresta Carnica e, sul versante sud-est di Passo Monte Croce Comelico, anche gli impianti di Padola. Mentre sul versante italo austriaco si sta già lavorando avvicinandosi alla soluzione, il progetto di un impianto di risalita a due tronconi, già pronto da un paio d’anni presso il municipio di Comelico Superiore è invece fortemente avversato dalle associazioni ambientaliste Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness e Wwf che la giudicano un’opera dal grave impatto su aree di elevata integrità naturalistica e patrimonio dell’umanità Unesco. Il conseguente ricorso al Tar del Veneto per ottenere un deciso «no a nuove piste o impianti sciistici in aree della Rete Natura 2000» ha vissuto giovedì scorso l’udienza di discussione davanti al Tribunale di giustizia amministrativa di Venezia. Secondo i legali delle associazioni ambientaliste il previsto collegamento tocca aree di elevata integrità naturalistica, ambientale ed ecosistemica, sottoposte al vincolo di area vasta ed intersecante aree della Rete Natura 2000. Anche in questa occasione le associazioni ambientaliste hanno ribadito che il collegamento sciistico non si può fare, stante l’assoluto divieto nelle aree della Rete Natura 2000 di realizzare nuove piste da sci e nuovi impianti sciistici ad eccezione di quelli già previsti negli atti di pianificazione esistenti alla data della sua entrata in vigore. Nel corso dell’udienza le stesse associazioni hanno rilevato che nessun documento offerto in giudizio dal Comune di Comelico Superiore è stato idoneo a dimostrare che nel 2007 il collegamento sciistico contestato fosse già previsto negli atti di pianificazione comunale. Ora si rimane in attesa della decisione del Tar. Le associazioni ricorrenti auspicano «una sentenza che preservi un territorio di grande valore ambientale».
Gazzettino | 12 marzo 2025
p. 37, edizione Belluno
Ambientalisti in tribunale: «No al collegamento sciistico»
YVONNE TOSCANI
COMELICO SUPERIORE
Nuovo affondo delle associazioni ambientaliste sul collegamento sciistico fra il comprensorio del Comelico e quello della Val Pusteria. Nei giorni scorsi, al Tribunale amministrativo regionale di Venezia, c'è stata l'udienza degli ambientalisti, che hanno parlato di «opera dal grave impatto su aree di elevata integrità naturalistica e patrimonio dell'umanità Unesco». E dall'aula hanno alzato il tiro evidenziando il no a nuove piste o impianti sciistici nelle aree della rete Natura 2000. Ed ora Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness e Wwf auspicano una sentenza che tuteli la biodiversità del Comelico. LA BATTAGLIA Dunque, il 6 marzo scorso, davanti al Tar Veneto, si è tenuta l'udienza di discussione del ricorso presentato dalle associazioni ambientaliste avverso il contestato collegamento
20 prevede di realizzare la cabinovia con solo scopo di servizio durante gli eventi olimpici. Dopo le Olimpiadi non potrà essere in servizio ordinario, fintanto che non saranno completati il parcheggio e il people mover. Un cronoprogramma molto ottimistico suggerisce un periodo di 20-22 mesi per completarli: pertanto la cabinovia resterebbe ferma un paio di stagioni dopo le Olimpiadi. Società Simico ha durata fino al 31 dicembre 2026, quando verrà liquidata e smetterà di esistere: non vedrà il completamento del parcheggio e del people mover. La responsabilità della cabinovia, costruita con soli soldi statali, sarà ceduta al comune, che la gestirà. Ne diverrà responsabile, anche se non funzionante, e si accollerà i costi notevoli di gestione ed eventuale smantellamento». I DUBBI Permangono tutti i timori di carattere idrogeologico: «Il tracciato delle funi giace su una frana attiva e richiederà il monitoraggio obbligatorio del suolo e della cabinovia per la durata della struttura: servirà il continuo coinvolgimento di esperti per mantenere, monitorare, sostituire e interpretare la strumentazione. Per i certi movimenti della frana, vi sarà la necessità di continua manutenzione anche straordinaria dei supporti. Nel caso peggiore, il sistema di monitoraggio della cabinovia potrebbe indicarne l'incompatibilità con la frana. C'è il rischio che si resti con una cattedrale nel deserto, o piuttosto con una cabinovia inutilizzata o di difficile gestione. Resta la speranza di non aggiungere un'altra struttura, costruita con fondi pubblici, a una lunga lista. Simico ha certamente a cuore le Olimpiadi, ma non si capisce chi stia tutelando Cortina e chi ci abita». Marco Dibona © RIPRODUZIONE RISERVATA.
sciistico tra il Comelico e la Val Pusteria. Hanno ribadito che il progetto tocca aree di elevata integrità naturalistica, ambientale ed ecosistemica, sottoposte ai vincoli ex lege ed al vincolo di area vasta del 2019. Quest'ultimo, che riguarda anche la Val d'Ansiei, come noto era stato annullato nel 2022 dal Tar ed è stato ripristinato nel 2024 dal Consiglio di Stato. Davanti ai giudici le associazioni ambientaliste hanno sostenuto, per l'ennesima volta, che il collegamento sciistico non si può fare, stante l'assoluto divieto normativo che vieta nelle aree della Rete Natura 2000 la realizzazione di nuove piste da sci e di nuovi impianti sciistici, ad eccezione di quelli già previsti negli atti di pianificazione esistenti alla data della sua entrata in vigore. «Difatti spiegano Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness e Wwf nessun documento offerto in giudizio dal Comune di Comelico Superiore è stato idoneo a dimostrare che nel 2007 il collegamento sciistico contestato fosse già previsto negli atti di pianificazione comunale». In udienza le associazioni ambientaliste hanno anche evidenziato come negli atti del giudizio la stessa Soprintendenza aveva qualificato come particolarmente grave il fatto che le varianti urbanistiche approvate dal Comune ed impugnate dalle associazioni ambientaliste non abbiano tenuto in alcun conto il decreto ministeriale di area vasta, pienamente vigente ed efficace al momento della loro approvazione, agendo come se tale decreto non fosse mai esistito. GLI AUSPICI Ora Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness e Wwf restano in attesa della decisione del Tar, auspicando «in una sentenza che preservi un territorio di grande valore ambientale e ricco di biodiversità, nel rispetto delle generazioni future, per contribuire alla battaglia contro i cambiamenti climatici». L'APPELLO Le associazioni, infine, si rivolgono alle comunità locali per invitarle a ripensare alla pianificazione del loro territorio, cercando di valorizzare e preservare la ricchezza naturale e la biodiversità che ancora sopravvivono nel loro comprensorio, affinché si facciano portatrici di nuovi valori ecologici, fondamentali in questo periodo in cui la crisi climatica pone ogni giorno sfide nuove da gestire. Ma la maggioranza della popolazione guarda con favore al collegamento, come strumento per fermare lo spopolamento. Il collegamento sciistico tra il Comelico e l'Alta Pusteria è inserito nel più grande piano progettuale denominato Stacco, cioè Strategia per l'accessibilità del sito Unesco e per uno sviluppo equilibrato del Comelico, contenitore con ampie iniziative integrate per un progresso secondo principi di sostenibilità e rispetto ambientale dell'intero territorio. E l'esempio di buone pratiche cui guardare è quello della Pusteria, il cui sistema, come quelli nelle Alpi svizzere o austriache, ha curato molto l'impatto ambientale e paesaggistico. Del resto le due piste e i due impianti di risalita previsti occuperebbero soltanto l'1,5 per cento della superficie boschiva comeliana, pari complessivamente a 18mila ettari. Yvonne Toscani
Corriere del Veneto | 12 marzo 2025
p. 10, edizione Treviso – Belluno
Comelico-Valpusteria, funivie al Tar «Gli impianti non si possono realizzare»
Ugo Cennamo
Belluno
Non c’è pace per il Comelico. Dopo la chiusura totale della galleria nello scorso weekend per consentire di effettuare lavori straordinari e che ha costretto residenti e turisti a doversi allungare fin verso Danta o Comelico Superiore per entrare o per uscire dal territorio, torna a far discutere il progetto di collegare il comprensorio sciistico della Val Pusteria con il Comelico, tanto caldeggiato da operatori economici e residenti nel territorio quanto osteggiato dagli ambientalisti. L’ultimo capitolo della vicenda si è giocato nei giorni scorsi davanti al Tar del Veneto in occasione dell’udienza di discussione del ricorso presentato dalle associazioni ambientaliste Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness e Wwf da sempre contrari alla realizzazione di nuovi impianti di risalita. Progetto già finanziato per un totale di 38,5 milioni di euro per realizzare due cabinovie: la prima dalla Val Grande sale verso Col d’la Tenda e la seconda che dalla stessa Val Grande porta al Collesei, sopra il Passo Monte Croce, per le due piste che si chiameranno Valgrande e Popera. Il nuovo collegamento, attualmente garantito da un servizio di navette su gomma, secondo quanto sostengono le associazioni, tocca aree di elevata integrità naturalistica, ambientale ed ecosistemica, sottoposte al vincolo di area vasta ripristinato nel 2024 dal Consiglio di Stato, dopo che il Tar Veneto nel 2022 lo aveva annullato, e intersecante aree della Rete Natura 2000. Davanti ai giudici amministrativi gli ambientalisti hanno ribadito che il collegamento sciistico non si può fare. Nessun documento offerto in giudizio dal Comune di Comelico Superiore è stato idoneo a dimostrare che nel 2007 il collegamento sciistico contestato fosse già previsto negli atti di pianificazione comunale, pur trattandosi di un’opera annunciata e mai realizzata di cui si favoleggia da decenni proprio perché rappresenterebbe un evidente valore aggiunto all’attrattività turistica del Comelico. La stessa Soprintendenza aveva qualificato come «particolarmente grave» il fatto che le varianti urbanistiche approvate dal Comune e impugnate non abbiano tenuto in nessun conto il decreto ministeriale di area vasta, pienamente vigente ed efficace al momento della loro approvazione. Nella nota congiunta, le associazioni auspicano una sentenza «che preservi un territorio di grande valore ambientale e ricco di biodiversità, nel rispetto delle generazioni future, per contribuire alla battaglia contro i cambiamenti climatici» e si rivolgono alle comunità locali per «ripensare alla pianificazione del loro territorio, cercando di valorizzare e preservare la ricchezza naturale e la biodiversità che ancora sopravvivono nei loro territori, affinché si facciano portatrici di nuovi valori ecologici, fondamentali in questo periodo in cui la crisi climatica ci pone ogni giorno sfide nuove da gestire». Da un punto di vista strettamente turistico e in una visione di rilancio di un territorio ai margini delle aree più sviluppate del Bellunese, come Agordino e Cadore, l’impianto arricchirebbe la zona di un’attrazione che ad oggi è solo parzialmente sfruttata. Progetto finanziato attraverso un partneriato pubblico e privato, investimento che coinvolge Franz Senfter, presidente della società Tre Cime Dolomiti che gestisce gli impianti sciistici di San Candido, Monte Elmo, Croda Rossa, Signaue e Padola che coprirebbe il 30 per cento dei costi totali, mentre il restante 70 per cento arriverebbe dal Fondo dei Comuni Confinanti.
Gazzettino | 13 marzo 2025
p 27, edizione Belluno
«Padola-Monte Croce: presidio contro lo spopolamento»
LUCIO EICHER CLERE
L'ITER COMELICO
Il conflitto tra le associazioni ambientaliste, Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness e Wwf, e le istituzioni locali sul collegamento tra Padola e Passo Monte Croce Comelico attende la risposta del Tar veneto al ricorso presentato a Venezia dalle associazioni stesse, che auspicano una sentenza che tuteli la biodiversità del Comelico. L'avversità degli ambientalisti alla realizzazione di piste e impianti di risalita nell'area di Valgrande di Comelico Superiore e del monte Coldè va avanti da decenni, come i progetti del Comune di Comelico Superiore, che hanno superato anche le osservazioni della Soprintendenza, con l'accordo sulla integrazione tra impiantistica e valorizzazione storico culturale del sito. Nell'attesa della sentenza del Tar, il Comune di Comelico Superiore ribadisce la completezza dei vari passaggi burocratici del progetto e lo farà con un comunicato del sindaco Marco Staunovo Polacco. PALAZZO PILONI Intanto dalla Provincia di Belluno prende posizione Silvia Calligaro, in qualità di rappresentante delle terre alte, contro il ricorso delle associazioni ambientaliste. «Solo un territorio abitato - dice- è un territorio che può essere tutelato. Oggi la montagna che lotta contro uno spopolamento feroce ha bisogno di strumenti concreti per creare economia, turismo, lavoro, servizi. E un impianto sciistico, che è un mezzo di trasporto sostenibile, può essere proprio uno di questi strumenti». La vice presidente della Provincia non sottovaluta le preoccupazioni degli ambientalisti. «È chiaro -ribadisce- che non possiamo prescindere dalla sostenibilità. Sostenibilità presente sia nel progetto dell'impianto sciistico, sia anche nella vivibilità e nell'economia dei territori, e questo come gente di montagna lo sappiamo benissimo. A maggior ragione per un'area - quella del Comelico - che oggi soffre una potenziale marginalità in termini di servizi. Nelle terre alte è fondamentale preservare la presenza umana con il senso di comunità che le contraddistingue, anche creando motori di sviluppo e di lavoro, perché è questo che preserva la montagna, il suo paesaggio, i suoi valori ecosistemici e fondanti. L'uomo normalmente abita in un territorio, in montagna invece vive e rende vivo un territorio, perché lì può lavorarci e starci bene. Ecco, questo è il primo presidio contro lo spopolamento e a tutela dell'ambiente». IL PRECEDENTE Questo nuovo passaggio della venticinquennale vicenda del collegamento Padola-Pusteria riempie d'amarezza soprattutto la gente di Padola, che nutre ormai poca speranza sull'esito positivo del progetto di collegamento sciistico tanto atteso per far crescere l'economia turistica locale, sia invernale che estiva. Lucio Eicher Clere © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corriere delle Alpi | 13 marzo 2025
p. 29
Calligaro sul ricorso contro la funivia «Fa male al territorio» Guarda: «Pietra miliare dei diritti dei cittadini»
Comelico
«Solo un territorio abitato può essere tutelato. Oggi la montagna che lotta contro uno spopolamento feroce ha bisogno di strumenti concreti per creare economia, turismo, lavoro, servizi. E un impianto sciistico, che è un mezzo di trasporto sostenibile, può essere proprio uno di questi strumenti». Così la vice presidente della Provincia di Belluno, Silvia Calligaro, in qualità di rappresentante delle terre alte, in merito al ricorso al Tar presentato dalle associazioni ambientaliste contro il collegamento sciistico Comelico-Pusteria. «Ovviamente non possiamo prescindere dalla sostenibilità. Sostenibilità presente sia nel progetto dell'impianto sciistico sia nella vivibilità e nell'economia dei territori e questo come gente di montagna lo sappiamo benissimo. A maggior ragione per un'area – quella del Comelico – che oggi soffre una potenziale marginalità in termini di servizi. Nelle terre alte è fondamentale preservare la presenza umana con il senso di comunità che le contraddistingue, anche creando motori di sviluppo e di lavoro, perché è questo che preserva la montagna, il suo paesaggio, i suoi valori ecosistemici e fondanti. L'uomo normalmente abita in un territorio, in montagna invece vive e rende vivo un territorio, perché lì può lavorarci e starci bene. La montagna e noi montanari, non abbiamo bisogno di un amministratore di sostegno nelle nostre scelte», conclude Calligaro. «Anche perché chi vorrebbe imporre la propria visione è quasi sempre proveniente da fuori, non abita questi territori, non li conosce e li apprezza solo come villaggio vacanza. Non è questo che serve alla montagna». © RIPRODUZIONE
Gazzettino | 18 marzo 2025
p. 37, edizione Belluno
«Collegamento con la Pusteria vitale per il comprensorio»
YVONNE TOSCANI COMELICO SUPERIORE
Fronte del territorio compatto contro la dura presa di posizione delle associazioni ambientaliste. Nei giorni scorsi, davanti al Tar di Venezia, Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness e Wwf hanno descritto il collegamento sciistico fra il Comelico e la Pusteria come "opera dal grave impatto su aree di elevata integrità naturalistica e patrimonio dell'umanità Unesco". Da più parti si era levata una dura reazione. LA PRESA DI POSIZIONE «Il collegamento con la Pusteria afferma Davide Zandonella Necca, delegato comunale Confcommercio di Comelico Superiore e componente della giunta provinciale rappresenta non solo un'opportunità di sviluppo turistico, ma un elemento chiave per l'intero tessuto imprenditoriale del Comelico». Confcommercio Belluno-Dolomiti da quasi vent'anni si sta adoperando affinché il collegamento venga completato, considerandolo un'opera di cruciale importanza per il rilancio economico e turistico dell'area, che non può più subire ulteriori ritardi o incertezze. L'associazione evidenzia come garantire economia alla montagna significhi garantirne il popolamento e il presidio del territorio. «Lo sviluppo infrastrutturale della montagna è il più efficace strumento per garantire la permanenza delle comunità locali e il mantenimento di servizi essenziali sottolinea Davide Zandonella Necca . Senza una solida economia di supporto il rischio è lo spopolamento progressivo, con conseguenze devastanti per l'equilibrio socioeconomico e ambientale della nostra valle». L'integrazione dell'offerta sciistica locale con un sistema di collegamenti più ampio garantirebbe un afflusso turistico costante, una maggiore competitività rispetto ad altre località alpine e un significativo indotto economico per le attività del commercio e del turismo. «Investire in infrastrutture turistiche sostenibili prosegue Zandonella Necca significa creare le condizioni per un'economia di montagna solida e resiliente, capace di offrire opportunità di lavoro e di crescita per le future generazioni».
L'IMPEGNO Nonostante gli sforzi profusi negli ultimi due decenni da Confcommercio Belluno-Dolomiti, il progetto del collegamento scioviario continua a essere oggetto di ritardi e incertezze. «Non possiamo più permetterci procrastinazioni e tentennamenti conclude il delegato comunale . Se questa situazione persisterà, a breve, le attività del commercio e del turismo locali si troveranno in numeri assoluti tali da richiedere una tutela urgente da parte dell'associazionismo più attento alla salvaguardia socioambientale». Confcommercio BellunoDolomiti ribadisce così con forza l'urgenza di portare a compimento lo strategico progetto, nella convinzione che solo attraverso un serio impegno istituzionale e una chiara volontà politica si potrà garantire un futuro solido e sostenibile al territorio montano del Comelico. Yvonne Toscani © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corriere delle Alpi | 19 marzo 2025
p. 35
Collegamento con la Pusteria è ancora muro contro muro comelico superiore È muro contro muro tra ambientalisti da una parte e amministratori locali e operatori economici dall'altra sul progettato collegamento sciistico tra Padola e la Pusteria, dopo che davanti ai giudice del Tar Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness e Wwf hanno ribadito il loro no al progetto. Dopo che il sindaco Marco Staunovo Polacco e la vice presidente della Provincia Silvia Calligaro hanno difeso le ragioni del progetto, le associazioni ambientaliste tornano alla carica. «La narrativa di queste dichiarazioni è anacronistica e costruita su luoghi comuni», dicono gli ambientalisti. «Ancora oggi, in piena crisi climatica, mentre sulle Alpi scorre l'inverno più caldo e povero di neve di questo secolo, si continua a sostenere lo sviluppo dell'industria dello sci a scapito dei beni comuni, del paesaggio, delle risorse autentiche che la montagna può offrire. La Banca d'Italia ha dichiarato, nel proprio rapporto annuale del 2022, che gli investimenti in ambito sciistico sotto i 2000 metri di quota non sono economicamente sostenibili.
L'area in questione è esposta a sud-ovest, compresa tra i 1.200 e i 1.900 metri di altitudine e pertanto estremamente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico. Investire risorse in un impianto sciistico in un contesto che, anno dopo anno, vede ridursi drasticamente l'innevamento naturale non è sostenibile: è una scommessa azzardata». «Garantire economia alla montagna significa garantirne il popolamento e il presidio del territorio», ribattono Confcommercio e Davide Zandonella Necca, delegato comunale di Comelico Superiore e componente della giunta provinciale dell'associazione di categoria. «Senza una solida economia di supporto», dichiara, «il rischio è lo spopolamento progressivo, con conseguenze devastanti per l'equilibrio socio-economico e ambientale della nostra valle.
Il collegamento con la Val Pusteria rappresenta non solo un'opportunità di sviluppo turistico, ma un elemento chiave per l'intero tessuto imprenditoriale del Comelico». L'integrazione dell'offerta sciistica locale con un sistema di collegamenti più ampio garantirebbe un afflusso turistico costante, una maggiore competitività rispetto ad altre località alpine e un significativo indotto economico per le attività del commercio e del turismo. «Siamo consapevoli», prosegue Zandonella Necca, «che investire in infrastrutture turistiche sostenibili significa creare le condizioni per un'economia di montagna solida e resiliente, capace di offrire opportunità di lavoro e di crescita». Intanto da tutti i municipi del Comelico viene espresso pieno appoggio al progetto Stacco, che comprende anche il collegamento con la Pusteria. I sindaci sottolineano «la valenza culturale, naturalistica e ambientale della proposta del progetto Stacco: non è solo un collegamento sciistico, ma un'idea di sviluppo delle comunità nel rispetto della nostra tradizione e della nostra storia. La comunità del Comelico ha sempre operato scelte volte a bilanciare gli interessi antropici con quelli paesaggistici e naturali: anche il progetto Stacco si inserisce perfettamente nella storia e nella tradizione di queste scelte. Il collegamento tra valli contigue non va letto solo e unicamente in chiave economico-turistica, ma contempla una serie di ulteriori interessi che ben si sposano con i valori di tutela dell'ambiente e del patrimonio. Il collegamento rappresenta il superamento della visione della montagna come divisiva, aprendo ad una visione di montagna come luogo d'incontro tra storie e culture diverse, che possono, con questo progetto, parlarsi e crescere insieme».
Corriere delle Alpi | 22 marzo 2025
p. 36
Padola, collegamento con la Pusteria: Regole a fianco di sindaco e Provincia
YVONNE TOSCANI
COMELICO SUPERIORE «Gli interventi sul collegamento sciistico della vicepresidente della Provincia di Belluno, Silvia Calligaro, e del sindaco di Comelico Superiore, Marco Staunovo, non sono la voce della politica, ma il grido della gente comeliana»: la puntualizzazione è del caporegola di Padola, Nunzio Pocchiesa Vecchiuto che sottolinea che i comeliani «vogliono continuare a vivere qui, decidendo come e senza intromissioni di persone o enti esterni, rappresentanti di una minoranza che non ha nessuna proposta alternativa per il futuro». IL MESSAGGIO Destinatari del messaggio sono gli ambientalisti che, davanti ai giudici del Tribunale amministrativo regionale di Venezia, nella recente udienza, hanno parlato del collegamento sciistico tra il Comelico e la Pusteria come di un'"opera dal grave impatto su aree di elevata integrità naturalistica e patrimonio dell'umanità Unesco". «Non possiamo accettare lezioni da chi, senza nessun titolo riconosciuto, con arroganza e senza rispetto, ci dice cosa fare delle nostre vite e del futuro dei nostri figli, dimenticando la nostra storia e le nostre origini afferma il presidente della Regola . Vorrei ricordare alcune cose che fanno parte della nostra storia e che le associazioni ambientaliste ignorano, si dimenticano o non ne tengono conto». In una breve sintesi storica, Nunzio Pocchiesa Vecchiuto ricorda sia le finalità delle Regole, che nei secoli hanno mantenuto un equilibrio fra uomo, famiglia, comunità, ambiente, sia il nuovo statuto che prevede la destinazione dei beni regolieri a fini turistici. L'APPELLO «È incomprensibile continua il caporegola se non addirittura inaccettabile, non solo per me, ma per tutta la gente di montagna, che qui vive tutto l'anno, che persone o enti, non si sa bene a che titolo o in base a quali competenze o diritto, possano, senza nessuna vergogna, non rispettare la volontà delle comunità locali che dei boschi e pascoli sono i legittimi proprietari, decidendo per loro il futuro di quelle terre». Per il presidente della Comunione familiare di Padola, le cui decisioni sono state sempre prese democraticamente dall'assemblea, gli investimenti fatti, per lo sci tanto alpino quanto nordico e per il turismo in generale, hanno creato nuove opportunità di lavoro per la gente locale dopo l'abbandono dell'agricoltura. «Dove ora sorgono gli impianti conclude una volta c'erano prati e pascoli che venivano puntualmente sfalciati. Anche a Colesei, dove è in programma il collegamento, il bosco tagliato verrà compensato come previsto dai regolamenti forestali. Negli ultimi 50 anni il bosco è aumentato esponenzialmente». Yvonne Toscani © RIPRODUZIONE RISERVATA.
COLLEGAMENTO SALTRIA – MONTA PANA
Alto Adige | 4 marzo 2025
p. 30
«L’impianto a Monte Pana non è al passo coi tempi»
MASSIMILIANO BONA
SANTA CRISTINA/ALPE DI SIUSI
Se non è una sentenza poco ci manca: l’assessore provinciale all’ambiente Peter Brunner, dopo aver incontrato gli attivisti dell’associazione “Nosc Cunfin”, ha sostanzialmente chiuso le porte al nuovo impianto da Monte Pana (a Santa Cristina) a Saltria (Alpe di Siusi, nel Comune di Castelrotto). Ha ricordato che il processo partecipativo deve ancora concludersi - e in effetti le tre assemblee pubbliche informative non si sono tenute per espressa volontà degli imprenditori che sostengono l’iniziativa - ma ha aggiunto che «un simile progetto non è al passo coi tempi e che difficilmente esso troverebbe la maggioranza in giunta provinciale». Non ci sarebbero inoltre i presupposti «per inserirlo nel piano provinciale delle piste da sci». E ancora: «I processi partecipativi, dunque, devono essere portati a termine e solo allora i nostri uffici attueranno le procedure di tutela». Come molti ricorderanno i residenti, soprattutto quelli contrari, hanno fatto sentire “forte e chiara” la loro voce. Oltre 1600 cittadini hanno presentato le loro osservazioni sul controverso collegamento e il 95% di essi si è dichiarato contrario. Al punto da indurre, appunto, gli impiantisti interessati a rimettere il progetto nel cassetto in attesa di tempi migliori. Il progetto, in realtà, potrebbe essere definitivamente cassato già domani sera, quando approderà in consiglio comunale a Santa Cristina. È verosimile che, per evitare discussioni accese, si scelga la strada del voto segreto. “Nosc Cunfin” ha approfittato dell’incontro con Brunner per chiedere una maggiore tutela del Gruppo del Sassolungo, una battaglia che ha consentito di raccogliere nei mesi scorsi ben 70 mila firme, tra turisti e residenti. ©RIPRODUZIONE RISERVATA.