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Una Casa che vuol dire futuro

Nasce con questa idea il progetto casa del dopo di noi in Via elisa, a due passi dalla sede della Fondazione cassa di risparmio di lucca che tanto fortemente ha cercato di aprire un percorso nuovo nell’ambito delle problematiche legate alla disabilità. «Dopo di noi» significa dare certezze e serenità alle famiglie garantendo un domani ai loro cari, anche nel momento in cui genitori e pa-

Prende vita la nuova Casa del «Dopo di noi» in via Elisa grazie ad un accordo con le ‘Barbantine’

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renti non saranno più in grado di sostenere le esigenze quotidiane delle persone disabili. ma per costruire un ‘dopo’ è necessario crescere nel ‘durante’. per questo servono strutture in cui siano attivati percorsi di sperimentazione di vita autonoma o semi-autonoma, esperienze di convivenza comune e condivisa. È importante che la ‘casa’ che li accoglierà dopo diventi pian piano un luogo familiare, nel senso più letterale possibile. e non si tratta di una sperimentazione creativa, di un ‘esercizio di stile’, ma della risposta ad un’esigenza concreta e pressante. la soluzione a un quesito che arriva direttamente dalla voce, preoccupata ma sempre determinata, delle famiglie stesse. Quale futuro per i

nostri cari quando noi non ci saremo più? ed ecco la risposta. la Fondazione cassa di risparmio di lucca ha avviato i lavori per dar vita a due comunità alloggio protette (cap) nell’immobile di via elisa di proprietà della congregazione delle suore ministre degli infermi (note a lucca come ‘Barbantine’) e, più esattamente, nella porzione del monastero della santissima trinità posto all’interno dell’isolato compreso tra le vie elisa, del Fosso, del calcio e san micheletto. il cantiere si apre grazie alla sottoscrizione di un atto di costituzione di vincolo di destinazione a favore della Fondazione, che provvederà attraverso la Funzione ‘tecnico e gestione immobili’ a sovraintendere e gestire l’esecuzione dei lavori di adeguamento e ristrutturazione dell’immobile. successivamente, il vincolo – che ha una durata trentennale – potrà essere trasferito a favore di una società strumentale della Fondazione stessa, che provvederà alla gestione delle cap, e che potrà essere partecipata anche da altri soggetti, come ad esempio la Fondazione per la coesione sociale, l’ente strumentale che ha ormai individuato nel «Dopo di noi» il focus del suo impegno. l’intervento di adeguamento comporterà un investimento di circa 2,5 milioni di euro e, oltre al contributo della Fondazione, vedrà la congregazione fare la sua parte tanto con un contributo – fino a 500.000 euro – quanto con una disponibilità concreta a collaborare attivamente alla gestione delle comunità. Disponibilità cui si affiancheranno, con tutta probabilità anche le competenze di anFFas lucca, che ha per ora condiviso le linee essenziali del progetto.

L’INTERVENTO la residenza dovrà essere in grado di accogliere una comunità di 20 disabili, suddivisa su tre moduli (8+8+4), portando avanti un’attività affine a quella che storicamente era presente nell’edificio e in linea con la missione della congregazione delle suore ministre degli infermi.

al fine di riportare l’immobile in uno stato ordinario di manutenzione e del suo successivo utilizzo per la casa del dopo di noi, il progetto realizzato dall’architetto giovanni saccani (con il coordinamento generale del responsabile tecnico della Fondazione, Franco mungai) prevede, in primo luogo, l’esecuzione di interventi di manutenzione e restauro che riguarderanno l’esterno dell’edificio. Quindi si provvederà, tra l’altro, alla revisione generale dell’intonaco e successiva coloritura, al restauro degli elementi lapidei, alla revisione della copertura e delle gronde, al restauro o alla sostituzione degli infissi esterni. l’intervento riguarderà l’intero edificio e non soltanto la parte interessata dalla realizzazione della residenza, così da riqualificare l’intero isolato. internamente il progetto, realizzato con il supporto di anFFas, prevede la realizzazione di un nuovo blocco scale e ascensore per il movimento di persone non autosufficienti, che collegherà tutti i piani dell’edificio, dal piano interrato sino al piano terzo. a corredo della struttura rimarrà anche una scala in pietra esistente, che sarà utilizzata per i collegamenti interni. al piano interrato troveranno collocazione gli spogliatoi del personale di servizio ed i locali tecnici per il funzionamento della struttura. salendo, il piano terra verrà utilizzato prevalentemente per attività di gruppo, ricreative, e di socializzazione. il primo piano ospiterà il primo nucleo da otto ospiti disposti in tre camere doppie e due singole, con due servizi igienici al piano. saranno inoltre presenti un soggiorno ed una mensa con annessa dispensa e, ovviamente, un presidio per il personale. il secondo piano sarà distribuito nello stesso modo del primo ed accoglierà il secondo nucleo da otto ospiti, mentre il terzo piano infine, ospiterà il terzo nucleo composto da quattro ospiti e verrà utilizzato in caso di emergenza. Qui troveremo infatti le due camere doppie, un bagno per disabili e un bagno assistito. come per i piani sottostanti sarà presente un soggiorno ed una mensa ed il presidio per il personale con un servizio autonomo.

LA STORIA il complesso nel suo aspetto attuale è frutto di una serie di stratificazioni edilizie che si sono sommate nei secoli: lo sviluppo architettonico del monastero vede le proprie sorti legate alla compagnia e spedale della ss. trinità. nel 1562 un piccolo raggruppamento di devoti istituì la compagnia della pietà, alla quale fu aggiunto nel 1580 al suo titolo anche l’altro della ss. trinità. e ciò dopo aver operato per anni nell’assistenza in soccorso di convale-

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scenti e pellegrini. avendo acquisito dalle monache di san micheletto una casa con orto e due appezzamenti di terreno a pochi passi fuori dalla porta san gervasio, la compagnia della pietà e della ss. trinità decise di trasformarla in ospedale e costruire sui terreni una nuova chiesa. il 14 maggio 1580 fu approvato il relativo disegno e dopo pochi giorni il 28 maggio il Vescovo di lucca alessandro guidiccioni in processione pose la prima pietra, collocando sotto la muratura monete d’argento della città di lucca e molte medaglie di bronzo con l’immagine della ss. trinità. per due secoli la compagnia della ss. trinità, resa più fiorente per i lasciti e donazioni dei benefattori, mantenne l’ospedale dei malati, alloggiando i pellegrini diretti ai luoghi santi. con la caduta della repubblica aristocratica e l’avvento del periodo napoleonico, fu decretata la soppressione degli ordini religiosi e l’incameramento dei relativi beni mobili ed immobili. situazione che cambiò ben presto con l’arrivo dei Borboni nel 1814. È in quegli anni che le sorti del monastero si legano alla figura della Beata Domenica Brun Barbantini (1789-1868): infatti, con la sua intercessione ed il volere di maria luisa di Borbone, dapprima si insediarono le suore salesiane (suore di clausura confinanti con il convento di san micheletto), nel 1826 e successivamente, nel 1841, fu fondato l’istituto delle suore oblate infermiere. per l’accresciuto numero delle suore che erano entrate nell’istituto emerse la necessità di trovare «una casa più grande e un sito ove potervi fabbricare una chiesa». l’attenzione della Barbantini si fermò su uno stabile abitato dai fratelli nicodemo ed antonio morelli, una casa con «molte comodità nei rispettivi piani», dotata di un «bel giardino, un coretto bellissimo e vasto» nella chiesa della santissima trinità. il 30 gennaio 1846 le suore acquistarono la casa lembi, che però fu demolita e ricostruita e che corrisponde all’attuale casa Betania, posta sull’angolo tra la via elisa e la via dei Fossi. Un altro fatto rilevante avvenne tra il 1848 e il 1850 con l’occupazione della piazzetta antistante la chiesa di san micheletto, dove il comune di lucca su richiesta della Barbantini e con parere positivo dell’architetto comunale giovanni lazzarini, nonostante le rimostranze e l’opposizione delle suore di clausura di san micheletto, ne cedette la proprietà, con le opportune prescrizioni finalizzate a completare la costruzione dell’edificio in angolo tra la via elisa e san micheletto.

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