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L'invenzione del telefono

Un inventore, non uno scienziato

Antonio Meucci, nato il 13 aprile 1808 a Firenze, da una famiglia di modesta condizione, è un uomo geniale e inquieto. Possiede discrete nozioni di fisica, che ha appreso a scuola, ma non è uno scienziato. Pur avendo studiato all’Accademia di Belle Arti, non è neppure un artista.

La sua specialità è quella di risolvere problemi pratici, concreti. Al Teatro della Pergola, dove lavora in qualità di attrezzista, si dedica con grande successo ad approntare i complicati macchinari necessari per le scene e acquisisce una notevole esperienza in campo tecnico. Quando un impresario cubano giunge a Firenze per scritturare una compagnia teatrale da far recitare nella sua isola, Meucci e la moglie Ester vengono assunti anch’essi: lui come ingegnere e disegnatore delle scene, lei come sarta e costumista.

Un’invenzione casuale

A Cuba la collaborazione prosegue felicemente per quindici anni, ma poi, scaduto il contratto, Meucci si trova praticamente disoccupato. È forse per riempire il tempo a disposizione che comincia a compiere strani esperimenti. Venuto a conoscenza delle teorie del medico tedesco Franz Anton Mesmer, che curava i suoi pazienti con l’elettricità, decide di verificare l’attendibilità di questa teoria. E allora, per caso, avviene la grande scoperta.

Un giorno gli si presenta un conoscente che soffre di dolori alla testa. Meucci lo fa accomodare in una stanza e gli mette sulle labbra una linguetta metallica. La linguetta è posata su una striscia di sughero ed è collegata mediante un filo a una serie di batterie collocate in un laboratorio, a diversi metri di stanza. Poi Meucci torna nel laboratorio e attiva le batterie. A un tratto, con sua immensa sorpresa, sente un grido uscire dal filo. Il grido è quello emesso dal paziente, colpito dalla leggera scarica elettrica. Attratto dall’imprevedibile fenomeno, l’inventore ripete l’esperimento. Questa volta, però, prega la sua “cavia” di parlare mentre l’operazione si svolge. Ed ecco come lo stesso Meucci ricorda ciò che accade in seguito: «Al momento che il suddetto individuo parlò, ricevetti il suono della parola, non distinta, come un mormorio, un suono inarticolato».

tricità, decide di verificare l’attendibilità di questa teoria. E allora, per caso, avviene la dal filo. Il grido è quello emesso dal paziente, colpito dalla leggera scarica elettrica. stesso Meucci ricorda ciò che accade in seguito: «Al momento che il suddetto indiviinarticolato».

Il trasferimento a New York

L’anno dopo lascia Cuba e si reca con la moglie a New York, dove lavora al perfezionamento del miracoloso congegno, che chiama “telettrofono”.

In questo periodo Ester si ammala e Meucci, per poter comunicare con lei, utilizza il telettrofono che collega il suo laboratorio con la stanza da letto in cui giace l’inferma.

Ormai l’idea di un apparecchio che trasmetta la voce a distanza è al centro delle attenzioni di diversi inventori. Meucci è in anticipo, però non possiede il denaro per brevettare il suo congegno. Trova le risorse per depositare un brevetto temporaneo, di durata biennale, meno costoso di quello vero e proprio, ma alla fine deve rinunciare. A peggiorare la situazione è un incidente che gli capita mentre viaggia su un traghetto da New York a Staten Island: un’esplosione che avviene sulla nave lo ferisce e lo costringe all’inattività per vari mesi. Le difficoltà economiche si aggravano ulteriormente.

La beffa

Le discussioni e le dispute legali si protrasserobenoltrelamortediMeucci,finoaquello che può essere considerato il momento conclusivo della controversia. Nel 2002, infatti, il Congresso degli Stati Uniti si pronunciò inviaufficialeedefinitiva:l’invenzionedel telefono è da attribuirsi ad Antonio Meucci.

Del resto, prima di brevettare l’invenzione, deve poterla provare su un impianto adatto. Si rivolge allora alla Western Union di New York, un’azienda attiva nel settore delle comunicazioni, per ottenere il permesso di sperimentare il telettrofono sulle sue linee telegrafiche. Ottenuta una promessa in tal senso, invia le carte del progetto e il prototipo, ma non riceve risposta. Chiede di avere indietro i disegni, ma viene a sapere che sono andati smarriti. Ed ecco, nel marzo del 1876, la tremenda sorpresa: l’ingegnere scozzese Graham Bell presenta all’Ufficio Brevetti di Washington la domanda di brevetto per un telefono del tutto simile al suo. Il sospetto che Meucci sia vittima di una truffa non tarda a farsi strada. Infatti Bell è consulente della Western Union, e forse quei disegni non sono andati affatto smarriti… Meucci reagisce reclamando i suoi diritti. Ne nasce una complessa causa legale in cui la stampa e l’opinione pubblica si dividono pro e contro i due contendenti. La causa procede con lentezza e dopo alterne vicende, nel 1887, si conclude con un verdetto che uno storico italo-americano, Giovanni Schiavo, definirà «uno dei più lampanti errori giudiziari negli annali della giustizia americana». La sentenza sostiene che il telefono di Bell non è copiato e quindi il brevetto concesso al suo autore è valido. Sconfitto e amareggiato, Meucci muore due anni dopo.

Manifesto pubblicitario della prima proiezione di 10 brevi pellicole girate dai fratelli Lumière, avvenuta il 28 dicembre 1895 a Parigi; tra le pellicole figurava anche quella intitolata L’innaffiatore innaffiato (L’arroseur arrosé).

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