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«La memoria del bello», dall’incredibile scoperta alla mostra

Alessandro Colombini

Impronte, matrici di gemme incise, placchette e medaglie. un repertorio eccezionale in una doppia mostra dal titolo la memoria del bello che dal 10 ottobre 2020 è visitabile nel museo della zecca di lucca e nel ‘museino’ retrostante la chiesa di san Francesco. la Fondazione antica zecca di lucca e la Fondazione cassa di risparmio di lucca hanno dato vita qui a un’esposizione molto

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Dall’Antica Zecca di Lucca un’esposizione su un’eccezionale manifattura lucchese di placchette in gesso dell’Ottocento venuta alla luce solo pochi anni fa

particolare, con una storia altrettanto singolare. il repertorio infatti è tornato alla luce solo pochi anni fa grazie ad un ritrovamento fortuito, da parte dell’architetto raimondo del soldato, all’interno di un metato nei boschi sopra calavorno, nel comune di coreglia. un’incredibile raccolta che l’allora Magister monetae giuliano marchetti volle acquistare per la zecca, dove roberto Orlandi si occupò di ordinare i pezzi e metterli in sicurezza: oltre settemilacinquecento elementi tra impronte in gesso, in pasta vitrea e in zolfo e altro ancora dai soggetti più disparati, comunque riferibili ad una manifattura ottocentesca di alto livello. Dalle immagini votive, di carattere religioso, a

1. i locali della mostra 2. il calco della gemma con tolomeo ii e arsinoe 3. l’impronta che raffigura lo scudo di achille

una serie di temi legati alla numismatica antica e alla mitologia classica e tanti personaggi celebri – abbondano i profili di napoleone – molto apprezzati dal mercato francese dell’epoca. un repertorio che, grazie alla mediazione di maria stuarda Varetti, ha attratto l’attenzione anche di un grande cultore della materia come gabriele Vangelli de cresci, autore di un volume ampio e definitivo sulla collezione, pubblicato nel 2018 e intitolato A minima ad maxima. «se si parla di impronte di questo genere –mi sono trovato ad affermare in qualità di Presidente della Fondazione antica zecca di lucca – siamo di fronte alla collezione più ampia conosciuta al mondo. un ‘tesoro ritrovato’ che con questa esposizione trova il giusto momento di divulgazione». un’esposizione, curata da Franca maria Vanni, in cui è presente una selezione, attenta e altamente rappresentativa, di questa vasta raccolta, in cui i temi cari al mercato internazionale d’arte del XiX secolo, prendevano vita attraverso la sapiente manifattura del gesso che nella Valle del serchio vanta una tradizione secolare.

IL punto dI vIsta deLLa CuRatRICe: paRoLa a FRanCa MaRIa vannI la mostra è nata per valorizzare e far conoscere questo materiale, tutto di altissima qualità, che traduceva in gesso gemme antiche, monete, medaglie, opere di famosi scultori rinascimentali e neoclassici, fregi di edifici antichi, era stato realizzato dalla manifattura che Orazio Barsanti aveva impiantato nel 1820, in un edificio adiacente alla sua villa a terzoni. molto probabilmente, l’idea di creare questa fabbrica era maturata nel corso dei suoi frequenti viaggi a Parigi per espletare le richieste di medaglie napoleoniche di collezionisti italiani tramite il fratello che lavorava in una casa d’aste. Parigi allora era il centro più importante per la vendita delle impronte in gesso che, nella prima metà del XiX secolo, venivano utilizzate anche dalle accademie di belle arti a scopo didattico. Dato che il costo degli originali era alla portata di pochi, in età neoclassica divennero di gran moda le riproduzioni in gesso che, con un prezzo accessibile, davano la possibilità di avere una copia degli originali osservando i quali apprezzare la bellezza delle iconografie e le capacità tecniche degli artisti che le avevano create. la documentazione rimasta testimonia che la ditta Barsanti riceveva commissioni non solo da eminenti personaggi europei, ma anche da famose istituzioni, come il cabinet des médailles che richiese 250 impronte di gemme della collezione francese.

il percorso espositivo della mostra si sviluppa in diciassette vetrine attraverso le quali il visi-

tatore può ripercorrere la storia di questa manifattura e conoscerne la produzione. la documentazione manoscritta rimasta, unitamente a nominativi ed indirizzi scritti dietro alcuni calchi, consentono di conoscere il tipo di clientela e i commercianti parigini, ubicati per lo più in rue de la rochette (la strada che da piazza della Bastiglia conduce al cimitero di Père lachaise), presso i quali si potevano acquistare i calchi della manifattura Barsanti. tra di essi spiccano molti cognomi di chiara origine toscana probabili discendenti di quei figurinai lucchesi emigrati in Francia nella seconda metà del XViii secolo. tra i rivenditori locali è da segnalare chales rouy che, nella galérie Vivienne a Parigi tutt’ora esistente, vendeva calchi prodotti dai Barsanti in una sorta di esclusiva testimoniata dall’intestazione del suo negozio incisa sopra. generalmente i calchi vengono realizzati in gesso; la manifattura Barsanti oltre al gesso proveniente dalle cave toscane (garfagnana, castellina marittima) utilizzava quello estratto dalla cava presso la carriére Forêt de montmorency per il suo particolare colore bianco. il minerale, acquistato grezzo, una volta giunto a terzoni veniva tritato fino ad ottenere una polvere di gesso molto sottile che, amalgamata con l’acqua, era pronta per creare la matrice. Da questa, in negativo, si ricavava il calco o impronta dell’oggetto che doveva essere riprodotto. nella prima metà del XiX secolo le collezioni di calchi riproducenti gemme, monete, bassorilievi in scala ridotta, divennero di gran moda nella società dell’epoca. la manifattura Barsanti produceva calchi di opere famose realizzati con grande fedeltà nei particolari che veniva ottenuta, nel caso di gemme, monete e medaglie ricavando le matrici direttamente dagli originali facenti parte della collezione del proprietario. una volta realizzate le impronte, queste venivano messe in commercio in varie soluzioni: incollate entro pannelli rettangolari provvisti di vetro, dei quali sono esposte due confezioni originali; vendute singolarmente, talvolta con la cornice per essere appese alle pareti; riunite in set che venivano acquistati dai viaggiatori dei Grand Tour come souvenir. i calchi sono suddivisi per soggetti a partire dalle grandi gemme, capolavori della glittica greco romana, tra cui la matrice per il calco della famosa gemma claudia, un cammeo del 49 d.c. e l’impronta del cammeo di età ellenistica con i ritratti di tolomeo ii e arsinoe (fig. 2). non mancano rielaborazioni di soggetti classici che ebbero tanto successo nella prima metà del XiX secolo. Particolarmente suggestiva l’impronta dello scudo che achille utilizzò nel combattimento contro ettore. essa riproduce la versione grafica della descrizione che ne fa Omero (fig. 3). una vetrina intera è dedicata poi ai calchi raffiguranti i cartoni commissionati a raffaello da Papa leone X per gli arazzi della cappella sistina. le impronte di essi vennero realizzate utilizzando le riduzioni di henning che le otteneva attraverso la creazione di matrici in ardesia (fig. 4). Orazio Barsanti possedeva una collezione di medaglie napoleoniche dalle quali trasse i calchi molto richiesti dai collezionisti, tra questi quello della medaglia che celebra la presa della Bastiglia opera di Betrand andrieu, il più famoso incisore di napoleone. Bertel torvalsen nel 1812, realizzò, su commissione di Bonaparte, il fregio per uno dei saloni del Quirinale a roma che sarebbe dovuto divenire la sede imperiale. esso, volto a celebrare napoleone come nuovo alessandro magno, raffigurava l’entrata di questo valoroso macedone a Babilonia. È possibile ammirare in mostra i calchi della versione commissionata per il Temple de la gloire a Parigi, poi acquistata da sommariva. in quattro vetrine posizionate al centro della sala è esposta una selezione di impronte di gemme appartenenti alla collezione del principe polacco stanislaw Poniatowski (fig. 5). Questa raccolta ha una storia degna di essere raccontata. Dopo la morte del principe, venne messa all’asta l’intera collezione, più di

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4. la vetrina con le impronte dei cartoni di raffaello 5. una vetrina con ci calchi delle gemme Poniatowski 6. una delle paste vitree 7. Dritto della medaglia che celebra napoleone generale dell’armata d’italia

4 2.500 esemplari, molti dei quali firmati da famosi incisori greci tra i quali Dioscoride. il colonnello John tyrrel si aggiudicò 1.400 gemme e incaricò Oegle di redigerne il catalogo a stampa. Quest’ultimo però fece notare che molti esemplari non erano originali antichi. scoppiò uno scandalo e molte gemme acquistate vennero restituite alla casa d’aste. ricerche successive chiarirono che Poniatowski aveva ricevuto in eredità un piccolo nucleo di gemme antiche e, per incrementare la raccolta, commissionava a valenti incisori dell’epoca, la realizzazione di esemplari fornendone lui stesso i disegni.

Orazio Barsanti non produceva solamente calchi ma anche paste vitree, utilizzate in gioielleria, ottenute per colatura da matrici realizzate con una particolare farina fossile, chiamata tripoli di Venezia. in mostra sono presentate alcune di tali paste vitree esposte in modo tale che il visitatore può agevolmente vederne il soggetto essendo illuminate in trasparenza (fig. 6). anche se la manifattura Barsanti produceva calchi di alto livello per una clientela molto colta, una lettera di Filippo tognarelli di coreglia con l’elenco dei prodotti richiesti, testimonia che i Barsanti rifornivano anche figurinai locali, probabilmente per opere con soggetti più complessi o di particolare realizzazione. infine nel ‘museino’ retrostante la chiesa di san Francesco gentilmente messo a disposizione dalla Fondazione cassa di risparmio di lucca, sono stati esposti calchi e matrici di tema religioso come formelle devozionali, immagini della madonna, di santi o della vita di cristo. molti di tali calchi sono tratti da opere di artisti famosi come La Crocifissione di galeazzo mondella detto il moderno.

una visita alla mostra permette di ripercorrere le tappe più salienti della storia dell’arte italiana attraverso la produzione di una manifattura lucchese fino ad oggi sconosciuta che si avvia a fornire un notevole contributo alla conoscenza del gusto della società neoclassica europea e alla storia del territorio lucchese. una bella occasione per un viaggio attraverso i gusti, i motivi e le passioni delle famiglie nobiliari, e probabilmente anche reali, dell’europa di inizio Ottocento, raccontate da piccoli elementi di gesso, in zolfo o in pasta vitrea, lavorati da mani abili e pazienti nel tempo sospeso delle valli lucchesi.

concludiamo con una anticipazione inedita che i visitatori del museo della zecca potranno trovare a partire dal prossimo mese di settembre: una ‘mostra nella mostra’ per celebrare il bicentenario della morte di napoleone Bonaparte in una delle città italiane che meglio conservano le tracce del suo glorioso impero. nel 2021 cade il bicentenario della morte di napoleone: è per questo che il 10 settembre verrà inaugurata, sempre nei locali della casermetta san Donato sulle mura urbane, una sezione speciale dedicata alla figura del grande generale corso e che si aggiungerà all’attuale percorso della mostra. insomma una mostra, nella mostra, dal titolo Napoleone: l’uomo che dette il nome ad un’epoca. nelle vetrine dedicate a questa ricorrenza, sarà possibile, attraverso le medaglie originali ed i calchi realizzati dalla manifattura Barsanti, ripercorrere le tappe salienti della vita e le campagne militari di napoleone, due delle quali si svolsero in territorio italiano (fig. 7).

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