YtseMagazine - numero 1 - gennaio 2018

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Ciao a tutti, Dreamers, ormai da diversi giorni siamo entrati nell'anno nuovo, le vacanze sono un lontano ricordo e siamo ripartiti un po’ tutti con le nostre attività quotidiane. Anche noi di YtseItalia 2.0 torniamo a fare qualcosa di concreto, e come un fan club che si rispetti, abbiamo pensato di pubblicare una nostra fanzine. Per il momento non avrà una scadenza fissa né sarà stampata, ma sarà, piuttosto, un magazine elettronico che pubblicheremo gratuitamente sul nostro canale Issuu. Questo primo numero è di fatto uno speciale, con il quale vogliamo ripercorrere ciò che è accaduto nel 2017 nel mondo dei Dream Theater -senza dimenticarci, ovviamente, dei loro ex-componenti- raccogliendo in un unico volume interviste, live report, una gallery fotografica, facendo così il punto della situazione per concludere il secondo anno di vita da fan club ufficiale di YtseItalia 2.0. Si è trattato di un anno in cui non ci sono state uscite discografiche da parte della band, ma non per questo è stato noioso o meno interessante. È stato, infatti, l'anno di “Images, Words & Beyond”, un monumentale tour (partito proprio dall'Italia) con cui il gruppo ha celebrato il 25esimo anniversario di quello che è, indubbiamente, il loro disco più amato e che ha permesso ai fan più giovani di poter ascoltare, finalmente, dal vivo brani che mancavano in scaletta da molti anni. Senza contare che l'esecuzione integrale di “A Change Of Seasons” come bis è stata, per molti, la ciliegina in cima alla più buona delle torte. Noi, esattamente come accaduto con il precedente tour “The Astonishing Live”, abbiamo voluto essere lì, non solo per goderci il concerto (ovviamente!), ma anche per organizzare un nuovo raduno, conoscere personalmente i fan e poter regalare loro alcuni omaggi, tra cui gli ambitissimi pass per poter incontrare la band durante gli aftershow. Poi, proprio durante gli ultimi giorni del tour, nel dicembre 2017, viene annunciato che lo show registrato pochi mesi prima al Budokan di Tokyo sarebbe stato trasmesso dalla pay tv giapponese WOWOW, il successivo 28 gennaio. Speriamo che prima o poi venga reso disponibile anche per il pubblico europeo ed italiano. Tale notizia arriva insieme a quella, decisamente inaspettata, con cui la band annuncia di aver firmato un nuovo contratto con Inside Out (etichetta che già distribuisce i lavori solisti di James LaBrie, Kevin Moore/Chroma Key, Jelly Jam e Transatlantic), andando così a chiudere la loro collaborazione con Roadrunner, iniziata esattamente dieci anni prima. Non sappiamo ancora quali cambiamenti porterà questa nuova label ma, conoscendo la consolidata esperienza della Inside Out nel campo del progressive metal, si spera che possa rivelarsi una scelta dai risvolti positivi per la carriera della band. Il 2017 ha anche visto il buon Mike Portnoy celebrare il suo 50° compleanno con lo “Shattered Fortress Tour”: accompagnato da Eric Gillette e dagli Haken, il batterista ha deciso di celebrare (a quanto pare, per l'ultima volta) la sua precedente carriera con i Dream Theater attraverso la riproposizione integrale della “12 Steps Suite” e con un corposo estratto di brani da “Scenes From A Memory”. Come se non bastasse, pochi mesi dopo, Portnoy annuncia la nascita dei Sons Of Apollo (anch’essi sotto contratto con InsideOut, ndr), che lo vedranno tornare a collaborare con Derek Sherinian. A differenza di molti dei suoi precedenti progetti, questo sarà un vero e proprio gruppo “full time”, che sancisce ufficialmente il suo ritorno al mondo del progressive metal, dopo anni passati affrontando i generi più disparati. Ci auguriamo che la lettura di questa fanzine possa permettervi di rivivere i momenti legati a queste tournèe, o magari di coglierne alcune sfumature che all'epoca vi siete persi. Noi, nel frattempo, ci prepariamo ad affrontare questo 2018, come al solito cercando di tenervi compagnia sui nostri canali social con i nostri post storici, curiosità, e rubriche, darvi qualche notizia in anteprima e, chissà, magari qualche regalino nel corso dell'anno. Cogliamo l'occasione per rinnovarvi gli auguri e brindare con voi al nuovo anno, il terzo in compagnia di YtseItalia 2.0 e… come dice sempre il buon Jordan “see you, on the road!!” Ci vediamo al G3! Andrea, David, Johnny, Stefano Lo staff di YtseItalia 2.0


di Matteo Santoro (fondatore di Italian Dreamers, fan club ufficiale italiano dal 1993 al 2007) Quando Andrea mi ha chiesto se avessi voluto partecipare con una prefazione a questa iniziativa, nel preciso istante in cui ricevevo il messaggio, davanti a me si è manifestato tutto l’orgoglio e la soddisfazione per aver dato il via a quel progetto chiamato Italian Dreamers. Siamo all’alba del 25° anno dalla fondazione del Fans Club ufficiale e il testimone preso dalla nuova Community, YtseItalia 2.0, è in buone, anzi ottime mani. Abbiamo appena lasciato alle spalle il 2017, anno interlocutorio e celebrativo. Interlocutorio, perché in quest’anno non abbiamo avuto il dono di un nuovo album (siamo affamati e vorremmo sempre ascoltare materiale nuovo). Celebrativo, perché l’Images, Words and Beyond Tour l’ha fatto da padrone lungo tutto il corso dell’anno solare. In sintesi, dal 2017 ricavo dubbi e certezze: è sempre così quando si hanno passioni sfrenate. Sulle certezze non mi dilungherei: sono professionisti e sanno il fatto loro. Sono tranquillo. I dubbi sono insiti nei pensatori, in chi riflette. Come si evolverà il cammino della band da qui all’uscita del nuovo disco? Il passaggio alla nuova label, Inside Out (Sony) porterà linfa vitale ai nostri? Conosco questa etichetta dai tempi del mio negozio di dischi, prima sede storica dell’Italian Dreamers. Etichetta solida, seria, forse, anzi, senza forse, più prog che metal. Vuoi vedere che i ragazzi si sposteranno verso orizzonti più soft? Oppure esploreranno nuove sonorità senza disdegnare il loro marchio di fabbrica, tutta tecnica e feeling. Mi auguro mi/ci lasceranno a bocca aperta così come hanno fatto per quasi tutti gli album precedenti. Dico quasi perché non tutte le ciambelle escono col buco e dalla loro pasticceria qualcosina, in passato, non è uscita proprio benissimo. Però, da amante disposto a tutto, ho perdonato loro qualche caduta di stile, qualche inciampo. I loro dischi sono come i figli per un padre o una madre: li si ama incondizionatamente. Sarà così anche per il prossimo, qualsiasi cosa partoriscano. Almeno per il sottoscritto. Dicembre: è il mese delle feste, delle nostre tradizioni, per chi crede. E’ stato il mese delle sorprese: prima il cambio di etichetta (un ringraziamento va alla Roadrunner, sia chiaro), poi una foto galeotta ha minato le coronarie di molti, senz’altro di quelli che conoscono meno le dinamiche dei rapporti interpersonali tra i leaders storici della band. Mi sento di escludere, con pressoché assoluta certezza, un ritorno di Mike Portnoy. Mangini non verrà defenestrato. In fondo, John e Mike sono rimasti amici nonostante qualche logico dissapore (è umano) per quello che è accaduto. Chissà, magari una collaborazione per un progetto parallelo (LTE?) o... In quella foto ci vedo anche altro: c’è da far parlare di sé in momenti un po’ di fiacca. Sempre meglio tenere accesa la fiammella, si destano attenzioni, speranze. Insomma: marketing J Prima di chiudere vorrei dedicare questo mio breve articolo ad un amico sfortunato, un eroe dei nostri giorni che, come tutti gli eroi, i veri eroi del vivere civile, è stato dimenticato dalle istituzioni. Oggi (era il 12 gennaio quando Matteo ci ha consegnato il suo articolo, ndr) ricorre il 6° anniversario della tragedia della Costa Concordia e a bordo di quella maledetta nave c’era Giuseppe Girolamo, un Italian Dreamer. Il suo gesto, il più alto che un uomo possa compiere, sia da monito per tutti noi. Ciao Giuseppe. Chiudo col menzionare alcuni amici e collaboratori che mi hanno accompagnato nel corso degli anni. Il passato è stato l’Italian Dreamers, quindi un saluto e un abbraccio a Viviano Crimella, Ivan Iapichella, Roberto Zapparoli, Silvia Surian, Emiliano Maiello, Ivan Drudi e dimentico senz’altro qualcuno/a. Chiedo venia (l’arteriosclerosi galoppa! J) Poi, i più importanti di tutti: Marco ‘Petrus’ Petrini e Simone Fabbri. Ecco, se io sono stato la mente loro sono stati il cuore. Il presente ed il futuro si chiama Ytseitalia 2.0 e quindi Andrea Mancini, David Cangi, Johnny Bros e Stefano Ceschi Berrini. Che il 2018 sia un buon anno per tutti e che i ragazzi ci regalino un’altra gemma da incastonare nell’anima.


I report e le foto dai concerti italiani fotografie di Alessandro De Vito



Report di Daniele Caruso (chitarrista della tribute band Enigmatic Chaos) Una serata ricca di aspettative e di pura adrenalina si presenta a cospetto della seconda di fila presso l’Auditorium parco della Musica di Roma, in occasione del concerto dei Dream Theater. La band presenterà per intero l’album che li ha resi famosi, Images and Words e l’emozione che si legge sul volto delle persone accorse ad acclamarli è tanta, ed è evidente che le aspettative sono alte pur essendo consapevoli che l’esecuzione per intero dell’opera avrebbe esposto la band ad alcune critiche da parte dei cultori del genere. L’attesa viene smorzata dalle note di un piano che caratterizza l’ingresso nella sala Santa Cecilia dell’Auditorium, suonato proprio da alcuni fan accorsi per acclamare e sostenere la band. Parecchi riescono a riprodurre in maniera fedele brevi estratti di alcune canzoni dei Dream a testimonianza del fatto che la maggior parte di essi, oltre ad essere appassionati e profondi conoscitori del genere, sono anche ottimi musicisti. L’emozione sale e l’adrenalina è tanta. Già in passato, nel 2007, la band eseguì per intero l’album in occasione dei 15 anni dalla sua pubblicazione, ma questa volta l’esecuzione è contornata da una setlist di tutto rispetto e piuttosto “inedita”. Aprire una serata con The Dark Eternal Night è stata una scelta coraggiosa, in quanto uno dei brani che la band propone di meno durante tutti i concerti, ma sicuramente di forte impatto per le sonorità caratterizzate dall’utilizzo della chitarra a 7 corde. Un inizio sicuramente movimentato. Da un punto di vista acustico, la location non mi ha entusiasmato del tutto. Ero posizionato in terza fila centrale e da quella postazione, il più delle volte, non riuscivo a percepire alcune frasi di chitarra cosi come il basso, durante l’esecuzione di riff portanti, non riuscivo a percepirlo in modo chiaro. A tal proposito, ho avuto anche la sensazione che Petrucci, durante l’esecuzione di The Gift Of Music, abbia notato che qualcosa non andava in quanto ha provveduto a sostituire lo strumento dopo un veloce confronto con il proprio tecnico, sempre attento nel rilevare eventuali anomalie nel guitar rig. Sicuramente il ruolo importante della scaletta questa sera è attribuito all’esecuzione per intero dell’album Images and Words, ma è da sottolineare la grande performance della band nell’eseguire brani come The Gift of Music, Our New World e A Life Left Behind unitamente alla grinta di James LaBrie nell’invitare la platea ad alzarsi in piedi e cantare con lui. Degna di nota The Spirit Carries On, un vero tripudio, un must attraverso cui la band riesce sempre a coinvolgere tutta la platea creando quelle atmosfere coinvolgenti dal forte impatto emotivo. Non mi va di analizzare nota per nota l’esecuzione dei brani, oppure sottolineare piccole sbavature durante l’esecuzione delle parti “chirurgiche” delle sezioni strumentali. La band ha grande personalità, grinta e forza da vendere… L’esperienza, il carattere e la grande padronanza nell’utilizzo dei propri strumenti sono sempre stati elementi che hanno contraddistinto la musica dei Dream Theater. Questo concerto va goduto con la consapevolezza che l’età media della band è cresciuta e che alcune sonorità, proprie del ‘92, non possono essere più riprodotte con quella fluidità tipica di quegli anni e mi riferisco in particolar modo alle linee vocali registrate all’epoca. Una breve pausa, frequenze radiofoniche richiamano alcuni estratti di colonne sonore che caratterizzano gli anni ‘90, Nirvana, Alice in Chains, Metallica creando un forte entusiasmo tra la gente, raggiungendo il culmine con l’introduzione di una voce registrata all’epoca la quale introduceva il nuovo album Images and Words. L’emozione è indescrivibile. Confesso che non riesco proprio a separare il forte impatto emotivo che mi coinvolge da quell’aspetto razionale che dovrei avere nell’esprimere un parere su una performance di una band che propone un must del genere. L’esecuzione di Images and Words è stata caratterizzata da un “detuned” di mezzo tono dei vari strumenti a testimonianza del fatto che alcune sonorità tipiche dell’album, ad oggi risultano piuttosto complesse in termini vocali. Ma nonostante tutto, l’esecuzione risulta essere magistrale, senza sbavature e brani come Metropolis, Under a Glass Moon e Learning To Live esaltano l’entusiasmo del pubblico. Degna di nota, l’ambient che cala su Wait for sleep, una grande emozione dove James LaBrie racconta l’evoluzione della band, menzionando il pubblico Italiano come una “icona” che ha contribuito fortemente alla loro carriera e chiudendo il concerto sulle note di A Change Of Seasons, 25 minuti di pura adrenalina. Luci e ombre quindi, una serata che ha fatto rivivere un’altalena di emozioni. Quello che è l’inizio di una grande tournée. Non vediamo l’ora di rivederli nuovamente a maggio. Foto di Emanuela Bonetti per rockon.it


report di Andrea Mancini e Stefano Ceschi Berrini foto di Andrea Scarantino È una tipica giornata invernale e fredda a Padova, ed alle 20:30 è previsto l’inizio del terzo concerto dei Dream Theater in terra italica, con il loro “Images, Words & Beyond” tour. Nel pomeriggio invece è previsto l’atteso incontro tra i fan iscritti al nostro fan club YtseItalia 2.0. Un momento unico che permette agli amanti della band di trovarsi, parlare assieme, bere qualcosa, e scambiare opinioni sul tema Dream Theater. Inoltre è prevista l’assegnazione di alcuni premi, tra i quali i pass che daranno la possibilità ai più fortunati di partecipare all’esclusivo aftershow con i membri della band. Non ci dilungheremo troppo nel racconto del concerto in sé, in quanto lo show non subirà particolari variazioni rispetto al resto del tour. Quindi, per non ripeterci e non annoiarvi in una fredda sequenza di titoli e disquisizioni tecniche sulla performance dei musicisti, con questo report vogliamo piuttosto ricordare e rivivere il nostro raduno ed il seguente aftershow in compagnia della band. Unica differenza che si nota rispetto ai due concerti inaugurali tenutisi a Roma e che fa indispettire molti fan, è la scelta di tagliare dalla scaletta ben 2 brani, a partire proprio dalla data di Padova, e per tutto il proseguo del tour; A Life Left Behind e The Spirit Carries On (questa preceduta da un assolo di John Petrucci). Scelta dovuta, crediamo, alla eccessiva durata dello show e del primo set in particolare, a discapito del secondo, incentrato sulla celebrazione di I&W. Ad ospitarci è il Sir Francis Drake pub poco distante dal teatro Geox, il quale, per l’occasione ci apre le proprie porte dalle ore 17.00. Appena dopo l’arrivo degli admin Andrea, David e Stefano, iniziano ad arrivare fan sia veneti che non, e si inizia da subito ad avvertire un feeling di amicizia, quasi famigliare. Si beve e si mangia qualcosa assieme, si conosce gente nuova, si fanno amicizie, e si parla del più e del meno sia in tema Dream Theater che in tema musicale generale. Inoltre si sentono già le prime indiscrezioni su “cosa faranno oltre Images and Words”. Dopo un’oretta, quando il pub è quasi pieno, a tutti i fan intervenuti viene distribuita la pubblicazione speciale “Images, Words & Beyond – La genesi di un mito” edita appositamente dal fan club per celebrare questo tour e ripercorrere la storia di come è nato l’album, insieme con un biglietto numerato. Questo servirà per l’estrazione della nostra lotteria che di lì a poco premierà 4 fortunati che si aggiudicheranno gli ambitissimi pass per partecipare all’aftershow. Il raduno si conclude quindi verso le 19.00 e ci si dirige tutti quanti verso il teatro che ospiterà il concerto. La band inizia puntuale e lo spettacolo, con una magnifica cornice di pubblico (sold out, ndr) ed un’acustica molto buona, come da aspettative, non delude. Come per gli altri concerti, vengono suonati nella prima parte dei brani classici della band con la perla The Bigger Picture quindi dopo una breve pausa viene introdotta Pull Me Under, che fa da preludio alla performance di Images and Words per intero, con infine A Change Of Seasons che fa letteralmente impazzire il pubblico. Dopo la meritatissima standing ovation, la band esce di scena ed il pubblico, visibilmente soddisfatto dallo show e dalla prestazione della band, inizia ad uscire dal teatro, tranne i fortunati che parteciperanno all’incontro con i Dream, i quali si radunano da un lato del palco. Dopo una mezz’oretta di attesa, d’improvviso gli sguardi dei fan si fanno increduli, così come carichi di gioia, specialmente quando vedono comparire per primo da dietro alla grande tenda a lato del palco, con la sua proverbiale calma quasi fosse timidezza, un sorridente John Myung, seguito un po’ alla volta tutti i membri della band, , i quali escono un po’ alla spicciolata dopo qualche minuto di relax e aver finito di cenare (i presenti si ricorderanno la scenetta in cui Rick; il tour manager; mimava il gesto di abbuffarsi per farci capire che la band


stava mangiando, come di consuetudine dopo un concerto, e quindi dovevamo pazientare qualche attimo prima di poterli accogliere di nuovo in sala). Pian piano tutti i presenti iniziano quindi a rompere il ghiaccio facendo qualche foto, autografi ed anche a scambiare qualche timida parola con i Dream Theater. Qualcuno porta anche qualche regalo, in particolare vini e prodotti locali, sempre molto apprezzati soprattutto da Petrucci. Dopo una buona mezz’ora in cui, come sempre, i membri della band non si sottraggono all’affettuoso assalto di fan e amici; nonostante la stanchezza per un concerto impegnativo, oltre che per un tour che procede spedito e le cui date si susseguono quasi senza sosta una dopo l’altra; ci lasciano ed anche i partecipanti di questo aftershow, quasi increduli di aver avuto la possibilità di vederli da vicino e parlare con i propri beniamini, escono raggianti dal teatro patavino.


report di Johnny Bros A pochi minuti dall'inizio dello show, sia le tribune che la platea del Mediolanum Forum sono gremite in ogni ordine di posto ed è davvero difficile riuscire ad intravedere qualche seggiola vuota. In questo tour, così come già accaduto nel precedente, ci sono solo posti a sedere; sebbene la cosa risulti normale nei concerti a teatro, appare alquanto curiosa in un palazzetto, dove solitamente il parterre è destinato agli spettatori più scatenati. Nonostante questa decisione non sia stata particolarmente gradita dai fan, il richiamo costituito dall'esecuzione integrale di Images and Words era troppo forte per rinunciarvi. Ed il pubblico italiano, da sempre molto affezionato alla band, ha prontamente accolto l'invito, arrivando a riempire un palazzetto ben più grande dei teatri in cui il gruppo ha scelto di esibirsi da un anno a questa parte. Alle 20:30 si spengono le luci e l'intro tape costituita da The Colonel, dei Two Steps From Hell, prepara il pubblico al concerto. Lo show si apre con The Dark Eternal Night che, nonostante qualche perdonabile imprecisione durante le prime battute, mostra subito una band in grande forma, in grado di macinare le note di un brano così complicato come se fosse un normale esercizio di riscaldamento. Purtroppo, si nota subito che la qualità dell'audio non è eccezionale; in particolare la voce di James non risalta come dovrebbe, risultando più volte impastata con il resto degli strumenti. Il Mediolanum Forum non ha mai brillato per l'acustica e questa sera non fa eccezione; nel corso del concerto, la situazione sarà destinata a migliorare, ma purtroppo con risultati non sempre soddisfacenti. Lo show prosegue con The Bigger Picture e con la strumentale Hell's Kitchen, ovvero due "new entry" nei concerti del gruppo: mentre la prima non è mai stata eseguita dal vivo prima di questo tour, la seconda, dal 1997 ad oggi, è stata suonata solo in un paio di occasioni, (anche se in alcuni tour è stato possibile ascoltarla, nella sua versione originale, inserita all'interno del brano Burning My Soul). Pertanto entrambi i brani risultano nuovi alle orecchie del pubblico, il quale dimostra di gradire la scelta. È tempo di tornare al recente The Astonishing, di cui vengono proposte The Gift Of Music e Our New World. Avendo eseguito per intero il disco nel tour precedente, la band preferisce non proporre altri brani estratti dalla loro opera rock, lasciando quindi spazio ad un altro momento, tanto inaspettato quanto gradito. Difatti, il bassista John Myung, in questo tour, ha deciso si ritagliarsi un pezzo di concerto tutto per sé, eseguendo la cover di Portrait of Tracy di Jaco Pastorius. Il pubblico rimane un po' spiazzato da questo brano, che in effetti può risultare alquanto ostico a chi non l'ha mai sentito prima, ma non per questo si risparmia nel dimostrare il proprio affetto e ammirazione verso il bassista con un fragoroso applauso. A questo punto, Myung accende il suo distorsore e gli armonici naturali di Pastorius lasciano il posto a quelli dell'intro di As I Am, che infiamma il pubblico del forum. Al termine del pezzo, la citazione improvvisa del riff di Enter Sandman scatena gli spettatori che, se fino ad un momento prima erano stati relativamente tranquilli, si alzano in piedi e si lanciano in un headbanging selvaggio, approfittando dell'occasione per poter momentaneamente scollarsi dalle proprie sedie. Il set si chiude con Breaking All Illusions, brano che dal 2012 ad oggi ha fatto parte di ben tre tour e che, quindi, il gruppo esegue in maniera impeccabile. Anche se sono stati eseguiti "solo" 8 brani, è già passata un'ora ed è giunto il momento di prendersi 15 minuti di pausa. La seconda parte del concerto viene introdotta da un montaggio audio composto da una serie di annunci radiofonici risalenti al 1992, dove i deejay presentano brani di vari gruppi (Metallica, Cure, Alice In Chains, Pearl Jam, ecc...) usciti in quell'anno e che sarebbero poi diventati degli evergreen della storia del rock. L'intro termina con l'annuncio del nuovo singolo di una band americana che ha appena pubblicato il suo secondo album: il brano in questione è ovviamente Pull me under, con il quale si apre il secondo set, dedicato a Images And Words. E qui la faccenda inizia a farsi più seria: non solo il pubblico è visibilmente più elettrico, ma anche la band sembra aver sfoderato gli artigli, probabilmente incalzata dal calore degli spettatori. A questo punto diventa superfluo elencare o descrivere i brani che seguono, poiché la tracklist è esattamente quella di I&W ed i brani vengono riproposti, per la maggior parte, in maniera fedele alle versioni del disco. Le uniche modifiche riguardano delle brevi code strumentali alla fine di Another Day e Take The Time, un assolo di batteria inserito all'interno di Metropolis (brano nel quale la band è riuscita a stravolgere ulteriormente il già complicato intermezzo strumentale) ed un'intro di pianoforte all'inizio di Wait For Sleep. Su questo brano credo sia doveroso spendere qualche parola di merito nei confronti di Jordan Rudess: infatti, sebbene Wait For Sleep rappresenti la quintessenza dello stile compositivo ed esecutivo di Kevin Moore, il maestro Rudess riesce a farla sua, interpretandola con il suo stile e il suo tocco, ma, allo stesso tempo, senza mancare di rispetto alla versione originale. Chiude il set Learning to live, nel corso della quale Rudess (che imbraccia la sua keytar) e Petrucci trovano il tempo per sfidarsi in una funambolica jam, poco prima del finale del brano.


Durante questo secondo set, James LaBrie è apparso in uno stato di grazia, polverizzando tutti i dubbi che, malignamente o meno, erano stati sollevati nei suoi confronti nei giorni precedenti il tour. Certamente la sua voce non è più quella del 1992, ma considerando che stiamo parlando dell'esecuzione integrale di un disco che metterebbe in difficoltà qualsiasi altro cantante, non si può che lodare la sua performance. La decisione di abbassare tutti i brani dell'album di un semitono ha indubbiamente reso meno arduo il compito di LaBrie. Sebbene questa scelta possa aver fatto storcere il naso ai puristi o ai musicisti dall'orecchio fino, personalmente la ritengo molto difficile da contestare: la setlist di questo tour è estremamente impegnativa dal punto di vista vocale e non si può in alcun modo criticare un cantante che solo oggi, dopo 25 anni di carriera, ha scelto di ricorrere a questo sistema. Ma il concerto non è ancora finito: arriva il momento dell'immancabile bis, dove il gruppo regala l'esecuzione integrale della monumentale A Change Of Seasons. Il brano, a dirla tutta, non giunge completamente inaspettato: molti fan avevano già ipotizzato l'idea che nella setlist potesse comparire questa "monster track", in quanto si tratta di un brano già scritto all'epoca di Images and Words, ma che, per vari motivi, fu poi scartato dall'album. L'arpeggio con cui si apre la suite viene quindi accolto con un boato del pubblico... lo stesso boato con cui, 23 minuti dopo, il forum esplode per tributare al gruppo la doverosa e meritatissima ovazione, dopo uno show di altissimo livello. Se proprio si devono trovare dei difetti nella serata, oltre alle già citate problematiche dovute all'acustica del palazzetto, in alcuni momenti (soprattutto durante i vari assoli) si è sentita la mancanza di uno schermo che potesse restituire agli spettatori più lontani la possibilità di poter vedere al meglio i movimenti dei musicisti sui rispettivi strumenti...del resto, a un concerto dei Dream Theater, lo spettacolo consiste anche in questo! In ogni caso, è stato un gran bel concerto, in cui la band è apparsa decisamente in forma e, tocca ammetterlo, molto più a suo agio e rilassata rispetto a quella vista durante il tour di The Astonishing, probabilmente a causa del fatto che molti di questi brani sono ormai scolpiti nel DNA della band. Ma voglio credere che questo risultato sia stato ottenuto anche grazie al calore e alla partecipazione del pubblico che, almeno per questa sera, poteva essere considerato, a buon diritto, come il sesto componente dei Dream Theater.

report di Christian Casini Il 5 maggio i nostri amati Dream Theater hanno fatto tappa al Teatro Verdi di Firenze, nel corso del loro tour “Images, Words & Beyond” per una serata che si preannunciava storica ed emozionante. Nelle 3 ore circa di concerto è stato riproposto, nella seconda parte, il loro album più celebre, quell’Images and Words che nel lontano 1992 li ha fatti definitivamente conoscere al grande pubblico. Come avviene in queste occasioni la band sceglie un luogo intimo e piccolo, per un’atmosfera unica con i loro fan, in particolar modo nel nostro paese dove sono amatissimi. Arrivato al teatro in compagnia di mia moglie pochi minuti prima dell’inizio del concerto ho solo il tempo di salutare i ragazzi del fan club, in particolare Matteo Santoro che sarà mio ospite per questa sua trasferta toscana. Puntuali come loro abitudine alle 20.30 si spengono le luci e dopo un intro molto emozionante, è la tagliente e pesantissima The Dark Eternal Night a dare via alle danze. Nei primi minuti il suono risulta un po’ rimbombante all’interno del teatro con le tastiere “coperte” dal suono degli altri strumenti, ma da lì a poco i suoni verranno messi al loro giusto posto. Tecnica, virtuosismi e velocità caratterizzano questo primo brano. Con la successiva The Bigger Picture le atmosfere si fanno più romantiche e intime e Jordan delizia il pubblico con il suo stile pianistico unico e inconfondibile. La prima parte del concerto ripercorre alcuni dei momenti più belli della carriera dei 5 musicisti statunitensi fra cui la strumentale “Hell’s Kitchen” e la bellissima “Our New World” direttamente dal loro ultimo concept album “The Astonishing”. Si nota fin dai primi brani che Petrucci è in forma. Pulizia tecnica, precisione e sound strepitoso lasciano i fan presenti ad occhi aperti. Altri grandi momenti portano alla fine della prima parte del concerto come l’omaggio da parte di John Myung a Jaco Pastorius, con il brano “Portrait Of Tracy”. La scura e pesante “As I Am” rivela una sorpresa, il chorus di “Enter Sandman”


dei Metallica prima dell’ultimo ritornello, mandando in estasi il pubblico presente. La prima parte si conclude con la stupenda Breaking All Illusions, brano che ricorda molto le sonorità di Images and Words in particolar modo di Learning To Live, sia nella struttura della canzone sia negli arrangiamenti. Dopo una pausa di circa 15 minuti si abbassano nuovamente le luci e lo speaker di una radio statunitense annuncia le varie hit del 1992... fino ad annunciare Pull Me Under. Un boato assordante accoglie le prime note del brano e da lì alla fine della seconda parte dello show, a stento gli spettatori riescono a stare a loro posto. Ogni brano di Images and Words è un colpo al cuore di ognuno di noi, un fiume di emozioni accompagnato dalla perfezione che i 5 maestri riescono a dare alla loro esecuzione. I brani arrangiati un semitono sotto assumono un sound più duro e ancora una volta, una nota di merito va all’esecuzione di Petrucci sul solo di Another Day e sulla lunga coda di Take The Time semplicemente perfetto. James LaBrie nonostante non sia al top a causa di un’influenza non abbandona mai una nota e arricchisce lo show raccontando aneddoti divertenti sul periodo in cui fu inciso il suddetto album, coinvolgendo anche Petrucci. La band non si dimentica, come il pubblico, di festeggiare e intonare un “Happy birthday” per il talentuoso cantante canadese, accompagnati da Jordan Rudess al piano. L’encore è affidato ad una delle suite più belle in assoluto della band A Change of Seasons. Tre ore di emozioni sono passate veloci e le luci del teatro, nuovamente accese, sottolineano ancora una volta l’amore reciproco fra la band e il pubblico italiano. Anche il riservato John Myung si lascia andare a dei calorosi saluti e strette di mano mentre i fan a poco a poco lasciano il teatro.

Per me e mia moglie la serata continua, essendo fra i pochi fortunati a partecipare al loro aftershow. Abbiamo atteso circa 20 minuti all’interno del teatro insieme ai fortunati vincitori del contest fatto dal fan club e tutto lo staff. Fra una chiacchiera e l’altra come d’incanto ho visto materializzarsi davanti a me la figura di un sorridente John Myung. Come ricordato spesso sia da Matteo Santoro, sia da Andrea e David, il nostro idolo non è molto presente in questo tipo di situazioni. La fortuna è stata benevola questa volta e la felicità di scambiare due parole con lui hanno impreziosito la serata. John non ha mancato di manifestare la sua educazione ringraziando singolarmente ognuno di noi per il supporto e il calore dimostrato in questa serata e tutte le volte che la band viene in Italia. Piano piano tutta la band arriva nell’aftershow dimostrandosi disponibile con tutti i presenti per foto, autografi e scambiare due battute. Un particolare molto divertente è stato l’arrivo di Mike Mangini che non trovava l’ingresso e cerca (mimando) di buttarsi da una delle balconate del teatro. Personalmente mi ha fatto piacere poter parlare di tastiere col maestro Jordan Rudess, sempre disponibile e curioso nel parlare della sua arte. Grazie a Marco Petrus Petrini che mi ha aiutato con l’inglese. Come in occasione del Pistoia Blues, John Petrucci, sempre sorridente e umanamente indescrivibile per simpatia e disponibilità, ringrazia i fan per la quantità di regali, fra cannoli siciliani, vino e tanti altri prodotti tipici del quale va matto. Sul finire del nostro tempo a disposizione, come per magia, anche James LaBrie non si sottrae ad un ulteriore dose di affetto da parte del piccolo gruppo di fan presente all’aftershow. Accolto da un applauso sincero e da un grande boato, il frontman canadese appare stanco e molto provato fisicamente per l’influenza, ma da vero signore non manca di dedicare a tutti noi ogni attimo del tempo a disposizione prima di salutarci, insieme ai suoi compagni di avventura, con un grande arrivederci alla prossima tournee.



fotografie di Omar Lanzetti


In febbraio, prima del concerto di Oslo in Norvegia, Kim Sakariassen, amministratore di Dream Theater World, ha intervistato James LaBrie, il quale ci ha raccontato molte cose del tour Images, Words & Beyond, del suo ingresso nella band e delle sue ultime partecipazioni sui dischi di Last union, Rick Emmett e Ayreon. Qui di seguito trovate la trascrizione e traduzione integrale di questa video intervista (visibile sul canale YouTube di DTWorld). Si celebrano i 25 anni di Images and Words, come ci si sente? Sembra tutto un po' surreale, a volte. È divertente perché, in quel momento quando stavamo registrando il disco, se qualcuno avesse detto che da lì a 25 anni ci saremmo trovati a celebrare il venticinquesimo anniversario di quell'album sarebbe stato qualcosa del tipo "ehi, che cazzo! è un po' presto, perché mai dovremmo pensarci?". Ma sai, le cose accadono col tempo ed è andata proprio così. Penso che, inoltre, mi abbia permesso di riflettere realmente su tutto quello che abbiamo passato, tutto quello che abbiamo realizzato musicalmente, come band e come amici, le difficoltà incontrate lungo la strada, le difficoltà iniziali. Sono successe tante cose e mantenere insieme una band anche solo per cinque anni è estremamente difficile, figuriamoci 25-30 anni. È davvero incredibile, è una conquista. Inoltre è un riconoscimento, il fatto che questo disco ha lasciato un segno ed ha avuto un forte impatto sui fans di tutto il mondo. Sei entrato nella band durante un periodo estremamente turbolento. Non avevano, o meglio, avevano un contratto discografico ma volevano tirarsene fuori. Sì, erano con la Mechanic/MCA all'epoca. Pubblicarono il primo album "When Dream and Day Unite", avevano Charlie Dominici e a quel punto realizzarono che, nonostante il grande talento che aveva, non era il cantante adatto a loro; così attraversarono un periodo di due anni durante il quale la casa discografica diceva "vabbè, trovate il vostro cantante e poi tornate da noi". Non c'è stato un vero e proprio supporto e loro provarono diversi cantanti e si erano focalizzati su uno di loro quando il mio pacco capitò nelle loro mani e a quel punto; almeno secondo quello che mi è stato detto più volte; ascoltarono il mio modo di cantare. Spedii loro alcune registrazioni in studio realizzate con i Winter Rose e alcune registrazioni dal vivo. Immagino che lo ricevettero una sera in cui si trovavano assieme, lo ascoltarono e dissero qualcosa del tipo "Santo cielo!". Kevin Moore fu il primo della band con cui parlai; è stato quello che mi ha telefonato per dirmi: "ehi sai, abbiamo ascoltato il nastro e vogliamo che tu venga qui e prenda seriamente in considerazione l'idea di fare una jam con noi"; io ho detto: "Ehi, sembra interessante, puoi mandarmi qualcosa del vostro materiale?". Io nemmeno conoscevo i Dream Theater, ho detto "voi cosa suonate?" e Kevin rispose: "siamo una specie di band progressive hard rock/metal", io sono un grande fan dei Rush, quindi dissi: "davvero? Tipo i Rush?" e Kevin: "sì, è un ottimo esempio!", e io risposi "davvero? Ok, devo ascoltare la vostra musica". Così mi mandarono When Dream and Day Unite, insieme a una manciata di brani di Images and Words su cui stavano già lavorando. Non c'è bisogno di dire che la mia reazione fu: "che diavolo è questa roba? È fenomenale!" Quindi, successero cose divertenti, almeno secondo me. Nel frattempo loro… vuoi davvero sentire tutto questo? Si, si certo… Nel frattempo hanno iniziato a dire "sai, noi abbiamo iniziato a lavorare con questo Chris..." Cintron? Sì, credo… Avevano lavorato con lui per un po' di tempo, così Kevin mi ha richiamato e mi ha detto: "stiamo riconsiderando dove siamo arrivati, a questo punto" e io ho semplicemente detto "Kev, ok va bene, è stato un piacere parlare con te. Buona fortuna, boom, salutami gli altri ragazzi che non ho mai incontrato". Andò così. Non avevo dovuto investire del tempo e quindi va bene... e i Winter Rose erano un progetto ancora in corsa. Poi, letteralmente una settimana dopo, ricevetti un'altra chiamata ed era Mike Portnoy. Io, ero Kevin all'epoca, "Hey Kevin, sono Mike Portnoy, dei Dream Theater, ok ascolta, lo so che questo è strano...” hai presente il buffo modo di fare di Mike? E allora disse: "ok ok, dimentichiamoci tutto quello che è successo, vogliamo che ritorni, se potessimo incontrarci e farti venire qui a New York e bla bla bla"; e io dissi: "d'accordo non c'è problema, facciamolo!". Ma è divertente perché ho riattaccato ed ho chiesto a mia moglie: "cosa dovrei fare ora?", mi chiedevo "che sta succedendo?", ed ho iniziato a pensare a questi ragazzi che avevano cambiato idea improvvisamente. E lei disse: "hai sentito la musica, non è quello che volevi fare?", io ho detto "hai ragione!"; e quindi mi disse: “devi portare laggiù il tuo culo, devi fare una jam con questi ragazzi, devi mostrare cosa sai fare". Ho detto ok e sono andato da loro. Abbiamo provato una sera intera e alla fine ci siamo guardati l'un l'altro e ci siamo detti: "iniziamo a registrare un demo da domani".


È divertente il fatto che hai detto che il tuo nome era Kevin, all'epoca... Lo è ancora… Si, di sicuro lo è. Di solito, durante i nostri pre-parties facciamo un quiz e una delle domande principali è: "Qual è il secondo nome di James?" Primo No, il secondo… No… oh… ora ho capito! Perchè tutti ci cascano, rispondendo "oh, non lo so…" beh è James! Oh si, questa è buona, è una bella domanda. Hai registrato il demo di A Change Of Seasons all'epoca? Sì, l'abbiamo fatto. Siamo andati dove John Myung viveva all'epoca. Lui aveva un altro compagno di stanza. Siamo andati a casa sua, un bel condominio, era molto carino ed è lì che abbiamo registrato il demo per cinque giorni… no… io sono rimasto lì per un totale di cinque giorni la prima volta che sono andato, quindi penso che fossero tre giorni e credo che abbiamo fatto… sicuramente abbiamo fatto A Change of Seasons, Take the time, Metropolis e Learning to Live. È stato tutto veloce; durante il secondo giorno, stavo registrando quando dissero "Ehi James, scendi al piano di sotto"; in effetti avevamo trasformato la stanza da letto di John Myung in uno studio di registrazione. Non era più grande, probabilmente da qui a quel muro, eppure ci siamo riusciti. Quindi sono sceso di sotto e tutti i ragazzi erano lì e mi dissero "ti vogliamo nella band, ti vogliamo come cantante, che dici?". Credo che tu abbia visto un'immagine di noi seduti sul divano in uno dei libri. Siamo in questa posizione, mentre teniamo i nostri drink, e quella è la sera in cui è successo. Gran parte del disco è stato scritto prima che tu arrivassi… Certamente… Loro scrissero le linee vocali e melodiche prima che tu fossi con loro... L'unica cosa che ho modificato è stato… dare alcuni suggerimenti melodici qua e là, del tipo; questo sarebbe meglio cantarlo così, questo sarebbe meglio cantarlo cosà, questo mi sembra più melodico, cosa ne pensate? E loro erano completamente disponibili, erano tutti, come dire, cerchiamo di fare il meglio che possiamo, ok? Voglio dire, questo è quello che si dice di ogni album, non “Ehi, e io? … (borbotta qualche parola incomprensibile) In definitiva è diventato un "cosa stai cercando di ottenere?" Stai cercando di ottenere il meglio, quindi metti da parte il tuo maledetto ego, sii razionale, professionale e cerca di affrontarlo correttamente, in modo che tu possa ottenere il risultato migliore. Ed è stato così anche con questo. Ma è stato anche, devo dirtelo, un gran bel periodo, perché eravamo tutti elettrizzati, eccitati, eravamo tutti molto giovani e pieni di vigore, entusiasmo e pepe. Ed eravamo, come dire, eravamo grandi amici e compagni. Ripenso a quei momenti e… Mike ed io eravamo migliori amici, cazzeggiavamo, parlavamo del più e del meno, ridevamo, bevevamo assieme. Fu un gran bel momento, davvero! Trovi difficile cantare tutto Images and Words di fila, ora? Oh sì. Vocalmente? Cazzo sì, voglio dire, sono passati 25 anni, è assolutamente una sfida. E sai, mi sono ammalato durante questo tour. Sono stato molto malato. Ho quasi pensato di avere una bronchite, ad un certo punto, ma il dottore ha detto “no, ma sei malato". E a causa di questo è stata una sfida per me riuscire a mantenere la voce così com'è. Quindi sto facendo ciò che mi è possibile per farcela e ci sono... penso che, considerando quello con cui ho avuto a che fare, stia venendo bene. Certo! Penso che hai fatto un gran bel lavoro in tutti gli show a cui ho assistito. Una novità di questo tour rispetto a, probabilmente, tutti gli altri tour sono i momenti dove tu ti ritrovi sul palco a raccontare delle storie. Questo è molto interessante perché racconti storie diverse ogni volta. Già... vedi, io credo... ho pensato di affrontare questo tour, questo anniversario di Images, in una maniera più personale. Dobbiamo coinvolgere le persone, non solo da un punto di vista musicale, ma anche da un punto di vista dell'elemento umano. Siamo esseri umani. Sto per dirti quello che stavamo facendo in quel periodo, sto per raccontarti quello che abbiamo attraversato dal punto di vista emotivo, sto per raccontarti cose che, sono sicuro, non conosci. Potresti aver letto un sacco di cose nei libri e altra roba simile, ma ci sono alcune storie che io racconto e che; ne sono dannatamente sicuro; fanno dire alla gente "Oh wow, davvero? Hanno fatto questo, pensavano quello, stavano facendo quell'altro, in quel periodo". E penso che sia davvero bello perché le vibrazioni che io ricevo dal pubblico mi fanno sentire come se fossimo in un salotto e stessimo avendo una conversazione. E penso che a fine serata, non ti porti via solo della musica, ma ti porti via anche della personalità. Te ne vai pensando "Ehi, questi ragazzi sono davvero forti... questi ragazzi sono come me e


te. Sono esseri umani, cercano di dimostrare quello che sono attraverso la musica". Raccontiamo anche dei retroscena e penso che questo contribuisca a renderla una serata memorabile. Qualche sera fa abbiamo avuto il "popcorn incident", cosa ti è passato per la testa? Ho semplicemente riso, ho pensato che fosse divertente. Ho pensato: "Grandioso! È un classico", quindi sono andato avanti. L'anno scorso hai fatto una serie di ospitate, in quanto hai suonato... cantato con Rik Emmett Yeah, oh è fortissimo... che talento, oh mio Dio, Rick Emmett; ho sempre adorato quel ragazzo, incredibile, e poi c'era Alex Lifeson, questa è stata la seconda volta che ho incontrato Alex, è una bella persona, una grande persona. È grosso... e io che credevo di essere grosso, e non intendo dire... è un ragazzone, robusto. Rik è entrato in contatto col mio vecchio manager, ti ricordi di Jim? Jim lavora per la Mascot e credo che lo abbia contattato; Rik Emmett è con la Mascot; e gli abbia detto: "Ho sempre voluto lavorare con James puoi contattarlo?". Così Jim mi ha contattato e mi ha detto: "Ehi, Rik Emmett vorrebbe che tu andassi a cantare un paio di sue canzoni"; io ho detto: "cosa? Ci sto, io adoro Rik". Quindi ho parlato con Rik al telefono, e mi ha detto: "io sono un vostro fan da sempre" poi ha aggiunto, "mio figlio, che ora ha 27 anni, è cresciuto con voi e quindi mi piacerebbe se tu venissi qui". Sono andato da loro, ho cantato un paio di canzoni e ci siamo divertiti molto. Sono rimasto solo per poco tempo ma è stato molto, molto bello e, voglio dire, non so se tu hai mai sentito Rik Emmett suonare la chitarra acustica. È fenomenale, sull'acustica. È un grande chitarrista elettrico, ma sull'acustica è sbalorditivo. Fenomenale. E poi ha questa bellissima voce angelica. Un mio amico diceva "Chi è in grado di andare più in alto? Rik Emmett o James Labrie? "Fuori di qui! Comunque, l'ho fatto e sono uscite... non so se hai già ascoltato le tracce... Una delle due è in stile Led Zeppelin "End of the Line" ed è quella dove ha suonato anche Alex. Ha fatto un grande lavoro, è uno dei miei chitarristi preferiti di sempre, ho sempre amato Alex. E poi "I sing" è l'altra, ma è stato davvero forte... Ho portato i miei bambini ...bambini... hanno 20 e 19 anni! Non sono più bambini e sono rimasti fuori a cazzeggiare con Alex mentre io stavo registrando la mia parte e... guarda, sta passando il tempo con mio figlio e mia figlia, sta chiacchierando con loro. Ecco cosa intendo. Ciò che adoro di persone come Rik ed Alex Lifeson, è che, nonostante il talento e il successo che hanno avuto sono rimasti esseri umani. In realtà si può dire la stessa cosa di voi, i Dream Theater sono persone con i piedi per terra, credo che sia il solo modo per riuscire a rimanere sinceri. Assolutamente. Per quanto tempo puoi fingere qualcosa? Presto o tardi, non inizia a diventare fastidioso? Hai anche cantato nell'album dei Last Union. Yeah! Quello... Gesù! L'ho registrato... nel 2012? Davvero? Quando diavolo l'ho registrato? Aspetta un secondo, fammi pensare. O era nel 2014? Credo fosse il 2014, ma comunque... un amico che lavora nel music business mi disse "c'è questa band dall'Italia con delle canzoni davvero forti, una cantante donna, sono vostri grandi fan e vorrebbero che tu cantassi nel loro disco". Io dissi "Ok, fammi sentire qualcosa". Io voglio sempre ascoltare, ok? Anche con Rik ho chiesto "posso ascoltare i brani?" Perchè voglio partecipare solo a qualcosa con cui mi sento connesso; altrimenti sarei solo una puttana del rock ‘n’ roll. Seriamente... "dammi i soldi e non mi interessa!", no, mi interessa. Voglio far parte di qualcosa che sia valido. Quindi ho ascoltato alcune delle tracce in cui era previsto che cantassi ed è stato qualcosa del tipo... qualcosa di simile a un ritorno al classic rock Un dannato hard rock ed ho pensato "Questo è davvero forte". E una bella storia, religione, politica, e roba del genere. Sono andato con Rich Chycki, con il quale ho registrato parecchie cose, sono andato nel suo studio ed ho registrato queste canzoni e penso siano uscite alla grande. "President Evil" e tutto il resto... Davvero forte. Ed abbiamo in uscita, tra un paio di mesi, il nuovo degli Ayreon. Già, ancora gli Ayreon. Effettivamente gli Ayreon... quando feci The Theater Equation, quando lo abbiamo messo in scena lui (Arjen Lucassen, ndr) venne da me alla fine di quella rappresentazione e mi disse "Ehi sto lavorando a qualcosa James, e vorrei davvero che tu ne facessi parte di nuovo. Posso contare su di te?" e io dissi "Arjen, sai chi sono... posso ascoltare cos'hai in mente?". E lui disse: "Lo so che sei così, lo so", e poi continuò "no, ho scritto queste canzoni immaginando che le cantavi tu" e proseguì "Tu devi cantarle!", io dissi "Se la metti così allora devo farlo". Ma è stato bello perché immediatamente ricevetti una mail da Arjen che diceva "Ho finito le canzoni! Ti sto per spedire gli mp3 e potrai ascoltarli". Li ho ascoltati ed è stato... porca vacca... erano fantastiche. E poi mi disse tutti gli altri cantanti che aveva contattato. È un cast di cantanti incredibilmente talentuosi. E ognuno di loro è un cantante fantastico. Quindi sono andato a cantare... ho cantato queste cose nel mio seminterrato, in un piccolo studio e penso siano venute alla grande. Gli ho dato quello che voleva e adesso non vedo l'ora di ascoltarlo. Ne ho già ascoltato una parte, Arjen... io adoro quell'uomo è pieno di allegria, è davvero appassionato in quello che fa ed è contagioso. E per me, incontrare qualcuno come lui, con un così grande talento davvero unico, perfettamente riconoscibile musicalmente... È davvero un privilegio poter lavorare con qualcuno del genere, perché tu apprezzi realmente la profondità del suo essere musicale.


Evolversi per rimanere se stessi Una chiacchierata con John Myung Lo scorso novembre, Victoria Martinez del fan club americano “Dream Theater USA” ha avuto l'opportunità di raggiungere John Myung prima dello show di Rochester, NY. Il bassista dei Dream Theater ha parlato della reazione dei fan al tour "Images, Words & Beyond", la sua influenza nel nuovo album dei Dream Theater, come è cambiato il suo modo di fare pratica nel corso degli anni, le novità riguardo i Jelly Jam e come rimanere ispirato musicalmente. Ha anche parlato di uno dei suoi passatempi preferiti durante i tour. Come è stato accolto il tour “Images, Words & Beyond”? È stato accolto molto bene e ci siamo divertiti molto. Ci è sembrato che la cosa perfetta da fare a questo punto, fosse riprendere quel periodo della nostra storia, che fu un momento di svolta per noi. C'è qualcosa di naturale nel rispolverare quel periodo, come se si stesse chiudendo un cerchio. Anche per molti fan equivale a tornare indietro nel tempo e rivivere quel periodo. Ho incontrato fan che sono venuti a vederci perché c'erano 25 anni fa, e non necessariamente ci hanno seguito recentemente, ma proprio il fatto che stiamo suonando questo disco, li ha fatti uscire allo scoperto. Inoltre questo ha dato una possibilità ai nostri fan più giovani che non hanno avuto la possibilità di ascoltare questa parte della nostra storia, di ascoltarla ora. Quali sono, oggi, le reazioni a Images And Words, paragonate a quelle del 1992? È interessante perché i fan più vecchi sembrano cantarlo sempre di più man mano che si va avanti. Conoscono il disco dentro e fuori. Inoltre sembra aver toccato le corde della nostra “fan base” più giovane, lo adorano. Ha una sorta di elemento senza tempo al suo interno. Non sembra invecchiato. Hai affrontato qualche brano in maniera differente questa volta? Suoniamo il disco abbassato di mezzo tono. Questo dà al disco un'atmosfera leggermente più dark e più heavy, e penso che l'effetto sia molto interessante. Qual è l'ispirazione e la storia dietro Learning To Live? È stata quella la prima canzone che hai scritto? Sì. [Learning To Live] era solo un insieme di pensieri e di come mi sentivo in quel periodo della mia vita (intorno ai 20 anni, ndr). Credo che, quando sei giovane, cerchi qualcosa che ti possa parlare. Qualcosa che ti dica che quella è la tua vocazione… “deve essere questo”. C'è quel senso dell'avventura mentre cerchi davvero di trovare qualcosa che possa far combaciare la tua vita con i tuoi obiettivi. Tu crei, dai forma e sviluppi qualcosa in una canzone, a livello di testo, ma non la realizzi davvero. Così come quando leggo, raccolgo parole e pensieri e le scrivo. Non necessariamente so il motivo per cui queste parole gravitino attorno a me, ma queste finiscono sulla carta. Così raccolgo un po' di parole, frasi e le trasformo in una canzone. Ripensandoci, è esattamente ciò di cui parla la canzone... di ciò che vedo mancare al mondo, mentre io voglio solo trovare il mio posto, senza essere costretto o influenzato dalla negatività che mi circonda. Hai sempre sentito una vocazione, nella musica? Intorno al 1979 o 1980, probabilmente intorno a quel periodo, ho sentito in maniera davvero forte che era ciò che volevo fare. Mi è capitato di suonare il basso e, connettendomi alla musica con quello strumento, tutto ciò mi è sembrato reale.


Con tutti i cambiamenti che ci sono stati nell'industria musicale, qual è il modo migliore per i fan per supportare i Dream Theater ora? Ciò che fa un appassionato di musica è attendere con ansia ogni nuovo album e passare del tempo ad ascoltarlo. Non penso che qualcuno possa dire a qualcun altro come apprezzare qualcosa, ma il fatto che ci sono persone che apprezzano il nostro lavoro è una benedizione e qualcosa che noi non diamo per scontato. Essendo io un fan di altre band e di altra musica, credo che evolversi e rimanere interessanti sia una parte importante del nostro lavoro. Avere un obiettivo è il nostro obiettivo, ma anche avere altre persone collegate ad esso e trovare come questo si relazioni con loro. Speriamo di continuare ad evolverci ed essere musicalmente pertinenti, in modo da continuare a raggiungere la gente. Ora, 25 anni dopo, è incredibile vedere il ricambio generazionale che c’è stato nel nostro pubblico; abbiamo persone che ora sono cresciute, si sono sposate, hanno avuto figli e adesso li portano ai concerti. È davvero fantastico vedere queste cose. Pensi che rivisitare Images And Words possa avere un'influenza sulla direzione del prossimo album? Credo che avrà un’influenza ben definita sul prossimo album. Ci ha permesso di riallinearci e ricalibrarci con ciò che facciamo meglio; e ciò che facciamo meglio arriva a più persone. Vedo il nostro prossimo disco allinearsi con questa prospettiva. Come continui a sfidare te stesso, musicalmente e creativamente, e a rimanere ispirato? La musica è così vasta e c'è così tanto da imparare. A questo punto, cerco di imparare e studiare cose che non necessariamente mi servono (con i Dream Theater). Come imparare il contrabbasso o il violoncello. Ho un contrabbasso elettrico a casa, un Ned Steinberger. Se potessi passare mezz'ora al giorno, anche solo toccando lo strumento e pensare in quel modo, sarebbe molto più utile per mantenersi in allenamento, anziché preoccuparsi se un giorno sarò in grado di utilizzarlo nella band. Credo che sia più importante fare qualcosa di musicale. Inoltre registro le idee durante i soundcheck. Collaboro con Ty Tabor e Rod Morgenstein nei Jelly Jam; facciamo cose divertenti. Poco prima che iniziasse il tour, abbiamo avuto l'estate libera e abbiamo girato un video per una delle nostre canzoni. Fare cose divertenti al di fuori della band e concentrarsi su cose che sono personali mi aiutano a mantenere la giusta prospettiva musicale. Qualche progetto per i Jelly Jam? Stavo parlando con Ty proprio prima di venire qui e John (Petrucci) sta per andare in tour con il G3 per un po', così avrò un po' di tempo libero. Quindi credo che, probabilmente, a fine gennaio mi incontrerò con Ty e Rod per lavorare su qualche idea per un futuro album dei Jelly Jam. Parlando d'altro, qual è stato un posto davvero interessante che hai visitato durante il tour? Abbiamo visitato un sacco di nuove città in questo tour. Yogyakarta in Indonesia è davvero un posto bellissimo. Dubai è un altro. È davvero interessante vedere posti del mondo che non hai mai visitato, come Mumbai in India. Durante i giorni liberi, cerco di uscire e giocare a golf. A Dubai siamo andati a giocare a golf di notte perchè di giorno c'erano 48° C e non potevamo fare nulla. Così la mia prima partita notturna a golf è stata a Dubai. Abbiamo iniziato a giocare alle 22 ed è stato fantastico come tutto fosse illuminato. Sono andato a giocare a golf anche a Yogyakarta, ed è stato davvero interessante. Vedere il campo da golf, per me, dice molto per potersi fare un’idea della città in cui ti trovi. Come ti eserciti attualmente? Fai ancora pratica per 6 ore al giorno? Cerco di riscaldami almeno due ore e mezza prima di ogni show. In generale, quando sono a casa, trovo sempre almeno tre ore da dedicare a qualcosa che devo fare, sia che mi stia preparando per un tour, o per del nuovo materiale su cui stiamo lavorando o per qualcosa di speciale da aggiungere in scaletta. Come Portrait Of Tracy, il pezzo di Jaco Pastorius in armonici, che ho dovuto mettere nella mia routine in modo da averlo pronto. C'è sempre un minimo di 3 ore di materiale che devi suonare. Quando sei un musicista professionista e questo diventa un lavoro, puoi riuscirci facilmente. Quando sono a casa ci sono altre cose da fare, ma devo dedicarvi un minimo di tre ore e cerco di farlo al mattino. Sono una persona mattiniera, mi piace svegliarmi presto e dopo queste tre ore, ho tutto il resto della giornata libero.


Mike Portnoy, non si ferma mai, è sempre in “constant motion” e lo sappiamo; sono passate giusto poche settimane dal termine dell’avventura live con il progetto “Shattered Fortress”, che ci ritroviamo a parlare della sua ennesima band, messa in piedi stavolta, con il vecchio “fratello Del Fuvio” Derek Sherinian, a distanza di ben 20 anni dall’ultima volta in cui i due hanno lavorato insieme in una band stabile. Nelle scorse settimane Mike e Derek sono stati impegnati in un press tour europeo (che però non ha toccato l’Italia, ndr) per promuovere l’album d’esordio dei Sons Of Apollo, dal titolo Psychotic Symphony. I nostri colleghi Damien Ad Minym e Joachim del fan club ufficiale francese Your Majesty, li hanno intervistati durante la tappa parigina. La video intervista che abbiamo pubblicato anche noi sulle nostre pagine social, è visibile a questo link: https://youtu.be/v7exJyAgjhk ma dato che il video è privo di sottotitoli, e per tutti coloro che hanno difficoltà con l’inglese, noi vi proponiamo la trascrizione in italiano. Prima però, facciamo un passo indietro, e vediamo un po’ come è nata e da chi è composta questa band che vede protagonista il nostro ex barbuto batterista.

Making History… and you? Tra la fine del 2016, e l’inizio del 2017 sono iniziate a circolare in rete, anche dopo alcuni indizi lasciati sui social, alcune voci di un nuovo progetto prog metal, che avrebbe coinvolto Mike Portnoy. Sul momento non fu fornito nessun ulteriore dettaglio, ma da alcuni post su Twitter, è stato subito chiaro a chiunque conosce la storia dei Dream Theater, che Derek Sherinian sarebbe stato coinvolto nel progetto. Subito dopo, dalle sessioni in studio, trapelano anche alcune immagini dietro le quinte. In estate, e precisamente il 1 di agosto, sono stati annunciati ufficialmente il nome e la line up completa del nuovo progetto. Il nome è stato scelto principalmente da Derek, in una rosa di un centinaio di possibili nomi e varianti intorno alla parola Apollo, e forse non a caso, dato che secondo la mitologia greca, Apollo era il dio della musica oltre che della poesia e di tutte le arti. Oltre al duo Portnoy e Sherinian, a completare la line up, al basso troviamo il grande Billy Sheehan (Talas, David Lee Roth, Mr.Big), il quale aveva lavorato anche in precedenza con Portnoy e Sherinian, nel progetto PSMS (comprendente anche Tony MacAlpine); progetto che ha prodotto un tour mondiale nel 2012 e un live album (PSMS Live in Tokyo) ma nessun album di musica originale. Billy ha anche lavorato con Mike Portnoy nei Winery Dogs, band attualmente in pausa dopo la decisione di Richie Kotzen di concentrarsi sulla sua carriera solista. Alla chitarra, era necessario un “mostro”; qualcuno in grado di macinare complessi e potenti riff metallici, di alzare il livello tecnico della band, ma che fosse anche un musicista di rilievo nell’ambiente. La scelta è caduta su Ron "Bumblefoot" Thal, la cui fama è dovuta principalmente, all’essere stato il chitarrista dei Guns n' Roses dal 2006 al 2014, apparendo anche sull'album Chinese Democracy. Sebbene il suo lavoro non sia collocabile propriamente in ambito progressive, i suoi album solisti sono conosciuti per essere prettamente heavy metal, ma con qualche inserto di zappiana memoria, influenze jazz e avant garde. Con Portnoy le strade si erano già incrociate nel 2013 al “Eddie Trunk's 30th Anniversary Party” all’Hard Rock Café di New York, e nel 2014 al “Progressive Nation at Sea” dove Ron appare come ospite dei PSMS, per suonare Burn dei Deep Purple. Segnaliamo anche la sua partecipazione all’album solista di Jordan Rudess “The Road Home”, con un solo su Tarkus e Just The Same. A completare la formazione, manca un cantante; e la scelta ricade non proprio sull’ultimo arrivato; si tratta del leggendario Jeff Scott Soto. Cantante per i primi due album di Yngwie Malmsteen, frontman dei Talisman, per un breve periodo con i Journey, una carriera solista molto attiva e una marea di ospitate e partecipazioni.


Questo progetto potremmo quasi definirlo come personale per Mike e Derek; i due, oltre a collaborare di nuovo come membri di una band dopo le esperienze con Dream Theater e PSMS, sono anche produttori dell'album con il moniker "The Del Fuvio Brothers", coniato ai tempi dei DT. Il titolo "Psychotic Symphony", potrebbe essere familiare per noi fans, in quanto usa la stessa formula di "aggettivo sostantivato", con due parole apparentemente in contrasto fra loro. Vi dice niente "Systematic Chaos"? Inoltre Mike ha espressamente dichiarato che porterà avanti questo progetto/band solo se avrà completamente in mano la gestione degli “affari” (setlist, merchandise, ecc), come ai tempi dei DT. “Questa è una vera band, e stiamo pianificando un tour mondiale per il 2018”, parola di Mike; e quindi presto li vedremo anche dal vivo; primo appuntamento confermato, l’edizione 2018 della “Cruise To The Edge, dal 3 al 8 febbraio. Non tutto però è, come si dice, “rose e fiori”. Derek infatti, fedele all’immagine di personaggio un po’ sopra le righe, che si è costruito nel corso della sua carriera, si è lasciato andare sui social network, a qualche battutina indirizzata, neanche troppo velatamente, nei confronti degli attuali DT, e di qualcuno in particolare: “Keyboardists – This is what feel sounds like. #noipad #noapps #NOCHEESE” – “No asshole puckering high vocal shreiks in Sons of Apollo!! We Promise!” – “There is also no cheesy breathy vocals or “fake anger” vocals on Sons of Apollo – we promise!”. Derek, non contento, ha anche sostenuto che i Sons Of Apollo sarebbero stati salutati come i nuovi re del prog metal, provocando le stizzite reazioni di alcuni fans i quali, percependo una certa arroganza e disappunto nei membri della band, dovuto forse anche al fatto che le due canzoni uscite fino ad ora come singoli, apparentemente non soddisfano le aspettative, hanno causato accese discussioni e battibecchi; tanto che Mike Portnoy ha reagito chiudendo per la prima volta dopo 18 anni di esistenza, il forum sul suo sito personale. Ma adesso lasciamo la parola ai protagonisti. Andrea Avete usato idee preesistenti o avete iniziato l'album da zero? Mike: un po' di tutti e due... Derek: ….abbiamo iniziato con degli abbozzi, alcune idee. Ron ci ha inviato le sue bozze e i riff: semplici punti di partenza. E abbiamo continuato a mandarli a Mike che, in tour, ha iniziato ad ascoltarli, a catalogarli e selezionarli. Mike: ...e una volta assieme, io, Derek e Bumblefoot, tutto ha iniziato a scorrere come un vino francese; Derek: come un Bordeaux, un buon Bordeaux. Mike: è stato facile. Derek e io avevamo già un'alchimia, io e Ron avevamo già un'intesa, per il nostro stare e suonare assieme, ed ora nello scrivere. Comunque il tutto si è concretizzato facilmente e molto velocemente. Abbiamo preso molti riff e idee già esistenti. Abbiamo improvvisato su questi, li abbiamo ampliati. C'è stata un'eccezione: “God of the Sun“, che era qualcosa che Derek aveva già quasi completato. Ce l'ha presentata e noi eravamo d'accordo. Non c'era ragione per intrometterci e cambiarla. Era grandiosa, chi se ne frega! Ma tutto il resto derivava da idee improvvisate. Avete usato idee di quando tu e Derek eravate nei Dream Theater? Mike: non l'abbiamo fatto, ma è divertente, perché dopo che abbiamo terminato l'album, ero nel furgone con gli Haken per il concerto degli Shattered Fortress, a Loreley. Non avevano mai sentito la demo di “Metropolis pt. 2”. Ho fatto ascoltare loro questa demo e sono rimasti profondamente sbalorditi da quanto di “Scenes From A Memory” era già stato scritto quando tu (indicando Derek, ndr) eri ancora nella band. Se ascolti quella demo, Overture, Strange Deja-Vu, momenti di “Dance Of Eternity” e “One Last Time” erano lì. Ma il punto a cui voglio arrivare è: eravamo sorpresi di quanto non è stato usato in “Scenes From A Memory”. Sto raccontando questo perché all'epoca ho realizzato che: “Oddio, dovremmo prendere alcuni di questi riff e usarli solo per i fan più sfegatati, che potrebbero riconoscerli. Forse dovremmo ascoltarli uno di questi giorni e tirar fuori uno o due riff. Come avete creato l'artwork? È stato un atto deliberato quello di metterci sopra voi due? Mike: effettivamente, per la prima bozza, stavo lavorando con Thomas Everhart, che ha realizzato buona parte degli artwork per la Inside Out. Credo che abbia lavorato anche con Derek per il suo album solista. Io sapevo che voleva uno stemma, un simbolo come logo della band e come copertina del primo album. Quindi Thomas arrivò, inizialmente, con due leoni. Derek suggerì di cambiare uno di essi con un'aquila. Fu una grande idea, perché in questo modo avrebbe rappresentato due caratteri molto forti. Ad essere onesti, quando Thomas venne da me con quell'idea, non


era intenzionato a fare una cosa del tipo “due personaggi, me e Derek, uno di fronte all'altro”. È solo tornato su quella direzione e, una volta che l'ha fatto, l'ha semplicemente modificata in modo da rappresentare me e Derek. Ma Derek è stato quello che gliel'ha suggerito. Derek: ho pensato che sarebbe stato bello avere due diverse personalità, anziché una sola. Inoltre è anche un tributo allo stemma dell'Armenia: ci sono un aquila ed un leone, con la differenza che lì guardano in direzioni opposte, mentre sulla copertina sono uno di fronte all'altro. Perchè avete deciso di creare una band prog-metal e non una band di classic rock o progressive rock? Mike: Per me è molto semplice.... Derek: Perchè non l'avrei fatto. Mike: voglio dire... io ho molte band di progressive rock. I Transatlantic sono una classica prog rock band, così come molto di quello che faccio con la Neal Morse Band. Ho una band di alternative prog rock, i Flying Colors. Ho una band di rock classico, i Winery Dogs, ed una metal, i Metal Allegiance. Queste sono le cose che ho voluto fare dopo i Dream Theater per esplorare tutte le mie influenze musicali. I Sons Of Apollo sono un mio “ritorno a casa” allo stile che ho avuto in 25 anni di Dream Theater... Derek: ...uno stile che lui ha inventato... Mike: grazie. Ma la realtà è che non volevo fare una “prog metal band” subito dopo i Dream Theater, perché l'ho suonato per 25 anni. Stavo cercando qualcosa di diverso. Dopo che Derek ed io abbiamo formato i PSMS, ha cercato di convincermi a creare una band a tempo pieno, ma non ero pronto. Il tempo non era giusto e volevo prendermi una pausa da quello stile. Dopo che ho formato i Shattered Fortress, nella prima parte dell'anno, ho pensato che fosse giunto il momento di tornare a questo genere. Dopo gli show, non solo per me, ma penso anche per i fans, ho chiuso quel capitolo ed era il momento perfetto per aprire questo. E, per dirla tutta, non penso che questa sia strettamente una progressive metal band. Penso che quando abbiamo iniziato l'album, abbiamo pensato che forse questa sarebbe stata la naturale progressione per entrambi, per proseguire, 20 anni dopo, quello che abbiamo fatto nei Dream Theater. Ma è finita che siamo andati in così tante direzioni, la chitarra di Ron ha aggiunto alcuni suoni moderni e la voce di Jeff ha portato un sound AOR. Così si è andati oltre l'etichetta di progressive metal... Derek: stiamo ridefinendo il genere! Mike: la gente si aspetta che questo sia esattamente quello che erano i Dream Theater, ma io penso che sia andato in molte direzioni diverse. Come funziona il lavoro in studio quando usate metriche irregolari? Vi viene naturale oppure qualcuno urla: “facciamo qualcosa in 7/8”? Derek: per prima cosa, io non conto mai. Ron è davvero bravo a farlo. Io faccio tutto secondo le sensazioni e dipendo da gente come Mike che mi dicono che cosa sia. Mike: io posso contare e conosco tutte le metriche irregolari in The Dance Of Eternity. Tutto dipende dalla batteria, quindi tutta quella roba viene da me. Conosco queste cose, le vivo, le respiro, posso contarle, so cosa sono. Comunque, se non ci sembra giusto, non lo facciamo. Io non dico “Whoa, dobbiamo suonare qualcosa in 7, 9, 5, 3, 7, 5” solo perché sembra bello su carta. Se lo stiamo suonando e ci sembra buono e naturale, lo facciamo. Ci sono momenti in questo album come la strumentale che chiude l'album, chiamata “Opus Maximus”. È una strumentale di 10 minuti e ha tutte queste metriche irregolari, ma non è stata contata inizialmente... per prima cosa è stata suonata. Abbiamo tirato fuori i pattern e l'abbiamo fatta. E fortunatamente, io, Derek, Bumblefoot e Billy siamo molto capaci di affrontare questa roba, ma non è stata contata all'inizio; è stata prima suonata e poi contata. Potete fare una descrizione completa dell'album? Derek: “God of the Sun” è una trilogia: 11 minuti e 11 secondi, per la precisione, ed è l'opener. Copre diversi territori musicali. E tu hai detto che è la tua preferita. Derek: amo tutte le canzoni, ma “God of the Sun” è speciale, perché è una canzone di cui ho composto integralmente la musica. Mike: è una grande opener, mi ricorda “Lines in the sand” per via dell'intro di tastiera con l'aggiunta del sitar. Segue un percorso che va attraverso territori differenti. Mi ricorda un


po' di Metropolis... come se Metropolis incontrasse Lines In The Sand. La seconda canzone è “Coming home”, il cui video verrà pubblicato venerdì (15 settembre 2017, ndr). Derek: …non ufficialmente chiamata la “Mike Portnoy theme song” Mike: Derek sta praticamente dicendo... Derek: sta tornando a casa per reclamare il trono del genere che ha creato. Vogliamo che la canzone rappresenti quello spirito. Mike: la terza canzone è “Signs of the time”, che è stata la prima che abbiamo fatto ascoltare solo per far sentire alle persone un assaggio della band. C'è un po' di tutto: i riff heavy, il ritornello accattivante e l'assolo virtuosistico. Ci sembra un buon assaggio per mostrare un po' delle caratteristiche della band. La quarta traccia è “Labyrinth” ed è uno dei pezzi epici dell'album. Dura quasi dieci minuti e, per me, è la canzone più prog-epica del disco. Attraversa diverse sonorità. A dire il vero, è molto dreamtheateresca, visto che voi siete il fan club dei Dream Theater. Mi ricorda il modo in cui scrivevo nei DT. Derek: ma è molto più sexy dei DT: se ascolti le strofe, ha questa sensualità alla Led Zeppelin; Mike: non voglio dire che suoni come i Dream Theater, parlo in termine di epica prog. In alcuni giorni è la mia canzone preferita del disco... ogni giorno la mia preferita cambia, ma sicuramente è una di quelle. Poi arriva “Alive”, che per me rappresenta la hit single in un mondo perfetto. È una power ballad con un ritornello accattivante ed un fantastico assolo di chitarra, come se Jeff Beck incontrasse David Gilmour... davvero allettante. Vorrei che ci fosse un video anche per quella. Quel video potrebbe uscire probabilmente all'inizio del prossimo anno, quando saremo in tour. Poi c'è “Lost in Oblivion”. C'era un riff portato da Bumblefoot; quando lui ce lo ha presentato, il riff si chiamava “Rushuggah”... metà Rush, metà Messhuggah. È una canzone super aggressiva, con parti all'unisono di chitarra e basso e doppia cassa veloce. C'è questo pazzo unisono e poi la batteria irrompe con una metrica irregolare. Questa è una canzone scoppiettante. Volevo un video anche per questa: credo che il video di “Lost in Oblivion” uscirà il 20 di ottobre, giorno di uscita dell'album. Quindi sarà il secondo video. Derek: “Figaro's Whore” è, in realtà, l'intro di “Divine Addiction”. Queste due vanno assieme, e sono, in sostanza, influenzate da Deep Purple e Jon Lord... Mike: ...è la “Eruption” di Derek. E poi arriva “Divine Addiction”, che è un'altra canzone per la maggior parte composta da Derek. Derek: ...è come se i Deep Purple incontrassero i Rainbow. È molto “egiziana” ed utilizza dei veri violini. Abbiamo veri archi in diverse canzoni. Mike: e poi l'ultima canzone del disco è “Opus Maximus” che è, come ho detto prima, una strumentale di dieci minuti. Dentro c'è di tutto e di più. Derek: siamo andati avanti di sezione in sezione, ci piaceva e noi dicevamo “ok, andiamo avanti”. Mike: è un confronto finale a quattro: Portnoy, Sherinian, Bumblefoot, Sheehan. Per me, è come sollevare l'asticella delle strumentali prog-metal. È una specie di “La Villa Strangiato” del nuovo millennio. Mike, come intendi gestire la band? Una band a tempo pieno o un side project? Mike: in realtà, questa band verrà gestita come io ho gestito i Dream Theater. Dopo che ho lasciato i Dream Theater, ogni band in cui ho lavorato, dai Flying Colors alla Metal Allegiance, passando dai Winery Dogs, erano di tipo collaborativo. Ogni decisione veniva presa assieme, che è qualcosa di grandioso, ed ho sempre amato questo processo almeno fino al momento in cui iniziavano ad arrivare le e-mail. Ogni mattina mi svegliavo con 200 mail da leggere in cui si discuteva su ogni fottuta decisione da prendere. Iniziava a farmi impazzire, così, quando Derek venne da me l'anno scorso ed abbiamo iniziato a discutere se fare o no questo, io dissi “guarda, l'unico modo per farlo funzionare è come si faceva nei Dream Theater”. Devo essere in grado di avere una visione d'insieme, di gestire la band, di essere il regista, prendere le decisioni, scrivere le setlist, supervisionare il merchandising e gli artwork, senza andare ogni volta da tutti e quattro i ragazzi per chiedere l'approvazione di ogni decisione. Nei Dream Theater, almeno per gli ultimi 15 anni, non è mai stato così... beh, negli ultimi 10. Ho detto a Derek che questa era l'unica condizione per iniziare una nuova band. Lui era completamente d'accordo, ne abbiamo parlato con Billy, Bumblefoot e Jeff e loro ci hanno seguito. Ma, esattamente come nei Dream Theater, la musica è collaborativa: scriviamo la musica insieme. Abbiamo realizzato l'intero album insieme. Scriviamo la musica nello stesso modo in cui io, John, Jordan eravamo soliti realizzare i dischi. L'abbiamo reso collaborativo. Ma una volta terminato il disco, sarei stato io a fare le mie cose, che si trattasse della setlist o del merchandising. Derek era d'accordo con questo quindi, per rispondere alla tua domanda, io sarò quello che farà queste cose nella band. Avete già pensato alla scaletta? Includerà cover o altre sorprese? Mike: sì, è abbastanza chiaro ed ovvio quello che sarà. Quando sei in una nuova band, con un solo album, devi aggiungere altro nella scaletta. Così, inevitabilmente, in questo primo tour rivisiteremo qualcosa del vecchio materiale dei Dream Theater che abbiamo scritto insieme. Faremo delle cover, ma quando arriveremo al secondo disco, saremo esclusivamente i Sons Of Apollo. Ma per questa volta, abbiamo bisogno di cose come queste per riempire la scaletta, quindi avrete queste rivisitazioni.


Se state leggendo queste ultime poche righe, vuol dire che sarete riusciti nella “titanica impresa” di arrivare fino in fondo a questa nostra prima “grossa” fanzine. Eh si, perché mi rendo conto che è un bel volume e c’è tanto da leggere, oltre che da vedere. Oggi, purtroppo, con l’avvento dei social ci siamo abituati a messaggi brevi ed estemporanei, che con il passare del tempo si perdono nei meandri di internet, e nulla o quasi rimane li, indelebile. Noi invece, chiamateci antichi, ma crediamo ancora nel valore delle parole stampate, quelle parole che raccontano, descrivono, spiegano. Crediamo che un prodotto ben fatto; come speriamo sia riuscita questa fanzine, possa essere un qualcosa che vale la pena di conservare; e più in generale ciò che cerchiamo di fare portando avanti il fan club, possa divenire un punto di riferimento per tutti noi Dreamers, e degno di rimanere fissato nella memoria. Non mi rimane che ringraziarvi per aver letto, e se vi è piaciuto, ma anche se non vi è piaciuto J, vi invito a lasciare un commento, mettere like, o quel che volete, insomma ad interagire sui nostri soliti canali social, e fateci sapere cosa ne pensate. Un abbraccio, Andrea. Lo staff di YtseItalia 2.0 vuole ringraziare: John Petrucci, Jordan Rudess, James LaBrie, John Myung, Mike Mangini, Mike Portnoy e Derek Sherinian, Rick Feulner, Brad Bilger, Matt “Maddi” Schieferstein, Kim Arthur Sakariassen, Marzia Morandi e Roadrunner Italia, Pat Scalabrino e Mascot Label Group, Sir Francis Drake Pub di Padova, “Igno Rante”, Andrea Scarantino, Matteo Santoro, Christian Casini, Daniele Caruso e gli Enigmatic Chaos, Resonance, I Conti di Toscana, Ty Tabor e Rod Morgenstein, Claudia Tonella e Rock FM (in memoriam), Alessandro De Vito, Omar Lanzetti, Andrea Degli Antoni, Daniele Nicolucci, Giuseppe “Bebbons“ Saba e consorte, Marco Petrus Petrini, Dalila Galleni e la focacceria che ci ha sfamati a tarda notte in quel di Firenze, la “ritardataria” Marisa Martignon e le sue paste. Un grande grazie ed un abbraccio anche a chi ha collaborato con noi in passato a questa avventura chiamata YtseItalia2.0: Davide “James” Moro, Antonio Cannizzaro, Valeria Sassi, Domenico Ruggeri, Mariacristina Nosenzo, Gianluca Grosso. Special NO thanks alla cameriera del pub di Firenze che non sapeva che c’erano i DT al teatro a due passi, e a Google Drive, caro Mr Murphy ci hai provato ancora, ma non ce l’hai fatta, abbiamo vinto noi anche stavolta. Ci perdonino tutti quelli che per qualche motivo ci fossimo dimenticati di citare, ma l’età avanza e la memoria comincia a fare cilecca; grazie anche a tutti voi, se ci siete, ovunque siete.


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