YtseMagazine n. 2 - dicembre 2018

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Numero 2 - Dicembre 2018


YtseMagazine n. 2 Dicembre 2018

l’EDITORIALE

YtseMagazine è una pubblicazione YtseItalia 2.0 Fan club ufficiale italiano dei Dream Theater. YtseItalia e YtseMagazine non rappresentano una testata giornalistica, in quanto pubblicano contenuti senza alcuna periodicità regolare. Non possono pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della Legge n. 62/2001.

Mi risulta sempre difficile mettere insieme le parole per iniziare bene una fanzine o anche un semplice articolo, ma anche stavolta, dopo 11 mesi dal primo numero uscito alla fine dello scorso gennaio, rieccoci qua a fare il punto della situazione di quest’anno che giunge al termine. Nonostante il 2018 sia stato un anno di relativo silenzio da parte dei Dream Theater, quantomeno dal punto di vista dell’attività live, le occasioni per vedere i nostri eroi in azione su un palco non sono di certo mancate; John Petrucci (con Mike Mangini) ha preso parte ancora una volta al G3 ed ha tenuto il proprio campus chitarristico; mentre Rudess ha intrapreso per la prima volta un vero e proprio tour solista che lo ha portato praticamente in ogni parte del mondo, Italia compresa. Resta un solo rammarico, quello di non aver potuto assistere all’attesissima esibizione di James LaBrie al ProgPower USA, in quanto avrebbe segnato il ritorno live dopo molti anni per il suo progetto solista. Per quanto riguarda invece la lavorazione del nuovo album, la band non ha fatto mai mancare notizie ed aggiornamenti dallo studio, e mentre scrivo queste righe ho in cuffia il promo di Distance Over Time, ma non mi dilungherò troppo su questo, dato che potete leggere le nostre impressioni nell’articolo che trovate nelle pagine seguenti. Questa fanzine avrebbe dovuto avere altri contenuti ma, complice la notizia dell’imminente uscita del nuovo album, preceduta dalla rivelazione un po’ a sorpresa di titolo, artwork e prossimo tour da parte di quel fan che ha risolto l’ultimo enigma della caccia al tesoro lanciata da Dream Theater World, unita alla possibilità arrivata in corso d’opera, di ascoltare in anteprima il promo dell’album, ci ha costretti a cambiare i nostri piani; e così, oltre ad alcune interviste raccolte durante l’anno sia dal fanclub, sia grazie al magazine Lots Of Muzik (che ringraziamo per averci permesso di tradurre e ripubblicare), gli immancabili live report dei concerti in terra italica, troverete anche molte pagine dedicate al nuovo album ed alla nuova etichetta discografica. Voi tutti avete potuto sentire soltanto il primo singolo Untethered Angel, il quale ha già fatto tanto discutere sui social. Noi come fan club non ci siamo mai esposti troppo né con feroci critiche né tantomeno in sperticati elogi pubblici sui lavori della band; dico solo che giudicare un album o quantomeno il lavoro di una band come i Dream Theater da un solo singolo è quanto di più azzardato e fuorviante possa esserci. Aprite il cuore e la mente, e continuiamo tutti insieme a supportare i ragazzi, perché se lo meritano, sempre! Keep The Dream Alive!!

YtseItalia 2.0 Staff Andrea Mancini David Cangi Johnny Bros. Hanno collaborato a questo numero Marisa Martignon Stefano Ceschi Berrini Rodrigo Altaf Veronica & Tim Martinez Traduzioni a cura di: Johnny Bros. Stefano Ceschi Berrini Foto e immagini: Andrea Mancini Mark Maryanovich Alex Panozzo Mike Portnoy Jordan Rudess Derek Sherinian Hugh Syme John Zocco Dream Theater USA Yonderbarn Studio Alcune foto sono state reperite in internet senza possibilità di accredito, e quindi valutate di pubblico dominio. Qualora i legittimi autori lo richiedessero provvederemo alla loro rimozione. YtseItalia 2.0 opera senza alcuno scopo di lucro.

Andrea


I WALK BESIDE YOU

Notizie dal mondo Dream Theater e non solo

Mike Portnoy non si ferma mai, è cosa ormai assodata, mentre scriviamo si trova in studio a Nashville per le registrazioni del prossimo album dei Flying Colors, che dovrebbe uscire tra l’estate e autunno prossimi. Ancora non definita invece, la data di uscita del live album dei Sons Of Apollo “Live With The Plovdiv Psychotic Symphony” Sul fronte live il 2019 sarà ancora un anno pieno di impegni. A partire dal 24 gennaio sarà impegnato con l’annuale show della Metal Allegiance al House Of Blues di Anaheim CA, per poi continuare con il tour mondiale della The Neal Morse Band che farà tappa in Italia il 12 aprile al Live Club di Trezzo Sull’Adda. Mentre l’uscita del nuovo album “The Great Adventure” è fissata per il 25 gennaio prossimo. Dal 4 al 9 febbraio sarà di nuovo protagonista alla Cruise To The Edge, sempre con la Neal Morse Band. Evento questo, a cui parteciperà anche Jordan Rudess; e chissà che i due vecchi compagni di band non trovino il modo di tornare a collaborare anche solo per un giorno. A maggio invece sarà impegnato con il tour americano dei The Winery Dogs e dal 8 al 12 luglio con il suo nuovissimo Percussive Nation Music Camp.

Derek Sherinian con un post notturno, il

15 dicembre scorso, sulla sua pagina Facebook ha annunciato senza peraltro rivelare troppi dettagli, di essere al lavoro su alcuni nuovi riff destinati al prossimo album dei Sons Of Apollo, provvisoriamente identificato con l’acronimo “SOA 2”. A sinistra la foto che accompagna il post. Ci sorge spontanea una domanda: ma i riff che sta componendo sono per chitarra o per tastiere?

Jordan Rudess ha dichiarato negli ultimi

giorni di dicembre di aver terminato, con John Guth, il mix del suo prossimo album solista, che uscirà nel prossimo aprile per Mascot Label Group, e da lui stesso definito come “prog rock extravaganza”. A presto per ulteriori dettagli. Jordan ha inoltre partecipato con Marco minneman all’album “Mahandini” dell’artista indonesiana Dewa Budjana.


Essential Modern Progressive Rock Albums

Images and Words behind Prog’s most celebrated albums 1990-2016 Questo libro di 180 pagine interamente a colori, scritto da Roie Avin (collaboratore della rivista PROG e per molto tempo coinvolto nell’industria musicale, nonché fondatore di progreport.com, un bel sito web interamente dedicato alle notizie su prog e affini) è una lettera d’amore al genere musicale del suo cuore. Avin racconta attraverso più di 50 album l’evoluzione del moderno progressive rock partendo da Empire dei Queesryche, passando per Fates Warning, Marillion, Opeth, Porcupine Tree, Haken, Devin Townsend e molti altri. Ai Dream Theater ed ai propri membri sono dedicate molte pagine, e l’analisi di ben 4 album come I&W, Awake, SFAM e Six Degrees, essendo stati (ma lo sono ancora adesso) dei veri precursori e fonte di ispirazione per molte giovani band, nonché artisti molto prolifici. Troviamo anche album di band e progetti che coinvolgono i membri od ex membri come LTE, Transatlantic, Flying Colors, Neal Morse, Ayreon con The Human Equation.

Ogni album è analizzato nel dettaglio, con notizie sulle varie band, estratti da interviste, storie sulla creazione, curiosità anche inedite, oltre a trattare dell’impatto che ognuno ha avuto sul genere. Un buon modo anche per scoprirne alcune di cui magari non sapevate molto fino ad ora. Il libro è acquistabile online a questo link: https://progreport.com/product/essential-modernprogressive-rock-albums/



FOR IMMEDIATE RELEASE

Mentre stavamo preparando questa fanzine ci è arrivato il promo del nuovo album per un preascolto, e come di consuetudine, il promo è accompagnato dalla ”press release”. Scopriamo cosa dice a proposito la nuova etichetta InsideOut Music, oltre ad alcuni commenti rilasciati dai membri della band. La chimica innesca l’azione. I legami tra elementi diversi portano a frizione, energia e fondamentalmente spingono alla creazione. Questo accade da sempre, specialmente nella musica. La musica dei Dream Theater fa affidamento sull’interazione e l’amicizia tra i musicisti, così come lo fa sull’armonia degli strumenti. Di fatto, la chimica che la band ha liberato da quando si è formata nel 1985 rimane centrale nella musica che viene creata oggi. I pionieri del progressive metal - James LaBrie (Voce), John Petrucci (Chitarre), Jordan Rudess (Tastiere), John Myung (Basso), Mike Mangini (Batteria) - condividono un legame unico con una delle fan base più appassionate al mondo, come evidenziano le due nomination ai GRAMMY® Awards e le 15 milioni di copie vendute in tutto il mondo. Tra i numerosi riconoscimenti, Images & Words (1992) ha ricevuto la “gold certification” ed è finito nella classifica di Rolling Stone dei “100 più grandi album metal di tutti i tempi”. Inoltre, Guitar World ha piazzato Awake al numero 1 su “Superunknown: 50 Iconic Albums That Defined 1994”. Alcuni estratti del lavoro del 1996 “A Change Of Seasons” sono stati scelti dalla NBC come colonna sonora per i mondiali di sci alpino del 2002. I fan poi hanno votato Metropolis Pt. 2: Scenes From A Memory (1999) come “Album progressive numero uno di tutti i tempi” in un sondaggio fatto da Rolling Stone nel 2012. Per non parlare del 15° posto nel “Greatest Concept Album” di Classic Rock. Nel 2009 Black Clouds & Silver Linings è entrato nella Billboard Top 200 al numero 6 così come A Dramatic Turn Of Events [2011] e Dream Theater [2013] si son piazzati nella top 10 di quella classifica. Più recentemente, The Astonishing del 2016 è stato etichettato come “Un’assoluta ed unica esperienza” da Consequence of

Sound. In aggiunta all’aver rilasciato 3 video di platino e due d’oro, la band è stata introdotta nella Long Island Music Hall Of Fame nel 2010. Nel loro quattordicesimo lavoro e prima release per InsideOut Music/Sony Music, Distance Over Time, la band ricarica la fratellanza che li ha tenuti assieme a far musica per oltre 30 anni. Per la prima volta in due decadi, i membri della band hanno vissuto, scritto e registrato assieme per 4 mesi negli isolati studi Yonderbarn (in una tenuta di 2 ettari) a Monticello, NY. Sono andati tutti a vivere nel cottage della tenuta dove hanno condiviso memorie, fatto un sacco di barbecue e fortificato la loro amicizia mentre scrivevano la musica nell’adiacente fienile adibito a studio. “C h i a r a m e n t e abbiamo scrit to un sacco di album assieme, ma di solito andiamo in studio per registrare e durante quel periodo o si fa i pendolari o si sta in hotel li vicino”, dice Petrucci. “Questa volta abbiamo fatto le cose in maniera diversa: a Yonderbarn non c’erano distrazioni quindi ci siamo potuti concentrare e ci siamo focalizzati per esser più creativi, stando 12/14 ore al giorno a lavorare oltre che passando dei momenti in allegria tra le sessioni di scrittura. Cucinavamo a turno come tra fratelli in caserma, ed essendo estate il tempo nel nord dello Stato di New York era splendido. C’è qualcosa riguardo il fare jam sessions e scrivere, come un’unica cosa mentre si sta vicini, mangiando, bevendo whisky. Qualcosa che aiuta ad infondere la musica di pura e palpabile energia”. “È stato come tornare al campo estivo”, dice sorridendo LaBrie. “Stare insieme per tutto il tempo ha fatto si che l’esperienza sia stata molto profonda. Penso che le canzoni riflettano l’energia. È stato molto piacevole e divertente creare questa situazione a questo punto della nostra carriera”.


“Con quello che dovevamo fare ed il tipo di album che volevamo, è stato il giusto modo per comporre e registrare”, aggiunge Rudess. “Quando abbiamo iniziato il lavoro di composizione tutti assieme, c’era un feeling che non sentivamo da tempo. C’erano un sacco di facce sorridenti”. Con tutte le ragioni per sorridere, i cinque musicisti si sono creati il loro groove ed hanno identificato una visione collettiva. Hanno sostenuto il loro marchio ed il loro suono combinando una parte metallica aggressiva con un’altra progressive, con un’aderenza al loro tipico songwriting. “Tutti sentivano come se si fosse tornati alle radici per fare un album più organico”, dice Petrucci. “Abbiamo collaborato per riprendere quelle parti heavy e prog di quello che facciamo, che è inoltre molto divertente da suonare. L’ambiente ci ha aiutati in questo”. La prima canzone Untethered Angel comincia con un arpeggio di chitarra premonitore prima di iniziare un pesante ed ipnotico riff che prende subito. Utilizzando molto l’Hammond X5, Rudess ci porta ad un botta e risposta con Petrucci tra organo e chitarra, evocando il prog classico mentre si sondano nuovi territori. “John ha uno dei migliori lead in assoluto, il che mi fa lavorare e spingere al massimo”, continua Rudess. “Ha aperto una strada diversa per provare a fare cose nuove”. “Soggettivamente, riguarda me che vedo molte persone, specialmente i nostri giovani, che sono impauriti dal prendere determinate decisioni nella loro vita”, spiega Petrucci. “Hanno paura dell’ignoto, paura di quello che pensano gli altri, e paura di non esser abbastanza bravi. Quindi, la canzone incoraggia a lasciarsi andare, senza farsi prendere dalla paura, e lasciarsi alle spalle quei sentimenti di paura che ci fermano”. At Wit’s End, canzone di 10 minuti, passa

dallo shredding ad un fitto groove mentre LaBrie dipinge un intenso ritratto delle conseguenze di un abuso. “Quando le donne vengono abusate, soffrono poi di stress post traumatico”, dice il cantante. “Non possono più vedersi come si vedevano prima, perché questi fatti cambiano completamente le persone. Inoltre questo crea delle grosse fratture nelle relazioni. Può essere impossibile per le coppie superare queste situazioni. Molte volte non ce la fanno, e si separano. In questa canzone, la donna è fuori di sé (“At Wit’s End” ndr.), mentre l’uomo la rassicura che riusciranno a superare il momento”. Barstool Warrior offre un intimo pezzo che rievoca il folklore di una piccola cittadina, con dei testi cinematografici mentre Out of Reach vede la band prendere il volo con una ballad poetica scritta da LaBrie. L’inquietante e furiosa Room 137 segna il primo contributo di Mangini alla scrittura dei testi, mentre il tutto culmina nella epica Pale Blue Dot, che “sottolinea la riflessione di Carl Sagan sulla effimera natura dell’uomo e della nostra responsabilità di essere gentili l’uno con l’altro e di amare la ‘Pale Blue Dot’ che è la Terra” come spiega Petrucci. Alla fine, l’unione nei Dream Theater è al suo massimo in Distance Over Time, così come lo è la musica. “Questo album riguarda l’esperienza per noi”, conclude Petrucci. “Il processo e l’ambiente sono stati una grossa parte del significato e del valore di questo lavoro. Spero che la gente senta l’unità, lo spirito di squadra, la gioia, e l’inclusione che abbiamo sentito. C’è stato uno spirito veramente magico. Quando ascolto l’album, ricordo distintamente ogni momento della registrazione; dove ero posizionato nella stanza, cosa ci ha ispirato in quell’istante ed il significato dietro ogni canzone. Come produttore, il mio obiettivo è stato quello di creare il miglior suono mai registrato per un album dei Dream Theater cosicché chi lo ascolta possa essere avvolto dalla musica. Volevo veramente che questo album riflettesse lo spirito, la gioia e la passione che son stati messi in questo lavoro e per le persone spero che rimanga la natura, la personalità e l’energia che la band ha tirato fuori durante questa esperienza. Per me, penso l’obiettivo sia stato raggiunto e spero la gente lo riconosca”. - Rick Florino, Novembre 2018.


ANTEPRIMA DISTANCE OVER TIME A S C O LTAT O P E R V O I Come già altri fanclub nazionali, oltre al nostro “superiore” Dream Theater World, anche noi di YtseItalia 2.0 abbiamo ascoltato in anteprima Distance Over Time; non è nostra abitudine fare recensioni, tantomeno dei nuovi album dei DT, ma stavolta l’attesa e le aspettative per questo nuovo lavoro della band sono altissime. Sarà che la controversa rock opera The Astonishing ha lasciato l’amaro in bocca a molti fan, i quali si attendono una “riscossa”, oppure per il fatto che si tratta del primo lavoro ad uscire per la nuova etichetta InsideOut/ Sony Music, oppure ancora, perché la modalità scelta per scrivere e registrare è stata alquanto inedita nella storia dei DT. Certo, molto spesso la band ha scelto di scrivere i propri album direttamente in studio, utilizzando quello conosciuto come “metodo LTE”, si pensi a Six Degrees, Systematic Chaos, e anche buona parte di Scenes From a Memory; ma mai prima d’ora avevano scelto di ritrovarsi tutti e 5 insieme e rinchiudersi presso lo studio Yonderbarn nelle campagne di Monticello, NY, se vogliamo, come fosse il ritiro precampionato di una squadra sportiva, praticamente isolati da qualsiasi influenza esterna e lontani anche dalle famiglie; eh si perché la band è rimasta per buona parte dell’estate in questa sorta di clausura anche a dormire (accanto allo studio c’è una struttura di accoglienza per gli artisti che intendono diciamo così, pernottare) e li abbiamo visti nei vari foto e video postati sui social network, alzarsi presto la mattina, cucinare, grigliare hamburger e pollo (molto pollo!!), come farebbe una qualsiasi famiglia a casa propria. Non faremo una vera e propria recensione né un track by track; quelli arriveranno a tempo debito, e li faranno gli “addetti ai lavori” (ma anche chi non lo è, purtroppo) delle varie testate giornalistiche. Ci limiteremo ad esporre quelle che sono le nostre prime impressioni e sensazioni

che abbiamo provato ascoltando in questi pochi giorni da quando ci è stato consegnato il promo di questo nuovo lavoro in studio, senza svelare troppi “segreti” o dettagli, per non rovinare la sorpresa a chi non vuol sapere proprio niente ed avere il piacere di scoprire i vari brani pian piano andando avanti con l’ascolto; un po’ come si faceva ai vecchi tempi, quando non c’era “l’internet”, ed anche perché ognuno ha il diritto di farsi la propria idea dall’ascolto di un brano senza condizionamenti esterni. Sappiamo bene che Untethered Angel ha già ricevuto molte critiche, almeno qua in Italia; anche un po’ esagerate forse; una su tutte perché sembra somigliare in alcuni momenti ad altri brani, ha il sapore di qualcosa di già sentito; ebbene, secondo noi la cosa è stata voluta così, e non a caso è stato scelto come primo singolo un brano che appena lo ascolti ti riporta a qualcosa di familiare, ti fa sentire quella sensazione di “essere a casa”. Ma questo è solo l’inizio di un’opera, un percorso se vogliamo particolare, con qualcosa di inedito, ma che tutto sommato presenta anche molti elementi caratteristici. Da sempre i DT sono una band che da il meglio di sé “sulla lunga distanza”; già in passato infatti, i singoli apripista non hanno poi rispecchiato quello che è il reale valore dell’intero album, pensiamo a brani come As I Am, A Rite Of Passage, Burning My Soul o la stessa Hollow Years, che oggi tutti o quasi riconosciamo come un ottimo brano, all’epoca, presa da sola fece un po’ storcere il naso a molti fan della prima ora per la sua (relativa) semplicità/banalità, quasi come fosse una semplice ballata pop, complice anche un videoclip non proprio azzeccato, e che per molti anni è anche rimasto l’ultimo girato dai Dream Theater. Come sempre succede quando si ha di fronte un nuovo album dei Dream Theater, sia i


fan che la critica di settore si divideranno e ci sarà chi amerà alla follia il nuovo album e chi invece lo detesterà, ma su una cosa siamo sicuri, non lascerà indifferenti. Già in diverse interviste i membri della band avevano dichiarato di voler fare qualcosa di riconoscibile, che riconducesse al loro stile più classico, se così si può definire lo stile di una band che non ha mai fatto un disco uguale all’altro (sennò che prog sarebbe?) ma che ha comunque mantenuto una propria identità che non puoi non riconoscerla in mezzo ad un mare di altri artisti. E la promessa, secondo noi, è stata mantenuta. Nei 10 brani presenti, si possono ritrovare per buona parte tutte quelle scelte stilistiche e di sound che già in passato hanno fatto la fortuna dei DT e che sono così familiari per i fan; ci sono i riff duri e metallici alla Awake o Train Of Thought, a cui fanno da contraltare linee melodiche e vocali nonché alcuni assoli dalle melodie piene di gusto, di quelli come solo un maestro come Petrucci è in grado di tirar fuori dal cilindro, così come qualche classico unisono/duello con le tastiere di Jordan Rudess, che questa volta ha un po’ lasciato da parte i vari marchingegni elettronici per tornare a suonare semplicemente le tastiere, e lo fa in una maniera molto concreta. Il lavoro e la scelta stilistica che la band ha portato avanti su suoni ed arrangiamenti, anche limitando di molto orchestrazioni e sovraincisioni esasperate è stato finalizzato, per loro stessa ammissione, ad ottenere un sound che aiutasse a rendere al meglio i brani in sede live, in modo che tutto quel che si sente su disco possa essere riprodotto dal vivo dalla sola band senza ricorrere a stratagemmi o

parti preregistrate. A nostro parere, in fase di produzione e mixaggio è stato fatto un ottimo lavoro, troviamo infatti un sound corposo, compatto, dal sapore moderno, ma anche con qualche venatura “vintage”, con i vari strumenti che si possono ascoltare tutti in maniera nitida e distinta. Da segnalare un’ottima resa del basso di Myung, così come è migliorato il sound della batteria, dopo le tante critiche ricevute per i precedenti album. Al momento, giusto per sbilanciarci un attimo, potremmo citare come le migliori del lotto e nostre preferite, Fall Into The Light, At Wit’s End e Out Of Reach (piccolo capolavoro), con una menzione speciale per Viper King, un pezzo veramente dallo stile inedito per i DT e che lascia il segno, a differenza di tante bonus track che spesso non sono altro che pezzi minori o veri e propri scarti, inseriti nelle edizioni speciali o giapponesi degli album giusto come riempitivo o contentino. Nel complesso questo album forse non sarà un capolavoro come altri in passato, ma chi dopo più di 30 anni di carriera riesce a sfornare capolavori uno dietro l’altro, considerata anche la prolificità con cui questa band produce album ogni 2-3 anni? Per chiudere, vi diamo solo un consiglio: ascoltate questo album lasciando da parte preconcetti, confronti con il passato o anche con altre band dell’ultima ora; abbiate fiducia in questo disco e nella band che tutti noi amiamo. Come sempre i ragazzi ci hanno messo il cuore e l’anima e anche questa volta hanno trovato il modo di soddisfarci ed emozionarci. Andrea


Nel dicembre 2017, un po’ a sorpresa per chi non è troppo dentro a certe dinamiche, i Dream Theater hanno annunciato di aver lasciato la loro ormai storica etichetta, che da dieci anni era la Roadrunner Records; nata come indipendente e poi entrata a far parte del gruppo Warner; per passare alla InsideOut Music, etichetta controllata da Sony Music, un colosso multinazionale, e diretta concorrente di Warner. In pratica, fino ad ora, i DT non si erano mai allontanati troppo dalle loro origini in quanto a casa discografica. Adesso però il salto è stato fatto, ed è anche bello grosso; sarà un salto nel buio? Che succederà ora, ci sarà una evoluzione o una rivoluzione? La band crescerà ancora, oppure è un ridimensionamento? Come si dice, ai posteri l’ardua sentenza. Noi per il momento ci limitiamo a tracciare una breve storia di quella che è la nuova etichetta discografica dei nostri beniamini. InsideOut Music viene fondata in Germania da Thomas Waber (fondatore, nei primi anni ’90 del primo fanclub tedesco dei Dream Theater, prima di passare la mano a Steffen Barabasch, ndr) nel 1996 come etichetta indipendente con lo scopo di pubblicare e distribuire materiale di genere progressive rock/metal e simili. Per far ciò stipula un accordo di distribuzione mondiale con la storica etichetta heavy metal tedesca SPV. L’attività inizia ristampando in Europa dischi di band e artisti americani, per poi

passare a veri e propri contratti di produzione e distribuzione di molti nomi importanti del panorama prog mondiale; e ben presto viene aperta anche una divisione americana con sede a Pittsburgh, PA. Tra i primi a vedere i propri dischi pubblicati dalla label tedesca, troviamo i nostri connazionali Eldritch con il loro album d’esordio Seeds of rage (originariamente pubblicato nel 1995 via Limb), ed i successivi Headquake (1997) ed El Niño (1998); tra i lavori della band toscana più improntati al prog, prima della virata verso il thrash dei successivi album. Anche lo storico chitarrista dei Genesis Steve Hackett, è uno dei grandi nomi che tra i primi si accasa con la label tedesca, ed è tuttora sotto contratto. Nei primi anni 2000 passano per InsideOut anche dei campioni del prog metal come i Symphony X con i bellissimi V: The New Mythology Suite (2000), The Odyssey (2002), e Paradise Lost (2007); gli Spock’s Beard che, ironia della sorte, nello stesso anno 2000 pubblicano V, con un nome e una copertina molto simili al disco dei Symphony X; chi ha copiato chi? Mentre nel 2002 esce il capolavoro Snow, ultimo album con Neal Morse in formazione. Nel 2005 gli Shadow Gallery pubblicano “Room V”, il loro ultimo lavoro con il compianto Mike Baker alla voce. E anche una nostra vecchia conoscenza come Charlie Dominici, pubblica la seconda (2007) e terza (2008) parte del suo concept “O3 A Trilogy” via InsideOut. Nel 2009 però, a causa del drastico calo delle vendite, SPV dichiara la bancarotta, e viene quindi rilevata (insieme con InsideOut) dalla Century Media Records; anche questa specializzata nella distribuzione di materiale metal. A sua volta, nel 2015, Century Media e tutti i marchi ad essa collegati sono stati acquisiti da Sony Music diventandone una importante divisione per quanto riguarda il metal ed il progressive. Per un periodo sono stati anche ripubblicati, tramite la sottoetichetta Revisited Records, alcuni


album di Krautrock; un genere che possiamo considerare di nicchia, sviluppatosi tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio dei ’70 in Germania. Tra le altre nostre conoscenze che hanno pubblicato o tuttora pubblicano con questa etichetta, tra cui molte delle nuove leve del prog mondiale e che; è bene ricordarlo; molte delle quali non esisterebbero se i Dream Theater non avessero aperto loro la strada, ispirando i giovani musicisti fin dai primi anni ‘90; è d’obbligo citare i The Flower Kings, Pain Of Salvation, King’s X, Fates Warning, Haken, Riverside, Enchant, Bigelf, Steve Howe, Asia, Kansas, Arjen A. Lucassen con i suoi progetti Ayreon e Star One. Infine, menzione speciale per i miti del progressive italiano, la Premiata Forneria Marconi, che è entrata a far parte della famiglia nel 2017. Anche gli stessi membri o ex membri dei Dream Theater, ben prima che la band madre entrasse nel roster, hanno pubblicato con InsideOut i propri dischi solisti, come gli ultimi tre album di James Labrie, alcuni di Derek Sherinian o con progetti paralleli, come i Transatlantic, The Jelly Jam, Sons Of Apollo, Planet X, Kevin Moore e i Chroma Key, e la band di Max Portnoy, Next To None. Curiosità: i dintorni della prima sede della società a Kleve nella regione del Nord Reno-Westphalia in Germania, sono stati protagonisti delle copertine di alcuni album pubblicati dall’etichetta stessa; ad esempio il lago che si vede sulla cover di Subsurface dei Threshold; oppure la pompa di benzina in Octane degli Spock’s Beard. Per finire questo breve excursus storico, riportiamo alcune dichiarazioni rilasciate dai Dream Theater stessi e dai rappresentanti dell’etichetta tedesca, all’indomani dell’accordo raggiunto con la band americana; che può essere considerato come il più grande colpo di mercato mai fatto da questa azienda. Andrea

La band, ha così commentato: “Siamo tutti molto eccitati riguardo l’aver firmato un nuovo contratto discografico con la InsideOut/Sony! Conosciamo Thomas Waber da molto tempo ed è grandioso avere finalmente la possibilità di lavorare assieme. È stato fantastico poter essere testimoni dell’entusiasmo di Thomas, la sua energia, l’esperienza nell’industria musicale e l’atteggiamento positivo verso la futura carriera in studio dei Dream Theater. Non avevamo dubbi sul fatto che essere parte della famiglia InsideOut/Sony sarà una fantastica esperienza per tutti noi, dal punto di vista professionale e creativo.” Thomas Waber, boss di InsideOut Music, aggiunge: “Questo è quello per cui è stata coniata l’espressione ‘chiudere il cerchio’. Abbiamo seguito da vicino la band da quando hanno iniziato a fare tour in Europa, nel 1993, e c’è stata una lunga amicizia tra noi e i Dream Theater per quasi 25 anni. Cogliere l’occasione per unirci a loro, in questo nuovo importante capitolo della loro carriera, ci è sembrata la cosa più naturale da fare. Non vedo l’ora di iniziare!” Philip von Esebeck, direttore finanziario della Sony Music Germany, continua: “Questo è un passo importante, verso il nostro traguardo di supportare e far crescere il marchio della InsideOut Music e siamo molto eccitati, alla Sony, nel dare il benvenuto ai Dream Theater nel nostro roster di artisti di alto livello!”


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RELEASE DATE: 22 febbraio 2019 Available as: • Standard CD Jewel Case; • Special Edition Digipak (incl. 1 bonus track); • 180g Gatefold 2LP Edition (incl. 1 bonus track, an 8-page-LP-booklet & the entire album on CD) • Ltd. Edition Artbook (incl. 1 bonus track, 5.1 mix with video animations, instrumental mixes, high res files of the album, stems for “Untethered Angel”, extended liner notes, additional artwork incl. photos from the writing session and additional video content); • Deluxe Collector’s Box Set (incl. lenticular cover card, Artbook, 180g 2 LP Gatefold Edition with exclusive artwork and an exclusive LP colour, exclusive picture 7”, 60 x 60 cm poster, 10 art cards, slipmat, patch, pin and a hand-numbered certificate of authenticity); • Digital Album (incl. 1 bonus track).

TRACK LISTING 1. Untethered Angel 06:14 2. Paralyzed 04:17 3. Fall Into The Light 07:04 4. Barstool Warrior 06:43 5. Room 137 04:23 6. S2N 06:21 7. At Wit’s End 09:20 8. Out Of Reach 04:04 9. Pale Blue Dot 08:25 10. Viper King (Bonus Track) 04:00

DREAM THEATER online: www.dreamtheater.net https://www.facebook.com/dreamtheater http://twitter.com/dreamtheaternet http://instagram.com/dtimages

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Lo scorso novembre, il magazine online Lotsosmuzik (https://lotsofmuzic.weebly.com/) ha pubblicato una intervista al nostro cantante. Ecco qui la traduzione integrale in italiano. Ringraziamo ancora una volta Rodrigo Altaf per la disponibilità e gentilezza dimostrataci. Un nuovo album dei Dream Theater è sempre un evento che suscita molte aspettative nella comunità prog metal. Da quando è stato annunciato il loro 14esimo lavoro, “Distance Over Time”, la band ha promesso un ritorno alle proprie radici. Tutti i cinque componenti della band si sono ritrovati in uno studio tra i monti Catskill ed hanno lavorato instancabilmente alla scrittura e alla registrazione, scrivendo un nuovo capitolo della loro lunga carriera. Con due brevi sample già resi pubblici ai fan, insieme alla copertina, le prime date e i nomi di alcune tracce, c’è ancora un’aura di mistero che circonda il nuovo album. Dopo un’intervista con Jordan Rudess (che abbiamo già tradotto e pubblicato sul nostro canale Issuu, ndr), realizzata lo scorso ottobre, Rodrigo Altaf ha incontrato il cantante James LaBrie, che ha rivelato alcuni dettagli riguardo le sessioni di scrittura, i programmi del tour, la scelta delle setlist e molti altri argomenti. LOTSOFMUZIK: Grazie per aver accettato l’intervista. Immagino che questo sia un periodo molto impegnativo, per via dell’imminente pubblicazione del nuovo album dei Dream Theater Distance Over Time, giusto? JAMES LABRIE: Sì, tutto è pronto a partire. Siamo al punto in cui il disco sta per essere masterizzato, la data di pubblicazione è a febbraio e poi a marzo inizieremo il tour a San Diego. Credo che la prima data sia il 20 marzo, quindi tutto ci porta a quel giorno. C’è un sacco di lavoro di preparazione, non solo musicale. Abbiamo puntato su una setlist sensazionale, che la maggior parte dei fan apprezzerà. Ma, come ben sai, c’è anche tutta la promozione e le interviste come quella che stiamo facendo io e te oggi. E ognuno di noi è in modalità “turbo”. Per questo album, avete deciso di ritrovarvi in un edificio isolato e lavorare assieme. Quando

ho sentito questa cosa, non ho potuto fare a meno di pensare ai vecchi album dei Led Zeppelin, quando andavano assieme a Headley Grange e registravano il tutto. Nessuno di voi, in quel periodo, ha fatto questo collegamento? Credo che per prima cosa John Petrucci, John Myung e io abbiamo ripensato all’ultima volta che l’abbiamo fatto, quando abbiamo registrato Images and Words. Eravamo ai BearTracks Studio di New York e, in quel periodo, vivevamo tutti in una casa. Era a circa 10 minuti dallo studio, in Tomkins Cove; questo era il nome della città dove stavamo e tutti noi abbiamo vissuto assieme per tutta la durata delle registrazioni. Quindi stavamo parlando ed avendo delle reminiscenze riguardo quel periodo ed è stato bello ritornare a quei momenti... è stato come un campo estivo, ma allo stesso tempo, stai producendo un nuovo album, nuovo materiale. Ed è stato bello perché credo che ciò che ci ha permesso di farlo è stato arrivare ognuno con delle idee che, lentamente, un po’ alla volta, si sono trasformati in canzoni vere e proprie. A volte, ci siamo semplicemente rilassati, sedendoci attorno, e il più delle volte la conversazione ritornava alla musica e alla direzione che volevamo prendere, focalizzandoci su una particolare canzone o una sezione su cui stavamo lavorando. Quindi è interessante, perché non ti permette molte distrazioni, vero? Non te ne andrai da lì, sei sempre lì. 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana. Ci sono alcune tracce di cui è stato rivelato il titolo: Fall Into The Light, Paralyzed, At Wit’s End e Barstool Warrior. Hai contribuito a queste? Sei stato coinvolto anche nella musica, questa volta, o solo riguardo i testi? Solo i testi. Sono rimasto qui per tutto il tempo, ascoltando la musica e, se qualcosa mi sembrava strano, facevo sentire la mia opinione. Ma il numero


di volte in cui avrei voluto dire qualcosa non merita neppure di essere menzionato. Quando è arrivato il momento di scrivere le melodie delle canzoni, sono stato coinvolto ed ho scritto i testi di tre brani. E abbiamo discusso riguardo al fatto di coinvolgermi nel processo creativo, in modo da poter ascoltare, valutare la difficoltà e capire quale sarebbe potuto essere il risultato. E per me è stato bello perché in qualsiasi band, parte del processo, quando inizi a comporre, è lasciare il tuo ego fuori dalla porta ed essere sinceri gli uni con gli altri. Ciò che è stato sorprendente è stata la velocità del tutto. Non so se hai già parlato con qualcuno degli altri ragazzi, ma credo che tu abbia intervistato Jordan e che lui possa averti detto che, alla fine, la scrittura dei brani è durata qualcosa come 17 giorni! Questo dice quanto stiamo diventando prolifici e veloci nel fare le cose. Come ho detto, ho scritto i testi di tre canzoni, una delle quali sarà una bonus track dell’album. Penso che tutto verrà esattamente come abbiamo sperato e come abbiamo deciso di fare quando abbiamo iniziato a scrivere. Questo è bello da sentire! E sembra che voi abbiate scelto lo stesso approccio del vostro album omonimo, nel senso che le vostre canzoni sono un po’ più dirette, giusto? Non necessariamente più brevi, ma più dirette, più immediate. Certo, assolutamente sì. Il nostro ultimo album era molto concettuale e molto teatrale. Quindi volevamo tornare indietro, riabbracciare e riprendere le nostre radici, da dove arriviamo e le nostre influenze originali. Volevamo anche ottenere qualcosa di più organico, ma anche qualcosa che ci possa far dire che quello è ciò che siamo. Deve essere sempre identificabile come opera dei Dream Theater. Ma crediamo di aver creato un qualcosa che sia più di quello che abbiamo fatto in precedenza. Credo che chiunque, sentendo le canzoni, dirà “wow”. Credo che ogni canzone sia molto eccitante e davvero unica.

Ottimo! Allo stesso tempo, è già stato annunciato che suonerete per intero Scenes From A Memory. Per me, in particolare, è un’occasione speciale perché ho perso quel tour. Vivevo in Brasile, all’epoca, e voi non siete venuti lì! Ma vi ricordate quando è stata l’ultima volta che avete suonato l’intero album? Oh mio Dio, potrei sbagliarmi, ma voglio provarci... è stato in Sudamerica? Forse Buenos Aires? No, è stato a San Paolo. In realtà, in quel periodo, non mi trovavo in Brasile - vivevo in Australia. Sono partito da Perth per vedere quel tour in Giappone, ma da quel che ho sentito, quella sera a San Paolo, tu ricevesti la notizia della morte di un membro della tua famiglia durante lo show, ma tu sei andato avanti! Oh, sì. Era mio padre. È morto mentre eravamo in tour, l’11 dicembre, e i ragazzi rimasero al mio fianco. Mi dissero: “se devi andare a casa, vai a casa”. Ed io dissi “No, vado avanti, la mia famiglia aspetta il mio ritorno dopo il tour”. È stato difficile, ho dovuto tenere duro e, ogni sera, andavo sul palco continuando a dire “questo è per te, papà”. Mio padre ha avuto una grande influenza musicale su di me. Amava cantare ed era in un quartetto vocale. È stato colui che mi ha fatto conoscere artisti come John Coltrane e Miles Davis, mi ha fatto apprezzare il jazz, gli strumenti e come suonano, ognuno con la propria “voce”. Gli devo molto, perché è stato il mio più grande fan ed è stato fantastico. Quindi sì, è stato difficile, ma gli show sono andati avanti e credo siano stati grandiosi. Senza rivelare troppo, stai progettando qualche riarrangiamento delle canzoni di Scenes From A Memory? A questo punto, dirò che c’è sempre una possibilità, ma nessuno di questi discorsi è ancora stato affrontato. Da un personale punto di vista, visto che si tratta del ventesimo anniversario, credo che,


escludendo un paio di momenti d’improvvisazione qua e là, per rendere giustizia all’album e onorarlo per quello che è, sarebbe da suonare così come è stato scritto. Credo che niente possa batterlo, rimarremo fedeli a quello che era in origine e credo che questo lo renderà ancora più magico. Credo che il fatto che stiamo per onorare quell’album, suonandolo dall’inizio alla fine, sarà un’esperienza emozionante, non solo per i fan, ma anche per la band. Sarà un momento davvero molto stimolante per ognuno di noi. Per me sarà una seconda possibilità per depennare un punto dalla mia lista dei desideri [ride]. E avendovi visti nell’ Images, Words and Beyond tour qui a Toronto, l’anno scorso, voi sembravate godervi questo viaggio nel viale dei ricordi. Ho una domanda relativa al periodo in cui sei entrato nella band e ti sei trasferito dal Canada negli USA. È stata una mossa che avevi già preventivato, a prescindere dall’invito della band? Fisicamente, non mi sono spostato negli Stati Uniti, ma capisco cosa dici… come entrare “mentalmente” negli Stati Uniti. Io, prima dei Dream Theater, facevo parte di una band chiamata Winter Rose, che tutti conoscono, o almeno molti fan dei Dream Theater dovrebbero conoscere. All’epoca stavo iniziando a trattare con etichette statunitensi come l’Atlantic, che era molto interessata a scritturare i Winter Rose. Così ho iniziato ad abituarmi all’idea che si trattava di un mercato totalmente differente. Permetteva di ottenere molto di più, su una scala molto più grande, visto che la popolazione del paese è 10 volte quella del Canada. Sostanzialmente, quello che davvero mi importava era “sarò capace di fare qualcosa se entrassi nei Dream Theater?”. Fin dall’inizio ho pensato che noi avevamo tutto il potenziale e tutti i segni distintivi per essere una band unica e per dire e fare qualcosa che la maggior parte delle band non erano minimamente in grado di concepire. Così sapevo che se avessimo ottenuto il giusto trattamento, avremmo davvero preso il volo, e fortunatamente è andata così. Ma il punto è che, per essere onesto con te, Rodrigo, ho semplicemente voluto farlo e vivere di musica. E, quando ho pensato a questo, se c’era una band in grado di farlo era proprio questa, perché eravamo unici, diversi e con un virtuosismo incredibile anche per l’epoca. Così mi sono detto “Se Dio vuole, spero che questo potrà essere un successo”.

Pensi che dal vostro esordio, voi abbiate creato qualcosa di unico? Quando parliamo di prog metal, c’erano band che facevano cose simili, come i Fates Warning e Queensryche, ma non hanno avuto lo stesso impatto o influenza che avete avuto voi sulla scena musicale. Sono perfettamente consapevole delle altre band che erano in circolazione e che inserivano elementi progressive nella musica. Ma io so che solo quello che facevano i Dream Theater era in grado di esistere per conto proprio. Era un linguaggio esclusivo e io pensavo “se giochiamo le carte giuste e se le persone giuste e lo fanno in gran numero, non c’è dubbio che sarà un successo”. C’era anche un po’ di trepidazione perché devi ricordare che il disco è uscito nel 1992, il grunge era al suo apice. C’erano band come Nirvana e, in parte, anche Soundgarden. Ma i Soundgarden, per me, erano più una band rock metal e li trovavo fantastici. Mi ricordo Derek Oliver, che ci ha scritturati alla ATCO e all’Atlantic, che ci raccontava storie di quando andava dalla label dicendo “c’è questa band, i Dream Theater, devi scritturarli, sono fantastici” e molti, dell’etichetta, dicevano “sei sicuro? La loro musica non ricorda nessun altro”. Fortunatamente, Derek era lì ed era anche un giornalista, oltre che un grande appassionato di musica, ci ha capiti e apprezzati. Era il nostro uomo, è andato da una parte e dall’altra e ci ha permesso di farci scritturare, quando gran parte delle persone erano invece titubanti nel fare questa mossa. Quindi, grazie! Ma oltre a lui, come per qualsiasi altra cosa in questo mondo, come in qualsiasi business, hai bisogno di persone influenti - ti serve la forza che ti permetta di credere in te stesso. Ed era la nostra situazione. E cosa avrebbe detto il James di oggi a quello del 91/92, se avesse potuto farlo? Bella domanda. Credo che l’unica cosa che avrei potuto dirgli sarebbe stata “Cacchio, goditi il viaggio perché sarà veloce”. Ancora non posso credere che sono già passati 27 anni ed è semplicemente fantastico. È stato un viaggio fantastico, non paragonabile quello di nessun altro. Nell’industria musicale, ogni band che ha avuto una carriera lunga come la nostra, ha avuto i suoi alti e bassi, sfide e tutto il resto. Ma noi siamo molto uniti e siamo in grado di stare concentrati sulla musica e su chi siamo. E, diciamocelo, non conosco altre band che abbiano fatto tour più duri dei nostri, che all’epoca andavano avanti anche per un anno e mezzo. L’ultimo tour mondiale è andato avanti


due anni ed eravamo completamente esausti, fisicamente e mentalmente. Siamo passati da The Astonishing direttamente al 25esimo anniversario di Images and Words. È stato molto faticoso, ma anche molto elettrizzante. Oltre ai Dream Theater, tu hai anche una carriera solista molto prolifica: due album dei Mullmuzzler, una manciata di album solisti... alcuni fan si chiedono se e quando pubblicherai nuovo materiale solista. Tutto parte da quando Matt Guillory ed io abbiamo iniziato questa cosa nel 1998, con il primo album dei Mullmuzzler, che poi è mutato nei miei album solisti. Ma tutti gli effetti, è tanto opera sua quanto mia, lui ne è parte integrante. La situazione è questa: devo aspettare che Matt trovi il tempo per sedersi, mettere assieme le canzoni e realizzare l’album. Ci sono molte idee, non ci mancano. Ma lui è impegnato a tempo pieno e io sono in balia di Matt, sperando che riesca a trovare il tempo per poter dedicarci a lavorare su un disco. Noi ci parliamo regolarmente e ci diciamo sempre di avere pazienza. Sto cercando di crearmi una serie di opportunità in modo che possiamo un giorno sederci, mettere assieme le canzoni e, a quel punto, faremo un nuovo album. Inizialmente pensavamo che avremmo potuto farne uscire uno un anno fa, ma purtroppo accadono imprevisti nelle vite delle persone, cosa di cui bisogna essere consapevoli e da tenere sempre in considerazione. Mi spiace che sia successo. Non posso quindi darti una timeline definitiva. Molte persone dicono che il materiale della tua carriera solista favorisce il tuo modo di cantare più di quello dei Dream Theater. Concordi con questa affermazione? Questo è interessante, l’ho sentito dire e l’ho letto tante volte. Credo che dipenda dal fatto che, quando io e Matt scriviamo assieme, è molto “vocal, vocal, vocal oriented”. E non è che non ci siano musicisti incredibili, perché tutti nella band, Ray Riendeau, Peter Wildoer, Marco Sfogli, Matt Guillory, sono tutti musicisti fenomenali e ci sono molti punti in queste canzoni in cui riescono a mostrare il loro virtuosismo. Ma io credo che in generale, l’elemento predominante su cui io e Matt ci focalizziamo quando lavoriamo, sono le linee vocali e le melodie. E per questo, tendono

a farsi notare più del resto. Con i Dream Theater siamo sempre stati conosciuti come dei giganti del progressive metal. Allo stesso tempo, siamo sempre stati riconoscibili per gli arrangiamenti, ma non necessariamente per uno strumento rispetto ad un altro. C’è un po’ di tutto, un tastierista incredibile, un fantastico chitarrista, bassista, batterista e cantante! Quindi fai in modo che alla fine, questi cinque elementi trovino un senso. Credo che abbiamo fatto un lavoro fenomenale e ammirevole, tenendo questo in mente e riuscendo a trovare sempre un equilibrio. Ma è diverso, perché la natura dei Dream Theater e la nostra direzione è molto diversa da quella che io e Matt tendiamo a seguire. È un peccato che tu non abbia la possibilità di fare molti tour con il tuo materiale solista. L’altro giorno ho parlato con un batterista che è stato in tour con te, John Macaluso, e ti saluta. È fenomenale! È una grande persona e un fantastico batterista! Era con noi nel 2005, quando siamo andati in tour, e ci siamo divertiti molto. Siamo stati in tour solo per quattro settimane, abbiamo fatto cinque o sei show nell’area dello stato di New York, poi siamo andati in Europa. È stata una grande esperienza e la band è stata fantastica ogni sera. Spero sempre che ci sia una possibilità, ma devo essere onesto con te, Rodrigo, lavorare con i Dream Theater mi prende un sacco di tempo e inoltre tendo a lavorare su altri progetti. Proprio oggi è uscito un video che ho realizzato con una band chiamata Last Union. Sono italiani e ho cantato quattro brani con loro. Questa canzone che ho registrato con loro, President Evil è uscita ora. Mi piace fare altre cose e lavorare con altre band, altri musicisti, ma allo stesso tempo spero che in


qualche modo mi permetta di fare tour in Europa e Nord America e ovunque possa essere possibile. Ho una domanda riguardo la tua tecnica. Non sono un cantante e non suono nessuno strumento, sono solo un ascoltatore “istruito”, se posso definirmi così. A volte, quando vai sulle note più alte, tiri molto fuori la lingua. Perché lo fai? Credo che mi accada naturalmente. E so che molti cantanti o insegnanti di canto diranno “non è quello che farei. Dovresti tenerla piatta dietro i tuoi denti inferiori” e cose del genere. Ho sempre sentito che, quando tiro fuori la lingua, mi aiuta ad aprire la mia gola e permettere la risonanza nella zona di maschera della mia testa. Posso sentire un po’ le note di petto o quelle del registro superiore. E questo, per me, funziona. Tecnicamente parlando, probabilmente ci saranno un sacco di vocal coach che direbbero “dovresti tenere la lingua piatta” e questo va bene, ma ciò che funziona con uno o con molti non necessariamente funziona con tutti. Quindi devi trovare qualsiasi cosa ti permetta di essere a tuo agio, dall’inizio alla fine, mentre stai cantando. Parlando degli altri tuoi lavori, hai cantato con Rik Emmet [cantante e chitarrista dei Triumph ndr] in una traccia che vedeva anche la presenza di Alex Lifeson dei Rush. Volendo riassumere questa partecipazione interamente proveniente dal Canada, dal rock al prog: hai avuto i Rush, i Triumph e te nella stessa traccia! [ride] Lo so, è pazzesco! Eravamo in studio nello stesso giorno, tutti e tre. Ci siamo seduti, abbiamo chiacchierato ed è stato come se fossimo al bar a berci una birra, perché abbiamo parlato delle nostre vite, delle nostre famiglie, ecc. Sono lì che guardo Rik Emmet, che è un musicista fenomenale, Alex Lifeson, che credo sia uno dei più incredibili chitarristi al mondo... la musica che ha scritto con i Rush parla da sola. È, inoltre, un bravissimo compositore. È stato bello poter incontrare questi due personaggi, che rispetto molto. E sì... tre canadesi che dicono “ehi, guardate cosa abbiamo fatto!” Ho incontrato Geddy e Alex un mese fa e, ad essere sincero, solo adesso ho finito di tremare... incontrarli è stato un sogno per me. Dove li hai incontrati? È successo ad un evento chiamato Grapes Under

Pressure [nome ripreso da “Grace Under Pressure”, album dei Rush del 1984, ndr]. Siamo andati in treno a Niagara-on-the-Lake, ad una degustazione di vini, e loro erano lì. Era più una specie di reception e c’era la possibilità di parlare con loro, fare delle foto e quant’altro. Sono veramente persone simpatiche, molto disponibili e gentili con i fan. Assolutamente. Questa è la loro caratteristica migliore, sono persone sincere. Già. E parlando di incontri di questo tipo, ero curioso riguardo i meet and greet. Da quel che mi ricordo, voi avete iniziato a farli nel 2008 o 2009. Voi della band vi sentite tutti a vostro agio in quei momenti? Perché è il tipo di situazione dove devi essere pronto ad un’intensa adulazione o qualche fastidiosa critica da gente mai vista prima. Io credo che nessuno di noi abbia problemi con i M&G, ma la nostra più grande preoccupazione riguarda il fatto che i fan spendono soldi per essere lì e per incontrarti, ma se stringessimo le mani a chiunque e fossimo abbracciati da tutti, saremmo malati, perché incontriamo tantissime persone, dalle 50 a oltre le 100 per volta. Sono un gran numero di persone con cui entrare in contatto ed è qualcosa verso la quale sono molto paranoico, perché se dovessi prendermi un brutto raffreddore, avrei dei seri problemi sul palco. Allo stesso modo, anche gli altri componenti della band non vogliono rischiare di ammalarsi. Quindi, siamo a nostro agio nell’incontrare i fan, chiacchierare e fare foto con loro. E ovviamente si parla della musica che tutti amiamo oppure della nostra musica. Quindi non è un problema. L’unico nostro timore è che non vogliamo rischiare di prenderci qualche accidente. Capito. Ho letto un’intervista in cui dicevi che il brano più difficile da cantare, per te, è Illumination Theory. È difficile da contestare, perché è una canzone molto impegnativa. Ma credi che brani lunghi come quello, oppure Octavarium o The Count of Tuscany, In the presence of Enemies ecc... possano un giorno tornare nelle setlist? Credo di sì. Quando dico qualcosa del genere [si riferisce alla frase citata nella domanda NdR], sto affermando che questi sono brani tosti da cantare. Sono una grande sfida per qualsiasi cantante. Quindi devi avere la sicurezza di essere nella tua forma migliore e avere la giusta concentrazione,


quando hai brani come questi in scaletta ogni sera. Spero che continueremo a ruotare i brani all’interno del nostro repertorio, perché sono parte di ciò che siamo e sono canzoni che i fan vogliono ascoltare. Il problema nasce quando hai 14 album e diventa sempre più difficile dire “Ok, come riusciamo a far stare tutto in una scaletta da due ore? E come riusciamo a soddisfare tutti?”. È impossibile. Quindi siamo arrivati qui, a quello che faremo in questo tour, dove cercheremo di fare qualcosa che ci soddisfi e che, allo stesso tempo, che possa soddisfare i nostri fan. Quindi c’è molto tra cui destreggiarsi. Ma spero che certe canzoni possano tornare a far parte delle setlist. I Dream Theater sono quel tipo di band che, se suonasse tutti i suoi album per intero ogni sera, riceverebbe ugualmente lamentele riguardo le scalette o su come uno di voi ha suonato alcuni brani in una maniera che a certi fan non piace, vero? [ride] Oh sì, esattamente. Ma non importa. Ci sarà sempre qualcuno che dirà “Non ci posso credere, è questa la loro scaletta?” [ride]. Non importa, davvero. Anche se lo facessimo, se ognuna di quelle 14 sere suonassimo un album per intero, le lamentele sarebbero “Sì, ma non suoneranno il MIO album quando saranno nella MIA città”. Quindi dobbiamo pensare a quello che è meglio per i Dream Theater e quello che è giusto fare, in questo punto della nostra carriera. Ad un certo punto nel 2010, quando Mike Portnoy ha lasciato la band, c’erano discorsi relativi al fatto che sareste subentrati nella gestione delle pubblicazioni speciali della YtseJam Records, ma al momento sembra ancora tutto fermo. Cosa ho fatto fino ad oggi? [ride] Sai cosa? Non so come diavolo sia iniziata. Davvero, non lo so. Mi ricordo che avevamo queste conversazioni riguardo al fatto che c’era molto da fare. Mike ha svolto il suo lavoro in maniera ammirevole, non c’è dubbio. Credo che in quel momento stavamo scrivendo un capitolo completamente nuovo della nostra carriera, ci stavamo focalizzando sugli album che stavamo pubblicando, A Dramatic Turn Of Events, Dream Theater, ecc... Nel frattempo ognuno di noi faceva le proprie cose. Abbiamo registrato ogni singolo show dall’inizio del tour di ADTOE, quindi non ci manca il materiale per mettere qualcosa assieme e forse ci sarà un giorno dove ci siederemo ad un tavolo per dire “Ok, perché non prendiamo questa serata per

questo album o quest’altra da quest’altro album” e li pubblicheremo per i fan. Sarebbe un lavoro enorme perché tutto ciò che abbiamo fatto dal 2011 ad oggi, e sono tante, anche solo per trovare quelle serate che sono state magiche e speciali per la band, che ci hanno fatto dire “Oh mio Dio, hai riascoltato quella registrazione? Voglio dire... tutti quanti eravamo strepitosi, ognuno di noi era fantastico”. Quindi, anche solo riprenderle tutte e per decidere quali vorremmo utilizzare, sarebbe un lavoro mastodontico. Certo! Parliamo per un attimo della tua preparazione. Hai un periodo dove provi le canzoni per conto tuo, prima di incontrare la band per le prove oppure aspetti che ci siate tutti? Ognuno inizia a provare le canzoni individualmente, a casa. Inizio a provarle e a cantarle quando sono a casa. Così ognuno di noi fa i propri compiti a casa -non possiamo solo trovarci e dire “boom, ok, andiamo”. La band solitamente si trova due o tre, forse anche quattro giorni prima di me, così quando arrivo sono già caldi. Loro sono sicuri con le loro varie parti e con tutta la setlist. Poi arrivo io e facciamo due o tre giorni di prove, a seconda di quel che facciamo. Se devo fare un’ipotesi - perché niente è scolpito nella pietra - siccome inizieremo il tour il 20 marzo, i ragazzi dovrebbero incontrarsi intorno al 12 o13 per provare. Io dovrei arrivare il 16 o 17 e provare un paio di giorni. Il giorno prima dello show non faremo assolutamente nulla, e poi daremo il via al tour. Per gli altri tour, dipende: a volte proviamo per 10 giorni da qualche parte a New York e poi voliamo in Europa per iniziare il tour una settimana dopo. Ma inizialmente abbiamo quella serie di prove. Una volta arrivati in Europa e siamo pronti per il primo show del tour, facciamo un lungo soundcheck quel giorno e poi boom! Si comincia! Ho visto degli show che hai fatto da solo con Jordan, oppure quando hai fatto esibizioni in acustico nel tour di A Dramatic Turn Of Events, dove ci siete solo tu e John Petrucci sul palco. Avete mai considerato l’idea di fare qualcosa di basso profilo, come un mini tour in cui suonare solo brani acustici? Certo, ne parliamo continuamente. È un argomento di cui parliamo da quando è iniziato l’Along for the ride tour. Sarebbe bello fare, anche solo una breve leg e fare una serie di canzoni che crediamo possano adattarsi al contesto acustico, in modo da renderla una serata molto intima ed emozionante. Ne abbiamo parlato spesso e credo che un giorno


verrà realizzata. Penso che il 1998 sia stata l’ultima volta in cui abbiamo fatto qualcosa del genere, vero?

Certo, fammi sapere! Potrà sedersi qui e parlare con te. Sono orgoglioso di loro, stanno lavorando bene.

Sì, avete fatto una manciata di show acustici in Europa. Ma cambiando discorso, dicci qualcosa riguardo i lavori musicali di tuo figlio. Sembra che la sua band, i Falset, stiano decollando, vero? Sì, stanno facendo grandi cose! Mi hanno fatto sentire alcuni loro brani, l’altro giorno. Mio figlio era lì e siamo andati a farci un giro in auto. Ci piace uscire e gironzolare. Mi ha fatto ascoltare una nuova canzone su cui ha appena lavorato ed era fantastica - sono sbalordito. Credo che questi ragazzi possano trovare il loro posto in mezzo alla nuova musica che sta uscendo. Sono tutti tra i 19 e 24 anni, sono giovani ed hanno molto talento. Ed hanno delle grandi canzoni. Grandi melodie e credo che abbiano una possibilità di combinare qualcosa. Sono appena tornati dal fare una decina di date, un mini tour nei club, e proprio ora si stanno preparando per andare in studio e registrare una nuova serie di canzoni, per pubblicarle e vedere cosa succede.

Due domande semi-serie dai fan: che tipo di drink c’è nella bottiglia che porti sul palco e cosa fai nel backstage quando inizia una sezione strumentale? Stai ovviamente parlando del mio thermos, vero? È solo un po’ di “più caldo del caldo”, dell’acqua calda con un po’ di miele, ecco perché continuo a sorseggiarlo. E riguardo al backstage quando gli altri iniziano a fare le loro sezioni strumentali, solitamente fumo un sigaro [ride]. No... se non mi metto nella mia “tenda” a fare stretching, rimango dietro il palco e saltello, in modo da mantenere attiva la circolazione, canticchiando qua e là. Ma, semplicemente, aspetto di tornare sul palco e riprendere lo show.

Forse un giorno intervisterò Chance LaBrie, chi lo sa?

Tornando ai progetti per il tour, avete già delle date programmate in Nord America, ma è una cosa strana, visto che solitamente iniziate in Europa, vero? C’è una ragione particolare per questo? Parte di questo dipende dal fatto che stiamo programmando di fare grandi festival in Europa, quindi non avrebbe senso per noi iniziare in Europa e poi tornare ancora per fare i festival. Ha senso solo, questa volta, se iniziamo in Nord America. Dopo andremo a fare i festival per tutta l’estate e poi non so cosa faremo, se andremo sull’Anello del Pacifico, Australia ecc... o se andremo in Sud America. Non sono ancora sicuro di cosa accadrà dopo la leg estiva, ma probabilmente lo sapremo tra un mese o due. Chiudiamo con un messaggio ai fan che attendono, impazienti, di vedervi in tour. Non vediamo l’ora di vedervi tutti là fuori, sarà un tour fenomenale! Siamo davvero eccitati riguardo il nuovo album Distance Over Time e non vediamo l’ora che possiate ascoltarlo. Vi darà una botta in testa - nel senso buono, non quello cattivo [ride]! Seriamente, siamo impazienti di suonare Scenes From A Memory ogni sera, insieme ai brani degli altri album. Sarà una fantastica serata di musica e tanto divertimento. Una grande produzione! Tutto sarà pronto! James, grazie per il tuo tempo. Ci vediamo insieme agli altri il 4 aprile, quando suonerete a Toronto, non vedo l’ora. Grazie Rodrigo, stammi bene!


JOHN PETRUCCI Lo scorso febbraio, i nostri colleghi Victoria e Tim Martinez di “Dream Theater USA” hanno avuto il piacere di intervistare John Petrucci prima del concerto del G3 a Fort Lauderdale, FL. Il chitarrista ha parlato del G3, della recente firma dei Dream Theater con Inside Out e del nuovo album, del tour “Images, Words and Beyond”, delle reazioni dei fan a The Astonishing, Guitar Universe 2.0, Liquid Tension Experiment e persino qualche parola sulla sua strumentazione. (N.B.: quando abbiamo deciso di tradurre e pubblicare questa intervista, ovviamente non conoscevamo ancora molti dettagli sul nuovo album dei DT, quindi, per forza di cose adesso la parte dell’intervista che ne parla, risulterà un po’ superata, non ce ne vogliate)

DT USA: Come sta andando questo nuovo tour del G3? JP: È fantastico! Voglio dire, non ci sono abbastanza parole per descrivere questi ragazzi, non solo di Joe e Phil, ma di tutte le persone delle loro band, della crew... Si respira una atmosfera davvero fantastica. di amicizia e cooperazione e tutti sono così coinvolti nella musica e nel suonare. Dopo la jam, ogni sera, scendiamo dal palco sorridendo e parlando di quanto sia stato divertente, quindi è davvero bello. È meno stressante di un tour con i Dream Theater? Si. È un tipo diverso di concerto. Cioè, in un certo senso è più stressante, perché sto suonando da solo in un trio e non ci sono né un cantante né tastiere. La chitarra, praticamente, si prende tutta la scena. Per un altro verso, c’è meno pressione perché non è una grande produzione e lo spettacolo è più breve. Non accadono molte cose, non è come la storia che c’è dietro tutti questi album e tutto il resto. C’è una maggior sensazione di liberazione. Quindi è un po’ di entrambi, è un equilibrio. I Dream Theater hanno recentemente firmato un contratto a lungo termine con Inside Out, che ritengo sia la soluzione perfetta dal momento che hanno un roster prettamente prog. Che impatto credi che avrà sulla band? Questa è solo la quarta etichetta in tutta la nostra carriera. Infatti, quando firmammo per ATCO (gruppo Warner, che comprende anche le varie Atlantic, Elektra, Wea che nel corso degli anni hanno pubblicato gli album dei DT, ndr), per la pubblicazione di Images and Words, era un contratto di otto album. È stato il più lungo che abbiamo mai firmato. Poi siamo passati a Roadrunner, ovviamente. Non abbiamo sperimentato il passaggio a una nuova etichetta troppo spesso, ma dirò che c’è sicuramente un

rinnovato senso di entusiasmo. Hai nuove persone con cui lavorare e sai che hanno investito molto. Vogliono mettersi alla prova (quelli di InsideOut, ndr) e la considerano un’opportunità per portare la band su un altro livello. Hanno grande energia, entusiasmo e attitudine, e penso che ci aiuteranno davvero. Anche per noi si tratta di una nuova storia e vogliamo essere sicuri che tutto vada liscio. Thomas Weber, colui che ci ha ingaggiato, lo conoscevamo da molto tempo. In passato veniva spesso a vedere i Dream Theater suonare, è sempre stato appassionato di prog ed ha questa etichetta che ha sviluppato e valorizzato molto. È divertente perché ogni volta si avvicinava a noi e ci diceva: “Ragazzi, voglio mettervi sotto contratto!!”, e finalmente adesso è arrivato il momento giusto. L’offerta è stata eccezionale e tutto adesso è al posto giusto… ed eccoci qui. Hai appena terminato il tour del 25° anniversario di Images and Words, come ti senti ora che il tour è finito e cosa pensi di quel disco adesso, 25 anni dopo? È davvero bello, veramente. Ho scoperto che ha significato molto per molte persone. Per molti è stato probabilmente il primo album con cui ci hanno conosciuti. Ci sono un sacco di fan di lunga data che sono venuti a vedere questi spettacoli e ci dicevano “ragazzi, vi ascoltiamo fin dal ‘92”. Allo stesso tempo, ci sono molti fan più giovani che non c’erano allora, e forse ci hanno scoperto con album come Train of Thought o Systematic Chaos, o anche uno dei nuovi album, e non ci hanno mai visto suonare davvero quel materiale. Avevano questo entusiasmo come “oh non vedo l’ora di vedervi suonare quel disco”. Quindi è stata una sorta di combinazione di vecchio e nuovo. È stato molto divertente. James ogni sera raccontava queste vecchie storie, ed è stato bello ricordare quei giorni.


Credi che suonare Images and Words possa contribuire a influenzare lo stile del nuovo album? Dal mio punto di vista potrebbe aiutare a ispirarlo. Suonare tutta quella musica di quel periodo, non solo Images, ma anche A Change Of Seasons, To Live Forever e tutto il resto, mi ha riportato indietro ai miei 25 anni o quando ero anche più giovane... a cosa pensavo, cosa scrivevo, il tipo di accordi che suonavo, come interagivamo e come pensavamo. Posso vedere un po’ di quelle cose trasportate nel prossimo album. Voglio dire, noi siamo quello che siamo ora. Non siamo la stessa band in una certa misura; certamente non tutti gli stessi membri; ma ha fatto scattare una ri-connessione a qualcosa di quello stile di scrittura che è davvero speciale. È uno stile molto melodico. Penso che in qualche modo, forse, non è così complicato come molte cose che abbiamo fatto ultimamente. All’epoca eravamo influenzati più da Maiden, Marillion, e cose del genere. Abbiamo avuto un’influenza più classica e un po’ più evoluta e sviluppata. Se ascolti lo stile di scrittura su Astonishing, alcune delle progressioni di accordi e dei movimenti sono davvero sofisticate. Ad esempio, una progressione di accordi come su Pull me Under, è semplice in confronto, ma c’è qualcosa in quelle figure che rendono una canzone piacevole. Quindi speriamo di trovare un equilibrio, pur continuando con la conoscenza e l’esperienza per quanto riguarda il nostro sound che abbiamo sviluppato, ma ci ricordiamo anche alcune delle direzioni prese, la semplicità, la natura, di come abbiamo scritto nei primi anni novanta. Sarà interessante, vedremo cosa succederà. Ci sono un sacco di aspettative per il prossimo album dei DT. Qual è la timeline della band per entrare in studio e quando verrà pubblicato il nuovo album? Stiamo ancora discutendo di questo, quindi non voglio dare alcuna informazione certa, ma non sarà pubblicato prima di gennaio 2019. Se pensiamo alla timeline, farò il G3 fino a maggio... Dobbiamo ancora entrare in studio per scrivere e produrre un

intero album, consegnarlo e fare la promozione. Premesso questo, ci vorranno alcuni mesi, e al più presto potrebbe essere gennaio, ma non lo so nemmeno io. Ovviamente la nuova etichetta è molto interessata a fare tutto nel modo migliore e vorranno avere un piano di lavoro con il maggior preavviso possibile. Quindi, non appena chiuderemo qualcosa, le informazioni saranno rese pubbliche. Non c’è bisogno di tenerlo segreto o altro. Non lo sappiamo proprio adesso. Sono circolate a lungo delle voci sul fatto che potresti usare una 8 corde per il prossimo album, cosa puoi dirci di questa possibilità? È un po’ un punto interrogativo perché con Ernie Ball Music Man stiamo discutendo del fatto di fare una 8 corde insieme, ne stiamo progettando una. Tuttavia, ancora non ce l’abbiamo. C’è molto sul loro tavolo, è un progetto che è partito ed è questione di capire se in qualche modo sarà pronto quando entrerò in studio per scrivere i nuovi brani. Se ne avrò una nelle mie mani, la userò. Se per qualsiasi motivo ritarderà o qualcosa del genere, sarà quel che sarà... In un mondo perfetto ci sarebbe un prototipo, o qualcosa di ancora migliore, pronto in tempo, me lo invierebbero e inizierei a scrivere con esso. Sarebbe divertente. Ad agosto hai in programma il tuo “Guitar Universe” e ci saranno alcuni grandi talenti: Guthrie Govan, Tosin Abasi, Tony MacAlpine, Al Di Meola e molti altri. Cosa possono aspettarsi i partecipanti dalla versione 2.0? Ci saranno cambiamenti? Mi è davvero piaciuto come è riuscito il primo. Molto di quello che abbiamo fatto, lo riproporremo. La location sarà la stessa a Long Island, nella Glen Cove Mansion, che è perfetta, ha funzionato alla grande, perché i partecipanti possono rimanere nella struttura, e tutti gli eventi si svolgono nello stesso edificio. Questa volta abbiamo 3 nuovi istruttori. Molti dei precedenti sono tornati, ma Al Di Meola è nuovo, e quando ha detto sì, avrei voluto abbracciarlo dal telefono. Farà solo un’apparizione di un giorno


per una masterclass speciale e la sera un concerto. È fantastico. Guthrie non l’ho mai incontrato, ma da quello che ho visto su YouTube, sono semplicemente sconvolto, quel ragazzo è assurdo, stupefacente! Non ho sentito altro che grandi cose. Quindi sarà eccitante. Inoltre ci sarà il mio amico Jon Finn, che è stato professore al Berklee College per molto tempo, e la cui band (Jon Finn Group, ndr) è stata in tour con i Dream Theater molto tempo fa. Ho amato così tanto il suo batterista che gliel’ho rubato per Suspended Animation (Dave DiCenso, ndr). Jon porterà anche un po’ di Berklee al campo. Quello che tutti hanno apprezzato così tanto lo scorso anno è stato il fatto di sembrare un corso universitario estivo. C’erano molta didattica e molte nozioni. Siamo intenzionati a ripeterlo. Inoltre, conteremo su un maggiore coinvolgimento dalla fantastica famiglia Ernie Ball. Abbiamo fatto anche il barbecue, ho grigliato hamburger ed è stato grandioso, ma questa volta, se tutti i piani vanno come programmato, Sterling Ball (il CEO di Ernie Ball, ndr), che è un “pit master” vincitore di numerosi premi, farà il barbecue per noi, e poi anche qualche chiacchierata e suonata. Quindi stiamo lavorando anche a tutto questo. Un’altra cosa, i partecipanti conosceranno più dettagli con l’avvicinarsi del tempo, proveremo a fare in modo che tutti possano vedere e seguire le lezioni di tutti gli istruttori ospiti. L’ultima volta è stato un po’ incostante, bisognava scegliere il programma da seguire; quindi cercheremo di suddividerlo in gruppi in modo che i partecipanti possano ruotare. Cosa diresti a qualcuno che si sente intimorito dal venire al Guitar Universe? Direi che non hanno nulla di cui preoccuparsi perché non c’è nessuna condizione, non importa a che livello sei, non vieni messo in difficoltà o costretto a suonare. Non è così. I partecipanti possono riunirsi e fare jam; il che è davvero bello da vedere; ma è tutto volontario. Puoi suonare tanto o poco che sia, non devi portare per forza una chitarra, se vuoi solo apprendere dalle lezioni ed essere una parte dell’insieme. Capisco che potrebbe intimorire, visto che ci sono così tanti grandi musicisti, ma invece di pensare “Oh non sono abbastanza bravo” pensa solo che “c’è così tanto che io posso imparare solo guardando queste persone suonare e parlare”. Dopo un po’ di ritardo, il romanzo tratto da “The Astonishing” è finalmente uscito, cosa possono

aspettarsi i lettori da questo libro? Doveva essere pronto prima di Natale ma ha richiesto più tempo del previsto. L’ho letto ed è fantastico! Mi fa sorridere. Peter Orullian, che lo ha scritto, ha avuto tante conversazioni e sessioni di “brainstorming” con me. Ha reso la storia molto più ricca e profonda, riempie tutti gli spazi vuoti e racconta i retroscena dei vari personaggi, e perché sono così come sono. Ci sono molte più scene d’azione e di battaglia, ed è davvero, davvero eccitante da leggere. Anche la copertina è fantastica. Questo è tutto nuovo per noi. Ho sempre detto che se potessi tornare indietro e rifare tutto daccapo, e avessimo avuto tutto il tempo del mondo, avrei fatto prima il libro. Prima fai il libro, poi il tour e poi il CD disponibile agli spettacoli. Sarebbe stato fantastico! Penso che molte persone avessero bisogno di ascoltare il live di Astonishing per connettersi con esso... perché in questa opera musicale a sé stante, c’è molto da assumere. Se non sei assorbito dalla storia, sei un po’ come “beh, perché stanno suonando questo? Non suona alla Dream Theater”. Ma dalla risposta che ho ricevuto dalle persone che sono venute agli show, quando terminava e i titoli di coda scorrevano, tutto quello che ho visto sono stati i sorrisi e le mani in alto. Perciò sarebbe stato bello pubblicare prima il libro. Avere quindi la gente che lasciava lo spettacolo dicendo “dobbiamo sentirlo di nuovo” e quindi poi prendere il CD... ma abbiamo fatto tutto al contrario, a causa della natura dell’industria musicale e di quello che devi fare. Ci troviamo sempre domande sui Liquid Tension Experiment, ma adesso il resto dei Dream Theater ha i propri progetti in corso, questo ti ispira e spinge a far uscire un tuo lavoro da solista? Sai, non è che non sia ispirato. È soprattutto perché - e questo suonerà così noioso - lo dico sempre: non ho il tempo. Ad esempio, durante questa parte dell’anno in cui i Dream Theater non sono né in tour né in studio, sarebbe stato il momento perfetto. Ma cosa sto facendo? Sono in tour. E poi cosa facciamo quando torno? Dobbiamo andare in studio... e cosa succede dopo? Inizieremo la promozione. Quindi è davvero molto difficile per me riuscire ad incastrarcelo. Un’altra cosa è che, ho così tanta soddisfazione ad essere nei Dream Theater, suonare questa musica, scrivere con i ragazzi. Sono abbastanza fortunato da dire che mi hanno permesso di produrla e non mi hanno


ancora ucciso. È artisticamente e creativamente soddisfacente. È divertente così come la musica solista lo è a livello strumentale, ma non c’è quel qualcosa che sta “bruciando dentro di me” che mi fa dire “devo farlo”. Ottengo così tanto dai Dream Theater... ma allo stesso tempo capisco che molte persone hanno davvero apprezzato Suspended Animation. Ho molte canzoni nuove e sarebbe bello registrarle e fare un altro disco. Hai davvero delle nuove canzoni? Oh si, ho un sacco di canzoni e ne suonerò tre stasera. In realtà una di queste non è mia, è più un’interpretazione di una canzone (Wrath of the Amazons, cover di un brano di Rupert GregsonWilliams incluso nella colonna sonora del film Wonder Woman del 2017).

Hai raggiunto un certo livello di maestria nella tua arte, come si fa a continuare a sfidare se stessi musicalmente e creativamente? Che cosa ho io??! (risate). Per quanto riguarda il suonare la chitarra, è un mestiere che non finisce mai. Sai, non è che ti svegli un giorno e dici “Oh, posso fare tutto” Non puoi. Ogni giorno è una sfida diversa e dipende da cosa stai facendo. Per me, adesso che sono in tour con il G3, tutto si basa sulle esecuzioni. Quindi ogni notte penso “Come posso suonare meglio? Cosa non ho eseguito alla

grande?”. E provo ad affrontare questa sfida ogni volta che suono. Sai che alcuni giorni sei in forma, alcuni giorni non lo sei, ma come artista vuoi costantemente dare il meglio e provare a suonare le cose al meglio che puoi. Se una sera fai un passo falso, prova a suonare meglio la sera successiva. Quindi non ci si ferma mai, è una costante, se parli con qualsiasi chitarrista, con qualsiasi musicista, loro ti diranno la stessa cosa “fammi rivedere quello che è successo ieri sera, così posso farlo meglio”. Non penso di aver mai incontrato una persona che pensasse “sì, sono perfetto, non ho bisogno di esercitarmi”. Senti ancora un legame con il pubblico mentre suoni? È cambiato qualcosa nel corso degli anni? Prima di tutto, penso che la connessione con

il pubblico sia davvero importante, tutto ruota intorno a questo. La gente viene per vederti esibire, è un’occasione di interazione. Non stai suonando di fronte ad una parete, hai di fronte persone reali, vive, che hanno pagato un sacco di soldi o fatto sacrifici per essere lì; quindi cerco sempre di avere questo tipo di atteggiamento, ho la responsabilità di offrire il massimo che possa fare. Quando suono con i Dream Theater naturalmente cerco di guardare fuori, connettermi il più possibile con la gente; detto questo, la complessità della musica


che facciamo ed il fatto che usiamo i monitor in-ear, ci fa apparire come se ci estraniassimo dal pubblico ma senti che stanno accadendo un sacco di cose. A volte è facile entrare nella tua piccola isola felice. Al G3 non utilizzo i monitor in-ear, ma i tradizionali tappi per le orecchie da musicisti e, in qualche modo riesco a sentire il pubblico. È più “ambient”. È davvero liberatorio come chitarrista e penso che mi aiuta a connettermi di più con il pubblico. Inoltre non c’è un cantante, e non posso nascondermi nel mio piccolo mondo dato che ho più responsabilità. A volte è difficile, a seconda del luogo e di quanto sei lontano, fin dove puoi vedere, ma è sicuramente importante. Sei nervoso prima di un concerto? In generale no, a volte all’inizio di un tour, sono un po’ ansioso. Se percepisco un senso di nervosismo, ho cose come la respirazione regolare e altro che mi calmano. Amo bere il caffè ma, ho scoperto recentemente che se prendo solo il caffè del mattino, ho meno probabilità di avere un senso di ansia acuta prima di iniziare; il che è un bene, perché l’obiettivo è quello di salire sul palco sentendoti calmo, sotto controllo, e tutto andrà per il verso giusto. Cose come i nervi o l’ansia non aiutano affatto. Quindi sì, la cosa del caffè è interessante. Hai visitato molti posti nuovi e interessanti con il tour “Images, Words and Beyond” … Sì, è stato davvero bello. Siamo andati a Dubai per la prima volta, di cui si sente tanto parlare, e questo è stato davvero interessante. Sai vedere come si è sviluppata questa parte del mondo e quanti soldi ci sono, in cosa è trasformata, è incredibile. Insomma, è eccezionale. Abbiamo suonato anche in India per la prima volta. Senti tutte queste storie diverse su come andarci, e come sarà, e ci siamo divertiti molto. C’è sempre questo senso di accoglienza, sia che siamo in Israele, Italia o a Chicago, la gente ci abbraccia con piacere. Quando guardi fuori e vedi gente da ogni dove, come a Dubai -uno dei pubblici più vari per cui abbiamo mai suonato- e tutti sono coinvolti, sorridendo e cantando. Non importa quello che indossano, che faccia hanno, da dove vengono; questa grande comunità di persone è lì perché si sta godendo la musica. Come stranieri in quei paesi, ci fa sentire davvero i benvenuti, il che

penso sia davvero speciale. Non credo che molte persone possano provarlo, ed è davvero qualcosa che non diamo per scontato, sai? È davvero incredibile. Alcune domande sulla strumentazione adesso... cosa determina quale chitarra suonerai ogni sera? In generale, da quando è uscita la Majesty, da quando l’abbiamo sviluppata, mi sono innamorato di questo strumento e lo suono ininterrottamente. Detto questo, anche gli altri modelli sono eccezionali e quindi voglio sempre dare loro un po’ d’amore. Un giorno, durante il tour di Images, stavo parlando con Maddi che per Images And Words suonavo una chitarra Ibanez con il corpo in tiglio e il Floyd Rose. Così ho pensato che sarebbe stato bello suonare una JP16, che ha il corpo in tiglio con il Floyd Rose; ha un suono simile (alla Ibanez, ndr) e quindi era un buon motivo per farlo. Ti abbiamo visto a Rochester e sembra che tu stia costantemente modificando il tuo suono durante lo spettacolo… Sempre. Sono noioso. Ecco una cosa interessante riguardo il suonare con gli in-ear monitor rispetto al non usarli. Quindi, quando si usano i monitor in-


ear, a seconda del mix, fondamentalmente, suona come un CD. È un suono incredibile, ma allo stesso tempo senti veramente tutto. Quindi, mentre suono, penso “troppi bassi”... impazzisco da solo. Sono il peggior fanatico di tutti i tempi. Suonando con solo le spie sul palco e tappi per le orecchie, non si ottiene la stessa esperienza sonora, quindi non si ottiene un suono in alta fedeltà, ma per molti aspetti è più divertente, perché suonare solo la chitarra fa più “old school”, e quindi la mia testa non si perde in tutte quelle piccole modifiche. È una cura contro la mania da regolazioni. Hai avuto modo di suonare con l’ AXE FX-III? (per chi non lo sapesse, si tratta dell’ultima versione, la terza appunto, di questo processore di segnale digitale, prodotto da Fractal Audio Systems) Non ci ho ancora suonato in giro, ma è nei miei piani. Prima di integrarlo nel mio impianto dobbiamo assicurarci che tutto sia pronto per essere spostato e che funzioni. Mi ci divertirò un po’ dietro le quinte e darò un po’ di spettacolo in giro. Sono davvero eccitato per quei ragazzi, è un’ottima release e si sono davvero impegnati. Ho visto alcuni commenti online e solo per chiarire, con l’Axe FX, uso soltanto gli effetti. Per quanto sia fantastico come modello, lo uso solo per gli effetti. Il mio JP-2C, è tutto il mio suono. Anche in questo tour, poco prima di salire sul palco e Maddi lo controlli, senti il pubblico... è come una bestia appena sguinzagliata... è un amplificatore fantastico.

C’è qualche nuova chitarra di cui sei entusiasta? Parlavo di questa versione della Majesty da alcuni anni. Ho avuto questa idea di una Majesty nero fumo con un top in “spalted maple” (letteralmente “acero macchiato”, colorazione ottenuta da un fungo che attacca la pianta ndr), finiture e pickup color crema. Finalmente l’hanno fatta! L’ho mostrata a mia moglie, e le ho chiesto “cosa ne pensi?” E lei ha detto “è come una chitarra da steakhouse” perché sembra così virile. Quindi la chiamiamo Steakhouse Majesty. È la chitarra dei miei sogni. Inoltre, al NAMM, Music Man presenterà alcuni nuovi colori per le mie chitarre; la nuova JP6 in oro e anche diverse BFR. Mi piace ciò che Ernie Ball sta facendo con le pubblicazioni trimestrali, per coloro che contano i giorni al NAMM. Se guardi la serie delle mie chitarre da quando è uscita la Majesty, abbiamo fatto la versione originale, una serie Artisan, una serie Precious Metal e ora la Monarchy. Penso che se la serie standard continua a cambiare, se ne fanno uscire troppe, la gente non riesce a tenere il passo. In questo momento abbiamo la serie Monarchy che è meravigliosa, resterà in commercio per un po’, ma nel frattempo ne sono state fatte alcune versioni speciali BFR in tiratura limitata. La cosa bella di Ernie Ball Music Man è che ogni strumento che producono è come un’opera d’arte, sono così curati, bellissimi. Sono davvero speciali. Non si può sbagliare.


IMMAGINI E PAROLE John Petrucci / G3 - Firenze, Teatro Verdi, 3 aprile 2018

di David Cangi Ed eccoci qui a parlare stavolta di G3, l’evento brani dal disco solista “Suspended Animation” “inventato” per chi non lo sapesse, da Joe Satriani ormai del 2005 e una sua rivisitazione di un brano per radunare i 3 migliori chitarristi al mondo e farli dalla colonna sonora del film “Wonder Woman” esibire insieme. Un format che ormai va avanti da (2017). Ci sono solo 2 nuovi pezzi in scaletta: “The molti anni e che da qualche edizione vede tra le Happy Song “ e la violenta “Glassy Eyed Zombie”; sue fila il nostro John Petrucci, stasera insieme a chiude l’immancabile “Glasgow Kiss”. Che dire, Satriani appunto e Uli Jon Roth. ottima esibizione e performance per Petrucci con La location è il magnifico Verdi di Firenze, la giornata menzione d’onore a Dave LaRue per la sua opera è di quelle con il sole, il buon cibo abbonda nelle bassistica di riempimento, davvero notevole e mai nostre bocche (mia e quelle di Andrea Mancini e banale. Stefano Berrini), Appena le luci e le premesse si spengono non possono v e n i a m o che essere delle chiamati a migliori! lato palco dal Arriviamo a teatro tour manager e ritiriamo i nostri e intanto pass, se tutto alla nostra va come deve destra si sta incontreremo preparando Petrucci più tardi. Il il palco per teatro non è pieno, Satriani. Stiamo ma non importa aspettando noi siamo li in prima di essere fila e aspettiamo Uli accompagnati (storico chitarrista nei camerini da degli Scorpions qualcuno e cosi per chi non lo sapesse), che parte per primo con una avviene poco dopo. John ci sta aspettando nella lunga intro che ci fa subito capire il suo stile molto sala “pranzo” e ci accoglie al solito in modo molto distante dai colleghi. Il suo è un rock-blues “anni ‘80” sorridente nonostante abbia appena suonato che padroneggia molto bene sia nel look sia nella ed invece di riposarsi dedica a noi 10 minuti di sostanza anche grazie alla sua Dean piena di tasti e chiacchiere. Tra le varie ci dice che stanno lavorando potenziometri che gli permettono note così acute all’album nuovo e che in estate sarebbero entrati in studio e ci dice di non aver tempo per il disco da rasentare gli ultrasuoni. La scaletta prevede per lo più pezzi storici della solista che avrebbe voluto fare e di cui live suonerà band tedesca ben supportati dai musicisti e dalla solo due pezzi. Ci saluta con una bella foto ed è già voce “power” di Nicholas Turmann e proprio “We’ll il momento di tornare in sala dove nel frattempo Burn The Sky” viene dedicata da Uli al fratello Joe detto “il padrino della chitarra” (da John ;) ), ha già iniziato a suonare un paio di brani ed anche se scomparso da poco in un toccante momento. È il turno di John Petrucci e la musica cambia in non c’eravamo si capisce subito che lo showman tutti i sensi. Il suo è un power trio composto dal della serata è lui. fedele compagno Mike Mangini alla batteria e da Vengono suonati brani dal nuovo album “What Dave LaRue al basso. John è in gran forma e sfoggia Happens Next” e brani storici ormai diventati subito la sua tecnica affilata e precisa, è sempre icone del genere. Joe suona con una energia ed uno spettacolo per le orecchie. La scaletta vede una qualità da grandi occasioni, non si risparmia


Setlist: ULI JOHN ROTH Sun in My Hand We’ll Burn the Sky Fly to the Rainbow The Sails of Charon

in nulla e la sua Ibanez cromata ci acceca tutti riflettendo qualunque cosa. Per lui sembra esserci anche più volume nell’impianto, ma forse è solo l’energia sprigionata da tutta la band che al solito è assolutamente all’altezza della situazione supportando ritmiche che passano dal rock al funk passando per ballad blues appassionate. Un’altra breve pausa ci separa dall’ultimo momento dello show, ovvero la classica “jam a 3” partendo da “Highway Star”; per tutti tecnica esecutiva ineccepibile con Uli un po’ in affanno solo sulla parte “improvvisativa” che vede gli altri due più a loro agio mettendolo quasi in disparte. Si chiude in bellezza con “Immigrant Song” dei Led Zeppelin in un tripudio di applausi e ben 4 ore di show. Che dire, una bellissima serata con 3 mostri sacri della chitarra, forse uno non proprio azzeccatissimo a livello di presa sul pubblico e guardando i molti posti vuoti in teatro mi è venuto da chiedermi se questo tipo di format non sia ormai un po’ superato nella sua formula o se addirittura stia sparendo l’ideale di “guitar hero”... una cosa è certa, l’esibizione di Satriani valeva i soldi del biglietto e per chi come me è degli anni 80 c’è l’amara consapevolezza di non vedere nelle nuove generazioni musicali un vero ricambio a questi mostri sacri che tanto hanno dato al nostro genere preferito.

JOHN PETRUCCI Wrath of the Amazons Jaws of Life The Happy Song Damage Control Glassy-Eyed Zombies Glasgow Kiss JOE SATRIANI Energy Catbot Satch Boogie Cherry Blossoms Thunder High on the Mountain Super Funky Badass Cataclysmic Circles Always With Me, Always With You Summer Song G3 JAM Highway Star All Along the Watchtower Immigrant Song


Jordan Rudess - Padova, Sala dei giganti, 30 marzo 2018 di Marisa Martignon

Quasi nel cuore della città si trova Palazzo Liviani. Sta scendendo il buio e pian piano si forma una coda di affezionati davanti al portone d’entrata. Più o meno giovani, si ritrovano a chiacchierare su quello che si aspettano dalla serata; chi è sicuro di cosa suonerà, e chi fantastica. La tensione cresce man mano che passa il tempo, e quando aprono il cancello saliamo entusiasti per arrivare alla “Sala dei Giganti”. Un pianoforte e duecento posti a sedere, che a poco a poco si riempiono... La location piccola e intima, fa si che sia il luogo perfetto per un concerto di piano solo. Con il suono di Jordan... è pura magia. Aspettiamo tutti lui, ed eccolo li finalmente! Jordan in tutta la sua umiltà, fin da subito crea un’atmosfera di simpatia... Inizia subito a raccontarsi, di come la prima volta che suonò il pianoforte, il maestro si complimentò con sua madre, che prontamente rispose “Ma mio figlio non ha mai toccato un pianoforte in vita sua” “Ma signora...” I Was 7 years old...” Da lì inizio i suoi studi che nel giro di due anni lo portarono alla Juillard School, la scuola di musica più famosa degli States. Da lì quello che era iniziato quasi come un gioco, si trasforma ben presto in uno studio costante. Inizia così a suonare con due dei brani dei suoi

studi più classici. La partita n°5 in G Mayor di Bach, e la Ballade n°1 in G Minore di Chopin, intervallate da “Entangled” dei Genesis. Questi ultimi insieme agli storici Emerson Lake & Palmer e i King Crimson, sono tra le band che più lo hanno influenzato sulla sua formazione personale. Come dice Jordan, lui aveva bisogno di distaccarsi da quel mondo troppo classico, doveva trovare una propria identità artistica, attraverso la sperimentazione e l’improvvisazione. Tendenza che i suoi insegnanti avevano spesso cercato di arginare, ma che si fa più insistente dopo aver scoperto il prog. Il concerto entra nel vivo quando Jordan ci racconta del suo incontro con Mike Portnoy e John Petrucci, che gli propongono di entare nei Dream Theater. Lui non accetta, ma partecipa ad un progetto parallelo con i Liquid Tension Experiment (di cui esegue “Hourglass”). Entrerà a far parte dei Dream Theater più tardi. E qui la pelle d’oca ha il sopravvento quando le note di “The spirit carries on” “Through her eyes” e “The dance of eternity”, si sprigionano dal pianoforte. Pura Magia. Non nascondo che in alcuni momenti, il mio sguardo spazi negli affreschi della sala. Ma come ci racconta, la sua carriera viaggia in più binari paralleli (“when I had long hair”


scherzosamente ci ricorda!), e collabora con altri grandi artisti, tra cui David Bowie (cui rende omaggio con “Space Oddity”) che lo volle al piano per il suo “Heathen”. Non manca anche “Imagine” di John Lennon. Dal frutto del suo voler sperimentare, Jordan fa nascere l’app Geoshred, che consente di trasformare l’Ipad in uno strumento musicale, e ce ne da un assaggio lasciandoci tutti a bocca aperta, Tirando un po’ le somme, si può dire che in poco più di due ore, Jordan ci regala un concerto dove è impossibile non rimanere stregati dalla magia e dalla naturalezza con cui le sue dita giocano con i tasti del pianoforte, e con le sue improvvisazioni. Certo è che ci ha tenuti incantati in quello che è stato un mix di musica classica e prog, in momenti che saranno una “Dance of Eternity” per tutti noi presenti in sala. Setlist: Partita No. 5 in G. mayor (J.S. Bach) Entangled (Genesis) Ballade No. 1 in G. minor (F. Chopin) The Court of the Crimson King (King Crimson) Imagine (John Lennon) Hourglass (Liquid Tension Experiment) The Spirit Carries On (Dream Theater) Space Oddity (David Bowie) Interstices Through Her Eyes (Dream Theater) IPad Blues Jam The Dance of Eternity (Dream Theater) Encore: Chopsticks (Euphemia Allen)



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