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Il club investigativo e il Caso della Dama Rossa

ILARIA SORRENTINO, 1cc

Capitolo 3

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La donna in rosso

Tom parcheggiò la moto sul retro della stazione di polizia. Annabeth prese un cacciavite dal suo zaino e si avvicinò alla porta, tentando di aprirla. -Annabeth sei sicura di quello che fai? - la porta si aprì con uno scricchiolio e la ragazza gli sorrise. Entrarono e si diressero velocemente verso l’ufficio dello sceriffo. Fortunatamente, la centrale era deserta, la maggior parte degli agenti era in servizio, a eccezione del sorvegliante, che dormiva con la testa appoggiata sulla scrivania. Davanti a loro c’era una stanza molto disordinata con la scrivania inondata di ogni genere di fogli. Fra di essi si intravedeva una cornice verde con una foto dello sceriffo e di Jim. Erano su un fiume, avevano appena finito di pescare e Jim mostrava, con orgoglio, il pesce che aveva appena pescato. Dietro la scrivania c’era un quadro che rappresentava un piccolo scorcio della cittadina: il lago sul lato destro, con il suo blu intenso e cristallino, il vialetto che lo costeggiava dove Tom e Beth passavano spesso per andare in piazza; i peschi pieni di fiori rosa e la panetteria dove di solito prendevano le focacce dopo aver studiato in biblioteca. Visto così, si sarebbe potuto pensare che fosse un paradiso, ma era solo finzione e, come avrebbero capito Beth e Tom, quella cittadina non era per niente come si presentava incorniciata nell'ufficio dello sceriffo. Tom si sedette alla scrivania e cominciò a leggere i vari fogli, quando un rumore metallico lo fece sobbalzare: Beth aveva aperto un armadietto con il suo fantastico cacciavite, e l’anta era andata a sbattere contro la parete, provocando un frastuono

così forte che Tom ebbe paura che il custode si fosse svegliato. -Sei pazza Beth? Così ci farai scoprire! -Da chi?! Dal custode che dorme beato sulla scrivania?!Tom aprì la porta per controllare il custode, ma egli era sempre lì, immobile, talmente immobile, che sembrava quasi morto. Richiuse la porta e raggiunse Beth che continuava a sfogliare i fascicoli. Niente...non c’era niente di importante, niente che li aiutasse a capire qualcosa di più su quell’omicidio. Fissavano immobili l’armadietto vuoto. Poi Annabeth si accorse di una piccola fessura sul fondo. Aiutandosi con il cacciavite, sollevò la base, rivelando un piccolo spazio dove era conservato un fascicolo rosso e una vecchia scatola di fiammiferi, accuratamente conservati in un sacchettino di plastica. -Perché nascondere un fascicolo? - Chiese Beth -Non lo so, ma dobbiamo andare. Il custode si è svegliato. - Beth prese il fascicolo e i fiammiferi e li mise nello zaino. Poi correndo si avviarono verso l’uscita. -Ho fame ti va se ci fermiamo a mangiare qualcosa? -D’accordo- disse Annabeth un po’scocciata. Così si diressero verso la pizzeria della piazza. La pizzeria era un ampio locale dove loro andavano spesso. Il loro posto preferito era il tavolo sul terrazzo che si affacciava a strapiombo sul lago: da lì si poteva sentire l’aria fresca dei monti. Si sedettero al solito tavolo e, come al solito, si divisero una pizza. Mentre mangiavano Beth leggeva i documenti appuntando tutto sul suo quadernino. A un certo punto posò la penna sul tavolo e sbuffò, appoggiando la schiena allo schienale della sedia. -Che succede Beth? -Succede che qui dentro non c’è nulla di importante. Parla solo di un incendio del 1978! -Cosa è stato bruciato? - Annabeth riprese in mano il fascicolo e cominciò a sfogliare i fogli, alla ricerca della risposta. -Questa! - esclamò Beth, mostrando a Tom la foto di una casa bruciata e logorata dal passare degli anni. -Beth...questa casa la conosco. È quella della storia che mia nonna ci raccontò da piccoli. Si trova alla fine della stradina che porta al bosco. - Annabeth gli sfilò la foto dalle mani e la guardò attentamente. Quella foto le fece venire i brividi. Ricordava quella storia: c’era un anziano che aveva perso la moglie e viveva tutto solo in quella casa. Poi un giorno scoppiò un incendio e di lui non si seppe più nulla. Probabilmente si sentiva solo. Per questo la polizia pensò subito a un suicidio. Da allora la casa è maledetta e chiunque ci entri non riuscirà più ad uscirne. Possibile che quella storia avesse un fondo di verità? Tom le prese il fascicolo dalle mani e cominciò a sfogliarlo. -L’incendio è scoppiato la notte del 30 maggio 1978. Nessun responsabile, solo una vecchia scatola di fiammiferi. -Ci sono state delle vittime? - chiese Annabeth -No, nessuna vittima...-. Annabeth non sapeva cosa pensare. Le sembrava di arrampicarsi sugli specchi, niente in quella

storia aveva senso: perché lo sceriffo nascondeva quel fascicolo? Centrava qualcosa con la sua morte? Jim era a conoscenza di qualcosa? Annabeth aveva tante domande, ma nessuna risposta. -Tom dobbiamo andare in quella casa-No, scordatelo. Puoi convincermi ad andare ovunque, ma in quella casa no. Annabeth lo guardò con uno sguardo supplichevole e serio allo stesso tempo. Tom non poteva resistere a quello sguardo. -D’accordo, ma sappi che mi devi un grosso favore Annabeth gli sorrise e uscirono dalla pizzeria, diretti verso la casa che aveva dominato i loro incubi infantili.

Capitolo 4

La casa abbandonata

La moto di Tom sfrecciava lungo le vie del paese. Annabeth sentiva il vento del lago avvolgerla nel suo fresco abbraccio, vedeva le ultime barche che rientravano nel porto e i negozi che si preparavano a chiudere. Erano le otto e mezza di sera. Sarebbe dovuta rientrare a casa già da molto tempo: sua madre non voleva che restasse fuori a lungo, con un assassino in circolazione. Ma Beth era disposta anche a restare in punizione a vita, pur di scoprire qualcosa in più su quell’incendio. Dopo mezz’ora Tom si fermò davanti al rudere. La casa era distrutta: il portico tutto bruciato; tutt'intorno l'erba era giallastra, come se non riuscisse più a crescere in quel luogo maledetto dalle fiamme. I due ragazzi salirono gli scalini del portico accompagnati da un leggero scricchiolio. Fermi davanti alla porta, Beth cercò la mano di Tom e la strinse forte. Aveva paura. Perché gli era venuto in mente di andare in quel posto?! Avrebbe dovuto ascoltare Tom. Ma ora non poteva tornare indietro. Mise una mano sulla maniglia e la girò. La casa era vuota. Davanti a loro c’era un salotto con le pareti annerite delle fiamme e dell’umidità. Sulla destra c’era la cucina, con qualche mobile mancante. In fondo al salotto, di fronte alla porta, c’era una scala che portava al secondo piano. Tom andò in cucina, lasciando Beth da sola. Lei calpestò qualcosa di morbido. Si abbassò e, facendosi luce con la torcia, vide due pupazzetti: uno rosa e uno blu. -Tom, vieni immediatamente. -Che succede Beth? -La leggenda che ci raccontava tua nonna, parlava anche di due bambini? Tom ci pensò su un attimo e poi rispose: -No, solo di un vecchietto-Allora perché ci sono questi?!- Beth puntò la torcia verso i peluche. Lei e Tom erano lì, inginocchiati sul pavimento di legno scheggiato, a fissarli. Per qualche minuto rimasero in silenzio, poi Tom disse: -Magari l’anziano aveva dei nipoti- Annabeth non sembrava molto convinta. Tom la guardò: la treccia nera che le ricadeva sulla spalla, gli occhi violetti nei quali si perdeva ogni volta quando la guardava, e il suo sguardo pensieroso che lo faceva sempre sorridere. Gli piaceva tutto di lei, perfino la sua tendenza a cacciarsi nei guai. Aveva un po’ di polvere sulla guancia. Tom non resistette alla tentazione e gliela tolse con la mano. Annabeth sentì le dita calde di Tom ac-

carezzarle amorevolmente la guancia e il suo cuore cominciò a battere forte. Tom le si avvicinò e la baciò. Annabeth sentiva i riccioli neri di lui sulla propria fronte e percepiva il suono del suo battito. Era come se il tempo si fosse fermato attorno ad Annabeth: avrebbe voluto che quel momento non finisse mai. Ma tutto ha una fine. Dei passi riportarono Beth e Tom nel mondo reale: sulla scala c’era una donna con un abito rosso e una maschera nera sul volto che lasciava intravedere solamente i suoi occhi glaciali. Scattarono in piedi e corsero fuori, attraversando prima il portico e poi il campo, senza mai voltarsi un istante. Erano a metà strada, quando Beth cadde a terra. Tom la raggiunse velocemente: - Stai bene? - Beth si rialzò ma la caviglia le faceva troppo male. Non riusciva a camminare. Il dolore era troppo forte. Tom le cinse la vita con un braccio e l’aiutò a camminare fino alla moto. Beth diede un ultimo sguardo alla casa, dove la donna dagli occhi di ghiaccio, li fissava dal portico. Quella fu l’ultima immagine che Beth vide, prima che Tom partisse verso la città.

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