
In questo numero:
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In questo numero:
Luglio - Agosto 2025 / Vol. 32 n.4
pediatrica pag. n. 1
Probiotici e durata della febbre in bambini con infezione delle vie respiratorie superiori: uno studio le cui conclusioni devono essere interpretate con cautela a causa di criticità nella realizzazione
Tagliare o non tagliare il frenulo linguale alterato: un commento al documento dell’AAP, 2024
Ambiente & Salute pag. a&s.1 Documenti pag. d.1
Ambiente e Salute News (n. 33, maggio - giugno 2025)
L’ articolo del mese pag. am.1
La dimissione protetta del bambino con complessità assistenziali. La ricerca del meglio, ma il meglio cos’è?
Nutrizione pag. nu.1
Nutrizione News (n.14, giugno - luglio 2025)

“Passeggiata nella laguna” Concorso fotografico “Noi siamo la Natura”, 2024 (particolare)
Newsletter pediatrica ACP
n.1 Probiotici e durata della febbre in bambini con n.1 infezione delle vie respiratorie superiori: uno studio
n.1 le cui conclusioni devono essere interpretate con cautela
n.1 a causa di criticità nella realizzazione
n.2 Cochrane Database of Systematic Review: revisioni
n.1 nuove o aggiornate (Maggio-Giugno 2025)
Documenti
d.1 Tagliare o non tagliare il frenulo linguale alterato: un n.1 commento al documento dell’AAP, 2024
n.1 Commento a cura di Maria Enrica Bettinelli ed Elena Uga
d.2 Importanza della natura per la salute e lo sviluppo
n.1 dei bambini e adolescenti
n.1 Commento a cura di Laura Reali
Ambiente & Salute
a&s.1 Ambiente e salute news (n. 33, maggio - giugno 2025)
.1
L’ Articolo del Mese
am.1 La dimissione protetta del bambino con complessità
am.1 assistenziali. La ricerca del meglio, ma il meglio cos’ è?
am.1 A cura di Martina Fornario ed Enrico Valletta
Nutrizione
nu.1 Nutrizione news (n. 14, giugno - luglio 2025)
Direttore
Michele Gangemi
Coordinatore
Giacomo Toffol
Comitato editoriale
Laura Brusadin
Claudia Mandato
Maddalena Marchesi
Laura Martelli
Patrizia Rogari
Annamaria Sapuppo
Giacomo Toffol
Collaboratori
Gruppo PuMP ACP
Gruppo Nutrizione ACP
Gruppi di lettura della
Newsletter Pediatrica
Redazione di Quaderni acp
Presidente ACP
Stefania Manetti
Progetto grafico ed editing
Programmazione web
Gianni Piras
Internet
La rivista aderisce agli obiettivi di diffusione gratuita della letteratura medica ed è disponibile integralmente all’ indirizzo: www.acp.it/pagine-elettroni che
Redazione redazione@quaderniacp.it
Electronic pages Quaderni ACP index (number 4, 2025)
ACP Paediatric Newsletter
n.1 Probiotics and duration of fever in children with upper respiratory tract infection: a study whose conclusions must be interpreted with caution due to critical issues in its implementation
n.2 Cochrane Database of Systematic Review: new and updated revisions May - June 2025
Documents
d.1 To cut or not to cut the altered lingual frenulum: a commentary on the 2024 AAP document
Comment by Maria Enrica Bettinelli and Elena Uga
d.2 Importance of nature for the health and development of children and adolescents
Comment by Laura Reali
Environment & Health
a&s.1 Environment and health news
Article of the month
am.1 The protected discharge of children with complex care needs.
ni.1 The search for the best, but what is the best?
ni.1 By Martina Fornaro and Enrico Valletta
Nutrition
nu.1 Nutrition news

delle vie respiratorie superiori: uno studio le cui conclusioni devono essere interpretate con cautela a causa di criticità nella realizzazione
Bettocchi S, Comotti A, Elli M, et al.
Probiotics and Fever Duration in Children With Upper Respiratory Tract Infections: A Randomized Clinical Trial
JAMA Netw Open. 2025;8(3):e250669
Questo studio randomizzato controllato è stato realizzato presso l’ Ospedale Policlinico di Milano tra novembre 2021 e giugno 2023 con l’ obiettivo di valutare l’ efficacia di una miscela di probiotici (Bifidobacterium breve M-16V, Bifidobacterium lactis HN019 e Lactobacillus rhamnosus HN001) nel ridurre la durata della febbre nei bambini tra i 28 giorni e i 4 anni di età dimessi dal Pronto Soccorso con diagnosi di infezione delle vie respiratorie superiori (URTI). Sono stati randomizzati 128 bambini di età media 2.5 anni, 63 nel gruppo intervento a ricevere la miscela probiotica e 65 nel gruppo controllo a ricevere placebo per 2 settimane, con follow-up telefonico sulla durata della febbre. 70 pazienti (55%) hanno aderito pienamente al protocollo di trattamento, 17 (13%) hanno aderito parzialmente, e 41 (32%) sono usciti dallo studio. La durata mediana (IQR) della febbre mediante analisi intention to treat è stata più breve nel gruppo d’intervento rispetto a placebo (IQR 3 (2-4) giorni contro 5 (4-6) giorni). Questo risultato è inficiato dall’elevato tasso di abbandono dopo la randomizzazione, 41/128 (32%), peraltro sbilanciato nei 2 gruppi 26/63 (41.2%) nel gruppo intervento e 15/65 (23%) nel gruppo controllo, che di fatto ha compromesso la randomizzazione. Si segnalano altre criticità, come il monitoraggio solo telefonico, le modalità di rilevazione della temperatura a domicilio, il cut-off scelto e il possibile conflitto di interesse.
Probiotics and duration of fever in children with upper respiratory tract infection: a study whose conclusions must be interpreted with caution due to critical issues in its implementation This randomized controlled study was conducted at the Policlinico Hospital in Milan from November 2021 to June 2023. Its primary objective was to evaluate the efficacy of a probiotic mixture (Bifidobacterium breve M-16V, Bifidobacterium lactis HN019, and Lactobacillus rhamnosus HN001) in reducing the duration of fever in children aged 28 days to 4 years. The study population included children discharged from the Emergency Department with a diagnosis of an upper respiratory tract infection (URTI). A total of 128 children (mean age 2.5 years) were randomized: 63 to the intervention group, receiving the probiotic mixture for two weeks, and 65 to the control group, receiving a placebo. A telephone follow-up was conducted to assess the duration of fever. Full adherence to the treatment protocol was observed in 70 patients (55%), while 17 (13%) showed partial adherence, and 41 (32%) withdrew from the study. The median (IQR) duration of fever, based on intention-to-treat analysis, was shorter in the intervention group compared to the placebo group (3 [2–4] days vs. 5 [4–6] days). However, this finding
is compromised by a high rate of dropouts (41/128, 32%), which was unevenly distributed between the groups (26/63 [41.2%] in the intervention group and 15/65 [23%] in the control group). This imbalance effectively undermined the randomization. Other limitations noted include the exclusive use of telephone monitoring, inconsistencies in at-home temperature measurements, the chosen fever cutoff point, and a potential conflict of interest.
Obiettivo (con tipo studio)
Valutare, mediante uno studio clinico randomizzato e controllato in doppio cieco, l’ efficacia di una miscela di probiotici (Bifidobacterium breve M-16V, Bifidobacterium lactis HN019 e Lactobacillus rhamnosus HN001) nel ridurre la durata della febbre nei bambini con infezione delle vie respiratorie superiori (URTI).
Popolazione
Bambini di età compresa tra i 28 giorni e i 4 anni con febbre (temperatura rettale >38.5°C) e con diagnosi di infezione delle vie aeree superiori effettuata dal pediatra di turno al pronto soccorso al momento dell’ arruolamento, presso l’ Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
Sono stati esclusi i bambini con diarrea, anamnesi con assunzione di probiotici nelle 2 settimane precedenti, malattie autoimmuni croniche, trattamento in corso con farmaci immunosoppressori o necessità di ricovero.
Intervento
63 pazienti sono stati randomizzati a ricevere una singola dose giornaliera di miscela probiotica sotto forma di 0.5 ml o 1.5 g (stick) per 14 giorni.
Controllo
65 pazienti sono stati randomizzati a ricevere una singola dose giornaliera di placebo sotto forma di 0.5 ml o 1.5 g (stick) per 14 giorni
Outcome/Esiti
L’ esito primario era la durata della febbre, definita come numero

di giorni tra il primo e l’ ultimo giorno di febbre, come riportato dai caregivers. È stata analizzata anche la durata della febbre dal giorno dell’arruolamento.
Gli esiti secondari erano: l’ incidenza di diarrea nei pazienti a cui era stato prescritto l’ antibiotico durante l’arruolamento o nelle successive visite di follow-up.
La sicurezza e la tollerabilità sono state valutate sulla base degli effetti avversi in particolare stitichezza, incontinenza fecale, dolore o difficoltà durante la defecazione e dolore addominale.
Tempo
Lo studio è stato condotto tra il 19 novembre del 2021 e il 20 giugno del 2023
Le valutazioni di follow-up consistevano in una telefonata effettuata da uno degli sperimentatori 7 giorni dopo l’ arruolamento per richiedere informazioni sulla durata della febbre, sulla prescrizione di antibiotici durante le visite successive alla dimissione e sugli eventuali effetti avversi. In caso di febbre persistente le telefonate venivano effettuate ogni 7 giorni. Le analisi sono state eseguite da settembre 2023 a febbraio 2024.
Risultati principali
I 128 bambini arruolati, 69 maschi (54%) e 59 femmine (46%), avevano un’età media (SD) di 2.5 (1.3) anni. Trentatre pazienti (26%) stavano ricevendo terapia antibiotica all’ arruolamento. Settanta pazienti (55%) hanno aderito pienamente al protocollo di trattamento, 17 (13%) hanno aderito parzialmente, e 41 (32%) sono usciti dallo studio. La durata mediana (IQR) della febbre mediante analisi intention to treat è stata più breve nel gruppo d’ intervento rispetto a placebo (IQR 3 (2-4) giorni contro 5 (4-6) giorni);con un rischio relativo aggiustato di 0.61 (IC 95% 0.510.80). Risultati simili sono stati ottenuti anche per l’ analisi per protocollo e nell’analisi limitata alla durata della febbre dopo l’arruolamento. Sono stati segnalati pochi eventi avversi lievi che non hanno mostrato differenze significative tra i gruppi probiotici e placebo, tra cui stitichezza 6 (16%) e 6 (12%) (P=0.60) e dolore addominale 3 (8%) e 2 (4%) (P=0.65).
Conclusioni
In questo studio clinico randomizzato, la somministrazione di una miscela di probiotici ha ridotto la durata della febbre di 2 giorni rispetto al placebo, senza significativi problemi di sicurezza. La miscela probiotica in esame potrebbe essere un efficace adiuvante per ridurre la durata della febbre nei bambini con infezione delle vie respiratorie superiori.
Altri studi sull’ argomento
La maggior parte degli studi sull’uso dei probiotici nelle infezioni delle vie respiratorie superiori (URTI) riguarda la prevenzione. Una revisione del 2017 su 17 RCT riguardanti neonati e bambini ha valutato l’ effetto dei probiotici (contenenti Lactobacillus e Bifidobacterium) sul ricorso agli antibiotici per le infezioni acute più comuni. I risultati hanno mostrato un rischio ridotto di prescrizione antibiotica nei bambini trattati con probiotici rispetto al placebo (RR aggregato = 0.71; IC 95%: 0.54-0.94). Nei cinque studi a basso rischio di bias, il RR era ancora più marcato (0.46;
IC 95%: 0.23-0.97) [1]. L’ ultimo aggiornamento Cochrane sui probiotici nella prevenzione delle URTI (2022) ha incluso 23 studi con 6.950 partecipanti di tutte le età. È risultato con evidenza di certezza moderata, che i probiotici probabilmente riducono il numero di persone colpite da almeno tre episodi di URTI e di coloro che hanno assunto antibiotici per URTI. Con evidenza di bassa certezza, possono ridurre il numero di partecipanti con almeno un episodio di URTI, il tasso di incidenza annuo e la durata media delle URTI. Le prove dell'effetto sulla riduzione delle assenze scolastiche sono invece molto incerte. Tuttavia, questi risultati devono essere interpretati con cautela poiché gli esiti inclusi erano insoddisfacenti e soggetti a bias, dato che alcuni di essi erano estratti da uno o due soli studi e, in alcuni sottogruppi, il livello di eterogeneità tra gli studi aggregati era sostanziale. Inoltre, alcuni studi presentavano dimensioni del campione ridotte e limitazioni metodologiche. Inoltre, gli esiti prespecificati più importanti in questa revisione non erano gli esiti principali in alcuni degli studi originali [2]. Anche il consumo di latticini fermentati con probiotici (PFDP) sembra avere un effetto protettivo contro le infezioni respiratorie, come indicato da una metanalisi su 22 RCT (10.190 partecipanti) che ha mostrato benefici in bambini, adulti e anziani [3]. Una revisione su interventi nutrizionali e dietetici (50 studi in diversi contesti socioeconomici) ha esaminato integratori come zinco, vitamine e probiotici con risultati contrastanti, rendendo al momento non raccomandabile alcun intervento specifico per il trattamento routinario delle infezioni respiratorie nei bambini. Tuttavia, l’integrazione con zinco sembrerebbe ridurre la durata dell’ospedalizzazione in caso di polmonite [4]. Infine, una revisione sistematica su 32 studi (nessuno sulle URTI) ha evidenziato l’efficacia dei probiotici come terapia adiuvante nelle infezioni da H. pylori e nelle infezioni urinarie, con benefici sia da regimi a ceppo singolo che multiceppo. Per la diarrea infettiva sono disponibili pochi dati, ma si ipotizza un effetto positivo da approfondire [5]
Che cosa aggiunge questo studio
Un elemento di novità dello studio è rappresentato dall’obiettivo di indagare un possibile effetto dei probiotici sulla durata della febbre in corso di URTI; tuttavia, i risultati non possono essere considerati validi a causa dell’importante perdita al follow-up, peraltro sbilanciata nei 2 gruppi, che ha di fatto compromesso la randomizzazione.
Commento
Validità interna
Disegno dello studio: seppure questo studio randomizzato sia stato disegnato con un obiettivo chiaro, con un adeguato calcolo preventivo del numero di pazienti da arruolare, randomizzazione e cecità adeguate, l’elevato numero di pazienti usciti dallo studio dopo la randomizzazione 41/128 (32%) di cui non conosciamo l’esito, rende i risultati ottenuti anche con un'analisi intention to treat (ITT) del tutto privi di significato. Si segnala inoltre che la perdita al follow-up è sbilanciata tra i gruppi: 26/63 (41.2%) nel gruppo intervento e 15/65 (23%) nel gruppo controllo. La dimensione del campione di 48 partecipanti per gruppo era stata calcolata sull’outcome primario, pertanto, non solo l’importante drop-out nel gruppo intervento rende il risultato non signi-
ficativo, ma anche gli esiti secondari potrebbero non essere stati rilevati a causa del numero limitato di pazienti. Un altro limite è dato dal fatto che la diagnosi di URTI e la prescrizione di antibiotici non erano standardizzate ma si basavano sulla valutazione dei medici di turno. Inoltre, i partecipanti non hanno ricevuto l'integrazione nella stessa fase del decorso della malattia. Esiti: l'esito primario, la durata totale della febbre riportata dai genitori, definito da una temperatura rettale < 38.5 °C per almeno 24 ore senza l’uso di antipiretici, è discutibile sia per il cut-off scelto, molto vicino al criterio di febbre, che per la modalità di rilevazione rettale, attualmente in disuso nella realtà. Per ridurre al minimo i potenziali errori, i caregivers hanno ricevuto istruzioni precise dal personale; tuttavia, l’assenza di supervisione non garantisce la correttezza delle misurazioni. I risultati relativi alla durata della febbre dopo l’arruolamento, come quelli degli altri esiti secondari, sono inficiati dal basso numero di pazienti inclusi. Si segnala che il protocollo di studio, non registrato, prevedeva tra gli esiti secondari l’ analisi dell’ impatto dei prodotti probiotici sul microbiota intestinale dei soggetti trattati, dati che non sono stati riportati.
Trasferibilità
Popolazione studiata: la popolazione arruolata nello studio è probabilmente rappresentativa di quella con URTI febbrile che accede al Pronto Soccorso.
Tipo di intervento: entrambe le formulazioni probiotiche, Ofmom Synteract® BIMBI Gocce e Stick (Coree srl), sono disponibili in commercio in Italia e possono essere acquistate senza alcuna prescrizione medica. Secondo l’azienda il prodotto fornisce un effetto benefico ai bambini, in particolare da 0 a 6 mesi, massimizzando la propria azione probiotica quando viene assunto con latte e/o cibo; contribuisce ad una corretta crescita del lattante e del bambino e favorisce l’ equilibrio della flora intestinale. Sebbene l’indicazione all’utilizzo in corso di URTI non sia formalmente riportata sul sito ufficiale dell’ azienda, la divulgazione parziale dei risultati di questo studio attraverso canali di comunicazione dedicati ai medici, come si può verificare digitando “Infezioni respiratorie, mix di probiotici riduce la durata della febbre nei bambini” su un motore di ricerca, porterà verosimilmente a una diffusione sul campo di questo utilizzo. Lo stesso Comunicato stampa dell’ Università di Milano intitolato “Probiotici diminuiscono la durata della febbre nei bambini colpiti da infezioni delle alte vie respiratorie” tende a riportare false certezze. Dichiarazioni di conflitto di interessi: la Dott. Elli ha dichiarato di essere impiegata presso Coree Srl durante parte dello studio. Il Prof. Agostoni ha dichiarato di aver ricevuto compensi per consulenze da Coree Srl al di fuori del lavoro presentato. Il Dott. Milani ha dichiarato di aver ricevuto finanziamenti da Angelini Pharma SPA, compensi personali da Angelini Pharma SPA e finanziamenti da Reckitt Benckiser Healthcare SPA al di fuori del lavoro presentato.
Questo studio è stato finanziato in parte dal Ministero della Salute italiano e da un finanziamento senza restrizioni alla Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico da parte di Coree Srl.
1. King S, Tancredi D, Lenoir-Wijnkoop I, et al. Does probiotic consumption reduce antibiotic utilization for common acute infections? A systematic review and meta-analysis. Eur J Public Health. 2019 Jun 1;29(3):494-499.

2. Zhao Y, Dong BR, Hao Q. Probiotics for preventing acute upper respiratory tract infections. Cochrane Database Syst Rev. 2022 Aug 24;8(8):CD006895.
3. Rashidi K, Razi B, Darand M,et al. Effect of probiotic fermented dairy products on incidence of respiratory tract infections: a systematic review and meta-analysis of randomized clinical trials. Nutr J. 2021 Jun 28;20(1):61.
4. Milani GP, Alberti I, Abodi M,et al. A systematic review and meta-analysis on nutritional and dietary interventions for the treatment of acute respiratory infection in pediatric patients: An EAACI taskforce. Allergy. 2024 Jul;79(7):1687-1707.
5. Nelwan EJ, Herdiman A, Kalaij AGI et al. Role of probiotic as adjuvant in treating various infections: a systematic review and meta-analysis. BMC Infect Dis 24, 505 (2024).
Scheda redatta dal gruppo di lettura di Monza e Brianza: Elena Arosio, Claudia Brusadelli, Riccardo Cazzaniga, Lucia Di Maio, Ines L’Erario, Ambrogina Pirola, Giulia Ramponi, Ferdinando Ragazzon, Patrizia Rogari, Federica Zanetto.

Il CDSR è il database della Cochrane Library che contiene le revisioni sistematiche (RS) originali prodotte dalla Cochrane Collaboration. L’ accesso a questa banca dati è a pagamento per il full text, gratuito per gli abstracts (con motore di ricerca). L’ elenco completo delle nuove RS e di quelle aggiornate è disponibile su internet. Di seguito è riportato l’ elenco delle nuove revisioni di area pediatrica di Maggio – Giugno 2025. La selezione è stata realizzata dalla redazione della newsletter pediatrica. Cliccando sul titolo si viene indirizzati all’ abstract completo disponibile in MEDLINE, la banca dati governativa americana, o presso la Cochrane Library. Di alcune revisioni vi offriamo la traduzione italiana delle conclusioni degli autori.
Revisioni sistematiche nuove o aggiornate di area pediatrica Maggio – Giugno 2025 (Issue 5-6, 2025)
1. Low‐complexity manual nucleic acid amplification tests for pulmonary tuberculosis in children
2. Parallel use of low‐complexity automated nucleic acid amplification tests on respiratory and stool samples with or without lateral flow lipoarabinomannan assays to detect pulmonary tuberculosis disease in children
3. Brexanolone, zuranolone and related neurosteroid GABAA receptor positive allosteric modulators for postnatal depression
4. Peritoneal drainage versus laparotomy as initial treatment for surgical necrotising enterocolitis or spontaneous intestinal perforation in preterm very low birth weight infants
5. Early treatment versus expectant management of hemodynamically significant patent ductus arteriosus for preterm infants
6. Pharmacological interventions for the prevention of pain during endotracheal suctioning in ventilated neonates
7. Probiotics in infants for prevention of allergic disease
8. Interventions to prevent obesity in children aged 2 to 4 years old
9. Antibiotics versus topical antiseptics for chronic suppurative otitis media
10. Aural toilet (ear cleaning) for chronic suppurative otitis media
11. Systemic antibiotics for chronic suppurative otitis media
12. Topical antibiotics for chronic suppurative otitis media
13. Topical antibiotics with steroids for chronic suppurative otitis media
14. Topical antiseptics for chronic suppurative otitis media
15. Topical versus systemic antibiotics for chronic suppurative otitis media
16. Corticosteroids for treating sepsis in children and adults
17. Postextubation use of non‐invasive respiratory support in preterm infants: a network meta‐analysis
18. Digital health, technology‐driven or technology‐assisted interventions for the management of obesity in children and adolescents
19. Gut microbiome‐based interventions for the management of obesity in children and adolescents aged up to 19 years
20. Interventions for improving adherence to amblyopia treatments in children
21. Non‐invasive respiratory support in preterm infants as primary mode: a network meta‐analysis
Uso di probiotici per la prevenzione delle malattie allergiche
Hang Zhen Wang, Probiotics in infants for prevention of allergic disease Cochrane Database of Systematic Reviews 2025
L’ obiettivo di questo aggiornamento di una revisione Cochrane pubblicata per la prima volta nel 2007 era valutare i benefici e i rischi di un probiotico o di un probiotico con aggiunta di prebiotici ("simbiotici"), rispetto al controllo (placebo o nessun trattamento) per la prevenzione di malattie allergiche (asma, eczema, rinite allergica) e allergie alimentari nei neonati entro i due anni di età. Sono stati inclusi studi randomizzati controllati che hanno confrontato un probiotico con un controllo o un probiotico aggiunto a un prebiotico ("simbiotico"). Sono stati inclusi neonati alimentati per via enterale nei primi sei mesi di vita senza evidenza clinica di malattia allergica. Sono stati inclusi 24 studi (7.077 coppie madre-bambino) condotti prevalentemente in Europa e pubblicati tra il 2001 e il 2020. I risultati principali della revisione sono i seguenti. I probiotici possono comportare una differenza minima o nulla nell' asma (rapporto di rischio (RR) 0,96, intervallo di confidenza (CI) al 95% da 0.65 a 1.44; 4 studi, 954 partecipanti; evidenza a bassa certezza), rinite allergica (RR 0.89, IC 95% da 0.45 a 1.77; 5 studi, 1.045 partecipanti; evidenza a bassa certezza) e allergia alle proteine del latte vaccino IgE mediata (RR 0.99, IC 95% da 0.82 a 1.20; 4 studi, 259 partecipanti; evidenza di bassa certezza) entro i due anni di età. I probiotici possono determinare una leggera riduzione dell' eczema entro i due anni di età (RR 0.87, IC 95% da 0.78 a 0.97; 18 studi, 3.494 partecipanti; evidenza a bassa certezza); tuttavia, l'analisi di sensibilità dei soli studi a basso rischio di bias ha mostrato poca o nessuna differenza (RR 0.86, IC 95% da 0.69 a 1.07; 4 studi, 892 partecipanti). L' integrazione di probiotici sembra avere poco o nessun effetto sull'incidenza dell' allergia alimentare entro due anni, ma l'evidenza è molto incerta (RR 1.12, IC 95% da 0.57 a 2.20; 3 studi, 857 partecipanti; evidenza di certezza molto bassa). L'evidenza è molto incerta sull'effetto dei simbiotici sull'eczema entro i due anni di età (RR 0,88, IC 95% da 0.52 a 1.47; 3 studi, 1.235 partecipanti; evidenza di certezza molto bassa). I simbiotici possono determinare una differenza minima o nulla nell'allergia alimentare entro i due anni di età (RR 1.06, IC 95% da 0.55 a 2.07; 1 studio, 223 partecipanti; evidenza a bassa certezza). Non c'erano dati sull'effetto dei simbiotici sull'asma, sulla rinite allergica e sull' allergia alle proteine del latte vaccino IgE mediata entro i due anni di età. Non ci sono quindi prove sufficienti per trarre conclusioni sull' effetto dei probiotici e dei simbiotici sulla prevenzione dello sviluppo di malattie allergiche entro i due anni di età e durante l'infanzia fino ai 10 anni di età.

Interventi per prevenire l'obesità nei bambini di età compresa tra 2 e 4 anni
Sophie M Phillips,
Interventions to prevent obesity in children aged 2 to 4 years old
Cochrane Database of Systematic Reviews 2025
Questa revisione, assieme ad altre due dedicate a diversi intervalli di età di bambini e adolescenti, sostituisce e aggiorna una revisione Cochrane del 2019 sugli interventi per prevenire l'obesità nei bambini dalla nascita ai 18 anni. L’ obiettivo della revisione era valutare gli effetti degli interventi di modifica dell’ assunzione alimentare, o dei livelli di attività sull' indice di massa corporea (BMI), sullo z-score del BMI (zBMI), sul percentile del BMI e sugli eventi avversi gravi nei bambini di età compresa tra due e quattro anni. Sono stati inclusi studi randomizzati controllati (RCT) che hanno confrontato gli interventi dietetici o di attività (o entrambi combinati) rispetto a nessun intervento, alle cure abituali o un altro intervento idoneo, in qualsiasi contesto. Sono stati inclusi 67 studi (36.601 partecipanti) e 56 studi (21.404 partecipanti) sono stati utilizzati per le meta-analisi. Risultati principali: gli interventi dietetici sembrano avere un effetto minimo o nullo sul BMI al follow-up sia a breve, sia a medio o lungo termine e probabilmente determinano una differenza minima o nulla nello zBMI a breve o medio termine. Gli interventi per ottenere un incremento dell’ attività possono avere poco o nessun effetto sul BMI al follow-up a breve termine, ma l' evidenza è molto incerta (MD -0.10, IC 95% da -0.28 a 0.08; 6 studi, 826 partecipanti; evidenza di certezza molto bassa) e probabilmente determinano una differenza minima o nulla nello zBMI al follow-up a breve termine (MD -0.06, IC 95% da -0.19 a 0.07; 3 studi, 635 partecipanti; evidenza di certezza moderata). Gli interventi combinati dietetica/attività possono avere poco o nessun effetto sul BMI al follow-up a breve termine, ma l'evidenza è molto incerta (MD -0.08, IC 95% da -0.20 a 0.04; 13 studi, 3.867 partecipanti; evidenza di certezza molto bassa). Possono comportare una differenza minima o nulla nel BMI al follow-up a medio termine (MD -0.05, IC 95% da -0.18 a 0.08; 9 studi, 7.016 partecipanti; evidenza a bassa certezza) e possono comportare una leggera riduzione del BMI al follow-up a lungo termine (MD -0.20, IC 95% da -0.39 a -0.01; 5 studi, 2.074 partecipanti; evidenza a bassa certezza).
Le conclusioni degli autori sono che nella prima infanzia, gli interventi combinati dietetica/attività possono avere benefici molto modesti su BMI e zBMI al follow-up a lungo termine.
Antibiotici sistemici per l'otite media suppurativa cronica
Lee Yee Chong, Systemic antibiotics for chronic suppurative otitis media Cochrane Database of Systematic Reviews 2025
Si tratta di una delle sette revisioni Cochrane che valutano gli effetti degli interventi non chirurgici per l’otite media suppurativa cronica (CSOM), ed è il primo aggiornamento della revisione pubblicata nel 2021. L'obiettivo era valutare gli effetti degli antibiotici sistemici rispetto al placebo, a nessun trattamento o a
un altro antibiotico sistemico nelle persone (compresi i bambini) con otite media suppurativa cronica (CSOM). Complessivamente, sono stati inclusi 21 studi (2.525 partecipanti). Le conclusioni degli autori evidenziano che le prove disponibili per determinare se gli antibiotici sistemici sono efficaci nel raggiungere la risoluzione della secrezione dell'orecchio nelle persone con CSOM sono limitate. È incerto se gli antibiotici sistemici usati da soli (con o senza toilette dell'orecchio) siano più efficaci del placebo o di nessun trattamento. Non sembrano inoltre esserci differenze tra i vari antibiotici studiati, compresa l’amoxicillina.
Antibiotici topici per l'otite media suppurativa cronica
Christopher G Brennan-Jones Topical antibiotics for chronic suppurative otitis media Cochrane Database of Systematic Reviews 2025
È l’ aggiornamento di una revisione Cochrane pubblicata per la prima volta nel 2020 e fa parte della serie di sette revisioni che valutano gli effetti degli interventi non chirurgici per l’otite media suppurativa cronica (CSOM). Sono stati inclusi studi randomizzati controllati con almeno una settimana di follow-up che hanno coinvolto adulti e bambini con secrezione auricolare cronica , in cui la secrezione auricolare era continuata per più di due settimane. Complessivamente, sono stati inclusi 18 studi con 1.783 partecipanti. Questi i risultati principali segnalati dagli autori. Un solo studio (50 partecipanti, dati non disponibili per 15 partecipanti) ha confrontato un antibiotico topico (ciprofloxacina) con un placebo (soluzione salina). La ciprofloxacina topica può aumentare la risoluzione della sintomatologia da una a due settimane rispetto al placebo (84% con antibiotico vs 12% con placebo; rapporto di rischio (RR) 6.74, intervallo di confidenza (IC) al 95% da 1.82 a 24.999 ma dato il basso numero di partecipanti allo studio l’evidenza è molto bassa. Otto studi (794 partecipanti, più 40 orecchie) hanno confrontato gli aminoglicosidi (gentamicina, neomicina o tobramicina) con i chinoloni (ciprofloxacina o ofloxacina). La risoluzione dell’ essudato sembra più alta nel gruppo chinolonico, ma l'evidenza è molto incerta (RR 1.92, IC 95% da 1.00 a 3.67; 7 studi, 794 partecipanti; evidenza di certezza molto bassa). Gli autori in conclusione sono molto incerti sull'efficacia degli antibiotici topici nel migliorare la risoluzione delle secrezioni auricolari nelle persone con CSOM a causa della quantità limitata di prove disponibili. Tuttavia, in mezzo a questa incertezza, ci sono alcune prove che suggeriscono che l'uso di antibiotici topici può essere efficace rispetto al placebo.
Antibiotici topici con steroidi per l'otite media suppurativa cronica
Christopher G Brennan-Jones
Topical antibiotics with steroids for chronic suppurative otitis media
Cochrane Database of Systematic Reviews 2025
Si tratta di una delle sette revisioni Cochrane che valutano gli effetti degli interventi non chirurgici per l’ otite media suppurativa cronica (CSOM), ed è il primo aggiornamento della revisio-

ne pubblicata nel 2020. Mira a valutare gli effetti dell'aggiunta di uno steroide topico agli antibiotici topici nel trattamento delle persone con otite media suppurativa cronica. Sono stati inclusi studi randomizzati controllati (RCT) che hanno coinvolto partecipanti (adulti e bambini) con secrezione uditiva cronica di causa sconosciuta (CSOM), in cui la secrezione auricolare era continuata per più di due settimane e i partecipanti erano stati seguiti per almeno una settimana. L'intervento di interesse era qualsiasi combinazione di uno o più agenti antibiotici topici e un corticosteroide topico applicato direttamente nel condotto uditivo. Questo aggiornamento ha rilevato due nuovi studi, portando il numero totale di studi inclusi a 19, con un totale di almeno 2.044 partecipanti. Questi i risultati principali. Antibiotici topici con steroidi rispetto agli antibiotici topici da soli (stessi antibiotici): quattro studi (475 partecipanti) hanno valutato questo confronto, sembra esserci poca o nessuna differenza nella risoluzione della suppurazione tra le combinazioni topiche di antibiotici-steroidi rispetto ai soli antibiotici topici a una o due settimane, ma l'evidenza è molto incerta (rapporto di rischio (RR) 1,08, intervallo di confidenza al 95% (CI) da 0.96 a 1.21). Antibiotici topici con steroidi rispetto agli antibiotici topici da soli (antibiotici diversi): dieci studi (1.056 partecipanti) hanno valutato questo confronto. La risoluzione della suppurazione sembra essere più probabile con i soli antibiotici topici chinolonici rispetto agli antibiotici topici non chinolonici (aminoglicosidi) con steroidi (RR 0.77, IC 95% da 0.71 a 0.83; I2 = 44%; 6 studi, 814 partecipanti; evidenza di bassa certezza), ma i risultati dopo quattro settimane sono incerti (RR 0.82, IC 95% da 0.49 a 1.36; 1 studio, 89 partecipanti; evidenza di certezza molto bassa). Gli autori affermano di non aver trovato prove che l'aggiunta di steroidi agli antibiotici topici influenzi la risoluzione della secrezione dell'orecchio a una o due settimane e che non erano disponibili dati per gli esiti a lungo termine. Ci sono prove poco certe che alcuni tipi di antibiotici topici (senza steroidi) possano essere migliori delle combinazioni topiche di antibiotici-steroidi per migliorare la risoluzione delle secrezioni. C'è però incertezza sull'efficacia relativa dei diversi tipi di antibiotici e non è possibile determinare se i chinoloni siano migliori, peggiori o uguali agli aminoglicosidi.
Interventi di salute digitale guidati o assistiti dalla tecnologia per la gestione dell'obesità nei bambini e negli adolescenti
Cristina Palacios
Digital health, technology‐driven or technology‐assisted interventions for the management of obesity in children and adolescents
Cochrane Database of Systematic Reviews 2025
Obiettivo di questa revisione era valutare gli effetti e la sicurezza degli interventi che utilizzano la tecnologia digitale per la gestione integrata dell'obesità nei bambini e negli adolescenti, in combinazione con le cure tradizionali o da soli. Sono stati inclusi studi randomizzati controllati condotti su bambini (da 0 a 9 anni) e adolescenti (da 10 a 19 anni) affetti da obesità. Sono stati inclusi studi che utilizzano i seguenti interventi di salute digitale per la gestione dell'obesità: dispositivi "indossabili" o impiantabili, interventi basati sul web, messaggi di testo, applicazioni per telefoni cellulari o tablet, "exergaming" o videogiochi attivi
e telemedicina. I partecipanti ai gruppi di confronto hanno ricevuto cure convenzionali o un intervento senza una componente digitale/tecnologica. Sono stati inclusi 15 studi che hanno coinvolto 911 partecipanti, condotti negli Stati Uniti (cinque studi), in Svezia (tre studi) e uno ciascuno in Canada, Cina, Irlanda, Italia, Corea del Sud, Svizzera e Thailandia. Gli autori della revisione hanno fatto due confronti: (1) tecnologia sanitaria digitale più cure convenzionali rispetto alle sole cure convenzionali; (2) la sola tecnologia digitale rispetto alle sole cure convenzionali. Gli interventi digitali hanno portato a una massa grassa leggermente inferiore, ma clinicamente significativa, alla fine dello studio (differenza media -2.63%, intervallo di confidenza al 95% da -4.47 a -0.78; 3 studi, 203 partecipanti; evidenza di certezza moderata). L'effetto dei soli interventi digitali rispetto alle cure convenzionali su uno qualsiasi dei risultati riportati non era chiaro. Gli autori concludono che gli interventi digitali e le cure convenzionali possono avere un piccolo effetto benefico a breve termine sulla massa grassa nei bambini e negli adolescenti rispetto alle sole cure convenzionali.
Interventi basati sul microbioma intestinale per la gestione dell'obesità nei bambini e negli adolescenti di età fino a 19 anni
Scià Mohammad Fahim
Gut microbiome‐based interventions for the management of obesity in children and adolescents aged up to 19 years Cochrane Database of Systematic Reviews 2025
Obiettivo della revisione era valutare gli effetti degli interventi basati sul microbioma intestinale nella gestione del sovrappeso o dell'obesità nei bambini e negli adolescenti di età compresa tra 0 e 19 anni. Sono stati inclusi studi randomizzati controllati che hanno valutato gli interventi basati sul microbioma intestinale [ad es. prebiotici, probiotici, simbiotici, acidi grassi a catena corta (SCFA) e trapianto di microbiota fecale (FMT)] rispetto a standard di cura, placebo o interventi di controllo in bambini e adolescenti di età compresa tra 0 e 19 anni con sovrappeso o obesità. Gli autori hanno analizzato 17 studi (838 partecipanti) che valutavano gli effetti di prebiotici, probiotici, simbiotici, SCFA e FMT sull' indice di massa corporea (BMI), sul peso corporeo, sulla circonferenza della vita, sulla percentuale di grasso corporeo totale (%TBF), sulla pressione arteriosa sistolica e diastolica e sugli eventi avversi. 15 studi sono stati classificati come attualmente in corso. Le conclusioni degli autori sono che gli interventi basati sul microbioma intestinale possono comportare una differenza minima o nulla negli esiti correlati all'obesità, i prebiotici possono determinare una piccola riduzione dell'BMI e del peso corporeo, i simbiotici possono portare a una riduzione della pressione arteriosa sistolica e gli SCFA possono comportare una riduzione dell'BMI e della circonferenza della vita, sebbene la certezza delle evidenze sia molto bassa.

Questa rubrica propone Documenti sanitari, linee guida, linee di indirizzo o di intenti di interesse pediatrico commentati a cura dell’ Associazione Culturale Pediatri. Potete inviare le vostre osservazioni ai documenti scrivendo a: redazione@quaderniacp.it. Le vostre lettere verranno pubblicate sul primo numero utile.
Tagliare o non tagliare il frenulo linguale alterato: un commento al documento dell’AAP, 2024 [1]
1. Pediatra, neonatologa, IBCLC
2. Pediatra, IBCLC
La problematica “frenulo linguale-allattamento” rischia di diventare, negli Stati Uniti, ma anche in Italia, una tematica divisiva e di allontanare la comunità scientifica dal focus principale, che è il benessere della diade mamma e bambino e il sostegno all’allattamento. In questo contesto, l’ AAP ha pubblicato un documento per i pediatri statunitensi, che però presenta alcune criticità.
To cut or not to cut the altered lingual frenulum: a commentary on the 2024 AAP document [1] “tongue-tie-breastfeeding” is likely to become a divisive issue in the US, but also in Italy, and to move the scientific community away from its main focus, which is the well-being of mother and child and support for breastfeeding. In this context, the AAP has published a paper for US pediatricians, which however presents some critical issues.
Negli ultimi decenni, negli Stati Uniti e in altri Paesi occidentali si è assistito a un incremento esponenziale delle diagnosi di anchiloglossia e delle procedure chirurgiche per correggerla come la frenotomia. L ’incidenza dell’ anchiloglossia varia notevolmente tra diverse aree geografiche, suggerendo che fattori culturali e pratiche cliniche locali ne influenzino la diagnosi. Il conflitto sull’ anchiloglossia non è solo clinico, ma anche culturale: dietro le diverse opinioni ci sono modelli di pensiero profondamente diversi su cosa sia naturale, su chi abbia l’ autorità di decidere, e su come si debba agire in medicina [2]. Studi epidemiologici negli USA, in Canada e in Australia indicano che la diagnosi di anchiloglossia nei neonati è passata dall’1.7% al 10.7% tra il 1997 e il 2012, con un ulteriore raddoppio tra il 2012 e il 2016. Parallelamente, il numero di frenotomie è aumentato di dieci volte tra il 1997 e il 2012 o e ha continuato a raddoppiare tra il 2012 e il 2014. Anche se non esistono dati epidemiologici italiani questo fenomeno è palpabile anche da noi e può essere attribuito a più fattori: maggiore sensibilizzazione sul tema dell’allattamento e sull’importanza di un attacco efficace al seno; influenza dei social media e delle comunità online, che spesso promuovono diagnosi non mediche e trattamenti non supportati da evidenze scientifiche; coinvolgimento di dentisti e altri specialisti nel trattamento dell’ anchiloglossia, spesso con approcci più aggressivi rispetto ai pediatri; per ultimo, aspetti economici, con l’emergere di cliniche private che offrono frenotomie a pagamento e pratiche poco regolamentate.
Questo scenario ha portato l’ American Academy of Pediatrics (AAP) nel 2024 a pubblicare un documento dettagliato per for-
nire raccomandazioni basate sulle prove di efficacia disponibili in merito a diagnosi, trattamento e gestione dell’ anchiloglossia nei neonati, con particolare attenzione al suo impatto sull’allattamento [1]
Una delle più utilizzate definizioni di “anchiloglossia” (denominazione tecnica che si usa per indicare il frenulo linguale breve), che fa riferimento agli storici lavori di Mills [3,4,5], dove si parla di una “variazione anatomica” del frenulo linguale che interferisce negativamente con la funzionalità della lingua, causata da un’ insufficiente apoptosi durante la differenziazione embrionale della lingua dal pavimento buccale e che ne causa un ancoraggio anomalo di posizione ed estensione variabile. Non solo l’esperienza clinica, ma anche la letteratura scientifica, hanno negli ultimi anni identificato l’anchiloglossia neonatale in un bambino allattato come potenziale fonte di dolore e trauma del capezzolo materno e di ridotto trasferimento di latte diventando quindi un considerevole fattore di rischio di interruzione prematura dell’ allattamento [6]. Per precisione è stato dimostrato come la microanatomia del frenulo sublinguale non sia quella di una struttura istologicamente distinta, ma si tratti di una piega di mucosa orale che si evidenzia quando la lingua si solleva e mette in tensione il pavimento della bocca. A volte questa piega contiene anche fascia del pavimento orale, o fascia e muscolo genioglosso, ma resta comunque una normale variazione anatomica. Questo sta a significare che la presenza del frenulo di per sé non è necessariamente patologica, ma lo può diventare quando la “tensione” che il frenulo trasmette al pavimento della bocca e alla lingua ne compromettono la funzionalità [7]
Un frenulo linguale alterato limita i movimenti della lingua. Questa limitazione può influire negativamente sull’ allattamento perché la lingua del neonato non riesce ad estendersi o sollevarsi adeguatamente per creare il vuoto intraorale necessario all’ estrazione del latte. Inoltre, può causare dolore per la madre durante l’ allattamento con comparsa di ragadi, ingorghi e mastite. Nonostante questi dati la relazione tra anchiloglossia e difficoltà di allattamento non è sempre chiara. Meno del 50% dei neonati con un frenulo alterato presenterebbe problemi significativi di suzione. Molte delle difficoltà riportate dalle madri, come dolore ai capezzoli o scarso aumento di peso del neonato, possono derivare da altre cause, tra cui fattori anatomici del seno materno, difficoltà nella tecnica di attacco e altre condizioni neonatali. Secondo il documento AAP la frenotomia dovrebbe essere riservata ai casi di anchiloglossia sintomatica (frenulo linguale alterato), ossia neonati con evidenti difficoltà di allattamento che non migliorano con il sostegno dell’ allattamento; non esistono invece prove che la frenotomia prevenga problemi futuri come

disturbi del linguaggio o apnea ostruttiva del sonno; la procedura dovrebbe essere eseguita da professionisti esperti (anche pediatri, non necessariamente chirurghi) e solo dopo una valutazione approfondita.
Un’ adeguata diagnosi richiede infatti competenza nell’ osservazione diretta dell’ allattamento, nella valutazione del frenulo e della funzione linguale. Non esistono criteri diagnostici universalmente accettati, portando a variazioni significative nella diagnosi e nei trattamenti. Vari strumenti di valutazione (es. Hazelbaker Assessment Tool, Bristol Tongue Assessment Tool, Martinelli) sono stati proposti per la valutazione del frenulo con score indicativi di frenuli da sottoporre a frenotomia, ma, per quanto universalmente utilizzati, nessuno è stato validato scientificamente.
Il concetto di anchiloglossia posteriore suggerito da alcuni autori nel passato manca di una definizione precisa, di un consenso chiaro e di un supporto anatomico, in particolare dopo gli studi di Mills del 2019 e andrebbe abbandonato e comunque non dovrebbe rappresentare un’indicazione alla frenotomia. Le labbra e le guance non sono coinvolte nell’ allattamento, e interventi su frenuli labiali e buccali non sono supportati da evidenze scientifiche.
Il trattamento più comune per l’anchiloglossia è la frenotomia, una procedura che consiste nel taglio del frenulo linguale. Questa può essere eseguita con forbici o laser, ma non ci sono evidenze che dimostrino la superiorità del laser. Alcuni studi suggeriscono che la frenotomia possa ridurre temporaneamente il dolore materno, ma non ci sono prove definitive che migliori il successo dell’ allattamento a lungo termine. Secondo l’ AAP, terapie alternative (fisioterapia, craniosacrale, osteopatia) sono prive di solide evidenze scientifiche.
In conclusione, secondo il documento dell’ AAP, non tutti i neonati con anchiloglossia necessitano di intervento: solo i casi con allattamento problematico non risolvibile con supporto alla lattazione dovrebbero essere considerati per la frenotomia; l’ allattamento è influenzato da molteplici fattori, quindi un approccio multidisciplinare è essenziale; le frenotomie dovrebbero essere eseguite solo da professionisti esperti, con un’ adeguata formazione neonatale e sull’ allattamento; sono necessari studi di alta qualità per stabilire criteri diagnostici affidabili e valutare l’ efficacia delle frenotomie sul lungo periodo.
Il documento dell’ AAP è indubbiamente una presa di posizione probabilmente necessaria nell’ attuale realtà statunitense in cui, come già detto, il dilagare delle “mode” porta a un incremento di professionisti che propongono frenotomie senza un’ adeguata valutazione e con tariffe esose. Senza mettere in dubbio la necessità di effettuare una valutazione attenta dell’ allattamento e della suzione di un neonato o lattante con frenulo alterato e di non incorrere in un aumento di frenotomie non necessarie, la situazione attuale della comunità pediatrica italiana è differente e per questo motivo il documento traslato nella realtà pediatrica e di sostegno all’ allattamento italiana presenta delle criticità. Fra i pediatri italiani ad oggi prevale lo scetticismo nei confronti della procedura e la paura di eventuali complicanze (anche da un punto di vista medico legale) e quindi, di fronte a un aumento della conoscenza della problematica, ci si trova ancora di fronte a un ridottissimo numero di operatori che pratichino frenotomie nei lattanti, soprattutto nei servizi pubblici. Una delle principali remore nell’effettuare frenotomie è la paura dei rischi della procedura. La letteratura ci esplicita che i rischi
della frenotomia sono minimi differenziandoli in anatomici e funzionali. I rischi anatomici [8] sono principalmente il rischio di sanguinamento eccessivo o protratto (minimo per anatomia se effettuato da operatore esperto in condizioni ottimali); il rischio di “risanguinamento” (varici, difetti della coagulazione); esiti fibrotici o cicatriziali. I rischi funzionali possono essere una transitoria “Sindrome da avversione orale” e un recupero della funzione inferiore all’atteso.
Altra preoccupazione frequente fra i pediatri è la gestione del dolore. La procedura di frenotomia effettuata con forbici può definirsi rapida e poco invasiva, ma non può definirsi non dolorosa; andranno quindi messe in atto tutte le misure di contenimento possibili (eventualmente somministrare paracetamolo un’ ora prima secondo peso e applicare gel di lidocaina cloridrato in sede sublinguale 10-15 minuti prima come anestetico e vasocostrittore-off label). Utilizzare strategie di saturazione sensoriale come wrappare il piccolo, attirare l’ attenzione del piccolo posizionandosi in modo da mantenere con lui un contatto visivo continuo, parlare al neonato con tono di voce gentile o utilizzare un carillon per mantenere la stimolazione uditiva. praticare una stimolazione tattile con un delicato massaggio sulla schiena o sul capo con movimenti lenti e circolari, instillare nella bocca del neonato qualche goccia di soluzione glucosata al 10% o di latte materno poco prima della procedura. La procedura di frenotomia effettuata con laser ha una durata di esecuzione più lunga e potrebbe necessitare di una sedazione più profonda.
In conclusione il documento AAP:
1. evidenzia la variabilità nella diagnosi e nella gestione dell’anchiloglossia, ma non propone una soluzione concreta per stabilire criteri univoci e validati;
2. le conclusioni riconoscono la mancanza di studi robusti, ma continuano a suggerire la frenotomia come opzione senza dati conclusivi sul miglioramento a lungo termine dell’allattamento;
3. ammette la carenza di studi metodologicamente solidi come studi controllati e randomizzati, ma non propone linee guida per futuri trial clinici;
4. accenna alla monetizzazione della frenotomia, ma non approfondisce il tema dell’ iperdiagnosi guidata da interessi economici; 5. viene segnalata la diffusione di informazioni poco attendibili sui social media, ma manca un’analisi critica su come i professionisti sanitari possano contrastare la disinformazione; 6. non sottolinea come altri fattori es. restrizioni extraorali legate a tensioni della muscolatura del pavimento orale, della faccia e del collo secondari a posizione in utero o alla modalità di parto, possano causare una sintomatologia simile a quella del frenulo linguale alterato e quindi trovare giovamento con pratiche osteopatiche di rilascio delle tensioni miofasciali (alcuni recenti studi italiani ne evidenziano l’ efficacia).
Il documento rappresenta quindi una sintesi aggiornata e dettagliata sul tema dell’ anchiloglossia, con un’ analisi approfondita della diagnosi e dei trattamenti disponibili. Tuttavia, il dibattito scientifico rimane aperto, specialmente riguardo all’efficacia della frenotomia e alla sua crescente popolarità. Sarebbe auspicabile una maggiore enfasi sulla necessità di criteri diagnostici standardizzati e sulla promozione di studi metodologicamente solidi per orientare la pratica clinica [9,10]
In conclusione, è fondamentale e auspicabile lo sviluppo di competenze interprofessionali capaci di valutare, supportare e,

quando necessario, intervenire sul frenulo alterato con approccio chirurgico e riabilitativo, all’ interno della rete di operatori che si occupano di sostegno all’ allattamento e di problematiche di suzione di neonati e lattanti.
Gli autori dichiarano di non avere alcun conflitto d’ interesse.
1. Thomas J, Bunik M, Holmes A, et al. Section on breastfeeding; section on oral health; Council on quality improvement and patient safety; Committee on fetus & newborn; Section on otolaryngology-head and neck surgery. Identification and Management of Ankyloglossia and Its Effect on Breastfeeding in Infants: Clinical Report. Pediatrics. 2024 Aug 1;154(2):e2024067605.
2. Larrain M, Stevenson EGJ. Controversy Over Tongue-Tie: Divisions in the Community of Healthcare Professionals. Med Anthropol. 2022 May-Jun;41(4):446-459.
3. Mills N, Keough N, Geddes DT, et al. Defining the anatomy of the neonatal lingual frenulum. Clin Anat. 2019 Sep;32(6):824-835.
4. Mills N, Geddes DT, Amirapu S, et al. Understanding the Lingual Frenulum: Histological Structure, Tissue Composition, and Implications for Tongue Tie Surgery. Int J Otolaryngol. 2020 Jun 28;2020:1820978.
5. Mills N, Pransky SM, Geddes DT, et al. What is a tongue tie? Defining the anatomy of the in-situ lingual frenulum. Clin Anat. 2019 Sep;32(6):749-761.
6. LeFort Y, Evans A, Livingstone V, et al. Academy of Breastfeeding Medicine Position Statement on Ankyloglossia in Breastfeeding Dyads. Breastfeed Med. 2021 Apr;16(4):278-281.
7. Panella M, Piscitelli C, Gentili M Logocare e neonato. Sostegno all’allattamento e frenulo linguale alterato. Morellini Editore, 2023
8. Van Biervliet S, Van Winckel M, Vande Velde S, et al. Primum non nocere: lingual frenotomy for breastfeeding problems, not as innocent as corsigenerally accepted. Eur J Pediatr. 2020 Aug;179(8):1191-1195.
9. Parodi A, Ruffa R, De Felice V, et al. The Efficacy of Early Osteopathic Therapy in Restoring Proper Sucking in Breastfed Infants: Preliminary Findings from a Pilot Study. Healthcare (Basel). 2024 May 8;12(10):961.
10. Arcusio A, Villa MC, Felloni F, et al. The myofascial release as neuromotor support to improve the ineffective sucking ability in term infants: a preliminary study. Ital J Pediatr. 2024 Apr 5;50(1):61.

Questa rubrica propone Documenti sanitari, linee guida, linee di indirizzo o di intenti di interesse pediatrico commentati a cura dell’ Associazione Culturale Pediatri. Potete inviare le vostre osservazioni ai documenti scrivendo a: redazione@quaderniacp.it. Le vostre lettere verranno pubblicate sul primo numero utile.
Commento a cura di Laura Reali Pediatra, Presidente dell’ European Confederation of Primary Care Paediatricians (ECPCP)
Recentemente è stato pubblicato un documento redatto dalla Società Brasiliana di Pediatria, in collaborazione con l’Istituto Alana, dal titolo “Guida sui benefici della natura nello sviluppo di bambini e adolescenti” (“Guidance on Nature’s Benefits in the Development of Children and Adolescents”). Si tratta di una guida rivolta ai pediatri per sottolineare l’importanza di integrare la natura nella vita quotidiana dei bambini per promuovere la loro salute fisica e mentale, e incoraggiare i pediatri a svolgere un ruolo attivo nel sensibilizzare le famiglie e la società su questo tema. Il documento ha avuto il patrocinio anche di American Academy of Pediatrics (AAP) e d IPA (International Pediatric Association). La pubblicazione è rivolta soprattutto ai pediatri e sottolinea l’importanza della natura per la salute e lo sviluppo dei bambini e adolescenti. Include informazioni sulla stretta relazione tra gioco, esposizione alla natura e sviluppo sano dei bambini e adolescenti. Fornisce raccomandazioni per guidare il lavoro dei pediatri e altri professionisti della salute infantile in ogni momento del percorso di cura del bambino.
Contesto
I bambini che vivono in aree urbane hanno meno opportunità di godere degli spazi naturali perché una inadeguata pianificazione urbana ha portato ad un progressivo allontanamento dalla natura per la riduzione delle aree verdi, con aumento dell’ inquinamento ambientale e mancanza di sicurezza negli spazi pubblici. La crisi planetaria tripla (crisi climatica, perdita di biodiversità e inquinamento ambientale) ha aggravato ulteriormente la situazione, amplificando conflitti e disuguaglianze, e colpendo in modo particolare i bambini. Il termine “nature-deficit disorder” descrive i problemi che si possono creare per la salute dei bambini per la mancanza di esposizione alla natura durante l’infanzia e adolescenza.
Cosa devono consigliare i pediatri alle famiglie, ad esempio durante i bilanci di salute I pediatri devono informare le famiglie sui benefici che offre il contatto con la natura per la salute dei bambini e degli adolescenti, presentando i benefici del gioco all’aperto e del tempo trascorso in natura. Promuovere attività all’ aperto come passeggiate, picnic e osservazione della natura, spiegando che tutte queste attività contribuiscono a promuovere lo sviluppo psicomotorio e a ridurre i problemi comportamentali; favoriscono un maggior benessere mentale, con miglioramento dei livelli di vitamina D e riduzione delle visite mediche; facilitano lo sviluppo della creatività e della capacità di iniziativa, con aumento di autostima, capacità decisionale e abilità nella risoluzione dei problemi. Inoltre, rafforzano le abilità sociali e cognitive, migliorano il benessere psicologico, la gestione di malattie croniche come diabete, asma e obesità e riducono il rischio di dipendenze da alcol e droghe. Anche per bambini con disabilità è bene incoraggiare esperienze naturali, perché migliorano autostima, concentrazione e parte-
cipazione sociale. I pediatri dovrebbero inoltre collaborare allo sviluppo di politiche di salute pubblica che includano l’accesso alla natura come diritto per tutti i bambini.
L’ ambulatorio del pediatra
Anche l’ ambulatorio del pediatra, fin dalla sala d’ attesa, dovrebbe avere disponibili libri, riviste e video sulla natura. Inoltre, potrebbero essere presenti elementi naturali come pietre e piante aromatiche. I pediatri come parte del loro lavoro dovrebbero anche partecipare a campagne e conferenze per promuovere stili di vita sani e il contatto quotidiano con la natura.
Il documento è molto completo, ma agile e ben strutturato. È una risorsa preziosa per i pediatri e altri professionisti della salute infantile, ma anche educatori e insegnanti, nonché famiglie e decisori politici, perché fornisce una pratica guida anticipatoria, completa e inclusiva su come integrare il contatto con la natura nella cura dei bambini e adolescenti che vivono nelle città, per promuovere il loro sviluppo sano e benessere anche attraverso educazione e politiche pubbliche.


A cura di Giacomo Toffol e Vincenza Briscioli
Gruppo ACP Pediatri per Un Mondo Possibile
Negli ultimi anni, le città italiane stanno registrando un preoccupante aumento delle temperature estive, amplificato da un fenomeno noto come Isola di Calore Urbana Superficiale (SUHI). Un recente studio del CNR e di ISPRA [1], parte del progetto MIRIFICUS, ha analizzato tutte le venti città capoluogo italiane utilizzando dati satellitari dal 2013 al 2023, rivelando che le zone centrali delle città possono essere fino a 8 °C più calde rispetto alle aree periferiche o rurali. Si tratta di un divario termico che ha ricadute dirette sulla salute delle persone. Le popolazioni urbane vulnerabili – come bambini, anziani, persone con patologie cardiovascolari o respiratorie – sono le prime a risentire dell’aumento delle temperature, soprattutto durante le ondate di calore sempre più frequenti. L’effetto combinato tra cementificazione, limitata presenza di verde urbano e densità abitativa favorisce stress termico, disidratazione, peggioramento dei sintomi cronici e, nei casi estremi, mortalità evitabile. Uno degli elementi chiave emersi dallo studio è il ruolo protettivo degli alberi: una maggiore copertura arborea urbana è associata a una significativa riduzione delle temperature superficiali. Le amministrazioni locali sono chiamate ad agire in fretta, pianificando strategie di riforestazione urbana, tutela del verde esistente e riduzione delle superfici impermeabili, con particolare attenzione ai quartieri più densamente abitati o socialmente fragili. Una città che si prende cura della propria vegetazione è una città che si prende cura della propria popolazione. Anche in questo numero vi sono gli articoli che pongono l'accento sull'importanza del verde urbano e della natura per la salute dei bambini. In questa rivista continuiamo a riassumere sinteticamente i principali articoli pubblicati nelle riviste monitorate. Tutti gli articoli e gli editoriali ritenuti degni di attenzione vengono elencati divisi per argomento, con un sintetico commento. Questo numero si basa sul controllo sistematico delle pubblicazioni di Maggio e Giugno 2025.
Over the past year, a worrying rise in summer temperatures has been recorded in Italian cities, a trend amplified by a well-known phenomenon called the Superficial Urban Heat Island (SUHI). A recent investigation, carried out by CNR and ISPRA [1] as part of the MIRIFICUS project, analysed twenty Italian regional capitals using satellite data collected between 2013 and 2023. The study found that central urban areas can be up to 8°C warmer than surrounding peripheral and rural zones. This thermal gap has direct consequences for public health. Vulnerable urban populations - such as children, older adults, and individuals with cardiovascular or respiratory diseases- are the first to suffer from rising temperatures, particularly during increasingly frequent heatwaves. The combined effects of urban cementification, limited availability of green spaces, and high population density exacerbate thermal stress, dehydration, and the worsening of chronic symptoms, and in extreme cases, can lead to excess mortality. The study also highlighted the protective role of trees: greater urban tree cover was associated with a significant reduction in land surface temperatures. Local administrations are urged to take prompt action by implementing urban reforestation strategies, protecting existing greenery, and reducing impermeable surfaces, with particular attention to densely populated and socially vulnerable neighbourhoods. A city that cares for its green spaces is a city that cares for its people. In addition, the articles featured in this issue underline the critical importance of urban greenery and nature for children’s health. We continue to summarize the main articles published in the monitored journals, all articles and editorials deemed worthy of attention are listed divided by topic, with a brief commentary. This issue is based on the systematic monitoring of publications in May and June 2025.

:: Cambiamento climatico
1. Effetti della variazione di temperatura sulla funzionalità respiratoria dei bambini asmatici
:: Inquinamento atmosferico
1. Inquinamento atmosferico e sviluppo morfologico del cervello fetale: uno studio prospettico di coorte
2. Esposizione all' inquinamento atmosferico residenziale esterno e sviluppo dei volumi cerebrali durante l' infanzia: uno studio longitudinale
3. Esposizione all’ inquinamento atmosferico e struttura e funzione cerebrale durante lo sviluppo: una revisione sistematica
4. Esposizione a inquinanti atmosferici e a rumore e connessioni cerebrali in adolescenza
5. ▶ Effetti respiratori e allergici dell' esposizione al toluene nelle scuole italiane
6. Esposizione a inquinanti atmosferici indoor, fattori psicosociali e psicopatologia in età scolare in una coorte di nascita sudafricana. L' importanza del periodo prenatale
7. ▶ Inquinamento outdoor, rumore da traffico stradale e “carico allostatico” nei bambini di 6-11 anni: evidenze da sei coorti europee
8. Inquinamento atmosferico ambientale e obesità infantile dalla prima alla tarda infanzia: una meta-analisi dei dati dei singoli partecipanti di 10 coorti di nascita europee
9. Inquinamento atmosferico e disturbo dello spettro autistico (ASD): un possibile impatto multigenerazionale
10. L’ esposizione all’ inquinamento atmosferico durante l’ infanzia è associata a esiti cognitivi, educativi e di salute mentale in età infantile e adolescenziale: uno studio longitudinale di coorte
11. ▶ Interventi su sicurezza stradale e inquinamento atmosferico: un esempio di progettazione partecipata in Malawi
:: Inquinamento da sostanze chimiche non atmosferiche
1. Effetti specifici per sesso dell’ esposizione prenatale a ftalati e bisfenolo A sugli esiti avversi alla nascita
2. Esiti respiratori e neuroevolutivi nei neonati prematuri esposti a plastificanti in terapia intensiva neonatale: uno studio di coorte prospettico
3. Influenza dell' esposoma chimico prenatale sullo sviluppo neurologico dei bambini: uno studio basato sull’ utilizzo dell’ apprendimento automatico (machine learning)
4. L’ esposizione ai pesticidi piretroidi (PYRs) durante la prima infanzia può alterare lo sviluppo neurocognitivo
5. Esposizione a PFAS e rischi per la salute in età evolutiva: evidenze da studi di biomonitoraggio umano
6. Esposizione prenatale a ritardanti di fiamma organofosfati e rischio di labiopalatoschisi non sindromica: evidenze da uno studio caso-controllo basato su biomarcatori placentari
:: Campi elettromagnetici
1. Uso del telefono cellulare e incidenza dei tumori cerebrali negli Stati Uniti tra il 2000 e il 2021
:: Rumore
1. Esposizione residenziale al rumore, spazio verde e acquisizione del linguaggio da parte dei bambini
:: Device digitali
1. Effetti dei dispositivi digitali sul comportamento dei bambini sauditi
1. Come i bambini percepiscono il verde urbano e le tecnologie digitali connesse alla natura
2. Test pilota di un programma di ecoterapia per l' adolescenza: risultati iniziali e riflessioni metodologiche
:: Psicologia ambientale
1. ▶ Microplastiche in alimenti e bevande: fattori predittori della percezione del rischio da parte del pubblico e sostegno alle politiche di riduzione della plastica basate sul clima
2. Il mondo naturale intorno a me: un’ esplorazione qualitativa del rapporto dei giovani con la natura e della sua relazione con il benessere e l’ orientamento pro-ambientale
:: Approfodimenti
• Le nuove generazioni saranno esposte, per tutta la vita, a eventi climatici estremi come mai prima d’ora (a cura di Elena Uga)
▶ Articoli in evidenza
:: Ambienti naturali
Riviste monitorate
American Journal of Public Health
American Journal of Respiratory and Critical Care medicine
American Journal of Epidemiology
Archives of Diseases in Childhood
Brain & Development
British Medical Journal
Child: Care, Health and Development
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JAMA (Journal of American Medical Association)
JAMA Pediatrics
Journal of Environmental Psychology
Journal of Epidemiology and Community Health
Journal of Pediatrics
NeuroToxicology
Neurotoxicology and Teratology
New England Journal of Medicine
Pediatrics
The Lancet
Revisione delle riviste e testi a cura di: Vincenza Briscioli, Laura Brusadin, Sabrina Bulgarelli, Maria Francesca Manusia, Federico Marolla, Angela Pasinato, Laura Reali, Laura Rocca, Annamaria Sapuppo, Vittorio Scoppola, Rita Straquadaino, Laura Todesco, Mara Tommasi, Giacomo Toffol, Elena Uga.
Pediatri per Un Mondo Possibile
Gruppo di studio sulle patologie correlate all’ inquinamento ambientale dell’ Associazione Culturale Pediatri (ACP)
mail: pump@acp.it

Cosa aggiungono questi studi: indicazioni pratiche
• Ricordiamo che anche basse esposizioni prenatali e infantili a inquinanti comuni possono lasciare segni duraturi su crescita, sviluppo e salute. La prevenzione ambientale è parte essenziale della pediatria, dall’ospedale all’ ambulatorio. Dalla gravidanza alla prima infanzia, le esposizioni anche a basse dosi a inquinanti ambientali – come toluene, pesticidi, plastificanti, ftalati, PFAS e ritardanti di fiamma – possono compromettere la crescita fetale, lo sviluppo cerebrale, motorio e respiratorio, aumentare il rischio di parto pretermine, basso peso, disturbi del neurosviluppo e malattie croniche. Per i pediatri, in ospedale come in ambulatorio, è necessario integrare la valutazione ambientale nella pratica clinica, promuovere la prevenzione fin dalla gravidanza e sensibilizzare le famiglie a ridurre le fonti di esposizione, dall’ aria indoor ai materiali di uso quotidiano, per proteggere la salute dei bambini lungo tutto l’ arco della vita.
• Promuoviamo la frequentazione degli ambienti naturali. Natura, silenzio e aria pulita sono alleati insostituibili per lo sviluppo sano dei bambini in contesti relazionali ricchi con coetanei o adulti partecipi, poiché il contatto con il verde e le interazioni umane offrono benefici insostituibili che le tecnologie digitali, pur potendo avere un ruolo di supporto, non possono rimpiazzare. Offrire esperienze reali all’ aperto, limitare l’ uso degli schermi, ridurre rumore e inquinamento e aumentare gli spazi verdi fin dalla prima infanzia significa proteggere linguaggio, attenzione e benessere, prevenendo problemi cognitivi, comportamentali e malattie croniche per tutta la vita.
• Teniamo alta l’ attenzione nei confronti dell’ inquinamento atmosferico. Dall’ epoca fetale ai primi anni di vita, può causare alterazioni dello sviluppo cerebrale, con riduzione del volume di strutture chiave come l’ ippocampo, e aumentare il rischio di disturbi dello spettro autistico, problemi cognitivi, ansia e ADHD, oltre a favorire obesità e vulnerabilità respiratoria nei bambini, soprattutto in presenza di asma. Gli effetti possono sommarsi in modo transgenerazionale, come dimostrato dall’ aumento di rischio quando sia la madre sia la nonna sono state esposte in gravidanza a PM2.5 e NO₂. Proteggere le donne in gravidanza e i bambini dall’ inquinamento e da altri fattori ambientali nocivi è una strategia preventiva urgente, capace di salvaguardare la salute respiratoria, neurocognitiva, e psicosociale a lungo termine e di interrompere una catena di rischi che può estendersi oltre una generazione.
Cambiamento climatico
1. Effetti della variazione di temperatura sulla funzionalità respiratoria dei bambini asmatici
I risultati dello studio rafforzano l’ idea che le variazioni di temperatura, sempre più frequenti con i cambiamenti climatici, possano influenzare in modo sensibile la funzione respiratoria nei bambini asmatici. Integrare la vulnerabilità climatica nei percorsi di prevenzione e gestione dell’ asma pediatrico non è più una prospettiva futura, ma una necessità clinica attuale. In letteratura esistono studi concentrati principalmente sull'impatto della variazione di temperatura sugli accessi ospedalieri per asma nell'infanzia, questo studio invece, durato otto anni, ha analizzato in particolare l'impatto della variazione di temperatura sulla riduzione della funzionalità polmonare in senso ostruttivo e a livello delle piccole vie aeree (valutata con test di funzionalità respiratoria) in 36.941 bambini asmatici, reclutati fra il 2015 e il 2022 durante l'estate e l'inverno a Jinan, in Cina. La variazione di temperatura è stata definita considerando la differenza di temperatura media di un giorno rispetto al giorno precedente (TCN). I risultati hanno evidenziato un rischio maggiore di disfunzione polmonare ostruttiva associata alla variazione di temperatura, con OR di 1,103 (95% CI: 1,002, 1,212) per ogni aumento di 1° C
Ambiente e Salute
nella TCN in estate e 1,109 (95% CI: 1,000, 1,221) per ogni diminuzione di 1° C in inverno. Risultati simili sono stati riscontrati considerando la funzionalità delle piccole vie aeree. Inoltre, la TCN è stata associata a un calo statisticamente significativo di diversi parametri di funzionalità polmonare, tra cui FEV1/VCmax, FEV1/FVC, MEF25, MEF50 e MMEF sempre in inverno. L'analisi per sottogruppi in base al sesso ha rivelato che gli effetti nocivi della variazione di temperatura erano più pronunciati nelle femmine durante l'estate e nei maschi durante l'inverno. Questo studio ha rilevato che le variazioni di temperatura hanno un impatto significativo sulla funzione polmonare dei bambini asmatici. In particolare, durante l'inverno, una diminuzione della TCN è associata a un aumento del rischio di disfunzione ostruttiva della ventilazione polmonare e di disfunzione delle piccole vie aeree. Mentre in estate, un aumento della TCN è analogamente associato a un aumento del rischio di queste alterazioni funzionali. Questi dati forniscono una base scientifica per la formulazione di misure di intervento mirate in considerazione dell'aumentata frequenza, legata al global warming, di eventi climatici estremi con rapide variazioni delle temperature. Lo studio si distingue per l’ ampia durata (otto anni), l’ elevata risoluzione temporale dei dati e l’uso di modelli statistici avanzati per analizzare gli effetti della variazione di temperatura sulla funzione respiratoria in bambini asmatici. Tuttavia, presenta limiti legati alla natura monocentrica, alla stima ambientale dell’ esposizione e alla mancanza di dati individuali su fattori confondenti
° Xu J, et al.: The effects of temperature variation on obstructive pulmonary dysfunction and small airway dysfunction in asthmatic children: A continuous eight-year study in Jinan, China. Environ Res. 2025 May 1;272:121096. doi: 10.1016/j.envres.2025.121096.
1. Inquinamento atmosferico e sviluppo morfologico del cervello fetale: uno studio prospettico di coorte Questo studio prospettico di coorte suggerisce che l' esposizione all'inquinamento atmosferico durante la gravidanza sia associata a un diverso sviluppo morfologico del cervello fetale. Sono state incluse nello studio 754 donne incinte (su 1.080 reclutate nel Barcelona Life Study Cohort, età 18-45 anni) al primo trimestre (8-14 sett di gestazione), tra ottobre 2018 e aprile 2021, in tre ospedali universitari di Barcellona. Le partecipanti vivevano nel bacino di utenza degli ospedali di reclutamento e avevano un feto singolo senza anomalie congenite importanti. Al terzo trimestre di gravidanza (222.0 giorni ± 9.0) è stato eseguito un esame neuroecografico bidimensionale dettagliato del cervello fetale, da ecografia transvaginale, da medici esperti in diagnostica ecografica prenatale. Sono stati valutati il ripiegamento corticale del cervello fetale, gli spazi del liquido cerebrospinale, la lunghezza del corpo calloso, il diametro trasversale cerebellare e l'altezza del verme. L'esposizione materna agli inquinanti (NO2, PM2.5 e black carbon) è stata valutata utilizzando tre diversi modelli (regressione, dispersione e ibrido); sono state calcolate le concentrazioni medie di inquinanti atmosferici fino alla data della neuroecografia, in diversi microambienti (casa, lavoro e spostamenti giornalieri) ed è stato sviluppato un indice di esposizione personale ambientale totale ponderato. Sono stati applicati modelli di

regressione lineare a singolo inquinante e modelli di regressione multiinquinanti. Nel modello a singolo inquinante, gli autori hanno scoperto che l' esposizione prenatale all' NO2, al PM2.5 e al black carbon era associata a un ampliamento del corno anteriore dei ventricoli laterali cerebrali, a una cisterna magna più larga e un verme cerebellare più grande, e che ogni aumento dell'IQR del black carbon era significativamente associato a una diminuzione dell'1.77% (IC 95% da -3.26 a –0.36) della profondità della fessura silviana. Nei modelli multiinquinanti l'esposizione al black carbon sembra avere influenzato lo sviluppo del cervello fetale indipendentemente dagli altri co-inquinanti. L'esclusione delle partecipanti esposte a fumo attivo e/o passivo durante la gravidanza non ha modificato considerevolmente i risultati. Se questi risultati saranno confermati avranno importanti implicazioni politiche, finalizzate all'attuazione di interventi efficaci per proteggere le donne incinte e le generazioni future dagli effetti negativi dell'inquinamento atmosferico. Lo studio presenta diversi punti di forza, tra cui il disegno prospettico, l’impiego di ecografie cerebrali standardizzate eseguite da medici esperti e l’uso di modelli ad alta risoluzione per stimare l’ esposizione al PM 2.5 durante la gravidanza. Tuttavia, l’ esposizione ambientale è stata stimata e non misurata direttamente, e pur essendo il campione adeguato, potrebbe non essere sufficiente per analisi dettagliate su sottogruppi o per garantire una piena generalizzabilità dei risultati ad altre popolazioni. Inoltre, manca un follow-up postnatale per valutare gli effetti a lungo termine sullo sviluppo neurocognitivo.
° Gómez-Herrera, Laura et al.: Air pollution and fetal brain morphological development: a prospective cohort study. The Lancet Planetary Health, Volume 9, Issue 6, e480 - e49 10.1016/S2542-5196(25)00093-2
2. Esposizione all'inquinamento atmosferico residenziale esterno e sviluppo dei volumi cerebrali durante l'infanzia: uno studio longitudinale Lo studio mirava a verificare l’associazione tra esposizione a 14 inquinanti atmosferici esterni residenziali, misurati durante la gravidanza e nella prima infanzia, e anomalie volumetriche di aree cerebrali (sostanza bianca, sostanza grigia corticale, corpo calloso, cervelletto, 7 altre aree cerebrali) nei bambini. Gli autori hanno utilizzato i dati di una coorte di bambini nati tra il 2002 e il 2006 a Rotterdam, seguiti per tutta l’infanzia e studiati con neuroimaging intorno agli 8, 10 e 14 anni. Sono state analizzate 6059 scansioni di 4.243 bambini (904 a 8 anni, 3.066 a 10 e 2.089 a 14). L'esposizione al rame, che fa parte delle sostanze presenti nel PM2.5, durante la gravidanza, dopo aver preso in considerazioni una grande quantità di fattori confondenti, è stata correlata a un volume dell’ ippocampo inferiore nella seconda infanzia, seguito da una crescita di recupero. L’ ippocampo, fondamentale per la memoria e per l’ apprendimento spaziale, presenta una spiccata plasticità che potrebbe spiegare sia la suscettibilità agli inquinanti che il recupero nelle età successive. La principale fonte di esposizione al rame nel PM2.5 in questo studio era l'usura dei freni e degli pneumatici. Gli autori, per spiegare questo recupero, ipotizzano l’ inserimento nel tempo di fattori di tipo psicosociale in grado di condizionare positivamente lo sviluppo neurologico e in questo caso il volume dell’ ippocampo, e una graduale resistenza cerebrale agli effetti nocivi dell'inquinamento atmosferico con l'aumentare dell'età. Non sono state riscontra-
te altre associazioni significative tra inquinamento atmosferico e alterazioni delle strutture cerebrali studiate. Tra i limiti dello studio, gli autori segnalano che la coorte aveva uno stato socioeconomico elevato, probabilmente non rappresentativo dell’intera popolazione olandese. La generalizzabilità dello studio è quindi limitata. Punto di forza il disegno longitudinale con misurazioni ripetute del volume cerebrale tramite risonanza magnetica e una stima dettagliata dell’esposizione residenziale a PM2.5. Tuttavia, l’ esposizione non è diretta, mancano test funzionali cognitivi e resta possibile un confondimento residuo.
° Michelle S.W. Kusters et al :Outdoor residential air pollution exposure and the development of brain volumes across childhood: A longitudinal study,Environmental Pollution,Volume 373,2025,126078,ISSN 02697491
3. Esposizione all’inquinamento atmosferico e struttura e funzione cerebrale durante lo sviluppo: una revisione sistematica
La revisione evidenzia un consenso crescente sul fatto che l’inquinamento atmosferico rappresenti una minaccia per lo sviluppo cerebrale, con possibili implicazioni sul piano cognitivo e comportamentale. Gli autori sottolineano la necessità di standard più stringenti per la qualità dell’ aria, di strategie preventive e di ulteriori studi longitudinali con biomarcatori integrati e neuroimaging ad alta risoluzione. In questa revisione, gli autori hanno analizzato 26 studi condotti tra il periodo prenatale e l'adolescenza, provenienti da paesi occidentali (Stati Uniti, Paesi Bassi, Spagna, Regno Unito). Le esposizioni agli inquinanti sono state valutate tramite monitoraggi personali, dati geospaziali residenziali e misurazioni presso le scuole. I bambini sono stati sottoposti a esami di risonanza magnetica in età compresa tra 6 e 14.7 anni, e in un caso fin dalla nascita. I risultati mostrano che l’esposizione prenatale e infantile agli inquinanti dell’aria, come particolato fine (PM2.5), biossido di azoto (NO2), e idrocarburi policiclici aromatici (PAH), è associata a differenze sia nella struttura che nella funzione cerebrale. Tuttavia, i dati sono spesso incoerenti: a seconda dello studio, le aree cerebrali coinvolte e la direzione degli effetti (es. aumento o riduzione dello spessore corticale) variano. Questo ha reso difficile trarre conclusioni definitive. Nonostante le contraddizioni, è emersa una tendenza che indica come l’ esposizione precoce all’ inquinamento possa influenzare lo sviluppo di aree chiave del cervello, comprese la corteccia prefrontale, l’ ippocampo, i gangli della base e il corpo calloso. Alcuni studi riportano anche alterazioni nella connettività funzionale tra diverse regioni cerebrali. Rispetto alla revisione del 2019, la nuova letteratura include più studi longitudinali (che seguono i soggetti nel tempo) e tecniche di neuroimaging più avanzate, come la spettroscopia a risonanza magnetica e l’ arterial spin labeling (tecnica di neuroimaging non invasiva utilizzata nella risonanza magnetica per misurare il flusso sanguigno cerebrale). Viene sottolineata la necessità di ulteriori ricerche per chiarire l’importanza del momento dell’esposizione (ad esempio, gravidanza vs infanzia), per comprendere meglio le conseguenze cognitive e psicologiche a lungo termine e per identificare i meccanismi biologici alla base degli effetti osservati. Tra i punti di forza spiccano l’ ampiezza della letteratura considerata, l’ approccio integrato e l’attenzione alle fasi critiche dello sviluppo. I limiti principali riguardano l’ elevata eterogeneità tra gli studi, l’uso di

dati modellizzati per l’ esposizione e la natura osservazionale che non consente inferenze causali.
° Morrel J, et al: A systematic review of air pollution exposure and brain structure and function during development. Environ Res. 2025 Jun 15;275:121368. doi: 10.1016/j.envres.2025.121368.
4. Esposizione a inquinanti atmosferici e a rumore e connessioni cerebrali in adolescenza
Diversi studi hanno indagato le associazioni tra inquinamento atmosferico e rumore del traffico stradale e connettività cerebrale funzionale utilizzando approcci statici di risonanza magnetica funzionale (rs-fMRI) a riposo. Questo studio invece indaga l'associazione a lungo termine tra l'inquinamento atmosferico e il rumore da traffico durante la gravidanza e l'infanzia e la connettività funzionale cerebrale durante l'adolescenza, utilizzando resting-state functional magnetic resonance imaging (rs-fMRI) un approccio dinamico che cattura diversi modelli di connettività durante la sessione di scansione, con diversi livelli di organizzazione. Alterazioni nella connettività dinamica, in particolare l'aumento del tempo trascorso in stati disconnessi o non modularizzati, sono stati collegati al disturbo dello spettro autistico e alla schizofrenia. Sono stati utilizzati i dati della coorte di nascita denominata Generazione R (36) e sono stati valutati i livelli di 14 inquinanti atmosferici e il rumore del traffico presso gli indirizzi domestici durante la gravidanza e l'infanzia. Successivamente sono stati acquisiti dati rs-fMRI alle visite di 10 e di 14 anni. Sono stati utilizzati i clustering k-means per identificare cinque modelli di connettività, chiamati "stati", che si ripetono nel tempo e tra soggetti e visite. È stato calcolato il tempo medio trascorso in ogni stato per ogni partecipante e visita. Sono stati eseguiti modelli a effetti misti multi- e singolo inquinante, aggiustati per variabili socioeconomiche e di stile di vita, per testare l'associazione tra le esposizioni e il tempo medio trascorso in ogni stato. L' esposizione a NO, a particolato (PM2.5-10) e al rumore del traffico stradale determinano una differente capacità di connettività cerebrale sia nei modelli multi-inquinante che in quelli mono-inquinante. Ad esempio, livelli più elevati di esposizione a PM con diametro compreso tra 2.5 e 10 pm durante la gravidanza e una maggiore esposizione al rumore durante l'infanzia sono stati associati a un maggiore tempo trascorso in uno stato in cui la rete mostra un' elevata connettività soprattutto nei processi autoreferenziali e al “divagare della mente” (mind wondering). In conclusione, i risultati suggeriscono che le esposizioni legate al traffico potrebbero essere correlate ad alterazioni a lungo termine nell'organizzazione della rete funzionale cerebrale negli adolescenti. Le differenze sono risultate generalmente stabili nel tempo, suggerendo che le esposizioni non hanno influenzato i tassi di connettività dinamica cerebrale durante lo sviluppo nel periodo studiato. Ulteriori ricerche dovrebbero esplorare diversi periodi dello sviluppo, come l'infanzia e la tarda adolescenza, nonché il potenziale impatto di queste differenze sulla cognizione e sulla psicopatologia
° LÓPEZ-VICENTE, Mónica, et al. Long-term exposure to traffic-related air pollution and noise and dynamic brain connectivity across adolescence. Environmental Health Perspectives, 2025, 133.5: 057002.
5. ▶ Effetti respiratori e allergici dell'esposizione al toluene nelle scuole italiane
Studio multicentrico italiano sugli effetti dell’ esposizione al toluene indoor sulla salute respiratoria e allergica dei bambini in età scolare. Lo studio dimostra che anche basse concentrazioni di toluene indoor nelle scuole sono associate a sintomi respiratori e allergici nei bambini, suggerendo l’ assenza di una soglia sicura per l’ esposizione in ambienti scolastici. Viene raccomandata una maggiore attenzione delle autorità pubbliche e ulteriori studi per definire strategie di mitigazione. L’ indagine ha coinvolto 2.285 bambini (età media: 10 anni, 59.9% maschi) di 8 città italiane, valutando la presenza di sintomi respiratori e allergici durante una settimana di monitoraggio ambientale in 130 classi di 44 scuole. Il toluene è un inquinante catalogabile fra i VOCs (composti organici volatili) e, anche se solitamente si trova in stato liquido, può essere rilasciato anche come gas nell'aria degli ambienti interni a temperatura ambiente. L'esposizione al toluene avviene generalmente attraverso l'aria interna, per inalazione, e la sua concentrazione media negli ambienti può variare notevolmente. È noto come l’esposizione acuta o cronica ai vapori di toluene possa irritare le membrane mucose del tratto respiratorio superiore ed esistono evidenze dell'associazione tra asma professionale ed esposizione al toluene, nonché tra la concentrazione dei suoi metaboliti urinari e asma infantile. In questo studio le misurazioni degli inquinanti sono state effettuate in 130 aule di 44 scuole. I livelli di toluene indoor sono risultati relativamente bassi (media 4.17 μg/m3, mediana 2.70 μg/m3). La prevalenza di sintomi respiratori durante la settimana di monitoraggio (raccolti con un questionario) è stata del 32.8% (16.8% a scuola), compreso il 25.7% di tosse secca (11.9% a scuola). I problemi nasali e cutanei sono stati riportati dal 73.3% (48.1% a scuola) e dal 31.6% (13.7% a scuola). L’associazione è rimasta significativa anche dopo l’aggiustamento per fattori confondenti (età, sesso, familiarità, fumo passivo, livelli di particolato fine e CO₂ indoor). L'associazione più forte riguardava la tosse secca (OR 1.32, 95% CI 1.15-1.52) e la tosse secca a scuola (OR 1.51, 1.23-1.85). Sebbene i livelli di toluene fossero relativamente bassi, è emerso come l'esposizione a questo composto organico volatile nelle aule possa essere un fattore di rischio per la salute respiratoria/ allergica degli studenti. Lo studio si distingue per la sua ampia scala, la buona rappresentatività geografica e la solidità metodologica, con misurazioni ambientali accurate e analisi statistiche che tengono conto di numerosi fattori confondenti. È inoltre uno dei pochi lavori a indagare specificamente gli effetti del toluene indoor nelle scuole, contribuendo a colmare un vuoto nella letteratura. Tuttavia, presenta alcune limitazioni: la raccolta dei sintomi tramite questionari autocompilati può introdurre bias soggettivi, la durata di una sola settimana non consente di valutare effetti stagionali o cronici, e l’ analisi si concentra solo sul toluene, senza considerare possibili interazioni con altri VOCs.
° Simoni M.et al: Respiratory/allergic effects of indoor toluene exposure on Italian schoolchildren Vol. 3, n. 2, June 2025 Research Article, 58-66 doi:10.56164/PediatrRespirJ.2024.65.

6. Esposizione a inquinanti atmosferici indoor, fattori psicosociali e psicopatologia in età scolare in una coorte di nascita sudafricana. L'importanza del periodo prenatale
Lo studio identifica la gravidanza come il periodo più vulnerabile rispetto agli effetti combinati di inquinamento domestico e stress psicosociale, evidenziando l’importanza di interventi mirati in epoca prenatale per prevenire l’insorgere di sintomi psicopatologici nell'età scolare. Questo studio sulle coppie madre-figlio del South African Drakenstein Child Health Study ( Cape Town) (N = 599) effettuato tra marzo 2012 e marzo 2015, ha analizzato gli effetti sia individuali che combinati dell’inquinamento atmosferico indoor (IAP) e dei fattori psicosociali (PF) durante i periodi sensibili dello sviluppo, in relazione alla presenza di sintomi psicopatologici nei bambini valutati all’età di 6.5 anni. L'esposizione a IAP e PF è stata misurata durante il secondo trimestre di gravidanza e 4 mesi dopo il parto. Gli inquinanti indoor analizzati sono stati: PM10, CO, NO2, SO2, VOCs compresi benzene e toluene. I fattori psicosociali ed i loro determinanti sono stati raccolti mediante questionario (stato socioeconomico, violenze domestiche, traumi, uso di alcol e tabacco, stress psicologico, depressione). La psicopatologia infantile è stata valutata a 6.5 anni utilizzando la Childhood Behavior Checklist (CBCL). Sono stati studiati gli effetti individuali dell'esposizione pre e postnatale a IAP e PF sui punteggi CBCL utilizzando modelli di regressione lineare aggiustata e gli effetti congiunti delle esposizioni utilizzando il calcolo dei quantili e le mappe auto-organizzanti (SOM), che sono utilizzate per ridurre la dimensionalità dei dati e visualizzare strutture complesse in modo intuitivo, sono particolarmente utili quando si vogliono esplorare pattern nascosti all’interno di set di dati ad alta dimensionalità, come quelli ambientali o epidemiologici. Per individuare eventuali periodi sensibili dell’infanzia, gli autori hanno applicato un approccio strutturato di modellazione del corso della vita (SLCMA – Structured Life Course Modeling Approach), una strategia statistica avanzata che consente di identificare i momenti critici in cui un’esposizione ambientale, sociale o biologica esercita il massimo impatto su un determinato esito di salute. A supporto di questa analisi, è stato inoltre utilizzato il metodo delle mappe auto-organizzanti (SOM). L'esposizione prenatale a IAP o PF e la miscela prenatale totale valutata utilizzando il calcolo dei quantili sono stati associati ad un aumento della psicopatologia. I modelli SLCMA e SOM hanno anche indicato che il periodo prenatale è un periodo sensibile per l'esposizione allo IAP sulla psicopatologia infantile. La depressione e l'alcol erano associati sia nel periodo pre che postnatale. In conclusione, la gravidanza può essere un periodo delicato per l'effetto della IAP sulla psicopatologia, l'esposizione alla depressione materna e all'alcol in entrambi i periodi è stata anche associata alla psicopatologia e l’esposizione prenatale all’inquinamento dell’aria indoor è risultata significativamente associata alla presenza di sintomi psicopatologici rilevati nei bambini all’ età di 6.5 anni. Lo studio si distingue per l’uso di una coorte longitudinale in un contesto del Sud globale e per l’integrazione di esposizioni ambientali e psicosociali attraverso metodologie avanzate (SLCMA e SOM), che permettono di identificare periodi sensibili nello sviluppo infantile. Tuttavia, la valutazione dei sintomi psicopatologici a un’unica età (6.5 anni) limita l’analisi delle traiettorie evolutive, e la variabilità dell’ esposizione nel tempo potrebbe non essere pienamente catturata. La generalizzabilità dei risultati ad altri contesti richiede cautela.
° Christensen GM et al: Sensitive periods for exposure to indoor air pollutants and psychosocial factors in association with symptoms of psychopathology at school-age in a South African birth cohort. Environ Pollut. 2025 May 1;372:125975. doi: 10.1016/j.envpol.2025.125975.
7. ▶ Inquinamento outdoor, rumore da traffico stradale e “carico allostatico” nei bambini di 6-11 anni: evidenze da sei coorti europee
Lo studio fornisce solide evidenze che la componente particolata fine (PM₁₀) è il maggior contribuente al “carico allostatico” nei bambini e conferma l’importanza di ridurre l’ esposizione ambientale già in età precoce. Il carico allostatico rappresenta l’effetto a lungo termine della risposta adattativa allo stress sul corpo. Quando lo stress è prolungato o ripetuto, i sistemi fisiologici coinvolti nella risposta allo stress (come quelli endocrino, immunitario, cardiovascolare e metabolico) non riescono più a ritornare allo stato di equilibrio (omeostasi), determinando squilibri che possono favorire l’insorgenza di malattie. Ad oggi numerose evidenze scientifiche suggeriscono come l'esposizione agli inquinanti atmosferici e al rumore del traffico stradale possa innescare risposte allo stress in molteplici organi e tessuti, ma gli studi epidemiologici sui bambini sono scarsi. L’obiettivo di questo studio è stato capire se, anche nei bambini, l’esposizione all’ inquinamento atmosferico e al rumore del traffico potesse influenzare il funzionamento del corpo in risposta allo stress, misurato attraverso il cosiddetto carico allostatico. Sono stati valutati 919 bambini di età compresa tra i 6 e gli 11 anni della coorte HELIX (Human Early Life Exposome) in 6 Paesi europei considerando 19 biomarcatori valutati in quattro sistemi fisiologici: cardiovascolare, metabolico, immunitario/infiammatorio e neuroendocrino. I punteggi di carico allostatico (range 0-19) sono stati valutati per ciascun sistema fisiologico. L'esposizione all'inquinamento atmosferico (NO2, PM2.5, PM10, PM2.5) e al rumore del traffico stradale (LDEN) valutati sulla base degli indirizzi di residenza, scuola e percorso da casa a scuola dei partecipanti è stata stimata per l'anno precedente alla valutazione. I risultati hanno evidenziato come una maggiore esposizione a tutti gli inquinanti atmosferici risultasse associata a un carico allostatico più elevato, sebbene solo l’esposizione ai PM₁₀ sia rimasta significativa dopo la correzione per fattori confondenti. Esaminando separatamente i sistemi fisiologici, una maggiore esposizione all'inquinamento atmosferico è risultata associata principalmente a un carico allostatico più elevato nei sistemi immunitario/infiammatorio e metabolico. Non sono state osservate invece associazioni tra l'esposizione al rumore del traffico stradale e il carico allostatico. Questi risultati suggeriscono che l’inquinamento atmosferico possa agire come un fattore di stress cronico, in grado di provocare una disregolazione fisiologica multisistemica già nell’infanzia, potenzialmente precorritrice di malattie correlate all’ esposizione ambientale. Sebbene lo studio abbia fornito evidenze solide sull’associazione tra PM₁₀ e l’aumento del carico allostatico nei bambini, è necessario interpretare i risultati con cautela, alla luce di alcuni limiti metodologici (la natura trasversale dell’ analisi, l’imprecisione potenziale nella stima delle esposizioni ambientali, e una moderata eterogeneità tra le coorti coinvolte) che ne riducono la generalizzabilità.
° Mou Y et al: Outdoor air pollution, road traffic noise, and allostatic load in children aged 6-11 years: evidence from six European cohorts. Eur J Epidemiol. 2025 May;40(5):537-548. doi: 10.1007/s10654-02501227-8.

8. Inquinamento atmosferico ambientale e obesità infantile dalla prima alla tarda infanzia: una meta-analisi dei dati dei singoli partecipanti di 10 coorti di nascita europee L’ esposizione prenatale a PM2.5 sembra essere un fattore associato a un rischio più elevato di sovrappeso e obesità nell’ infanzia, particolarmente tra i 9 e i 12 anni. Nessuna evidenza significativa emerge per l’ esposizione a NO2 o per quella postnatale a PM2.5. L’ inquinamento atmosferico può contribuire all’ obesità infantile attraverso vari meccanismi. Tuttavia, pochi studi longitudinali hanno esaminato la relazione tra l’ esposizione pre- e postnatale all’inquinamento atmosferico e gli esiti dell’obesità nell’ infanzia. Questo studio ha valutato l’ associazione tra esposizione pre- e postnatale all’ inquinamento atmosferico e indice di massa corporea (BMI) e rischio di sovrappeso/obesità durante l’ infanzia in coorti europee. Sono state incluse coppie madre-bambino [n = 37.111 (prenatale), 33.860 (postnatale)] provenienti da 10 coorti di nascita europee. L’esposizione al biossido di azoto (NO2) e al particolato fine (PM2.5) è stata stimata in corrispondenza della zona di residenza durante i periodi pre- e postnatale (anno precedente la valutazione dell’esito). Gli z-score BMI (continui) e lo stato di sovrappeso/obesità (categorico: zBMI≥+2 (<5 anni) o ≥+1 (≥5 anni) deviazioni standard) sono stati derivati a 0-2, 2-5, 5-9, 9-12 anni. Le associazioni tra esposizione all’ inquinamento atmosferico e zBMI sono state stimate separatamente per ogni inquinante e coorte utilizzando modelli lineari e logistici a effetti misti longitudinali, seguiti da una meta-analisi a effetti casuali. La prevalenza di sovrappeso/obesità variava dal 12.3-40.5% tra le coorti a 0-2 anni, 16.7-35.3% a 2-5 anni, 12.5- 40.7% a 5-9 anni e 10.7-43.8% a 9-12 anni. I risultati non hanno mostrato associazioni robuste tra esposizione a NO2 e zBMI o rischio di sovrappeso/obesità. L’ esposizione a PM2.5 durante la gravidanza è stata associata a un rischio di sovrappeso/obesità superiore del 23% (IC 95% 1,05;1,37) durante l’infanzia, e a un zBMI e un rischio di sovrappeso/obesità maggiori a 9-12 anni. L’ eterogeneità tra le coorti era considerevole (I2:25-89%), con alcune associazioni specifiche per coorte; ad esempio, l’esposizione pre- e postnatale a PM2.5 è stata associata a un zBMI inferiore in tutte le fasce d’ età nelle coorti del Regno Unito (ALSPAC e BiB), mentre l’ esposizione postnatale a PM2.5 e NO2 è stata associata a un zBMI più elevato in una coorte olandese (Generation R). Nel complesso, questa meta-analisi su larga scala suggerisce che l’ esposizione prenatale a PM2.5 può essere associata a esiti avversi di obesità infantile, ma non fornisce prove a supporto di un effetto dell’ esposizione all’inquinamento atmosferico postnatale, sebbene siano state osservate associazioni specifiche per coorte. L’ eterogeneità tra coorti, le limitazioni nella misurazione dell’esposizione e delle covariate, e la natura osservazionale dello studio impongono una lettura cauta: servono conferme ulteriori e studi volti a chiarire i periodi critici e i meccanismi biologici sottostanti.
° Warkentin S et al: Ambient air pollution and childhood obesity from infancy to late childhood: An individual participant data meta-analysis of 10 European birth cohorts. Environ Int. 2025 Jun;200:109527. doi: 10.1016/j.envint.2025.109527.
9. Inquinamento atmosferico e disturbo dello spettro autistico (ASD): un possibile impatto multigenerazionale I risultati suggeriscono che l’ esposizione all’inquinamento atmosferico durante la gravidanza della nonna, in particolare al PM2.5, potrebbe contribuire al rischio di ASD nei nipoti, supportando
l’ipotesi di un effetto transgenerazionale. Inoltre, il rischio di ASD potrebbe essere amplificato dall sommatoria di esposizioni ambientali attraverso più generazioni. Nel Disturbo dello Spettro Autistico (ASD) tra i fattori ambientali, l’ esposizione all’ inquinamento atmosferico in gravidanza e nell’ infanzia è stata ampiamente riconosciuta come fattore di rischio. Tuttavia, i potenziali impatti multigenerazionali dovuti all’ esposizione delle nonne durante la gravidanza rimangono inesplorati. Utilizzando una coorte multigenerazionale basata sulla popolazione californiana, che copre tre decenni (1990-2019), questo studio ha esaminato l’ associazione tra l’ esposizione gestazionale all’ inquinamento atmosferico delle nonne (PM2.5, NO2, O3) e il rischio di ASD nei nipoti, aggiustando per l’ esposizione materna in gravidanza e l’esposizione del neonato nel primo anno di vita. I risultati hanno evidenziato associazioni tra l’ esposizione a PM2.5 e NO2 durante la gravidanza della nonna materna e un aumento del rischio di ASD nel nipote. Tuttavia, solo per il PM2.5 le stime dell’ effetto aumentato sono persistite dopo aggiustamento per l’ esposizione materna in gravidanza. Esposizioni elevate a PM2.5 e NO2 sia nelle gravidanze della nonna materna che in quelle della madre, hanno mostrato gli effetti congiunti più significativi per i disturbi dello spettro autistico nel nipote. Lo studio si distingue per l’ ampia coorte multigenerazionale, l’uso di modelli avanzati di stima dell’ esposizione ambientale e l’ analisi congiunta di due generazioni. Tuttavia, il disegno osservazionale non consente inferenze causali, le esposizioni sono modellizzate e no misurate direttamente, e non si escludono possibili fattori confondenti non controllati.
° O’Sharkey K et al: Exploring the link between grandmaternal air pollution exposure and Grandchild’s ASD risk: A multigenerational population-based study in California. Environ Int. 2025 Jun;200:109526.
10. L’ esposizione all’ inquinamento atmosferico durante l’infanzia è associata a esiti cognitivi, educativi e di salute mentale in età infantile e adolescenziale: uno studio longitudinale di coorte
Questo studio rafforza l’ipotesi che l’ esposizione precoce e prolungata agli inquinanti atmosferici possa avere effetti duraturi sullo sviluppo cognitivo e mentale dei bambini, con implicazioni rilevanti per la salute pubblica e per le politiche ambientali. Lo studio longitudinale condotto all’interno della Christchurch Health and Development Study (CHDS) ha analizzato l’associazione tra l’ esposizione all’ inquinamento atmosferico dall’ epoca prenatale fino all’ età di 10 anni e 16 esiti cognitivi, educativi e di salute mentale osservati durante l’ adolescenza. La coorte comprendeva 1.265 soggetti nati tra aprile e agosto 1977 a Christchurch, Nuova Zelanda, un’ area urbana caratterizzata da livelli di inquinamento atmosferico legati principalmente al riscaldamento domestico e a fonti industriali. La popolazione è stata seguita in 24 punti di valutazione fino ai 40 anni, ma l’analisi qui riportata si concentra sugli esiti in età scolare e adolescenziale. Attraverso modelli statistici sono state identificate quattro traiettorie di esposizione all’inquinamento atmosferico: costantemente bassa (CB) – 53% della coorte, costantemente elevata (CE) – 35%, elevata in età pre-scolare (PSE) – 6.2%, elevata in epoca prenatale e postnatale (PPE) – 6.3%. I ricercatori hanno messo in relazione queste traiettorie con esiti che includevano: indicatori cognitivi (abilità verbali, ragionamento matematico, voti scolastici), rendimento scolastico (certificati e borse di studio), disturbi del comporta-

mento (ADHD, disturbo oppositivo-provocatorio, condotta), salute mentale (ansia, depressione, ideazione suicidaria, abuso di alcool e droghe). Dopo aggiustamento per una serie di fattori familiari e sociodemografici, molte delle associazioni osservate sono state attenuate, sebbene alcune siano rimaste: PSE maggiori problemi di condotta (OR = 2.03 [IC 1.02–4.06]) e minori probabilità di ottenere il certificato di sesto anno (OR = 0.36 [0.20–0.64]), maggiore probabilità di ideazione suicidaria (OR = 1.96 [1.00–3.80]) e di problemi di abuso di sostanze (OR = 4.92 [1.52–15.95]); CE problemi di attenzione (OR = 2.09 [1.04–4,21]), minori probabilità di ansia (OR = 0,58 [0.38–0.89]) e maggiori di abuso di sostanze (OR = 2.71 [1.19–6.20]); PPE problemi di attenzione (OR = 3.13 [1.13–8.67]), maggior probabilità di problemi di abuso di sostanze (OR = 3.54 [1.02–12.31]). Gli autori ipotizzano che diverse finestre di vulnerabilità cerebrale possano spiegare la variabilità degli effetti osservati nelle varie traiettorie. Tuttavia, la natura osservazionale dello studio e la possibilità di confondenti residui non misurati impongono cautela nell’interpretare relazioni causali. Si sottolinea che le associazioni sono tutte, a parte l’ansia nel gruppo CE, verso la direzione di problemi di salute mentale o cognitivi.
° Matthew Hobbs et al: Childhood air pollution exposure is related to cognitive, educational and mental health outcomes in childhood and adolescence: A longitudinal birth cohort study. Environmental Research, Volume 274, 2025, 121148, ISSN 0013-9351.
11. ▶ Interventi su sicurezza stradale e inquinamento atmosferico: un esempio di progettazione partecipata in Malawi Lo studio esplora come migliorare i percorsi scolastici degli adolescenti nelle aree urbane del Malawi (in particolare a Blantyre), focalizzandosi su due grandi problemi: la sicurezza stradale e l’inquinamento atmosferico. L'approccio principale è il coinvolgimento di tutti i soggetti che hanno un ruolo o un interesse in queste tematiche. Lo studio suggerisce che il successo degli interventi dipende da: collaborazione intersettoriale, maggiore consapevolezza pubblica e strategie “dal basso” fondate su ascolto e partecipazione locale. Lo sviluppo urbano sicuro e sano passa anche attraverso la voce di chi quei percorsi li vive ogni giorno: gli studenti e le loro famiglie. A livello globale, circa 350.000 bambini e adolescenti muoiono ogni anno a causa di incidenti stradali e inquinamento atmosferico urbano. Gli incidenti stradali rappresentano una delle principali cause di morte tra i 5 e i 19 anni e la maggior parte di questi incidenti stradali si verifica nei paesi a basso reddito, dove gli effetti nocivi degli inquinanti atmosferici correlati al traffico sono in aumento e determinano ritardi cognitivi, problemi respiratori cronici e arresto di crescita. Nonostante la disponibilità di interventi basati sull'evidenza per ridurre la percentuale di incidenti stradali e inquinamento, la loro attuazione spesso trascura i contesti e le prospettive locali. Questo studio, realizzato in un’ area urbana del Malawi, ha l’ obiettivo di raccogliere il contributo degli stakeholder (ricercatori, operatori sanitari, ONG, funzionari pubblici ed insegnanti e genitori) attraverso il loro coinvolgimento diretto e di combinarlo alle proposte emergenti dalle comunità stesse per progettare interventi maggiormente contestualizzati. Questa ricerca infatti fornisce un modello di progettazione partecipata con l’obiettivo di avviare un dialogo politico, noto come "Road Environment Mobility Policy". REMPolicy è un progetto di ricerca internazionale che si occupa di sicurezza stradale, ambiente e mobilità urbana nei Paesi a bas-
so e medio reddito; il progetto promuove politiche integrate per migliorare i percorsi scolastici e la salute pubblica, attraverso il coinvolgimento attivo degli stakeholder locali, al fine di tradurre i risultati del dialogo tra comunità e gruppo di esperti in possibili modifiche delle politiche esistenti. Attraverso un approccio Delphi modificato, la ricerca ha identificato diversi interventi chiave quali l'applicazione dei limiti di velocità, il miglioramento delle infrastrutture pedonali e il controllo delle emissioni. Al contempo sono stati individuati importanti ostacoli che impediscono la realizzazione degli interventi tra cui: vincoli finanziari, problemi di corruzione e sfide organizzative all'interno del quadro istituzionale del Malawi. La ricerca sottolinea i vantaggi dell' integrazione tra conoscenze specialistiche e prospettive della comunità per produrre soluzioni contestualizzate. Mentre gli esperti hanno enfatizzato la necessità di utilizzare approcci sistemici e complessi, i membri della comunità hanno evidenziato preoccupazioni immediate e sfide pratiche riguardo all’attuazione degli interventi. Questa tensione tra interventi ideali e realtà pratiche illustra il complesso panorama dell'attuazione della sanità pubblica in contesti con risorse limitate. Le sinergie tra interventi per la sicurezza stradale e l'inquinamento atmosferico identificate in questo lavoro offrono promettenti opportunità per approcci integrati. Interventi come misure di riduzione della velocità, ottimizzazione del flusso di traffico e controllo delle emissioni dei veicoli possono potenzialmente affrontare contemporaneamente entrambe le problematiche sanitarie, massimizzando l'impatto anche con risorse limitate.
° Mazingi D et al:Leveraging Stakeholder Engagement for Adolescent School Journeys in Malawi: An Exploration of Road Safety and Air Pollution Interventions. International Journal of Environmental Research and Public Health. 2025; 22(5):758.
Inquinamento da sostanze chimiche non atmosferiche
1. Effetti specifici per sesso dell’ esposizione prenatale a ftalati e bisfenolo A sugli esiti avversi alla nascita
Lo studio suggerisce che l’ esposizione prenatale a BPA e a specifici ftalati (in particolare MCOP) possa aumentare il rischio di parto pretermine e basso peso alla nascita, con effetti modificati dal sesso del neonato e dall’ età materna. Questi risultati sottolineano l’importanza di considerare il timing dell’ esposizione, la combinazione di sostanze e le vulnerabilità biologiche individuali nelle politiche di prevenzione ambientale per la salute materno-infantile. L’ indagine è nata per capire se l’ esposizione durante la gravidanza ad interferenti endocrini - in particolare ftalati e bisfenolo A (BPA) - possa avere effetti negativi sui neonati. Il team di ricercatori ha usato i dati di un’ ampia coorte coreana (Ko-CHENS), che includeva oltre 2.000 mamme e bambini. Hanno misurato la quantità di ftalati e BPA nelle urine delle madri durante la gravidanza e poi hanno confrontato questi valori con gli esiti alla nascita, come il parto pretermine (cioè prima della 37ª settimana) e il basso peso alla nascita. I risultati hanno mostrato che le donne con livelli più alti di BPA all’inizio della gravidanza avevano più probabilità di partorire prematuramente. In particolare, l’ esposizione a MCOP (monocarbossioctil ftalato) era legata ad un aumento del rischio di parto pretermine

se presente in quantità elevate alla fine della gravidanza, e a un rischio maggiore di basso peso alla nascita se presente all’ inizio della gravidanza. In base al sesso, inoltre, si è visto che nei maschi, questi effetti erano ancora più marcati: se esposti a MCOP all’inizio della gravidanza, avevano un rischio molto più alto di nascere sottopeso; se l’ esposizione avveniva più tardi, aumentava il rischio di nascita prematura. Questi risultati suggeriscono che i feti di sesso maschile sarebbero più vulnerabili nei confronti dell’ esposizione a BPA e MCOP in periodi critici della gravidanza.
° Oh J et al: Sex-specific effects of prenatal exposure to phthalates and bisphenol A on adverse birth outcomes: Results from The Korean CHildren's ENvironmental health Study (Ko-CHENS). Environ Int. 2025 May;199:109518. doi: 10.1016/j.envint.2025.109518.
2. Esiti respiratori e neuroevolutivi nei neonati prematuri esposti a plastificanti in terapia intensiva neonatale: uno studio di coorte prospettico
Lo studio fornisce ulteriori prove che l’ esposizione precoce a sostanze chimiche come i plastificanti in terapia intensiva neonatale (TIN) può influenzare negativamente lo sviluppo respiratorio e neurologico dei neonati prematuri. I neonati prematuri hanno un rischio maggiore di effetti a lungo termine su sviluppo respiratorio e neurologico. Durante il ricovero in terapia intensiva neonatale, sono esposti a ftalati, che sono interferenti endocrini, e ad altri plastificanti alternativi che sono stati sviluppati in seguito alla disposizione del regolamento UE che ha limitato l'uso degli ftalati nei dispositivi medici. In questo studio è stata analizzata l'associazione tra l'esposizione cumulativa ai plastificanti nelle TIN e l'esito sulla funzione respiratoria e del neurosviluppo durante il primo anno di vita. I neonati prematuri di età gestazionale <31 settimane e/o peso alla nascita <1.500 g sono stati arruolati in modo prospettico (Studio Plastic-NICU) presso l'ospedale universitario di Anversa, in Belgio da giugno 2020 ad agosto 2022. Gli effetti sono stati valutati all'età corretta di 12 mesi, utilizzando le Bayley Scales of Infant and Toddler Development-III e questionari validati per l'esito respiratorio. Sono state misurate settimanalmente durante la degenza in terapia intensiva neonatale le concentrazioni urinarie dei biomarcatori dei plastificanti. Sono state analizzate le associazioni tra le miscele di biomarcatori plastificanti e l'esito clinico. Lo studio ha incluso 132 neonati prematuri di cui 13 sono morti prima della dimissione dalla terapia intensiva neonatale e 9 sono stati persi al follow-up prima dell'età corretta di 12 mesi. L'esposizione di neonati prematuri (n = 110) a specifiche miscele di plastificanti è correlata a un peggiore sviluppo motorio fine (ß -0.96; 95%-CI -1.76, -0.15; p = 0.02) e sviluppo ricettivo del linguaggio (ß -0.77; 95%-CI -1.23, -0.32; p = 0.001), e invece a un migliore sviluppo motorio grossolano (ß 2.24; 95%-CI 0.62, 3.86; p = 0.01) e sviluppo espressivo del linguaggio (ß 1.50; 95%-CI 0.33, 2.67; p = 0.02). L'esposizione nelle TIN a diverse miscele di plastificanti è stata associata a eczema (aOR 3.12; IC 95% 1.23, 9.11; p = 0.02), infezioni ripetute dell'orecchio (aOR 5.53; IC 95% 1.87, 23.14; p = 0.01) e a visite sanitarie per patologie respiratorie durante il primo anno di vita (aOR 8.50; IC 95% 2.05-55.91; p = 0.01). Gli autori concludono che l'esposizione cumulativa nelle TIN a ftalati e a plastificanti alternativi è stata associata a un aumento della morbilità respiratoria e dell'eczema durante il primo anno di vita. L'esposizione a specifiche miscele di plastificanti è correlata sia a
un peggioramento che a un miglioramento del neurosviluppo a un anno di età, e cambia a seconda del tipo di abilità considerata. Lo studio presenta come punto di forza l’uso prospettico di biomarcatori urinari e una valutazione strutturata dello sviluppo a un anno nei neonati prematuri. I limiti principali includono il campione ridotto, il setting monocentrico e la possibile influenza di fattori confondenti ambientali non controllati.
° Panneel L et al: One year respiratory and neurodevelopmental outcome of premature neonates after exposure to plasticizers in the neonatal intensive care unit - A prospective cohort study. Environ Res. 2025 Jun 1;274:121266. doi: 10.1016/j.envres.2025.121266. Epub 2025 Feb 28. PMID: 40024505.
3. Influenza dell'esposoma chimico prenatale sullo sviluppo neurologico dei bambini: uno studio basato sull’utilizzo dell’apprendimento automatico (machine learning)
Lo studio dimostra che un approccio integrato di machine learning permette di valutare l’impatto relativo di molteplici esposizioni chimiche e variabili ambientali e psicosociali che incidono sul neurosviluppo del bambino, suggerendo che nessun singolo elemento può essere considerato isolatamente. Il machine learning è una tecnica dell’intelligenza artificiale che permette ai computer di apprendere dai dati e fare previsioni senza istruzioni esplicite. In medicina è importante perché aiuta a identificare schemi complessi tra fattori ambientali, biologici e sociali, migliorando la prevenzione, diagnosi e trattamento di molte condizioni. Gli autori, utilizzando tecniche di machine learning, hanno analizzato come l’ esposizione a diverse sostanze chimiche ambientali (l'esposoma chimico) durante la gravidanza, sia singolarmente che in miscele complesse, possa impattare sullo sviluppo cerebrale e le funzioni neuro-cognitive dei bambini. Sono stati utilizzati dati provenienti da 406 coppie madre-bambino arruolate nello studio APrON (Alberta Pregnancy Outcomes and Nutrition). Le concentrazioni materne in campioni biologici (sangue, urine) di 32 esposizioni chimiche ambientali (ftalati, bisfenoli, sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS), metalli, oligoelementi) misurate durante la gravidanza e 11 fattori sociodemografici (istruzione materna, depressione materna, l'indice di massa corporea materno pre-gravidanza e il peso alla nascita del bambino, così come le misurazioni della salute mentale materna e valutazioni dettagliate dello sviluppo neurologico dei bambini) sono stati inseriti nella pipeline (sequenza automatizzata di passaggi, utilizzata per elaborare dati in modo sistematico e ripetibile) di machine learning. L'utilizzo di questo approccio rappresenta un' innovazione significativa nel campo della neurotossicologia ambientale, in quanto permette di superare le limitazioni dei metodi statistici tradizionali, che faticano a gestire la complessità delle esposizioni a miscele chimiche e le loro potenziali interazioni sinergiche o antagoniste. L'analisi delle esposizioni chimiche prenatali associate al neurosviluppo infantile ha rivelato che cadmio (Cd), ftalato monoetile, acido perfluorononanoico, zinco, bisfenolo S (BPS) e selenio erano tra le prime 10 variabili selezionate per prevedere gli esiti cognitivi. Oltre a queste, diverse altre sostanze chimiche ambientali, inclusi ftalati, PFAS, metalli ed oligoelementi, sono risultate predittive degli esiti cognitivi dei bambini. Per gli esiti linguistici, Cd, monocarbossi-isoottil ftalato (MCOP), molibdeno (Mo) e bisfenolo A (BPA) erano tra le prime 10 variabili selezionate, mentre per gli esiti motori numerosi ftalati e Mercurio (Hg) erano tra le pri-

me 10 variabili selezionate. Dal punto di vista sociodemografico, l'etnia materna e l'aumento di peso gestazionale sono stati classificati come i fattori principali predittivi degli esiti cognitivi, linguistici e motori nei bambini di 2 anni. Inoltre, sia per gli esiti cognitivi che linguistici, l'istruzione materna è stata classificata come un fattore importante, mentre per l'esito motorio, il punteggio EPDS materno (cioè i sintomi di depressione) nel secondo trimestre è risultato essere un predittore importante. I risultati ottenuti dimostrano il potenziale degli approcci di machine learning per identificare e determinare l' importanza relativa dei diversi predittori degli esiti dello sviluppo neurologico del bambino, ma si segnala che il modello spiega solo una piccola parte della variabilità osservata, indicando che l’ accuratezza predittiva è limitata e che molti altri fattori, non considerati, influenzano lo sviluppo neuropsicologico. La futura ricerca neurotossicologica dello sviluppo dovrebbe considerare l'esposoma chimico prenatale, così come le caratteristiche del campione, i fattori sociodemografici e la salute mentale materna, come importanti predittori del neurosviluppo infantile.
° Gillian England-Mason et al: Using machine learning to investigate the influence of the prenatal chemical exposome on neurodevelopment of young children, NeuroToxicology, Volume 108, 2025, Pages 218-230, ISSN 0161-813X.
4. L’ esposizione ai pesticidi piretroidi (PYRs) durante la prima infanzia può alterare lo sviluppo neurocognitivo L’ esposizione ai pesticidi piretroidi (PYRs) nella prima infanzia è diffusa e può avere effetti negativi sullo sviluppo neurocognitivo a 4 anni. L’ età di 2 anni sembra rappresentare una finestra sensibile durante la quale l’esposizione ai PYRs può avere un impatto particolarmente dannoso sulle abilità motorie e linguistiche. Questi risultati sottolineano la necessità di ridurre al minimo o evitare l’ esposizione ai PYRs negli ambienti di vita dei bambini, soprattutto intorno ai 2 anni di età. Gli autori hanno indagato l’ associazione longitudinale tra l’ esposizione ai PYRs in età infantile e lo sviluppo neurocognitivo all’ età di 4 anni. La ricerca è stata condotta nell’ ambito della Xuanwei Birth Cohort, avviata nel gennaio 2016 nelle aree rurali dello Yunnan, in Cina. Sono stati raccolti campioni di urina (n = 263) all’ età di 1 e 2 anni, analizzati per la presenza di metaboliti dei PYRs, tra cui l’acido 3-fenossibenzoico (3-PBA), l’ acido 4-fluoro-3- fenossibenzoico (4-F-3-PBA) e l’ acido cis-3-(2.2-dibromovinil)-2.2-dimetilciclopropano-1-carbossilico (DBCA). Le concentrazioni dei metaboliti sono state classificate in due gruppi di esposizione (bassa/ alta) utilizzando come soglia il 75° percentile. Lo sviluppo neurocognitivo a 4 anni è stato valutato tramite le Griffiths Development Scales – Chinese Edition (GDS-C), considerando un quoziente di sviluppo (DQ) < 85 come indicativo di basso livello di sviluppo. Sono stati applicati modelli di regressione lineare multipla e logistica per analizzare le associazioni tra esposizione ai PYRs e gli esiti neuroevolutivi. I metaboliti dei PYRs sono stati rilevati nel 98.48% dei bambini sia a 1 che a 2 anni. A 1 anno, le concentrazioni medie di 3-PBA, 4-F-3-PBA e DBCA erano rispettivamente di 0.51 μg/L, 0.30 μg/L e <0.09 μg/L. A 2 anni, i valori corrispondenti risultavano più elevati: 0.88 μg/L, 0.82 μg/L e 0.52 μg/L. All’ età di 4 anni, il DQ medio generale era pari a 90.87 ± 11.37, con il 28.14% dei bambini classificati come a basso livello di sviluppo. L’ analisi di regressione lineare ha evidenziato che concentrazioni più elevate di 3-PBA a 2 anni erano significa-
tivamente associate a punteggi più bassi nelle abilità motorie (β = −14.61; IC 95%: -24.93 – -4.30) e linguistiche (β = -10,89; IC 95%: -19.38 – -2.41). L’ analisi di regressione logistica ha mostrato che livelli più elevati di 3-PBA a 2 anni erano positivamente associati a un basso sviluppo nell’ area del linguaggio (OR = 3.23; IC 95%: 1.33–7.83), ma inversamente associati a basso sviluppo nell’area personale–sociale (OR = 0.23; IC 95%: 0.07–0.79). Lo studio, di tipo prospettico su una coorte seguita dalla nascita ai 4 anni, ha il punto di forza nell’ uso di misurazioni biologiche dirette dell’esposizione ai piretroidi in due momenti dell’ infanzia e nella valutazione neuroevolutiva standardizzata, permettendo di individuare una possibile finestra sensibile a 2 anni per effetti sullo sviluppo motorio e linguistico. Tuttavia, la dimensione campionaria ridotta, la popolazione limitata a un’area rurale cinese, il possibile residuo di confondimento e la mancata valutazione di altre esposizioni ambientali ne limitano la generalizzabilità e la definizione di soglie cliniche di rischio.
° Jirong Li et al:Effects of daily exposure to pyrethroid pesticides during infancy on children neurodevelopment at age four: A prospective study in rural Yunnan, China,NeuroToxicology,Volume 108,2025,Pages 105112,ISSN 0161-813X.
5. Esposizione a PFAS e rischi per la salute in età evolutiva: evidenze da studi di biomonitoraggio umano Questo studio fornisce una panoramica completa sui PFAS, comprese le proprietà fisico-chimiche dei diversi composti e le loro fonti nei vari comparti ambientali. Vengono esaminati gli studi di biomonitoraggio umano (HBM) per valutare il grado di esposizione e l’ accumulo di questi contaminanti nei tessuti e nei fluidi biologici umani. Il biomonitoraggio dei PFAS prevede in genere l’analisi di sangue (siero e plasma), latte materno e urine. I PFAS sono stati rilevati frequentemente nel siero umano, con concentrazioni variabili: per esempio, in alcune popolazioni in Cina sono stati segnalati livelli di PFOA fino a 191 ng/mL e di PFOS fino a 14 ng/mL, mentre nei paesi africani le concentrazioni mediane risultano molto più basse (0.12 ng/mL per PFOA e 0.53 ng/mL per PFOS). Queste differenze regionali riflettono variazioni nell’ esposizione e nell’uso dei PFAS. Il latte materno rappresenta un’ ulteriore matrice utile per valutare l’ esposizione umana ai PFAS: gli studi dimostrano che PFOA (acido perfluoroottanoico) e PFOS (perfluoroottano sulfonato) restano i due PFAS predominanti in questo fluido. La revisione valuta anche gli effetti sulla salute dell’ esposizione ai PFAS nelle popolazioni vulnerabili — feti, lattanti, bambini e adolescenti. I risultati indicano che i PFAS contribuiscono a esiti avversi della crescita fetale e della nascita. L’ esposizione durante la gravidanza e la prima infanzia è associata a diversi effetti negativi, tra cui basso peso alla nascita, ritardo di crescita fetale e problemi dello sviluppo. Alcuni studi hanno inoltre individuato un legame tra esposizione ai PFAS e sviluppo cognitivo e comportamentale nei bambini, compresi disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), riduzione del quoziente intellettivo e ansia. Sebbene le evidenze scientifiche non siano ancora definitive, sono necessarie ulteriori ricerche per determinare appieno l’ impatto dell’ esposizione ai PFAS durante questi periodi di sviluppo sensibili. La letteratura scientifica ha infine messo in evidenza un’ associazione tra esposizione ai PFAS e diversi rischi per la salute di bambini e adolescenti, tra cui ADHD, disturbi comportamentali, pubertà precoce, malattie renali, alterazioni degli ormoni tiroidei e modi-

fiche degli ormoni riproduttivi. Questa revisione completa mette in evidenza la natura complessa della contaminazione da PFAS e sottolinea la necessità di proseguire la ricerca per supportare la valutazione del rischio, lo sviluppo di politiche e di interventi pubblici.
° Dehghani, M. H., Aghaei, M., Bashardoust, P., et al. (2025). An insight into the environmental and human health impacts of per- and polyfluoroalkyl substances (PFAS): Exploring exposure pathways and their implications. Environmental Sciences Europe, 37, 81.
6. Esposizione prenatale a ritardanti di fiamma organofosfati e rischio di labiopalatoschisi non sindromica: evidenze da uno studio caso-controllo basato su biomarcatori placentari Questo studio fornisce nuove evidenze epidemiologiche secondo cui l’ esposizione prenatale a una miscela di ritardanti di fiamma organofosfati (organophosphate flame retardants OPFR) può aumentare il rischio di labiopalatoschisi non sindromica (Nonsyndromic cleft lip and/or palate, NSCL/P). Questi risultati sottolineano l’importanza di ridurre l’esposizione ambientale a OPFR durante lo sviluppo fetale per mitigare l’impatto di questa diffusa malformazione congenita. La labiopalatoschisi non sindromica è una delle malformazioni congenite più comuni, con eziologia multifattoriale in cui l’ambiente gioca un ruolo importante. Gli OPFR sono contaminanti emergenti usati come additivi in materiali plastici, tessili e arredi, noti per la loro capacità di migrare nell’ ambiente e bioaccumularsi. Studi precedenti hanno collegato l’ esposizione a OPFR ad esiti avversi sulla fertilità, lo sviluppo fetale e la funzione endocrina, ma la relazione con la NSCL/P non era stata finora studiata. Lo studio ha incluso 134 casi di NSCL/P e 292 controlli, reclutati in diverse province cinesi tra il 2005 e il 2021. Le placente sono state raccolte subito dopo il parto e analizzate per sei OPFR (tra cui TCEP, TCPP, TDCPP, TBP) tramite gascromatografia–spettrometria di massa tandem. L’ analisi statistica ha incluso modelli di regressione logistica tradizionale, modelli a kernel bayesiano (Bayesian Kernel Machine Regression, BKMR) per valutare effetti misti e interazioni, e regressione a somma di quantili pesati (Weighted Quantile Sum, WQS) per stimare il contributo relativo di ciascun composto. Sono stati aggiustati i principali fattori confondenti materni (età, BMI, istruzione, fumo passivo, stato socioeconomico). Nel modello logit, il TBP (tributilfosfato) era significativamente associato a un aumento del rischio di NSCL/P, mentre bassi livelli di TCPP (tris(1-cloro-2-propil)fosfato) mostravano un’associazione positiva inattesa con il rischio. Il modello BKMR ha mostrato un effetto combinato significativo dell’esposizione a più OPFR, con il TBP come contributore principale. Nel modello WQS, l’indice di esposizione era positivamente associato al rischio (OR=1.15; IC 95%: 1.07–1.24), con il TBP che rappresentava il 90% del peso totale. Sono state osservate differenze dose-risposta, con un incremento del rischio alle concentrazioni più alte di TBP. I dati forniscono la prima evidenza epidemiologica che l’ esposizione prenatale a miscele di OPFR, e in particolare al TBP, può aumentare il rischio di labiopalatoschisi non sindromica. Il lavoro evidenzia l’importanza di ridurre l’ esposizione materna a queste sostanze durante la gravidanza, soprattutto considerando la loro ampia diffusione nei prodotti di uso quotidiano e nell’ambiente indoor. Lo studio, primo a indagare il legame tra esposizione prenatale a OPFR e labiopalatoschisi non sindromica, si distingue per l’uso di biomarcatori placentari e analisi statistiche
Ambiente e Salute
avanzate, ma è limitato dal disegno caso-controllo, dal campione relativamente ridotto e dalla generalizzabilità circoscritta.
° Lin, S. et al: Associations between organophosphate flame retardants and risk for nonsyndromic cleft lip and/or palate in offspring. Environ Sci Eur 37, 107 (2025).
1. Uso del telefono cellulare e incidenza dei tumori cerebrali negli Stati Uniti tra il 2000 e il 2021 I risultati dello studio suggeriscono che l’uso dei telefoni cellulari non sia associato a un aumento del rischio di tumori cerebrali, né maligni né benigni, né nei bambini né negli adulti. Questo studio ha affrontato una preoccupazione di lunga data relativa alla possibile associazione tra l’uso dei telefoni cellulari e l’insorgenza di tumori cerebrali. L’analisi si è basata sui dati del registro SEER 22 (Surveillance, Epidemiology and End Results), che raccoglie informazioni sull’incidenza dei tumori negli Stati Uniti stratificati per sesso ed etnia. Sono stati esaminati i tassi di incidenza standardizzati per età (ASR) di tumori cerebrali maligni e benigni, inclusi gli schwannomi vestibolari (neurinomi acustici dell’ottavo nervo cranico), nel periodo 2000–2021. I dati sono stati messi in relazione con il numero di abbonamenti alla telefonia mobile registrati negli Stati Uniti tra il 1985 e il 2024, abbonamenti che hanno mostrato un aumento esponenziale (circa 1.200 volte). Nonostante tale crescita nell’uso dei dispositivi mobili, non si osserva un corrispondente incremento nei tassi di incidenza dei tumori cerebrali. L’ analisi della variazione percentuale annuale (APC) ha evidenziato un calo dell’incidenza dei tumori maligni (−0.6%, p = 0.0004), una stabilità per i tumori del lobo temporale (−0.06%, p = 0.551) e un lieve aumento per quelli benigni (+1.9%, p = 0.00003). Per quanto riguarda gli schwannomi vestibolari benigni, l’APC è risultata non significativa (+0.09%, p = 0.8237), rafforzando l’ipotesi che l’uso del cellulare non sia associato a questo tipo di tumore. Lo studio presenta diversi punti di forza, tra cui l’utilizzo del registro SEER 22, una delle fonti epidemiologiche più complete e affidabili negli Stati Uniti, e l’analisi di lungo periodo dei dati (dal 2000 al 2021), che consente di osservare in modo affidabile le tendenze temporali nei tassi di incidenza. Inoltre, la correlazione con l’andamento reale delle sottoscrizioni mobili su scala nazionale fornisce un valido indicatore della diffusione dell’esposizione nella popolazione. Lo studio presenta anche alcuni limiti. In primo luogo, la correlazione tra l’uso dei telefoni cellulari e l’incidenza tumorale è valutata a livello ecologico, quindi non è possibile stabilire un legame causale diretto a livello individuale. Inoltre, l’uso delle sottoscrizioni telefoniche come proxy per l’ esposizione non tiene conto delle modalità d’uso (frequenza, durata, distanza dalla testa, uso di auricolari). Infine, lo studio non considera altri fattori di rischio potenzialmente confondenti, né analizza sottogruppi vulnerabili o periodi critici di esposizione.
° Zhang L. et al: Trends in Malignant and Benign Brain Tumor Incidence and Mobile Phone Use in the U.S.(2000–2021): A SEER-Based Study. International Journal of Environmental Research and Public Health.2025; 22(6):933.

1. Esposizione residenziale al rumore, spazio verde e acquisizione del linguaggio da parte dei bambini I dati emersi da questo studio indicano come la pianificazione urbana e le politiche mirate all’attenuazione del rumore nei quartieri limitrofi alle scuole possano avere effetti positivi sullo sviluppo del linguaggio nella prima infanzia. L’ inquinamento acustico è stato collegato in letteratura ad alterazione dello sviluppo di una serie di abilità linguistiche. Gli autori di questo studio hanno esaminato l’associazione tra l’ esposizione al rumore e lo sviluppo del linguaggio in 33.153 bambini della scuola dell’ infanzia di Vancouver, Canada, arruolati tra il 1° aprile 2000 e il 31 dicembre 2005. L’ esposizione al rumore è stata misurata utilizzando la modellazione deterministica del rumore, mentre lo sviluppo del linguaggio attraverso un questionario compilato dagli insegnanti (Early Development Instrument). Sono stati inoltre valutati i potenziali effetti di interazione sullo sviluppo del linguaggio della presenza di vegetazione, misurata mediante immagini satellitari. Il livello medio di rumore a cui sono risultati esposti i bambini è stato di 63.5 dB(A) e la percentuale media di vegetazione all’ interno di una zona cuscinetto di 250 metri di raggio dalla scuola del 31,8%. È emerso come un aumento dell’esposizione al rumore aumentasse in modo indipendente le probabilità di non soddisfare le aspettative di sviluppo nell’ alfabetizzazione di base (OR: 1.18, 95 % CI: 1.12-1.25), nell’ alfabetizzazione avanzata (OR: 1.11, 95 % CI: 1.07-1.16), e nella comunicazione e conoscenze generali (OR: 1.10, 95 % CI: 1.06-1.14). La presenza di vegetazione è risultata avere invece effetti di interazione con le competenze alfabetiche di base e avanzate in un ambiente rumoroso. In conclusione in questo studio di coorte si è riscontrato come una maggiore esposizione residenziale al rumore sia associata a risultati peggiori nello sviluppo del linguaggio, evidenziando al contrario effetti positivi in presenza di vegetazione sia nelle abilità di alfabetizzazione di base che in quelle avanzate. Lo studio fornisce un’ evidenza robusta di un’associazione tra esposizione residenziale al rumore e minori risultati linguistici, con un effetto protettivo del verde urbano solo parzialmente confermato. Tuttavia, restano aperte questioni legate alla causalità, contemporaneità dei dati e contesto ambientale specifico.
° Xing Yu et al: Residential exposure to noise, green space, and children’s language acquisition. Environment International, Volume 200, 2025, 109524, ISSN 0160-4120.
1. Effetti dei dispositivi digitali sul comportamento dei bambini sauditi
Questo studio ha rilevato un’ associazione significativa tra le caratteristiche dell’uso degli schermi, i fattori sociodemografici e la gravità dei sintomi correlati all’ ADHD nei bambini della Provincia Orientale dell’Arabia Saudita. Preoccupazioni recenti suggeriscono un possibile legame tra l’aumento del tempo trascorso davanti agli schermi e la manifestazione dei sintomi dell’ ADHD. Questo studio ha esaminato la relazione tra il tempo di esposizione agli schermi e i sintomi correlati all’ ADHD in bambini con sviluppo tipico di età compresa tra 3 e 18 anni, residenti nella
Provincia Orientale dell’Arabia Saudita. I dati sono stati raccolti tramite un questionario online compilato dai caregiver, incentrato sulle abitudini di utilizzo degli schermi, sui sintomi legati all’ ADHD (misurati con la scala SNAP-IV) e su potenziali fattori confondenti. Hanno partecipato in totale 324 bambini, con una leggera prevalenza maschile (52.2%) e un’ età mediana di 9.07 anni. La maggior parte dei bambini era di nazionalità saudita (97.5%) e viveva in aree urbane (70.7%). L’ utilizzo degli schermi per più di 5 ore al giorno è risultato associato a punteggi totali più elevati sulla scala SNAP-IV. L’ analisi multivariata ha evidenziato che il tempo di esposizione non regolamentato agli schermi, la presenza di disturbi correlati e un livello di istruzione materna più basso erano fortemente associati a punteggi SNAP-IV più alti. Lo studio presenta punti di forza rilevanti, tra cui l’uso di uno strumento validato (SNAP-IV) e l’ analisi multivariata dei dati, che consente di evidenziare associazioni tra tempo di esposizione agli schermi, fattori sociodemografici e sintomi riferibili ad ADHD. Tuttavia, il disegno trasversale, l’uso di questionari auto-riferiti e l’ assenza di una diagnosi clinica formale limitano la possibilità di trarre conclusioni causali. Inoltre, la composizione del campione, prevalentemente urbano e saudita, riduce la generalizzabilità dei risultati ad altri contesti.
° AlQurashi FO et al: Screen Time Matters: Exploring the Behavioral Effects of Devices on Saudi Children. International Journal of Environmental Research and Public Health. 2025; 22(5):741.
Ambienti naturali
1. Come i bambini percepiscono il verde urbano e le tecnologie digitali connesse alla natura Il contatto regolare con spazi verdi è benefico per la salute fisica e mentale dei bambini. Le esperienze dirette in natura, specialmente se condivise con coetanei o adulti coinvolti, sono fondamentali per promuovere stili di vita sani e consapevolezza ambientale. Gli strumenti digitali possono affiancare, ma non sostituire, l’esperienza reale e relazionale con la natura. Per “infrastruttura verde urbana” (UGI) si intende una rete interconnessa di aree verdi e sistemi ecologici multifunzionali all'interno o intorno alle aree urbane, che svolge un ruolo vitale nello sviluppo fisico e cognitivo dei bambini. La ridotta interazione dei bambini con le UGI è in parte attribuita alla loro crescente dipendenza dalla tecnologia digitale, ma, al contrario, l’uso di tecnologie e strumenti digitali potrebbe forse influenzare positivamente questa interazione. In questo studio gli autori si propongono di identificare gli elementi che possono facilitare o ostacolare l'interazione bambini-natura a seconda dell'età, del sesso e dell’utilizzo o meno di uno strumento digitale. È stato valutato un totale di 153 bambini di età compresa tra gli 8 e i 12 anni e 109 genitori arruolati ad Apeldoorn, nei Paesi Bassi. I bambini hanno esplorato una UGI utilizzando un'applicazione basata su GPS o, in alternativa, una guida e una mappa. Il gioco con i coetanei e le famiglie è risultato un facilitatore della loro interazione con la natura e l'uso di strumenti digitali una barriera. I risultati mostrano inoltre che la percezione del legame con la natura da parte dei bambini è più alta tra le bambine ed è correlata positivamente con la percezione del legame con la natura da parte dei genitori e con la conoscenza degli stili di vita che ne potenziano i benefici. La percezione del legame con la natura da parte dei bambini aumenta dopo aver

svolto un'attività legata alla natura in tutti i gruppi analizzati. I risultati di questo studio oltre a contribuire allo stato dell'arte della letteratura sul tema, identificando gli elementi facilitatori e le barriere all'interazione bambini (tra cui la presenza o l'assenza di strumenti digitali), offrono diverse raccomandazioni per i progettisti, i pianificatori e i responsabili delle politiche per progettare UGI a misura di bambino.
° Shengchen Yin et al: Children's perception of urban green infrastructure and nature-related digital tools, Journal of Environmental Psychology, Volume 103,2025, 102565, ISSN 0272-4944.
2. Test pilota di un programma di ecoterapia per l'adolescenza: risultati iniziali e riflessioni metodologiche
Lo studio riporta i risultati preliminari di un primo progetto pilota di ecoterapia per un gruppo di adolescenti con problemi di salute mentale da lievi a moderati (ansia e depressione). La ricerca è ambientata nella penisola sud-occidentale del Regno Unito, una grande area rurale di straordinaria bellezza mista ad aeree urbane. Questo studio si basa sulla collaborazione tra il team di salute pubblica del Plymouth City Council, i servizi di salute mentale Livewell, il team di pianificazione ambientale, i servizi per i giovani e ricercatori professionisti. Lo studio, avviato in epoca pre-Covid (dicembre 2021 – aprile 2022), è stato ripreso nell’aprile 2024 e attualmente è ancora in corso. Il progetto prevede il reclutamento di tre gruppi di giovani, tutti seguiti dai servizi di salute mentale. Ogni gruppo partecipa a tre sessioni settimanali di ecoterapia, organizzate per fasce d’età: 11–13 anni, 14–18 anni e, in caso di bisogni educativi speciali, fino ai 25 anni. Ogni sessione si svolge in piccoli gruppi di 4–6 partecipanti. Viene utilizzata la Revised Child Anxiety and Depression Scale (RCADS) per produrre una scala di ansia totale e una scala di internalizzazione totale, per verificare i benefici dell'ecoterapia. Durante le sessioni il responsabile dell'ecoterapia mostra la fattoria ai partecipanti, i quali nutrono gli animali (anatre e maiali), partecipano al “cammino con la volpe” (un esercizio di esplorazione sensoriale che consiste nel camminare lentamente e in silenzio nella natura, favorendo rilassamento, attenzione e connessione con l’ ambiente) e al termine della sessione i partecipanti condividono le loro impressioni. Dai dati preliminari (primo gruppo di 8 ragazzi di 10-13 anni di età) gli autori evincono che stare all' aperto circondati dalla natura ha aiutato i ragazzi a rilassarsi e a partecipare alle sessioni, ha dato loro un maggiore senso di libertà, diverso da quello della scuola; i ragazzi si sono divertiti a interagire con gli animali della fattoria, hanno appreso nuove abilità pratiche, sociali ed emotive, le quali hanno contribuito a migliorare la loro fiducia e indipendenza. Questo studio pilota porta risultati promettenti, anche se non conclusivi, sui benefici dell'ecoterapia e mostra come un team di sanità pubblica possa utilizzare un approccio “Human Learning Systems” nella valutazione qualitativa dei servizi di ecoterapia. L’ approccio “Human Learning Systems” si basa sull’idea che i servizi pubblici devono essere costruiti attorno alle persone, al contesto e all’ apprendimento continuo, superando la logica prestazionale e valorizzando la complessità relazionale dei percorsi di cura. Lo studio si distingue per l’ approccio innovativo e intersettoriale, che integra natura, salute mentale e comunità. L’utilizzo di uno strumento validato (RCADS) e la strutturazione di sessioni ecoterapeutiche in piccoli gruppi favoriscono l’ accessibilità e l’ingaggio emotivo degli adolescenti, anche con bisogni educativi speciali. Tuttavia,
si tratta di uno studio qualitativo pilota con un campione molto ristretto (n=8) e senza gruppo di controllo, per cui i risultati non sono generalizzabili né sufficienti a valutare l’ efficacia dell’intervento. I dati raccolti servono principalmente a esplorare la fattibilità del programma e a generare ipotesi per studi futuri più ampi e controllati.
° Westwood S.et al: Pilot Testing an Ecotherapy Program for Adolescence: Initial Findings and Methodological Reflections. International Journal of Environmental Research and Public Health. 2025; 22(5):720.
1. ▶ Microplastiche in alimenti e bevande: fattori predittori della percezione del rischio da parte del pubblico e sostegno alle politiche di riduzione della plastica basate sul clima Comprendere come la popolazione percepisce il rischio legato alle microplastiche è fondamentale per costruire consenso intorno a misure di prevenzione efficaci, incluse regolamentazioni sulla plastica negli alimenti per l’infanzia. Il mondo si trova ad affrontare una triplice crisi planetaria, caratterizzata da cambiamenti climatici, perdita di biodiversità e inquinamento. I comportamenti umani sono i fattori chiave di queste crisi e quindi le soluzioni devono concentrarsi sulla comprensione dei fattori che influenzano i livelli di percezione del rischio e la disponibilità delle persone a sostenere e praticare azioni di cambiamento a livello di sistema (ad esempio, misure normative efficaci). In questo studio, gli autori hanno adattato un modello teorico già usato con successo per capire come le persone percepiscono i rischi legati al cambiamento climatico (il Climate Change Risk Perception Model, CCRPM), applicandolo a un altro tema ambientale molto discusso: l’inquinamento da plastica, e in particolare la presenza di microplastiche negli alimenti e nelle bevande. Analizzando i dati di un sondaggio effettuato in Austria (N = 741), gli autori hanno riscontrato una percezione del rischio relativamente alta riguardo alla presenza di microplastiche negli alimenti/bevande. Le politiche di tipo “pull” (incentivi) ricevono più consenso rispetto a quelle “push” (sanzioni). Una maggiore percezione del rischio è stata predetta soprattutto da fattori socioculturali ed esperienziali (ad esempio, l’ importanza che gli individui attribuiscono al benessere dell'ambiente naturale e dei suoi ecosistemi e, al contrario, ai possibili effetti negativi legati alla presenza di microplastiche in cibi e bevande e al dialogo con altri sul tema). Questi risultati mostrano che modelli come il CCRPM possono essere utili anche per affrontare problemi ambientali e sanitari diversi, come quello delle microplastiche nel cibo e nelle bevande. In particolare, aiutano a capire quali fattori psicologici spingono le persone a percepire il problema come rischioso e a sostenere o meno le politiche per ridurlo. Questa conoscenza può essere molto utile per progettare strategie di comunicazione e interventi più efficaci, capaci di aumentare la consapevolezza e il coinvolgimento della popolazione.
° Leonie Fian et al:Microplastics in food and drink: Predictors of public risk perceptions and support for plastic-reducing policies based on a climate change framework. Journal of Environmental Psychology, Volume 103, 2025, 102583, ISSN 0272-4944.

2. Il mondo naturale intorno a me: un’ esplorazione qualitativa del rapporto dei giovani con la natura e della sua relazione con il benessere e l’orientamento pro-ambientale Gli autori esplorano in profondità l’esperienza soggettiva dei giovani nel rapporto con la natura, ponendo al centro l’interconnessione tra benessere psicologico e comportamenti pro-ambientali. Attraverso un approccio qualitativo, basato su focus group con 21 giovani tra i 12 e i 26 anni, lo studio offre una narrazione ricca e articolata del modo in cui i giovani costruiscono senso attorno alla natura, rivelando dimensioni affettive, simboliche e identitarie spesso trascurate nella letteratura quantitativa dominante. Quattro i temi principali emersi dall’analisi tematica: (1) le fondamenta del nostro rapporto con la natura, che evidenziano come l’infanzia, la famiglia e la cultura plasmino profondamente la connessione ambientale; (2) i percorsi verso il benessere, dove la natura è vissuta come rifugio, fonte di quiete e di regolazione emotiva; (3) le barriere alla connessione con la natura, che includono ostacoli di tipo materiale, sociale e psicologico; e (4) la connessione alla natura di fronte alla crisi ecologica, che richiama sentimenti contrastanti di dolore, responsabilità e speranza. La ricerca evidenzia come, per molti giovani, la relazione con la natura sia intrinsecamente ecocentrica, ovvero essi vanno oltre il proprio benessere personale, per valorizzare la natura come parte viva e degna del mondo, con cui costruire un rapporto rispettoso e co-esistente. Questo spostamento di prospettiva rappresenta un’importante sfida teorica: il legame con la natura non è solo terapeutico, ma anche etico, affettivo e politico, e può fungere da base per una cittadinanza ecologica attiva. L’ articolo invita dunque a ripensare il ruolo delle politiche educative, sanitarie e ambientali, ponendo maggiore attenzione alla voce dei giovani e riconoscendo la natura come spazio relazionale e generativo, capace di sostenere processi trasformativi sia individuali che collettivi. Lo studio offre un contributo originale dando voce ai giovani e approfondendo, attraverso un approccio qualitativo, la dimensione soggettiva del loro rapporto con la natura in relazione al benessere e ai comportamenti pro-ambientali. Tra i punti di forza, l’uso dei focus group, la varietà culturale del campione e l’analisi tematica che valorizza aspetti affettivi ed etici spesso trascurati. Tuttavia, il campione ristretto e non rappresentativo, le possibili influenze delle dinamiche di gruppo e l’ampia fascia d’età dei partecipanti limitano la generalizzabilità dei risultati. Nonostante ciò, lo studio apre prospettive importanti per interventi educativi e di salute pubblica più attenti alla voce delle nuove generazioni.
° Topaz Shrestha et al: The natural world around me; a qualitative exploration of young people's relationship to nature and how it relates to their wellbeing and feelings of pro-environmental behaviour, Journal of Environmental Psychology, Volume 103, 2025, 102556, ISSN 0272-4944.
Le nuove generazioni saranno esposte, per tutta la vita, a eventi climatici estremi come mai prima d’ora
A cura di Elena Uga
Gli eventi climatici estremi si stanno intensificando a causa dei cambiamenti climatici antropogenici (ondate di calore, inondazioni, siccità, riduzione dei raccolti, incendi e cicloni tropicali), tuttavia, non è ancora chiaro come questa esposizione cumulativa e senza precedenti possa impattare sulla salute nel corso della vita di una persona. Secondo le proiezioni, i suddetti estremi climatici si verificheranno più frequentemente nell'arco della vita delle attuali giovani generazioni. Pertanto, il numero di eventi estremi climatici sperimentati nel corso della vita di una persona potrà superare di gran lunga l'esposizione prevista in un clima preindustriale. Gli autori di questo lavoro hanno utilizzato modelli climatici, modelli di impatto e dati demografici per calcolare il numero di futuri nascituri che sperimenteranno, nel corso della loro vita, un'esposizione cumulativa agli eventi climatici estremi superiore al 99.99° percentile rispetto all’esposizione prevista in un clima preindustriale. Questa analisi inoltre non ha quantificato solo l'esposizione locale, ma anche gli effetti degli estremi climatici che si propagano a cascata. Nel 2023, il fumo provocato da un’ intensa stagione di incendi in Canada è stato trasportato verso sud lungo la costa orientale degli Stati Uniti, esponendo milioni di persone a un grave peggioramento della qualità dell’ aria e causando un aumento delle malattie cardiopolmonari. Un altro aspetto rilevante è che gli eventi climatici estremi hanno anche un impatto economico sulla società, ad esempio causando un aumento del costo della vita a causa delle interruzioni nelle catene di approvvigionamento, oppure richiedendo un incremento della tassazione per finanziare la ricostruzione delle infrastrutture pubbliche danneggiate. Inoltre, i cambiamenti climatici mettono a rischio la produzione di colture di base nei principali Paesi “granaio” che forniscono la maggior parte dell’ apporto calorico globale, costringendo i mercati a un’instabilità che solo i più ricchi possono affrontare. Questi dati ad oggi però non tengono conto della modalità con cui le persone si adattano agli eventi estremi e quindi potenzialmente riducono la loro esposizione o vulnerabilità (per esempio, l'esposizione alle ondate di calore può essere ridotta per i gruppi di popolazione che possono permettersi l'accesso all'aria condizionata). Inoltre alcune realtà demografiche non sono state prese in considerazione (ad esempio la migrazione all' interno del Paese, la fertilità e la mortalità che sono condizionate dagli estremi climatici considerati). Infine, la vulnerabilità agli eventi climatici estremi può variare in base a fattori come l’ età, il sesso o la presenza di disabilità. Con la disponibilità di dati più precisi, sarà possibile approfondire l’ analisi dell’ interazione tra cambiamento climatico e variabili dinamiche della popolazione, migliorando la comprensione dei fattori di vulnerabilità. Ad oggi secondo le proiezioni esposte nello studio il numero di nascituri che affronterà questa esposizione senza precedenti a ondate di calore, scarsità di raccolti, inondazioni fluviali, siccità, incendi e cicloni tropicali raddoppierà, considerando un riscaldamento globale che raggiunga i 2.7 °C al di sopra delle temperature preindustriali, entro il 2100. Con un aumento di 1.5 °C, il 52% delle persone

nate nel 2020 sperimenterà un'esposizione alle ondate di calore senza precedenti nel corso della vita. Se il riscaldamento globale raggiungerà i 3.5 °C entro il 2100, questa percentuale salirà al 92% per le ondate di calore, al 29% per la scarsità dei raccolti e al 14% per le inondazioni. La probabilità di sperimentare un’ esposizione senza precedenti (Unprecedented Lifetime Exposure, ULE) agli eventi climatici estremi risulta significativamente più alta tra i gruppi di popolazione con maggiore vulnerabilità socioeconomica. I dati mostrano che una larga parte delle coorti di nascita attuali, a livello globale, è destinata a vivere nel corso della propria vita un'esposizione mai registrata prima a sei tipologie di estremi climatici: ondate di calore, inondazioni fluviali, siccità, fallimenti agricoli, incendi boschivi e cicloni tropicali. Con l'aumento della frequenza di questi eventi, determinato dal riscaldamento globale, cresce parallelamente la quota di popolazione globale che affronterà un livello cumulativo di esposizione senza precedenti. Sono quindi necessarie politiche più ambiziose per raggiungere l'obiettivo dell'Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a 1.5 °C entro il 2100 rispetto ai 2.7 °C previsti dalle politiche attuali, soprattutto perché proprio nei gruppi di popolazione più vulnerabili è maggiore il numero di persone che si preveda debba affrontare un' esposizione senza precedenti alle ondate di calore. Secondo le stime esposte in questo studio i bambini raccoglierebbero direttamente e per primi i benefici di politiche volte a ridurre il riscaldamento globale: un totale di 613 milioni di bambini nati tra il 2003 e il 2020 eviterebbe l'esposizione alle ondate di calore. 98 milioni di bambini eviterebbero le conseguenze della riduzione dei raccolti, 64 milioni delle inondazioni, 76 milioni dei cicloni tropicali, 26 milioni della siccità e 17 milioni degli incendi. Questi risultati evidenziano l’ urgenza di una riduzione profonda e duratura delle emissioni di gas serra, al fine di contenere l’impatto del cambiamento climatico sulle giovani generazioni di oggi e su quelle future.
° Grant, L. et al.Global emergence of unprecedented lifetime exposure to climate extremes. Nature 641, 374–379 (2025).

bambino
complessità
Võ HH, Seltzer RR, Scott M, Feudtner C, Foster C
Safe Enough: Subjective Determinations in Hospital Discharge for Patients With Medical Complexity Pediatrics. 2025 Jun 1;155(6):e2024067585. doi: 10.1542/peds.2024-067585. PMID: 40355131
Rubrica L’ articolodelmese
Commento di Martina Fornaro1, Enrico Valletta2
1. UOC Pediatria e Neonatologia, AST Macerata, Macerata
2. UOC Pediatria, AUSL Romagna, Forlì
La dimissione protetta di un bambino con patologia ad elevata complessità assistenziale è un passaggio critico di un percorso di cura e presa in carico che, iniziato in ospedale deve prolungarsi a domicilio in condizioni di sicurezza e sostenibilità per la famiglia e per i servizi socio-sanitari ai quali sarà affidato. È necessario mantenere una visione olistica e multidisciplinare che tenga conto delle esigenze cliniche del bambino e, allo stesso tempo, delle opinioni della famiglia riguardo a cosa sia “il meglio” per lui e per l’intero nucleo familiare. L’ articolo affronta in maniera narrativa un caso emblematico attorno al quale si sviluppano importanti considerazioni, non esclusivamente tecniche, ma soprattutto etiche e culturali, in un complesso tentativo di valorizzare le risorse dei caregivers e del contesto sociale che li sostiene e di raggiungere, al contempo, un ragionevole livello di sicurezza in ambito domiciliare al momento della dimissione dall’ ospedale.
The protected discharge of children with complex care needs. The search for the best, but what is the best?
Effecting a safe and protected hospital discharge for a child with a complex medical condition is a pivotal step in a continuum of care. This transition from the inpatient setting to the home must be structured to ensure the long-term safety and sustainability of care for the family and the social and health services involved. A holistic, multidisciplinary framework is therefore indispensable. Such an approach necessitates a balanced consideration of the child’s specific clinical requirements alongside a careful integration of the family’s values and informed opinions regarding the most appropriate course of action for the child and their household. The article presents a case study using a narrative methodology. This approach serves as a vehicle for developing key considerations that extend beyond purely technical aspects to encompass profound ethical and cultural dimensions. The central challenge lies in the complex attempt to both empower caregivers and leverage their social support structures, all while establishing a robust and reasonable level of safety for the patient’s home environment following their discharge from a hospital setting.
Introduzione
L’ articolo di questo mese non è strutturato come un classico lavoro di ricerca o di revisione della letteratura, bensì affronta con una modalità da tavola rotonda interdisciplinare o da grand round un caso complesso di “vita reale” nel quale è sempre più frequente imbattersi. Si tratta della decisione di dimettere
dall’ ospedale un bambino con una patologia che oggi definiremmo “ad alta complessità assistenziale” e di tutte le valutazioni socio-sanitarie ed etiche che questa decisione sollecita, avendo come interesse primario la sicurezza del paziente al di fuori del contesto - rassicurante e protettivo – di un reparto ospedaliero. Attorno al tavolo si ritroveranno il pediatra, il palliativista, lo pneumologo, il bioeticista, l’ esperto di alta complessità assistenziale e l’ assistente sociale. Si discuterà di sicurezza, di competenze e attitudini dei caregivers, di giudizi e pregiudizi, di diritti del paziente e della sua famiglia e di doveri dei curanti, di medicina difensiva e di ruolo dei servizi e degli organi di tutela. Di tutto quello, in sostanza, che dovremmo prendere in considerazione prima - molto prima – di dimettere un bambino “complesso”. Siamo negli USA, eppure, possiamo agevolmente ritrovarci nelle dinamiche e nelle considerazioni che via via emergeranno.
La storia di Abdi Parliamo di un bambino di 11 mesi, nato a 24 settimane di gestazione, con una pneumopatia cronica, una tracheostomia e una prospettiva di ventilazione meccanica di alcuni anni. Abdi è stabile e pronto per la dimissione che i curanti vorrebbero avvenisse nel rispetto delle indicazioni dell’ American Thoracic Society (ATS): sorveglianza attiva 24/24 ore e 7/7 giorni [1]. La sua assicurazione è pronta a fornire assistenza per 16/24 ore, le restanti dovrebbe garantirle la famiglia che è composta da madre (Genet) e nonna. Genet è stata adeguatamente istruita, anche se negli ultimi tempi appare poco coinvolta nella gestione di Abdi, mentre la nonna non è riuscita a completare l’addestramento per problemi di salute. I medici, ritengono che la madre, da sola, non sia in grado di assicurare una reale assistenza nei termini richiesti e, pertanto, propongono il trasferimento del bambino in una struttura di lungodegenza in grado di garantire uno standard assistenziale adeguato. Nel colloquio con i servizi sociali, Genet si dichiara contraria alla soluzione proposta, avanza dubbi di razzismo nel personale sanitario, essendo la sua famiglia di etnia africana e di lingua madre amarica. In reparto ha anche udito espressioni verbali di sfiducia e di critica nei suoi confronti e, comunque, ritiene che Abdi starebbe meglio a casa sua piuttosto che in una lungodegenza. A questo punto, i curanti si trovano ad affrontare un problema clinico, ma anche etico, riassumibile in tre punti: a) forse Genet non si rende pienamente conto dei problemi di Abdi e della necessità di un’assistenza addestrata 24/24 ore; b) Abdi sta occupando un posto letto in ospedale senza averne stretta necessità;

c) i curanti si chiedono se non sia opportuno che i servizi sociali assumano un più deciso provvedimento di affidamento a tutela di Abdi.
A questo punto, ciascuno dei partecipanti al confronto porta il proprio contributo di riflessioni al tavolo di Abdi e Genet.
Il palliativista ed eticista pediatra
Quando una dimissione può dirsi “sicura”? La sicurezza è un concetto che ha, inevitabilmente, una componente oggettiva e una soggettiva. L’ oggettività è data dalla possibilità di “misurare” la sicurezza e qui occorre riconoscere che le valutazioni scarseggiano e non sono sempre univoche. Se la componente oggettiva vacilla, quella soggettiva guadagna spazio. Il caso in discussione ne è un esempio e solleva alcune domande fondamentali. A chi compete la valutazione se non c’ è accordo tra sanitari e paziente, chi detiene questo potere? Banalmente, in quale lingua è meglio avvenga il confronto – inglese o amarico? Quali sono le basi per decidere se un piano di dimissioni è sicuro e quanto è sicuro? Se affermiamo che il piano è sicuro e che Abdi può tornare a casa, diamo evidentemente più valore al suo ritorno in famiglia e siamo forse portati a fare qualche sconto sulla sicurezza; se decidiamo che la dimissione non è sicura, diamo evidentemente minore valore al suo ritorno a casa.
Infine, sembra sorgere una sorta di conflitto tra la rigidità degli standard di riferimento e le preferenze e i valori espressi dalla famiglia. Le due posizioni – quella medica e quella della famiglia – devono trovare un punto d’incontro; non è bene che si sviluppi un irrigidimento sugli standard di sicurezza sanitari e, d’altra parte, l’ autonomia decisionale della famiglia non può azzerare qualsiasi ragionevole elemento di sicurezza previsto per la dimissione.
C’ è la necessità di raggiungere un compromesso tra le istanze dei sanitari e quelle della famiglia, senza che le une prevarichino sulle altre. Questo appare essere, fin da subito, il messaggio-chiave.
Il pediatra dei servizi domiciliari
Aspetto cruciale di questa vicenda è il mandato e la capacità dei servizi sanitari di dare risposta al diritto, riconosciuto per legge ai bambini con grave disabilità, di vivere la propria vita in famiglia e di ricevere adeguata assistenza a domicilio. A partire dagli anni ‘60 in poi, la crescente possibilità di sopravvivenza dei bambini dipendenti dalla tecnologia, ha sollecitato - siamo negli USA –provvedimenti sempre più tutelanti, impegnando concretamente i sistemi assicurativi e sanitari a farsi carico dell’ assistenza domiciliare con le modalità richieste dal contesto clinico. Prima che questo avvenisse, le famiglie erano costrette a supplire là dove i servizi sanitari non riuscivano ad arrivare e, talora, questo poteva indurre le famiglie stesse alla decisione di istituzionalizzare loro figlio/a. Un contesto evidentemente discriminatorio e lesivo dei diritti individuali.
Nonostante la situazione sia oggi molto cambiata, restano evidentemente ampi margini di inadempienza da parte dei servizi domiciliari, principalmente per problemi di natura economica e di forza lavoro disponibile. Ed è evidente che, in questo scenario, un’eccessiva rigidità dei curanti sul concetto di “sicurezza” (massima, se non assoluta, e quindi quasi certamente irraggiungibile) rischierebbe di riproporre situazioni discriminatorie e nuovamente irrispettose dei diritti dei bambini, sia dal punto di vista legale che etico.
Il giusto equilibrio tra questi elementi decisionali torna a essere il
fulcro del confronto tra il mondo sanitario e le famiglie.
Lo pneumologo e l’ assistente sociale a confronto: bioetica e diritto alla salute, ancora sul tavolo
Nella prima parte di questo confronto riemergono e si dibattono due temi di particolare interesse: il primo concerne la cogenza delle indicazioni delle linee guida ATS sulla dimissione in sicurezza dei bambini con tracheostomia e ventilazione meccanica, il secondo rende esplicita l’ asimmetria di potere tra equipe medica e famiglia nella valutazione delle capacità assistenziali dei caregivers a domicilio.
L’ ATS raccomanda – con basso livello di evidenza – che ci sia una costante e addestrata vigilanza continuativa a domicilio e che ci siano due caregivers addestrati per ciascun bambino. Sono raccomandazioni che, per l’ ATS stessa, non devono essere interpretate rigidamente come standard, tanto più che, all’improvviso venire meno per qualsiasi motivo, di questi requisiti, la disponibilità dell’ ospedale ad un nuovo ricovero è tutta da dimostrare. C’ è, pertanto un’ asimmetria di giudizio – giudizio variabile a seconda delle contingenze e quasi sempre nelle mani dei sanitari - su ciò che può definirsi “sicuro”.
Altrettanto opinabile può essere il giudizio che il team curante dà del livello di preparazione e affidabilità dei caregivers familiari. È dimostrato che le consegne giornalmente trasmesse all’interno dell’ equipe tendono a perpetuare il giudizio iniziale, spesso gravato da bias, razzismo e stigma di varia natura. La popolazione Nera appare, in questo, svantaggiata rispetto alla Bianca non-Ispanica [2-4]. La stessa valutazione dell’ alfabetizzazione alla salute (health literacy) di un nucleo familiare, non tiene sempre conto delle specifiche componenti culturali, valoriali, sociali e linguistiche con un elevato rischio di bias e pregiudizi [5] Con la madre di Abdi sembra sia accaduto proprio così: i curanti hanno trasmesso, di giorno in giorno, una narrativa fatta di negligenza, ignoranza, disordine e inaffidabilità. A Genet, non viene riconosciuta, in sostanza, sufficiente autorevolezza decisionale su ciò che è meglio o preferibile per il proprio bambino, scavando un solco pericoloso tra sanitari e famiglia. Sarebbe necessario, al contrario, approfondire il contesto sociale di cui Abdi è parte, le risorse di supporto che possono venire dalla comunità, dai parenti allargati o da forme di volontariato. Occorre, in sintesi, prendere le distanze dalla nostra personale unità di misura della “sicurezza”, muoverci con una modalità interculturale responsiva ed esplorare elementi di resilienza propri del contesto sociale al quale il paziente appartiene [6]
La pediatra della cronicità complessa e, ancora e sempre, la bioetica
Ci stiamo avvicinando sempre più al nocciolo duro della questione etica e, nondimeno, operativa: quali sono le considerazioni che possono spingere i sanitari a prevaricare sul desiderio della madre di riportare a casa Abdi e, agendo in tutela del minore, a trasferirlo in un reparto di lungodegenza? Secondo la Dr. Seltzer, in questo caso mancherebbero i presupposti per un intervento d’ autorità: pericolo imminente, efficacia provata della lungodegenza, rapporto pro-contro evidentemente a favore dell’ istituzionalizzazione. Genet ha raggiunto un grado soddisfacente di addestramento, non ci sono forti evidenze che la qualità dell’assistenza sia migliore in istituzione piuttosto che in famiglia e ci sono dubbi consistenti che il “migliore interesse” per Abdi possa discendere dal giudizio dei sanitari piuttosto che da quello dei

suoi familiari. Ancora una volta, il fumo del razzismo e del pregiudizio rischia di offuscare una più chiara visione della realtà. In un mondo ideale, Genet dovrebbe poter riportare a casa Abdi affiancata da tutta l’ assistenza che fosse ritenuta necessaria. Nei fatti, spesso non è così e i genitori si trovano a dovere scegliere tra il farsi carico delle insufficienze assistenziali dei servizi domiciliari e l’affidare il proprio figlio ad un’istituzione. In quest’ ultimo caso dobbiamo mettere in conto tutte le implicazioni etiche, sociali e relazionali che un provvedimento di questo tipo comporta per il minore.
Da ultimo, l’ipotesi di un allontanamento dalla famiglia troverebbe, probabilmente, il diniego dell’ autorità di tutela: Abdi è al sicuro in ospedale, la madre è stata istruita e lo rivuole con sé e non c’è alcuna ipotesi di maltrattamento all’orizzonte. Come non bastasse, le strutture di accoglienza per questi bambini non sono sempre o facilmente disponibili.
La soluzione, ancora una volta, sembra essere l’individuazione di un ragionevole compromesso di sicurezza con la famiglia considerando che, anche al meglio delle possibilità, la gestione di un bambino con tracheostomia in ventilazione mantiene in sé, inevitabilmente, un certo margine di rischio.
Come si è conclusa la vicenda di Abdi e Genet?
Abdi è potuto ritornare a casa, assistito dalla mamma e da una piccola comunità che si è resa disponibile al supporto. Alcuni componenti di questa comunità hanno ricevuto un addestramento sufficiente a garantire l’ aiuto necessario a Genet. Lo staff sanitario sì è impegnato in questo e i servizi domiciliari sono riusciti a garantire una buona presenza professionale (tre infermieri a tempo pieno e uno a tempo parziale) a disposizione della famiglia.
In definitiva, Abdi è stato dimesso in deroga alle raccomandazioni dell’ ATS e lo staff curante ha riconosciuto e valorizzato le risorse di questo nucleo familiare allargato, giudicando il livello di assistenza garantito compatibile con le condizioni cliniche di Abdi.
Analizzare a fondo i possibili elementi di contrapposizione tra curanti e famiglia ha consentito di pervenire alla loro risoluzione e al raggiungimento di quello che appare un ragionevole compromesso a salvaguardia della salute complessiva – fisica, psichica e relazionale – di Abdi.
Commento
L’ articolo, per la sua struttura e la qualità degli interventi, ci offre la possibilità di ripercorrere attraverso i diversi protagonisti la storia di Genet e Abdi e, con loro, di tutto l’entourage professionale che li circonda. In questo racconto, non esclusivamente tecnico, possiamo riconoscere molti dei temi che chiunque si occupi di assistenza a bambini “complessi” può aver vissuto. Difficoltà che, prima di tutto, riguardano la costruzione di relazioni di cura efficaci, la capacità di ascolto ed empatia, la possibilità di superare limiti apparenti trovando soluzioni di compromesso, la necessità di ricercare e ascoltare diversi punti di vista, gestendo frustrazioni e incomprensioni.
Il momento della dimissione diventa il momento di sintesi di tutto il percorso di cura che si è fino a lì sviluppato, portando alla luce le criticità di un processo che deve portare alla condivisione di un progetto, trovando il giusto equilibrio nella pianificazione tra aspettative e realtà e facendo una sintesi degli aspetti tecnici, etici, culturali ed emotivi che devono farsi carico di sofferenze e
speranze.
Parliamo di “dimissione protetta” perché l’ obiettivo è garantire al bambino condizioni di sicurezza nella gestione a domicilio. Già la definizione di “sicurezza”, richiede una sintesi - ben evidenziata nell’articolo - tra standard clinici oggettivi (non sempre raggiungibili) e percezione soggettiva del rischio (talora diversa tra curanti e famigliari). La contrapposizione tra irrigidimento su posizioni difensive da un lato e incompleta valutazione dei rischi dall’ altro deve essere affrontata in una visione che sia, come descritto nell’ articolo, olistica e multidimensionale. È necessario tenere insieme la valutazione clinica sulla stabilità del paziente, l’analisi delle competenze dei caregivers, il coordinamento dei servizi sociosanitari e la continuità assistenziale ospedale-territorio. Solo bilanciando questi diversi aspetti, attraverso voci diverse e punti di vista integrati, si può giungere ad una vera condivisione che rispetti l’obiettivo e che metta al riparo da asimmetrie decisionali tra sanitari e famiglia.
Il tema del riconoscimento e del superamento di giudizi/pregiudizi di ordine culturale, sociale e religioso, e delle barriere linguistiche è cruciale. Quanto prima questi vengono affrontati, tanto prima si potrà lavorare sui possibili condizionamenti che influenzano, anche inconsapevolmente, le decisioni cliniche. Il giudizio di inaffidabilità può coinvolgere i caregivers ritenuti sottovalutanti, disinteressati o, addirittura, non adeguati, così come quelli che appaiono poco realisti nelle aspettative, eccessivamente richiedenti o ostili. In queste trappole relazionali si può sempre incorrere, ma è più probabile che questo avvenga quando le diffidenze e le difficoltà comunicative trovino nutrimento nelle barriere culturali e linguistiche. Trovare disponibilità, tempo e risorse, personale formato per decodificare questi aspetti anche in chiave interculturale, dovrebbe essere considerato un passaggio indispensabile nell’intero processo di cura e, quindi, nella modalità di dimissione. Al rispetto dell’autonomia decisionale della famiglia, da cui non possiamo prescindere, si devono accompagnare un sostegno alla comprensione dei rischi clinici, l’ offerta di addestramento adeguato e di rivalutazioni periodiche dei bisogni e dei cambiamenti, ma anche la ricerca di soluzioni di compromesso che valorizzino tutte le risorse presenti, dalle relazioni famigliari al coinvolgimento della comunità, lasciando spazio alla creatività che può nascere dal confronto con la diversità in un dialogo interculturale. Un lavoro impegnativo e di continuità, basato sulla chiarezza e la trasparenza tra operatori e famigliari, stipulando un patto di alleanza nel quale vengano riconosciuti e condivisi sia i limiti che gli obiettivi di questo patto. L’ orizzonte della dimissione protetta si amplia, quindi. Non la sola “sicurezza” come obiettivo ma il miglior interesse del bambino, la sua qualità di vita e l’attenzione verso il benessere complessivo della famiglia: salute fisica e mentale dei caregivers e degli eventuali fratelli, cura delle relazioni, promozione dell’inserimento sociale.
In Italia, i criteri e gli strumenti attuativi della “dimissione protetta” sono contenuti nel DM 70/2015 [7] e trovano spazio anche nel Piano Nazionale Cronicità, con l’obiettivo di garantire la continuità assistenziale per i pazienti fragili. Per l’ età pediatrica, linee di indirizzo possono essere trovate all’ interno della legge 38/2010 [8], che istituisce la rete delle cure palliative pediatriche, e nella legge 219/2017 [9], che regolamenta il consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento anche per i minori. Tuttavia, mancano linee guida, omogenee sul territorio nazionale, che definiscano criteri e standard per la “dimissione protet-

ta”. L’ esperienza nella vita reale è di grandi differenze di risorse e competenze anche a distanza di pochi chilometri, tra regioni diverse o, addirittura, tra aziende sanitarie diverse. Definire criteri di valutazione e standard assistenziali, garantire la presenza di mediatori culturali e bioeticisti nelle equipe di cura, potenziare l’ assistenza domiciliare pediatrica anche attraverso i nuovi strumenti della telemedicina, istituire percorsi formativi e di training continuo per i caregivers, individuare indicatori di processo e di esito per l’ età pediatrica, sarebbe di grande sostegno in un passaggio assistenziale di cruciale importanza per le famiglie e per i curanti. La dimissione protetta di bambini con complessità assistenziale non conclude una storia con un semplice atto amministrativo, ma ne apre un nuovo capitolo che traccia, insieme alla famiglia, una “sicurezza” ragionevole, condivisa e personalizzata.
1. Sterni LM, Collaco JM, Baker CD, et al. An Official American Thoracic Society Clinical Practice Guideline: Pediatric Chronic Home Invasive Ventilation. Am J Respir Crit Care Med. 2016 Apr 15;193(8):e16-35. doi: 10.1164/rccm.201602-0276ST..
2. Sun M, Oliwa T, Peek ME, Tung EL. Negative patient descriptors: documenting racial bias in the electronic health record. Health Aff (Millwood). 2022;41(2):203–211. doi: 10.1377/hlthaff.2021.01423
3. Park J, Saha S, Chee B, Taylor J, Beach MC. Physician use of stigmatizing language in patient medical records. JAMA Netw Open. 2021;4(7):e2117052. doi: 10.1001/jamanetworkopen.2021.17052
4. Himmelstein G, Bates D, Zhou L. Examination of stigmatizing language in the electronic health record. JAMA Netw Open. 2022;5(1):e2144967. doi: 10.1001/jamanetworkopen.2021.44967
5. Osborne RH, Cheng CC, Nolte S, et al. Health literacy measurement: embracing diversity in a strengths-based approach to promote health and equity, and avoid epistemic injustice. BMJ Glob Health. 2022;7(9):e009623. doi: 10.1136/bmjgh-2022-009623.
6. Illes RA, Grace AJ, Nino JR, Ring JM. Culturally responsive integrated health care: key issues for medical education. Int J Psychiatry Med. 2015;50(1):92–103. doi: 10.1177/0091217415592368
7. https://www.camera.it/temiap/2016/09/23/OCD177-2353.pdf
8. https://www.parlamento.it/parlam/leggi/10038l.htm
9. https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2018/1/16/18G00006/sg

A cura di Sergio Conti Nibali Gruppo ACP "Nutrizione"
Prosegue in questo numero la rubrica sulla nutrizione pediatrica curata del gruppo nutrizione dell’ Associazione Culturale Pediatri. Il gruppo sorveglia 22 riviste scientifiche internazionali tra le più qualificate in base a criteri EBM, per diffondere i risultati degli articoli più rilevanti in materia di nutrizione infantile. Su queste pagine verranno riassunti sinteticamente i principali articoli pubblicati nelle riviste monitorate. Tutti gli articoli e gli editoriali pubblicati e ritenuti degni di attenzione vengono elencati divisi per argomento, con un sintetico commento. Questo numero si basa sul controllo sistematico delle pubblicazioni di giugno e luglio 2025. La gran parte degli articoli selezionati in questo numero richiama, ancora una volta, l’ attenzione di noi pediatri sull’ importanza che riveste la nutrizione nella prevenzione di numerose malattie non trasmissibili e ci sollecita a intraprendere iniziative di advocacy per difendere i nostri bambini e le loro famiglie dai rischi di un’alimentazione inadeguata. Speriamo che il servizio che possa risultare utile ai lettori di Quaderni acp.
The section on pediatric nutrition edited by the Nutrition Group of the Associazione Culturale Pediatri continues in this issue. The group monitors 22 of the most highly qualified international scientific journals based on EBM criteria to disseminate the results of the most relevant articles on pediatric nutrition. On these pages, the main articles published in the monitored journals will be summarized briefly. All articles and editorials published and deemed worthy of attention are listed divided by topic, with a brief commentary. This issue is based on the systematic monitoring of publications for June and July 2025. The majority of the articles selected in this issue once again call the attention of us pediatricians to the importance of nutrition in the prevention of many noncommunicable diseases and urge us to undertake advocacy initiatives to defend our children and their families from the risks of inadequate nutrition. We hope that the service that may be useful to the readers of Quaderni acp.

:: Allattamento
1. Le associazioni tra l'indice di massa corporea materno prima della gravidanza e la composizione di acidi grassi e fosfolipidi del latte materno nello studio osservazionale norvegese sul latte materno
2. Studio sul metaboloma e microbioma materno e infantile (MIMM), uno studio di coorte prospettico di madri e neonati a Boston, Massachusetts
3. Valutazione della relazione tra il sostegno all'allattamento sul posto di lavoro e il senso di colpa legato al lavoro nelle madri lavoratrici
4. Relazione tra peso alla nascita per età gestazionale e composizione dei macronutrienti del colostro: un'analisi comparativa in neonati piccoli, appropiati e grandi per età gestazionale
5. L'associazione tra allattamento materno esclusivo e morbilità da diarrea nei neonati di età compresa tra 0 e 6 mesi: una rapida revisione e meta-analisi
6. Esperienze di allattamento in madri con deficit visivo
7. Sostegno tra pari e interventi di comunità sull’allattamento in Gran Bretagna
8. Associazione tra gli esteri di acidi grassi idrossilati nel latte materno, l'indice di massa corporea materno e la crescita del neonato: uno studio longitudinale
:: Prematurità
1. La domanda da cinquanta miliardi di dollari: la formula può causare l'enterite necrotizzante?
2. Impatto della modifica delle linee guida sull'alimentazione con latte umano donato per neonati estremamente prematuri sull'uso della formula e sul costo dell'acquisto del latte umano donato
3. Invio ai terapisti dell'alimentazione e caratteristiche mediche e socio-demografiche dei prematuri di una terapia intensiva neonatale
4. Esplorazione dei fattori di rischio associati alla cessazione precoce dell'allattamento nei neonati con peso alla nascita molto basso (VLBW)
:: Integratori
1. Probiotici e gravidanza: i benefici sulla mamma e sul neonato
:: Obesità
1. Impatto dei determinanti socio-economici sulla prevalenza del sovrappeso in età infantile: uno studio spagnolo
:: Modelli alimentari
1. Evoluzione della qualità della dieta dall'infanzia alla giovane età adulta: lo studio STRIP (Special Turku Coronary Risk Factor Intervention Project)
2. Associazione tra dieta mediterranea e sindrome metabolica in bambini e adolescenti
3. Portogallo: differenze nella dieta di bambini e adulti a seconda della provenienza del cibo
:: Marketing
1. Influenze commerciali sull'alimentazione di neonati e bambini
2. Cosa pensa il personale britannico del marketing della formula
3. Divieti di pubblicità di cibo spazzatura bloccati dalla lobby dell’industria
4. USA: come il marketing raggiunge i genitori in epoca digitale
5. Australia: percezioni dei genitori sui claim degli alimenti per bambini
6. Alimenti industriali per bambini: nutrizione, marketing e motivazione all’uso
7. Scozia: la risposta dell’industria alle restrizioni al marketing dei cibi ultra-processati
8. Kenya: pubblicità di cibo spazzatura nei pressi di scuole
:: Miscellanea
1. Assunzione di zuccheri aggiunti da formula artificiale e alimenti complementari: un’indagine longitudinale e implicazioni per l’aumento di peso nei lattanti
2. L'associazione tra fattori dietetici prenatali e la diagnosi di autismo infantile e tratti correlati all'autismo mediante un approccio a miscele: risultati dalla coorte dello studio Environmental Influences on Child Health Outcomes (ECHO)
3. Gli effetti del trattamento domiciliare intensivo per i disturbi dell'alimentazione in adolescenza: iI caso di una struttura italiana
4. Assunzione alimentare, stato nutrizionale e biochimico dei bambini dai 6 mesi ai 12 anni prima dell’era della pandemia di COVID 19: lo studio SEANUTS II nelle isole di Giava e Sumatra, Indonesia
5. Crescita e stato nutrizionale nella prima infanzia in India dal 1992 al 2021
6. Associazione tra asma e sana alimentazione: uno studio di coorte multicentrico condotto in USA
7. Brasile: trasferimento monetario condizionato e malnutrizione infantile
8. Associazione tra comportamenti alimentari e atteggiamenti genitoriali nei confronti dell'alimentazione con lo Z score del rapporto peso altezza nei bambini di età compresa tra 0 e 2 anni
9. UK: buoni per l’acquisto di frutta e vegetali in gravidanza e con bambini piccoli
Riviste monitorate
Archives of Diseases in Childhood
Birth
Breastfeeding Medicine
British Medical Journal (con i vari open access)
Early Human Development
.. European Journal of Clinical Nutrition
European Journal of Nutrition
First Steps Nutrition Trust
Frontiers in Nutrition
International Breastfeeding Journal
.. JAMA Pediatrics
Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition
Journal of Pediatrics
Journal of Perinatology
Journal of Human Lactation
.. Journal of Nutrition
Maternal and Child Health Journal
Maternal and Child Nutrition
Nutrients
Pediatrics
.. Public Health Nutrition
The Lancet
Revisione delle riviste e testi a cura di: Giovanni Cacciaguerra, Natalia Camarda, Adriano Cattaneo, Angela Cazzuffi, Margherita Cendon, Nicoletta Cresta, Samuel Dallarovere, Giulia D’Arrigo, Cristina Di Berardino, Federica Garibotto, Ines L’ Erario, Stella Lonardi, Samantha Mazzilli, Lorenzo Mottola, Angela Pasinato, Ilaria Polenzani, Giuseppina Ragni, Laura Rocca, Ilaria Sala, Annamaria Sapuppo, Vittorio Scoppola, Alessandra Turconi, Sara Uccella, Rosanna Vit.

1. Le associazioni tra l'indice di massa corporea materno prima della gravidanza e la composizione di acidi grassi e fosfolipidi del latte materno nello studio osservazionale norvegese sul latte materno
Lo studio osservazionale, condotto su 628 campioni di latte materno raccolti nell’ambito della coorte norvegese HUMIS, ha indagato il legame tra l’indice di massa corporea della madre prima della gravidanza (pBMI) e la composizione lipidica del latte, includendo acidi grassi totali (FA) e tre classi di fosfolipidi contenenti colina (LysoPC, PC e sphingomyelin). L’ obiettivo era capire se il pBMI influenzasse i nutrienti chiave presenti nel latte grazie all’analisi con cromatografia e spettrometria di massa. I risultati hanno mostrato che un pBMI più elevato era associato a una riduzione della quota di acidi grassi polinsaturi a catena lunga omega 3 (n3 LCPUFA) e a un aumento del rapporto n6/ n3 LCPUFA, così come a una quota maggiore di acidi grassi monoinsaturi (MUFA). In particolare, l’indice pBMI spiegava circa il 40 % della variazione del rapporto n6/n3, il 34 % di quella degli n3 LCPUFA e il 10 % della quota di MUFA nel latte materno. Per quanto riguarda i fosfolipidi con colina (LysoPC16:1, LysoPC18:1, PC, sphingomyelin), non è emersa alcuna correlazione significativa con il pBMI. Gli autori suggeriscono che queste differenze lipidiche possono derivare da variazioni metaboliche legate a un IMC elevato (come una maggiore attività della stearoyl CoA desaturasi o una minore attività della lipoprotein lipasi e il rilascio compensatorio di acidi grassi non esterificati dal tessuto adiposo), che insieme influenzano la sintesi dei trigliceridi e dei fosfolipidi nella mammella. In conclusione, oltre alla dieta, mantenere un pBMI nella norma potrebbe contribuire a migliorare la qualità nutrizionale del latte materno, favorendo lo sviluppo del neonato. Questo studio sottolinea l’importanza di interventi e accertamenti clinici preventivi per supportare le madri sin dal periodo pre-concepimento.
° T. B. Ahmed et al. The Associations of Maternal Prepregnancy Body Mass Index With Human Milk Fatty Acid and Phospholipid Composition in the Observational Norwegian Human Milk Study. Journal of Nutrition, Volume 155, Issue 6, giugno 25.
2. Studio sul metaboloma e microbioma materno e infantile (MIMM), uno studio di coorte prospettico di madri e neonati a Boston, Massachusetts
Studio prospettico di coorte disegnato per valutare quali fattori perinatali, materni, neonatali e infantili possano influenzare, l'allattamento e la composizione del latte umano, con l'obiettivo ultimo di identificare potenziali target per migliorare le pratiche di allattamento e, di conseguenza, la salute della coppia madre e bambino. Lo studio ha reclutato 156 diadi madre-neonato sani (nati a termine, con età gestazionale di almeno 37 settimane) tra il 2019 e il 2023 da 2 centri medici di Boston, Massachusetts, con un campione finale analizzato di 148 diadi. Le madri reclutate dovevano parlare inglese e avere intenzione di alimentare il neonato con latte materno esclusivo o parziale. Il campione analizzato aveva un alto livello di istruzione (87% con almeno una laurea), includendo una buona diversità razziale/etnica. Le diadi sono state seguite al follow-up fino al compimento dei 2 anni del bambino, attraverso visite cadenzate dove venivano raccolti cam-
pioni biologici di latte umano, tamponi vaginali materni e campioni di feci ed ematici di madre e bambino. Inoltre, venivano somministrati questionari per valutare lo stato dell'allattamento, il neuro-sviluppo e la crescita staturo-ponderale del bambino, la salute materna, i livelli di stress e le abitudini alimentari della diade. I risultati preliminari hanno evidenziato i seguenti punti salienti: a) madri con alti livelli di stress erano meno propense ad allattare esclusivamente al seno a 6 settimane; b) una maggiore frequenza dell'allattamento era associata a una maggiore perdita di peso post-partum; c) il tipo di alimentazione (latte materno esclusivo vs formula) si è rivelato il predittore più rilevante della frequenza e del volume delle poppate rispetto alla modalità di alimentazione stessa (seno vs biberon); d) i neonati che ricevevano solo latte materno mostravano un maggiore apprezzamento nei confronti del cibo solido; e) i neonati di madri con obesità avevano un volume medio più elevato di latte assunto per poppata. In attesa dei risultati definitivi in corso di pubblicazione, riteniamo che il principale punto di forza dello studio MIMM sia il follow-up longitudinale dettagliato e la caratterizzazione approfondita delle pratiche di allattamento, della composizione del latte umano e degli esiti di salute di madre e bambino. Tuttavia, un limite importante è legato alla composizione del campione studiato, prevalentemente anglofona e ad alto status socioeconomico, dato che potrebbe influenzare la generalizzabilità dei risultati ottenuti.
° Andrews C et al. Cohort profile: Mother and Infant Metabolome and Microbiome (MIMM) study, a prospective cohort study of mothers and infants in Boston, Massachusetts. BMJ Open. 2025 Jun 18;15(6):e096957. doi: 10.1136/bmjopen-2024-096957.
3. Valutazione della relazione tra il sostegno all'allattamento sul posto di lavoro e il senso di colpa legato al lavoro nelle madri lavoratrici
Le madri che lavorano in organizzazioni in cui il supporto all'allattamento è inadeguato potrebbero provare sensi di colpa legati al lavoro, ovvero sentimenti di conflitto o disagio legati alla necessità di conciliare le responsabilità lavorative con l'allattamento, e potrebbero infine avvertire il bisogno di interrompere l'allattamento stesso. Questo studio trasversale è stato condotto su madri che allattavano e lavoravano in Turchia tra il 1° dicembre 2022 e il 31 maggio 2023. Un supporto inadeguato all'allattamento sul posto di lavoro può ostacolarne il successo, con conseguente senso di colpa tra le madri. Le organizzazioni che scelgono di fornire un buon supporto potrebbero valutare il miglioramento delle politiche di congedo, in particolare per quanto riguarda l'allattamento. Potrebbero anche valutare il supporto per l'assistenza all'infanzia e strutture adeguate alla spremitura del latte. Gli operatori sanitari potrebbero contribuire a informare e sensibilizzare le madri che stanno valutando il ritorno al lavoro dopo il parto sulla necessità di condizioni di supporto all'allattamento sul posto di lavoro.
° Hülya Türkmen et.al. Evaluating the Relationship Between Workplace Breastfeeding Support and Employment Guilt in Working Mothers.

4. Relazione tra peso alla nascita per età gestazionale e composizione dei macronutrienti del colostro: un'analisi comparativa in neonati piccoli, appropiati e grandi per età gestazionale
Il latte umano e il colostro sono stati ampiamente studiati; tuttavia, sono disponibili dati limitati sulle variazioni del contenuto di macronutrienti se confrontati tra diverse categorie di peso dei neonati con età gestazionale simile. I livelli di proteine nel colostro sono significativamente più elevati nelle madri di neonati nati piccoli o grandi per l'età gestazionale rispetto a quelli nati appropriati. Il contenuto di carboidrati nel colostro è significativamente elevato nelle madri di neonati grandi per l'età gestazionale. Il peso alla nascita per l'età gestazionale è associato a variazioni del contenuto di macronutrienti del colostro, evidenziando la necessità di ulteriori ricerche sulle sue implicazioni cliniche.
° Sema Arayici et al. Relationship Between Birthweight for Gestational Age and Colostrum Macronutrient Composition: A Comparative Analysis in Small, Appropriate, and Large for Gestational Age Infants. Journal of Human Lactation.
5. L'associazione tra allattamento materno esclusivo e morbilità da diarrea nei neonati di età compresa tra 0 e 6 mesi: una rapida revisione e meta-analisi La diarrea rimane una delle principali cause di mortalità tra i bambini sotto i cinque anni, nonostante gli sforzi globali per ridurre la morbilità e la mortalità infantile. L'allattamento materno esclusivo (EBF exclusive breastfeeding) è stato definito riferendosi alle linee guida dell’ OMS: anche la definizione di diarrea, intesa come passaggio di 3 o più scariche di feci poco formate o liquide al giorno. L’ allattamento esclusivo è stato riconosciuto come un intervento efficace ed economicamente vantaggioso per ridurre il carico di malattie diarroiche nei neonati. Questa rapida revisione e meta-analisi mirava a valutare l'associazione dell'EBF sulla morbilità della diarrea nella prima infanzia, un periodo critico per la crescita e lo sviluppo, colmando al contempo le lacune esistenti mediante l'impiego di definizioni standardizzate di EBF. È stata condotta una ricerca sistematica nei database Medline, Scopus, Embase e Web of Science per gli studi pubblicati tra il 2010 e il 2024. Diciassette studi soddisfacevano i criteri di inclusione e sono stati sottoposti a valutazione della qualità utilizzando lo strumento di valutazione critica del Joanna Briggs Institute (JBI). Questa revisione ha rilevato che l'allattamento esclusivo riduce significativamente il rischio di malattie diarroiche nei neonati di età inferiore ai 6 mesi in diverse regioni geografiche del mondo e con diversi disegni di studio. Gli studi esaminati hanno dimostrato che i lattanti sotto i 6 mesi di vita allattati in modo esclusivo avevano un consistente rischio più basso di sviluppare diarrea in confronto a quelli non allattati in maniera esclusiva. L’ associazione protettiva dell’ allattamento esclusivo nei primi 6 mesi di vita nei confronti della diarrea, come dimostrato da questa revisione, supporta l’importanza delle raccomandazioni dell’ OMS riguardo all’allattamento esclusivo nei primi 6 mesi di vita.
° Gambold G. et al. The Association Between Exclusive Breastfeeding and Diarrhoea Morbidity in Infants Aged 0–6 Months: A Rapid Review and Meta‐Analysis. Matern Child Nutr 2025;e70042
6. Esperienze di allattamento in madri con deficit visivo Questa revisione esplora un tema poco affrontato da chi si occupa di allattamento. In generale, prevalenza e durata dell’allattamento sono più basse in donne con vari tipi di disabilità. Quelle con deficit visivo potrebbero essere a rischio ancor maggiore. La ricerca bibliografica, compresa quella della letteratura grigia, ha trovato solo 39 articoli e documenti sul tema, dei quali solo 17 corrispondenti ai criteri di inclusione. Gli studi, in grande maggioranza di tipo qualitativo, provenivano da soli 7 paesi: USA (5), Brasile (3), Canada (2), Ghana (2), Turchia (2), Grecia, Malesia e Italia (1). Lo studio italiano, di Colaceci et al, è stato pubblicato su Midwifery nel 2023 (https://doi.org/10.1016/j. midw.2022.103535). Due temi emergono dalla revisione: 1) il deficit visivo rende più difficile per le donne trovare informazioni sull’allattamento, e 2) le operatrici sanitarie non offrono il giusto sostegno, che è più spesso fornito da mamme alla pari. Oltre al limitato accesso a informazioni in formato non visuale, le donne lamentano difficoltà quando hanno bisogno di mezzi di trasporto per recarsi agli appuntamenti e un atteggiamento spesso non favorevole nelle strutture sanitarie. Eppure, non sarebbe difficile rendere l’allattamento, e la vita, più facile per queste donne.
° Biggar ER et al. Breastfeeding Experiences of Mothers With Visual Impairment: A Scoping Review. Matern Child Nutr 2025;e70061.
7. Sostegno tra pari e interventi di comunità sull’allattamento in Gran Bretagna I tassi di allattamento britannico sono tra i più bassi in Europa, con grandi diseguaglianze sia geografiche che per classe sociale. Questa revisione sistematica ha come obiettivi capire come gli interventi di comunità, e in particolare quelli comprendenti il sostegno tra pari, agiscano sia sui tassi di allattamento che sulle diseguaglianze. La ricerca bibliografica ha fornito per l’analisi 68 articoli da 55 studi. Tra i fattori associati alle diseguaglianze vi sono: 1) la mancanza di informazione e di procedure appropriate al reclutamento negli studi; 2) i limiti di accessibilità per poter usufruire dell’intervento; 3) una inadeguata considerazione delle caratteristiche sociali ed economiche, oltre che del percorso individuale di allattamento, delle partecipanti; 4) la mancata rimozione delle barriere culturali e strutturali all’allattamento. L’ analisi mostra inoltre come interventi inappropriati possano condurre a esiti diseguali, in particolare con donne di diversi gruppi etnici e classi sociali. In conclusione, oltre al classico appello per ulteriori ricerche, anche qualitative, si raccomanda che gli interventi di sostegno alla pari siano personalizzati in base alle caratteristiche delle diverse popolazioni.
° Evans R et al. Peer Support and Community Interventions Targeting Breastfeeding in the UK: Systematic Review of Qualitative Evidence to Identify Inequities in Participants' Experiences. Matern Child Nutr 2025;e70041.
8. Associazione tra gli esteri di acidi grassi idrossilati nel latte materno, l'indice di massa corporea materno e la crescita del neonato: uno studio longitudinale
Lo studio ha coinvolto 65 madri e i loro rispettivi neonati. Questi sono stati monitorati fino a sei mesi di vita del bambino, e gli autori hanno analizzato la presenza nel latte materno di nove iso-

meri rappresentativi di esteri di acidi grassi idrossilati (FAHFA) tramite metabolomica mirata. L’ obiettivo principale era valutare il ruolo dell’indice di massa corporea (BMI) materno prima della gravidanza sulla composizione di questi lipidi nel latte e analizzare le possibili relazioni con la crescita infantile nei primi mesi di vita. Le madri con sovrappeso o obesità presentavano concentrazioni significativamente più elevate di 5 PAHSA nel colostro e di 9 SAHSA nel latte maturo, mentre mostravano una concentrazione inferiore di 13 LAHLA rispetto alle madri normopeso. Le analisi statistiche suggeriscono che alcuni di questi isomeri lipidici nel latte hanno correlazioni rilevanti con la composizione corporea del neonato: per esempio, livelli più alti di 9 PAHSA nel latte maturo erano positivamente associati a un indice di massa magra più elevato nei bambini, mentre concentrazioni maggiori di 5 PAHSA, 10 OAHSA e 9 PAHPA risultavano correlate a un indice di massa grassa inferiore. Questi dati suggeriscono quindi che sia il BMI materno che il profilo dei FAHFA nel latte possono influenzare la crescita corporea del lattante, proponendo un possibile ruolo di programmazione metabolica precoce. Le madri con BMI elevato tendono ad avere un latte con specifici FAHFA che sembrano favorire lo sviluppo della massa magra del bambino e ridurre l’accumulo di grasso. Gli autori rilevano infine la necessità di studi su campioni più ampi per verificare i meccanismi biologici in gioco e confermare queste prime ipotesi. In sintesi, BMI materni più elevati corrispondono a cambiamenti nel profilo lipidico del latte, con effetti potenzialmente importanti sulla crescita corporea del neonato: alcuni FAHFA sembrano promuovere massa magra e ridurre accumulo adiposo. Sarebbe utile approfondire ulteriormente in studi futuri per confermare e chiarire questi meccanismi.
° Ping Dong et al. Association between Human Milk Fatty Acid Esters of Hydroxy Fatty Acids and Maternal Body Mass Index and Early Infant Growth: A Longitudinal Study. Journal of Nutrition, Volume 155, Issue 7, Luglio 25.
1. La domanda da cinquanta miliardi di dollari: la formula può causare l'enterite necrotizzante? Il quesito presente nel titolo fa riferimento alle cause legali che negli Stati Uniti hanno portato a risarcimenti milionari molto significativi da parte delle aziende produttrici di formula a casi di enterocolite necrotizzante (NEC). La NEC ha un'incidenza del 7% tra i neonati con peso alla nascita inferiore a 1.500 g con tassi di mortalità al 30% e ha una minore incidenza nei neonati prematuri che ricevono latte umano non pastorizzato. La domanda centrale è se questo sia dovuto a fattori protettivi del latte umano o se le formule contengano componenti tossici patogenetici per la NEC. L'autore effettua una review degli studi su animali che esaminano il ruolo dei macronutrienti, dell'osmolalità, del microbiota, della perfusione intestinale nella patogenesi della NEC. Se per quanto riguarda i macronutrienti non emergono osservazioni significative, appare chiaro che l'ipoperfusione intestinale, pur non avendo relazione particolare con il tipo di dieta, ha un ruolo importante nella NEC. Anche l'aumento dell'osmolalità, che avviene nell'arricchimento del latte materno, aumenta il rischio di NEC, ma è difficile definire una soglia massima sicura di questo valore. Interessante è l'osservazione di una meta anali-
si sul microbiota, che non ha rilevato differenze significative tra il microbiota fecale dei prematuri alimentati con latte materno integrato con latte donato pastorizzato e fortificante umano ed il latte materno integrato con formula e fortificante vaccino, supportando il fatto che la dieta sia solo uno dei diversi fattori che influisce sul microbiota del pretermine e che il beneficio protettivo del latte umano non sia correlato principalmente al microbiota. Dopo queste premesse l'autore si fa portavoce del documento pubblicato nel 2024 dal Gruppo di Studio del National Advisory Council of Child Health and Human Development sull'alimentazione enterale e il rischio di NEC, secondo cui le prove disponibili supportano che è l'assenza di latte umano piuttosto che l'esposizione alla formula artificiale ad essere associata a un aumento del rischio di NEC e che non è noto neppure se l'uso di un fortificante di origine umana sia migliore di un fortificante bovino nel ridurre il rischio di NEC. Concludendo, per “un mondo senza NEC”, gli aspetti dietetici da sottolineare sono:
- sempre meglio il latte materno;
- l'uso dei fortificanti deve essere attento, soprattutto in relazione all'osmolarità;
- va incentivato l'utilizzo di latte umano donato in caso di scarsità di latte materno;
- le formule per prematuri rappresentano comunque un'opzione in caso di mancanza di latte umano non essendo per queste dimostrata una diretta azione patogena.
° Underwood M.A. The fifty billion dollar question: does formula cause necrotizing enterocolitis? Journal of Perinatology (2025) 45:565-571
2. Impatto della modifica delle linee guida sull'alimentazione con latte umano donato per neonati estremamente prematuri sull'uso della formula e sul costo dell'acquisto del latte umano donato
In questo studio, effettuato in una Terapia Intensiva Neonatale (TIN) dell' East Carolina, sono stati cambiati i criteri di utilizzo del latte umano donato (LMD) in aggiunta al latte materno in modo che tutti i neonati di età gestazionale (EG) < 32 settimane e <1.800 g potessero ricevere LMD fino a 32 settimane di EG corretta. In precedenza, il criterio era il peso, ovvero tutti i neonati < 1.500 g potevano ricevere LMD per un mese. Gli autori si sono focalizzati sul gruppo di pretermine con EG compresa tra 22 e 28 settimane, i più a rischio per enterocolite necrotizzante, e hanno confrontato i numeri di giorni di assunzione di LMD tra due gruppi, prima e dopo la modifica delle linee guida, nonché i dati antropometrici dei bambini e i costi della donazione di LMD alla TIN. L'implementazione di queste nuove linee guida ha ridotto drasticamente l'uso della formula, pur non avendo aumentato significativamente l'utilizzo di LMD. Viene quindi da pensare ad un aumento contemporaneo del consumo di latte materno. Tutto questo è estremamente utile nella prevenzione dell'enterocolite necrotizzante nei neonati estremamente prematuri. Anche il costo totale di LMD è diminuito dopo la modifica del protocollo, probabilmente a causa di un utilizzo più breve di LMD nei prematuri con EG >29 settimane.
° Zheng Y. et al Impact of changing donor human milk feeding guidelines for extremely preterm infants on the use of infant formula and cost of donor human milk purchase. Journal of Perinatology (2025) 45:665667

3. Invio ai terapisti dell'alimentazione e caratteristiche mediche e socio-demografiche dei prematuri di una terapia intensiva neonatale
Nell'ambito delle terapie intensive neonatali (TIN) un ruolo hanno anche i terapisti dell'alimentazione, figura che in Italia è rappresentata dai logopedisti, per affrontare i problemi di deglutizione e coordinazione suzione-deglutizione-respirazione dei prematuri. Nella realtà della TIN del Benioff Children's Hospital dell'Università della California di San Francisco i terapisti dell'alimentazione sono terapisti occupazionali e logopedisti specificamente formati su alimentazione e deglutizione. L'organizzazione del lavoro dei terapisti dell'alimentazione prevede due sedute alla settimana a pazienti identificati in base alla storia clinica prima dell'inizio dell'alimentazione enterale (valutazione preventiva) e a pazienti che presentano problemi dopo l'inizio dell'alimentazione orale. Questo è uno studio retrospettivo su 547 prematuri di EG < 37 settimane ricoverati nel triennio 2017-2019 ed ha lo scopo di quantificare l'attività dei terapisti dell'alimentazione in TIN e di identificare i fattori medici e socio-demografici correlati all'erogazione di questo servizio. Il 27 % dei neonati della TIN ha ricevuto una richiesta di terapia nutrizionale, di cui il 74% per un problema. Dal punto di vista delle caratteristiche cliniche, i neonati con maggiore complessità medica, con necessità di ossigeno a 36 settimane di età post-mestruale (EPM), con una storia di ventilazione meccanica, con EPM più elevata alla dimissione avevano maggiori probabilità di essere indirizzati alla terapia nutrizionale. Dal punto di vista socio-demografico, i neonati sottoposti a terapia nutrizionale avevano maggiori probabilità di avere madri più giovani, disoccupate e residenti a più di 75 km dall'ospedale. Questi risultati sono ben spiegabili: le problematiche respiratorie rappresentano la patologia più rilevante nel prematuro e lo stato respiratorio è strettamente legato al successo dell'alimentazione neonatale. La necessità di effettuare una corretta opera di istruzione a un'utenza potenzialmente più fragile e/o geograficamente disagiata spiega le correlazioni legate ai fattori socio-demografici.
° Nguyen T.T. et al Medical and sociodemographic characteristics related to feeding therapy referral and service provision for preterm infants in the neonatal intensive care unit Journal of Perinatology (2025): 657664.
4. Esplorazione dei fattori di rischio associati alla cessazione precoce dell'allattamento nei neonati con peso alla nascita molto basso (VLBW) I neonati con un peso alla nascita molto basso (VLBW< = 1.500 g) presentano un rischio maggiore di complicazioni mediche e disabilità a lungo termine. Nutrire questi neonati con il latte materno (MOM mother’s own milk) riduce il rischio di esiti avversi, ma molti neonati VLBW non vengono nutriti con il latte della propria madre per la durata raccomandata di almeno 6 mesi dopo il parto. Questo studio esamina i fattori associati all'interruzione precoce dell'allattamento durante la degenza dei neonati VLBW in terapia intensiva neonatale (TIN) e dopo la dimissione. I dati sono stati raccolti da un' indagine anonima a livello nazionale nell'ambito dello studio Neo-MILK. Sono stati utilizzati modelli di rischio proporzionale per identificare i fattori associati all'interruzione precoce dell'allattamento con latte materno. Tra le 304 madri analizzate, il 19.4% ha interrotto l'allattamento durante la
degenza dei neonati in TIN. Il tasso totale di interruzione prima dei 6 mesi è stato del 53.9%. Le madri che avevano un volume di latte al 14° giorno post-partum inferiore ai 500 ml/giorno e madri con livello di istruzione più elevato erano meno propense ad interrompere l’ estrazione/allattamento durante la permanenza dei loro neonati in TIN. L'estrazione esclusiva del latte è stata associata a un tasso di interruzione più elevato dopo le dimissioni. Un volume di latte precoce sufficiente e un' alimentazione mista (estrazione del latte e allattamento al seno) favoriscono una maggiore durata dell'alimentazione con latte della propria madre. Interventi mirati alle pratiche di allattamento precoce e alla promozione dell'allattamento al seno diretto, favorendo al contempo la transizione dall'estrazione del latte all'allattamento al seno, sono essenziali per migliorare i risultati dell'alimentazione con latte della propria madre nei neonati VLBW.
° Karacan K. et al. Exploring Risk Factors Associated With Early Mother's Own Milk Feeding Cessation in Very Low Birth Weight Infants. Matern Child Nutr, 2025; e 70057.
1. Probiotici e gravidanza: i benefici sulla mamma e sul neonato
L'obiettivo principale di questo studio era valutare gli effetti dell'integrazione probiotica sulla frequenza delle infezioni e sull'immunità nelle donne in gravidanza e nei loro neonati, oltre che sull'attecchimento del microbioma del neonato durante il primo mese di vita. Si tratta di uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo e a bracci paralleli. Sono state reclutate 180 donne in gravidanza sane, di età compresa tra 18 e 39 anni e con meno di 28 settimane di gravidanza, presso la Ovo Clinic di Montreal, Canada. I criteri di inclusione prevedevano una gravidanza singola, l'intenzione di allattare e la disponibilità a sospendere il consumo di alimenti fermentati e integratori probiotici di altra fonte. Le partecipanti sono state seguite per circa 18 settimane, di cui 12 preparto e 4-6 post-parto. 90 donne ha ricevuto un integratore probiotico (Prenatis™) contenente 5 miliardi di CFU/giorno di Lacticaseibacillus rhamnosus Rosell®-11 e Bifidobacterium bifidum HA-132, mentre l'altro gruppo ha ricevuto un placebo di aspetto simile. Il gruppo probiotico ha mostrato una riduzione significativa del numero di donne con una o più infezioni durante lo studio (8 donne vs 18 nel gruppo placebo, p = 0.05). In particolare, la vaginosi batterica (BV) è stata l'infezione più comune, con una prevalenza inferiore nel gruppo probiotico (6.7% vs 13.3%). Non sono state riscontrate differenze significative nei livelli di marcatori infiammatori nel sangue o di immunoglobuline (sIgA) in saliva, feci o latte materno tra i gruppi. I neonati le cui madri hanno ricevuto probiotici sono stati malati per periodi significativamente più brevi (media di 4.7 giorni) rispetto a quelli le cui madri hanno ricevuto il placebo (media di 10.5 giorni, p = 0.03). Non c'è stata una differenza significativa sul numero complessivo di infezioni diagnosticate nei neonati. Inoltre, i neonati nel gruppo probiotico, in particolare quelli allattati esclusivamente al seno, hanno mostrato una maggiore abbondanza di batteri benefici come Bifidobacteria, Streptococcus, Bacteroides e Staphylococcus, e una minore abbondanza di patogeni opportunisti (Escherichia/Shigella, Kleb-

siella) nel loro microbioma intestinale; questi benefici erano più pronunciati nei neonati nati con taglio cesareo. È stata inoltre osservata una trasmissione verticale significativa di Bifidobacterium breve (in entrambi i gruppi) e di Lactobacillus gasseri (solo nel gruppo probiotico) dal latte materno all' intestino del bambino. Lo studio conclude che l'integrazione con il probiotico Prenatis™ durante il terzo trimestre di gravidanza e l'allattamento è una strategia valida per conferire benefici alle madri e ai neonati. Questi benefici includono una minore incidenza di infezioni nelle madri e una durata più breve delle infezioni nei neonati. L'integrazione promuove inoltre una migliore colonizzazione intestinale da parte di batteri benefici e l'instaurazione di un microbioma più interconnesso nel neonato, con effetti particolarmente evidenti nei bambini nati con taglio cesareo.
° Binda, S. et al. The Effect of Probiotics on Health in Pregnancy and Infants: A Randomized, Double-Blind, Placebo-Controlled Trial. Nutrients 2025, 17, 1825.
Obesità
1. Impatto dei determinanti socio-economici sulla prevalenza del sovrappeso in età infantile: uno studio spagnolo Studio trasversale che si propone di caratterizzare lo stato nutrizionale della popolazione infantile e identificare i determinanti sociali, economici e alimentari che influenzano lo sviluppo precoce di sovrappeso e obesità a Valencia in Spagna. La ricerca ha coinvolto 698 bambini in età scolare (5-14 anni), raccogliendo informazioni da 414 famiglie considerate rappresentative della popolazione in studio. Per la valutazione nutrizionale sono stati utilizzati studi antropometrici di popolazione, mentre la scala FIES è stata utilizzata per misurare la sicurezza alimentare e l'indice KidMed le abitudini alimentari, in particolare l'adesione a modelli di dieta mediterranea. I risultati hanno rivelato una prevalenza elevata di eccesso di peso (circa la metà dei bambini in studio), dove il 22.6% poteva essere classificato in sovrappeso e il 18.1% obeso; quest’ultima condizione era più frequente tra i ragazzi (21.11%) rispetto alle ragazze (14.8%), sebbene le ragazze mostrassero una maggiore prevalenza di sovrappeso (24.56% contro 20.83%). Le abitudini alimentari sono risultate preoccupanti: l'86.7% del campione non aderiva a modelli alimentari compatibili con la dieta mediterranea, senza differenze significative tra le diverse categorie di peso. Un'associazione significativa è stata trovata tra lo stato nutrizionale e le condizioni socioeconomiche: i bambini provenienti da famiglie che faticavano a far fronte alle spese mensili hanno mostrato un aumento medio di peso tra i 2.0 e i 4.8 kg. In particolare, è stata riscontrata un'associazione statisticamente significativa tra l’ aumento ponderale e il reddito familiare annuo lordo: i bambini provenienti da famiglie con un reddito inferiore a €. 12.000 annui avevano un rischio 3.6 volte superiore di sovrappeso/obesità rispetto a quelli con un reddito superiore a €. 36.000. Questo dato è coerente con altri studi che indicano una maggiore prevalenza di eccesso di peso in contesti socioeconomici svantaggiati. Lo studio evidenzia la necessità di una sorveglianza epidemiologica continua e di interventi mirati basati sui determinanti socio-economici per affrontare le disuguaglianze sanitarie e l'onere sanitario comportato dell'obesità infantile. Un grosso limite dello studio si configura nel disegno di trasversalità, dato che impedisce di stabilire
relazioni di causa-effetto.
° Cabañas-Alite L et al. Impact of Social and Economic Determinants on the Prevalence of Childhood Overweight and Obesity: A Cross-Sectional Study from the ENPIV in Valencia, Spain. Nutrients. 2025 Jun 15;17(12):2006. doi: 10.3390/nu17122006.
1. Evoluzione della qualità della dieta dall'infanzia alla giovane età adulta: lo studio STRIP (Special Turku Coronary Risk Factor Intervention Project)
Lo studio ha seguito 620 partecipanti fin dalla nascita, registrando annualmente la qualità della loro dieta dall’ età di 1 fino a 18 anni, per poi verificare nuovamente l’alimentazione a 26 anni. Il nutrimento quotidiano è stato valutato tramite un punteggio alimentare, assegnato dal massimo di 33 in base al consumo di cibi considerati sani (come cereali integrali, frutta, verdura, pesce, latticini magri, grassi vegetali e noci) ed escludendo quelli malsani (carni rosse, bevande zuccherate, snack e dolci). Dall’ analisi sono emersi cinque distinti profili di dieta nel periodo tra 1 e 18 anni: un gruppo con punteggio sempre basso (circa 11-13), uno intermedio, uno in aumento, uno in diminuzione e uno con abitudini alimentari costantemente di alta qualità (intorno a 20 22 punti). Questi cinque percorsi si sono dimostrati predittivi della qualità della dieta all’ età di 26 anni: chi aveva avuto un'alimentazione di qualità elevata o in crescita nei primi 18 anni presentava punteggi medi di 3-4 punti superiori rispetto a chi aveva iniziato con una dieta povera. Il lavoro mostra chiaramente come le abitudini alimentari stabilite già nei primi anni di vita tendano a riproporsi nell’età adulta, sebbene le differenze tendano a ridursi dopo i 26 anni. In conclusione, i risultati indicano che la dieta adottata nell’infanzia caratterizza in modo significativo la qualità nutrizionale anche in giovane età adulta, suggerendo che interventi precoci potrebbero avere un impatto duraturo sullo stile alimentare nel corso della vita.
° S. Tarro et al. Diet Quality Trajectories From Infancy to Young Adulthood: The Special Turku Coronary Risk Factor Intervention Project (STRIP) Study. Journal of Nutrition, Volume 155. Issue 6, Giugno 25.
2. Associazione tra dieta mediterranea e sindrome metabolica in bambini e adolescenti Questa revisione sistematica con metanalisi ha preso in considerazione otto studi pubblicati fino al 2024, per un totale di oltre 6.500 bambini e adolescenti da 6 a 19 anni di età. Gli articoli identificati dalla ricerca bibliografica erano quasi 3.800, ma nella metà dei casi si trattava di articoli duplicati, mentre altre centinaia non corrispondevano ai criteri di inclusione. Tra i 51 articoli inclusi, solo 8 fornivano dati per la metanalisi. I paesi interessati sono Spagna, Grecia, Italia (Martino et al, Int J Cardiol 2016;225:284.8), Iran, Turchia e USA. Una bassa aderenza alla dieta mediterranea, sulla base di punteggi assegnati con criteri predefiniti, è associata a un aumento del rischio di sindrome metabolica del 118% (IC 95%: 45%-228%) rispetto a una aderenza media o alta. Questo risultato è molto solido in termini di forza delle prove, anche perché il rischio di bias è molto basso. Le conclusioni e le raccomandazioni sono coerenti con questi risultati:

ci vogliono efficaci strategie di sanità pubblica per proteggere e promuovere una dieta salutare in bambini e adolescenti.
° Dubey VP et al. Association between adherence to the Mediterranean diet and metabolic syndrome in children and adolescents: a systematic review and meta-analysis. BMJ Nutr Prev Health 2025;0. doi:10.1136/ bmjnph-2025-001266.
3. Portogallo: differenze nella dieta di bambini e adulti a seconda della provenienza del cibo I dati presentati in questo articolo derivano da un’ inchiesta nazionale su nutrizione, alimentazione e attività fisica condotta nel 2015/16. Le autrici hanno analizzato l’associazione tra dieta, classificata in base a un punteggio di salubrità, e preparazione del cibo in oltre 5.000 portoghesi tra 3 e 84 anni di età (un campione rappresentativo di tutta la popolazione). Per mia grande sorpresa (non credo che succeda lo stesso in Italia), il 46% del cibo assunto dai soggetti in esame proveniva da bar, ristoranti, cantine, e altri locali fuori casa. I bambini e gli adolescenti di questo gruppo ingerivano più calorie e carboidrati, e meno proteine, di quelli che assumevano cibi fatti in casa. Stesso andamento anche in adulti e vecchi che, inoltre, ingerivano anche più grassi e meno fibre. Per quanto riguarda il punteggio dieta sana, era maggiore di 2-3 punti nel gruppo di bambini e adolescenti che mangiava cibi fatti in casa rispetto all’ altro gruppo. Sembra evidente la necessità di promuovere preparazioni più salutari nei luoghi che offrono cibi non fatti in casa.
° Rei M et al. Dietary intake according to different patterns of food preparation in children and adults: results from the Portuguese National Food, Nutrition and Physical Activity Survey (IAN-AF 2015/2016). Public Health Nutr 2025; DOI 10.1017/S1368980025100712.
1. Influenze commerciali sull'alimentazione di neonati e bambini
L'allattamento rappresenta la base della nutrizione neonatale e infantile e rappresenta un fattore protettivo ampiamente studiato contro malattie infettive e non trasmissibili. Tuttavia, l'industria delle formule artificiali mina sistematicamente l'allattamento attraverso strategie di marketing pervasive, nonostante le linee guida internazionali dell'OMS. L'industria delle formule, del valore di 55 miliardi di dollari, opera attraverso diversi canali:
- Ambito scientifico: finanzia ricerche, pubblicazioni e conferenze accademiche, creando conflitti di interesse che compromettono l'integrità scientifica;
- Educazione professionale: sponsorizza eventi formativi e materiali educativi per operatori sanitari, normalizzando l'uso delle formule;
- Marketing diretto: utilizza pubblicità sui media e piattaforme digitali con affermazioni nutrizionali non scientificamente supportate;
- Influenza politica: esercita pressioni sui governi attraverso lobbying e minacce legali.
Tuttavia, solo 136 paesi su 194 hanno adottato misure legislative che si richiamano al Codice Internazionale OMS per la Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno, ma pochi hanno leggi complete e efficaci. Le violazioni sono comuni a causa
di mancanza di politiche di monitoraggio e applicazioni “deboli”. Gli autori raccomandano azioni prioritarie tra cui:
- Escludere queste aziende dalle partnership di salute pubblica;
- Creare un trattato internazionale vincolante per il controllo del marketing;
- Implementare politiche rigorose sui conflitti di interesse;
- Integrare completamente il Codice OMS nelle legislazioni nazionali;
- Rimuovere l'influenza di queste aziende dall'educazione professionale sanitaria. Il documento sottolinea la necessità di un cambio di paradigma, trattando l'industria delle formule artificiali come “antagonista” della salute pubblica.
° Bartosz Helfer et al. Commercial influences on infant and young child feeding, Future Healthcare Journal, Volume 12, Issue 2, 2025.
2. Cosa pensa il personale britannico del marketing della formula
L’ obiettivo di questo studio qualitativo era capire le percezioni e le esperienze dei professionisti della salute sul marketing delle formule infantili diretto al pubblico e le loro prospettive sui relativi regolamenti. Lo strumento usato era un questionario semi-strutturato somministrato in presenza o online a 41 operatori e operatrici tra ottobre 2019 e marzo 2021. Il campione era di tipo intenzionale, per coprire tutte le seguenti categorie in tutte le regioni del paese: neonatologi, pediatri, specializzandi, ostetriche, infermiere, nutrizioniste, assistenti a domicilio, consulenti in allattamento, farmacisti e manager. L’ analisi ha permesso di identificare questi temi: 1) le relazioni con l’industria stanno cambiando, ma persistono, riducendosi nelle strutture baby friendly e aumentando nelle altre; 2) il marketing rivolto direttamente a donne e mamme rende più difficile per l’ operatore sanitario aiutare a prendere decisioni informate, a causa della disinformazione veicolata dall’industria; 3) sono necessari dei cambiamenti sistemici e in particolare regole più restrittive sul marketing a operatori e famiglie. Inoltre, si ritiene importante “normalizzare” l’ allattamento, non considerarlo cioè una scelta pari alle altre.
° McNaughton E et al. Healthcare professionals’ perspectives on commercial milk formula marketing in the UK: a qualitative study. Arch Dis Child 2025;110:377-83.
3. Divieti di pubblicità di cibo spazzatura bloccati dalla lobby dell’industria
In questo pezzo di giornalismo investigativo, il BMJ svela come la lobby dell’ industria sia riuscita a sventare tentativi di alcune autorità locali britanniche di proibire la pubblicità del cibo spazzatura sulla pubblica via. La lobby parte dalla prevenzione. L’ argomento più usato è: se mettete in atto i divieti, si ridurranno le vostre entrate e non avrete soldi per le vostre attività. Oppure si presenta una denuncia per non ottemperanza di qualche contratto, i processi vanno per le lunghe (tutto il mondo è paese), e non se ne fa nulla. Quando i divieti entrano in vigore, non è difficile aggirarli. Basta fare pubblicità per prodotti non classificati come cibo spazzatura (secondo un algoritmo governativo che permette di identificare prodotti ad alto contenuto di grassi, sale e zucchero), ma con lo stesso marchio: la proprietà transitiva funziona bene. Un’ altra tattica consiste nell’ evitare la pubblicità

negli spazi pubblici dove è proibita, trasferendola a spazi privati; si trovano sempre privati compiacenti, soprattutto se il prezzo è conveniente. Si possono usare postazioni fisse, oppure mobili, come la pubblicità affidata a ditte private di trasporto (autobus e taxi). Altre tattiche sono più convenzionali. Per esempio, le ditte contattano le autorità locali e cercano di convincerle che non c’ è relazione tra cibi spazzatura e obesità in bambini e giovani. Oppure accettano divieti in prossimità delle scuole in cambio della possibilità di fare pubblicità altrove. Oppure cercano di ritardare il più possibile l’entrata in vigore dei divieti. Infine, si offrono di sviluppare assieme alle autorità locali esempi di pubblicità progresso, purché vi appaia il marchio. L’ autrice dell’ articolo ha usato documenti ufficiali per la sua investigazione; i risultati, pertanto, rappresentano una sottostima della situazione reale, perché una parte importante della lobby non è documentata. E finisce raccomandando che i divieti siano parte di una politica nazionale, perché non si può lasciare questa responsabilità alle autorità locali, che hanno ovviamente un potere di contrasto all’industria limitato.
° Borland S. Bans on junk food advertising in outdoor spaces derailed by industry lobbying. BMJ 2025;389:r667.
4. USA: come il marketing raggiunge i genitori in epoca digitale
Come si sa, gli USA non hanno mai sottoscritto il Codice Internazionale. Si tratta perciò del contesto ideale per capire come opera un marketing non regolato, da selvaggio west, in era digitale. Per capirlo, dal punto di vista dei consumatori, gli autori di questo studio hanno preso in esame le 26 formule più vendute da tre giganti USA del commercio online. Tutti i contenuti, visualizzabili e udibili, disponibili online su queste formule sono stati valutati in relazione al Codice. Come c’ era da aspettarsi, nessuna delle etichette era in regola con il Codice. Sulle etichette vi sono claims di salute e nutrizione di tutti i tipi, oltre ad immagini che tendono a idealizzare il prodotto. Nessuna delle istruzioni per la ricostituzione delle formule in polvere era in linea con le raccomandazioni OMS/FAO su come ridurre i rischi di contaminazione. Sulle pagine internet di queste 26 formule sono stati identificati 17 temi, in maggioranza ben conosciuti: benefici per salute e nutrizione, similarità con il latte materno, appoggio medico e scientifico, specificità, affidabilità, disponibilità, felicità, convenienza e costo. Ma 4 tra i temi riscontrati non erano mai stati citati in precedenza dalla letteratura USA: purezza, naturalezza, innovazione ed ecologia (prodotti millantati come amici dell’ ambiente). Il modo di presentare questi temi varia da prodotto a prodotto, ma l’ obiettivo è sempre quello di catturare l’ attenzione e di soddisfare le attese del potenziale consumatore. Il tutto, ovviamente, a scapito dell’allattamento. Probabilmente vana la raccomandazione degli autori all’ attuale amministrazione USA di integrare il Codice nella legislazione nazionale.
° Froley S et al. Infant Formula in the Digital Age: How US Online Formula Marketing Targets Parents. Matern Child Nutr 2025;e70034.
5. Australia: percezioni dei genitori sui claim degli alimenti per bambini
I claim, o asserzioni, su salute e nutrizione, inseriti nelle etichette e/o nella pubblicità di alimenti e bevande per bambini piccoli, sono tra gli strumenti di marketing più usati, probabilmente
perché sono molto efficaci. Sono però spesso in contrasto con la povertà nutrizionale della maggioranza di questi prodotti. In questo studio qualitativo, le autrici 1) esplorano il modo in cui i claim sono percepiti dai genitori e ne influenzano preferenze e decisioni; e 2) identificano altri fattori che possano essere associati a queste ultime. Lo scopo è capire di cosa ci sarebbe bisogno per rendere il marketing più responsabile. Per questi obiettivi, sei moderatrici hanno coordinato 47 focus group con gruppi di genitori di bambini tra 12 e 36 mesi di età, usando una guida per la discussione e degli esempi di falsi alimenti per bambini. Tutte le discussioni sono state registrate, trascritte e poi analizzate con i classici metodi della ricerca qualitativa. Nonostante un generale scetticismo sui claim, verosimili, dei falsi prodotti, i genitori tendono a classificarli come attraenti. Si mostrano frustrati dalla mancanza di regole e da claim selvaggi e sono pronti a sostenere richieste per regolare il marketing. Esprimono però dubbi sull’efficacia di eventuali regolamenti; secondo loro, l’industria troverebbe sempre il modo di aggirare le regole. Tra le caratteristiche più insidiose del marketing, i genitori indicano le immagini, soprattutto se animate, perché ritenute molto seducenti per i bambini, che poi insistono con i genitori per l’ acquisto: da bandire? In generale, preferirebbero etichette semplici, con gli ingredienti e un’ immagine che riassuma il profilo nutrizionale, in particolare rispetto agli zuccheri aggiunti. Le autrici pensano che questi risultati possano indirizzare le decisioni delle autorità per la regolamentazione del marketing.
° Awoke MA et al. Parents' Perceptions of Claims on Packaged Commercial Toddler Foods: A Qualitative Study. Matern Child Nutr 2025;e70032.
6. Alimenti industriali per bambini: nutrizione, marketing e motivazione all’uso
Si tratta di una revisione narrativa di ricerche condotte in Europa, Australia e Nuova Zelanda su alimenti industriali per bambini da 0 a 36 mesi di età allo scopo di fornire al governo britannico informazioni scientifiche per sviluppare politiche sull’ offerta commerciale. La ricerca bibliografica su 1) composizione, profilo nutrizionale, consistenza e sapore; 2) etichettatura e marketing; e 3) preferenze e scelte dei genitori, ha permesso di identificare 3.143 studi pubblicati tra 2019 e 2024, e di usarne 31 per la revisione. I risultati sono presentati per tema. Tema 1: tra tutti i prodotti considerati, il 56% erano purè e il 18% merendine. La mediana di zuccheri aggiunti era di oltre 10g per 100g nei purè, oltre 20g nelle merendine; quasi 15g per 100g nei cereali. Circa la metà dei prodotti conteneva eccessi di zuccheri liberi o aggiunti, il 62% nel caso delle merendine. Tema 2: in 6 su 9 studi i prodotti avevano tra i claim quello su “nessuna aggiunta di zuccheri”. Nella maggior parte degli studi presi in esame erano riportati claim su salute e nutrizione di vario tipo. Tema 3: tutti gli studi riportavano che i claim su salute, nutrizione e sviluppo costituiscono una forte motivazione all’ acquisto. Nel 75% dei casi, l’ appagamento dei bambini, la convenienza, il risparmio di tempo e la sicurezza erano citati come motivi per l’ acquisto. Se il governo britannico volesse, potrebbe rivedere le sue politiche sul marketing in base a questi risultati.
° Brand‐Williamson J et al. Commercial Baby Foods: Nutrition, Marketing and Motivations for Use: A Narrative Review. Matern Child Nutr 2025;e70059

7. Scozia: la risposta dell’industria alle restrizioni al marketing dei cibi ultra-processati Crescono un po’ alla volta le raccomandazioni governative per ridurre l’ assunzione di cibi ultra-processati (CUP) e da qualche parte cominciano a spuntare anche restrizioni al marketing. L’ industria dei CUP, ovviamente, non sta a guardare, reagisce per salvaguardare i propri interessi. Come lo fanno? In Scozia ci sono state due consultazioni pubbliche su due proposte per regolare i prezzi e il piazzamento dei CUP nei negozi. Un’ analisi qualitativa ha identificato le tattiche e gli argomenti usati dall’industria per opporsi a queste misure. Gli argomenti sono conosciuti: l’ aumento dei prezzi danneggia l’economia sia generale, compresa quella dell’ industria, sia delle famiglie; non ci sono prove che ne deriveranno benefici per la salute della popolazione; non ci sarebbero incentivi per una riformulazione dei prodotti in senso salutistico. Anche le tattiche sono ben note: uso di claim su salute e nutrizione non basati su prove; sviluppare e diffondere una contro-narrativa; cercare di collaborare, ovviamente con secondi fini, allo sviluppo di politiche e raccomandazioni. In conclusione, chi fa politiche e raccomandazioni di salute pubblica dovrebbe tenersi lontano dalla lobby industriale. Se ciò non è possibile, dovrebbe per lo meno informarsi sulle tattiche e gli argomenti ai quali si dovrà opporre.
° Gomez-Donoso C et al. Industry responses to unhealthy food retail promotion restrictions: a thematic analysis of two public consultations in Scotland. Public Health Nutr 2025; DOI 10.1017/S1368980025100761.
8. Kenya: pubblicità di cibo spazzatura nei pressi di scuole
Anche in Kenya, come in quasi tutto il mondo, è in corso una transizione alimentare, da una dieta tradizionale verso una dieta a base di cibi ultra-processati (CUP). Questa transizione è guidata dall’industria e dal marketing che scelgono come bersaglio bambini e adolescenti, e quindi le scuole. Questo studio analizza la diffusione, il tipo e il contenuto delle pubblicità di alimenti e bevande nei pressi di un campione casuale di 500 scuole in tre distretti, uno urbano, uno rurale e uno misto. La raccolta dei dati è stata fatta nell’ estate del 2021 e sono state coperte aree nel raggio di 250 metri dalle scuole. I prodotti pubblicizzati sono stati caratterizzati in base al sistema NOVA, che i lettori già conoscono. In totale, sono stati censiti 2.300 prodotti tra alimenti e bevande. Il numero mediano più alto di pubblicità (25 per scuola, range interquartili 25-160) è stato riscontrato nel distretto urbano, quello più basso (10 per scuola, 4-13) in quello rurale. Il 48% delle pubblicità riguardava CUP. Le strategie comunicative più frequenti erano i personaggi di film animati e altri personaggi disegnati dalle ditte. Le offerte più frequenti riguardavano sconti. Nell’ analisi multivariata tenendo conto della stratificazione sociale ed economica, il distretto rurale aveva un 1% di pubblicità di CUP in più rispetto a quello urbano. In conclusione, il marketing dei CUP nei pressi delle scuole keniote è molto frequente e ci sarebbe bisogno di adottare regolamenti restrittivi.
° Karugu CH et al. Advertising ultra-processed foods around urban and rural schools in Kenya. PLOS Glob Public Health 5(6): e0003774.
1. Assunzione di zuccheri aggiunti da formula artificiale e alimenti complementari: un’indagine longitudinale e implicazioni per l’ aumento di peso nei lattanti Lo studio longitudinale ha analizzato l’ assunzione quotidiana di zuccheri aggiunti — provenienti sia dalla formula artificiale che dagli alimenti complementari — in un campione di 234 neonati tra i 6 e i 12 mesi, appartenenti a famiglie a basso reddito e monitorati tramite richiami dietetici a 6, 9 e 12 mesi. I risultati hanno evidenziato che la principale fonte di zuccheri aggiunti non erano cibi o bevande dolci, bensì la formula artificiale: in media i bambini assumevano ogni giorno circa 33g di zuccheri aggiunti dalla formula, contro 7g dagli alimenti complementari. Inoltre, chi consumava formule zuccherate apportava significativamente più calorie da zuccheri aggiunti rispetto a chi era allattato al seno o riceveva formula artificiale senza zuccheri. Il dato più importante dal punto di vista clinico riguarda il legame tra questi zuccheri e l’aumento del peso: per ogni incremento di 10g di zuccheri aggiunti assunti quotidianamente con la formula artificiale, si osservava un aumento medio di 0.06 nel punteggio Z del rapporto peso lunghezza del bambino, dopo aver corretto per età, sesso e altre variabili. Un altro studio incrociato su neonati e bambini piccoli (età 9 12 mesi) ha confermato che i bambini nutriti principalmente con formule zuccherate avevano un indice di crescita ponderale significativamente più elevato e guadagno di peso più rapido rispetto ai coetanei allattati al seno. Complessivamente, lo studio mostra chiaramente che la formula artificiale con zuccheri aggiunti contribuisce in modo rilevante all’apporto complessivo di zuccheri nei primi mesi di vita e che questo può favorire un aumento ponderale più rapido. Gli autori ne derivano un’importante raccomandazione di salute pubblica: sarebbe necessario regolamentare il contenuto di zuccheri nelle formule artificiali e rendere obbligatoria l’indicazione degli zuccheri aggiunti in etichetta. In sintesi, i dati confermano che la formula artificiale è la fonte principale di zuccheri aggiunti nei primi mesi e che questi hanno un’implicazione significativa sull’aumento di peso infantile, suggerendo interventi regolatori mirati.
° Dharod J.M. et al. Added Sugar Intake from Infant Formula and Complementary Foods: A Longitudinal Investigation and Implications for Infant Weight Gain. Journal of Nutrition, Volume 155, Issue 6, giugno 25.
2. L'associazione tra fattori dietetici prenatali e la diagnosi di autismo infantile e tratti correlati all'autismo mediante un approccio a miscele: risultati dalla coorte dello studio Environmental Influences on Child Health Outcomes (ECHO)
Lo studio, basato sui dati di 2.614 coppie madre figlio appartenenti a sette coorti del programma statunitense ECHO, ha utilizzato questionari alimentari (FFQ) compilati durante la gravidanza per analizzare l’ effetto combinato di cinque nutrienti — acido folico, vitamina D, omega 3, omega 6 e ferro — sul rischio di diagnosi di disturbo dello spettro autistico (ASD) e sui tratti correlati misurati tramite la Social Responsiveness Scale (SRS). Impiegando una metodologia avanzata (Bayesian kernel machine regression), è emerso che un aumento complessivo

dell’ apporto di questi nutrienti in “miscela” era correlato a punteggi SRS inferiori, segno di caratteristiche autistiche più lievi, mentre non si è osservata alcuna associazione significativa con la diagnosi vera e propria di ASD. Alcuni nutrienti — in particolare acido folico e omega 3 — mostravano relazioni non lineari a forma di “U”, dove sia dosi basse che troppo elevate potevano avere effetti diversi rispetto a livelli intermedi. In un’analisi secondaria, estesa a 14 nutrienti su un sottoinsieme dei partecipanti, il trend inverso rispetto ai punteggi SRS è rimasto presente, ma l’importanza relativa della vitamina D è risultata predominante rispetto agli altri nutrienti. Anche in questo caso non sono state trovate correlazioni significative con la diagnosi ufficiale di ASD. Gli autori concludono che questi dati suggeriscono un effetto combinato (piuttosto che isolato) dei nutrienti sullo sviluppo di tratti autistici nel bambino, evidenziando l'importanza di approcci che considerino le miscele alimentari durante la gravidanza. Tuttavia, sottolineano la necessità di ulteriori ricerche per replicare questi risultati e chiarire la natura dei rapporti osservati. In sintesi, una dieta prenatale equilibrata in specifici nutrienti sembra collegata a una riduzione leggera dei tratti autistici nel bambino secondo la SRS, ma non influisce in modo chiaro sulla diagnosi clinica di ASD, suggerendo che sono i nutrienti combinati a essere potenzialmente rilevanti.
° M.G. Bragg et al. The Association of Prenatal Dietary Factors with Child Autism Diagnosis and Autism-Related Traits Using a Mixtures Approach: Results from the Environmental Influences on Child Health Outcomes Cohort. Journal of Nutrition, Volume 155, Issue 6, Gugno 25.
3. Gli effetti del trattamento domiciliare intensivo per i disturbi dell' alimentazione in adolescenza: iI caso di una struttura italiana
I disturbi dell'alimentazione rappresentano un problema sanitario globale con incidenza crescente e insorgenza progressivamente più precoce. Il trattamento domiciliare si distingue per la sua intensità e capacità di fornire supporto multidisciplinare sia ai pazienti che alle famiglie. L'obiettivo di questo studio era caratterizzare clinicamente i pazienti e valutare l'impatto del trattamento presso la struttura "Orti di Ada" sull'evoluzione di questi disturbi in pazienti adolescenti. È stata studiata una coorte di 47 minori, trattati nel periodo 2019-2024, attraverso osservazione longitudinale. I dati sono stati raccolti dalle cartelle cliniche e sono stati somministrati questionari standardizzati al basale (T0) e alla conclusione del trattamento (T1). I confronti tra i punteggi delle scale sono stati effettuati utilizzando t-test appaiati per i cambiamenti intra-gruppo da T0 a T1 o utilizzando test di Mann-Whitney per confronti tra gruppi. Il coefficiente di correlazione di Spearman è stato utilizzato per valutare la relazione tra coppie di variabili. Il campione era costituito da pazienti di sesso femminile (età media: 15 anni). L'indice di massa corporea (BMI) medio a T1 era di 16.6 kg/m². La maggioranza dei pazienti (74.5%) era in trattamento da meno di un anno. La maggior parte dei pazienti aveva ricevuto diagnosi di anoressia nervosa di tipo restrittivo (74.5%), mentre il 53.2% presentava multiple comorbidità psichiatriche concomitanti. Il BMI medio è aumentato a 18.7 kg/m², suggerendo un recupero biologico, insieme al ripristino del ciclo mestruale. Le misure psicologiche hanno mostrato miglioramenti significativi nei soggetti con comorbidità
depressiva esclusiva. Le correlazioni tra età e durata della malattia con i cambiamenti nei punteggi dei questionari suggeriscono che un trattamento più precoce porta a risultati più favorevoli. I risultati hanno fornito informazioni sull'appropriatezza del trattamento intensivo domiciliare che, quando mira a specifici fattori psicologici, migliora il recupero biologico e psicologico.
° Lorenzoni, V. et al. The Effects of Intensive Residential Treatment for Feeding and Eating Disorders (FEDs) in Adolescence: The Case of an Italian Facility. Nutrients 2025, 17, 1904.
4. Assunzione alimentare, stato nutrizionale e biochimico dei bambini dai 6 mesi ai 12 anni prima dell’ era della pandemia di COVID 19: lo studio SEANUTS II nelle isole di Giava e Sumatra, Indonesia
Lo studio SEANUTS II, condotto tra il 2019 e il 2020 su 2.475 bambini di età compresa tra 6 mesi e 12 anni nelle aree di Java e Sumatra, ha evidenziato una situazione nutrizionale critica e complessa, caratterizzata dal cosiddetto “triplo carico” di malnutrizione. In termini di crescita, i bambini presentavano medie di peso, altezza e BMI inferiori alle curve standard dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità, con un tasso di stunting del 20.6% nelle zone urbane e del 33.4% in quelle rurali. Il fenomeno era particolarmente marcato nei bambini tra 1 e 3.9 anni, nei maschi e nelle aree rurali. Contemporaneamente, si registrava un aumento dei casi di sovrappeso e obesità, soprattutto tra i bambini di 7–12 anni residenti in città, dove la prevalenza raggiungeva il 23.7%, a fronte del 12% nelle aree rurali (media totale: 9–12%).
L’ analisi biochimica ha poi rilevato importanti carenze: circa il 22.8% dei bambini sotto i 5 anni soffriva di anemia, con la frequenza più alta nei bambini sotto 1 anno. Le carenze di ferro, zinco, vitamina A e vitamina D riguardavano rispettivamente il 20.3%, l’11.9%, l’ 1.9% e il 27.1% del campione. Dal punto di vista dietetico, più della metà dei bambini non raggiungeva i livelli raccomandati di apporto energetico, fibre, calcio, ferro, zinco, vitamine A, B₁, C e D, segnalando una dieta spesso inadeguata. In conclusione, lo studio ha offerto un quadro pre-pandemico inquietante: un’ alta incidenza di ritardo di crescita, aumento del sovrappeso/obesità in contesti urbani, carenze micronutrizionali e di apporto energetico. Questo triplice carico indica la necessità urgente di interventi mirati, che tengano conto delle disparità urbane e rurali e che migliorino la qualità della dieta nei bambini, puntando alla prevenzione delle conseguenze a lungo termine sulla loro salute.
° Aria Kekalih et al. Dietary intakes, nutritional and biochemical status of 6 months to 12 year old children before the COVID 19 pandemic era: the SEANUTS II study in Java e Sumatera, Indonesia. Public Health Nutrition, Volume 28, Issue 1, Giugno 25.
5. Crescita e stato nutrizionale nella prima infanzia in India dal 1992 al 2021
Nelle ultime tre decadi l'India è diventata la quinta economia del mondo con un PIL che è aumentato di 12 volte e un trend di alfabetizzazione in aumento (25 % tra le donne, 17% tra gli uomini). Le politiche governative sono da anni rivolte al miglioramento dello stato di salute materno-infantile: da 48 anni l'Integrated

Child Development Services program è attivo per la nutrizione, le vaccinazioni, i controlli e l'educazione sanitaria nella prima infanzia. Altri programmi sono stati implementati negli anni 2011, 2013 e 2014. Nonostante questo, l'OMS nel 2022 ha classificato circa un terzo dei bambini indiani di età inferiore ai 5 anni come affetti da ritardo di crescita. Nello stesso anno, è stato calcolato che un quarto dei bambini del mondo con ritardo della crescita si trova in India. Seguendo le linee guida del Demographic and Health Survey, programma utilizzato a livello mondiale in più di 90 paesi, il National and Family Health Surveys ha studiato la crescita dei bambini indiani di età inferiore ai 5 anni tra il 1992 e il 2021 in 5 coorti (1992-1993; 1998-1999; 2005-2006; 2015-2016; 2019-2021) per un totale di 505026 bambini. Di ciascun paziente è stato valutato, il peso, la lunghezza/altezza, il BMI, parametri che sono stati confrontati con i riferimenti OMS. È stato usato lo z-score inferiore e superiore a 2DS per definire la denutrizione e il sovrappeso. L'assenza dei dati alla nascita, peso ed età gestazionale, rappresenta il principale limite dello studio. Altezza e peso dei bambini indiani sono aumentati sistematicamente dalla prima alla quinta coorte, indicando un miglioramento dello stato nutrizionale nel tempo. Tuttavia, i confronti degli z-score per peso, altezza, BMI con i valori di riferimento dell'OMS, sebbene migliorati nel tempo, rivelano ancora uno stato nutrizionale scadente della popolazione pediatrica indiana di età inferiore ai 5 anni. Il trend positivo ha confermato che le politiche sanitarie stanno procedendo nella giusta direzione. Tuttavia, le persistenti diseguaglianze sociali, espressioni della provenienza geografica e del sistema sociale ancora diviso in caste, condizionano in maniera importante la persistenza della malnutrizione. Le politiche rivolte alla prevenzione della malnutrizione dovranno continuare a rivolgersi al benessere pre-concezionale, della gravidanza, all'istruzione, all'impulso all'agricoltura sostenibile e a pratiche nutrizionali condivise e virtuose, che permettano di tradurre il balzo del PIL in buona crescita di questa grande parte della popolazione pediatrica mondiale, rappresentata dai bambini indiani.
° Kundu R N et al. Early childhood growth and nutritional status in India: trends in five National Family Health Survey spanning 1992 and 2021. Eur J of Clin Nutrit (2025) 79:553-566.
6. Associazione tra asma e sana alimentazione: uno studio di coorte multicentrico condotto in USA Lo studio di Wang V.A. e colleghi nell'ambito del programma Environmental influences on Child Health Outcomes (ECHO), è un lavoro prospettico di coorte, che si pone l'obiettivo principale di indagare l'associazione tra la residenza in quartieri a basso reddito e con scarso accesso al cibo (LILA - Low-Income Low-Food-Access) e il rischio di sviluppare asma infantile. I quartieri LILA sono caratterizzati da una combinazione di fattori socioeconomici e fisici che limitano l'accesso a cibi sani e di alta qualità; vivere in queste aree è stato già correlato allo sviluppo di obesità nei bambini, di per sé fattore di rischio per asma. Questo studio ha coinvolto 16.012 bambini provenienti da 35 studi longitudinali del programma ECHO, nati tra il 1998 e il 2021, distribuiti in diversi stati USA, rendendo il campione geograficamente e demograficamente molto diversificato. La residenza in quartieri LILA veniva definita utilizzando metriche di accesso al cibo di tipo geospaziale, considerando la distanza dal
supermercato più vicino e, in alcuni casi, la disponibilità di un veicolo. L'esito principale misurato era l'incidenza cumulativa di asma (definita come diagnosi di asma riportata dal genitore), sia nella prima infanzia (dalla nascita fino a 5 anni) che nelle epoche successive (fino a 11 anni). I risultati delle analisi effettuate, aggiustate per i diversi fattori di rischio come sesso, etnia/razza, istruzione materna, fumo gestazionale e storia familiare di asma, hanno rivelato che la residenza in un quartiere LILA (misurata con le metriche LILA0.5 e 10 e LILA-vehicle) è associata a una maggiore incidenza di asma sia nella prima infanzia che nelle epoche successive. L’associazione era più forte nelle bambine, nei bambini ispanici e quelli con un livello di istruzione materna inferiore. Tra i punti di forza dello studio vi sono la vasta dimensione del campione e la sua eterogeneità; tuttavia, vi sono diversi limiti, tra cui il disegno trasversale dello studio, che non consente di stabilire relazioni di causalità, la difficoltà di diagnosticare l'asma nella prima infanzia e il limite di non considerare altre esposizioni ambientali, spesso presenti in tali contesti.
° Wang VA et al. Residing in a low-income-low-food-access neighbourhood and asthma in early and middle childhood in the Environmental influences on Child Health Outcomes (ECHO) program: a multisite cohort study. BMJ Open. 2025 Jun 30;15(6):e094317. doi: 10.1136/ bmjopen-2024-094317.
7. Brasile: trasferimento monetario condizionato e malnutrizione infantile
Durante i governi Lula, in Brasile si è implementato un gigantesco programma di cosiddetto “conditional cash transfer” (CCT) mirante a fornire alle famiglie povere un aiuto economico condizionato all’acquisto di alimenti salutari per i bambini allo scopo di diminuire il rischio di denutrizione associato alla povertà. Questo studio di coorte, oltre 3 milioni di bambini seguiti tra 2008 e 2015 dalla nascita ai 5 anni di età, ha comparato quelli beneficiari del CCT con i non beneficiari, usando varie curve di crescita: altezza per età, peso per altezza e BMI per età rispetto agli standard OMS. L’analisi multivariata ha tenuto conto di dati demografici e geografici, oltre che del livello di istruzione dei genitori. Ricevere un CCT era associato a una diminuzione del 17% del rischio di arresto della crescita (altezza per età), più pronunciato nelle famiglie con basso livello di istruzione e abitanti in zone rurali. Al contrario, non ricevere un CCT era associato a un aumento del 19% del rischio di marasma (basso peso per altezza). Si noti però che questa condizione è di per sé molto comune proprio nelle famiglie più povere, oggetto del programma. Infine, la partecipazione al programma era associata a un aumento della prevalenza di sovrappeso e obesità (BMI per età) nelle famiglie con alto livello di istruzione materna (oltre 8 anni di scuola) e abitanti in zone urbane. In conclusione, l’ associazione tra CCT e malnutrizione è complessa e potrebbero esserci sia benefici sia danni, soprattutto in un paese, come il Brasile, in cui vi possono essere in alcune aree e settori di popolazione transizioni da una dieta tradizionale a una basata su prodotti industriali di minore qualità nutrizionale, ma abbordabili proprio per la maggiore disponibilità di denaro.
° Falcão IR et al. Brazil’s Bolsa Família conditional cash transfer and child malnutrition: a nationwide birth cohort study. BMJ Glob Health 2025;10:e018431.

8. Associazione tra comportamenti alimentari e atteggiamenti genitoriali nei confronti dell'alimentazione con lo Z score del rapporto peso altezza nei bambini di età compresa tra 0 e 2 anni
La prima infanzia è un periodo critico per lo sviluppo fisico e neuropsicologico, con una forte esigenza di nutrienti. Lo scopo di questo studio era di sviluppare un questionario adatto ai bambini di età compresa tra 0 e 2 anni con problemi di alimentazione valutati in ambulatori pediatrici e di indagare l'associazione tra comportamenti alimentari e atteggiamenti alimentari dei genitori con lo z-score del rapporto peso altezza (WHZ). Gli Autori hanno sviluppato un questionario sui comportamenti alimentari dei bambini e sugli atteggiamenti alimentari dei genitori che includeva 7 sottoscale relative a comportamenti alimentari (schizzinosità alimentare, consistenza del cibo, psicologia genitoriale, comportamenti alimentari, conoscenze alimentari e fattori familiari). È stata condotta un'analisi sui comportamenti alimentari dei bambini e sugli atteggiamenti alimentari dei genitori. Modelli di regressione hanno valutato l'associazione tra comportamenti alimentari, atteggiamenti alimentari dei genitori e WHZ di bambini di età compresa tra 0 e 2 anni, controllando per mese di età, sesso, z-score altezza per età (HAZ), neonati piccoli per età gestazionale (SGA), prematuri, allergia alle proteine del latte vaccino (APLV), alimentazione primaria del bambino e compilazione del questionario. Le sottoscale hanno dimostrato una buona affidabilità interna. Sono state osservate differenze di età significative nel sottogruppo “comportamenti alimentari dei genitori” ed è stata trovata una correlazione tra lo z-score del rapporto peso/altezza e l’atteggiamento psicologico e i comportamenti alimentari dei genitori. Questo studio ha confermato che la psicologia dei genitori e i comportamenti alimentari sono significativamente associati allo z-score del peso per altezza nei neonati e nei bambini piccoli e fornisce agli operatori sanitari pediatrici un potenziale strumento per identificare le cause principali delle difficoltà alimentari nei neonati e nei bambini piccoli.
° Lina L.V. et al. Association of eating behaviors and parental feeding attitudes with weight-for-height z-score in children aged 0-2 years. Early Human Development,2025,106324.
9. UK: buoni per l’acquisto di frutta e vegetali in gravidanza e con bambini piccoli
L’ acquisto di frutta e verdura può essere molto dispendioso per le famiglie di basso reddito britanniche. Per questo, in molti progetti e programmi, si offrono dei buoni acquisto alle famiglie con donne in gravidanza e/o con bambini sotto i 5 anni di età, situazioni in cui il consumo di frutta e verdura fresche è essenziale. Questa revisione sistematica ha l’ obiettivo di valutare l’impatto di questa misura. La ricerca bibliografica ha identificato oltre 7.000 articoli pubblicati e oltre 100 documenti nella cosiddetta letteratura grigia. Sedici articoli e 8 documenti, tutti riguardanti studi condotti in Gran Bretagna e Stati Uniti, sono stati usati per l’analisi. Nell’insieme, i buoni acquisto sembrano associati a un aumento del consumo di frutta e verdura negli individui soggetti all’intervento, ma la forza delle prove è bassa. L’analisi qualitativa mostra che i buoni acquisto sono usati in tre modi: come aiuto finanziario per sussidiare acquisti già fatti, per aumentare la quantità di prodotti acquistati, o come rete di sicurezza per garantire che in tavola ci sia qualcosa da mangiare. In complesso, i buoni
acquisto sembrano avere un impatto positivo e sono graditi alle famiglie. Si tratta comunque di mettere una toppa, e il lettore si chiede se non sarebbe meglio pensare a interventi strutturali che diminuiscano povertà e diseguaglianze.
° Grove G et al. Systematic review of fruit and vegetable voucher interventions for pregnant women and families with young children. Public Health Nutr 2025 DOI 10.1017/S1368980025100657