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STEVEN WILSON
1.2. L’ASCESA DI JESS COPE E LA
COLLABORAZIONE CON STEVEN WILSON
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Jess Cope è, prima che un’animatrice, indubbia fonte d’ispirazione per chiunque voglia intraprendere una carriera e parta da zero. Il suo background, che racconta in un’intervista proprio con Wilson6, è molto semplice e comunissima ai più; nata e cresciuta in Sud Africa, quando ancora era una bambina – 11 anni per la precisione – e ancora non sapeva cosa fare in futuro, vide, grazie a suo padre, il film d’animazione di Henry Selick “Nightmare before Christmas” del 1993. Appena lo vide, decise che quello sarebbe stato ciò che avrebbe fatto da grande, anche se non sapeva bene cosa fosse, ancora. Era certa, però, di voler lavorare un giorno con Tim Burton.
“I can do animation because nobody has to look at me, or know who I am, and I can hide behind a camera and make other things move.”
“Posso fare animazione perché nessuno deve guardarmi, o sapere chi io sia ed io posso nascondermi dietro una camera e far sì che altre cose si muovano.”
Il sogno presto diventò realtà. Dopo aver frequentato un corso specializzato in stop-motion, per la sua laurea portò il suo primo lavoro che ottenne il massimo dei voti di quell’anno. Insieme alla madre, conscia di quanto sia arduo entrare in settori simili, mandò il suo CV a Channel 4, un’emittente britannica, che cercava un animatore per un cortometraggio. Insieme ad un amico conosciuto al corso, realizzò “The Astronemer’s Sun” che la portò, poco dopo, a lavorare per Mackinnon & Saunders, un’azienda produttrice di Puppet Animation, di cui parleremo meglio nel paragrafo 2.4 dedicato esclusivamente alla tecnica dello stop-motion e le sue diramazioni. Proprio quest’azienda, tra l’altro, realizzò i pupazzi del film di Tim Burton “Corpse Bride” e anche quelli del film di Wes
6 Intervista integrale di Jess Cope con Wilson. Link in sitografia.
Anderson “Fantastic Mr. Fox”. Dopo quest’assunzione ottenne la proposta di lavorare con il suo beniamino Burton sul film “Frankenweenie”. Con molta pressione, data la scarsa esperienza lavorativa, andò lì ansiosa ma in due giorni lavorativi ottenne il lavoro, che durò circa otto mesi. Potremmo non meravigliarci della scelta di Burton di affidarsi ad una quasi neo-laureata, in quanto, proprio sul libro “Burton on Burton” egli stesso racconta:
“[...] Subito dopo ho cominciato a lavorare su altre cose come il soggetto di Nightmare Before Christmas. Non è che, quando lavoro a qualcosa, io pensi: adesso mi metto a lavorare a questo progetto. È più una questione di disegni, di embrioni di idee. Faccio una serie di bozzetti e le cose vengono fuori progressivamente. Mi capita di pensare "Questo personaggio è interessante" e di scoprire solo dopo cosa possa voler dire o quale psicologia ci stia dietro. In quel periodo le cose mi venivano fuori in maniera piuttosto naturale. Non è che pensassi "Ora faccio questo, poi mi metto a lavorare su quello". Era come se venissero fuori da uno strano processo organico. Nulla di preordinato. […]”.
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Proprio questo stesso istinto, del “nulla di preordinato” è ciò che spinge a Cope a lavorare in quel modo. Probabilmente il motivo per cui è stata scelta in meno di 48 ore.
Con Steven Wilson, la sintonia è stata rapida, conveniente e produttiva fin dalle prime frasi. Cope si adeguò immediatamente al lavoro grafico di Hajo Müller8 e riuscì dunque, senza snaturare il lavoro pregresso di Wilson e team ad inserire le sue qualità che, frutto anche del lavoro antecedente con Burton, noteremo prepotentemente anche in Last Day of June. Il primo lavoro insieme a Wilson fu per il videoclip “The Raven That Refused To Sing” che, chi ha giocato al
7 Traduzione ufficiale (pp. 63). Vedi bibliografia. 8 Illustratrice, fotografa e designer. Lavora a stresso contatto con Wilson. Vince oltre 40 premi tra il 2010 e il 2014.
videogame, sa bene essere parte della colonna sonora portante, come molti altri brani di Wilson. La bravura di Cope viene fuori brillantemente anche da questi video che, nuovamente, non hanno parola, se non quella del cantante, ma che sanno esprimere qualcosa che, altresì, le parole non potrebbero offrire. In questo videoclip, possiamo esplorare la forza narrativa di questo team che ci parla di un uomo che attende la morte. Un uomo che ripensa alla sua infanzia con una sorella con la quale era estremamente legato. Lei, però, morì prematuramente, e quest’uomo si convinse che il corvo, che troverà nel suo giardino, sembra quasi cantasse e, lui, pensò fosse un simbolo, un segno del fatto che la sorella fosse lì con lui, in questa forma. La motivazione è alla base del loro rapporto, per l’uomo la sorella era una fonte di calma, di sicurezza, una sorella che mai avrebbe smesso di cantare per lui nei momenti d’ansia. Dunque, nel videoclip, l’uomo si convince che se riuscisse a far cantare il corvo, la sorella sarebbe resuscitata, per portarlo con sé verso una “nuova vita”. Il tutto si chiuderà, però, con la realtà dei fatti; l’uomo ha semplicemente lasciato andare il corvo e si allontana dalla casa, mentre il brano suona le sue ultime note.
Figura 3 - "The Raven Who Refused to Sing" di Steven Wilson9
9 Ascolta “The Raven Who Refused To Sing su YouTube. Link in sitografia.






