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4.1. L’ALBA DEI VIDEOGIOCHI DI NARRAZIONE
4.1. L’ALBA DEI VIDEOGIOCHI DI NARRAZIONE
La loro “nascita” non ha una data di riferimento, perché, come tante cose, i videogiochi stessi sono in continua evoluzione e non solo da un punto di vista grafico che, in poche decadi, ci ha portato al fotorealismo tanto da rendere complicato rimarcare la differenza tra una fotografia scattata con una macchina fotografica dallo screenshot fatto in-game – mi viene subito da pensare a Microsoft Flight Simulator 2020 che ha posto i nuovi standard grafici di fotorealismo – e, tralasciando l’aspetto visivamente più d’impatto, ci si è resi conto che, questi ultimi, sono in grado, potenzialmente, di raccontare qualsiasi storia portando con sé un carico emotivo degno di un film.
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In effetti, anni fa, erano in voga i cosiddetti “DVD Game18” o nota anche con la sigla DVG (Digital Video Game) che, come allude il nome, erano sì dei videogiochi, ma, venivano letti da un comunissimo lettore DVD. Il loro utilizzo è limitato pressoché a due tipologie di giochi che sono le avventure grafiche e i quiz, in quanto, essendo un prodotto “preconfezionato” non poteva esserci dinamicità d’immagine al momento dell’interazione umana.
Le avventure grafiche, per l’appunto, partendo da questo presupposto, andranno a definire sempre più quello che poi è già di per sé “gioco di narrazione”. Come lo potevano fare era ancora da stabilire e, proprio nel 2005, anno di annuncio dei DVG, la Quantic Dream – produttrice francese di videogame con a capo David De Gruttola, meglio noto ai più come David Cage – pubblica un videogame di nome “Fahrenheit”, il secondo dell’azienda, che da una degna dimostrazione di ciò che più avanti Cage stesso lascerà per iscritto nel manuale dell’edizione, esclusivamente fisica, del gioco:
My desire to create video games dates back to the arrival of 3D real time [...] I felt like a pioneer filmmaker at the start of the 20th century: grappling with basic technology, but also being aware that
18 I DVG venivano annunciati nel 2005. In sitografia un link di TGcom riguardo il loro lancio.
there is everything left to invent - in particular a new language that is both narrative and visual.
Di seguito la mia traduzione:
Il mio desiderio di creare videogiochi, risale all'esordio della computer grafica in 3D. [...] Mi sentivo come un regista pioniere, all'inizio del ventesimo secolo: alle prese con una tecnologia giovane, ma allo stesso tempo consapevole che c'è ancora tutto da inventare – in particolare, un nuovo linguaggio che sia allo stesso tempo narrativo e visivo.
Così fu anche per la critica e il pubblico l’interazione con quel videogioco, il segno di un nuovo modo di narrare una storia, dove l’impatto emotivo con i personaggi di gioco si avverta al punto tale da enfatizzarne l’immedesimazione.
Infatti, per la prima volta, Quantic Dream ci diede la possibilità di far variare la storia in base alle nostre scelte. A noi videogiocatori spetta scegliere i dialoghi e momenti in cui la trama può subire delle modifiche che, eventualmente, porteranno a ben tre finali diversi. A questa facoltà, che negli anni a seguire prenderà sempre più piede, bisogna aggiungerci una tecnica molto apprezzata proprio dalla Quantic Dream ossia la tecnica del Quick Time Event. Questa meccanica prevede che il videogioco acquisisca autonomamente delle inquadrature e i movimenti dei personaggi di gioco, proprio come se stessimo guardando un film ma, nel frattempo, al giocatore verrà richiesta una prova di riflessi in cui, quando apparirà sullo schermo (oppure lo lascerà intuire il gioco con, ad esempio, un rallentamento della scena) una combinazione di tasti da premere in sequenza o a ripetizione a seconda dello specifico caso. Completare il Quick Time Event è, quasi sempre, necessario per proseguire nella narrazione ma consente agli sviluppatori di poter far eseguire ai personaggi movimenti molto più dinamici che durante il controllo da parte del giocatore, diventando quindi la forma già estremamente più evoluta dei DVG.
Qualche anno dopo, l’azienda francese pubblica un nuovo titolo “Heavy Rain” dove riprende i meccanismi di “Fahrenheit” migliorandoli in ogni contesto tecnico
e narrativo. Si rimarca ancora di più il peso delle scelte di ogni giocatore che, stavolta, non sbloccherà “solo” un numero x di finali, ma sbloccherà dei finali ad incastro, dove i più personaggi giocabili (altra grande novità del tempo – 10 anni fa) avranno delle loro storyline che si chiuderanno in un modo o nell’altro a seconda delle, appunto, scelte del giocatore e al successo negli Quick Time Event, ove i quali è possibile talvolta, fallendo, far morire il proprio personaggio diventando così reale nella sua storyline la sua morte. In un certo modo, questo segna l’inizio della fine del concetto di “game over” e “retry” nei videogame, quanto meno in un genere narrativo che punta proprio a sfidare la già citata empatia del mondo dello spettacolo. Se un personaggio muore in una sceneggiatura, fatte le dovute eccezioni, resta morto. Al pubblico e alla critica tutto ciò ha creato fermento tanto da far candidare il team di David Cage a premi come i BAFTA “Best Story” Awards, SPIKE Video Game Awards e un’altra decina di candidature. Con il successo di “Heavy Rain”, infine, David Cage pone la sua posizione circa questo genere, pronunciando, in un’intervista19, queste parole:
We created the genre. We own the genre, and we want to show that Heavy Rain was not a coincidence or a lucky shot - that it was really something that makes sense and that we can build on.
Abbiamo creato il genere. Possediamo il genere e vogliamo mostrare che Heavy Rain non è stata una coincidenza o un colpo fortunato ma è stato davvero qualcosa che ha avuto un senso e dove potremo costruirci sopra.
David Cage pubblicherà nel 2013 e nel 2018 altre due storie narrative di forte impatto, ma, proprio nel 2012, si accorgerà di non essere più il solo a realizzare questo tipo di contenuti che riescano a scalfire la curiosità del mondo videoludico.
19 Intervista a Spong durante i BAFTA Awards. Versione integrale in sitografia.







