
4 minute read
QUI MeDIAVALLe: L’affresco di Porta a Piastri a Coreglia Antelminelli
Nubia Salani
Quella di Coreglia antelminelli è la storia di un castello. Di una rocca in cui si ricava la chiesa più importante, di una torre che diventa campanile e di tanti forti e fortificazioni che costituiscono, strato su strato, la solida e quasi minacciosa roccaforte su cui si adagia un paese dall’atmosfera magica, ‘artigliato’ sulle pendici dell’appennino.
Advertisement
Le porte d’accesso rappresentano per un castello l’elemento distintivo e caratterizzante. L’ampiezza, la conformazione, la presenza o meno di elementi decorativi raccontano molto della funzione cui quell’ingresso era destinato e del rapporto tra il dentro e il fuori le mura. Proprio parlando di elementi decorativi si apre un capitolo a parte, che vede iniziare nei secoli centrali del medioevo l’usanza di arricchire di immagini sacre la parte interna ed esterna delle porte. gli ingressi erano infatti le aree più vulnerabili dei sistemi di difesa e la presenza di una statuetta votiva, di un’edicola o di un dipinto avevano il potere di proteggere il castrum dall’attacco dei nemici.

talvolta, soprattutto nei fronti delle porte rivolti verso l’esterno comparivano immagini di mostri immaginari e ibridi, che avevano una funzione apotropaica e dissuasiva per i malintenzionati che volevano attentare alla sicurezza dei castellani, ma, nella maggior parte dei casi si trattava di raffigurazioni devozionali dedicate alla Vergine o a santi patroni protettori della città, che avevano anche il compito di garantire la sicurezza di tutti coloro che attraversavano gli accessi. siamo in una terra di passaggio, ‘solcata’ da commercianti e da pellegrini, che entravano e uscivano da queste porte per raggiungere mete lontane o i più vicini hospitalia in cui passare la notte. insomma, le porte erano passaggi molto frequentati in questi borghi e la tradizione della loro decorazione prosegue dal medioevo nei secoli successivi, quando la natura e la forma delle decorazioni segue passo passo l’evoluzione dei gusti e degli stili in voga di epoca in epoca.
L’AFFRESCO e infatti risale alla fine del Cinquecento il celebre affresco con la madonna dei miracoli che decora ancora oggi la parete esterna della Porta a Piastri, incuneata tra le strette vie del borgo di Coreglia. Custodisce questa icona un’edicola composta da una tettoia, sorretta sul lato destro da una colonna del XV secolo, dove la madonna spicca circondata da un’architettura illusionistica dipinta, articolata in archi, trabeazioni e colonnine. il soggetto è tra i più frequentati della storia dell’arte. maria madre di Dio, figura intermediaria per eccellenza nella tradizione cattolica, capace di intercedere per le preghiere degli uomini, ‘avvocata’ dell’umanità, rappresenta la figura rassicurante, ideale quindi per fornire protezione; per ‘ascoltare’ le richieste e le invocazioni e tradurle in miracoli. La collocazione sul lato esterno dell’accesso sembra alludere ad un’accoglienza benevola verso chi arriva alla rocca; impressione confermata anche dalla rappresentazione che

propone una Vergine quasi sorridente e gioviale nell’atto di accudire, materna e premurosa, il bambino alla sua sinistra. un’icona dal sapore quasi paleocristiano nella sua schiettezza che trova un tocco di straordinaria modernità nelle architetture dipinte ad incorniciare la scena centrale. Decorazioni dai colori vivaci che il sapiente restauro di michela tosi ha saputo far emergere dai segni delle intemperie e dai rimaneggiamenti (ultimo quello del 1991) che nei secoli hanno intaccato la nitidezza di questo affresco.
IL RESTAURO DELL’AFFRESCO Proprio le operazioni di recupero hanno consentito di evidenziare diversi livelli della decorazione: uno più antico, usato poi come ‘aggrappo’ per il nuovo intonaco; uno successivo corrispondente all’affresco della madonna dei miracoli e un ultimo, ben riconoscibile nelle aree laterali, posteriore e caratterizzato dall’uso di tonalità del grigio. L’intervento sulle parte affrescate è stato fortemente condizionato dal precedente restauro del 1991, realizzato con tecniche difficilmente reversibili a base di una resina vinilica che ha sì consolidato la struttura dell’affresco, ma anche compattato gli elementi dell’intonaco. sono state dunque praticate iniezioni di consolidamento dello stesso intonaco, mentre la pellicola è stata rafforzata con la tecnica ‘a foglietto’. il ritocco ha rappresentato una vera e propria sfida. realizzato mediante l’uso di pigmenti stemperati in calce e di pigmenti a colla, ha dovuto colmare pesanti lacune, dato che la pittura risultava notevolmente compromessa, in certi punti letteralmente illeggibile. Nella ricostruzione ex novo molto ha aiutato la simmetricità della composizione architettonica intorno alla madonna, ‘riedificata’ nella maniera più plausibile dopo un confronto con la soprintendenza che ha approvato questo processo di ricostruzione per analogie simmetriche. sulle figure della Vergine, del bambino e degli angeli si è deciso invece di procede per semplici integrazioni, laddove possibile, per non lasciare alla libera interpretazione del restauratore un margine tale da stravolgere le intenzioni originarie dell’autore. Decisivo in questo frangente, il ritrovamento di molte incisioni che hanno comprovato la reale conformazione dei volti e delle posture.
IL RESTAURO DEL ‘COLONNINO’ un curioso esempio di reimpiego, estremamente diffuso tra medioevo e rinascimento, il colonnino, che sorregge la tettoia sulla destra dell’affresco, è infatti un virtuoso assemblaggio di due capitelli (uno del Xii secolo e uno del XV secolo), posti agli estremi di una colonna risalente al secolo XV. anche qui lo stato di conservazione dei materiali si presentava decisamente compromesso, in particolare nelle parti aggettanti del capitello superiore, mentre il capitello inferiore aveva una superficie completamente abrasa. ripulito da depositi di polvere, muschi e licheni, il materiale lapideo è stato trattato con una spolveratura iniziale, una sciacquatura con spugne e con pennelli a setola morbida e quindi con un impacco di carbonato di ammonio in polpa di carta e sepiolite, che hanno restituito alle componenti un aspetto rinnovato. L’intervento si è dunque concluso con la sigillatura delle crepe e col consolidamento dell’anello in ferro.