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Parigi-Madrid, la corsa della morte
Uno spettacolo mai visto
Domenica 24 maggio 1903, ore 3 e 30 del mattino. Una folla enorme è radunata lungo le strade di Versailles. Centomila persone sono giunte per ammirare le auto sportive, per vedere da vicino i piloti, per respirare l’odore del carburante, per udire il rombo dei motori.


Sono presenti le auto più potenti, i piloti più prestigiosi e titolati. Tra le autovetture spiccano la Panhard Levassor, accreditata di una velocità di 130 km/h, le Mors, capaci di raggiungere i 140 km di velocità massima, la Mercedes ricca di cavalli, le Renault, personalmente guidate dai due fondatori della fabbrica, Marcel e Louis. Non mancano neppure due Fiat, con piloti di classe come Vincenzo Lancia e Luigi Storero. Su ogni auto, accanto al pilota, siede un meccanico.

Una corsa caotica
La partenza è prevista per le 3 e 30, ma il numero dei mezzi iscritti alla gara è talmente alto che occorre cambiare il regolamento: non più una partenza ogni due minuti, ma una al minuto. Ciò nonostante, l’ultimo concorrente parte tre ore dopo. La gara dovrà svolgersi in tre tappe: la prima, tutta francese, da Versailles a Bordeaux, la seconda da Bordeaux alla città spagnola di Vitoria, la terza dovrà concludersi a Madrid. Circa 1300 chilometri complessivi attendono mezzi e piloti.





Intanto, le partenze ravvicinate nascondono una grave insidia perché viene a mancare lo spazio necessario fra un mezzo e l’altro. Non solo, poiché l’ordine di partenza è stato stabilito con il sorteggio, alcune delle auto più potenti si trovano indietro e sono precedute da una schiera di veicoli assai meno veloci. Per questo sono costrette a lanciarsi in una serie interminabile di sorpassi.
Gli incidenti si susseguono


L’esito disastroso della Parigi-Madrid portò all’attenzione dell’opinione pubblica il tema delle gare automobilistiche. Alla fine il problema fu risolto evitando di mettere una accanto all’altra macchine di potenza troppo diversa, diminuendo il numero degli iscritti e costruendo apposite piste. Grazie a questi provvedimenti, l’automobilismo non fu stroncato sul nascere, anzi poté avviarsi verso un glorioso futuro.


Il traffico caotico non è l’unico ostacolo. La folla sterminata che segue la corsa non si limita a starsene ai bordi delle strade, ma spesso entra sulla carreggiata, senza rendersi conto delle difficoltà che crea ai piloti e del pericolo che corre. In queste condizioni la maggior parte dei sorpassi è fatta alla cieca, fidando nella sorte.
Se ne accorgono i piloti e gli spettatori: chi trova all’improvviso la sbarra abbassata di un passaggio a livello sul suo cammino, perde il controllo dell’auto che si capovolge e prende fuoco. Chi, sbalzato sulla strada, viene soccorso e portato in ospedale d’urgenza. Chi, per evitare un contadino sulla strada, va a sbattere contro un albero. Chi, per salvare un bambino sfuggito al controllo dei genitori, attraversa la strada mentre sopraggiunge un’auto e resta investito.


Chi perde la vita nello schianto contro un albero. Arrivati a Bordeaux, le notizie degli incidenti, che giungono a poco a poco, lasciano tutti sorpresi e angosciati. Il governo si riunisce d’urgenza e pone fine alla gara, che si conclude così a Bordeaux. Il bilancio finale di otto vittime – tre spettatori e cinque piloti – giustifica bene il soprannome di “corsa della morte”, con cui questa competizione sarà ricordata.




Sindacati: associazioni create allo scopo di difendere gli interessi economici dei lavoratori.
Società capitalistica: società fondata sul potere di chi possiede i capitali (la terra e le fabbriche).
Socialismo: dottrina politica finalizzata all’abolizione dei privilegi di classe e al raggiungimento dell’eguaglianza giuridica, sociale ed economica di tutti i cittadini.