

Pagine elettroniche
In questo numero:
Newsletter pediatrica pag. n. 1
Infigratinib come terapia orale per i bambini affetti da acondroplasia: una possibilità per il futuro?
Documenti pag. d.1
Luci e ombre nelle Linee Guida per la prevenzione, lo screening e il trattamento della depressione periparto. Da applicare con cautela, perché “la maggior parte dei fenomeni storici e naturali non sono semplici, o non semplici della semplicità che piacerebbe a noi”
Ambiente & Salute pag. a&s.1
Ambiente e Salute News (n. 31, gennaio - febbraio 2025)
L’ articolo del mese pag. am.1
Mortalità materna e perinatale nei paesi a basso reddito fra formazione, tecnologia e qualità
pag. nu.1
Nutrizione News (n.12, febbraio - marzo 2025)

“Silenzio in alta quota” Concorso fotografico “Noi siamo la Natura”, 2024 (particolare)
Marzo - Aprile 2025 / Vol. 32 n.2
Nutrizione
Newsletter pediatrica ACP
n.1 Infigratinib come terapia orale per i bambini affetti da n.1 acondroplasia: una possibilità per il futuro?
n.2 Cochrane Database of Systematic Review: revisioni
n.1 nuove o aggiornate (Gennaio-Febbraio 2024)
Documenti
d.1 1. Luci e ombre nelle Linee Guida per la prevenzione, n.1 lo screening e il trattamento della depressione periparn.1 to. Da applicare con cautela, perché “la maggior parte n.1 dei fenomeni storici e naturali non sono semplici, o n.1 non semplici della semplicità che piacerebbe a noi”
n.1 Commento a cura di Dante Baronciani e Leonardo Speri
d.2 2. Qualità dell’aria e iniquità sociale: implicazioni per n.1 la salute pediatrica
n.1 Commento a cura di Vincenza Briscioli
Ambiente & Salute
a&s.1 Ambiente e salute news (n. 31, gen. - feb. 2025) .1
L’ Articolo del Mese
am.1 Mortalità materna e perinatale nei paesi a basso am.1 reddito fra formazione, tecnologia e qualità
am.1 A cura di Giuseppe Pagano
Nutrizione
nu.1 Nutrizione news (n. 12, febbraio - marzo 2025)
Direttore
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Coordinatore
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Newsletter Pediatrica
Redazione di Quaderni acp
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La rivista aderisce agli obiettivi di diffusione gratuita della letteratura medica ed è disponibile integralmente all’ indirizzo: www.acp.it/pagine-elettroni che
Redazione redazione@quaderniacp.it
Electronic pages Quaderni ACP index (number 2, 2025)
ACP Paediatric Newsletter
n.1 Infigratinib as oral therapy for children with achondroplasia: a possibility for the future?
n.2 Cochrane Database of Systematic Review: new and updated revisions January-February 2025
Documents
d.1 Evidence-based practice guidelines for prevention, screening and treatment of peripartum depression. To be applied with caution, because “most historical and natural phenomena are not simple, or not simple in the way we would like them to be simple”
Comment by Dante Baronciani and Leonardo Speri
d.2 Air Quality and Social Inequity: Implications for Pediatric Health
Comment by Vincenza Briscioli
Environment & Health
a&s.1 Environment and health news
Article of the month
am.1 Maternal and perinatal mortality in low-income countries
ni.1 between education, technology and quality
ni.1 By Giuseppe Pagano
Nutrition
nu.1 Nutrition news

Infigratinib come
terapia orale per i bambini affetti
da acondroplasia:
una possibilità per il futuro?
Savarirayan R, De Bergua JM, Arundel P, et al.
Oral Infigratinib Therapy in Children with Achondroplasia
N Engl J Med. 2024 Nov 18. doi: 10.1056/NEJMoa2411790. Epub ahead of print. PMID: 39555818
Lo studio multicentrico open-label di fase 2 PROPEL2 si propone di valutare sicurezza, efficacia e ricerca della dose ottimale della terapia orale con infigratinib, inibitore selettivo della tirosino-chinasi del recettore FGFR1-3, in bambini di età 3-11 anni affetti da acondroplasia. Nello studio sono stati arruolati 72 bambini, suddivisi in 5 coorti sequenziali di dosaggio del farmaco (0.016 mg/kg, 0.032 mg/kg, 0.064 mg/kg, 0.128 mg/kg, 0.25 mg/kg). Il periodo di follow up è stato di 18 mesi: 6 mesi di escalation della dose e 12 mesi di trattamento esteso in cui la dose, nelle coorti 1 e 2, poteva essere aumentata al livello successivo al mese 6 e al mese 12. A fronte di effetti avversi di entità lieve o moderata (grado massimo 3) in tutti i pazienti che tuttavia non hanno determinato l’ interruzione del farmaco, è stato osservato un aumento dose-dipendente della velocità di crescita staturale annualizzata (cambiamento medio dal baseline a 18 mesi di 2.50 cm per anno nella coorte di dosaggio 0.25 mg/kg) e un miglioramento delle proporzioni corporee (cambiamento medio del rapporto dei segmenti superiore/inferiore dal baseline −0.12). I risultati di questo lavoro appaiono promettenti poiché si tratta dell’ unico farmaco orale tuttora in studio: vosoritide, farmaco attualmente approvato per scopi analoghi prevede la somministrazione sottocute quotidiana. Tuttavia, rimangono da chiarire l’ efficacia a lungo termine su numeri più ampi di pazienti e gli effetti sulla precoce chiusura delle sincondrosi craniche e le conseguenti complicanze otorinolaringoiatriche e neurochirurgiche dei pazienti affetti da acondroplasia (Box). Gli esiti dello studio hanno posto le basi per un RCT di fase 3 tuttora in corso con infigratinib al dosaggio di 0.25 mg/kg.
Infigratinib as oral therapy for children with achondroplasia: a possibility for the future?
The multicenter open-label phase 2 PROPEL2 study aims to evaluate safety, efficacy and optimal-dose of oral infigratinib, a FGFR1–3 selective tyrosine kinase inhibitor, in 3-11 years-old children with achondroplasia. In the study 72 children were enrolled, divided in 5 sequential cohorts with different drug doses (0.016 mg/kg, 0.032 mg/kg, 0.064 mg/kg, 0.128 mg/kg, 0.25 mg/kg). The follow up period was 18 months: a 6-months dose escalation phase and a 12-months extended-treatment period during which the dose in cohorts 1 and 2 could be escalated to the next ascending level at month 6 and month 12. All children experienced mild or moderate adverse events (maximum grade of severity 3), however none resulted in treatment discontinuation. A dose-dependent increase in annualized height velocity was observed (mean change from baseline at 18 months of 2.50 cm per year in the 0.25 mg/kg dose cohort) and an improvement in body proportions (mean change from baseline in the upper-to-lower body segment ratio −0.12). These results appear promising since infigratinib is the only oral-
ly available drug: vosoritide, which is the approved treatment needs daily subcutaneous injections. However, long-term efficacy in bigger cohorts of patients and the effects on the precocious closure of cranial synchondroses and the consequent otorinolaryngoiatric and neurosurgical complications in children with achondroplasia remain to be clarified. On the basis of the results from PROPEL2, infigratinib at a daily dose of 0.25 mg/kg is being evaluated in a phase 3, double-blind, placebo-controlled trial.
Metodo
Obiettivo (con tipo studio)
Studio multicentrico, open-label di fase 2 effettuato per valutare sicurezza ed efficacia e individuare la dose terapeutica ottimale di infigratinib orale (inibitore selettivo della tirosino-chinasi del recettore FGFR1-3) in bambini di età 3-11 anni con acondroplasia.
Popolazione
72 bambini di età 3-11 anni con diagnosi di acondroplasia confermata da genetica. Tutti i pazienti avevano completato almeno 6 mesi di valutazione della crescita nello studio osservazionale PROPEL (NCT04035811). Criteri di esclusione: Altezza < 2 DS sotto la media o > 2 DS sopra la media delle curve di crescita per acondroplasia, in aggiunta a una velocità di crescita staturale annualizzata di 1.5 cm per anno o meno, trattamento con qualsiasi altro prodotto sperimentale per acondroplasia o bassa statura, o precedente chirurgia di allungamento degli arti. Lo studio è stato realizzato in 19 Centri (6 in UK, 5 in USA, 3 in Spagna e in Francia, e 1 in Australia e in Canada).
Espozione
Nella fase escalation dose, i pazienti sono stati arruolati in 5 coorti a dose sequenziale con dosaggi giornalieri assegnati di infigratinib orale rispettivamente di: 0.016 mg per kg di peso corporeo (coorte 1), 0.032 mg per kg di peso corporeo (coorte 2), 0.064 mg per kg di peso corporeo (coorte 3), 0.128 mg per kg di peso corporeo (coorte 4), o 0.25 mg per kg di peso corporeo (coorte 5). Questi pazienti hanno continuato il trattamento per altri 12 mesi (extended-treatment period), periodo in cui la dose, nelle coorti 1 e 2, poteva essere aumentata al livello successivo al mese 6 e al mese 12 (massimo due aumenti). Dopo il completamento del periodo di trattamento esteso, i pazienti potevano essere arruolati in uno studio a lungo termine.

Outcome/Esiti
L’ esito primario di sicurezza era l’incidenza di effetti avversi con conseguente necessità di riduzione della dose o interruzione di infigratinib. La sicurezza è stata valutata in base a incidenza, tipo, gravità e causalità degli eventi avversi mediante esame obiettivo, test di laboratorio, segni vitali, elettrocardiogramma e diagnostica di immagine.
L’ esito primario di efficacia era il cambiamento dal baseline nella velocità di crescita staturale annualizzata. La velocità di crescita staturale annualizzata al baseline è stata determinata da un minimo di 6 mesi di osservazione nello studio PROPEL. La velocità di crescita staturale annualizzata post-baseline è stata ricalcolata ogni 6 mesi sulla base delle misurazioni della statura in piedi al baseline e di quelle ottenute successivamente ogni 3 mesi.
Tempo
Follow-up di 18 mesi per i pazienti che avevano completato la fase di escalation della dose di 6 mesi e i 12 mesi di trattamento esteso. È in corso la fase di espansione della dose. Lo studio è stato realizzato da luglio 2020 a maggio 2024.
Risultati principali
Dei 72 bambini arruolati, età media (±SD) 7.5±2.2 anni (range, 3.1 - 11.5), 58% femmine, 67 avevano completato i 18 mesi di trattamento. Durante il trattamento, tutti i bambini hanno presentato almeno un effetto avverso, la maggior parte di gravità lieve (in 39/72 pazienti [54%]) o moderata (in 28/72 pazienti [39%]); nessun paziente ha presentato un evento avverso grave o eventi di grado 4 o 5; nessun evento ha determinato l’interruzione del trattamento. In 5 bambini (7%) si sono verificati eventi avversi di grado 3: idrocefalo, ipertrofia adenoidea, e ipertrofia tonsillare (nella coorte 2), sindrome di apnea nel sonno e colesteatoma (nella coorte 3), e infezione batterica (nella coorte 4). 7 pazienti (10%) hanno avuto effetti avversi valutati come correlati al farmaco in studio, tutti di gravità lieve: dispepsia e flatulenza, riduzione del livello di vitamina D, riduzione dell’ appetito
Box
L’acondroplasia è una malattia genetica rara, con un’ incidenza di circa 1:25.000 nati, originata da una mutazione (nella maggior parte dei casi de novo) sul gene codificante il recettore 3 del fattore di crescita dei fibroblasti (FGFR3) determinandone un guadagno di funzione. FGFR3 è una proteina che regola negativamente la proliferazione, differenziazione e sintesi di matrice extracellulare dei condrociti. Questa inibizione avviene attraverso il trasduttore del segnale e l'attivatore della trascrizione 1 (STAT1) e le vie della proteino-chinasi attivata dal mitogeno (MAPK) nei condrociti. Ne risulta una grave bassa statura disarmonica associata a complicanze mediche, limitazioni funzionali e impatto psicosociale. Attualmente vosoritide è l’unico farmaco approvato con un’azione diretta sui meccanismi patofisiologici dell’ acondroplasia, somministrato con iniezione sottocutanea giornaliera. Vosoritide è un analogo del peptide natriuretico atriale di tipo C (CNP), stimola la crescita e la proliferazione della cartilagine di accrescimento. Infigratinib agisce direttamente alla fonte della causa patofisiologica dell'acondroplasia inibendo la fosforilazione dell'FGFR e, di conseguenza, attenua entrambe le principali vie di segnalazione a valle coinvolte nella condizione, il che offre potenzialmente una strategia terapeutica diretta per ridurre l'iperattività dell' FGFR3 in questa condizione.
e iperfosfatemia. Per quanto riguarda l’ efficacia dopo 6 mesi di trattamento con infigratinib, si è osservato un aumento dose-dipendente della velocità di crescita annualizzata. Nella coorte 5 è stata osservata un’ aumentata velocità di crescita staturale annualizzata, persistita durante la durata dello studio, con un cambiamento medio dal baseline a 18 mesi di 2.50 cm per anno (95% CI, 1.22 - 3.79; P=0.001). Il cambiamento medio dello z score di altezza era 0.54 (95% CI, 0.35 - 0.72) rispetto alla popolazione di riferimento con acondroplasia non trattata a 18 mesi; il cambiamento medio del rapporto dei segmenti superiore/inferiore dal baseline era −0.12 (95% CI, da −0.18 a −0.06).
Conclusioni
La somministrazione orale di infigratinib non ha determinato alcun apparente segnale maggiore di sicurezza. Ha aumentato la velocità di crescita staturale annualizzata e lo z score. Ha inoltre ridotto il rapporto dei segmenti corporei superiore/inferiore a 18 mesi di trattamento alla dose più alta di 0.25 mg/Kg (nella coorte 5).
Altri studi sull’argomento
Lo studio in oggetto fa parte del programma PROPEL; il PROPEL è uno studio prospettico non interventistico che si propone di caratterizzare la storia naturale mediante velocità di crescita annualizzata dei bambini affetti da acondroplasia i cui pazienti sono stati poi inclusi nello studio PROPEL2 [1]. Attualmente PROPEL3 è un RCT di fase 3, tuttora in corso, 2:1 in doppio cieco controllato con placebo che si propone di valutare la sicurezza e l’ efficacia di infigratinib alla dose di 0.25 mg/kg/die con l’ obiettivo di arruolare 110 bambini con acondroplasia di età 3-18 anni con potenziale di crescita (NCT06164951). L’ interesse per infigratinib nel trattamento dell’acondroplasia è stato indotto dai risultati di più trial pre-clinici su modello murino che hanno evidenziato l’ effetto positivo di tale trattamento, effettuato sottocute, in termini di miglioramento della lunghezza dello scheletro assiale e appendicolare, dei difetti del disco intervertebrale, della precoce chiusura delle sincondrosi craniche e del restringimento del forame magno, se avviato subito dopo la nascita [2]. I lavori pre-clinici hanno sottolineato l’ importanza della somministrazione precoce di infigratinib in epoca post-natale perché sia efficace sulle malformazioni craniche, aspetto molto importante per i pazienti affetti da acondroplasia per le conseguenze otorinolaringoiatriche e neurochirurgiche che non viene valutato nella coorte PROPEL2 [3]. In considerazione del fatto che la maggior parte delle diagnosi viene posta già in epoca pre-natale, sarebbe auspicabile identificare una terapia utilizzabile in utero, poiché la precoce chiusura delle sincondrosi craniche nei pazienti affetti da acondroplasia si verifica già in epoca fetale. Il farmaco attualmente in uso per scopo analogo nei bambini affetti da acondroplasia è vosoritide, un analogo biologico del peptide natriuretico di tipo C, un potente stimolatore di ossificazione endocondrale. In uno studio in doppio cieco randomizzato con placebo di fase 3 multicentrico [4], su una popolazione di 121 bambini e adolescenti (5-18 anni) vosoritide è risultato più efficace in termini di accrescimento rispetto al placebo con una differenza media nella velocità di crescita annuale tra il gruppo trattato e il gruppo placebo di 1.57 cm/anno a favore del gruppo trattato con vosoritide dopo 52 settimane (95% CI 1.22–1.93; p<0.0001). La maggior

parte dei pazienti ha presentato effetti avversi, ma considerati modesti; in particolare i cambiamenti dei valori pressori erano minimi e si risolvevano rapidamente e spontaneamente. Lo stesso farmaco è stato studiato anche nelle fasce di età inferiori, grazie ad uno studio randomizzato, doppio cieco, placebo di fase 2 [5] in cui sono stati inclusi soggetti con diagnosi genetica di acondroplasia di età compresa tra i 3 e 59 mesi; non sono emersi dati preoccupanti in termini di sicurezza, tuttavia in questa fascia di età la velocità di crescita annuale è risultata di solo 0.78 cm/ anno maggiore rispetto al placebo, a differenza del maggior dato presentato dai pazienti sopra i 5 anni di età. Sono di recentissima pubblicazione delle linee guida internazionali inerenti l’avvio e il monitoraggio della terapia con vosoritide. La raccomandazione è di iniziare tale terapia il prima possibile in pazienti con diagnosi genetica accertata (o radiologica ove non possibile), sebbene gli autori stessi riconoscano che i dati in pazienti di età <1 anno siano tuttora limitati [6].
Che cosa aggiunge questo studio
Il presente lavoro evidenzia la sicurezza e efficacia di infigratinib, unico farmaco orale attualmente in fase di studio, nell’incremento della velocità di crescita e nel miglioramento delle proporzioni corporee dei bambini affetti da acondroplasia.
Commento
Validità interna
Disegno dello studio: si tratta di uno studio aperto, in cui sia i ricercatori che i pazienti sono a conoscenza del farmaco somministrato. La popolazione è omogenea, i criteri di inclusione/ esclusione ben specificati. 5/67 pazienti (7.4%) sono stati persi al follow-up nel corso di 18 mesi, ed è stata fatta una descrizione delle motivazioni; l'analisi statistica è stata realizzata in modo descrittivo e non sono stati fatti aggiustamenti per confronti multipli. Solo per l’ esito primario di efficacia è stato calcolato il valore P e l’ ampiezza degli intervalli di confidenza non è stata aggiustata per le variabili. Da segnalare che al baseline il valore di velocità di crescita staturale annualizzata non era omogeneo nelle 5 coorti, più elevato nella 1 e più basso nella 5; inoltre anche l’età media variava: 8.7 vs 6.5 anni; resta da valutare se ciò possa aver influenzato i risultati. Come riportato dagli Autori una limitazione dello studio è costituita dalle piccole dimensioni della coorte del dosaggio selezionato. Esiti: gli esiti considerati sono clinicamente rilevanti e ben definiti. Trattandosi di uno studio di fase 2, non sono valutabili gli effetti della terapia sulla qualità di vita e sulle principali complicanze anche a lungo termine.
Conflitto di interessi: lo studio è stato disegnato da rappresentanti dello sponsor (Bridge-Bio Pharma) e quattro autori non appartenenti allo sponsor. Lo sponsor ha finanziato lo studio e suoi rappresentanti hanno analizzato i dati. La prima bozza dello studio è stata scritta dal primo e dall’ultimo autore; tutti gli autori hanno contribuito alle versioni successive ed hanno avuto accesso alle analisi complete.
Trasferibilità
Popolazione studiata: la popolazione arruolata, in gran parte bianca, è rappresentativa di quella italiana; quindi, i risultati sono probabilmente trasferibili nel nostro contesto.
Tipo di intervento: per oltre 40 anni il ricorso a procedure di allungamento degli arti ha rappresentato l’unica strada per ridurre l’ impatto sull’ autonomia delle limitazioni funzionali legate all’ acondroplasia. A settembre 2022 l’ Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), istituendo un registro dedicato, ha autorizzato vosoritide con rimborsabilità nei pazienti di età compresa tra i 5 e i 14 anni e senza rimborsabilità per i pazienti tra i 2 e i 5 anni. Dalla fine di luglio 2023 lo stesso farmaco è rimborsabile anche per i pazienti di questa fascia d’età. Vosoritide attualmente è prescrivibile dagli specialisti dei Presidi della Rete Regionale per le Malattie Rare di riferimento per l’ Acondroplasia. Si stima che in Italia ci siano circa 4000 persone con acondroplasia. Una survey condotta in giugno 2022 su 19 ospedali, di cui 15 centri riferimento per la patologia, ha descritto la gestione e caratteristiche di 493 casi seguiti (di cui 412 < 16 anni) [7]. La mancata inclusione di tutti i centri di riferimento operativi in Italia e la scarsa rappresentanza di tutte le fasce di età dei pazienti seguiti non consentono di definire in modo sistematico la storia clinica.
1. Savarirayan R, De Bergua JM, Arundel P, et al. Infigratinib in children with achondroplasia: the PROPEL and PROPEL 2 studies. Ther Adv Musculoskelet Dis. 2022 Mar 21;14:1759720X221084848. doi: 10.1177/1759720X221084848. PMID: 35342457; PMCID: PMC8941703. 2. Benoit Demuynck, Justine Flipo, Nabil Kaci, et al. Low-dose infigratinib increases bone growth and corrects growth plate abnormalities in an achondroplasia mouse model.J Bone Miner Res. 2024 Jul 23;39(6):765774. doi: 10.1093/jbmr/zjae051
3. Rico-Llanos G, Spoutil F, Blahova E, et al. P.Achondroplasia: aligning mouse model with human clinical studies shows crucial importance of immediate postnatal start of the therapy. J Bone Miner Res. 2024 Nov 29;39(12):1783-1792. doi: 10.1093/jbmr/zjae173
4. Savarirayan R, Tofts L, Irving M,et al. Once-daily, subcutaneous vosoritide therapy in children with achondroplasia: a randomised, double-blind, phase 3, placebo-controlled, multicentre trial. Lancet. 2020 Sep 5;396(10252):684-692. doi: 10.1016/S0140-6736(20)31541-5. Erratum in: Lancet. 2020 Oct 10;396(10257):1070. doi: 10.1016/S01406736(20)32074-2. PMID: 32891212.
5. Savarirayan R, Wilcox WR, Harmatz P, et al Vosoritide therapy in children with achondroplasia aged 3-59 months: a multinational, randomised, double-blind, placebo-controlled, phase 2 trial. Lancet Child Adolesc Health. 2024 Jan;8(1):40-50. doi: 10.1016/S2352-4642(23)00265-1. Epub 2023 Nov 18. PMID: 379843
6. Savarirayan R, Hoover-Fong J, Ozono K, et al. International consensus guidelines on the implementation and monitoring of vosoritide therapy in individuals with achondroplasia. Nat Rev Endocrinol. Published online January 6, 2025. doi:10.1038/s41574-024-01074-9
7. Bedeschi MF, Mora S, Antoniazzi F, et al. The clinical management of children with achondroplasia in Italy: results of clinician and parent/ caregiver surveys. J Endocrinol Invest. 2024 Feb;47(2):345-356. doi: 10.1007/s40618-023-02151-y. Epub 2023 Jul 19. PMID: 37466810
Scheda redatta dal gruppo di lettura di Monza e Brianza: Elena Arosio, Claudia Brusadelli, Riccardo Cazzaniga, Lucia Di Maio, Gianluca Di Vieste, Ines L’Erario, Laura Martelli, Ambrogina Pirola, Giulia Ramponi, Ferdinando Ragazzon, Patrizia Rogari, Federica Zanetto.

Cochrane Database of Systematic Reviews (CDSR) (Gennaio – Febbraio 2025)
Il CDSR è il database della Cochrane Library che contiene le revisioni sistematiche (RS) originali prodotte dalla Cochrane Collaboration. L’ accesso a questa banca dati è a pagamento per il full text, gratuito per gli abstracts (con motore di ricerca). L’ elenco completo delle nuove RS e di quelle aggiornate è disponibile su internet. Di seguito è riportato l’ elenco delle nuove revisioni di area pediatrica di Gennaio – Febbraio 2025. La selezione è stata realizzata dalla redazione della newsletter pediatrica. Cliccando sul titolo si viene indirizzati all’ abstract completo disponibile in MEDLINE, la banca dati governativa americana, o presso la Cochrane Library. Di alcune revisioni vi offriamo la traduzione italiana delle conclusioni degli autori.
Revisioni sistematiche nuove o aggiornate di area pediatrica Gennaio – Febbraio 2025 (Issue 1-2, 2025)
1. Angioplasty or stenting for deep venous thrombosis
2. Interventions for myopia control in children: a living systematic review and network meta‐analysis
3. Home‐based educational interventions for children with asthma
4. Intravenous antibiotics for pulmonary exacerbations in people with cystic fibrosis
5. Interventions implemented through sporting organisations for promoting healthy behaviour or improving health outcomes
6. Acupuncture for neonatal abstinence syndrome in newborn infants
7. Carbon dioxide detection for diagnosis of inadvertent respiratory tract placement of enterogastric tubes in children
8. Breastfeeding interventions for preventing postpartum depression
9. Precision nutrition‐based interventions for the management of obesity in children and adolescents up to the age of 19 years
10. Tumor necrosis factor (TNF) inhibitors for juvenile idiopathic arthritis
Interventi per il controllo della miopia nei bambini: una revisione sistematica vivente e una network metanalisi
Lawrenson JG, et al.
Interventions for myopia control in children: a living systematic review and network meta‐analysis Cochrane Database of Systematic Reviews 2025
Si tratta di un aggiornamento di una precedente living review per valutare l'efficacia comparativa e la sicurezza degli interventi per rallentare la progressione della miopia nei bambini. Sono stati inclusi 104 studi (40 nuovi) con 17.509 bambini randomizzati, di età 4-18 anni. La maggior parte degli studi è stata condotta in Cina o altri Paesi asiatici (66.3%), e Nord America (14.4%). L’ 80.8% degli studi ha confrontato gli interventi per il controllo della miopia versus controlli inattivi. Sono state valutate la progressione della miopia in base alla differenza media (MD) nel cambiamento della rifrazione sferica equivalente (SER, diottrie (D)) e della lunghezza assiale (AL, mm) nei gruppi di intervento e di controllo ad almeno un anno, e la differenza nel cambiamento di SER e AL dopo la cessazione del trattamento (rebound). Per quanto riguarda la progressione della miopia valutata in base a SER:
Dopo un anno, nei gruppi di controllo la miopia è peggiorata mediamente di -0.65 D. Alcuni interventi sembrano ridurre questa progressione:
- Luce rossa a bassa intensità ripetuta (RLRL): +0.80 D (prove di certezza molto bassa)
- Atropina ad alte dosi (≥0,5%): +0.90 D (certezza moderata)
- Atropina a dosi medie (0,1%-<0,5%): +0.55 D (certezza bassa)
- Atropina a basse dosi (<0,1%): +0.25 D (certezza molto bassa)
- Lenti per occhiali con defocus periferico: +0.45 D (certezza molto bassa)
- Lenti a contatto morbide multifocali: +0.27 D (certezza molto bassa)
- Lenti multifocali per occhiali: +0.14 D (certezza bassa)
Dopo due anni, la progressione nei controlli è stata -1.01 D e le strategie più efficaci sono risultate:
1. Atropina ad alte dosi
2. Atropina a dosi medie
3. Lenti con defocus periferico
Per quanto riguarda l’allungamento del bulbo oculare (AL - Lunghezza assiale)
Dopo un anno, nei controlli il bulbo oculare si è allungato di 0.33 mm. Gli interventi più efficaci per ridurne l'allungamento sono stati:
- RLRL: -0.33 mm (certezza molto bassa)
- Atropina ad alte dosi: -0.33 mm (certezza moderata)
- Atropina a dosi medie: -0.24 mm (certezza bassa)
- Ortocheratologia (Ortho-K): -0.18 mm (certezza moderata)
- Atropina a basse dosi: -0.10 mm (certezza molto bassa)

- Lenti con defocus periferico: -0.13 mm (certezza molto bassa)
- Lenti a contatto multifocali: -0.11 mm (certezza bassa)
- Lenti multifocali per occhiali: -0.06 mm (certezza bassa)
L’ ortocheratologia combinata con atropina a basse dosi ha rallentato maggiormente l'allungamento rispetto alla sola ortocheratologia (-0.12 mm in più, certezza moderata).
Dopo due anni, nei controlli l'allungamento è stato di 0.56 mm e le strategie più efficaci sono risultate:
1. Ortho-K + atropina a basse dosi
2. Atropina ad alte dosi
3. Atropina a dosi medie
Non ci sono dati sufficienti sugli effetti a lungo termine dopo l'interruzione del trattamento. Gli eventi avversi e l'aderenza ai trattamenti non sono stati riportati in modo sistematico. La qualità della vita nei bambini in trattamento non è risultata significativamente diversa rispetto ai controlli. Non è stato possibile confrontare i costi e l'efficacia economica delle diverse strategie. In conclusione alcuni interventi sembrano efficaci nel rallentare la miopia e l'allungamento del bulbo oculare, tuttavia i risultati sono eterogenei, la certezza delle prove varia e non è chiaro il mantenimento degli effetti nel tempo; sono necessari studi di migliore qualità per valutare sicurezza, aderenza e impatto a lungo termine.
Interventi educativi a domicilio per bambini con asma
O'Connor A, et al.
Home‐based educational interventions for children with asthma
Cochrane Database of Systematic Reviews 2025
Questo aggiornamento di una precedente revisione del 2011 ha aggiunto 14 nuovi studi, per un totale di 26 studi con 5.122 partecipanti, di età tra 1 e 18 anni, affetti da asma da lieve a grave. Sono stati confrontati programmi educativi a domicilio con la cura abituale, con educazione meno intensiva o con educazione erogata al di fuori della casa. L’ analisi ha valutato l’impatto sugli accessi al pronto soccorso, l’uso di corticosteroidi orali, la qualità della vita e altri parametri. I partecipanti differivano per età e gravità dell'asma, anche il contesto e il contenuto degli interventi educativi variavano, così come gli obiettivi degli studi (ad esempio, ridurre l'utilizzo dell'assistenza sanitaria, migliorare la qualità della vita) e i tempi di valutazione; tutti gli studi erano a rischio di bias a causa della natura dell'intervento. Le evidenze sull’ efficacia degli interventi educativi sull'asma a domicilio rispetto ad altri tipi di educazione restano incerte. L'istruzione a domicilio può migliorare la qualità della vita rispetto al controllo e ridurre le probabilità di ospedalizzazione ma non è chiaro se sia più efficace di altri approcci educativi. La notevole diversità negli studi rende difficile interpretare le prove sul fatto che l'istruzione a domicilio sia superiore a nessuna istruzione o all'istruzione erogata in un altro contesto. Questa revisione fornisce informazioni limitate sul contenuto e l'ambiente ottimali fondamentali per gli interventi educativi nei bambini. Ulteriori studi dovrebbero utilizzare i risultati standard di questa revisione e progettare
sperimentazioni per determinare quali componenti di un programma educativo siano più importanti.
Agopuntura per la sindrome da astinenza neonatale
Urlesberger B, et al.
Acupuncture for neonatal abstinence syndrome in newborn infants
Cochrane Database of Systematic Reviews 2025
La gestione ottimale della sindrome da astinenza neonatale (NAS) continua a essere dibattuta e anche l'agopuntura è stata proposta come potenziale intervento. La revisione ha incluso due studi clinici randomizzati (RCT) condotti in un singolo centro, con un totale di 104 neonati affetti da NAS: 28 neonati in Austria tra il 2009 e il 2014 e 76 neonati in USA tra il 1992 e il 1996. Entrambi gli studi hanno confrontato l'aggiunta dell'agopuntura non invasiva alle cure standard rispetto alle sole cure standard, senza includere confronti con placebo, trattamenti farmacologici o altri tipi di agopuntura. Non sono stati identificati studi in corso. Nessuno dei due studi ha riportato eventi avversi. In uno studio la durata mediana del trattamento farmacologico per NAS era di 28 giorni con agopuntura contro 39 giorni nel gruppo di controllo; nell'altro studio, la durata media era simile tra i due gruppi (22.1 vs 22,7 giorni). In uno studio la degenza mediana era di 35 giorni con agopuntura contro 50 giorni nel gruppo di controllo; nell’ altro, la durata media era pressoché identica (25.8 vs 26 giorni). Per quanto riguarda il punteggio massimo NAS, i risultati erano contrastanti tra i due studi, con variazioni minime tra i gruppi. Gli autori concludono che le prove attuali sono insufficienti per determinare benefici o rischi dell'agopuntura nel trattamento della NAS. Sebbene gli studi non abbiano riportato effetti avversi, il campione era molto ridotto e l'affidabilità dei risultati è bassa. Sono necessari studi più ampi e ben condotti per valutare l'efficacia e la sicurezza dell'agopuntura, oltre a confronti tra diverse tecniche e punti di applicazione. Pertanto, il suo uso nei neonati con NAS dovrebbe essere considerato con cautela e non rientrare nella pratica clinica standard.
Misurazione dell’ anidride carbonica nell’aria espirata per la diagnosi di posizionamento involontario nelle vie respiratorie del tubo enterogastrico nei bambini
Smith F, et al.
Carbon dioxide detection for diagnosis of inadvertent respiratory tract placement of enterogastric tubes in children Cochrane Database of Systematic Reviews 2025
L'inserimento di un tubo enterogastrico (EGT) attraverso il naso o la bocca fino allo stomaco è una pratica comune in ambito pediatrico per diverse necessità cliniche, ma è fondamentale confermare la corretta posizione del tubo subito dopo l’inserimento e prima di ogni utilizzo, poiché un posizionamento errato, come l’ingresso nelle vie respiratorie, può comportare gravi rischi per la salute. Per verificare la posizione dell’ EGT, vengono utilizzati diversi metodi. Le linee guida statunitensi e britanniche suggeriscono un approccio combinato che include il test del pH del

liquido aspirato dal tubo e la conferma radiologica. Negli adulti, un valore di pH tra 1 e 5.5 è considerato affidabile per escludere l’inserimento nelle vie aeree, ma nei bambini questa misurazione non distingue in modo accurato tra secrezioni bronchiali e gastriche. Inoltre, nei pazienti pediatrici può essere difficile ottenere un campione di aspirato a causa delle dimensioni ridotte del tubo e della minore quantità di secrezioni gastriche. L’unico metodo pienamente affidabile per confermare il posizionamento dell’ EGT nei bambini resta la radiografia o l’ osservazione diretta al momento dell’ inserimento. Un’ alternativa utilizzata per la conferma del posizionamento delle vie aeree in anestesia generale è la misurazione dell’anidride carbonica (CO₂) nell’aria espirata, mediante capnografia o capnometria colorimetrica. Se un EGT fosse accidentalmente inserito nelle vie respiratorie, questo metodo potrebbe essere sfruttato in modo inverso per identificare un posizionamento tracheobronchiale indesiderato invece che nello stomaco. La revisione ha incluso tre studi che hanno valutato l'accuratezza della capnografia o della capnometria nel determinare il posizionamento errato di un tubo enterogastrico (EGT), confrontandole con la conferma radiologica. Complessivamente, sono stati analizzati 121 pazienti e 139 inserimenti di EGT. I dati raccolti hanno mostrato un numero limitato di casi di falsi positivi (6 inserimenti) e veri positivi (3 inserimenti), mentre non sono stati rilevati dati sui falsi negativi. Nel complesso, il rischio di bias nei risultati è considerato basso, ma la qualità delle prove avrebbe potuto essere migliore con maggiori dettagli sui criteri di selezione dei pazienti e sul modo in cui sono stati condotti i test diagnostici. Le prove attualmente disponibili non sono sufficienti per raccomandare l'uso della rilevazione della CO₂ come metodo aggiuntivo alle procedure standard di verifica del posizionamento dell’EGT nei bambini. Sono necessari studi futuri con campioni più ampi, che includano diverse fasce di età, vari tipi di monitoraggio della CO₂ (capnografia e capnometria) e differenti dimensioni di EGT, sia in bambini che respirano spontaneamente sia in quelli sottoposti a ventilazione meccanica, con o senza alterazioni dello stato di coscienza.
Interventi di supporto all’ allattamento per la prevenzione della depressione postpartum
Lenells M, et al.
Breastfeeding interventions for preventing postpartum depression
Cochrane Database of Systematic Reviews 2025
La depressione postpartum colpisce tra il 6% e il 13% delle donne nei paesi ad alto reddito. Può causare grande sofferenza alle madri e avere effetti a lungo termine sullo sviluppo del bambino. Inoltre, può influenzare negativamente la durata e l’ esclusività dell’ allattamento al seno, mentre un’ esperienza di allattamento positiva e prolungata potrebbe ridurre il rischio di depressione postpartum. Questa revisione aveva l’ obiettivo principale di valutare gli effetti, sia positivi che dannosi, degli interventi di supporto all’ allattamento rispetto alla normale assistenza perinatale sulla depressione postpartum materna. Un ulteriore obiettivo era verificare se tali interventi avessero un impatto sui sintomi depressivi e se questo effetto fosse influenzato dalla durata e dall’ esclusività dell’ allattamento al seno. La revisione ha incluso
10 studi randomizzati controllati (RCT) con 1.573 partecipanti. I risultati suggeriscono che gli interventi psicosociali per il supporto dell’ allattamento potrebbero ridurre il rischio di depressione postpartum nel breve termine (entro 1-3 mesi), ma le prove sono di bassa certezza. L’ effetto immediato dopo l’intervento e l’impatto su altri sintomi depressivi rimangono molto incerti. Inoltre, questi interventi potrebbero aumentare la durata dell’ allattamento al seno nel lungo periodo, ma non sembrano influenzare l’esclusività dell’allattamento. Per quanto riguarda gli interventi alternativi di supporto all’ allattamento, le prove sono ancora più incerte e non permettono di trarre conclusioni affidabili sul loro effetto sulla depressione postpartum o su altri aspetti della salute mentale. In conclusione le prove attuali sono di bassa certezza, ma suggeriscono che il supporto psicosociale all’allattamento potrebbe avere un ruolo nella prevenzione della depressione postpartum e nel prolungare l’ allattamento. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche con studi più ampi e metodologicamente robusti per confermare questi risultati e comprendere meglio l’impatto di questi interventi sulla salute mentale materna.
Inibitori del TNF per l’artrite giovanile idiopatica
Cagnotto G, et al.
Tumor necrosis factor (TNF) inhibitors for juvenile idiopathic arthritis
Cochrane Database of Systematic Reviews 2025
Il trattamento farmacologico dell'artrite idiopatica giovanile (JIA) include FANS, corticosteroidi intra-articolari, farmaci antireumatici modificanti la malattia sintetici convenzionali (csDMARDs) come il metotrexato (MTX) e biologici (bDMARDs), come gli inibitori del TNF (TNFi), abatacept, anakinra e tocilizumab. Recentemente, sono stati introdotti anche i DMARD sintetici mirati (tsDMARDs), tra cui tofacitinib, baricitinib e upadacitinib. Questa revisione ha analizzato nove studi con 678 partecipanti, principalmente femmine, di età media tra 8 e 15 anni. Sette studi hanno confrontato TNFi con placebo e due hanno confrontato TNFi+MTX con MTX da solo. Tuttavia, molti studi presentavano un rischio di bias elevato o incerto. Nel confronto TNFi vs placebo le prove suggeriscono che TNFi potrebbe aumentare la probabilità di miglioramento clinico (34% vs 14% con placebo), ma l'efficacia su dolore, funzione e qualità della vita è incerta a causa della bassa certezza delle evidenze. Non sono stati riportati dati sulla remissione. Gli effetti avversi non mostrano differenze chiare rispetto al placebo. Nel confronto TNFi+MTX vs MTX non è certo se la combinazione migliori la risposta al trattamento (90% vs 70%) o aumenti la remissione (40% vs 5%). Anche gli effetti avversi non hanno mostrato differenze significative. In conclusione, TNFi potrebbe favorire il miglioramento clinico nella JIA rispetto al placebo, ma l’ effetto su dolore, funzione e qualità della vita è incerto. Inoltre, non è chiaro se la combinazione TNFi+MTX sia superiore al solo MTX. Mancano studi di alta qualità per valutare meglio benefici e rischi.

Questa rubrica propone Documenti sanitari, linee guida, linee di indirizzo o di intenti di interesse pediatrico commentati a cura dell’ Associazione Culturale Pediatri. Potete inviare le vostre osservazioni ai documenti scrivendo a: redazione@quaderniacp.it. Le vostre lettere verranno pubblicate sul primo numero utile.
Luci e ombre nelle Linee Guida per la prevenzione, lo screening e il trattamento della depressione periparto. Da applicare con cautela, perché “la maggior parte dei fenomeni storici e naturali non sono semplici, o non semplici della semplicità che piacerebbe a noi”
Commento a cura di Dante Baronciani 1 e Leonardo Speri 2
1. Neonatologo, Laboratorio della Conoscenza “Carlo Corchia”
2. Psicologo-Psicoterapeuta, Psicosocioanalista
Evidence-based practice guidelines for prevention, screening and treatment of peripartum depression. To be applied with caution, because “most historical and natural phenomena are not simple, or not simple in the way we would like them to be simple”
Commento di Dante Baronciani
La multidisciplinarietà costituisce un rilevante criterio per definire la qualità di una Linea Guida (LG); allorché ci si appresti alla lettura della stessa, credo sia del tutto naturale che i professionisti delle singole discipline cerchino risposte a quesiti specifici. Rispetto ad una LG che affronti il tema della depressione in epoca perinatale [1], i miei quesiti, dal punto di vista di un clinico che operi nel post-partum, sono i seguenti [1]:
- quale la qualità della metodologia adottata per la definizione della LG?
- quale la frequenza della condizione in gravidanza e nel post-partum?
- quali strumenti risultano efficaci per rilevare precocemente segni di depressione in epoca perinatale?
- quali sono i professionisti con cui impostare un intervento multidisciplinare? In particolare come garantire una sinergia dei diversi interventi rivolti alla donna e al suo sistema familiare?
- nel caso siano prescritti interventi farmacologici quali possono essere gli effetti sul feto e in epoca neonatale, con particolare attenzione all’ allattamento al seno?
Quale la qualità della metodologia adottata per la definizione della Linea Guida?
È stata garantita la formazione di un gruppo multidisciplinare (RU-GDG) e la formulazione di domande chiave relative a: prevenzione, screening, trattamento farmacologico, trattamento psicologico, stimolazione cerebrale non invasiva, terapie complementari e alternative. Lo sviluppo delle raccomandazioni è stato basato sul metodo GRADE. Tutte le raccomandazioni sono state discusse all’interno del gruppo di lavoro fino a raggiungimento di un consenso (se non unanime voto a maggioranza).
A fronte di questi aspetti positivi, appare discutibile la scelta di includere solo revisioni sistematiche (RS) e meta-analisi nella ricerca della letteratura. Gli stessi Autori sottolineano il rischio di escludere documenti rilevanti: studi randomizzati controllati pubblicati in periodi successivi alle revisioni sistematiche prese in esame, studi osservazionali di grandi dimensioni o studi qua-
litativi.
Quale la frequenza della condizione in gravidanza e nel post-partum?
La LG riporta i dati di due revisioni sistematiche (RS) con metanalisi. La prevalenza di depressione post-partum risulta pari al 17.2% con ampie variazioni nei diversi Paesi [2]. Recuperando il lavoro originale, il dato italiano risulta pari al 16.8% (range 11.6%-23.6%). La prevalenza della depressione in gravidanza è pari al 20.7%, quella della depressione maggiore sarebbe pari al 15.0% (n.d.r.: non ho presente patologie che registrino una maggiore frequenza della forma più grave rispetto alle lievi e moderate). Il capitolo dedicato al quesito relativo alla frequenza fornisce risposte di scarsa utilità. L’ ampia variabilità osservata nelle diverse aree è, in buona parte, da attribuirsi alle modalità con cui viene posta la diagnosi; il tasso di prevalenza è in relazione allo strumento utilizzato per la valutazione (dal 37.2% al 10.1%). Lo strumento più frequentemente utilizzato per la diagnosi è la Scala di Edimburgo (nell’ 85% degli studi presi in esame) che, nell’ambito di politiche di screening, è nella maggior parte dei casi autosomministrata. I valori di sensibilità e specificità sono in funzione del cut-off utilizzato, per i valori limite comunemente usati ≥10 e ≥13, la sensibilità e la specificità sono rispettivamente dell’ 85% e dell’ 84%, e del 66% e del 95% [3]. Se la prevalenza è calcolata sulla base dei risultati dello strumento utilizzato per lo screening, senza una conferma diagnostica da parte di un clinico, si tratta, in realtà, di una stima della prevalenza. Da notare come i dati riportati non distinguano secondo la gravità della condizione (da lieve a grave) [4].
Quali strumenti risultano efficaci per rilevare precocemente segni di depressione in epoca perinatale?
Prima di affrontare il quesito relativo alla individuazione precoce, la LG dedica un capitolo alla prevenzione della depressione in gravidanza e post-partum. Si evidenzia una discreta efficacia degli interventi per la prevenzione della depressione perinatale. Gli approcci centrati sulla persona e quelli basati sulla terapia cognitivo-comportamentale, rivolti alla popolazione generale, sembrerebbero i più promettenti nella prevenzione della depressione in gravidanza e post-partum.
La modalità con cui gli Autori della LG presentano la sintesi delle evidenze solleva qualche perplessità:
- solo nel caso di una delle quattro RS prese in esame, si accenna alle caratteristiche del gruppo di controllo parlando di “trattamenti abituali”. Cosa si intende per gli stessi? Si potrebbe pensare, in molte realtà, all’ assenza di presa in carico?

Una modalità di studio che solleva dubbi sul piano etico. - si offrono insufficienti informazioni relative all’intensità degli interventi e alla durata degli stessi. Questa carenza rende problematico comprendere quali debbano essere le risorse necessarie a sostenere interventi in un ambito, quello psicologico e psico-sociale, che vede attualmente importanti ridimensionamenti del numero di professionisti operanti nei servizi territoriali. - non vengono fornite informazioni sulle modalità con le quali è stata valutata l’ efficacia degli interventi.
Rispetto al quesito iniziale, relativo alla individuazione precoce di donne con sintomi depressivi, la LG prende in esame 8 RS. Si registra una certa eterogeneità nei risultati riportati, in particolare, secondo gli Autori della LG, solo in alcune revisioni sono riportate informazioni relative agli interventi che vengono assicurati alle donne risultate positive allo screening e questo impedisce di identificare quali possano essere le barriere che rendono inefficace una diagnosi precoce.
Gli Autori della LG nelle loro conclusioni sostengono che le evidenze suggeriscono che lo screening “… può ridurre i sintomi depressivi e la prevalenza della depressione in una determinata popolazione”. Tale asserzione risulta assai discutibile in quanto, per definizione, uno screening non determina un cambiamento nella frequenza della patologia ma interviene sulla storia naturale della stessa; nel nostro caso dovrebbe comportare una minore evoluzione verso quadri patologici di maggior gravità (e durata). Una perplessità di fondo è relativa al significato dello screening nel caso di una patologia quale è la depressione. Solitamente lo screening è rivolto ad una popolazione asintomatica, con due principali modalità organizzative: l’effettuazione del test una tantum (tipico esempio lo screening relativo a malattie genetiche) o periodicamente, nel qual caso l’ intervallo di tempo è stabilito in modo tale che si possa garantire, nella maggioranza dei casi, una diagnosi precoce. Per la depressione non è valida nessuna di queste due opzioni; la negatività al test non esclude che, anche a breve distanza di tempo, la donna possa “cadere in depressione”. Ne consegue la necessità di una vigilanza continua per cogliere nel tempo, nel corso di tutti gli incontri in gravidanza e nei primi mesi di vita del bambino, la presenza di sintomi che possano far ipotizzare la necessità di un approfondimento diagnostico (case finding). Se questo è l’obiettivo si comprende come a fronte di test relativamente complessi (quale è l’ EPDS) ci si sia orientati sulla proposta di formulare due domande (quelle proposte da Whooley) [6,7] con, somministrando, in un secondo tempo, i questionari di screening (EPDS o altro) solo nel caso di sospetta depressione. Le due domande potrebbero essere integrate con due quesiti tesi ad evidenziare Disturbi d’ Ansia Generalizzati (GAD 2) [8]. La proposta relativa alle due domande di Whooley non è affrontata dalla LG in esame, nonostante due RS [9,10], evidenzino un’elevata sensibilità (95%) di tale strumento (a fronte di una specificità attorno al 60%). Il documento del NICE [11], relativo alla salute mentale della donna nel periodo perinatale, indica la necessità di riproporre le due domande in tutti gli incontri, come parte di un confronto sullo stato di benessere della donna. Le due domande proposte da Whooley sono domande “chiuse”, determinanti una risposta sì/no. Una domanda chiusa implica che si accetti per vera la risposta e, nel caso la stessa sia negativa, non si possa procedere con ulteriori domande. Ci si può chiedere se, a fronte della paura di stigmatizzazione che sovente è presente in soggetti con un disturbo mentale, non si possano ipotizzare domande che facilitino il racconto da parte
della donna: dalla domanda più semplice “come sta?” a domande comunque colloquiali del tipo “dall’ultima volta che ci siamo visti, cosa mi racconta, come è stato questo periodo?”
Nello sviluppo della sezione sulla prevenzione colpisce l’ assenza di informazioni sulla possibilità di un’ offerta pro-attiva; assenza quasi sicuramente da attribuirsi alla mancanza di letteratura a tal riguardo. Cosa si intende per offerta pro-attiva? La possibilità che il professionista (ginecologo, ostetrica, pediatra, medico di medicina generale) espliciti, durante gli incontri nel corso della gravidanza e nei primi mesi di vita del bambino che a fronte di un immaginario di periodi felici nell’attesa e dopo la nascita, ci si può sentire … stanche, giù di morale, apatiche. Il professionista dovrebbe offrire la propria disponibilità a fornire un aiuto in tali situazioni, invitando la donna a comunicare eventuali difficoltà. Forse un’offerta di questo tipo potrebbe facilitare il “case finding” nel corso dei successivi incontri. La riflessione sull’ offerta proattiva trova un supporto nel già citato documento del NICE [11], che suggerisce la necessità di: “Provide culturally relevant information on mental health problems in pregnancy and the postnatal period to the woman and, if she agrees, her partner, family or carer. Ensure that the woman understands that mental health problems are not uncommon during these periods and instil hope about treatment.”
Quali sono i professionisti con cui impostare un intervento multidisciplinare? In particolare come garantire una sinergia dei diversi interventi rivolti alla donna e al suo sistema familiare?
Per quanto riguarda il trattamento ampio spazio è dedicato agli interventi psicologici. Nel complesso si evidenzia un’ efficacia di tali interventi nel trattamento dei sintomi depressivi durante la gravidanza e il post-partum (rispetto a nessun trattamento). Si registra anche un’efficacia degli interventi psicologici forniti online. L’ approccio terapeutico più frequentemente analizzato è la terapia cognitivo comportamentale, sia con interventi rivolti al singolo individuo sia a un gruppo. Sorge qualche dubbio sugli aspetti etici di questi studi; si può allocare una donna in cui sia stata posta una diagnosi di depressione al gruppo che non prevede alcun trattamento? Forse si sarebbe potuto valutare l’ efficacia dell’ intervento psicologico versus altri interventi: dal gruppo di mutuo aiuto all’ assistenza domiciliare da parte di professionisti della salute quali ad esempio le ostetriche o le infermiere pediatriche, o ad altre forme di supporto. Mentre vengono fornite informazioni su RS relative a “terapie della terza onda o generazione”, non vengono riferiti dati sull’ intensità del trattamento (frequenza, durata) necessaria a garantirne l’ efficacia. L’ informazione non è di secondaria importanza per chi debba programmare un intervento, anche in relazione al fatto che scarse sono le risorse (psicologi) in ambito pubblico, conseguentemente, l’efficacia dell’intervento sembra riguardare solo le donne che possono permettersi l’ accesso al privato. L’ analisi di 5 RS sul trattamento in gravidanza con Stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (sola rTMS o coadiuvante a trattamenti farmacologici) mostrerebbe una modesta efficacia sulla regressione dei sintomi depressivi. Da segnalare solo che la Regione Valle d’Aosta, nel settembre 2024, ha deliberato di inserire la TMS nei Livelli Essenziali di Assistenza.
I dati relativi alle RS che hanno analizzato l’ efficacia delle misure di supporto sono contrastanti. Lo studio di tale efficacia è assai complesso in quanto necessita di informazioni specifiche

che non sempre sono fornite con il dettaglio necessario (modalità della formazione di professionisti, intensità degli interventi, eventuali criteri di selezione della popolazione, …). Rispetto a quest’ ultimo punto vi è da rilevare come in tutto il capitolo relativo all’ efficacia degli interventi non si faccia alcun riferimento alla gravità della condizione; sarebbe interessante comprendere se alcuni interventi risultino efficaci per forme lievi-moderate e non lo siano per la depressione grave. Non si riporta alcuna informazione relativa a interventi rivolti al sistema familiare della donna né ad eventuali altre figure (amici, colleghi, ...) che possano fornire un aiuto nel fornire un sostegno (aspetto affrontato nel documento del NICE) [11]. Stante i limiti sopra evidenziati è difficile comprendere quali modalità di integrazione tra i professionisti delle diverse discipline possa garantire un’efficacia degli interventi.
Nel caso siano prescritti interventi farmacologici quali possono essere gli effetti sul feto e in epoca neonatale, con particolare attenzione all’ allattamento al seno?
Nel complesso si evidenzia una modesta efficacia degli antidepressivi nella gestione della depressione post parto. Scarse sono le informazioni relative ai diversi farmaci e al confronto tra gli stessi. La medicina tradizionale cinese (erbe e agopuntura) non risulta di maggiore efficacia rispetto agli antidepressivi (con minori effetti avversi). Il trattamento ormonale (brexanolone) mostrerebbe una maggiore efficacia degli SSRI (a breve termine). Per quanto riguarda l’ efficacia degli antidepressivi sembra utile riportare quanto indicato dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri: “… Sia i farmaci antidepressivi che le psicoterapie sono efficaci nelle depressioni più gravi (non più del 15-20% dei casi). Per le depressioni meno gravi, interventi non convenzionali come l’esercizio fisico aerobico, alcune forme di fitoterapia, l’auto-aiuto e la partecipazione in gruppi di attività strutturate possono dare buoni risultati. Infine, il ruolo dei determinanti socio-ambientali sottolinea l’ importanza del supporto sociale, non solo da professionisti, ma anche da parte di familiari e caregiver, come aiuto per le persone depresse.” [12].
Per quanto riguarda quest’ultimo punto si registra un sostanziale silenzio da parte della LG, a differenza dell’ attenzione registrata, con una visione sistemica, nel documento del NICE [11] Nella LG si riporta un piccolo aumento del rischio di anomalie cardiache nel neonato; non vengono presi in esame altri esiti avversi. Secondo il documento dell’IRF M. Negri [13], l’ assunzione di antidepressivi nella seconda metà della gravidanza potrebbe determinare un aumento del rischio di ipertensione polmonare persistente nel neonato (rischio molto basso) e sintomi di “astinenza” nelle prime 48 ore di vita. Lo stesso documento sottolinea che è necessario: “… considerare che anche i disturbi depressivi, se non adeguatamente trattati, possono avere una ricaduta negativa sulla gravidanza e che, in alcuni casi, gli eventuali rischi dovuti ai farmaci antidepressivi sono minori dei benefici per il benessere della mamma e del feto.” Una revisione di 22 metanalisi indica la possibilità di un’ associazione tra assunzione di antidepressivi e rischio di nascita pretermine e distress respiratorio [13]
La LG non affronta il tema del rapporto tra antidepressivi e allattamento materno. Il documento dell’ IRF M. Negri indica quali antidepressivi di scelta la sertralina e la paroxetina mentre l’ impiego di altri farmaci (fluoxetina, citalopram, escitalopram) richiede maggiore prudenza in quanto l’ organismo li elimina in un arco di tempo maggiore.
Gli Autori della LG nelle “osservazioni finali” sottolineano che l’ efficacia del proprio lavoro è limitata: dalla presenza di disparità nelle conoscenze esistenti e dati disponibili tra Paesi e Regioni, dalla diversa disponibilità di risorse locali, nonché dalla disparità delle condizioni contestuali/sociali delle donne. Stante queste limitazioni, gli Autori definiscono alcune interessanti raccomandazioni per la ricerca da sviluppare sui diversi aspetti del problema.
Alcune riflessioni
La LG in esame ha fornito risposte esaurienti ai quesiti che hanno caratterizzato la mia “lettura”?
Nell’ introduzione alla LG, gli Autori rispondono alla domanda “Perché sono state sviluppate queste Linee Guida?” citando una revisione sistematica delle LG per la depressione peri-partum elaborate nei Paesi europei [14]. In questa RS si sottolinea la insufficiente qualità metodologica delle LG prese in esame che, peraltro, non affrontano in modo specifico la depressione peri-partum ma analizzano, più in generale, il tema della salute mentale della donna, in gravidanza e nel post-partum. Secondo gli Autori della LG in esame, l’assenza di linee guida specifiche per la gestione della PPD nei Paesi europei potrebbe portare a disparità nel trattamento della PPD in Europa e, di conseguenza, a disuguaglianze per le donne con PPD; da queste considerazioni si sviluppa l’ iniziativa di stesura della LG. Ho qualche dubbio sul fatto che la nuova LG sia in grado di ridurre la disparità in quanto si limita, in molte parti, a descrivere in modo assai sintetico i risultati delle diverse revisioni sistematiche prese in esame (con i limiti delle stesse che ho in parte commentato). Rispetto ai quesiti con cui mi sono approcciato alla lettura della LG, ho trovato maggiori indicazioni dalla lettura del documento del NICE [11] (dedicato più in generale alla salute mentale e non solo alla depressione).
1. EVIDENCE-BASED PRACTICE GUIDELINES FOR PREVENTION, SCREENING AND TREATMENT OF PERIPARTUM DEPRESSION.
This publication is based upon work from the COST Action Research Innovation and Sustainable Pan-European Network in Peripartum Depression Disorder (Riseup-PPD), CA18138, supported by COST (European Cooperation in Science and Technology).
2. Wang, D., Li, Y.-L., Qiu, D., & Xiao, S.-Y. (2021). Factors influencing paternal postpartum depression: A systematic review and meta-analysis. Journal of Affective Disorders, 293, 51–63.
3. Levis B, Negeri Z, Sun Y, Benedetti A, Thombs BD; DEPRESsion Screening Data (DEPRESSD) EPDS Group. Accuracy of the Edinburgh Postnatal Depression Scale (EPDS) for screening to detect major depression among pregnant and postpartum women: systematic review and meta-analysis of individual participant data. BMJ. 2020 Nov 11;371:m4022
4. ll DSM 5 (2013) considera la depressione post-partum come un disturbo depressivo maggiore se l’esordio dei sintomi dell’umore si verifica durante la gravidanza o nelle quattro settimane successive il parto. La DPP deve essere anche distinta dalla psicosi post partum, o psicosi puerperale, ben più grave della depressione e anche molto più rara.
5. Lega I and Group for Maternal Mental Health in the first 1,000 days of life. Perinatal mental health care in the Italian mental health departments: a national survey. Eur Psychiatry. 2024 May 24;67(1):e46.
6. Whooley MA, et al. Case-finding instruments for depression. Two questions are as good as many. J Gen Intern Med 1997; 12(7):439-45
7. Durante l’ultimo mese si è sentita spesso giù di morale, depressa o senza speranze?
Durante l’ultimo mese ha provato spesso poco interesse o piacere nel

fare le cose?
8. Nelle ultime 2 settimane, quanto spesso ti sei sentito nervoso, ansioso o teso?
Nelle ultime 2 settimane, quanto spesso ti sei sentito incapace di fermare o controllare le preoccupazioni?
9. Katharine Bosanquet et al. Diagnostic accuracy of the Whooley questions for the identification of depression: a diagnostic meta-analysis. BMJ Open. 2015 Dec 9;5(12):e008913
10. Robert D Smith et al. Meta-analysis of diagnostic properties of the Whooley questions to identify depression in perinatal women. J Affect Disord. 2022 Oct 15:315:148-155
11. National Institute for Health and Care Excellence Antenatal and postnatal mental health: Clinical management and service guidance. British Psychological Society, 2014
12. https://www.marionegri.it/magazine/farmaci-antidepressivi
13. Biffi A, Cantarutti A et al. Use of antidepressants during pregnancy and neonatal outcomes: An umbrella review of meta-analyses of observational studies J Psychiatr Res. 2020 May;124:99-108
14. Motrico E et al. (2022). Clinical practice guidelines with recommendations for peri-partum depression: A European systematic review. Acta Psychiatrica Scandinavica, 2022;146(4), 325–339
Commento di Leonardo Speri
Tappare con la paglia le fessure della stanza del parto, detta appunto la paiarola, oltre al freddo serviva a scongiurare un pericolo inconfessato: impedire alla Pagana di entrare. La Pagana, spirito che non si vede, viene a soffocar mare e bambino. Per tenerla lontana si incrociavano sul letto al momento del parto due grossi coltelli da cucina e di notte si accendeva il lume. L’accorgimento più importante però era di non lasciar mai sola la novella madre, per trenta dì e ‘na settimana, cioè durante la quarantìa, i quaranta giorni dopo il parto [IL PERIODO DELLA CALIBRAZIONE DELL’ ALLATTAMENTO – NDR] quando il suo corpo indebolito poteva esser facilmente colpito dalla stregoneria della Pagana, la malattia: mal de quarantia no el va più via. Non si doveva lasciare la dona sola coi so pensieri, indicando con questa espressione la depressione post partum.
(Dino Coltro [1])
Non è facile argomentare sulle recenti Linee Guida Sulla Depressione Perinatale del Riseup-PPD [2], perché si tratta di un documento esteso e frutto di un lavoro consistente che ha visto un ampio coinvolgimento di professionisti e ricercatori e l’ approccio è necessariamente multidisciplinare. È ancor meno facile offrirne una recensione critica, perché si muove su di un terreno per sua natura infido quale è il campo della sofferenza psichica, dove le sicurezze vacillano, e le evidenze di conseguenza, mentre vecchi saperi, nascosti per esempio nelle superstizioni contadine, rischiano di rivelarsi sorprendentemente adeguati. È un campo, quello della sofferenza psichica, dove il contesto antropologico, le concezioni filosofico-epistemologiche e le convinzioni personali, anche ideologiche, maturate nella propria esperienza clinica e di vita da parte dei singoli professionisti, compreso chi scrive [3], hanno un peso determinante sia nell’ approccio diagnostico che negli interventi conseguenti. Altri bias personali inevitabilmente intervengono, le attese implicite, le ambizioni, i desideri, altre forme più o meno insidiose di conflitto di interesse. In più, soprattutto nel caso della storia della psichiatria, i mandati sociali e istituzionali attribuiti alle organizzazioni di ricerca e cura: tutti elementi che si sono dimostrati storicamente capaci di
orientare le ricerche e le pratiche. La categoria della depressione porta al campo della salute mentale sfide aggiuntive, collocata com’ è, nella sua dimensione esistenziale, su di un continuum che va dalla condizione fondativa dell’esperienza psichica della mancanza, alla tristezza, alla risposta più o meno coerente agli eventi dolorosi vissuti, alla sintonia con il dolore altrui, singolo e sociale insieme, e così via [4]. Una risposta che, in base alla griglia di chi osserva, può essere valutata più o meno sproporzionata, duratura e paralizzante, fino alle espressioni patologiche più severe, tali da compromettere in misura crescente il compimento delle azioni di vita quotidiana e il proseguimento della vita stessa. Quadri, questi ultimi, meno sfumati e riconducibili alla cosiddetta depressione maggiore, di etiopatogenesi più complessa ma più riconoscibile, per la quale si impone il ricorso a un aiuto specialistico di intensità proporzionale alla gravità. La qualità dell’esito dell’intervento è peraltro difficilmente sottraibile alla soggettività sia del paziente che del professionista. L’intreccio indissolubile e ricorsivo dei riverberi tra la nostra struttura biologica/condizione somatica, l’ esperienza psichica, le relazioni interpersonali con i nostri simili e i sensori sul mondo, come anche una variabilità non solo quantitativa, di intensità sintomatologica, ma anche qualitativa, con radici e manifestazioni diverse, giustificano la ricerca di un approccio il più possibile integrato, bio-psico-sociale [5]. In generale davanti a un “groviglio così infinito e indefinito” rispondiamo con una naturale tendenza semplificatoria e una necessità di “ridurre il conoscibile a schemi” (Levi, 1986) [6]. Tuttavia, in questa sfida complessa dobbiamo in qualche modo tentare di identificare in quel continuum delle differenze e delle soglie che ci aiutino a decifrare quanto accade e decidere l’ opportunità e l’ intensità di un intervento. Questa lunga premessa è per sottolineare che ognuno di noi lo fa a suo modo, “ritagliando una porzione di mondo” (Campaner, 2024) [7], così come gli autori di questo documento, rispetto al quale anch’ io farò delle considerazioni critiche un po’ sparse, spesso di ordine generale, sui passaggi che mi hanno più interrogato. Sento in qualche modo l’ esigenza di relativizzare, e vorrei in questo senso aiutare il lettore, il consistente apporto di queste linee guida, per non farci noi tutti catturare dalle loro logiche interne, mantenendo uno sguardo il più possibile ampio, per valorizzare in modo corretto il contributo che possono portare nella messa a fuoco dei quadri clinici e degli interventi, evitando di confinarci in un approccio preventivo e terapeutico, sia medico che psicologico, di tipo meccanicistico e protocollare [8]. Il problema, infatti, si pone già nelle fondamenta. Il costrutto nosologico di depressione in generale non solo risente della sua varietà espressiva, ma anche della grande variabilità degli approcci diagnostici [9], dalla depressione esistenziale, agli stati depressivi (in genere ansioso-depressivi), alla depressione maggiore, unipolare, alle manifestazioni distimiche, ciclotimiche e bipolari, ai risvolti depressivi anche gravi di altre forme psicopatologiche, come la schizofrenia, tralasciando le forme provocate da altre malattie, da intossicazioni, o altre svariate cause. Nel caso delle principali forme di sofferenza psicologica post-partum la distinzione principale è tra il cosiddetto Baby Blues, considerato fisiologico, e la Depressione post partum vera e propria, che gli autori estendono al periodo compreso tra il concepimento e il primo anno di vita del bambino e quindi più correttamente Perinatale, oggetto del documento guida, e della quale viene rivendicata, a mio avviso giustamente, la specificità rispetto alla Depressione Maggiore unipolare [10]. Il documento non considera la Psicosi Puerpera-

le, dove l’infanticidio e/o il suicidio rappresentano, a ragione, l’esito paventato, ma che, anche se sulla Depressione perinatale poggia spesso le sue radici, clinicamente si pone su un piano diverso e con una ridotta rilevanza epidemiologica, che nulla toglie alla gravità, e che richiede interventi diversi. La forbice della prevalenza della Depressione Post Partum è ampia; varia secondo gli studi, i centri di ricerca e con ogni probabilità anche i bias sopracitati. Si trasferiscono qui anche problemi di tipo epistemologico e di definizione prima accennati. Basti considerare, come ricorda il documento, le differenze nella prevalenza in base allo strumento diagnostico utilizzato (The Postpartum Depression Screening Scale il 37.2%, contro il 10.1% della intervista strutturata del DSM e il 16.9% della più frequentata Scala di Edimburgo). Anche i dati di prevalenza più bassi, tuttavia, non ridimensionano affatto un serio problema di salute pubblica e il suo impatto di qualità della vita di madri, bambine e bambini, famiglie. Va anche detto che nei casi in cui la diagnosi differenziale si basa più su una prospettiva dimensionale (intensità e durata dei sintomi) che categoriale (diversità qualitativa del quadro sintomatologico) i confini diventano più sfumati e soggettivi. Pensiamo per esempio come per sintomi similari il cut-off fisiologico/patologico tra la Baby Blues e Depressione Post Partum, per quanto riguarda la durata dei sintomi sia stabilito in due settimane. Si tratta a mio parere di un esempio interessante circa l’evoluzione del paradigma del DSM, che è dichiaratamente e da tempo ormai in crisi, soprattutto il DSM-V, criticato per un eccessivo abbassamento delle soglie diagnostiche con conseguente inflazione delle diagnosi, con un’ ampiezza che va a scapito di specificità e generalizzabilità, con un rischio significativo di una pari estensione della platea dei patologici e quindi di medicalizzazioni inappropriate [11]. Tuttavia ad oggi, pur criticato, non è stato ancora ancora validamente sostituito [12]. Di qui ogni giusta cautela, ma anche i limiti del documento, che non ha lo scopo ovviamente di mettere in discussione questi presupposti ma che per tenere strette le maglie del rigore e della coerenza interna non include nella raccolta, come viene peraltro dichiarato con giusta preoccupazione etica, un insieme notevole di studi di qualità che, ammettono gli autori, potrebbero essere rilevanti ai fini delle raccomandazioni. Accingendosi alla disamina di una letteratura debitrice dei sopracitati presupposti impliciti, con una concezione delle varie forme di Depressione propria del paradigma alla base del DSM-V che la disegna in modo esclusivo come “malattia”, cioè come un “ente di natura oggettivo” piuttosto che una condizione dell’ esistenza e dell’ esperienza soggettiva, come proposto da altri modelli, gli estensori non possono che premettere più cautele. Nel rispetto della variabilità individuale dei casi e degli approcci, nonché della precarietà delle conoscenze e del ruolo della soggettività, ci ricordano fin dalle prime righe che le linee guida non sostituiscono il giudizio clinico e sottolineano la necessità di essere consapevoli della specificità di ogni singola situazione. La mia formazione culturale e mia esperienza clinica mi portano ad aggiungere anche un’attenzione al complesso rapporto domanda-offerta e all’originalità della configurazione di ogni relazione terapeutica, di ogni singolo rapporto professionista paziente [13]. Queste linee guida ci propongono una raccolta di indicazioni importanti, anche se non tutte della stessa rilevanza, soprattutto per quanto riguarda le conoscenze disponibili sugli effetti delle diverse terapie e azioni di screening. Comportano inevitabilmente anche riconosciute lacune, relative all’ampio corpo di conoscenze non riconducibile tout-court al modello del
DSM e alle metodologie di tipo sostanzialmente causalistico lineare dentro alle quali si costringono fenomeni che lineari non sono. Per esempio e a mio parere, al modello causalistico lineare consegue anche un concetto di prevenzione che si concentra pressoché esclusivamente sulla sequenza screening-trattamento, che mette in secondo piano i determinanti distali sociali, il contesto antropologico, la promozione della salute, a favore invece della ricerca di elementi predittivi e di conseguenti trattamenti costo/efficaci. Circa i determinanti distali e in tema delle disuguaglianze in salute infatti, il documento, una volta premessa l’importanza delle disuguaglianze socio-economiche e delle diversità culturali sull’ insorgenza del problema, le sottolinea più che altro per il loro peso sulla limitazione dell’ accessibilità alle cure e a cure tempestive, anche perché la diagnosi tempestiva e il trattamento precoce sono effettivamente un punto forte delle raccomandazioni prodotte. Che le differenze siano solo accennate e richiamate solo come barriere al trattamento non sarebbe un problema se, nella necessità di circoscrivere il campo, il documento si limitasse alle evidenze disponibili sull’ ampio spettro di interventi considerati (di prevenzione, screening e un ventaglio molto ampio di trattamenti), destinandolo ai professionisti della salute. Ma il documento, come d’ uso, è rivolto anche a politici, economisti, decisori, altri portatori di interesse, con l’intento di orientare le scelte e richiamare alla necessità di investire risorse nelle direzioni suggerite, su ciò che è dimostrato efficace all’ interno però del quadro circoscritto di elementi, come dicevamo “ritagliati”, sui quali lo studio si è svolto. Sulla prevenzione primaria e sulla promozione della salute e sul contrasto dei meccanismi generativi delle disuguaglianze rispetto al tema specifico, non ricaviamo grandi idee su cosa e come fare investimenti, benché nelle note finali sia uno dei punti riconosciuti come centrali. Sulla prevenzione secondaria invece il documento fornice sicuramente le indicazioni più significative quando sottolinea la necessità, come si sostiene giustamente [14], di migliorare la tempestività del riconoscimento e della presa in carico della Depressione Perinatale, per evitare il peggioramento e contrastare la cronicizzazione. Perché Mal de quarantìa no el va più via. Il tema a mio avviso centrale, riportato in epigrafe, della solitudine della donna in gravidanza e puerperio, e della prevenzione come presenza vigile ed accudente non trova spazio in questo documento. Forse non ci sono studi sufficienti o le evidenze sono deboli? A meno che questa vicinanza non sia riconducibile nella voce “interventi psicosociali” che il documento indica come fortemente raccomandati nella prevenzione universale in gravidanza e post partum, ma che sono altro (per esempio gli interventi “educazionali” e l’ home visiting risultano protettivi). Forse è un po’ come per il paradigma della zero-separation alla nascita… siamo animali sociali: è pertinente sottoporre l’ ovvio - la donna non va lasciata sola - alla ricerca di evidenze forti per poterlo raccomandare?
In generale gli interventi psicologici e psicosociali universalistici sono raccomandati sia in gravidanza che nel post partum. Tuttavia il documento sottolinea evidenze robuste e una forte raccomandazione relativamente al solo approccio cognitivo-comportamentale, molto meno per l’approccio Interpersonale. La cosa può sembrare coerente con un confronto tra modelli oggi ancora molto aperto, vista la difficoltà e i bias dei ricercatori nella individuazione dell’ outcome, la grande variabilità di tecniche e, più che la scarsità di ricerche, la non riconducibilità degli aspetti soggettivi e intersoggettivi che fondano alcuni approcci ai criteri

necessari per la formulazione delle raccomandazioni. Nel capitolo di approfondimento, tuttavia, gli interventi cognitivo-comportamentali vengono descritti in modo meno assertivo come tra i più “promettenti” in un insieme poco distinguibile di modelli. Non solo: sembrano risultare semplicemente più frequentati; nei 4 studi (su 15) dove era stato preso in esame l’ approccio Interpersonale i suoi risultati non differivano da quelli dell’approccio cognitivo-comportamentale. Non è chiaro quindi il criterio per cui la raccomandazione in questo secondo caso diventa debole, e questo dubbio va segnalato. Anche l’aiuto tra pari non sembra godere di particolare fortuna, benché sia da tempo altamente raccomandato e supportato da evidenze robuste per la sua efficacia nel sostegno della genitorialità e dell’ allattamento, quest’ultimo notoriamente protettivo verso la depressione post partum; forse perché l’ osservazione è stata ristretta allo specifico della popolazione con depressione perinatale. In buona sostanza, tutto il campo relazionale (compresa l’inclusione del partner, considerata non sufficientemente supportata dai dati) fatica ad entrare in questo schema anche se, dal mio punto di vista, in un’ ottica clinica psicodinamica ma anche di senso comune, ne è alla base (§ nota 13). Una raccomandazione forte supportata da evidenze di grado elevato riguarda invece l’inappropriatezza dell’ approccio psicofarmacologico preventivo in gravidanza e post partum davanti a sintomi di depressione subclinica, condizione che si colloca al rango inferiore del continuum di sintomi depressivi descritto all’inizio. Se non impediscono l’inflazione diagnostica, qui le linee guida contrastano almeno l’ inappropriatezza prescrittiva. Fra i vari elementi esaminati, per quanto marginale, è interessante notare che la nota funzione protettiva dell’ attività fisica viene ridimensionata dai dati relativi al lavoro domestico, di segno contrario. Benché il lavoro domestico sia compreso in una definizione estensiva di attività fisica in quanto rappresenta una modalità di interazione tra i singoli e i rispettivi ambienti di vita [15], il caso del lavoro domestico femminile, quotidiano e non retribuito, è assimilabile piuttosto a una attività lavorativa che, anche se impegna fisicamente, viene considerata in modo diverso da chi si occupa di promozione dell’ esercizio fisico. Ma è solo un esempio di come una definizione più precisa di un fattore, su questo come sugli altri elementi presi in esame, possa spostare un modo significativo il bilancio rischio/protezione.
Davanti alle incertezze e alla riconosciuta insufficienza dei dati colpisce invece, e personalmente preoccupa, la sicurezza nel raccomandare in modo forte le terapie elettroconvulsivanti (TEC) e, più in generale lo spazio più che generoso riservato alle stesse, come anche alle più moderne pratiche di stimolazione cerebrale “non invasiva”, elettriche o magnetiche, di ultima generazione. Trascurando per il momento quest’ultime, che non vengono raccomandate con la stessa forza e che hanno vita relativamente recente, la questione dell’ elettroshock, anche nella sua versione tecnicamente più raffinata, va affrontata con molta attenzione, visto che è una delle poche (cinque) raccomandazioni di questo documento considerate forti sia in gravidanza che nel post partum. Non si tratta a mio parere solo del significato storico-simbolico, in particolare per professionisti della mia generazione che hanno potuto toccare con mano gli effetti devastanti di un suo uso indiscriminato. Non si tratta nemmeno del grado di accettabilità per la società e per il paziente che il documento raccomanda di tenere in considerazione per qualsiasi proposta di intervento. La prima domanda da porsi è per quale situazione clinica sia
eventualmente indicato. Qui il documento è un po’ generico e fa riferimento alla depressione maggiore grave, e specificatamente alla Depressione resistente al trattamento, percentualmente non irrilevante all’interno della depressione maggiore unipolare che è obiettivamente una sfida terapeutica impegnativa. La prevalenza delle depressioni resistenti è incerta e l’identificazione non facile, ancora una volta per la disomogeneità dei criteri di definizione di “resistenza al trattamento”. Si segnalava una decina di anni fa che c’ è più di un modello differente di stadiazione, oltre a un’ alta frequenza di pseudo-resistenze, che le diagnosi differenziali sono complesse in particolare rispetto al disturbo bipolare, e tutto questo sull’intera popolazione interessata e non specificatamente nel periodo perinatale (Luchini F. 2012a) [16]. Anche se vi è esperienza di un uso utile in situazioni estreme (le cosiddette “depressioni refrattarie” a ogni altro trattamento, molto più rare) e in condizioni di pericolo grave e imminente, oltre a sottolineare il fatto che i tassi di ricadute sono rilevanti, le terapie elettroconvulsivanti non sono sorrette da sufficienti conoscenze del meccanismo di azione e il documento stesso attribuisce a questa pratica una qualità molto bassa di evidenza. La rilevanza epidemiologica dei casi eleggibili in effetti risulterebbe a oggi poco nota, ma con ogni probabilità sono troppo pochi i casi trattati nel periodo perinatale per andare oltre la singolarità. L’ estensione diagnostica di cui ho accennato, l’ obiettiva difficoltà e l’ impegno richiesto nella cura della depressione maggiore, l’imprecisione nelle indicazioni terapeutiche, i contesti operativi sempre più sbrigativi e spersonalizzati, la tendenza della medicina protocollare a scorciatoie che riducano la complessità, e così via… bene, tutto questo consiglierebbe una maggior prudenza. Va anche precisato che la TEC prevede l’anestesia generale e, a differenza degli altri tipi di stimolazione che tendono a sostituirla, non viene normalmente inclusa tra le tecniche “non invasive”, come invece fanno le Linee guida. Circa poi gli effetti dannosi, la cui assenza autorizzerebbe l’ alto grado attribuito di raccomandazione, ci sono (Luchini F. 2012b) [17] e sono dichiarati, ma valutati evidentemente sopportabili nella stesura della raccomandazione e del percorso di trattamento per diventare, al contrario, oggetto di preoccupazione nelle note finali e nelle indicazioni dei filoni di ricerca ancora necessari.
Non è l’unica discordanza che, con una certa personale sorpresa, ho ritrovato nelle note finali. Si richiamano problemi come lo stigma sociale, il senso di colpa, visioni della dimensione soggettiva trascurata nel documento, strutturalmente inospitale verso elementi non oggettivabili, ma fondamentali quando parliamo di salute mentale. Si recupera la necessità di reti di sostegno, si reintroducono i padri, si fa riferimento a sagge indicazioni che tuttavia non derivano dal corpus di studi esaminati. Si ridà priorità alle disuguaglianze in salute. Si riconosce soprattutto la limitatezza dei dati disponibili, la scelta di escludere ricerche di qualità, la difficoltà anche per motivi etici di ricerche in un periodo della vita così delicato e con soggetti così vulnerabili. Non si rinuncia tuttavia a chiedere investimenti per la ricerca su azioni che non hanno la stessa caratura. Colpiscono le descrizioni dettagliate riservate alle terapie di stimolazione. Qui il problema del conflitto di interessi potrebbe avere un suo peso [18], per quanto stemperato dal giudizio a maggioranza dei colleghi che si dichiarano esenti. Un ulteriore livello di referaggio forse potrebbe essere raccomandato, soprattutto se le linee guida sono proposte all’esame di Società scientifiche e altri stakeholder con 15 giorni di tempo per le osservazioni su un documento così consistente, articolato,

multidisciplinare.
In conclusione: ho affrontato questa recensione alternando uno sguardo generale e qualche affondo sugli aspetti più vicini alla mia esperienza, perché penso necessario che il lettore delle Linee Guida sia portato a farsi più domande che a cercarvi risposte, perché credo necessario avvicinarsi a questo documento con la dovuta cautela. La lettura delle linee guida è stata impegnativa, anche per l’ eterogeneità dei fattori e la mancanza di una loro gerarchia, non tanto di importanza o costo/efficacia, che è l’ esito atteso della ricerca, bensì della diffusione, della frequenza degli interventi, in qualche modo della loro rilevanza epidemiologica. A questo proposito ricordo che Giulio Maccacaro, di fronte alla difficoltà di inquadramento del concetto “malattia mentale”, in occasione del progetto del CNR di fine anni ‘70 “Prevenzione delle Malattie Mentali”, aveva suggerito di trasformare l’ epidemiologia di quell’ oggetto imprendibile in una più accessibile e significativa epidemiologia dell’intervento Psichiatrico [19]. Perché davanti ad un ad un campo così complesso, credo debba soccorrerci almeno la consapevolezza dei tanti, troppi “non so” sul piano clinico, biologico, ... e di tentare di resistere alle tentazioni semplificatorie o a riduzionismi inappropriati che finiscono per mettere sullo stesso piano approcci di qualità e consistenza molto distanti tra loro. Forse davvero, come scrivono gli autori, abbiamo bisogno di più tempo, più ricerche, più approfondimenti e, aggiungerei, un gruppo di professionisti della salute mentale con approcci più eterogenei, un dibattito più ampio, per orientare saggiamente professionisti che nella quotidianità, pressati da richieste di efficienza e anche di controllo sociale, rischiano di usare le linee guida in maniera acritica e, laddove mandatorie, difensiva.
Vale la pena concludere riprendendo Primo Levi: se il desiderio di semplificazione è giustificato, la semplificazione non sempre lo è. È un’ipotesi di lavoro, utile in quanto tale e non scambiata per la realtà; la maggior parte dei fenomeni storici e naturali non sono semplici, o non semplici della semplicità che piacerebbe a noi [20]
1. Da una relazione di Dino Coltro, insegnante, scrittore e storico della cultura contadina veneta. Atti del Convegno “Il neonato e gli adulti. Gli approcci possibili e la relazione adeguata”. Comune di Arcole (VR) 2004
2. Riseup-PPD, Evidence-Based Clinical Practice Guidelines for Prevention, Screening and Treatment of Peripartum Depression, § https:// www.epicentro.iss.it/materno/linee-guida-depressione-peripartum
3. Il punto di vista di uno psicologo, psicoterapeuta di formazione psicoanalitica, e psicosocioanalista, clinico dei gruppi e delle istituzioni, prestato alla salute pubblica dopo una lunga vita professionale nei servizi psichiatrici.
4. Per una messa a fuoco è imprescindibile il contributo della psicopatologia fenomenologica. Per chi volesse avvicinarsi suggerisco i testi di Eugenio Borgna, scomparso di recente e il lavoro di uno dei miei maestri. G, Gozzetti La tristezza Vitale, Marsilio, Venezia 1996
5. Sul piano epistemologico rimando al contributo di Raffaella Campaner Modelli di spiegazione del disturbo mentale in Guerini R. Marraffa M. Psicopatologia e scienze della mente, Carocci, Roma 2019
6. Levi P., I sommersi e salvati, Einaudi Torino 1986
7. Considerare l’approccio del filosofo della scienza è tutt’altro che secondaria ed ha rilevanti conseguenze sul piano operativo. Rimando alla lettura magistrale “La dimensione sociale nella costruzione della conoscenza: la scienza tra evidenze e valori” e al dibattito con la Prof. Campaner alle Giornate Scientifiche COIRAG “Franco Fasolo”, Qualcosa non è cambiato: la clinica analitico-gruppale al setaccio dei fallimenti terapeutici, Milano 2024, https://youtu.be/8zf73Az6xys
8. Condivido in questo senso la considerazione di chi le ritiene una im-
portante opportunità e ne auspica una redazione adattata al nostro paese (Lega I., Dalla depressione postpartum alla depressione peripartum: c’è una Linea guida europea Epidemiol Prev 2024; 48 (4-5)394-395. doi: 10.19191/EP24.4-5.A780.103) Non altrettanto che diventino vincolanti (Lega I. cit.), anche alla luce della poca specificità di interventi come quelli descritti nel diagramma di percorso clinico per la Depressione Perinatale a pag 44 del testo completo delle Linee guida e in contraddizione con la discrezionalità necessari caso per caso, richiamata dagli stessi autori in premessa e per i limiti dichiarati alla fine.
9. Accanto al modello Biomedico oggi prevalente che trova nel DSM-V [American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing, 2013. Edizione italiana: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Milano: Raffaello Cortina, 2014] il tentativo più recente di sistematizzazione, penso alla Psicopatologia e Psichiatria ad ispirazione Fenomenologica, Psicoanalitica, Interpersonale. Segnalo a titolo di esempio il tentativo di integrazione proposto dal Manuale diagnostico psicodinamico PDM 2, di uso frequente da parte degli psicoterapeuti di matrice psicoanalitica, (Lingiardi V., Mc Williams Manuale diagnostico psicodinamico PDM-2, Raffaello Cortina, Milano 2020)
10. Per un excursus approfondito vedi Grussu P., Bramante A. (a cura di) Manuale di Psicopatologia Perinatale. Profili Psicopatologici e modalità di intervento, Erickson, Trento 2016
11. La critica più severa viene dall’interno, ormai un decennio fa, da parte di Allen J. Frances, che aveva guidato la task force che ha redatto il DSM-IV, e che ha pubblicato in polemica con il DSM-V il testo dal titolo significativo Primo non curare chi è normale (Bollati Boringhieri 2013)
12. Interessante il contributo di Aragona M. Oltre l’attuale crisi della nosografia psichiatrica: uno sguardo al futuro. ATQUE 2014; https://www. atquerivista.it/wp/wp-content/uploads/pdf/atque_15ns_2.pdf / Vedi anche, sempre di Allen F. La diagnosi in psichiatria: ripensare il DSM-V Raffaello Cortina, Milano 2014. 13. “Due individui con lo stesso disturbo, sia esso depressione, lutto complicato, ansia o ogni altro tipo di patologia mentale, non avranno mai le stesse potenzialità, necessità di trattamento o risposte agli interventi terapeutici […] È ormai appurato che la qualità dell’alleanza terapeutica è il miglior predittore dell’esito terapeutico, indipendentemente dal disturbo per cui si cerca aiuto”. American Psychonalitic Association, cit. in Lingiardi V. Fare diagnosi oggi: DSM-V, PDM-2, SWAP-200, Giornata Nazionale di Ricerca “They are people”, Roma, 28 genn 2017. Sitografia https://www.spiweb.it/la-ricerca/ricerca/ricerca-empirica/ lingiardi-v-2017-fare-diagnosi-oggi-dsm-5-pdm-2-swap-200-giornatanazionale-di-ricerca-they-are-people-roma-28-genn-2017/ 14. Lega I., Dalla depressione postpartum alla depressione peripartum: c’è una Linea guida europea Epidemiol Prev 2024; 48 (4-5)394-395. doi: 10.19191/EP24.4-5.A780.103
15. De Mei B. et al. Promuovere l’attività fisica come obiettivo di salute pubblica. ISS 2022 https://www.epicentro.iss.it/attivita_fisica/pdf/Attivita_fisica%20online%20link%2025-01-23.pdf
16. Luchini F et al. Depressione resistente al trattamento: stato dell’arte. Parte I. Nosografia e clinica in Riv Psichiatr 2014;49(5):207-216; doi 10.1708/1668.18260
17. Luchini F. et al. Depressione resistente al trattamento: stato dell’arte. Parte II. Trattamento in Riv Psichiatr 2014;49(6):228-240; doi 10.1708/1766.19120
18. Vedi la dichiarazione a fine documento. Un componente, ma uno dei 2 membri di in gruppo di ricerca della stessa università, dichiara di ricevere finanziamenti da ditte produttrici di apparecchiature.
19. Concetto ripreso in Maccacaro G, Appunti per una ricerca su: epidemiologia della istituzione psichiatrica come malattia sociale, “Fogli d’informazione”, 50, 306. 1978
20. Levi P, cit.

Questa rubrica propone Documenti sanitari, linee guida, linee di indirizzo o di intenti di interesse pediatrico commentati a cura dell’ Associazione Culturale Pediatri. Potete inviare le vostre osservazioni ai documenti scrivendo a: redazione@quaderniacp.it. Le vostre lettere verranno pubblicate sul primo numero utile.
Qualità dell’aria e iniquità sociale: implicazioni per la salute pediatrica
Vincenza Briscioli
Gruppo ACP “Pediatri per un mondo possibile” (PuMP)
Health and Environment Alliance (HEAL) è un’ organizzazione no-profit europea che si occupa dell’impatto dell’ambiente sulla salute umana. Uno degli scopi di questa organizzazione è influenzare le normative e le politiche europee al fine di promuovere la salute del pianeta e delle persone, proteggendo le comunità più esposte all’inquinamento e sensibilizzando sui benefici delle azioni pro-ambiente. HEAL ha recentemente pubblicato un documento informativo inerente l’ attuazione della Direttiva UE sulla Qualità dell’Aria Ambientale (AAQD) da parte degli Stati membri; la direttiva sottolinea la necessità di ridurre le disuguaglianze socio-economiche nell’ ambito delle strategie per migliorare la qualità dell’ aria; ciò apporterà non solo benefici a tutti i cittadini, ma contribuirà anche a ridurre le disparità sanitarie che colpiscono in modo sproporzionato le comunità più vulnerabili. L’ obiettivo di questo documento informativo è esaminare il legame tra inquinamento atmosferico, equità sociale e salute pediatrica, fornendo un quadro delle evidenze scientifiche e delle politiche necessarie per affrontare questa emergenza ambientale e sanitaria [1].
Introduzione
L’ inquinamento atmosferico rappresenta la principale minaccia ambientale per la salute in Europa, con il 96% della popolazione urbana esposta a livelli di aria non salubri. Ogni anno questo fenomeno è responsabile di centinaia di migliaia di morti premature e comporta costi sanitari per miliardi di euro. Oltre ad essere un fattore di rischio determinante per l’ aggravamento di patologie preesistenti e malattie croniche, l’inquinamento atmosferico ha un impatto significativo sulla salute pubblica. Come sottolineato dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sia l’esposizione a breve che a lungo termine aumentano il rischio di malattie cardiovascolari, ictus, asma, broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e tumore ai polmoni. Inoltre, l’inquinamento atmosferico è associato ad una riduzione della funzionalità polmonare, a effetti negativi sullo sviluppo del sistema nervoso centrale, a un aumento del rischio di parto pretermine e di basso peso alla nascita, condizioni che a loro volta possono comportare ulteriori rischi per la salute nel corso della vita. Studi recenti evidenziano inoltre un legame tra l’ esposizione all’ inquinamento atmosferico e un maggiore rischio di sviluppare diabete, obesità e demenza. Queste evidenze sottolineano l’urgenza di politiche mirate alla riduzione dell’inquinamento ambientale, con l’ obiettivo di tutelare la salute della popolazione e mitigare le disuguaglianze sanitarie associate a questo fenomeno. Esiste un numero crescente di evidenze che dimostrano come le disu-
guaglianze socio-economiche e gli effetti sulla salute derivanti dall’ inquinamento atmosferico siano strettamente interconnessi. Le persone che vivono in aree economicamente svantaggiate dell’Unione Europea sono spesso esposte a livelli più elevati di inquinamento dell’ aria e subiscono conseguenze sanitarie più gravi in modo sproporzionato. In queste zone, gruppi vulnerabili come bambini, donne in gravidanza, anziani e individui con patologie preesistenti sono particolarmente a rischio, poiché il loro stato di salute risulta più compromesso rispetto a chi vive in contesti più agiati
Direttiva sulla Qualità dell’ Aria Ambientale (AAQD) È stata rivista ed è entrata in vigore il 10 dicembre 2024, introducendo limiti aggiornati per i principali inquinanti atmosferici nell’Unione Europea (Tabella 1). Queste nuove soglie riflettono l’impatto significativo dell’ inquinamento sulla salute pubblica e mirano ad allinearsi alle più recenti raccomandazioni dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Gli Stati membri dell’UE sono ora chiamati ad attuare rapidamente la direttiva, integrandola nella legislazione nazionale e adottando misure concrete per raggiungere i nuovi standard di qualità dell’aria entro il 2030. L’ implementazione della AAQD porterà a miglioramenti immediati nella qualità dell’ aria e nella salute pubblica, contribuendo a ridurre significativamente i costi sanitari ed economici legati all’ inquinamento atmosferico. Inoltre, la direttiva riconosce che le persone che vivono in condizioni socio-economiche svantaggiate sono maggiormente esposte e vulnerabili agli effetti dell’inquinamento atmosferico, subendo un impatto sulla salute superiore rispetto alla popolazione generale [2]. Per affrontare queste disuguaglianze ambientali la direttiva introduce misure specifiche volte a proteggere le fasce di popolazione più sensibili e vulnerabili. In linea con questo principio, l’8° Programma d’ Azione per l’ Ambiente dell’UE ha stabilito come priorità per il 2030 la riduzione significativa delle disuguaglianze sociali legate alle politiche ambientali e climatiche [3]. L’ obiettivo è garantire che gli interventi per la tutela dell’ ambiente e del clima siano equi e inclusivi, minimizzando gli impatti negativi sulle fasce più svantaggiate della popolazione. Il Primo Piano d’ Azione dell’UE per l’Inquinamento Zero, adottato nel 2021, poneva tra i suoi obiettivi principali la riduzione delle disuguaglianze sanitarie legate all’ inquinamento. Un elemento chiave del piano è il registro delle disuguaglianze (Inequalities Register), strumento concepito per monitorare e ridurre le disuguaglianze ambientali e sanitarie tra le diverse regioni e gruppi socio-economici all’ interno dell’ Unione Europea, contribuendo a realizzare gli obiettivi del Piano d’ Azione per l’Inquinamento Zero, il quale mira a ridurre

Tabella 1. Tabella comparativa con limiti previsti dalla Direttiva (UE) 2024/2881) a confronto con le soglie precedenti ed i valori raccomandati da OMS [5].
Inquinante
PM 2.5
NO2
O3 (ozono)
SO2
Benzo[a]pirene (BaP)
Piombo
Periodo di media
Media annuale
Media giornaliera
Media giornaliera
Media annuale
Media oraria
Media 8 ore (massimo giornaliero)
Limite UE 2008/50/CE
µg/m³
µg/m³ (35 sup./anno)
µg/m³
µg/m³ (18 sup./anno)
µg/m³ (25 sup./anno media 3 anni)
Nuovo limite UE 2024 (entro il 2030)
Linee guida OMS 2021
(4 sup.)
µg/m³ (18 sup./anno)
µg/m³ (25 sup./anno)
Media oraria 350 µg/m³ (24 sup./anno) invariato
Media giornaliera 125 µg/m³ (3 sup./anno)
μg/m³ 40 µg/m³
(99° percentile)
Media annuale 1 ng/m³ invariato 0.12 ng/m³
Media annuale 0.5 µg/m³ invariato -
l’inquinamento a livelli non dannosi per la salute e l’ ambiente entro il 2050, garantire che l’ inquinamento non aggravi le disuguaglianze sociali e sanitarie, integrare la lotta all’ inquinamento nelle politiche sanitarie, sociali ed economiche dell’UE. Questo registro consentirà di indirizzare interventi mirati a livello europeo, nazionale e locale, offrendo ai cittadini la possibilità di confrontare l’impatto dell’inquinamento sulla loro salute nei luoghi in cui vivono, lavorano e studiano [4]
Impatto della qualità dell’aria sulla salute infantile Nonostante gli impegni ripetuti per ridurre le disuguaglianze nell’UE, l’ OMS avverte che le disparità sanitarie stanno diventando un problema sempre più rilevante in Europa [6]. Uno dei motivi principali è la distribuzione disomogenea dei rischi ambientali tra i diversi paesi e gruppi di popolazione. L’ Agenzia Europea dell’ Ambiente (EEA) sottolinea che i benefici delle politiche di riduzione dell’inquinamento atmosferico non sono equamente distribuiti tra le regioni geografiche e le fasce sociali, contribuendo a un’ iniquità sanitaria che necessita di un’ attenzione politica immediata; garantire quindi una distribuzione più equa dei benefici ambientali è essenziale per assicurare un uso più efficiente delle risorse pubbliche investite nella tutela della salute [7]. È noto dalla letteratura che i bambini sono
particolarmente suscettibili agli effetti nocivi dell’ inquinamento atmosferico per ragioni fisiologiche e comportamentali. La loro frequenza respiratoria è più elevata rispetto agli adulti, il che comporta un’ assunzione maggiore di agenti inquinanti per unità di peso corporeo. Inoltre, lo sviluppo polmonare e neurologico è ancora in corso, rendendo il danno biologico più significativo e persistente. Le evidenze epidemiologiche indicano un’ associazione tra l’ esposizione all’ inquinamento atmosferico e una vasta gamma di patologie infantili, tra cui disturbi del neuro-sviluppo, asma, ridotta funzionalità polmonare, infezioni respiratorie e complicanze perinatali. L’ esposizione prenatale e nei primi anni di vita agli inquinanti atmosferici è stata correlata ad un aumento del rischio di disturbi del neuro-sviluppo, tra cui il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), ritardi cognitivi e problemi comportamentali. Inoltre, l’ inquinamento atmosferico è riconosciuto come fattore di rischio per il parto pre-termine e il basso peso alla nascita, condizioni che a loro volta possono avere ripercussioni a lungo termine sulla salute neuro-cognitiva e respiratoria (Tabella 2)
Disuguaglianze sociali e vulnerabilità infantile
Le condizioni socio-economiche influenzano in modo significativo l’ esposizione all’ inquinamento atmosferico e il relativo im-
Tabella 2. Principali inquinanti atmosferici ed il loro impatto sulla salute infantile
Inquinante Effetti sulla salute infantile
PM (particolato fine e ultrafine) Disturbi del neuro-sviluppo; problemi respiratori; aumento del rischio di parto pretermine, basso peso alla nascita e pre-eclampsia in gravidanza
SO₂ (diossido di zolfo) Cefalea ed ansia.
NO₂ (biossido di azoto) Asma e ridotta funzionalità polmonare; irritazione faringea e problemi respiratori
BaP (Benzo[a]pirene) Associato ad ADHD e indebolimento del sistema immunitario; irritazione faringea e problemi respiratori
O₃ (ozono troposferico) Associato ad ADHD e indebolimento del sistema immunitario

patto sulla salute infantile. I bambini appartenenti a famiglie con un basso status socio-economico tendono a vivere in aree urbane con elevata densità di traffico, vicino ad impianti industriali o in abitazioni con scarsa efficienza energetica, fattori che aumentano la loro esposizione agli inquinanti. Inoltre, la maggiore vulnerabilità biologica si combina con barriere strutturali, quali difficoltà all’ accesso alle cure sanitarie, ridotta disponibilità di spazi verdi e minori opportunità di mitigazione dell’esposizione. Questo scenario contribuisce ad amplificare le disuguaglianze sanitarie, con un impatto sproporzionato sulla salute pediatrica nelle comunità più svantaggiate. Uno studio condotto in Italia ha evidenziato che le aree con livelli più alti di PM₁₀ e NO₂ presentano una maggiore concentrazione di popolazione con bassi livelli di istruzione, alti tassi di disoccupazione e un’ alta percentuale di abitazioni in affitto [8]. Alcuni gruppi, come bambini, donne in gravidanza, anziani e persone con patologie preesistenti, sono particolarmente a rischio; quando questi gruppi vulnerabili risiedono in quartieri socio-economicamente svantaggiati, l’impatto dell’inquinamento sulla salute può essere ancora più grave. Questo non è solo il risultato di livelli di inquinamento più elevati, ma anche di una salute generale più fragile, di un accesso limitato alle cure mediche e di fattori legati allo stile di vita, come una dieta poco equilibrata, che possono amplificare i rischi per la salute. Questi dati confermano come l’ esposizione all’ inquinamento atmosferico sia strettamente legata ai determinanti sociali della salute. HEAL sottolinea che per garantire una riduzione equa dell’ esposizione all’inquinamento atmosferico e massimizzare i benefici della nuova Direttiva UE sulla Qualità dell’ Aria, è essenziale un approccio che integri misure ambientali e sociali; infatti, affrontare il problema dell’ inquinamento atmosferico senza considerare le disuguaglianze socio-economiche rischia di lasciare indietro le fasce più vulnerabili della popolazione.
Le azioni raccomandate per proteggere i più vulnerabili nella nuova Direttiva europea (AAQD, 2024)
1. Migliorare la qualità dell’ aria a livello nazionale, regionale e locale: gli Stati membri devono adottare misure efficaci e rapide per ridurre le emissioni in tutti i settori e raggiungere i livelli di qualità dell’aria raccomandati dall’ OMS. È essenziale una rapida trasposizione delle nuove normative UE e la pianificazione di strategie per rispettare i nuovi limiti entro il 2030. Poiché l’inquinamento atmosferico non conosce confini, azioni tempestive in un Paese contribuiranno a ridurre la contaminazione transfrontaliera e ad agevolare il rispetto delle nuove soglie legali anche nelle regioni e città vicine.
2. Proteggere i gruppi più vulnerabili nelle aree socio-economicamente svantaggiate: a livello urbano è necessario sviluppare piani specifici per ridurre l’ impatto dell’ inquinamento sulle fasce di popolazione più a rischio. Questo include la mappatura delle aree più esposte e il coinvolgimento attivo delle comunità locali nel processo decisionale, per garantire che le politiche ambientali e sanitarie rispondano realmente alle loro esigenze; potenziamento delle infrastrutture scolastiche con sistemi di filtraggio dell’ aria e spazi verdi e programmi di monitoraggio sanitario per i bambini più esposti.
3. Incremento delle politiche di mobilità sostenibile con investimenti in trasporto pubblico a basse emissioni e percorsi ciclabili; limitazione del traffico in prossimità delle scuole e delle aree residenziali; miglioramento dell’ efficienza energetica nelle
abitazioni attraverso incentivi per la riqualificazione energetica e l’adozione di sistemi di riscaldamento a basse emissioni e programmi di contrasto alla povertà energetica.
4. Integrazione delle politiche ambientali con le strategie sanitarie pediatriche: creazione di registri di monitoraggio delle disuguaglianze sanitarie legate all’ inquinamento e coinvolgimento attivo di pediatri e operatori sanitari nelle politiche di prevenzione.
5. Rafforzare la collaborazione tra settori amministrativi: la qualità dell’ aria non è solo una questione ambientale, ma anche sociale e sanitaria. Per sviluppare ed attuare politiche efficaci è cruciale una sinergia tra i servizi sanitari, sociali e di welfare, la pianificazione urbana, la mobilità, l’edilizia e l’energia. Un approccio integrato può garantire una transizione efficace verso un’ aria più pulita, con impatti positivi sulla salute pubblica e sulle condizioni di vita delle comunità più vulnerabili.
Conclusioni
L’ inquinamento atmosferico non è solo una questione ambientale, ma un problema di giustizia sociale e di salute pubblica, con implicazioni significative per la popolazione pediatrica. La revisione della Direttiva UE sulla Qualità dell’ Aria rappresenta un’ opportunità cruciale per ridurre l’ esposizione agli inquinanti e mitigare le disuguaglianze sanitarie, garantendo un’ aria più pulita per tutti i bambini in Europa. Solo attraverso un approccio integrato e mirato sarà possibile proteggere la salute delle future generazioni e promuovere un ambiente equo e sostenibile.
1. https://www.env-health.org/wp-content/uploads/2024/12/HEA_Clean-Air-Brief_2024.pdf
2. https://eur-lex.europa.eu/eli/dir/2024/2881/oj
3. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32022D0591
4. https://environment.ec.europa.eu/strategy/zero-pollution-action-plan_en
5. https://data.consilium.europa.eu/doc/document/PE-88-2024REV-1/it/pdf
6. https://www.who.int/europe/news-room/fact-sheets/item/environmental-health-inequalities
7. https://www.eea.europa.eu/en/analysis/publications/unequal-exposure-and-unequal-impacts
8. Mannocci A, Ciarlo I, D’Egidio V, et al. Socioeconomic Deprivation Status and Air Pollution by PM10 and NO2: An Assessment at Municipal Level of 11 Years in Italy. J Environ Public Health. 2019 Jan 3;2019:2058467. doi: 10.1155/2019/2058467. PMID: 30719049; PMCID: PMC6335678.

Ambiente e Salute News n.31 gennaio - febbraio 2025
A cura di Giacomo Toffol e Vincenza Briscioli
Gruppo ACP Pediatri per Un Mondo Possibile
La Convenzione delle Nazioni Unite contro la desertificazione (United Nations Convention to Combat Desertification, UNCCD), una delle tre convenzioni ambientali nate dal Summit della Terra di Rio (1992), ha pubblicato The Global Threat of Drying Lands: Regional and global aridity trends and future projections" un nuovo documento informativo sull’ aridità del suolo e le sue conseguenze future. L’Italia, insieme ad altri Paesi del Mediterraneo, è indicata come hotspot globale dell’aridificazione (intesa come una estensione del clima arido ad aree in precedenza non interessate) : negli ultimi decenni ha già registrato un estensione delle zone aride, con proiezioni che indicano un ulteriore peggioramento entro il 2100, soprattutto in scenari ad alte emissioni. Ciò avrà impatti sull'agricoltura, la biodiversità e le foreste, la salute e le risorse idriche, la migrazione interna, con aggravamento di disuguaglianze e spopolamento rurale. Tra le misure raccomandate vi sono monitoraggio dell’aridità, uso di colture resilienti, irrigazione efficiente, riforestazione mirata e inclusione dell’adattamento climatico nei piani nazionali. Anche in questo numero sono numerosi gli articoli che evidenziano quanto sia importante preservare la biodiversità e quanto la protezione e la rigenerazione del verde urbano e delle coste siano un investimento preventivo che lega salute, equità e adattamento climatico. In questa rivista continuiamo a riassumere sinteticamente i principali articoli pubblicati nelle riviste monitorate, tutti gli articoli e gli editoriali ritenuti degni di attenzione vengono elencati divisi per argomento, con un sintetico commento. Questo numero si basa sul controllo sistematico delle pubblicazioni di gennaio e febbraio 2025.
A new brief published by the United Nations Convention to Combat Desertification (UNCCD)- one of the three environmental conventions established at the 1992 Earth Summit in Rio - highlights global and regional trends in aridity, as well as future projections (The Global Threat of Drying Lands: Regional and global aridity trends and future projections"). Italy, alongside other Mediterranean countries, is identified as a global aridification hotspot. Within Italy, several areas have already experienced significant drying over recent decades, with projections indicating a worsening trend by 2100, particularly under high-emission scenarios. These changes are expected to impact agriculture, biodiversity, and forest ecosystems, as well as water resources and public health. The brief also warns of rising internal migration, increased social inequities, and the depopulation of rural areas. To address these challenges, the report recommends strengthening aridity monitoring systems, promoting sustainable land use, enhancing water efficiency, implementing targeted reforestation efforts, and integrating climate adaptation measures into national planning frameworks. Additionally, the articles featured in this issue underscore the critical importance of biodiversity conservation. They emphasize that the protection and regeneration of urban green spaces and coastal areas are not only environmental priorities but also preventive investments in public health, social equity, and climate resilience. We continue to summarize the main articles published in the monitored journals, all articles and editorials deemed worthy of attention are listed divided by topic, with a brief commentary. This issue is based on the systematic monitoring of publications in January and February 2025.

"Silenzio in alta quota" - Concorso fotografico "Noi siamo la Natura", 2024
Ambiente e Salute News
Indice
:: Cambiamento climatico
1. ▶ Eventi climatici estremi nel primo anno di vita e wheezing infantile
2. Effetti del cambiamento climatico sul microbioma intestinale umano: meccanismi complessi e disuguaglianze globali
3. Ondate di calore e utilizzo delle cure pediatriche
:: Inquinamento atmosferico
1. ▶ Impatto dell'esposizione a lungo termine a NO2, O3 e al loro potenziale ossidativo sulla salute mentale degli adolescenti e ruolo protettivo del verde a scuola
2. ▶ Esposizione a lungo termine al PM2.5 e disturbi visivi nei bambini in età scolare
3. Esposizione alle particelle ultrafini di origine aeroportuale in gravidanza ed esiti alla nascita
4. Effetto dell'inquinamento atmosferico da PM2.5 sull'impatto globale della diarrea neonatale dal 1990 al 2019
5. Esposizione all’inquinamento atmosferico da traffico ed esiti avversi alla nascita in Texas: un’ analisi dal 1996 al 2016
6. Un protocollo di studio per indagare contemporaneamente l’esposizione all’inquinamento atmosferico indoor-outdoor. Lo studio WellHome and Environment (West London Healthy Home and Environment)
:: Inquinamento da sostanze chimiche non atmosferiche
1. Esposizione a PFAS, citochine e indice di massa corporea
2. Esposizione residenziale materna a composti organici volatili (VOC) e metalli e rischio di paralisi cerebrale infantile
3. Ipotesi innovativa sul glifosato: accumulo osseo, rilascio sistemico prolungato ed implicazioni per il rischio ematologico
4. Estrazione non convenzionale di gas naturale e rischio di cancro infantile. Uno studio caso-controllo
5. ▶ Esposizione a pesticidi nel periodo preconcezionale e rischio di natimortalità
6. Effetti combinati della metilazione globale del DNA, dei livelli di piombo nel sangue e di arsenico totale nelle urine sul ritardo dello sviluppo nei bambini in età prescolare
:: Ambienti naturali
1. Biodiversità, salute mentale e benessere dei bambini. Una revisione sistematica
2. La residenza in prossimità di una spiaggia è correlata ad un miglior sviluppo socio-emotivo nei bambini in età prescolare di sesso maschile
3. Effetti a lungo termine del verde urbano nella riduzione del PM10: una protezione reale per le popolazioni vulnerabili all'asma?
:: Psicologia ambientale
1. Il potere della preoccupazione: è la preoccupazione, non i sentimenti positivi, a guidare l'attivismo per il clima
2. Migliorare le intenzioni di ridurre il consumo di carne: un esperimento confronta il ruolo dell’identità personale e di quella sociale in favore dell’ ambiente
Riviste monitorate
American Journal of Public Health
.. American Journal of Respiratory and Critical Care medicine
American Journal of Epidemiology
Archives of Diseases in Childhood
Brain & Development
British Medical Journal
Child: Care, Health and Development
Environmental and Health
Environmental Health Perspectives
Environmental International
Environmental Pollution
Environmental Research
Environmental Sciences Europe
European Journal of Epidemiology
International Journal of Environmental Research and Public
Health
International Journal of Epidemiology
JAMA (Journal of American Medical Association)
JAMA Pediatrics
Journal of Environmental Psychology
Journal of Epidemiology and Community Health
Journal of Pediatrics
NeuroToxicology
Neurotoxicology and Teratology
New England Journal of Medicine
Pediatrics
The Lancet
Revisione delle riviste e testi a cura di:
Vincenza Briscioli, Laura Brusadin, Sabrina Bulgarelli, Federico Marolla, Angela Pasinato, Laura Reali, Laura Rocca, Annamaria Sapuppo, Vittorio Scoppola, Rita Straquadaino, Laura Todesco, Mara Tommasi, Giacomo Toffol, Elena Uga.
Pediatri per Un Mondo Possibile
Gruppo di studio sulle patologie correlate all’ inquinamento ambientale dell’ Associazione Culturale Pediatri (ACP) mail: pump@acp.it
▶ Articoli in evidenza

Cosa aggiungono questi studi: indicazioni pratiche
• Ricordiamo che la natura è un’ alleata della salute mentale. Sempre più evidenze mostrano che l’ accesso regolare alla natura – in particolare agli ambienti costieri e agli spazi verdi urbani – è un fattore protettivo per la salute mentale e respiratoria dei bambini. La vicinanza al mare e alle spiagge è associata a un miglior benessere emotivo nei bambini in età prescolare, soprattutto nei maschi. Il verde intorno alle scuole può mitigare l’ effetto negativo dell’ esposizione prolungata a NO₂ e O₃, riducendo il rischio di disagio psicologico negli adolescenti. Spazi verdi ricchi e diversificati favoriscono lo sviluppo cognitivo ed emotivo, rappresentando una vera risorsa di salute mentale preventiva. Barriere verdi e foreste urbane vicino a fonti di inquinamento aiutano a ridurre il PM10 e le visite per asma pediatrico: il verde è prevenzione, non solo decoro urbano. Incoraggiare le famiglie a favorire l’esposizione dei bambini alla natura – al mare, ai parchi, al verde scolastico – è parte integrante della promozione della salute pediatrica. Prescrivere natura, dove possibile, non è un consiglio generico: è un intervento basato su evidenze.
• L’ ambiente in cui una madre vive, anche prima del concepimento, può influenzare profondamente gli esiti della gravidanza e la salute futura del bambino. I pediatri, come primi interlocutori della salute infantile, hanno un ruolo centrale nel riconoscere questi rischi e nell’informare le famiglie. L’ inquinamento da traffico, in particolare l’ esposizione a NO₂, continua a essere associato a basso peso alla nascita e parto pretermine, nonostante anni di regolamentazione. Il particolato fine (PM2.5) e componenti come il black carbon e la materia organica sono legati a un aumento del rischio di disabilità visive: ridurne l’ esposizione è un atto concreto di prevenzione. I PFAS, inquinanti persistenti ampiamente diffusi, possono alterare le risposte immunitarie neonatali anche in popolazioni considerate a basso rischio. Vanno considerati nei bilanci di salute precoci. L’ esposizione prenatale ai PFAS, combinata al sovrappeso materno pre-gravidico, è associata a un aumento del rischio di obesità pediatrica e adolescenziale: un tema da integrare nella prevenzione dell’ obesità infantile. Nei contesti ad alta intensità agricola, è essenziale valutare l’ esposizione materna a pesticidi e altri contaminanti prima e durante la gravidanza: il pediatra può fare la differenza segnalando criticità ambientali. L’ esposizione prenatale a inquinanti neurotossici (VOCs, metalli) associati al traffico può aumentare il rischio di paralisi cerebrale infantile. La prevenzione ambientale in gravidanza è una nuova frontiera della neuroprotezione. L’ ambiente è parte integrante della storia clinica. Inserire i rischi ambientali nel colloquio pediatrico – soprattutto in fase prenatale e neonatale – significa intercettare precocemente fattori modificabili e proteggere lo sviluppo del bambino fin dalle sue radici.
• I bambini e gli adolescenti vivono sempre più spesso preoccupazioni legate all’ambiente e al clima, che possono generare ansia, ma anche diventare occasioni preziose di crescita e responsabilizzazione. Parlare di ambiente in ambulatorio e accogliere le emozioni che ne derivano – come paura, rabbia o tristezza – può aiutare i giovani a trasformare l’ ansia climatica in azione costruttiva, rafforzando il loro equilibrio emotivo. Promuovere un senso di autoefficacia ambientale, fin dall’ adolescenza, significa aiutare i ragazzi a percepirsi come protagonisti del cambiamento, non semplici destinatari di divieti o norme. Questa consapevolezza favorisce comportamenti salutari per sé e per il pianeta: dalla mobilità attiva all’ alimentazione sostenibile, fino alla cura degli spazi comuni. Accogliere l’ eco-ansia, dare voce alle emozioni e promuovere il senso di responsabilità ambientale è parte della cura. Parlare di ambiente in pediatria non è un tema extra, ma un investimento nella salute emotiva e nella cittadinanza attiva dei giovani.
Cambiamento climatico
1
▶ Eventi climatici estremi nel primo anno di vita e wheezing infantile
I risultati di questo importante lavoro italiano sottolineano come l’esposizione a eventi climatici estremi, in particolare ondate di calore, nel primo anno di vita sia associata alla salute respiratoria del bambino, suggerendo la necessità di implementare poli-
tiche di mitigazione dei cambiamenti climatici per proteggere la salute a breve e lungo termine. In questo studio coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia della Città della Salute di Torino gli autori hanno analizzato nell'ambito della coorte di nascita NINFEA la relazione tra l'esposizione ai cambiamenti climatici e agli eventi estremi nel primo anno di vita e la salute respiratoria dei bambini. NINFEA ovvero “Nascita e Infanzia: gli Effetti dell’Ambiente” è uno studio di coorte di nascita italiano che raccoglie dati prospettici su donne in gravidanza e sui loro figli, con l’ obiettivo di analizzare il ruolo di fattori ambientali, sociali, comportamentali e genetici sulla salute infantile e materna. Lo studio ha reclutato donne in gravidanza in 11 anni in Italia, consentendo di sfruttare la variabilità climatica per luogo e periodo e ora di nascita. Sono stati combinati gli indirizzi geocodificati con i dati climatici, per ricavare l'esposizione cumulativa dei bambini ai seguenti eventi estremi durante il loro primo anno di vita: (i) ondate di calore (cioè 3 o più giorni consecutivi, con temperatura massima > 35° C); (ii) giorni con incendi con PM2.5 >15 μg/m3 e (iii) precipitazioni giornaliere maggiori di 100 mm; (iv) mesi con siccità eccezionale. I modelli di regressione logistica hanno stimato la relazione tra ciascuna esposizione e wheezing a 6-18 mesi, aggiustando per i fattori individuali e contestuali. La prevalenza del wheezing nella coorte è stata del 17.6%. L'esposizione ad ogni ondata di calore aggiuntiva nel primo anno di vita ha aumentato il rischio di wheezing del 16%, con un odds ratio (OR) di 1.16 e un intervallo di confidenza (IC) al 95% di 1.00; 1.35. L'OR per ogni mese di esposizione alla siccità estrema è risultato di 1.10, 95% CI 0.95; 1.26. I risultati per l’ esposizione al PM2.5 degli incendi sono risultati poco chiari con intervalli di confidenza più ampi (OR per ogni giorno di esposizione elevata: 1.36, 95% CI 0.85; 2.16). Il wheezing non è stato associato a precipitazioni estreme. Tra i punti di forza: l’ampia copertura geografica e temporale, l’approccio life-course e i modelli statistici avanzati che considerano numerosi confondenti. Tuttavia lo studio è limitato dalla natura osservazionale, dalla possibile misclassificazione dell’ esposizione (basata sull’indirizzo di residenza) e dall’uso di esiti auto-riferiti dai genitori.
° Maritano S el al.: Exposure to climate change-related extreme events in the first year of life and occurrence of infant wheezing. Environ Int. 2025 Feb;196:109303
2. Effetti del cambiamento climatico sul microbioma intestinale umano: meccanismi complessi e disuguaglianze globali Un aspetto poco esplorato del cambiamento climatico è il suo effetto sul microbioma intestinale umano. Questo articolo illustra come il cambiamento climatico possa alterare il microbioma intestinale attraverso modificazioni nella quantità e qualità del cibo, nei microbiomi ambientali, nella pressione dei patogeni enterici e nella fisiologia dell'ospite. La variabilità indotta dal cambiamento climatico nella disponibilità di cibo, nei cambiamenti nella composizione degli alimenti vegetali e animali, nella proliferazione di patogeni enterici e negli effetti diretti delle alte temperature sulla fisiologia intestinale, potrebbero alterare il microbioma intestinale in modo indesiderato, contribuendo all'aumento dell'impatto sanitario del cambiamento climatico. I microbiomi intestinali sono modellati da molti fattori che possono essere fortemente influenzati dai cambiamenti climatici, come la dieta (riduzione della disponibilità e della qualità del cibo), i microbiomi ambientali e la risposta dell'ospite allo stress
Ambiente e Salute
Ambiente e Salute
da calore (che può aumentare la permeabilità intestinale e creare condizioni favorevoli all'invasione di agenti patogeni enterici). Le popolazioni dei paesi a basso reddito potrebbero essere colpite in modo sproporzionato, a causa di maggiori effetti del cambiamento climatico. Si prevede che il cambiamento climatico aumenterà i tassi di fame nascosta (che si verifica quando il cibo è povero di nutrienti essenziali) del 10%, attraverso la diminuzione della biodisponibilità dei nutrienti alimentari. Questo documento sottolinea come la composizione, la diversità e la funzione del microbioma intestinale possono essere influenzate dai cambiamenti climatici e come sia urgente esplorare questi effetti per sviluppare strategie efficaci di mitigazione e adattamento, per ridurre le conseguenze negative sulla salute umana.
° Litchman E. Climate change effects on the human gut microbiome: complex mechanisms and global inequities. Lancet Planet Health. 2025 Feb;9(2):e134-e144. doi: 10.1016/S2542-5196(24)00332-2. PMID: 39986317
3. Ondate di calore e utilizzo delle cure pediatriche I bambini sono particolarmente vulnerabili all'esposizione al calore. Già molti studi hanno trovato associazioni positive tra alte temperature e ricoveri ospedalieri pediatrici per malattie correlate al calore, disidratazione e squilibri elettrolitici. Queste osservazioni sono confermate anche dagli autori di questo studio, che hanno evidenziato anche delle importanti disparità tra i gruppi di popolazione. Lo studio ha analizzato 7.2 milioni di accessi al pronto soccorso e ricoveri ospedalieri per bambini sotto i 19 anni durante la stagione calda (maggio-settembre) tra il 2005 e il 2019. Gli eventi di caldo estremo sono stati associati a un aumento sostanziale degli accessi per tutte le cause; i risultati mostrano che gli eventi di calore estremo sono associati a un aumento significativo delle visite per tutte le cause, (OR=1.03; IC 95%: 1.03, 1.04] con un aumento particolarmente marcato per malattie legate al calore, (OR=1.53; IC 95%: 1.49, 1.58) disturbi endocrini, nutrizionali e metabolici, (OR=1.13; IC 95%: 1.1, 1.16); altri segni e sintomi, (OR=1.07; IC 95%: 1.06, 1.08); e lesioni e avvelenamenti (OR=1.07; IC 95%: 1.05, 1.08). C'era una sostanziale eterogeneità spaziale negli effetti degli eventi di caldo estremo, soprattutto nelle aree metropolitane costiere. Le comunità con redditi e livelli di istruzione più bassi, minore accesso ad assicurazioni e aria condizionata, e percentuali più alte di residenti di razza nera, ispanica e delle isole del Pacifico erano le più vulnerabili durante gli eventi di caldo estremo. Questi risultati suggeriscono che le politiche e gli interventi per migliorare la resilienza al calore dovrebbero essere mirati a proteggere i bambini vulnerabili.
° Ndovu A et al: Spatial Variation in the Association between Extreme Heat Events and Warm Season Pediatric Acute Care Utilization: A Small-Area Assessment of Multiple Health Conditions and Environmental Justice Implications in California (2005-2019). Environ Health Perspect. 2025 Jan;133(1):17010. doi: 10.1289/EHP14236. Epub 2025 Jan 30. PMID: 39883533; PMCID: PMC11781562.
Inquinamento atmosferico

1. ▶ Impatto dell'esposizione a lungo termine a NO2, O3 e al loro potenziale ossidativo sulla salute mentale degli adolescenti e ruolo protettivo del verde a scuola
Lo studio suggerisce che la riduzione dell'inquinamento e l'aumento delle aree verdi potrebbero offrire benefici significativi per il miglioramento della salute mentale degli adolescenti. I recenti aumenti delle concentrazioni di biossido di azoto (NO2) e ozono (O3) hanno sollevato preoccupazioni circa il loro potenziale impatto sulla salute mentale degli adolescenti. Questo studio ha preso in considerazione 149.697 adolescenti cinesi di età compresa tra 10 e 18 anni, dei quali è stata valutata la salute mentale attraverso un questionario e utilizzando il Dual Factor Model of Mental Health (DFM) che suddivide la salute mentale in quattro gruppi: salute mentale completa, vulnerabile, sintomatico ma contento e problematico. I risultati relativi alla salute mentale sono stati poi associati all’esposizione di NO2 e O3 (dati ricavati dal dataset ChinaHighAirPollutants) e al potenziale ossidativo combinato (OX) calcolato dalle concentrazioni di NO2 e O3. I risultati hanno evidenziato che ogni aumento dell’ OX è correlato ad esiti negativi sulla salute mentale; risultati sovrapponibili sono stati evidenziati anche per l’ esposizione al solo O3 Sono stati poi valutati i possibili effetti mitigatori della presenza di aree verdi intorno alle scuole, calcolata attraverso il Normalized Difference Vegetation Index (NDVI): l’impatto dell'esposizione a NO2, O3 e OX sui risultati di salute mentale è stato significativamente più forte nel gruppo con basso NDVI rispetto al gruppo con alto NDVI. L'analisi degli effetti congiunti ha rivelato che gli adolescenti esposti ad alti livelli di inquinanti atmosferici e basso NDVI avevano probabilità più elevate di risultati negativi sulla salute mentale. Questi risultati evidenziano la complessa relazione tra NO2, O3, OX e salute mentale, con particolare enfasi sul ruolo poco esplorato di OX. Punti di forza sono l’ ampio campione di adolescenti provenienti da 30 province della Cina, il modello innovativo che valuta sia il disagio psicologico che la capacità di benessere e resilienza, l’integrazione dei dati sull’inquinamento e sul verde urbano; i limiti sono: lo studio è trasversale, quindi non consente di stabilire rapporti causali, i dati sono autoriportati, con possibile sottostima dei sintomi, l’ esposizione agli inquinanti è stata calcolata in base all’indirizzo scolastico, e non sono stati inclusi altri fattori rilevanti come stress familiare o rumore ambientale.
° Dang J, Wang Y, Ma N, et al. The impact of long-term exposure to NO2, O3, and their oxidative potential on adolescents' mental health, and the protective role of school-based greenness. Environ Int. 2025 Jan;195:109212
2. ▶ Esposizione a lungo termine al PM2.5 e disturbi visivi nei bambini in età scolare
Lo studio evidenzia che l’esposizione prolungata al particolato fine (PM2.5) e ad alcuni suoi componenti legati alla combustione (black carbon (BC) e materia organica (OM)) è associata a un aumento del rischio di deficit visivi. Ridurre queste emissioni potrebbe contribuire a diminuire il peso sanitario e sociale delle disabilità visive legate all’inquinamento atmosferico. L'esposizione al particolato fine (PM2.5) è stata collegata in letteratura all’insorgenza di disturbi visivi, ma le prove di questa associazione nei

bambini in età scolare sono ad oggi scarse. Gli autori di questo studio si sono posti l’ obiettivo di esplorare gli effetti dell'esposizione a lungo termine al PM2.5 e ai suoi componenti sui disturbi visivi in questa fascia di età. È stato condotto un ampio studio trasversale reclutando 59.054 bambini in età scolare di quattro città della provincia cinese di Guangdong. Sono state stimate le concentrazioni medie triennali di PM2.5 e di alcuni suoi costituenti (black carbon (BC), materia organica (OM), nitrato (NO3), solfato (SO42-) e ammonio (NH4+)) sulla base degli indirizzi di residenza. La disabilità visiva è stata definita come un'acuità visiva inferiore a 4.9 (equivalente a Snellen 5/6) in almeno un occhio. I risultati osservati mostravano in genere un andamento non lineare: rispetto al quartile più basso di PM2.5 e dei suoi componenti, il quarto quartile è stato associato a probabilità più elevate di disturbi visivi nei bambini in età scolare (OR di 1.23 (95% CI: 1.13, 1.33) per il PM2.5, 1.53 (95% CI: 1.40, 1.67) per l'OM e 1.35 (95% CI: 1.35, 1.67) per BC). Analogamente l'esposizione congiunta ai costituenti del PM2.5 è risultata associata a disturbi visivi (OR = 1.17, 95% CI: 1.13, 1.22). In conclusione, questi dati mostrano come l’esposizione a lungo termine al PM2.5 e ai suoi componenti sia risultata significativamente associata a tassi più elevati di disturbi visivi nei bambini in età scolare, con le componenti legate alla combustione (BC e OM) potenzialmente alla base delle associazioni osservate. Lo studio presenta diversi punti di forza, tra cui l’ampio campione rappresentativo di studenti, che garantisce una buona affidabilità dei risultati, e l’analisi dettagliata di cinque componenti specifici del particolato fine (PM2.5), un approccio ancora poco esplorato nella letteratura scientifica. Inoltre, sono state effettuate analisi di sensibilità per testare la robustezza dei risultati, confermandone la coerenza. Tra i limiti, si segnala la natura trasversale dello studio, che non consente di stabilire relazioni causali. Alcuni fattori confondenti non sono stati misurati, come la familiarità per miopia o le ore di lavoro da vicino. L'esposizione è stata stimata in base all'indirizzo di residenza, senza considerare l’ambiente scolastico o il tragitto casa-scuola, con possibile errore di classificazione. Infine, la concentrazione relativamente bassa di inquinanti nella provincia di Guangdong limita la generalizzabilità dei risultati ad altre aree.
° Li JH et al Long-term exposure to PM2.5 and its constituents and visual impairment in schoolchildren: A population-based survey in Guangdong province, China. Environ Int. 2025 Jan;195:109270
3. Esposizione alle particelle ultrafini di origine aeroportuale in gravidanza ed esiti alla nascita
Le persone che vivono vicino agli aeroporti sono esposte a concentrazioni elevate di particelle ultrafini con diametro inferiore a 100 nanometri (UFP) provenienti dai decolli e atterraggi degli aerei. L’esposizione a queste particelle è pericolosa in modo particolare per le donne incinte e i loro feti, in quanto le UFP possono passare attraverso la barriera placentare e penetrare nel liquido amniotico, nella circolazione fetale e in vari organi del feto in via di sviluppo portando potenzialmente a esiti avversi alla nascita, come confermato anche in questo caso. Gli autori di questo studio hanno studiato le possibili associazioni tra esiti avversi del parto ed esposizione alle UFP provenienti dall'aviazione in madri residenti durante la gravidanza attorno all'aeroporto di Schiphol in Olanda. Sono stati inclusi nello studio 285.809 nati nel periodo tra il 2006 e il 2018 nei comuni situati in una area di 45 x 50 km2 attorno all’aeroporto. Gli esiti sono stati ottenuti
dal Registro Perinatale Olandese. Le emissioni medie mensili di inquinanti sono state misurate da una rete di rilevazione localizzata attorno all’ aeroporto e confrontate con l’indirizzo materno durante la gravidanza. Tra i potenziali fattori di confondimento sono stati considerati: sesso del bambino, anno e mese di nascita, parità, origine materna, età materna al parto, livello di istruzione e professione della madre. Sono stati inoltre considerati anche l’esposizione ad altri inquinanti atmosferici e il rumore. L'esposizione residenziale media all'UFP durante la gravidanza è risultata di circa 1.900 particelle/cm3. Tra i risultati principali si segnala una correlazione debolmente positiva tra l’esposizione durante tutta la gravidanza e nascita di bambini piccoli per età gestazionale (SGA), parto pretermine (PTB) e anomalie congenite. Per aumenti di circa 3.500 particelle/cm3 (circa la differenza tra il 5° e il 95° percentile), gli OR erano i seguenti: SGA (OR = 1.02; 95% CI: 0.98, 1.07); PTB (OR = 1.02; 95% CI: 0.96, 1.07); anomalie congenite alla nascita (OR = 1.05; 95% CI: 0.98, 1.07). Non sono state trovate associazioni tra l’ esposizione e nascita di bambini con basso peso (LBW) e mortalità infantile. Tra i punti di forza di questo studio si segnala la grande numerosità del campione che ha compreso più del 97% delle nascite e l'ampio numero di fattori di confondimento considerati. Le limitazioni sono legate alla mancata conoscenza dello stile di vita materno, impossibile da ottenere in uno studio di questo tipo.
° JACOBS, José H., et al. Birth Outcomes among Infants Born between 2006 and 2018 after Maternal Exposure during Pregnancy to Ultrafine Particles from Aviation around a Large International Airport in the Netherlands. Environmental Health Perspectives, 2025, 133.2: 027001
4. Effetto dell'inquinamento atmosferico da PM2.5 sull’impatto globale della diarrea neonatale dal 1990 al 2019 Negli ultimi anni, l’esposizione al particolato fine (PM2.5) è emersa come possibile fattore di rischio per le malattie diarroiche nei neonati, soprattutto nei contesti a basso e medio reddito. I meccanismi ipotizzati includono alterazioni del microbiota intestinale, disfunzione della barriera mucosale e infiammazione sistemica, che rendono l’intestino più vulnerabile alle infezioni. La popolazione neonatale, per la sua immaturità immunitaria e maggiore esposizione relativa agli inquinanti, rappresenta un gruppo particolarmente sensibile. Comprendere questi nessi è cruciale per affrontare in chiave preventiva l’ onere globale delle patologie diarroiche infantili. L’ inquinamento da PM2.5 può derivare da due fonti principali: da particolato ambientale e da inquinamento domestico dovuto a combustibili solidi. In questo studio effettuato a Shangai (Cina) è stato valutato il carico delle malattie diarroiche neonatali causate da PM2.5 a livello nazionale, regionale e mondiale dal 1990 al 2019. Nel presente studio, i dati del Global Burden of Disease 2019 (GBD) sono utilizzati per stimare l’impatto globale della diarrea neonatale in termini di morbosità e mortalità, e per analizzarne l’associazione con l’esposizione al PM2.5 su scala temporale e geografica. L’uso di questa base di dati consente un’analisi comparativa robusta, fondata su indicatori standardizzati come i DALY, e rappresenta uno strumento chiave per le politiche sanitarie globali. Il numero e i tassi di mortalità, gli anni di vita corretti per la disabilità (DALY) e la corrispondente variazione percentuale media annua (AAPC) sono stati stimati in base alla malattia, all'età, al sesso, all'indice socio demografico e alla localizzazione. Nei neonati, la diarrea causata da PM2.5 era una causa comune di morte (10.386
Ambiente e Salute

decessi, intervallo di incertezza al 95% [UI] 8.295-13.008). Tra il 1990 e il 2019, il numero stimato di decessi per diarrea è diminuito del 5.13% (95% UI 5.07-5.18). La diarrea è stata anche una delle principali cause di DALY (929.000 DALY, da 743.000 a 1.161.000), con un calo del 5.11% (95% UI 5.06-5.16). Tra il 1990 e il 2019, l'incidenza delle malattie diarroiche legate al PM2.5 è diminuita, con un calo maggiore del PM2.5 domestico rispetto all’ambientale. In contrasto con la tendenza globale alla diminuzione del carico diarroico causato dal PM2.5 domestico, il carico di malattie diarroiche causate dal PM2.5 ambientale è aumentato in circa un quinto delle nazioni. Il peso della malattia è distribuito in modo asimmetrico nei paesi meno sviluppati. Lo studio si distingue per l’ originalità del tema, l’ampiezza temporale e geografica dell’ analisi, e l’uso di dati standardizzati del GBD 2019, che permettono di evidenziare una potenziale associazione tra PM 2.5 e diarrea neonatale su scala globale. Tuttavia, trattandosi di un’analisi ecologica, non consente inferenze causali dirette e può risentire di fattori confondenti non completamente controllati. Inoltre, i meccanismi biologici ipotizzati non sono stati approfonditi direttamente all’interno dello studio.
° Zhang Z et al: Effect of PM2.5 air pollution on the global burden of neonatal diarrhea from 1990 to 2019. Environ Pollut. 2025 Feb 15;367:125604
5. Esposizione all’ inquinamento atmosferico da traffico ed esiti avversi alla nascita in Texas: un’ analisi dal 1996 al 2016 L’inquinamento da traffico è un problema di salute pubblica anche in relazione agli effetti negativi sulle nascite. L’ associazione è ben nota, anche se la sua grandezza dipende dagli studi e i fattori socio economici hanno un ruolo rilevante. Gli autori di questo studio si chiedono se le misure adottate negli anni per ridurre l’inquinamento da traffico abbiano avuto una qualche ricaduta positiva su alcuni parametri quali peso alla nascita dei nati a termine e grado di prematurità nei nati pretermine. Si tratta di uno studio osservazionale condotto in Texas che analizza i dati di 20 anni, dal 1996 al 2016, riguardanti 6.158.518 nascite. L’esposizione è definita in termini di concentrazione di NO2, marcatore delle emissioni dai tubi di scappamento dei veicoli, ed intensità del traffico veicolare entro 500 metri (VMT500) dall’abitazione del neonato. Nel periodo di interesse dello studio e nelle zone analizzate le misure adottate hanno portato ad una diminuzione del 59% della concentrazione di NO2, mentre il VMT500 è rimasto relativamente stabile nelle varie zone. Dai risultati dello studio si conferma l’ associazione tra inquinamento da traffico veicolare ed esiti negativi delle nascite. L’ esposizione all’inquinamento atmosferico da traffico risulta associata in modo costante a esiti avversi alla nascita, anche dopo aver considerato le principali variabili confondenti. In particolare, confrontando il quintile più alto di esposizione al biossido di azoto (NO₂) con il più basso, si osserva per l’ intero periodo 1996–2016 un odds ratio (OR) di 1.07 (IC 95%: 1.04–1.08) per il basso peso alla nascita nei neonati a termine. Tuttavia, nello stesso ventennio si rileva una progressiva, seppur modesta, riduzione della forza dell’associazione tra il traffico veicolare (VMT500) e gli esiti avversi: per il basso peso nei nati a termine, l’ OR passa da 1.07 nel 1996 a 1.03 nel 2016; per la prematurità <37 settimane da 1.04 a 1.02; e per la prematurità estrema (<32 settimane) da 1.12 a 1.05. Ciò potrebbe essere dovuto alle politiche ambientali di riduzione delle emissioni veicolari, che hanno avuto un effetto positivo, portando a una di-
minuzione dell’impatto dell’inquinamento sulla salute neonatale. Tuttavia, l’associazione negativa persiste, quindi il problema non è completamente risolto. Lo studio presenta una solida struttura metodologica, grazie all’ampio campione e all’analisi su un periodo di vent’anni, con integrazione di dati ambientali, sanitari e socio-demografici. Offre inoltre un contributo rilevante alla valutazione dell’efficacia delle politiche di riduzione delle emissioni veicolari. Tra i principali limiti si segnala l’ assegnazione dell’ esposizione basata solo sull’indirizzo al momento del parto, la difficoltà di attribuire gli effetti a singole misure regolatorie e la possibile sottostima dell’impatto reale, poiché lo studio include esclusivamente i nati vivi, escludendo quindi eventuali effetti dell’inquinamento su aborti spontanei e morti endouterine.
° Hystad P et al: Changes in traffic-related air pollution exposures and associations with adverse birth outcomes over 20 years in Texas. Int J Epidemiol. 2024 Dec 16;54(1):dyae178
6. Un protocollo di studio per indagare contemporaneamente l’ esposizione all’ inquinamento atmosferico indoor-outdoor. Lo studio WellHome and Environment (West London Healthy Home and Environment)
Presentiamo per il suo interesse il progetto WellHome (West London Healthy Home and Environment Study), co-progettato con i rappresentanti della comunità locale, che mira a studiare l'esposizione all'inquinamento atmosferico, attraverso un continuum indoor-outdoor, in famiglie con bambini affetti da asma. Questo studio si basa su misurazioni in 100 abitazioni, condotte in due periodi di 28 giorni, e un monitoraggio successivo, più dettagliato di 12 mesi, in altre 10 abitazioni. Lo studio prevede l'installazione di 60 monitor (purificatori d'aria interna) per la determinazione della qualità dell'aria interna posizionati in diverse stanze delle case (cucina, soggiorno e camera da letto del bambino con asma) che misureranno i principali inquinanti (PM2.5, NO2, HCHO, tCOV, CO2), temperatura e umidità. Verrà inoltre creata ad hoc una rete di monitoraggio della qualità dell'aria esterna posizionata in luoghi chiave. All' intero e all'esterno verranno infine posizionati set di campionatori passivi per valutare l’ esposizione a sostanze chimiche (come ritardanti di fiamma, plastificanti, prodotti per la cura personale, prodotti per la pulizia della casa, prodotti chimici legati alla cottura, alla combustione e al riscaldamento, odori e microplastiche). I dati di monitoraggio saranno analizzati insieme ai questionari che le famiglie dovranno compilare in diversi momenti dello studio relativi a background sociale, economico e culturale, comportamenti delle famiglie in casa (ad esempio tipo di ventilazione, tipo di combustibile per la cucina o il riscaldamento, pratiche di pulizia, animali domestici) e la loro percezione riguardo l'inquinamento atmosferico, la salute e il loro ambiente domestico. Inoltre i partecipanti dovranno compilare diversi questionari sulla salute dei bambini affetti da asma. Ai dati raccolti verranno applicati modelli analitici misti per studiare le associazioni tra le esposizioni personali, il controllo o le riacutizzazioni dell'asma e i comportamenti delle famiglie. Inoltre verranno applicati modelli per esaminare come le percezioni della qualità dell'aria interna, la vulnerabilità percepita, la gravità dell'esposizione a una scarsa qualità dell'aria e l'auto efficacia nel migliorare la qualità dell'aria interna possano variare nei due periodi del progetto e se questi fattori siano associati a cambiamenti comportamentali. I dati raccolti da questo studio permetteranno di identificare

interventi comportamentali specifici che potrebbero portare a miglioramenti importanti. Il progetto rappresenta un'iniziativa innovativa per lo studio dell’inquinamento atmosferico indoor e outdoor in contesti urbani vulnerabili. Presenta un approccio trans disciplinare e partecipativo con il coinvolgimento della comunità locale sin dalla progettazione, oltre alla varietà di metodi utilizzati (monitoraggi ambientali, questionari, diari, dati raccolti nelle visite domiciliari), e all’attenzione a una comunicazione accessibile. Il progetto adotta tecnologie avanzate per il monitoraggio dell’ aria e propone strumenti concreti per l’ elaborazione di politiche pubbliche basate sull’evidenza. Tuttavia, presenta anche alcuni limiti, tra cui la rappresentatività limitata del campione (localizzato in West London), la complessità logistica del monitoraggio prolungato, il rischio di alterare i comportamenti domestici per la presenza degli strumenti di rilevazione e la difficoltà nel tradurre le evidenze raccolte in cambiamenti strutturali duraturi.
° Varaden D et al: West London Healthy Home and Environment (WellHome) Study: Protocol for a Community-Based Study Investigating Exposures Across the Indoor-Outdoor Air Pollution Continuum in Urban Communities. International Journal of Environmental Research and Public Health. 2025; 22(2):249
Inquinamento da sostanze chimiche non atmosferiche
1. Esposizione a PFAS, citochine e indice di massa corporea Un recente studio ha investigato le associazioni tra la miscela di due PFAS (PFOA; Acido Perfluorottanoico, e PFOS, Acido perfluoroottano sulfonico) e i livelli di citochine nei neonati misurati nei campioni di sangue prelevati alla nascita da una vasta coorte di nascita dello Stato di New York, per determinare se l'esposizione a questa miscela di PFAS sia associata alla variabilità nei profili delle citochine nei neonati, includendo 3.448 neonati (2.280 singoli e 1.168 gemelli). Sono state dimostrate associazioni negative significative con i livelli di IL-16, IL-5, IL-6 e CCL21 (6-Ckine), con azione modulatrice dell’infiammazione, e associazioni positive significative con quelli IL-1α e MCP-1 (ad azione prevalentemente pro-infiammatoria). Pertanto, i livelli di citochine modulatrici sono risultati maggiormente ridotti nei neonati, con l'esposizione al PFOA che risulta avere una significativa differenza rispetto a PFOS, con relazioni dose-risposta non lineari. Tra i punti di forza vi è l’utilizzo di campioni minimamente invasivi e ben conservati. Lo studio presenta alcuni limiti, il campione è composto in prevalenza da partecipanti bianchi, istruiti e benestanti, una fascia di popolazione che, secondo precedenti studi, potrebbe essere esposta a livelli più elevati di PFAS tramite beni di consumo; il disegno è trasversale (non permette inferenze causali); le analisi si sono concentrate solo su PFOA e PFOS e non su altri PFAS, e non si può escludere un certo grado di degradazione dei campioni proteici nel tempo [1]
Un altro studio ha evidenziato che l’ esposizione prenatale ai PFAS è associata a un aumento dell’indice di massa corporea (BMI) nei figli, soprattutto nelle fasce di età più avanzate (6–12 e 13–18 anni). Le sostanze PFHpS e PFHxS rilevate nel plasma materno al momento del parto si sono dimostrate le più correlate a un BMI più elevato nei bambini. L’ obesità materna pre-gravi-
Ambiente e Salute
danza ha modificato questi effetti: nei figli di madri non obese l’ associazione era più forte durante l’infanzia, mentre nell’ adolescenza emergevano effetti sinergici tra esposizione ai PFAS e obesità materna. Questi risultati mettono in luce la complessità del legame tra esposizione ambientale e rischio di sovrappeso/ obesità in età pediatrica, offrendo nuove chiavi di lettura per studi futuri. Gli autori hanno indagato l'associazione a lungo termine delle concentrazioni plasmatiche materne di PFAS al momento del parto e della loro miscela con l'indice di massa corporea (BMI) dei bambini e il rischio di sovrappeso o obesità all'età di 2-18 anni. Lo studio ha incluso 1189 diadi madre-bambino dalla coorte prospettica Boston Birth Cohort. 8 PFAS sono stati misurati nei campioni di plasma materno raccolti 24-72 ore dopo il parto. Gli esiti considerati erano lo Z-score del BMI e lo stato di sovrappeso/obesità dei bambini di età compresa tra 2 e 18 anni. I campioni plasmatici materni presentavano frequenze di rilevamento dei PFAS dall'87% al 100% e medie geometriche che variavano da 0.11 a 3.67 ng/mL. PFHpS (acido perfluoroetano sulfonico) e PFHxS (acido perfluoroesano sulfonico) erano associati ad un BMI Z-score più alto nei bambini. Tali associazioni erano più forti nei bambini di età compresa tra 6-12 anni e 13-18 anni rispetto a quelli di 2-5 anni. Nei bambini di età compresa tra 13-18 anni, quelli con alte concentrazioni materne plasmatiche di PFDeA (Acido Perfluorodecanoico), PFNA (Acido Perfluorononanoico) e PFOA avevano i rischi più alti di sovrappeso/ obesità rispetto ai bambini con uno solo di questi fattori nati da mamme con sovrappeso/obesità pre-gravidiche. Tali effetti sinergici non sono stati riscontrati nei bambini più piccoli. Lo studio, condotto su una coorte prospettica di ampie dimensioni seguita fino ai 18 anni, offre un’ analisi approfondita degli effetti combinati tra esposizione prenatale ai PFAS e stato ponderale materno, con particolare attenzione a popolazioni urbane e a basso reddito. L’inclusione di 8 PFAS, anche raramente studiati, e l’uso di analisi individuali e miste rappresentano ulteriori punti di forza. Tra i limiti, l’uso di un solo campione materno come misura indiretta dell’intera esposizione prenatale, il ricorso al BMI per misurare l’ obesità, l’ampio range d’ età dei partecipanti e la mancata considerazione dello stato puberale. Non possono inoltre essere esclusi altri fattori confondenti, anche se sono state condotte analisi di sensibilità [2]
1. Jones LE et al: Maternal exposure to legacy PFAS compounds PFOA and PFOS is associated with disrupted cytokine homeostasis in neonates: The Upstate KIDS study (2008-2010). Environ Int. 2025 Feb;196:109288
2. Li Z et al: Associations of early life per- and polyfluoroalkyl substances (PFAS) exposure with body mass index and risk of overweight or obesity at age 2-18 years: Mixture analysis in the prospective Boston Birth Cohort. Environ Int. 2025 Jan;195:109206
2. Esposizione residenziale materna a composti organici volatili (VOC) e metalli e rischio di paralisi cerebrale infantile
In California, l’esposizione residenziale materna durante la gravidanza a composti organici volatili (VOCs) e metalli presenti nell’ aria esterna - in gran parte attribuibile alle emissioni da traffico veicolare - è risultata associata a un aumento del rischio di paralisi cerebrale infantile. Gli autori hanno analizzato questa associazione mediante uno studio caso-coorte condotto in California, analizzando in particolare composti organici volatili (VOCs) e metalli. L'indagine comprendeva 906 casi di paralisi cerebrale

(PC) identificati tramite registri ospedalieri e certificati di disabilità in California, relativi a nati vivi tra il 2005 e il 2015. Il gruppo di confronto era costituito da un campione casuale stratificato del 20% dei nati vivi nello stesso periodo. Le esposizioni prenatali a 24 contaminanti atmosferici tossici (TACs), tra cui composti organici volatili (VOCs) e metalli pesanti, sono state stimate a livello individuale tramite modelli di dispersione basati su dati delle stazioni di monitoraggio dell’Air Toxics Monitoring Network (entro un raggio di 8 km dalla residenza materna al momento del parto). Sono stati applicati modelli di regressione logistica multivariata per stimare il rischio relativo (RR) di PC in relazione all’ esposizione a singoli TACs e a miscele ambientali (mediante l’ approccio quantile g-computation, tecnica statistica moderna che stima l’ effetto cumulativo di esposizioni multiple tenendo conto delle possibili interazioni). I modelli sono stati aggiustati per variabili confondenti tra cui età materna, etnia, livello di istruzione, stato socioeconomico, abitudine al fumo, indice di deprivazione del quartiere e caratteristiche neonatali. È stata inoltre condotta un’analisi di controllo negativo utilizzando l’ esposizione media postnatale a TACs per valutare la specificità temporale dell’ associazione. L’ analisi ha evidenziato un’associazione positiva tra l’esposizione prenatale a specifici contaminanti atmosferici tossici (TACs) e il rischio di paralisi cerebrale infantile, rilevando che l’esposizione residenziale materna durante la gravidanza a sei VOC (benzene, toluene, 1.3-butadiene, acetone, acetonitrile e metilene cloruro) e a quattro metalli (antimonio, piombo, nichel e vanadio) è associata ad un aumento del rischio di paralisi cerebrale (PC) tra il 3% e il 25% per ogni incremento di un intervallo interquartile (IQR) nella concentrazione ambientale di ciascun inquinante. Gli effetti delle miscele sono risultati più forti: VOCs: RR = 1.24 (IC 95%: 1.08–1.43) Metalli: RR = 1.38 (IC 95%: 1.201.58). L’ analisi di controllo negativo (esposizioni postnatali a 3648 mesi dal parto) ha mostrato associazioni nulle o molto deboli, con RR vicini a 1, suggerendo che l’ associazione osservata è legata specificamente all’ esposizione durante la gravidanza e non è dovuta a fattori confondenti non misurati. Lo studio si distingue per l’ ampio campione, la precisione nella stima delle esposizioni ambientali e l’uso di analisi avanzate che rafforzano l’ipotesi di un legame causale tra inquinamento prenatale e paralisi cerebrale infantile. Tra i limiti, l’ assegnazione dell’ esposizione basata solo sull’indirizzo al parto e la possibile influenza di fattori confondenti non misurati riducono la certezza delle conclusioni.
° Zhuo H et al: Ambient toxic air contaminants in the maternal residential area during pregnancy and cerebral palsy in the offspring. Environmental Health Perspectives, 133(1), 017008
3. Ipotesi innovativa sul glifosato: accumulo osseo, rilascio sistemico prolungato ed implicazioni per il rischio ematologico Nonostante l’ esposizione a glifosato (GLY) sia episodica e variabile, i livelli rilevati nelle urine di operatori che usano l’ erbicida a scopo professionale e della popolazione generale risultano sorprendentemente stabili nel tempo (stagione dei trattamenti o meno) e nello spazio (aree urbane e rurali). Studi mostrano che il GLY, una volta nel sangue, si accumula rapidamente nel midollo osseo, attraversa il tessuto osseo e poi torna in circolo, legandosi parzialmente al calcio tramite un processo di chelazione. L’autore propone due ipotesi per spiegare la stabilità dei livelli urinari di GLY: la lenta rilocalizzazione ed eliminazione dalle ossa, che si somma alla costante, seppur modesta, esposizione alimentare, e
il prolungato contatto tra GLY e le cellule staminali ematopoietiche (HSC) nel midollo osseo che potrebbe aumentare il rischio di danni al DNA, favorendo la comparsa di tumori del sangue. Il GLY e i suoi formulati (GBH) sono già noti per causare stress ossidativo e interferire con i meccanismi di riparazione del DNA. Studi su animali e dati epidemiologici collegano l’ esposizione a GLY/GBH a un maggior rischio di tumori ematologici. Le ipotesi proposte forniscono una base fisiopatologica plausibile per spiegare tali associazioni e spiegano la stabilità del glifosato nelle urine attraverso un accumulo osseo prolungato, supportato da dati sperimentali e coerente con i meccanismi di danno al DNA osservati. Manca una conferma diretta sull’uomo, e le difficoltà metodologiche e la variabilità individuale limitano la validazione dell’ipotesi. L’ autore propone una serie di studi futuri volti a validare l’ipotesi secondo cui il glifosato, una volta accumulato nell’osso, possa rilasciarsi lentamente e mantenere un’ esposizione sistemica prolungata, con potenziali effetti genotossici sul midollo osseo. In particolare, si suggeriscono studi di farmacocinetica in modelli animali con esposizione dermica prolungata, saggi in vivo/vitro oncogenici e genotossici basati su formulazioni commerciali, indagini sul rilascio e la stabilità dei complessi glifosato-calcio, e valutazioni tossicologiche a carico di fegato e reni. Infine, si propone di esplorare il ruolo di antiossidanti come possibile misura protettiva contro i danni da stress ossidativo legati all’esposizione acuta a erbicidi a base di glifosato. Nota sul conflitto di interessi dichiarato dall’ autore: l’ipotesi avanzata da Benbrook sull’ accumulo osseo del glifosato e il potenziale rischio ematologico è supportata da una revisione articolata della letteratura tossicologica e da proposte di ricerca coerenti. Tuttavia, è importante considerare che l’ autore ha ricoperto il ruolo di consulente ed esperto testimone in contenziosi legali contro formulati a base di glifosato (Roundup), il che rappresenta un potenziale conflitto di interesse. Questo elemento non invalida l’ipotesi, ma richiede che i risultati e le interpretazioni siano valutati con particolare attenzione e verificati attraverso studi indipendenti.
° Benbrook CM. Hypothesis: glyphosate-based herbicides can increase risk of hematopoietic malignancies through extended persistence in bone. Environ Sci Eur. 2025;37(1):27. doi:10.1186/s12302-025-01057-1
4. Estrazione non convenzionale di gas naturale e rischio di cancro infantile. Uno studio caso-controllo Questo studio ha evidenziato che l’ attività cumulativa complessiva di estrazione non convenzionale del gas naturale (UNGD) così come la vicinanza ai pozzi, sono associate a un rischio aumentato di linfoma infantile e di tumori infantili in generale. La rapida espansione di UNGD, noto anche come fratturazione idraulica, ha sollevato preoccupazioni per la possibile esposizione a sostanze chimiche pericolose. Pochi studi hanno esaminato il rischio di cancro infantile legato all’ esposizione all’UNGD. Questo studio caso-controllo ha incluso 498 bambini diagnosticati con leucemia, linfoma, neoplasie del sistema nervoso centrale e tumori ossei maligni nel periodo 2010–2019, identificati tramite il Registro dei Tumori della Pennsylvania. I casi sono stati abbinati ai controlli utilizzando i registri di nascita dello stato. Per ogni soggetto è stato calcolato un nuovo indice complessivo di esposizione all’UNGD, che incorporava aspetti spaziali (vicinanza) e temporali (durata) dell’ attività dei pozzi. Modelli di regressione logistica condizionale sono stati utilizzati

per stimare il rischio dei tumori considerati, sia combinati sia singolarmente, in base all’ esposizione complessiva all’UNGD e alla vicinanza ai pozzi. I bambini con un’ esposizione complessiva più elevata (3°/4° quartile) avevano un rischio aumentato per i quattro tumori combinati [OR 1.69 (IC 95%: 1.01– 2.82) e 1.79 (IC 95%: 1.00–3.19)] rispetto ai non esposti. Nel complesso, coloro che vivevano entro 0.5 miglia da un sito UNGD avevano una probabilità 3.94 volte maggiore (IC 95%: 1.66-9.30) di sviluppare una neoplasia rispetto ai bambini non esposti. Anche il rischio di linfoma entro 0.5 e 0.5–1 miglia era aumentato [ORs 5.05 (IC 95%: 1.09–23.39) e 7.71 (IC 95%: 1.01–59.00)] rispetto ai non esposti. In conclusione, questo studio rappresenta un contributo significativo alla comprensione dei potenziali rischi ambientali legati allo sviluppo non convenzionale del gas naturale. Grazie a un disegno metodologico solido, a un innovativo indice di esposizione “overall UNGD exposure metric” che è un indice cumulativo che tiene conto di due aspetti fondamentali quali la distanza e la durata dell’ esposizione ai pozzi di gas non convenzionale e all’ analisi dettagliata dei tumori infantili, offre indicazioni importanti su possibili associazioni, in particolare con il linfoma. Tuttavia, la presenza di alcune limitazioni, come la potenziale mis-classificazione dell’ esposizione che deriva dal fatto che l’indice è basato solo sull’ indirizzo alla nascita, senza considerare eventuali trasferimenti successivi e inoltre, e la stima solo indiretta dell’ esposizione, possono portare a classificare in modo impreciso alcuni soggetti come esposti o non esposti, riducendo l’ accuratezza dei risultati. Infine, lo studio analizza 498 casi di tumori infantili, con un numero adeguato per leucemie e neoplasie del sistema nervoso centrale, ma limitato per linfomi e soprattutto per i tumori ossei rari come quelli della famiglia di Ewing. Questo ridotto numero di casi in alcuni sottogruppi comporta una bassa potenza statistica e ampi intervalli di confidenza, limitando la solidità di alcune associazioni osservate. L’ assenza di misure biologiche dirette suggerisce la necessità di ulteriori studi, con campioni più ampi e metodologie integrate, per confermare e approfondire questi risultati.
° Talbott EO et al: Cumulative Exposure to Unconventional Natural Gas Development and the Risk of Childhood Cancer: A Registry-Based Case–Control Study. International Journal of Environmental Research and Public Health. 2025; 22(1):68
5 ▶ Esposizione a pesticidi nel periodo preconcezionale e rischio di natimortalità
La ricerca evidenzia che l’ esposizione ai pesticidi comunemente utilizzati in agricoltura durante il periodo preconcezionale e il primo trimestre di gravidanza potrebbe essere associata ad un alto rischio di natimortalità. Gli autori hanno correlato i dati dei registri sull’uso dei pesticidi in Arizona con i certificati di nascita dal 2006 al 2020, stimando il rischio di natimortalità tra le donne residenti entro un raggio di 500 metri da aree agricole trattate con pesticidi appartenenti a tre classi: piretroidi, organofosfati (OP) e carbammati. Sono state incluse 1.237.750 nascite, fra cui 2.290 nati morti, e 27 pesticidi. I risultati hanno mostrato come qualsiasi esposizione a pesticidi nel periodo del concepimento sia associata a natimortalità, incluso il ciflutrin (rapporto di rischio [RR] = 1.97; 95% CI, 1.17-3.32); la zeta-cipermetrina (RR = 1.81; 95% CI, 1.20-2.74); OP come classe (RR = 1.60; 95% CI, 1.16-2.19); malathion (RR = 2.02; 95% CI, 1.26-3.24); carbaryl (RR = 6.39; 95% CI, 2.07-19.74); e propamocarb cloridrato (RR
= 7.72; 95% CI, 1.10-54.20). Anche durante il primo trimestre di gravidanza, alcune esposizioni risultano significativamente associate alla natimortalità, tra cui: la fenpropatrina (RR = 4.36; 95% CI, 1.09-17.50); la permetrina (RR = 1.57; 95% CI, 1.02-2.42); gli OP complessivamente come classe (RR = 1.50; 95% CI, 1.112.01); l'acefato (RR = 2.31; 95% CI, 1.22-4.40); e il formetanato cloridrato (RR = 7.22; 95% CI, 1.03-50.58). L’uso di dati integrati e la specificità dell’analisi rappresentano un punto di forza importante, ma la stima indiretta dell’ esposizione e la possibilità di confondenti residui limitano la forza delle inferenze causali. Servono ulteriori studi per confermare questi risultati e orientare politiche di prevenzione.
° Melissa A Furlong et al: Preconception and first trimester exposure to pesticides and associations with stillbirth,American Journal of Epidemiology, Volume 194, Issue 1, January 2025, Pages 44–55
6. Effetti combinati della metilazione globale del DNA, dei livelli di piombo nel sangue e di arsenico totale nelle urine sul ritardo dello sviluppo nei bambini in età prescolare La ricerca evidenzia il ruolo combinato di una ridotta metilazione globale del DNA e di un’elevata esposizione al piombo ematico nell’aumentare il rischio di ritardo dello sviluppo nei bambini. Segnala inoltre che l’esposizione precoce ad arsenico è un fattore di rischio significativo per ritardo dello sviluppo, e dovrebbe essere attentamente monitorata in ambito ambientale e pediatrico. La metilazione del DNA rappresenta un passaggio cruciale nello sviluppo cerebrale, e il 5-Metil-2’-deossicitidina (5mdC) è un noto marcatore globale di questo processo epigenetico ed è una misura complessiva della quantità di citosine metilate presenti in tutto il genoma. Esso riflette lo stato epigenetico generale delle cellule e può indicare alterazioni biologiche legate all’ esposizione ambientale o a condizioni patologiche, come ritardi nello sviluppo. L’ esposizione ad arsenico e piombo è stata associata a effetti neurotossici, potenzialmente mediati da alterazioni epigenetiche. Questo studio ha indagato l’associazione tra i livelli di 5mdC e il ritardo dello sviluppo (developmental delay, DD) nei bambini in età prescolare, valutando anche l’ eventuale ruolo modificatore della metilazione globale del DNA sugli effetti del piombo ematico e dell’ arsenico urinario totale. Sono stati valutati 174 bambini con ritardo dello sviluppo e 88 bambini sani dei quali sono state analizzate le concentrazioni di 5mdC, cadmio e piombo nel sangue e arsenico urinario. I risultati hanno evidenziato che alti livelli di piombo ematico e arsenico urinario totale sono significativamente associati ad un aumentato rischio di DD. Al contrario, un’ elevata percentuale di 5mdC è risultata associata a una riduzione del rischio di DD (OR = 0.14; IC 95%: 0.06–0.32). Inoltre, è stata osservata un’interazione moltiplicativa significativa tra bassi livelli di 5mdC e alti livelli di piombo ematico, che ha determinato un aumento marcato del rischio di DD (OR = 9.51; IC 95%: 4.18–21.64). Lo studio integra biomarcatori epigenetici e misure di esposizione a metalli pesanti, offrendo una prospettiva multidimensionale sul rischio di ritardo dello sviluppo nei bambini. L'analisi dell'interazione tra metilazione del DNA e livelli di piombo ematico fornisce nuove intuizioni sui meccanismi biologici sottostanti. La natura osservazionale dello studio limita la capacità di stabilire causalità. Inoltre, la dimensione campionaria relativamente piccola potrebbe influenzare la generalizzabilità dei risultati.
Ambiente e Salute

° Hsu YH et al.: Combined effects of global DNA methylation, blood lead and total urinary arsenic levels on developmental delay in preschool children. Environ Health. 2025 Jan 16;24(1):2. doi: 10.1186/s12940024-01151-6
Ambienti naturali
1. Biodiversità, salute mentale e benessere dei bambini. Una revisione sistematica
Vi è un crescente interesse sul ruolo dell’ ambiente naturale nella promozione della salute. Questa revisione sistematica esplora le associazioni tra biodiversità, salute mentale e benessere nei bambini in età scolare (5-18 anni). Dalla revisione di 5 banche dati, gli autori hanno selezionato 25 studi. Da questi articoli sono stati estratti dati sull' esposizione alla biodiversità e sugli esiti in salute mentale e benessere. Sono state identificate cinque categorie di esposizione alla biodiversità: 1) diversità delle specie, ad esempio il numero di specie arboree diverse presenti nell’ area della scuola. (n = 1; 4%); 2) diversità funzionale, ad esempio il numero di alberi con una specifica forma delle foglie o il colore dei fiori (n = 6; 26%); 3) comunità ecologica, cioè la descrizione di un'area di esposizione più ampia, come habitat specifici (ad esempio, campi agricoli, stagni), comunità naturali (ad esempio, pineta, foresta matura di latifoglie) o comunità antropiche (ad esempio, ambiente costruito con elementi naturali), o la composizione di elementi del paesaggio (ad esempio, prospettiva: ovvero la capacità di vedere spazi aperti o profondità visiva, e rifugio: ovvero la presenza di luoghi che offrono riparo, protezione o un senso di sicurezza), in questo caso la biodiversità può essere ipotizzata, ma non viene misurata direttamente (n = 9; 36%); 4) metriche dello spazio verde, che quantificano specifiche caratteristiche fisiche di un luogo, come l'area o la percentuale di foresta, di erba, la distanza dall'area forestale più vicina o il volume della vegetazione per un'area di interesse (n = 4; 16%); 5) classificazioni di alto livello, definizione data ad aree come parchi naturali o parchi ricreativi (n = 6; 24%). La salute mentale e il benessere dei bambini sono stati valutati suddividendoli in sette categorie: gioco (n = 10; 40%), benessere (n = 6; 24%), salute mentale e funzionamento cognitivo (n = 5; 20%), comportamenti legati al disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) (n = 4; 16%), preferenze per la natura (n = 3; 12%), risultati scolastici (n = 2; 8%) e capacità di recupero (n = 2; 8%). Nonostante l’eterogeneità dei metodi, i risultati suggeriscono che ambienti con maggiore biodiversità possano favorire una maggiore varietà e qualità di esperienze di gioco, influenzare positivamente la salute mentale e potenziare il benessere psicologico dei bambini. Tuttavia, l’ ampia variabilità nelle misure di biodiversità e salute riduce la possibilità di identificare pattern coerenti o relazioni dose-risposta. I risultati qualitativi indicano che gli elementi naturali — come la presenza di arbusti o ambienti “wild” — promuovano il gioco simbolico, costruttivo e immaginativo, specie quando i bambini possono interagire con la natura in modo diretto e intenzionale. Gli autori propongono che nelle future ricerche vi sia un uso di metriche standardizzate per comprendere meglio i meccanismi attraverso cui la biodiversità può supportare la salute mentale infantile e ribadiscono la necessità di includere contesti socio-geografici maggiormente diversificati, soprattutto nei paesi del Sud globale, per rafforzare l’applicabilità dei risultati.
° Davis Z et al: A systematic review of the associations between biodiversity and children's mental health and wellbeing. Environ Res. 2025 Feb 1;266:120551
2. La residenza in prossimità di una spiaggia è correlata ad un miglior sviluppo socio-emotivo nei bambini in età prescolare di sesso maschile
Lo studio evidenzia un possibile ruolo protettivo degli ambienti blu, come le spiagge, sul benessere psicosociale dei bambini, ma sottolinea anche la necessità di considerare differenze di genere nelle future politiche di pianificazione urbana e promozione della salute infantile. La ricerca, condotta su 1.525 bambini in età prescolare (età mediana 3.3 anni, 49% femmine) nell’ambito della coorte PLAYCE in Australia, ha esaminato le associazioni tra prossimità a spazi naturali (green e blue spaces) e lo sviluppo socio-emotivo, misurato attraverso il punteggio totale delle difficoltà (SDQ – Strengths and Difficulties Questionnaire). Lo studio PLAYCE (PLAY Spaces and Environments for Children’s Physical Activity, Health and Development) è uno studio di coorte longitudinale con l'obiettivo di esaminare come gli ambienti in cui vivono i bambini piccoli – in particolare le caratteristiche del quartiere, la vicinanza a spazi verdi o blu (come spiagge), e gli spazi di gioco – influenzino la loro salute e sviluppo. I dati sono stati raccolti mediante interviste ai genitori e sistemi GIS ad alta risoluzione (ovvero strumenti informatici che permettono di raccogliere, archiviare, analizzare, visualizzare e interpretare dati spaziali o geografici). I risultati hanno mostrato che nei bambini maschi, ma non nelle femmine, vivere più vicino ad una spiaggia era associato a un miglior punteggio socio-emotivo (indicando minori difficoltà), anche dopo l’ aggiustamento per lo status socioeconomico del quartiere. Tuttavia, non sono state trovate associazioni significative tra la quantità totale di vegetazione o blue space e lo sviluppo socio-emotivo nei bambini, indipendentemente dal genere. I risultati suggeriscono che l’accesso alla spiaggia potrebbe offrire benefici unici, come opportunità per attività fisica, regolazione emotiva e interazioni familiari, che favoriscono lo sviluppo dei maschi in età prescolare. Tra i limiti dello studio, si segnalano il disegno trasversale, l’affidamento alle interviste ai genitori e la mancata considerazione di fattori familiari come la salute mentale dei genitori o le preferenze individuali nell’uso degli spazi naturali. Tuttavia, il grande campione, l’impiego di misurazioni oggettive spaziali e la distinzione tra tipologie di spazi verdi e blu rappresentano punti di forza rilevanti. Lo studio evidenzia l'importanza dell’urbanistica inclusiva, suggerendo che la vicinanza alla spiaggia potrebbe sostenere lo sviluppo socioemotivo nei bambini maschi. I benefici più marcati nei maschi potrebbero essere spiegati dal maggiore coinvolgimento in attività motorie libere all'aperto, tipicamente osservato nei bambini in età prescolare. Gli autori ipotizzano che l’ambiente costiero favorisca modalità di gioco più compatibili con le preferenze motorie e comportamentali maschili, contribuendo ad una migliore regolazione emotiva. Al contrario, la salute mentale delle bambine potrebbe essere influenzata da altri fattori ambientali, culturali o relazionali, e richiedere ulteriori ricerche dedicate.
° Phoebe George et al. Living closer to the beach is associated with better socioemotional development in young boys, Journal of Environmental Psychology, Volume 101, 2025, 102497, ISSN 0272-4944

3. Effetti a lungo termine del verde urbano nella riduzione del PM10: una protezione reale per le popolazioni vulnerabili all'asma?
Lo studio analizza l'efficacia delle foreste urbane, in particolare delle “blocking forests” (barriere verdi) create tra aree industriali e residenziali, nella riduzione delle concentrazioni di PM10 e nel miglioramento della salute respiratoria della popolazione, con un focus su bambini e anziani vulnerabili all’ asma. La ricerca ha mostrato come la crescita di una foresta urbana possa evitare che il PM 10 generato dai complessi industriali viaggi sottovento nelle aree residenziali; in particolare ha analizzato l'impatto a lungo termine (2001-2022) dell'istituzione di una foresta urbana, avvenuta nel 2000, nella città di Siheung in Corea del Sud, sulla riduzione delle concentrazioni di particolato e il suo impatto successivo sul numero di visite per asma. Sono stati utilizzati i dati di misurazione delle polveri sottili da Air Korea, i dati ambientali sono stati recuperati dal Meteorological Data Open Portal dal 2001 al 2022. Il verde delle foreste è stato quantificato con l'NDVI (Normalized Difference Vegetation Index) e l'EVI (Enhanced Vegetation Index); il primo è una misura di densità di vegetazione, il secondo è un indice sensibile alle variazioni della chioma (a seconda dei tipi di vegetazione). Il numero di visite per la cura dell'asma nella città di Siheung è stato ottenuto dal Servizio Nazionale di Assicurazione Sanitaria. È stata eseguita un'analisi di regressione multipla lineare, utilizzando diverse variabili indipendenti, per spiegare la concentrazione annuale media del PM10. Gli autori hanno trovato che la riduzione del PM 10 è diventata evidente cinque anni dopo l'istituzione della foresta urbana e che le concentrazioni medie annue di PM10 sono diminuite, in modo significativo, sia nel complesso industriale che nell'area residenziale, insieme al numero di visite per la cura dell'asma in città. In particolare il calo del numero di visite per la cura dell'asma è iniziato nel 2012, mentre la riduzione della concentrazione di PM10 è iniziata nel 2006. Dopo l'istituzione della foresta urbana, dal 2000 al 2022, nell'area residenziale il modello temporale della concentrazione del PM10 ha mostrato una relazione inversa con gli indici di verde (NDVI e EVI), indicando che all'aumentare dei livelli di verde, le concentrazioni di PM10 sono diminuite. Gli autori hanno riscontrato che la maggior parte delle visite per la cura dell'asma, dal 2006 al 2023, si è verificata in individui di età inferiore agli 11 anni (51.24%) e che il numero di visite nei soggetti più vulnerabili (bambini sotto gli 11 anni e anziani oltre i 65 anni) ha mostrato una forte correlazione positiva con i livelli di PM10 e una correlazione negativa con il NDVI (indice di densità di vegetazione). Inoltre dopo il 2021, le visite per la cura dell'asma sono aumentate insieme al rapporto PM2.5/PM10 nelle aree residenziali (probabilmente dovute ad un'altra fonte di emissione, come quella veicolare), mentre il rapporto PM2.5/ PM 10 nel complesso industriale è diminuito. Gli autori concludono che le politiche devono dare priorità alla protezione delle popolazioni vulnerabili (bambini e anziani), attraverso il rafforzamento delle strategie di riduzione delle emissioni di inquinanti atmosferici e di riduzione del particolato, come l'istituzione di grandi foreste (“blocking forest”) vicino alle aree industriali e di piccole foreste urbane. Diversi i punti di forza dello studio tra cui l’analisi longitudinale ventennale, l’integrazione di indici di vegetazione, dati meteorologici e sanitari, e l’evidenza di un’associazione tra incremento del verde urbano e riduzione del PM10 e delle visite per asma nei gruppi vulnerabili. I limiti riguardano la disponibilità dei dati sanitari solo su scala comunale, che impe-
Ambiente e Salute
disce di valutare con precisione gli effetti locali della foresta sulle aree residenziali più esposte o protette. o studio non consente inoltre di stabilire relazioni causali dirette, e si rileva una diversa sensibilità tra gli indici NDVI ed EVI.
° Jeong J et al: Long-Term Greenness Effects of Urban Forests to Reduce PM10 Concentration: Does the Impact Benefit the Population Vulnerable to Asthma? Int J Environ Res Public Health. 2025 Jan 26;22(2):167. doi: 10.3390/ijerph22020167. PMID: 40003392; PMCID: PMC11855916
Psicologia ambientale
1. Il potere della preoccupazione: è la preoccupazione, non i sentimenti positivi, a guidare l'attivismo per il clima Gli autori in uno studio longitudinale condotto fra luglio 2021 e luglio 2022 hanno esaminato la relazione tra la preoccupazione per il clima, i sentimenti positivi nel riflettere sul cambiamento climatico e l'attivismo per il clima. Lo studio ha coinvolto in tre tempi un campione stratificato di nazionalità tedesca di età compresa tra i 16 e i 70 anni, rappresentativo sia per sesso che per età. Per consentire le analisi, è stata sviluppata un’ apposita Scala dell'attivismo climatico (CLAC). I risultati hanno mostrato come nonostante l'urgenza della questione climatica, solo una minoranza di individui partecipi attivamente all'attivismo per il clima e come le forme di protesta violente o illegali non siano rappresentative degli attivisti per il clima. Dai dati raccolti è emersa inoltre una relazione reciproca tra attivismo per il clima e preoccupazione per il cambiamento climatico. La preoccupazione per il clima predice quindi la propensione all'attivismo, ma, d’altro canto, l'attivismo aumenta la preoccupazione. Al contrario i sentimenti positivi per il clima non predispongono all'attivismo: l'impegno contro il cambiamento climatico diminuisce anche se marginalmente i sentimenti positivi legati al clima. I dati mostrano anche che i sentimenti positivi legati al clima sono un indicatore più forte di speranza basata sulla negazione piuttosto che sulla speranza costruttiva. Questi risultati sottolineano la maggiore rilevanza delle emozioni negative nel guidare l'impegno della società contro il cambiamento climatico. Tuttavia, le analisi esplorative rivelano che l'ambivalenza emotiva, ovvero la combinazione di preoccupazione e sentimenti positivi legati al clima, sia più efficace della sola preoccupazione nel predire l'attivismo per il clima.
° Myriam N. Bechtoldt et al: Worry's Clout: Concern, not positive affectivity, drives climate activism, Journal of Environmental Psychology, Volume 101, 2025, 102517, ISSN 0272-4944
2. Migliorare le intenzioni di ridurre il consumo di carne: un esperimento confronta il ruolo dell’identità personale e di quella sociale in favore dell’ambiente
Lo studio ha evidenziato che il ricordo di comportamenti pro-ambientali passati, anche senza ricevere feedback specifico, può attivare identità (e comportamenti) pro-ambientali, creando in tal modo percorsi verso una più forte intenzione di ridurre il consumo di carne. La letteratura scientifica ha costantemente dimostrato come l'identità personale pro-ambiente svolga un ruolo critico nel motivare e sostenere le azioni a favore

dell’ ambiente. Tuttavia, pochi studi hanno confrontato direttamente gli effetti dell’identità sociale (intesa come identificazione in un particolare gruppo sociale) e di quella personale a favore dell’ambiente sui comportamenti pro-ambientali. Nel presente studio è stata testata la rilevanza dell'identità personale e di quella sociale sull'intenzione di ridurre il consumo di carne. Un totale di 678 giovani adulti italiani (età media 23.1, 58.8% sesso femminile, 90.7% provenienza sud Italia, 74.6% studenti universitari) sono stati assegnati in modo casuale a una delle quattro condizioni: 1) ricordo del comportamento passato riguardo al consumo di carne più feedback personale volto a rafforzare la rilevanza dell'identità pro-ambientale; 2) ricordo del comportamento passato più feedback sociale per rafforzare la rilevanza dell'identità sociale pro-ambientale e dell'identificazione con un gruppo sociale; 3) nessun feedback, in cui i partecipanti ricordavano solo i loro comportamenti passati; 4) condizione di controllo, cioè il ricordo di comportamenti passati non correlati alla sostenibilità. Inoltre, è stato esplorato il ruolo di mediazione di atteggiamenti, norme soggettive e controllo comportamentale percepito. I risultati hanno rivelato che ricordare i comportamenti pro-ambiente del passato legati all'alimentazione aumenta sia l'identità personale pro-ambientale sia quella sociale, indipendentemente dal fatto che sia stato ricevuto un feedback. Tutte le condizioni sperimentali hanno favorito indirettamente l'intenzione di ridurre il consumo di carne rispetto alla condizione di controllo.
° Miriam Capasso et al: Enhancing intentions to reduce meat consumption: An experiment comparing the role of self- and social pro-environmental identities, Journal of Environmental Psychology, Volume 101, 2025, 102494, ISSN 0272-4944

Mortalità materna e perinatale nei paesi a basso reddito fra formazione, tecnologia e qualità
Rubrica L’ articolodelmese
Commento di Giuseppe Pagano Pediatra, Terapia Intensiva Pediatrica. Ospedale Borgo Trento di Verona
La Tanzania come tutta l’Africa Subsahariana è caratterizzata da elevati livelli di mortalità materna al parto e perinatale. Le ragioni sono molto eterogenee e sono da ricercarsi in un accesso limitato alle risorse sanitarie in quanto molte donne, soprattutto nelle aree rurali, non hanno accesso ai servizi sanitari adeguati durante la gravidanza e il parto, nella lontananza dei villaggi dai punti nascita con una scarsa disponibilità o precarietà dei mezzi di trasporto, alla malnutrizione e le malattie infettive, nella povertà, condizione che peggiora sicuramente le modalità con le quali affrontare i problemi suddetti e non ultima nella mancanza di personale sanitario che associata a una mancanza di formazione adeguata portano a un elevato tasso di eventi avversi nel periodo perinatale sia per la madre che per il nascituro. Lo studio di Kamala et al si inserisce in questo contesto cercando di affrontare proprio l’ultimo punto di questi aspetti causali, cercando di valutare la ricaduta di una formazione “esperenziale” con feedback riflessivi e strutturati, mediante applicazione di un bundle servendosi di ausili a basso costo per il monitoraggio, per cercare di ridurre la mortalità materna al parto e perinatale, un progetto chiamato “Safe Births Bundle of Care Program” [1]. Il modello dei “bundle” è stato introdotto nel 2001 dall’Institute for healthcare Improvement (IHI) per supportare gli operatori sanitari a offrire delle cure affidabili ai loro pazienti in particolare in contesti assistenziali ad alto rischio [2]. Un bundle è un insieme di pochi interventi, comportamenti e/o pratiche “evidence-based”, rivolti ad una specifica tipologia di pazienti e setting di cura, che, applicati congiuntamente e in modo adeguato, migliorano la qualità e l’ esito dei processi assistenziali con un effetto maggiore di quello che gli stessi determinerebbero, se ogni strategia fosse attuata singolarmente. Tuttavia l’ efficacia di un bundle dipende fra le altre cose dall’applicazione di tutti i suoi componenti e da un monitoraggio stretto della sua applicazione nel tempo per valutare la sua applicabilità e riproducibilità all’interno delle diverse realtà assistenziali.
Maternal and perinatal mortality in low-income countries between education, technology and quality Tanzania like all of sub-Saharan Africa is characterised by high levels of maternal mortality at delivery and perinatal mortality. There are a wide variety of reasons for this, including limited access to health care resources as many women, especially in rural areas, do not have access to adequate health services during pregnancy and childbirth. Furthermore the remoteness of villages from birth points with poor availability or precariousness of transportation, the presence of malnutrition and infectious diseases and poverty, a condition that certainly worsens the ways in which the aforementioned problems can be addressed. Finally, the lack of health
personnel that coupled with a lack of adequate training lead to a high rate of adverse events in the perinatal period for both mother and the unborn child. Kamala et al’s study fits into this context by trying to address the very last point of these causal aspects, attempting to evaluate the fallout of “experiential” training with reflective and structured feedback, through the application of a bundle using low-cost monitoring aids to try to reduce maternal birth and perinatal mortality. This is a project called “Safe Births Bundle of Care Program” [1]. The “bundles” model was introduced in 2001 by the Institute for healthcare Improvement (IHI) to support healthcare providers in delivering reliable care to their patients particularly in high-risk care settings [2]. A bundle is a set of a few “evidence-based” interventions, behaviors, and/or practices, targeting a specific type of patients and care setting, that, applied together and appropriately, improve the quality and outcome of care processes with a greater effect than the same would result if each strategy were implemented individually. However, the effectiveness of a bundle depends among other things on the application of all its components and close monitoring of its application over time to assess applicability and reproducibility within different care settings.
Introduzione
Nel 2020, si stima che si siano verificati 4.5 milioni di decessi complessivi a livello globale: 0.3 milioni di decessi materni, 2.3 milioni di decessi neonatali e 1.9 milioni di nati morti. Dieci paesi, tra cui la Tanzania, hanno pesato per il 60% di questi dati. L’ Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e il Sustainable Development Goals” hanno posto degli obiettivi, in merito ai decessi correlati alla nascita, da raggiungere entro il 2030. Questi obiettivi includono la riduzione dell’incidenza di nati morti ad almeno 12 decessi ogni 1.000 nascite, dell’incidenza di decessi neonatali ad almeno 12 decessi ogni 1.000 nati vivi e dei decessi materni a meno di 70 decessi ogni 100.000 nati vivi. Nel 2020, la mortalità materna globale è stata stimata in 223 decessi ogni 100.000 nati vivi. Nel 2022, le incidenze globali stimate di decessi neonatali e nati morti sono state rispettivamente di 17 decessi ogni 1.000 nati vivi e 14 decessi ogni 1.000 nati. Circa il 45% dei nati morti è correlato a complicazioni che si verificano durante la fase del parto [1]. Il Safe Birth Bundle of Care program è stato sviluppato in Tanzania in un periodo di 10 anni e ha previsto l’analisi dell’ applicazione di 4 componenti: un formazione continua degli operatori con simulazioni in situ, strategie di miglioramento continuo della qualità basate sulla raccolta e sui feedback provenienti dai dati clinici locali, utilizzo di dispositivi medici innovativi per il monitoraggio della frequenza cardiaca fetale/

neonatale e la messa in atto di processi a supporto della diffusione dei miglioramenti, replicabili su larga scala e sostenibili nel tempo.
Scopo dello studio
Gli autori hanno voluto valutare l’impatto dell’applicazione di un insieme di interventi racchiusi in un bundle, sulla mortalità materna e perinatale (intrapartum e neonatali < 24h) in 30 strutture ad elevata incidenza di decessi, distribuite in 5 aree della Tanzania considerando come outcome principale la mortalità perinatale intraospedalioera.
Metodi
Lo studio è un randomizzato a grappolo nel quale, da Gennaio 2021 a Dicembre 2023, ciascuna delle 30 strutture ospedaliere coinvolte, delle 5 regioni della Tanzania, è stata usata sia come gruppo controllo che come gruppo intervento, ma in tempi diversi. In questo periodo sono stati coinvolti 281.165 madri e 277.734 neonati. Per l’analisi statistica sono stati utilizzati metodi adeguati e un campione significativo per garantire la significatività dei risultati. Il metodo formativo ha previsto una formazione a cascata degli operatori utilizzando come training il SimBegin Course fornito da un provider esterno con competenze in modalità di simulazione con la presenza stabile di facilitatori e motivatori all’interno di ogni realtà assistenziale nel quale il bundle è stato applicato. Nell’addestramento degli operatori sono stati anche implementati scenari dell’ “Helping Babies Breathe” dell’ American Accademy of Pediatrics e la versione 2.0 dell’ “Helping Mothers Survive Bleeding After Birth Complete” [4]. Tutte queste componenti sono state studiate separatamente prima di essere inserite nel bundle.
Risultati
Per quanto riguarda l’outcome primario, la mortalità perinatale < 24h, si è passati da 15.3x1.000 nati prima dell’intervento a 12.5x1.000 nati con un RR di 0.82 (IC95%: 0.73-0.92) e un RRR del 18% (P=0.001). Scorporando questi risultati è venuta fuori una mortalità neonatale < 24h che è passata dal 6.4 al 3.9x1.000 nati con un RR: 0.61(IC95%:0.49-0.77) e una mortalità intrapartum che è passata da 8.6 a 8.7x1.000. Per quanto riguarda l’outcome materno entro una settimana dal parto la mortalità si è ridotta da 240 a 60 x 100.000 con un RR di 0.25 (IC95%:0.140.46). Sono state osservate variazioni significative della mortalità neonatale e materna in alcune regioni rispetto ad altre con un paradossale aumento della mortalità in una di esse.
Commento
Questo studio è senza dubbio molto interessante per i metodi formativi oltre che per i risultati mostrati, tanto che il programma, anche per la sua sostenibilità nel tempo, sta per essere esteso nel 2025 anche ad altre regioni dell’ Africa. Non sorprende l’effetto sulla mortalità materna e neonatale propriamente detta sotto le 24h di vita, al contrario delle morti endouterine, visto che i programmi formativi di simulazione in situ hanno riguardato la gestione del neonato in sala parto e della madre per la prevenzione dell’emorragia post partum, non prevedendo ad esempio simulazioni di parti operativi in emergenza. L’ altro fattore responsabile della mortalità endouterina sta probabilmente nella ridotta facilità con la quale la madre all’avvio del travaglio può raggiungere il punto nascita più vicino che spesso è molto di-
stante dai villaggi, oltre che le modalità di trasporto (mezzi di fortuna inclusi veicoli a due ruote) non molto adatte allo scenario suddetto. L’ aumento della mortalità in una delle regioni coinvolte è stata ascritta alla probabile scarsa accuratezza dei dati del preintervento, infatti nelle altre 4 regioni della Tanzania coinvolte i risultati sono risultati sovrapponibili. Mancano alcuni aspetti che sarebbe interessante analizzare come ad esempio la relazione fra il numero delle simulazioni eseguite e la modifica nel tempo della mortalità, dato utile per stabilire da una parte i tempi di acquisizione delle skills previste nel bundle e dall’altra le modalità per mantenerle all’interno del personale coinvolto. Un altro dato interessante da inserire nello studio sarebbe stato conoscere le modalità di simulazione (ad es. schedulate oppure non annunciate oppure quante individuali e quante in team nelle diverse realtà). Sicuramente i “bundle” hanno fra i loro punti di forza la motivazione degli operatori soprattutto quando vengono discussi con gli stessi operatori coinvolti, sulla base dei dati ottenuti prima, durante e dopo la loro applicazione. Considerare il fattore umano rappresenta decisamente un loro punto di forza che insieme alla considerazione della realtà locale dove il bundle viene implementato, consente anche un utilizzo più appropriato delle risorse disponbili; come in questo caso utilizzano un approccio di sistema, piuttosto che azioni di miglioramento singole, un aspetto fondamentale quando si parla di sicurezza e riduzione del rischio clinico.
1. Kamala BA, Ersdal HL, Moshiro RD, Guga G, Dalen I, Kvaløy JT, Bundala FA, Makuwani A, Kapologwe NA, Mfaume RS, Mduma ER, Mdoe P; Safer Births Bundle of Care Study Group. Outcomes of a Program to Reduce Birth-Related Mortality in Tanzania. N Engl J Med. 2025 Mar 13;392(11):1100-1110. doi: 10.1056/NEJMoa2406295. Epub 2025 Feb 26. PMID: 40009803.
2. Institute for Healthcare improvement “What is a Bundle?”
3. Resar R, Griffin FA, Haraden C, Nolan TW. Using Care Bundles to Improve Health Care Quality. IHI Innovation. Series white paper. Cambridge, Massachusetts: Institute for Healthcare Improvement; 2012.
4. https://hms.jhpiego.org/bleeding-after-birth-complete, American Academy of Pediatrics. Helping babies breathe. June 13, 2023 (https:// www.aap.org/en/aap-global/helping-babies-survive/our programs/ helpingbabie breathe/).

Nutrizione News n.12 febbraio - marzo 2025
A cura di Sergio Conti Nibali Gruppo ACP "Nutrizione"
Prosegue in questo numero la rubrica sulla nutrizione pediatrica curata del gruppo nutrizione dell’ Associazione Culturale Pediatri. Il gruppo sorveglia 37 riviste scientifiche internazionali tra le più qualificate in base a criteri EBM, per diffondere i risultati degli articoli più rilevanti in materia di nutrizione infantile. Su queste pagine verranno riassunti sinteticamente i principali articoli pubblicati nelle riviste monitorate. Tutti gli articoli e gli editoriali pubblicati e ritenuti degni di attenzione vengono elencati divisi per argomento, con un sintetico commento. Questo numero si basa sul controllo sistematico delle pubblicazioni di febbraio e marzo 2025. La gran parte degli articoli selezionati in questo numero richiama, ancora una volta, l’attenzione di noi pediatri sull’importanza che riveste la nutrizione nella prevenzione di numerose malattie non trasmissibili e ci sollecita a intraprendere iniziative di advocacy per difendere i nostri bambini e le loro famiglie dai rischi di un’alimentazione inadeguata. Speriamo che il servizio che possa risultare utile ai lettori di Quaderni acp.
The section on pediatric nutrition edited by the Nutrition Group of the Associazione Culturale Pediatri continues in this issue. The group monitors 37 of the most highly qualified international scientific journals based on EBM criteria to disseminate the results of the most relevant articles on pediatric nutrition. On these pages, the main articles published in the monitored journals will be summarized briefly. All articles and editorials published and deemed worthy of attention are listed divided by topic, with a brief commentary. This issue is based on the systematic monitoring of publications for February and March 2025. The majority of the articles selected in this issue once again call the attention of us pediatricians to the importance of nutrition in the prevention of many noncommunicable diseases and urge us to undertake advocacy initiatives to defend our children and their families from the risks of inadequate nutrition. We hope that the service that may be useful to the readers of Quaderni acp.

Foto di Luisa Brimble su Unsplash
Nutrizione News
Indice
:: Allattamento
1. Supporto materiale alle madri che allattano in Vietnam e impatto su nutrizione e crescita infantile: confronto tra interventi condizionati e non condizionati
2. Fenotipo materno, corporatura del bambino e composizione del latte materno in donne con HIV
3. Incoraggiare l’ allattamento nell’ affido: una revisione esplorativa
4. I neonati allattati al seno di madri in terapia con lamotrigina hanno avuto un basso rischio di effetti tossici
5. Impatto dell' Iniziativa Ospedale Amico dei Bambini sugli esiti dell' allattamento: revisione sistematica e metanalisi
6. Raccomandazioni dell’ ABM per l' allattamento esclusivo: evitare la sottoalimentazione e la sovralimentazione
7. L'obesità materna, l'età e il sesso del neonato influenzano i profili di amminoacidi, metaboliti energetici, zuccheri e acidi grassi nel latte umano
8. Analisi delle associazioni tra le caratteristiche sociodemografiche e bambini allattati esclusivamente, NHANES 1999-2020
9. Fattori immunologici e contenuto di macronutrienti nel latte umano di donne con mastite subclinica
10. Efficacia di un nuovo intervento di consulenza sull'allattamento sulla prevalenza dell' allattamento, sulla velocità di crescita infantile e sulla perdita di peso postpartum nelle donne in sovrappeso: uno studio randomizzato controllato
11. Appello per includere l'allattamento come approccio sinergico ai vaccini per la prevenzione della malattia da virus respiratorio sinciziale
12. Allattamento al seno e malattie non trasmissibili: una revisione narrativa
13. Esperienze emotive negative dell'allattamento e del riflesso di eiezione del latte: una revisione di insieme
14. Il peso globale delle malattie diarroiche infantili attribuibili all'allattamento subottimale dal 1990 al 2021: un' analisi esplorativa delle stime dello studio sul peso globale delle malattie
15. L'allattamento non esclusivo è associato a polmonite e asma nei bambini sotto i cinque anni: una revisione generale di revisioni sistematiche e metanalisi
:: Prematurità
1. I costi operativi di una banca del latte umano in Gran Bretagna
2. Latte materno e displasia broncopolmonare: un effetto dose-dipendente
3. Effetto dell' avvio precoce dell'alimentazione enterale completa con latte materno esclusivo nei neonati pretermine: uno studio di coorte retrospettivo
:: Integratori
1. Gli integratori alimentari complementari colmano le lacune energetiche e proteiche tra i bambini con inadeguatezza alimentare in una prova di alimentazione complementare nelle zone rurali del Bangladesh
2. L'assunzione di vitamina B12 durante la gravidanza è collegata allo sviluppo del linguaggio e al quoziente intellettivo del bambino
3. L'effetto dell'integrazione prenatale di energia e proteine bilanciate sull'aumento di peso gestazionale: una metanalisi dei dati dei singoli partecipanti nei paesi a basso e medio reddito
:: Obesità
1. La prevalenza di sovrappeso tra i bambini di 4 anni durante e dopo la pandemia di COVID-19 era associata al carico socioeconomico
2. Il ruolo del timing del pasto nelle risposte appetitive all' esercizio acuto negli adolescenti con e senza obesità: una revisione sistematica e metanalisi
3. Obesità genitoriale e rischio di morte improvvisa nel lattante
4. L’ obesità e le politiche nazionali: Giappone e USA a confronto
5. L' effetto del trattamento dell'obesità pediatrica sulla salute a lungo termine e nei giovani adulti
6. Impatto degli interventi lineari di miglioramento della crescita sulla sovranutrizione infantile a 24 mesi: uno studio randomizzato controllato
7. Associazione tra i comportamenti volti alla salute dei caregivers e il sovrappeso/obesità nei bambini di età compresa tra 2 e 6 anni a Pechino: uno
studio trasversale
:: Modelli alimentari
1. Assunzione e stato della vitamina D nei bambini e negli adolescenti: confronto tra diete vegetariane, vegane e onnivore
2. Gli stili di alimentazione dei genitori sono un importante fattore che influenza lo sviluppo del bambino
3. Pratiche alimentari riferite dai genitori associate a desiderio osservato nei bambini di provare nuovi alimenti all’ asilo nido
4. Assunzione alimentare, comportamenti alimentari e indicatori di salute tra i giovani Métis nel Manitoba, Canada
5. Saltare la colazione e il rendimento scolastico tra gli 8 e i 16 anni: uno studio sulla popolazione in South Australia
6. Fattori associati agli stili alimentari responsivi e non responsivi dei caregiver nella Clark County, Nevada
7. Baby-Led Weaning o alimentazione complementare di tipo tradizionale: quali differenze nelle abitudini alimentari in bambini di età compresa tra 6-36 mesi: uno studio trasversale
8. Mangiare tardi e il digiuno abbreviato sono associati ad un maggiore consumo di cibo ultra-processato in tutte le fasce d'età: uno studio basato sulla popolazione
:: Marketing
1. Etichette della formula in Gran Bretagna e rispetto del Codice Internazionale
2. Gran Bretagna: McDonald’ s vince le cause con i comuni che rifiutano l’apertura di nuovi punti vendita
:: Miscellanea
1. L’allattamento al biberon a ritmo migliora la qualità e i risultati delle interazioni nell’alimentazione al biberon?
2. I modelli di acidi grassi degli eritrociti sono associati alla massa muscolare scheletrica nei bambini cinesi
3. Affrontare il diabete in gravidanza: approcci critici per mitigare i rischi e migliorare gli esiti per madre e bambino
4. Impatto dei probiotici sui sintomi comportamentali e gastrointestinali nei bambini con disturbo dello spettro autistico: uno studio randomizzato controllato
5. Il Machine Learning (ML) nella previsione della malnutrizione infantile: una metaanalisi dei dati di indagini demografiche e sanitarie
6. L'impatto delle microplastiche negli alimenti e nei farmaci sulla salute: una rassegna della regione MENA (Medio Oriente e Nordafrica)
7. L'influenza dello status socioeconomico sull'intelligenza dei bambini in età scolare nella contea di Xuyong: un'analisi di mediazione dell'alfabetizzazione nutrizionale e della diversità alimentare
8. Aderenza agli indicatori di alimentazione complementare e loro associazioni con forme di malnutrizione combinata nei bambini di età compresa tra 6 e 23.9 mesi
9. Le abitudini alimentari dei bambini in età prescolare e lo stato nutrizionale dei genitori
10. Profilo del microbiota intestinale e disturbi gastrointestinali funzionali nei neonati: uno studio longitudinale

Riviste monitorate
Acta Paediatrica
American Journal of Clinical Nutrition
.. Archives of Diseases in Childhood
Birth
Breastfeeding Medicine
Early Human Development
European Journal of Clinical Nutrition
.. European Journal of Nutrition
European Journal of Epidemiology
Food Policy
Frontiers in Nutrition
International Breastfeeding Journal
.. International Journal of Environmental Research and Public Health
International Journal of Epidemiology
The Italian Journal of Paeditrics
JAMA
JAMA Pediatrics
Journal of Epidemiology and Community Health
Journal of Pediatrics
Journal of Perinatology
Journal of Human Lactation
Journal of Nutrition
Journal of Public Health
Maternal and Child Health Journal
Maternal and Child Nutrition
Metabolites
New England Journal of Medicine
Nutrients
Pediatrics
Plos Medicine
PLOS One
Public Health Nutrition
The Lancet
Revisione delle riviste e testi a cura di:
Roberta Bosi, Ivana Bringheli, Giovanni Cacciaguerra, Natalia Camarda, Adriano Cattaneo, Angela Cazzuffi, Margherita Cendon, Nicoletta Cresta, Samuel Dallarovere, Giulia D'Arrigo, Cristina Di Berardino, Monica Ghezzi, Antonella Lavagetto, Stella Lonardi, Alice Marzatico, Samantha Mazzilli, Lorenzo Mottola, Maria Napoleone, Angela Pasinato, Ilaria Polenzani, Giuseppina Ragni, Gherardo Rapisardi, Annamaria Sapuppo, Vittorio Scoppola, Silvia Triarico, Alessandra Turconi, Rosanna Vit.
Allattamento
1. Supporto materiale alle madri che allattano in Vietnam e impatto su nutrizione e crescita infantile: confronto tra interventi condizionati e non condizionati
Uno studio clinico randomizzato condotto a Vientiane, Laos (2022-2023), ha valutato l’efficacia dei trasferimenti sociali condizionati e non condizionati sui tassi di allattamento esclusivo e sulla crescita infantile. Le madri sono state randomizzate in tre gruppi: trasferimento sociale condizionato, in cui l’ aiuto economico era erogato solo se l’ allattamento esclusivo era mantenuto fino ai sei mesi; trasferimento sociale non condizionato, in cui il sostegno economico veniva garantito indipendentemente dallo stato dell’ allattamento; e un gruppo di controllo, che ha ricevuto solo materiale educativo. Le partecipanti potevano scegliere tra 75 dollari in contanti, beni per bambini o una combinazione dei due, una somma stimata sul costo del tempo dedicato all’ allattamento esclusivo. I risultati hanno mostrato che i trasferimenti sociali hanno aumentato i tassi di allattamento esclusivo a sei mesi, con un effetto maggiore nel gruppo condizionato (OR = 4.60) rispetto al non condizionato (OR = 2.51). Anche il rischio di inter-
ruzione precoce era inferiore nei gruppi di intervento rispetto al controllo. Tuttavia, non sono emerse differenze significative nella crescita infantile. Lo studio conclude che i trasferimenti sociali, soprattutto quelli condizionati, migliorano i tassi di allattamento esclusivo, sebbene la loro implementazione sia più complessa dal punto di vista organizzativo. La ricerca continuerà fino ai tre anni di età del bambino per valutare gli effetti a lungo termine sull’allattamento complementare, sulla salute e sullo sviluppo infantile. Tra le limitazioni vi è il coinvolgimento di soli neonati sani, a termine e singoli, riducendo la generalizzabilità. Inoltre, tutte le madri allattavano esclusivamente a un mese dal parto, escludendo un periodo critico in cui molte donne interrompono l’ allattamento. È possibile un bias di desiderabilità sociale nelle auto-segnalazioni sull’ allattamento, sebbene siano stati adottati metodi per mitigarne l’effetto.
° Wallenborn JT et al. Conditional and Unconditional Social Transfers, Early-Life Nutrition, and Child Growth: A Randomized Clinical Trial. JAMA Pediatr.2025;179(2):129–136. doi:10.1001/jamapediatrics.2024.5079
2. Fenotipo materno, corporatura del bambino e composizione del latte materno in donne con HIV
Le autrici di questo studio hanno comparato alcuni macronutrienti del latte materno e alcuni indicatori antropometrici del lattante a 6 settimane e a 6 mesi dalla nascita in due gruppi di madri sudafricane reclutate in gravidanza tra gennaio 2018 e gennaio 2021. Il campione comprendeva donne con (n=153) e senza HIV (n=162); quelle con HIV erano regolarmente trattate con antiretrovirali. Sia a 6 settimane che a 6 mesi dalla nascita, le donne HIV positive avevano una minore massa cellulare e indici di salute cellulare più bassi rispetto alle donne HIV negative; anche i livelli medi di emoglobina erano inferiori. Non c’era nessuna differenza nei macronutrienti del latte materno, ma erano diversi alcuni indici antropometrici dei figli: a 6 settimane, quelli delle madri HIV positive avevano minore peso per altezza e circonferenza del cranio, a 6 mesi il peso per altezza e l’ altezza per età. A un’analisi statistica multivariata, i fattori associati alle differenze a sfavore delle donne HIV positive erano l’indice di massa corporea (BMI) e la circonferenza del braccio materni, cioè il peggiore stato di nutrizione delle donne HIV positive. In conclusione, la positività all’HIV e il fenotipo materno erano importanti fattori predittivi dello stato di nutrizione dei figli in questo campione di madri sudafricane.
° Gilfillan M et al. Maternal phenotype, infant size and breast milk composition in women living with HIV. Matern Child Nutr 2025;e13807
3. Incoraggiare l’allattamento nell’affido: una revisione esplorativa
In tutto il mondo circa 2.7 milioni di bambini non sono accuditi dai genitori e l’accesso al latte materno è spesso assente nelle politiche per l’affidamento. Lo scopo del presente studio è quello di esplorare i dati disponibili su come le famiglie affidatarie, gli operatori sanitari e sociali e le madri con lattanti in affido, siano supportati nell’ allattamento e nell’ approvvigionamento di latte umano tirato e di identificare ostacoli e fattori facilitanti l’ allattamento e l’ utilizzo di latte umano tirato negli affidamenti. È stata utilizzata la metodica JBI per la revisione della letteratura,

nel marzo 2023, sia su studi peer-reviewed sia nella “letteratura grigia”. Nell’ analisi sono stati identificati 5 temi: 1) È sano? (preoccupazioni circa la sicurezza del latte materno) 2) Utilizzo di sostanze stupefacenti: proteggere il diritto delle madri e dei lattanti per quanto riguarda l’allattamento al seno 3) Far sì che il latte materno sia accessibile, sia attraverso l’ allattamento al seno, sia attraverso l’utilizzo del latte materno tirato 4) Dove sono le politiche volte alla protezione dei diritti delle madri che allattano in caso di affido? 5) Mentalità riguardanti l’ allattamento. I risultati hanno mostrato preoccupazioni nei genitori affidatari riguardo alla sicurezza del latte materno e la difficoltà nel supportare la fornitura di latte materno nel momento in cui i piccoli sono dati in affido. Un’ adeguata formazione, una mentalità positiva ed il coinvolgimento di un team multidisciplinare possono sostenere l’allattamento e i diritti dei lattanti di essere allattati in caso di affido. I professionisti sanitari e sociali che sostengono le madri e le famiglie affidatarie nell’allattamento o nell’ approvvigionamento di latte umano tirato, non hanno conoscenze sufficienti e guida su come effettuarlo in modo sicuro e con un approccio che si incentri sui diritti. Gli Autori hanno riscontrato che la facilitazione dell’allattamento non è prioritaria quando un piccolo viene dato in affido e che i diritti di madre e bambino nell’ allattamento richiedono un’ attenzione urgente riguardo alle politiche e alle linee guida che facilitino un’alimentazione del lattante sicura e centrata sulla persona.
° Mitchel V. et al. Supporting Breastmilk Feeding for Infants in Foster Care: A Scoping Review
° Mitchel V. et al., Maternal and Child Nutrition,2025; e 13810
4. I neonati allattati al seno di madri in terapia con lamotrigina hanno avuto un basso rischio di effetti tossici
In questo studio retrospettivo, basato sulle cartelle cliniche raccolte a Stoccolma, 46 neonati (età gestazionale media 39+6 peso medio 3.420 gr) le cui madri erano in terapia con lamotrigina dal 2011 al 2021 sono stati allattati al seno. La concentrazione mediana di lamotrigina nel plasma dei neonati era in media di 2.5 (intervallo 2.5-14.0) μmol/L. Le concentrazioni erano correlate alle concentrazioni plasmatiche materne e al dosaggio della terapia (R = 0.79, p < 0.001 contro R = 0.54, p < 0.001). Durante il follow-up, sono state rilevate concentrazioni di lamotrigina in sei (14%) neonati, uno dei quali presentava sintomi clinici probabilmente correlati all' esposizione alla lamotrigina. Le transaminasi epatiche erano elevate in tre neonati. Tutti i neonati le cui madri prendevano una dose da 150 mg o inferiore avevano concentrazioni plasmatiche non rilevabili e nessun sintomo durante il follow-up. A questi neonati a basso rischio potrebbe essere offerto un follow-up semplificato.
° Ingrid Alvarez. Breastfed infants exposed to lamotrigine faced a low risk of toxic effects. Acta Paediatrica Volume 114, Issue 2 p. 346-354; doi: 10.1111/apa.17432
5. Impatto dell'Iniziativa Ospedale Amico dei Bambini sugli esiti dell'allattamento: revisione sistematica e metanalisi L’Iniziativa Ospedale Amico dei Bambini (BFHI) è un programma globale volto a promuovere, sostenere e proteggere l’ allattamento nelle strutture sanitarie materno-infantili attraverso i Dieci Passi per un allattamento efficace. Sebbene numerose evi-
denze ne suggeriscano l'efficacia, mancava un’ analisi aggiornata e completa sul suo impatto. Questo studio ha condotto una revisione sistematica e meta-analisi analizzando dati provenienti da 86 studi pubblicati tra il 1991 e il 2024. Gli studi inclusi erano di natura sperimentale, quasi-sperimentale o osservazionale e riguardavano strutture che implementavano la BFHI integralmente o almeno in parte. L'analisi ha considerato i tassi di avvio dell'allattamento, la durata dell’allattamento esclusivo e i fattori che ne influenzano l’ efficacia, distinguendo tra paesi con diversi livelli di reddito. I risultati mostrano che i neonati nati in ospedali BFHI avevano una probabilità significativamente maggiore di essere allattati esclusivamente fino a 3 mesi (OR = 1.77) e tra 3-6 mesi (OR = 1.82), oltre a tassi più alti di qualunque tipo di allattamento fino a 6 mesi e oltre. Inoltre, anche un'implementazione parziale della BFHI ha mostrato effetti positivi, suggerendo che l'adesione anche a solo alcuni dei Dieci Passi può migliorare gli esiti dell’ allattamento. Le differenze nei risultati tra i vari paesi non sono risultate significative, probabilmente a causa del numero limitato di studi nei paesi a basso e medio reddito. Lo studio sottolinea l’importanza di un’ implementazione più ampia e del monitoraggio a lungo termine per valutare l’impatto prolungato della BFHI sull’ allattamento.
° Ying Wei Fan et al. Impact of baby-friendly hospital initiatives on breastfeeding outcomes: Systematic review and meta-analysis. Women and Birth, Volume 38, Issue 2, 2025; doi.org/10.1016/j.wombi.2025.101881
6. Raccomandazioni dell’ ABM per l'allattamento esclusivo: evitare la sottoalimentazione e la sovralimentazione L'allattamento fornisce un'alimentazione ottimale per i neonati e numerosi benefici per la salute sia per i neonati che per i genitori che allattano. Con due neonati su tre che vivono in paesi che stanno vivendo conflitti e/o calamità naturali, l'allattamento materno è anche un piano di emergenza, che migliora i tassi di sopravvivenza anche in queste condizioni estreme. La maggior parte dell'uso di formula artificiale non è necessario dal punto di vista medico, esponendo il neonato a un rischio maggiore di malattie e sovralimentazione. Inoltre, l'introduzione di integratori spesso interferisce con la normale relazione simbiotica richiesta per regolare la produzione di latte. Al contrario, garantire l'accesso al supporto professionale per la gestione dell'allattamento, soprattutto quando si teme una minore produzione di latte, e utilizzare il latte donato come soluzione ponte sono opzioni per preservare una dieta basata esclusivamente sul latte umano. In queste raccomandazioni vengono definiti sia la sottoalimentazione che la sovralimentazione. Vengono esaminati i fattori di rischio per la sottoalimentazione. Tutti gli operatori sanitari che seguono le famiglie dopo la nascita dovrebbero avere le conoscenze e le competenze per garantire che la sottoalimentazione nel neonato allattato venga identificata quando presente, per lo più evitata e che l'alimentazione esclusiva con latte umano venga supportata in modo sicuro ogni volta che sia possibile dal punto di vista medico, per garantire una salute ottimale del neonato.
° Lori Feldman-Winter et al. ABM Position Statement: Recommendation for Exclusive Breastfeeding: Avoidance of Underfeeding and overfeeding. Breastfeeding Medicine

7. L'obesità materna, l'età e il sesso del neonato influenzano i profili di amminoacidi, metaboliti energetici, zuccheri e acidi grassi nel latte umano
Questo studio si propone di valutare se lo stato nutrizionale materno, l'età materna, la modalità del parto e il sesso del neonato influenzino il profilo di aminoacidi, metaboliti energetici, zuccheri e acidi grassi e le vie metaboliche del latte umano maturo (HM). Si tratta di uno studio trasversale, prospettico e osservazionale. Campioni di HM provenienti da soggetti normopeso (NW, n=60), sovrappeso (OW, n=35) e affetti da obesità (OB, n=14) sono stati analizzati con un metodo GC-MS non mirato per identificare il metaboloma. I dati ottenuti sono stati analizzati con il software Metaboanalyst (v. 5.0) e SPSS (v.25.0). OB-HM contiene una percentuale maggiore di aminoacidi (leucina, lisina, tirosina e acido aspartico), metaboliti energetici (acido lattico e succinico), e zuccheri e derivati (fucosio, ramnosio e acido gluconico) (p<0.05) rispetto alle donne normopeso. L'HM di donne di età >25 anni contiene una minore percentuale di acido laurico e una percentuale maggiore di leucina e tirosina (p<0.05) rispetto all'HM di donne di età <25 anni. Inoltre, l'HM destinato ai neonati di sesso femminile ha un contenuto più elevato di leucina e acido gluconico. Le principali vie metaboliche alterate nel OB-HM sono quelle relative ad aminoacidi e al metabolismo energetico. In conclusione OB-HM fornisce più aminoacidi, molecole energetiche e zuccheri. L'aumento del peso materno, del BMI e la massa grassa corporea predispongono a una maggiore quantità di leucina e acido aspartico nell'HM. L'età materna influisce sui livelli di acido laurico, leucina e tirosina mentre il sesso del bambino influenza i livelli di leucina e acido gluconico nell'HM. L'impatto del OB-HM metaboloma sulla fisiologia della prole deve essere esplorato.
° Zarzoza-Mendoza et al. Maternal obesity, age and infant sex influence the profiles of amino acids, energetic metabolites, sugars, and fatty acids in human milk. Eur J Nutr 64, 92 (2025)
8. Analisi delle associazioni tra le caratteristiche sociodemografiche e bambini allattati esclusivamente, NHANES 19992020
Questo studio mira a valutare se continuano ad esistere disparità nell' allattamento, in particolar modo tra madri e bambini neri non ispanici (NHB). È stata condotta un’analisi tra 19.830 bambini negli Stati Uniti (USA) utilizzando il National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) dal 1999 al 2020. L’ avvio dell'allattamento e i tassi di non abbandono sono aumentati complessivamente dal 1999 al 2020. I bambini che sono stati allattati avevano maggiori probabilità di avere un peso corporeo più elevato, madri più adulte, che non fumavano durante la gravidanza, un rapporto povertà-reddito (PIR) familiare più elevato, sicurezza alimentare, madri in ottima salute e madri che non avevano consultato uno psichiatra nell’anno precedente. I bambini NHB sono stati allattati a tassi significativamente più bassi e per una durata più breve rispetto bambini bianchi non ispanici (NHW), messicani, ispanici e multirazziali. I bambini NHB sono stati allattati meno di altri gruppi razziali, compresi i bambini delle minoranze messicane con PIR medio simile, suggerendo la necessità di una possibile esperienza unica per le madri e i bambini NHB. Le strategie includono l'impatto sulle norme sociali e l'offerta di supporti per l'allattamento culturalmente
personalizzati. La fornitura di supporti strutturali per rimuovere gli ostacoli all'allattamento è una questione di giustizia sociale. L'allattamento conferisce benefici per la salute alla madre e al bambino ed esistono disparità tra madri e bambini, in particolare tra madri e bambini NHB. L'attuale studio fornisce dati sulle tendenze più recenti dell'allattamento, dimostrando che queste disparità per razza/etnia sono presenti. È interessante notare che, anche tra i partecipanti messicani di un PIR simile, i bambini NHB sono sempre allattati meno.
° Jessica Amezcua et al. Examining Associations Between Sociodemographic Characteristics and Ever Breastfed Children, NHANES 1999–2020. Int. J. Environ. Res. Public Health 2025, 22, 428
9. Fattori immunologici e contenuto di macronutrienti nel latte umano di donne con mastite subclinica
La mastite subclinica è una condizione infiammatoria asintomatica delle ghiandole mammarie in allattamento, probabilmente associata a interruzione prematura dell'allattamento e scarso aumento di peso nei neonati. Sebbene il latte umano da donatrici con mastite subclinica possa essere utilizzato dopo la pastorizzazione se soddisfa i criteri, non è noto se la composizione sia adatta al latte umano donato. Lo stato di mastite subclinica è stato valutato utilizzando il rapporto sodio-potassio, le concentrazioni di lattoferrina e immunoglobulina A secretoria e i livelli di proteine, grassi, carboidrati ed energia. Le concentrazioni aumentate di sostanze immunologiche e proteine nel latte umano sono simili a quelle osservate nella mastite clinica, indicando una risposta infiammatoria, anche in individui asintomatici. Le sostanze immunologiche e le proteine sono benefiche per i neonati prematuri. Pertanto, il latte umano di madri con mastite subclinica è adatto all'uso da parte delle banche del latte.
° Mizuho Ito et al. Immunological Factors and Macronutrient Content in Human Milk From Women With Subclinical Mastitis. J Hum Lact
10. Efficacia di un nuovo intervento di consulenza sull'allattamento sulla prevalenza dell'allattamento, sulla velocità di crescita infantile e sulla perdita di peso postpartum nelle donne in sovrappeso: uno studio randomizzato controllato Questo studio nasce dal razionale che il sovrappeso materno è un fattore di rischio per l'obesità infantile e l'allattamento può ridurre questo rischio, ma purtroppo la prevalenza dell'allattamento nelle madri sovrappeso o obese è bassa. Si tratta di uno studio randomizzato su 90 donne in gravidanza sovrappeso/obese a Bogotà-Colombia nel 2019, per valutare gli effetti di un nuovo intervento di consulenza sull'allattamento esclusivo (EBF) per madri sovrappeso/obese. L'intervento includeva una consulenza sull'allattamento personalizzata, sessioni di empowerment e una serie di strategie di risoluzione dei problemi basate sulla “teoria centrata sul cliente” di Carl Rogers, condotte durante le ultime settimane di gravidanza, la prima settimana dopo il parto, 1 e 3 mesi dopo il parto. Gli esiti primari erano l’allattamento esclusivo durante le ultime 24 ore, prevalenza a 4 mesi dopo il parto, crescita infantile e perdita di peso materna a 4 mesi dopo il parto; gli obiettivi secondari erano la concentrazione di prolattina nel siero e nel latte materno, il contenuto calorico del latte materno e il contenuto di macronutrienti, il volume stimato del latte materno a 1 e 4 mesi e la prevalenza di allattamento esclusivo a 1 e

a 3 mesi. Le madri sono state randomizzate a fine gravidanza nel gruppo di intervento o nel gruppo di controllo (che prevedeva un supporto standard all'allattamento). Come risultati si evince una prevalenza di allattamento esclusivo significativamente più alta a 4 mesi (82.8%) nel gruppo di intervento rispetto al gruppo di controllo (30.6%) (rapporto di prevalenza o PR = 2.7; 95% CI = 1.6, 4.5), mentre non ci sono stati effetti sulla velocità di crescita del neonato, né sulla perdita di peso materna né sugli obiettivi secondari.
° Aldana-Parra F. et al. Effectiveness of a new breastfeeding counselling intervention on breastfeeding prevalence, infant growth velocity and postpartum weight loss in overweight women: a randomized controlled trial. Int Breastfeed J 20, 14 (2025)
11. Appello per includere l'allattamento come approccio sinergico ai vaccini per la prevenzione della malattia da virus respiratorio sinciziale
Le infezioni da virus respiratorio sinciziale (RSV) nella prima infanzia sono molto comuni. Il RSV è la principale causa di bronchiolite e polmonite e contribuisce sostanzialmente alla morbilità e mortalità di neonati e bambini piccoli in tutto il mondo. Fino a poco tempo fa, non erano disponibili vaccini per la prevenzione e non esistevano trattamenti curativi per il RSV. Nel 2024 sono diventati disponibili due nuovi approcci farmaceutici per la prevenzione del RSV, ovvero l'immunizzazione delle madri durante la gravidanza e l'immunoprofilassi dei neonati. Da allora, sono stati pubblicati una serie di articoli scientifici e linee guida nazionali e internazionali per incoraggiare i genitori a vaccinare sé stessi o i propri figli. Nonostante le forti evidenze che l'allattamento sia un importante approccio non farmacologico per la prevenzione dei gravi esiti da RSV, recenti articoli scientifici e comunicazioni sulla salute pubblica hanno trascurato l'allattamento come strategia fondamentale di prevenzione del RSV. Questo articolo vuole richiamare l’ attenzione proprio su questo. Infatti l’allattamento rappresenta un intervento non farmacologico chiave, avendo un ruolo sinergico nella prevenzione del RSV e di supporto nella cura dei neonati malati. È stato dimostrato che l'allattamento riduce il tasso e la gravità degli esiti associati al RSV, tra cui l’ospedalizzazione e la mortalità. Mentre l'allattamento esclusivo è il più protettivo, anche un solo mese di allattamento è comunque associato a una ridotta probabilità di ricovero in terapia intensiva e di necessità di ventilazione meccanica nei neonati infetti da RSV. I risvolti protettivi dell'allattamento per la prevenzione e la cura del RSV sono stati dimostrati in studi epidemiologici in contesti a basso, medio e alto reddito e sono particolarmente importanti per i neonati piccoli, prematuri e malati. Per tale motivo dovrebbe essere incoraggiato insieme ai vaccini in tutte le comunicazioni sulla salute pubblica, dagli operatori sanitari durante le visite di immunizzazione pre e postnatali e durante i controlli dei neonati.
° Fischer L et al. Call to include breastfeeding as a synergistic approach to vaccines for prevention of respiratory syncytial virus disease. Int Breastfeed J 20, 12 (2025)
12. Allattamento al seno e malattie non trasmissibili: una revisione narrativa
Questa revisione narrativa esamina l'impatto dell'allattamento al
seno (AS) sullo sviluppo delle malattie non trasmissibili (MNT), con un focus particolare su eccesso di peso, dislipidemia, allergie e malattie gastrointestinali. La revisione sottolinea l'importanza dei primi mille giorni di vita, come indicato dalla teoria delle origini dello sviluppo della salute e delle malattie (DOHaD), evidenziando come le esposizioni nutrizionali precoci possano influenzare gli esiti di salute lungo tutto l'arco della vita. Metodologicamente, la revisione sintetizza i risultati provenienti da varie banche dati, tra cui PubMed ed EMBASE, analizzando studi dal 1990 al 2024. La revisione conclude che l'AS è associato a una riduzione del rischio di diverse MNT, in particolare una diminuita vulnerabilità alle infezioni virali precoci o alle condizioni infiammatorie croniche durante gli anni prescolari, ad una minore incidenza di sovrappeso e probabilmente a una concentrazione di colesterolo più bassa, oltre ad avere un piccolo effetto protettivo contro l'ipertensione arteriosa sistolica, sebbene gli effetti protettivi possano variare in base a fattori come la durata dell'allattamento e il momento di introduzione degli alimenti solidi. Nonostante i dibattiti in corso riguardo l'entità del ruolo protettivo dell'AS contro specifiche malattie, le evidenze supportano la promozione dell'AS esclusivo per i primi sei mesi di vita, data la sua rilevanza nutrizionale e immunologica.
° Capra, M.E. et al. Breastfeeding and Non-Communicable Diseases: A Narrative Review. Nutrients 2025, 17, 511
13. Esperienze emotive negative dell'allattamento e del riflesso di eiezione del latte: una revisione di insieme Negli ultimi due decenni, due fenomeni legati all’ allattamento di cui prima non si era mai sentito parlare hanno iniziato a suscitare interesse: il riflesso disforico di eiezione del latte (D-MER) e la risposta di avversione all'allattamento (BAR) ora compaiono in letteratura con sempre maggiore regolarità, ma non sono ancora ampiamente noti o compresi. La D-MER è caratterizzata da una disforia improvvisa (tristezza, ansia o rabbia) che si verifica appena prima e durante l'eiezione del latte, che in genere dura tra 30 secondi e 10 minuti. Alcune donne descrivono la D-MER come una "sensazione di vuoto", mentre altre segnalano emozioni più estreme, tra cui rabbia e ideazione suicida. Una ricerca limitata sulla D-MER suggerisce che è distinta dalla depressione o dall'ansia post-partum, sebbene possa coesistere. La BAR si manifesta come sensazioni di agitazione, disgusto, irritabilità e sensazioni fisiche (come formicolii) che si verificano solo durante l'allattamento. Si riferisce quindi specificatamente all'atto dell'allattamento, distinguendola dai disturbi dell'umore perinatali. Le cause di D-MER e BAR non sono ancora ben comprese. I ricercatori che si concentrano su D-MER sembrano divisi in due scuole di pensiero; una suggerisce che il breve calo di dopamina che si verifica durante l'eiezione del latte inneschi D-MER in alcune donne. La seconda suggerisce che D-MER è causato dal rilascio di ossitocina prima dell'eiezione del latte. BAR sembra colpire più comunemente donne incinte, donne che allattano bambini piccoli e donne che allattano in tandem due o più bambini di età diverse. Ciò ha portato alcuni autori a suggerire che BAR potrebbe essere un "meccanismo evolutivo per proteggere le risorse genitoriali e aumentare le possibilità di ulteriore... riproduzione". Questa revisione ha lo scopo di offrire ai ricercatori e ai professionisti sanitari l'opportunità di comprendere meglio D-MER e BAR e il tipo di supporto. Sono stati selezionati 116 articoli tra marzo e luglio 2020 e aprile 2024. D-MER e BAR

sono associati a una gamma di emozioni negative che hanno un impatto sull'allattamento. La consapevolezza di D-MER e BAR è limitata; quindi comprendere meglio il fenomeno è importante per aiutare le donne a raggiungere i propri obiettivi personali di allattamento. Questa revisione ha identificato un'ampia gamma di letteratura che descrive la natura degli episodi di D-MER e BAR, le cause suggerite per entrambi i fenomeni, l'impatto di D-MER e BAR sulla vita delle donne, le strategie che le donne usano per far fronte e i possibili tassi di prevalenza. Molti operatori sanitari non sono a conoscenza di D-MER e BAR, e quindi il supporto fornito potrebbe essere inappropriato o inadeguato. Molto rimane sconosciuto su D-MER e BAR e sono indicate ulteriori ricerche.
° Middleton, C. et al. Negative emotional experiences of breastfeeding and the milk ejection reflex: a scoping review. Int Breastfeed J 20, 13 (2025)
14. Il peso globale delle malattie diarroiche infantili attribuibili all'allattamento subottimale dal 1990 al 2021: un'analisi esplorativa delle stime dello studio sul peso globale delle malattie
L'allattamento protegge dalla diarrea e dalle infezioni respiratorie, è associato a prestazioni cognitive più elevate nei bambini e negli adolescenti e può avere un effetto protettivo contro il sovrappeso e il diabete. La ricerca ha dimostrato che i polisaccaridi presenti nel latte materno fanno parte del meccanismo immunitario naturale e sono responsabili della protezione del latte materno dei neonati allattati contro le malattie diarroiche e al tempo stesso l'allattamento, riducendo l'esposizione a liquidi e alimenti contaminati, contribuisce anche a garantire un'alimentazione adeguata e, quindi, un'immunità non specifica. Inoltre, l'allattamento è l'intervento più conveniente per proteggere i bambini dalla diarrea e da tutte le cause di morte. In tutto il mondo, le malattie diarroiche sono la principale causa di morte nei bambini di età pari o inferiore a cinque anni. Nonostante il calo della mortalità negli ultimi anni, la diarrea rimane una delle principali cause prevenibili di mortalità infantile. Oltre a contribuire ad alti tassi di mortalità, la diarrea ricorrente o persistente ha gravi effetti a lungo termine sulla crescita, sulla nutrizione e sullo sviluppo cognitivo. Negli ultimi anni, diversi studi si sono concentrati sul peso della malattia diarroica infantile dovuta a un allattamento inappropriato utilizzando il database Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study (GBD). Tuttavia, sono stati limitati al livello nazionale. Uno studio ha dimostrato che più della metà (56.5%) dei decessi per diarrea neonatale tardiva in Nigeria può essere attribuita a cattive pratiche di allattamento. Questo studio mira a valutare in modo completo il peso globale, regionale e nazionale delle malattie diarroiche infantili attribuibili all'allattamento subottimale in 204 paesi dal 1990 al 2021. Per allattamento subottimale si intende l'allattamento non esclusivo (bambini allattati non esclusivamente al seno se di età inferiore a 6 mesi) e l'allattamento interrotto (bambini che interrompono l'allattamento tra 6 e 23 mesi). Questo studio ha utilizzato i dati del Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study (GBD) 2021 per stimare i decessi, gli anni di vita aggiustati per disabilità (DALY), il tasso di mortalità standardizzato per età (ASMR) e il tasso di DALY standardizzato per età (ASDR) delle malattie diarroiche infantili attribuibili all'allattamento subottimale. Ed è stata calcolata la variazione percentuale annua media
(AAPC) dal 1990 al 2021 per determinare le tendenze a lungo termine. Inoltre, sono state condotte analisi di frontiera per valutare l'efficienza di diversi paesi nel ridurre il carico di malattia in relazione ai loro livelli di indice socio-demografico (SDI). Tra il 1990 e il 2021, il numero di decessi e DALY, così come ASMR (AAPC: -5.40) e ASDR (AAPC: -5.38), sono diminuiti di circa l'80%. Tuttavia, persistono significative disparità tra le regioni. Le regioni con basso SDI, in particolare nell'Africa subsahariana occidentale, hanno continuato a sopportare il carico di malattia più elevato. A livello di paesi o territori, Nigeria, India e Ciad hanno registrato il numero più elevato di decessi e DALY, mentre Ciad, Sudan del Sud e Lesotho hanno mostrato i valori più elevati di ASMR e ASDR. Sono stati osservati modelli simili per l'allattamento non esclusivo e interrotto, con il peso maggiore concentrato in contesti con risorse limitate. Mentre il peso globale delle malattie diarroiche infantili attribuibili all'allattamento al seno non ottimale è diminuito significativamente negli ultimi tre decenni, il peso di questa patologia rimane sproporzionatamente alto nelle regioni meno sviluppate. Questi risultati sottolineano l'urgente necessità di politiche e interventi di sanità pubblica mirati per promuovere l'allattamento esclusivo e continuato, soprattutto nelle regioni ad alto carico, per ridurre ulteriormente la morbilità e la mortalità infantile prevenibili.
° Wang, S. et al. The global burden of childhood diarrheal diseases attributable to suboptimal breastfeeding from 1990 to 2021: an exploratory analysis of estimates from the global burden of disease study. Int Breastfeed J 20, 19 (2025)
15. L'allattamento non esclusivo è associato a polmonite e asma nei bambini sotto i cinque anni: una revisione generale di revisioni sistematiche e metaanalisi Questa revisione mira a consolidare le attuali prove sul legame tra allattamento non esclusivo e rischio di polmonite e asma nei bambini sotto i cinque anni. La polmonite e l'asma infantili continuano a essere le principali cause di mortalità e morbilità tra i bambini sotto i cinque anni in tutto il mondo. Uno degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) è quello di ridurre la mortalità nei bambini sotto i cinque anni, obiettivo raggiungibile migliorando la nutrizione infantile e prevenendo le malattie. Diverse revisioni suggeriscono che l'allattamento esclusivo può aiutare a prevenire le malattie respiratorie, tra cui polmonite e asma/respiro sibilante, sebbene l'esatta portata di questo effetto protettivo non sia pienamente dimostrata in letteratura. L'allattamento è collegato a un minor rischio di problemi respiratori attraverso diversi meccanismi fisiologici. In primo luogo, il latte materno contiene componenti bioattivi come immunoglobuline (IgA), lattoferrina e lisozima, che rafforzano le difese immunitarie del neonato e riducono il rischio di infezioni, come polmonite e bronchite, che possono portare a problemi respiratori cronici. In secondo luogo, l'allattamento promuove lo sviluppo del sistema respiratorio del neonato, supportando una crescita e una funzionalità polmonare ottimali, che possono migliorare la capacità polmonare. In terzo luogo, le proprietà antinfiammatorie del latte materno aiutano a ridurre l’infiammazione delle vie aeree, un fattore chiave nelle condizioni respiratorie. Infine, l’ allattamento esclusivo supporta lo sviluppo del microbioma intestinale, che svolge un ruolo cruciale nella funzione immunitaria e offre ulteriore protezione contro le malattie respiratorie. In questa revisione generale è stata condotta una ricerca completa

su PubMed, Embase, Scopus, Web of Science, Cochrane Database of Systematic Reviews e Google Scholar per identificare studi di revisione sistematica e meta-analisi (SRM) che valutassero l'effetto dell'allattamento esclusivo sulla prevenzione della polmonite e dell'asma infantili a livello globale. Questa revisione generale ha valutato l'effetto dell'allattamento non esclusivo sul rischio di malattie respiratorie, in particolare polmonite infantile e asma, su scala globale, estraendo dati da dodici SRM, inclusi 270 studi primari con oltre dieci milioni di partecipanti. L'analisi ha rivelato che i bambini che non erano allattati esclusivamente al seno avevano un rischio 2.34 volte maggiore di sviluppare polmonite e un rischio aumentato del 21% di soffrire di asma infantile. Questi risultati sottolineano il ruolo fondamentale dell'allattamento esclusivo nel ridurre il rischio di problemi di salute respiratoria, evidenziando la necessità di politiche e iniziative che promuovano l'allattamento come strategia chiave per migliorare i risultati di salute dei bambini. È importante sottolineare anche che alcuni degli SRM inclusi hanno esaminato l'impatto della durata dell'allattamento sui risultati di salute dei bambini, evidenziando che durate più lunghe dell'allattamento sono associate a un rischio significativamente ridotto di problemi respiratori, come asma e polmonite. Alcuni studi hanno indicato che sia l'allattamento esclusivo che quello non esclusivo forniscono una protezione più sostanziale contro i problemi di salute respiratoria rispetto al mancato allattamento, evidenziando i vantaggi per la salute di qualsiasi forma di allattamento rispetto al non allattamento. Ciò sottolinea l'importanza di promuovere l'allattamento in tutte le sue forme come strategia chiave di sanità pubblica per ridurre il peso delle malattie respiratorie infantili.
° Abate, B.B. et al. Non-exclusive breastfeeding is associated with pneumonia and asthma in under-five children: an umbrella review of systematic review and meta-analysis. Int Breastfeed J 20, 18 (2025)
Prematurità
1. I costi operativi di una banca del latte umano in Gran Bretagna
Come raccomandato dall’ OMS, l’ alimento di prima scelta per l’alimentazione dei prematuri, in mancanza del latte della madre, dovrebbe essere il latte materno donato. Stanno perciò aumentando in tutto il mondo le banche del latte materno. Ma quanto costa gestire una banca dopo averla creata? Questo studio ha cercato di rispondere a questa domanda inviando un dettagliato questionario alle 14 banche del latte materno britanniche. I dati sono stati raccolti tra aprile 2021 e marzo 2022, coprendo quattro aree: personale (salari, assicurazioni, pensioni, etc.), attrezzature (costo d’acquisto diviso per anni di vita utile, attualizzato di un 3.5% l’ anno), screening del latte donato e altri costi. Per le 10 banche con dati completi, il costo medio per il personale era di circa 160.000 sterline l’ anno, con un range tra 25.000 e 45.000 a seconda delle dimensioni di ogni banca. Bisogna tenere presente che le banche più grandi hanno in media personale più qualificato e quindi salari più alti. Per l’ attrezzatura, il costo medio era di circa 20.000 sterline l’ anno (tra 2.500 e 51.000), per lo screening circa 18.000 (1.000-38.000), mentre la media per altre spese era di quasi 24.000 sterline l’ anno (650-110.000). Il costo totale si aggira quindi sulle 200.000 sterline l’ anno (28.000-676.000), per
fornire tra 205 e 3.495 litri di latte materno. Il costo medio per litro di latte materno è stato di 173.49 sterline (95.94-274.88). Si tratta di un costo al litro (peraltro probabilmente sottostimato) più alto del prezzo di vendita (nei casi in cui sia previsto un pagamento) e molto più alto dei 100 dollari al litro previsti dal Mother’s Milk Tool, lo strumento che permette di stimare il valore del latte umano prodotto da una donna o da una popolazione.
° Mistry H et al. Cost of operating a human milk bank in the UK: a microcosting analysis. Arch Dis Child Fetal Neonatal Ed 2025;110:F133–F137
2. Latte materno e displasia broncopolmonare: un effetto dose-dipendente
Il latte materno (HM) è riconosciuto come un potenziale fattore protettivo contro la displasia broncopolmonare (BPD) nei neonati pretermine, ma il volume specifico necessario per ottenere un effetto protettivo nell’ alimentazione mista non è ancora chiaro. Questo studio di coorte retrospettivo ha analizzato l'associazione tra il volume di HM e il rischio di BPD nei neonati con peso alla nascita molto basso (VLBW), utilizzando analisi dose-dipendenti, regressioni logistiche univariate e multivariate e analisi di sensibilità. L’ analisi ha coinvolto 339 neonati VLBW, suddivisi in tre gruppi: alto volume di HM (≥1.190 mL nelle prime quattro settimane), basso volume di HM (<1.190 mL) e alimentazione esclusiva con formula. L’incidenza di BPD è stata significativamente più bassa nel gruppo con alto HM (4.7%) rispetto al gruppo con basso HM (27.0%) e al gruppo alimentato con formula esclusiva (9.1%). Le analisi di regressione hanno confermato un rischio maggiore di BPD nel gruppo a basso HM rispetto a quello alimentato solo con formula. I risultati suggeriscono che un elevato volume di HM (≥1.190 mL) può ridurre il rischio di BPD nei neonati VLBW. Inaspettatamente, l’alimentazione con bassi volumi di HM è risultata associata a un rischio di BPD maggiore rispetto alla formula esclusiva. Questo studio evidenzia l'importanza di considerare la quantità di HM nelle strategie nutrizionali per i neonati pretermine e potrebbe avere implicazioni per la pratica clinica e le politiche sanitarie, promuovendo una gestione più attenta dell’ allattamento materno nei reparti di terapia intensiva neonatale.
° Jiaming Yang et al. Human milk and bronchopulmonary dysplasia have a dose-dependent effect: a ohort study. BMJ Paediatrics Open 2025;9:e002727; doi.org/10.1136/bmjpo-2024-002931
3. Effetto dell'avvio precoce dell'alimentazione enterale completa con latte materno esclusivo nei neonati pretermine: uno studio di coorte retrospettivo Il latte materno, in particolare quello della propria madre (MOM), è ampiamente raccomandato per i neonati pretermine per i suoi numerosi benefici. Tuttavia, nelle unità di terapia intensiva neonatale (NICU), il raggiungimento dell'alimentazione enterale completa (FEF) con MOM esclusivo può essere ostacolato da fattori come l'età gestazionale e il peso alla nascita. Questo studio di coorte retrospettivo ha analizzato l'effetto dell'avvio precoce del FEF con MOM esclusivo sui tassi di alimentazione e sugli esiti nutrizionali neonatali alla dimissione. Lo studio ha coinvolto 160 neonati pretermine nati tra le 27 e le 33+6 settimane di età gestazionale e ricoverati in una NICU di terzo livello nel

Sud dell’India tra il 2019 e il 2022. Il 65% dei neonati (104 su 160) ha raggiunto il FEF con MOM esclusivo. I risultati mostrano che il tasso di alimentazione esclusiva con MOM alla dimissione era significativamente più alto tra i neonati che avevano raggiunto il FEF con MOM esclusivo (91.3% vs 62.5%). Inoltre, questi neonati avevano una probabilità cinque volte maggiore di continuare con MOM esclusivo alla dimissione (aOR: 5.37). L’ analisi ha evidenziato che la disponibilità di MOM entro le prime 48 ore di vita era un fattore chiave per il successo dell’ alimentazione enterale completa con MOM esclusivo (OR aggiustato: 6.12). Il tempo medio per raggiungere l'alimentazione esclusiva con MOM era di 6 giorni nel gruppo esposto, rispetto ai 12 giorni nel gruppo non esposto. Non sono state riscontrate differenze significative nella crescita neonatale e nelle complicanze tra i gruppi. Questi risultati sottolineano l'importanza di politiche sanitarie che promuovano l’ avvio precoce dell’alimentazione con MOM nelle NICU, con un supporto adeguato alla produzione di latte materno e l’ allattamento. Lo studio fornisce spunti per future ricerche sugli effetti a lungo termine dell’ alimentazione precoce con MOM esclusivo nei neonati pretermine.
° Urmila Umasekar et al. Effect of early establishment of full enteral feeding with exclusive mother’s own milk in preterm babies: a retrospective cohort study. BMJ Paediatrics Open 2025;9:e002931; doi.org/10.1136/ bmjpo-2024-002727
Integratori
1. Gli integratori alimentari complementari colmano le lacune energetiche e proteiche tra i bambini con inadeguatezza alimentare in una prova di alimentazione complementare nelle zone rurali del Bangladesh
Lo studio esplora l'efficacia dei Complementary Food Supplements (CFS) nel colmare le lacune di energia e proteine nei bambini che vivono in contesti rurali del Bangladesh, dove l'inadeguatezza dietetica è comune. Durante il periodo di alimentazione complementare (tra i 6 e i 18 mesi di età), i bambini iniziano a ridurre l'assunzione di latte materno e hanno un aumento del fabbisogno energetico e nutrizionale che può essere difficile da soddisfare in ambienti a risorse limitate. Il trial ha coinvolto bambini che ricevevano integratori alimentari giornalieri a base di lipidi (LNS) in diverse quantità. I risultati hanno dimostrato che i CFS hanno contribuito in modo significativo a colmare le lacune nei nutrienti essenziali, inclusi energia, proteine, vitamine e minerali. La somministrazione di LNS ha avuto un impatto positivo sulla crescita dei bambini, riducendo i tassi di decelerazione nella crescita lineare e abbassando la prevalenza di stunting rispetto ai gruppi di controllo. Inoltre, i CFS non hanno sostituito l'alimentazione domestica dei bambini, ma piuttosto l'hanno completata, migliorando significativamente i loro profili nutrizionali senza ridurre l'assunzione di cibi casalinghi. L'approccio ha avuto un impatto positivo anche sulla qualità nutrizionale dell'alimentazione, con miglioramenti nell'assunzione di micronutrienti come ferro, zinco e vitamine. Lo studio ha concluso che i CFS sono una strategia efficace per affrontare l'inadeguatezza dietetica nei bambini in ambienti a basso reddito e suggerisce che politiche nutrizionali che promuovano l'uso di integratori alimentari possono essere cruciali per migliorare la salute e la crescita infantile nelle aree rurali del Bangladesh e in altri paesi a
basso e medio reddito.
° Monica M. Pasqualino et. al. Complementary Food Supplements Fill Energy and Protein Gaps among Children with Dietary Inadequacy in a Complementary Feeding Trial in Rural Bangladesh. J Nutr. 2025, 155, 602-611
2. L'assunzione di vitamina B12 durante la gravidanza è collegata allo sviluppo del linguaggio e al quoziente intellettivo del bambino
La vitamina B12 è essenziale per il normale sviluppo del sistema nervoso e degli organi di senso, essendo coinvolta nei processi di neurogenesi, mielinizzazione e sintesi dei neurotrasmettitori. Per studiare il legame tra assunzione materna prenatale di vitamina B12 e sviluppo linguistico e cognitivo, gli autori hanno utilizzato i dati dalla parte cieca dello studio ELSPAC, studio di coorte nascita longitudinale avviato da OMS per l'Europa nel 1985. I dati sono stati raccolti su 5.151 coppie madre-bambino con parto avvenuto tra 1/3/91 e 30/6/92. I genitori hanno compilato questionari su salute, stile di vita ed alimentazione a 32 settimane di gravidanza, a 6, 18 mesi, a 3, 5, 7,11, 15, 19 anni del figlio. Sono stati utilizzati i dati del periodo neonatale e postnatale ai vari step fino ai 7 anni. L'assunzione giornaliera di vitamina B12 delle gravide è stata valutata a 32 settimane di età gestazionale e calcolata moltiplicando la frequenza di consumo di gruppi di alimenti contenenti B12 per la quantità di vitamina B12 per 100 g/ml o g. All'età di 18 mesi è stato valutato lo sviluppo del linguaggio e della parola, mentre la comprensione è stata valutata a 3, 5, 7 anni, sempre attraverso questionari. All'età di 8 anni è stato misurato il QI con WISC-III su 854 bambini. I figli di madri con più alta assunzione di vitamina B12 hanno ottenuto un punteggio più alto nel linguaggio e nella comprensione a 18 mesi di età. A 8 anni di vita è stata riscontrata una correlazione positiva tra assunzione di vitamina B12 materna e QI verbale. Le limitazioni di questo studio, rilevate dagli autori stessi, sono principalmente legate al fatto che i dati sull'alimentazione e sviluppo sono per lo più autoriportati dalle famiglie (a parte QI a 8 anni) e che non sono stati esaminati campioni biologici dei partecipanti alla coorte.
° Hrezova E et al. Vitamin B12 intake during pregnancy linked to child speech development and intelligence quotient. J of Public Health 2025, 47, 1:34-44
3. L'effetto dell'integrazione prenatale di energia e proteine bilanciate sull'aumento di peso gestazionale: una metanalisi dei dati dei singoli partecipanti nei paesi a basso e medio reddito
Sono stati utilizzati i dati dei singoli partecipanti provenienti da 11 studi randomizzati controllati di integratori BEP prenatali (N = 12.549, con 5.693 nel braccio BEP e 6.856 nel braccio di confronto) in paesi a basso e medio reddito. Gli esiti primari includevano l'adeguatezza del GWG (%) e il GWG totale stimato alla consegna come esiti continui, e gravemente inadeguato (<70% di adeguatezza), GWG inadeguato (<90% di adeguatezza) e GWG eccessivo (>125% di adeguatezza) come esiti binari; tutte le variabili sono state calcolate sulla base delle raccomandazioni dell'Institute of Medicine. Sono stati utilizzati modelli lineari e log-binomiali per stimare le differenze medie o i rapporti di rischio (RR) specifici dello studio, rispettivamente, con intervalli di confidenza (CI) del 95% degli effetti della BEP prenatale sugli

esiti GWG. Le stime specifiche dello studio sono state raggruppate utilizzando meta-analisi. Le analisi dei sottogruppi sono state condotte in base alle caratteristiche individuali. Sono state condotte analisi di sottogruppi e meta-regressione per le caratteristiche a livello di studio. Rispetto al gruppo di confronto, la BEP prenatale ha portato a un aumento del 6% dell'adeguatezza percentuale del GWG (IC 95%: 2,18, 9.56; p = 0.002), un GWG totale stimato maggiore di 0.59 kg alla consegna (IC 95%, 0.12, 1.05; p = 0.014), un rischio inferiore del 10% di GWG gravemente inadeguato (RR: 0.90; IC 95%: 0.83, 0.99; p = 0.025) e un rischio inferiore del 7% di GWG inadeguato (RR: 0.93; IC 95%: 0.89, 0.97; p = 0.001). Gli effetti della BEP prenatale sugli esiti del GWG sono stati più forti negli studi con un approccio mirato, in cui gli integratori di BEP sono stati forniti ai partecipanti nel braccio di intervento in base a criteri specifici come un basso indice di massa corporea o un basso GWG, rispetto agli studi con un approccio non mirato, in cui gli integratori di BEP sono stati forniti a tutti i partecipanti assegnati al braccio di intervento. Gli integratori prenatali di BEP sono efficaci nell'aumentare il GWG e ridurre il rischio di un aumento di peso inadeguato durante la gravidanza. L'integrazione di BEP mirata alle donne in gravidanza con denutrizione può essere un approccio promettente per la somministrazione degli integratori.
° Wang D. et al. The effect of prenatal balanced energy and protein supplementation on gestational weight gain: An individual participant data meta-analysis in low- and middle-income countries. PLoS Med 2025
Obesità
1. La prevalenza di sovrappeso tra i bambini di 4 anni durante e dopo la pandemia di COVID-19 era associata al carico socioeconomico
Lo studio ha valutato la prevalenza di sovrappeso nei bambini svedesi di 4 anni nel 2018, 2020 e 2022, considerando variabili socioeconomiche. Sono stati analizzati dati regionali sull'IMC di 303.843 bambini, pari all'87% dei nati nel 2014, 2016 e 2018, esaminando fattori come Indice di Necessità di Cura (CNI), origine straniera, livello di istruzione, reddito, condizione di genitore single e povertà infantile. Nel 2022, l’11.4% dei bambini risultava in sovrappeso o obeso, in calo rispetto al 13.3% del 2020 (p < 0.001) e simile al livello del 2018. Un basso CNI, un'alta percentuale di bambini di origine straniera, un basso livello di istruzione e reddito, nonché la condizione di genitore single, sono stati associati a una maggiore prevalenza di sovrappeso e obesità in tutte le coorti (p < 0.001). Nelle regioni con elevata povertà infantile, il sovrappeso e l'obesità erano più diffusi sia durante (p = 0.009) che dopo la pandemia (p < 0.001). Dopo l’ aumento osservato durante la pandemia, i livelli sono tornati a quelli pre-pandemia, ma persistono le disuguaglianze sanitarie legate alla vulnerabilità socioeconomica, sottolineando la necessità di strategie di prevenzione mirate.
° Charlotte Nylander et al. The prevalence of overweight among 4-year-olds during and after the COVID-19 pandemic was associated with socioeconomic burden. Acta Ped
2. Il ruolo del timing del pasto nelle risposte appetitive all'esercizio acuto negli adolescenti con e senza obesità: una revisione sistematica e metanalisi Questa revisione sistematica e metanalisi esplora il ruolo del momento del pasto successivo all'esercizio acuto nelle risposte appetitive di adolescenti, sia con sovrappeso/obesità che senza. L'analisi include 28 studi controllati, con un totale di 575 partecipanti (età media di 13 anni), di cui 297 con sovrappeso/obesità. I dati sono stati analizzati utilizzando regressioni metanalitiche a effetti casuali e spline per esaminare le relazioni tra l'intervallo di tempo tra esercizio e pasto e l'assunzione di energia. I risultati principali mostrano che il momento del pasto non ha avuto un impatto significativo sul consumo di energia complessivo. Tuttavia, l'intervallo tra esercizio e pasto ha mostrato un effetto significativo sui partecipanti magri, riducendo l'assunzione energetica quando il pasto era consumato più vicino all'esercizio, mentre non c'era alcun effetto nei partecipanti con sovrappeso/obesità. Le caratteristiche dell'esercizio (intensità, durata e metodo) non hanno influenzato questa relazione. In conclusione, i risultati suggeriscono che il timing del pasto può avere un impatto diverso in base allo stato ponderale, e che le raccomandazioni su quando consumare un pasto dopo l'esercizio potrebbero essere più efficaci se personalizzate in base al fenotipo dell'individuo. L'analisi evidenzia la necessità di ulteriori ricerche per comprendere meglio i meccanismi alla base di queste risposte e per ottimizzare le linee guida dietetiche e di attività fisica.
° Halim Moore et. al. The Role of Meal Timing in Appetitive Responses to Acute Exercise in Adolescents with and without Obesity: A Systematic Review and Meta-Analysis. J Nutr 155, 719-728
3. Obesità genitoriale e rischio di morte improvvisa nel lattante
Obiettivo di questo studio è chiarire il possibile ruolo nell'asfissia/soffocamento accidentale avvenuta in neonati in situazioni di sonno condiviso. Poiché è stato recentemente dimostrato che esiste un'associazione tra obesità materna e morte improvvisa del lattante (SUID), è stato calcolato un indice dividendo l'indice di massa corporea (BMI) dei genitori per la superficie di sonno condivisa. L’ indice risulta molto più alto per un individuo obeso su un'area di sonno ristretta come un divano (50), rispetto a un adulto magro su un materasso matrimoniale (5). L'indice può essere un modo per semi-quantificare situazioni di sonno condiviso ad alto e basso rischio.
° Roger W. Byard Parental obesity and the risk of sudden unexpected infant death. Acta PaediatricaVolume 114, Issue 3 p. 644-647; doi: 10.1001/jamapediatrics.2024.2455
4. L’ obesità e le politiche nazionali: Giappone e USA a confronto
L'obesità infantile è una sfida sempre più difficile per la salute pubblica, caratterizzata da significative disparità nella prevalenza e nella gestione politica tra i diversi paesi. Il Giappone e gli Stati Uniti offrono approcci contrastanti nell’affrontare questo problema, presentando un'opportunità preziosa per un'analisi comparativa. Questa revisione esamina l'efficacia delle politiche di salute pubblica, delle abitudini alimentari locali e dei fattori legati allo stile di vita nella lotta contro l'obesità infantile in Giap-

pone e negli Stati Uniti, mirando ad identificare spunti praticabili per mettere in atto strategie globali di prevenzione dell'obesità. Il Giappone presenta uno dei tassi di obesità infantile più bassi a livello globale, condizione attribuibile a politiche incentrate sulla prevenzione (vedi il programma di educazione alimentare, applicato anche nelle mense scolastiche) e pratiche alimentari sane profondamente radicate nella cultura. Questi sforzi sono accompagnati dalla promozione di uno stile di vita attivo attraverso la pianificazione urbana e programmi di educazione fisica nelle scuole. Al contrario, gli Stati Uniti presentano tassi di obesità più elevati a causa delle disparità socio-economiche presenti nella popolazione, uso comune di cibi processati, stili di vita sedentari e attuazione inconsistente dei programmi federali. Questa revisione mette in evidenza il successo del Giappone nell'allineare le iniziative di salute pubblica con le norme culturali per ottenere risultati sostenibili. Negli Stati Uniti, le barriere sistemiche e la disomogeneità culturale ostacolano gli sforzi di prevenzione dell'obesità. Le raccomandazioni includono l'adozione di politiche integrate e incentrate sulla prevenzione, l'affrontare le disuguaglianze socioeconomiche, la riprogettazione degli ambienti urbani per promuovere uno stile di vita più attivo e la promozione della collaborazione e dell’interazione globale. Questa analisi comparativa sottolinea l'importanza di strategie multidimensionali e culturalmente adeguate per affrontare l'obesità infantile e migliorare i risultati di salute pubblica a livello mondiale.
° Oudat Q et al. A Multi-Level Approach to Childhood Obesity Prevention and Management: Lessons from Japan and the United States. Nutrients. 2025 Feb 28;17(5):838. doi: 10.3390/nu17050838. PMID: 40077708; PMCID: PMC11902064
5. L'effetto del trattamento dell'obesità pediatrica sulla salute a lungo termine e nei giovani adulti Il trattamento dell’ obesità infantile comprende due obiettivi fondamentali: ridurre il peso e le comorbidità in età pediatrica e prevenire l’obesità e le malattie correlate in età adulta. Sebbene sia ormai chiaro che la diminuzione dell’obesità nei bambini migliori gli esiti cardiometabolici a breve termine, non esistono evidenze che il trattamento in età giovanile modifichi il decorso delle patologie cardiometaboliche fino alla giovane età adulta. In particolare, la ricerca di Putri et al. ha seguito 6.713 giovani svedesi (di età compresa tra 6 e 17 anni) confrontandoli con un gruppo di controllo. I partecipanti sono stati classificati in quattro categorie di risposta al trattamento: risposta scarsa, intermedia, buona e remissione dell’ obesità. Una “buona risposta” è definita da una riduzione del BMI SDS pari o superiore a –0.25; “intermedia” tra −0.24 e 0.24 BMI SDS, “scarsa” quando BMI SDS è >0.25, mentre la “remissione” segue i criteri stabiliti dall’Interagency Obesity Task Force. I risultati mostrano che, rispetto alla risposta scarsa, anche le categorie di risposta intermedia, buona e remissione sono associate a una riduzione del rischio di diabete di tipo 2, ipertensione, dislipidemia, necessità di interventi di chirurgia bariatrica e mortalità tra i 18 e i 30 anni. Il trattamento ha richiesto una durata mediana di circa 3.3 anni per raggiungere buoni risultati, con un tasso di successo complessivo intorno al 38.3%. Inoltre, i bambini (6–12 anni) hanno ottenuto risultati migliori rispetto agli adolescenti, sottolineando l’importanza di interventi precoci. Infine, il cambiamento relativo del peso non ha influito sui sintomi di ansia e depressione, evidenziando la necessità di strategie specifiche per la salute mentale.
° Epstein LH et al. Pediatric Obesity Treatment Improves Young Adult Health. JAMA Pediatr.2025;179(3):238–240. doi:10.1001/ jamapediatrics.2024.5559
° Putri RR et al. Effect of Pediatric Obesity Treatment on LongTerm Health. JAMA Pediatr. 2025;179(3):302–309. doi:10.1001/ jamapediatrics.2024.5552
6. Impatto degli interventi lineari di miglioramento della crescita sulla sovranutrizione infantile a 24 mesi: uno studio randomizzato controllato La malnutrizione infantile, sia in forma di sottopeso che di sovrappeso, rappresenta un importante problema sanitario in molti paesi a basso e medio reddito. Gli sforzi atti a ridurre la condizione di scarsa crescita ponderale attuati potrebbero alla lunga anche portare ad obesità. Altri studi hanno riportato l'impatto positivo di un pacchetto di interventi pre-concepimento, durante la gravidanza e in epoca post-natale e/o nella prima infanzia (stato di salute, approccio nutrizionale, supporto psicosociale, accesso ad acqua potabile), sulla riduzione dello stato di “stunting” nelle popolazioni a basso e medio reddito, rispetto alla cura di routine. Tuttavia, l'impatto di questi interventi sulla composizione corporea precoce e sul successivo potenziale sviluppo di sovrappeso non è noto. L'obiettivo di questo studio è stimare l'effetto di un pacchetto di interventi volto a prevenire lo stunting nei primi 1000 giorni di vita sulla composizione corporea a 1 mese e sul rischio di sovrappeso e/o obesità infantile a 24 mesi di età. I bambini nel gruppo di intervento hanno mostrato punteggi dell'indice di massa corporea più elevati rispetto a quelli nel gruppo di assistenza standard. Tuttavia, la prevalenza di sovrappeso e/o obesità non risultava significativamente aumentata. Gli interventi in gravidanza hanno aumentato significativamente la massa magra neonatale (differenza media di 0.1 kg, intervallo di confidenza al 95% [IC]: da 0.01 a 0.2 kg), non portando all’osservazione di alcun cambiamento significativo nella massa grassa. In conclusione gli interventi nutrizionali integrati, dal pre-concepimento alla prima infanzia, migliorano la crescita lineare senza causare sovrappeso e/o obesità nei bambini di 24 mesi.
° Manapurath R et al. Impact of linear growth-improving interventions on childhood overnutrition at 24 months: a randomized controlled trial. Am J Clin Nutr. 2025 Mar;121(3):620-628. doi: 10.1016/j.ajcnut.2025.01.019
7. Associazione tra i comportamenti volti alla salute dei caregivers e il sovrappeso/obesità nei bambini di età compresa tra 2 e 6 anni a Pechino: uno studio trasversale Lo studio ha esaminato la correlazione tra i comportamenti legati alla salute dei caregiver e la prevalenza del sovrappeso/obesità nei bambini di 2-6 anni a Pechino, Cina. Si tratta di uno studio trasversale condotto in due asili nido e due centri di servizi sanitari comunitari, coinvolgendo 1967 bambini. I comportamenti dei caregiver (esercizio fisico e dieta) sono stati valutati tramite questionari. I risultati hanno mostrato che una frequenza di esercizio dei caregiver di ≥3 volte a settimana era un fattore protettivo, così come l'incoraggiamento frequente all'attività fisica dei bambini. Al contrario, un consumo di dolci 2-3 volte/settimana o ≥4 volte/settimana e di fast food ≥4 volte/settimana da parte dei caregiver aumentava il rischio di sovrappeso/obesità infantile.

Le abitudini alimentari irregolari dei caregiver erano anch'esse associate positivamente al problema. Non sono state trovate associazioni significative per il consumo di spuntini a tarda notte o la proporzione di carne e verdura nella dieta dei caregiver. Lo studio conclude che i comportamenti volti alla salute dei caregiver sono significativamente associati al sovrappeso/obesità infantile in Cina. Seppure lo studio sia di natura trasversale, quindi non permette di stabilire relazioni causali, sicuramente suggerisce come l’implementazione di misure atte a migliorare i comportamenti dei caregiver possa prevenire e controllare l'obesità infantile.
° Ji W et al. Associations between caregivers' health behaviours and overweight/obesity among children aged 2-6 years in Beijing, China: a cross-sectional study. BMJ Open. 2025 Feb 3;15(2):e086470. doi: 10.1136/bmjopen-2024-086470
Modelli alimentari
1. Assunzione e stato della vitamina D nei bambini e negli adolescenti: confronto tra diete vegetariane, vegane e onnivore Questa mini-review, basata su pubblicazioni selezionate da PubMed, Google Scholar e Scopus (9 studi inclusi, 2000-2023), ha analizzato l’assunzione dietetica di vitamina D, le concentrazioni di 25-idrossivitamina D (25(OH)D) e i parametri antropometrici nei bambini tra 1 e 18 anni con diete vegetariane, vegane e onnivore. Tutte le diete risultano generalmente carenti di vitamina D. Quattro studi hanno riportato un'assunzione inferiore nei bambini vegetariani e vegani rispetto agli onnivori. Tre studi hanno evidenziato concentrazioni più basse di 25(OH)D nei vegetariani e vegani, con differenze più marcate nei vegani rispetto agli onnivori e nei bambini senza integrazione. Inoltre, uno studio ha rilevato livelli inferiori di 25(OH)D nei bambini asiatici rispetto ai caucasici. Tuttavia, tre studi non hanno riscontrato differenze significative tra i gruppi dietetici. Per quanto riguarda la crescita, i bambini vegetariani presentano peso e altezza simili a quelli onnivori. L’integrazione di vitamina D dovrebbe essere considerata in caso di esposizione solare insufficiente, soprattutto per chi segue diete prive di prodotti di origine animale.
° Chandra Sekhar Devulapalli. Vitamin D intake and status in children and adolescents: Comparing vegetarian, vegan, and omnivorous diets. Acta Ped https://doi.org/10.1111/apa.17463
2. Gli stili di alimentazione dei genitori sono un importante fattore che influenza lo sviluppo del bambino Tradizionalmente sono stati classificati 4 stili alimentari, basati sui punti di cut-off che riguardano la responsività e la richiesta da parte del genitore: autorevole, autoritario, disinteressato e indulgente. Lo scopo del presente studio era quello di 1) identificare classi “latenti” di modelli alimentari nei genitori in un campione spagnolo, ricorrendo all’analisi di classi latenti (LCA latent class analysis), 2) esplorare le caratteristiche della classi dei diversi stili alimentari nei genitori, tenendo conto di variabili sociodemografiche e psicologiche e 3) confrontare la classificazione degli stili alimentari genitoriali con metodo di valutazione LCA (analisi di classi latenti), ossia riferita al punto di cut-off
medio che determina livelli alti oppure bassi in ciascuna definizione di stile alimentare. Lo studio era di tipo cross-sezionale su 774 madri e padri di bambini piccoli e volta ad analizzare la responsività o il controllo da parte del genitore per quanto riguarda l’ alimentazione. Dalla valutazione di classi latenti LCA sono emersi 4 differenti modelli, caratterizzati da punteggi di responsività da elevata a moderata e diversi punteggi di controllo, categorizzati in classi “moderatamente autorevoli, autorevoli, moderate ed indulgenti.” Le madri hanno mostrato di appartenere più facilmente alla classe indulgente, mentre alti livelli di stress nei genitori hanno aumentato la probabilità di appartenere alla classificazione “moderata”. La valutazione di classi latenti LCA non ha evidenziato comportamenti di tipo non coinvolto o autoritario. In conclusione, il genere e lo stress si sono mostrati fattori che potrebbero aiutare a spiegare la distribuzione degli stili alimentari nei genitori. Queste variabili dovrebbero perciò essere considerate quando si studiano popolazioni differenti. Inoltre la valutazione di classi latenti LCA dovrebbe essere utilizzata per delineare strategie di intervento maggiormente accurate volte ad aiutare le comuni necessità dei genitori.
° Cassanova-Lozano M. et al. Identifying parental feeding patterns in a Spanish sample of toddlers using a latent class analysis,. Cassanova-Lozano M. et al., Maternal and Child Nutrition. 2025; e 13799
3. Pratiche alimentari riferite dai genitori associate a desiderio osservato nei bambini di provare nuovi alimenti all’asilo nido
Le abitudini alimentari si consolidano presto nella vita, con influenze sull’ appetito, la crescita e la salute dei bambini durante tutta la vita, evidenziando l’importanza di comprendere come le interazioni genitore-bambino in campo alimentare si correlano ai modelli alimentari nei bambini e ai loro parametri di crescita. L’ obiettivo di questo studio randomizzato controllato a cluster era quello di esaminare la reciprocità tra le pratiche alimentari riportate dai genitori e il desiderio di provare nuovi cibi nei centri per l’infanzia in assenza dei genitori, quindi valutando l’indipendenza dall’influenza genitoriale e dal contesto familiare. Il campione comprendeva 436 diadi genitore-bambino reclutate da 51 asili nido in 10 province. Si è utilizzato il Comprehensive Feeding Practices Questionnaire (CFPQ) per valutare le pratiche di alimentazione dei genitori, il desiderio di sperimentare nuovi cibi da parte dei bambini, il loro peso ed altezza, come pure il BMI, con aggiustamenti per potenziali elementi confondenti. Il desiderio di assaggiare nuovi cibi era positivamente associato alle pratiche di restrizione alimentare da parte dei genitori per il controllo del peso del bambino, suggerendo quindi indipendenza dal contesto. Un’ interpretazione basata sul bambino suggerisce la percezione da parte dei genitori di elevata sensibilità agli alimenti dei bambini o preoccupazione circa un eccessivo aumento di peso, mentre l’interpretazione basata sui genitori suggerisce che i bambini mostrano una maggiore propensione ad assaggiare nuovi cibi in risposta al desiderio dei genitori di controllare l’introito di cibo per problemi di peso. Il desiderio di provare nuovi cibi nei bambini è correlato ad altre pratiche alimentari riportate dai genitori. Il BMI era associato positivamente con la restrizione riportata dai genitori per il controllo del peso e della salute nel bambino, mentre era negativamente associato con il “pressare” i bambini e lasciar loro il controllo sull’introito del cibo. Sono necessarie ulteriori ricerche per determinare fattori associati con le

interpretazioni da parte dei genitori e dei bambini e sulle strategie efficaci a promuovere pratiche alimentari responsive da parte dei genitori.
° Behbehani F. et al. Parent-reported feeding practices associated with children’s observed willingness-to-try-new-foods in childcare, Behbehani F. et al., Maternal and Child Nutrition 2025; e 13798
4. Assunzione alimentare, comportamenti alimentari e indicatori di salute tra i giovani Métis nel Manitoba, Canada L'articolo esplora le abitudini alimentari, i comportamenti legati al cibo e gli indicatori di salute tra i giovani Métis nella provincia di Manitoba, in Canada. Lo studio si concentra su un gruppo demografico specifico, i Métis, una delle principali popolazioni indigene del Canada, per esaminare come le loro abitudini alimentari influenzino la salute, in particolare durante l'adolescenza. L'analisi si è concentrata sull'assunzione dietetica dei giovani Métis, cercando di identificare le abitudini alimentari comuni, inclusi i tipi di alimenti consumati e la frequenza dei pasti, così come i fattori che potrebbero influenzare la loro dieta, come le influenze culturali, familiari e socioeconomiche. I ricercatori hanno anche studiato gli indicatori di salute legati alla dieta, come l'obesità, le malattie metaboliche e altre problematiche legate alla nutrizione. I risultati hanno mostrato che molti giovani Métis tendevano a consumare cibi ad alto contenuto calorico e basso valore nutrizionale, il che potrebbe contribuire a una serie di problemi di salute. Le abitudini alimentari osservate, come il consumo di cibi processati e l'assunzione insufficiente di frutta e verdura, sono comuni anche in molte popolazioni non indigene, ma in questo caso sono accentuate da fattori socioeconomici come la difficoltà di accesso a cibi sani e freschi, un problema particolarmente rilevante nelle aree rurali e remote. Inoltre, sono stati osservati segnali di obesità infantile e altre malattie legate alla dieta, che preoccupano soprattutto per le implicazioni a lungo termine sulla salute. Lo studio ha anche messo in evidenza l'importanza di strategie culturali sensibili che potrebbero migliorare l'educazione alimentare tra i giovani Métis, promuovendo cibi tradizionali e pratiche salutari che riflettano le radici culturali della comunità. In conclusione, l'articolo suggerisce che il miglioramento delle abitudini alimentari tra i giovani Métis richiede non solo interventi che affrontino le problematiche legate all'accesso e alla disponibilità di cibo sano, ma anche un'attenzione alle specificità culturali, economiche e sociali di questa popolazione. Il rafforzamento dell'educazione alimentare e l'integrazione delle tradizioni culinarie indigene potrebbero avere un impatto positivo sulla salute a lungo termine dei giovani Métis.
° Chantal Perchotte et al. Chantal Perchotte et al. Dietary intakes, food behaviours and health indicators among Métis youth in Manitoba, Canada. Public Health Nutrition, Volume 28, Issue 1, Febbraio 25
5. Saltare la colazione e il rendimento scolastico tra gli 8 e i 16 anni: uno studio sulla popolazione in South Australia Lo studio ha esaminato la relazione tra saltare la colazione e il rendimento scolastico nei bambini e negli adolescenti di età compresa tra 8 e 16 anni in South Australia. I ricercatori hanno raccolto dati su abitudini alimentari (in particolare se i partecipanti saltavano la colazione) e sui risultati scolastici (valutati tramite i voti scolastici e i test standardizzati). È stata utilizzata una
popolazione di ampio campione per garantire che i risultati fossero rappresentativi e applicabili a una vasta gamma di bambini e adolescenti. I risultati dello studio riportano che i bambini che saltavano la colazione tendevano ad avere un rendimento scolastico inferiore rispetto a quelli che mangiavano regolarmente la colazione. Inoltre saltare la colazione era associato a una ridotta capacità di concentrazione, a problemi di memoria e a bassi livelli di energia, tutti fattori che influenzano negativamente l'apprendimento. I partecipanti che saltavano la colazione avevano anche una dieta meno equilibrata e una minore assunzione di nutrienti essenziali, cruciali per la funzione cognitiva. Gli autori dello studio concludono che saltare la colazione è associato a performance scolastiche inferiori, evidenziando l'importanza di garantire che i bambini e gli adolescenti consumino una colazione equilibrata per supportare il loro successo scolastico e il benessere generale. In sintesi, il consumo regolare di una colazione sana può avere effetti positivi sulle abilità cognitive e scolastiche degli studenti.
° Alanna Sinchovich et. al. Breakfast skipping and academic achievement at 8–16 years: a population study in South Australia. Public Health Nutrition, Volume 28, Issue 1, Marzo 25
6. Fattori associati agli stili alimentari responsivi e non responsivi dei caregiver nella Clark County, Nevada Questo studio esplora i fattori che influenzano gli stili alimentari dei genitori, in particolare i modelli alimentari responsivi e non responsivi adottati dai caregiver nei confronti dei bambini nella Clark County, in Nevada. Il concetto di feeding responsivo si riferisce a un approccio in cui i genitori rispondono in modo attento ai segnali di fame e sazietà del bambino, promuovendo un’ alimentazione sana e equilibrata, mentre lo stile non responsivo si manifesta quando i genitori non rispondono adeguatamente ai segnali del bambino o adottano pratiche alimentari coercitive, come costringere il bambino a mangiare o ignorare i suoi segnali di fame. Lo studio ha analizzato vari fattori che potrebbero influenzare questi stili alimentari, inclusi caratteristiche socioeconomiche, livelli di istruzione dei genitori, abitudini culturali e esperienze pregresse legate all’ alimentazione. I risultati hanno mostrato che i genitori con un livello di istruzione più elevato tendono ad adottare stili alimentari più responsivi, rispondendo meglio ai segnali del bambino e promuovendo scelte alimentari più sane. Al contrario, i genitori con livelli di istruzione inferiori o con minori risorse economiche erano più inclini ad adottare pratiche alimentari non responsive, come forzare il bambino a mangiare o seguire abitudini alimentari meno salutari. Lo studio ha anche sottolineato l' importanza di fattori culturali nella definizione degli stili alimentari, con alcune famiglie che hanno radici culturali che influenzano come vedono e praticano l’ alimentazione dei bambini. Ad esempio, alcune pratiche tradizionali o convinzioni culturali possono favorire uno stile alimentare più autoritario, in cui il bambino è costretto a mangiare, anche se non ha fame. Inoltre, l'analisi ha mostrato che i fattori psicologici, come lo stress dei genitori, possono avere un impatto significativo sullo stile alimentare. I genitori che affrontano alti livelli di stress o che vivono in condizioni socioeconomiche difficili tendono a non rispondere in modo adeguato ai segnali dei bambini, spesso a causa della frustrazione o della mancanza di tempo e risorse. In sintesi, l'articolo evidenzia come diversi fattori socioeconomici, educativi, psicologici e culturali

influenzino le pratiche alimentari dei genitori e, di conseguenza, lo sviluppo alimentare dei bambini. Promuovere stili alimentari più responsivi, soprattutto attraverso programmi educativi che affrontano le difficoltà socioeconomiche e psicologiche, potrebbe migliorare la salute e il benessere alimentare dei bambini nella comunità di Clark County.
° Castelo Saragosa A et al. Factors associated with caregiver responsive and non-responsive feeding styles in Clark County, Nevada. Public Health Nutr 2025; DOI 10.1017/S1368980025000096
7. Baby-Led Weaning o alimentazione complementare di tipo tradizionale: quali differenze nelle abitudini alimentari in bambini di età compresa tra 6-36 mesi: uno studio trasversale Questo studio polacco ha confrontato l’ alimentazione complementare tramite Baby-Led Weaning (BLW) con i metodi tradizionali (NoBLW) in bambini di età compresa tra 6 e 36 mesi. La ricerca, condotta tramite un questionario online somministrato a 1.017 madri, ha evidenziato che i bambini alimentati con il metodo BLW erano più spesso allattati esclusivamente al seno e hanno iniziato l’ alimentazione complementare in un momento più tardivo. Sono emerse differenze significative nell’ introduzione degli alimenti: i bambini BLW hanno avuto un’ esposizione più frequente a consistenze diverse e l’introduzione di verdure, frutta, glutine e cereali è avvenuta più frequentemente tra i 6 e i 12 mesi. L’uso di pappe e omogeneizzati con pezzi si è rivelato meno comune nel gruppo BLW. Tra gli eventi avversi, lo sputare il cibo e il riflesso faringeo sono risultati più frequenti nel gruppo BLW, mentre i casi di soffocamento che hanno richiesto intervento medico sono stati rari in entrambi i gruppi. Tuttavia, il metodo BLW ha favorito l’autonomia del bambino nella scelta di cosa e quanto mangiare. Non sono state riscontrate differenze significative nel peso corporeo tra i due gruppi, né sullo sviluppo di sovrappeso e obesità. Lo studio sottolinea l’importanza di un’ adeguata educazione dei genitori sulla sicurezza e sulle scelte alimentari appropriate nell’ ambito del BLW. Il metodo BLW sembra sostenere lo sviluppo motorio e promuovere abitudini alimentari sane, pur richiedendo una supervisione attenta dei caregivers. Inoltre, lo studio suggerisce che il BLW possa contribuire maggiormente all’abitudine ad una maggiore diversità dietetica.
° Agnieszka Białek-Dratwa et al. Baby-Led Weaning vs. Traditional Complementary Feeding-Differences in Feeding Practices Among Polish Children Aged 6-36 Months-A Cross-Sectional StudyNutrients 2025, 17(5), 899; DOI: 10.3390/nu17050899
8. Mangiare tardi e il digiuno abbreviato sono associati a un maggiore consumo di cibo ultra-processato in tutte le fasce d'età: uno studio basato sulla popolazione I modelli alimentari globali sono sempre più guidati da cibi ultra-processati, opzioni economiche, altamente appetibili e pronte al consumo. Questo studio ha valutato l'associazione tra i modelli alimentari in termini di orari di consumo e l’assunzione di cibi non processati/minimamente processati e ultra-processati in diverse fasi della vita. Sono stati stimati i terzili orari della prima e dell'ultima assunzione di alimenti (classificati in base alla classificazione Nova), del punto medio di alimentazione, del punto medio calorico e del digiuno notturno (variabili indipendenti) in
un campione rappresentativo di individui stratificati per fascia d'età: adolescenti (10–19 anni, n = 8.469), adulti (20–59 anni, n = 29.332) e individui più anziani (≥ 60 anni, n = 8.322) in Brasile, sulla base di due richiami alimentari di 24 ore condotti a livello nazionale (Brazilian Household Budget Survey, POF, 20172018; n = 46.164). Riguardo l’orario di assunzione del primo e dell’ultimo pasto, l’ultimo terzile era positivamente associato al consumo di alimenti ultra-processati, così come quello del punto medio calorico e del punto medio del pasto (β = 3.69, 95%CI = 3.04, 4.34; β = 1.89, 95%CI = 1.32, 2.47; β = 5.20, 95%CI = 4.60, 5.81; β = 3.10, 95%CI = 2.49, 3,.71, rispettivamente), mentre gli stessi presentavano una correlazione negativa con il consumo di alimenti non processati o minimamente processati (β = -2.79, 95%CI = -3.37; -2.22; β=-1.65, 95%CI=-2.24, -1.05; β=3.94, 95%CI=-4.44, -3.44; β=- 2.35, 95%CI=-2.93, -1.78, rispettivamente) ed una associazione inversa con il digiuno notturno (β=-1.74, 95%CI=-2.28, -1.22 e β = 1.52, 95%CI = 0.98, 2.06 per alimenti ultra-processati e non processati/minimamente processatiati, rispettivamente). Queste associazioni erano coerenti in tutte le fasce d'età. I modelli di crononutrizione caratterizzati da tempi di assunzione tardivi e digiuno notturno accorciato sono stati associati ad un maggiore consumo di alimenti ultra-processati e ad un consumo minore di alimenti non processati/minimamente processati in tutte le fasce d'età.
° Crispim A. et al. Late eating and shortened fasting are associated with higher ultra-processed food intake across all age groups: a population-based study. Eur J Nutr 64, 134 (2025)
Marketing
1. Etichette della formula in Gran Bretagna e rispetto del Codice Internazionale
Per quanto riguarda le etichette delle formule infantili, in Gran Bretagna c’ è una legge molto simile a quella italiana, eredità di quando il paese faceva parte dell’Unione Europea e non modificata dopo la Brexit. Gli autori di questo studio hanno verificato se le etichette corrispondevano a quanto prescritto dalla legge, ma hanno modificato la checklist sviluppata a questo scopo per verificare anche la compliance con il Codice Internazionale e con le linee guida del Ministero della Salute, ambedue senza valore di legge. La verifica ha avuto luogo tra luglio e agosto del 2022 usando le etichette di 5 prodotti (32 di formula 1 e 25 di formula 2) fotografate in negozi e sui siti internet delle ditte produttrici. Nel complesso, le etichette rispettavano la legge al 50%, il Codice Internazionale al 40% e le linee guida ministeriali al 32%. Notare che Codice e linee guida ministeriali sono più rigorosi della legge, per cui non stupisce la minore compliance. Andando nei dettagli, nessuna etichetta obbediva al criterio di evitare testi e/o immagini idealizzanti l’alimentazione con formula, la proibizione di usare affermazioni di salute e nutrizione, e la raccomandazione di differenziare le etichette per formule indicate a diverse età. In conclusione, secondo gli autori, per evitare che il marketing abbia il sopravvento e proteggere efficacemente l’ allattamento, ci vogliono leggi più rigorose, controlli adeguati e sanzioni severe. In un editoriale sullo studio di cui sopra, gli autori prendono atto dei risultati, considerano la situazione britannica vergognosa, la mettono in relazione con il fatto che i tassi

di allattamento in Gran Bretagna sono tra i peggiori d’Europa, lamentano il fatto che i costi elevati dei prodotti sfavoriscono le famiglie a reddito più basso (che sono anche quelle che allattano meno), si appellano al governo perché emani leggi più severe e riduca i prezzi, e si chiedono fino a quando i profitti avranno la priorità sulla salute pubblica.
° Kamata M et al. Formula labelling in the United Kingdom: manufacturers' compliance with the Code, UK law and Guidance Notes. Matern Child Nutr 2025;e13794
° Sibson V et al. Prioritising profits over public health? Why UK commercial milk formula marketing regulations need to be strengthened and enforced, not weakened. Matern Child Nutr 2025;e70002
2. Gran Bretagna: McDonald’s vince le cause con i comuni che rifiutano l’ apertura di nuovi punti vendita
In questo articolo di giornalismo investigativo, il BMJ ha identificato, da gennaio 2020, 15 casi in cui McDonald’s si è opposta alle autorità locali che vietavano l’insediamento di nuovi fast food a meno di 400 m dalle scuole o in aree con un'alta prevalenza di obesità. Questo è previsto nei piani regolatori da 15 anni e dal dicembre 2024 le autorità locali hanno ottenuto maggior potere di vigilanza sul rispetto delle regole. In 5 casi si è riusciti a respingere la richiesta di una nuova filiale, ma in tutti e cinque il gigante della ristorazione ha fatto ricorso con successo, arrivando a convincere i giudici che il fast-food è idoneo a promuovere uno stile di vita sano. Un breve video allegato all’ articolo riassume le contromosse usate da McDonald’ s per convincere le autorità locali in tal senso. Nei menù, si dice, sono incluse opzioni a basso numero di calorie, è presente un’insalata con sole 400 calorie, il ristorante è situato a 800 m dagli edifici scolastici per cui i ragazzi possono accedervi a piedi o in bici, facendo sana attività fisica. Gli orari di apertura sono modulati in modo da non interferire con le attività scolastiche o il rientro serale a casa degli studenti. In più McDonald’ s posiziona quadri di arrampicata sulle pareti esterne per chi volesse bruciare calorie e si impegna a sponsorizzare attività sportive e altri servizi utili per la comunità nel campo dell’ attività fisica. Ricorrendo in appello con questi argomenti, McDonald’s è riuscita a spuntarla in tutti i casi meno uno e per di più ottenendo un orario di apertura H24. McDonald’ s ha dichiarato al BMJ di essere fiero per la sua positiva presenza nella comunità, per il supporto alle attività sportive, per la scelta dei suoi menu, da 30 anni sempre trasparenti negli ingredienti e nelle informazioni nutrizionali. Oggi, ha precisato, il 57% dei cibi offerti non rientra nella categoria non-HFSS (senza eccesso di grassi, zucchero e sale) e il 90% dei menu combinati rimane sotto le 500 calorie. In questi ricorsi, McDonald’ s ha avuto come consulente il medico in un centro privato per l’obesità, in precedenza alle sue dipendenze. Il nutrizionista ha convinto le amministrazioni locali dicendo che l’ obesità ha genesi complessa e multifattoriale, con oltre 100 diversi fattori causali, e che la responsabilità delle scelte alimentari dei figli minorenni è dei genitori. In più di un caso McDonald’ s è arrivata a minacciare le comunità locali con il ricatto dei costi elevati dei ricorsi, da rimborsare in caso di perdita. Ad agosto 2024, McDonald's ha annunciato di voler aprire nei prossimi 4 anni 200 nuovi ristoranti nel Regno Unito e in Irlanda, aumentando così i punti vendita dai 1.300 del 2018 ai 1.700 del 2028. Il portavoce di McDonald's ha dichiarato con orgoglio al BMJ: “Dall'apertura nel 1974 del primo ristorante, in 50
anni abbiamo contribuito all’economia del Regno Unito con 94.5 miliardi di sterline, impieghiamo 170.000 persone, progettiamo altri 24mila posti di lavoro nei prossimi 4 anni con un investimento di oltre 1 miliardo di sterline”.
° Borland D. McDonald’s triumphs over councils’ rejections of new branches-by claiming it promotes “healthier lifestyles”. BMJ 2025;388:r163
Miscellanea
1. L’ allattamento al biberon a ritmo migliora la qualità e i risultati delle interazioni nell’ alimentazione al biberon?
L’ alimentazione responsiva è raccomandata ed avviene quando chi si occupa del bambino utilizza i segnali comportamentali per guidare il timing, il ritmo e la durata dei pasti. La poppata al biberon a ritmo (paced bottle-feeding) è un tipo di approccio studiato per promuovere l’ alimentazione al biberon responsiva, attraverso l’imitazione dei vantaggi comportamentali tipici dell’ allattamento al seno. Questo studio valuta l’ efficacia della poppata al biberon a ritmo rispetto sia alla poppata al biberon tradizionale, sia rispetto all’ allattamento con lo scopo di promuovere un’ alimentazione responsiva e ottenere risultati come segnali di una sana nutrizione, ad es. poppate più lente e minore probabilità di rigurgito.
Metodi: questo studio sperimentale in un unico gruppo ha coinvolto 29 madri e i loro lattanti sani e a termine. I partecipanti sono stati osservati durante tre tipi di poppate: allattamento al seno, allattamento al biberon tradizionale e allattamento al biberon a ritmo. Ciascuna sessione di poppata è stata videoregistrata e classificata utilizzando il “Nursing Child Assessment Caregiver-Child Interaction Feeding Scale”. La misura dei risultati ha incluso la percezione materna dei segnali dei neonati, la chiarezza dei segnali dei neonati, la quantità di introito di latte, la durata della poppata e il ritmo della poppata. Per l’ analisi dei dati sono stati utilizzati modelli lineari misti.
Risultati: la percezione materna dei segnali dei neonati e la chiarezza dei segnali dei neonati sono risultati simili negli allattati al biberon regolato e negli allattati al biberon con metodica tradizionale, ma inferiore rispetto all’allattamento al seno. L’ alimentazione al biberon a ritmo ha portato a una durata significativamente più lunga e a una somministrazione più lenta della poppata rispetto all’ alimentazione al biberon tradizionale, con differenze non significative nell’introito di latte. La chiarezza dei segnali dei neonati ha modificato le modalità di alimentazione agendo sulla responsività materna ai segnali stessi del piccolo; quando i neonati hanno mostrato minor chiarezza dei loro segnali, la responsività materna a questi segnali si è mostrata inferiore negli allattati al biberon in maniera tradizionale rispetto a quelli allattati al biberon a ritmo e rispetto agli allattati al seno. Conclusioni: l’ alimentazione al biberon a ritmo in effetti ha mostrato di diminuire la quantità e di aumentare la durata delle poppate. L’ allattamento al biberon regolata si è inoltre associata a una maggiore responsività materna ai segnali del neonato se paragonata all’ allattamento al biberon tradizionale nel caso in cui i neonati mostrassero minor chiarezza dei segnali. Questi risultati forniscono dati preliminari sulla potenzialità dell’ allattamento al biberon a ritmo nel promuovere un'alimentazione responsiva.

° Ventura A.K. et al. Does paced bottle-feeding improve the quality and outcome of bottle-feeding interactions? Early Human Development 201 (2025). 106181
2. I modelli di acidi grassi degli eritrociti sono associati alla massa muscolare scheletrica nei bambini cinesi
Lo studio esamina la relazione tra i modelli di acidi grassi negli eritrociti (globuli rossi) e la massa muscolare scheletrica nei bambini cinesi. L'associazione tra acidi grassi nel sangue e la salute muscolare è stata esplorata poiché questi nutrienti sono essenziali per il metabolismo e la crescita muscolare. I ricercatori hanno analizzato i campioni di sangue dei bambini per valutare i livelli di acidi grassi e confrontato questi dati con la massa muscolare scheletrica, misurata tramite tecniche di imaging avanzate. I risultati hanno mostrato che determinati acidi grassi, come gli acidi grassi polinsaturi e moninsaturi, sono positivamente associati a una maggiore massa muscolare. In particolare, un profilo di acidi grassi favorevole, con un bilanciamento adeguato tra i vari tipi di grassi, è stato correlato a una massa muscolare scheletrica più alta nei bambini. Questo suggerisce che una dieta ricca di acidi grassi salutari potrebbe supportare lo sviluppo muscolare nei bambini. Lo studio sottolinea l'importanza di una nutrizione adeguata, con particolare attenzione ai tipi di acidi grassi consumati, per promuovere una sana crescita muscolare nei bambini. I ricercatori suggeriscono che l'integrazione di acidi grassi polinsaturi e moninsaturi potrebbe essere utile per migliorare la salute muscolare, ma ulteriori studi sono necessari per confermare questi risultati e approfondire i meccanismi biologici alla base di questa relazione.
° Quinzen Zhou et al. Erythrocyte Fatty Acid Patterns Are Associated with Skeletal Muscle Mass in Chinese Children. J Nutr 2025, 155, 736744
3. Affrontare il diabete in gravidanza: approcci critici per mitigare i rischi e migliorare gli esiti per madre e bambino L’ articolo analizza il problema del diabete in gravidanza, un fenomeno in aumento a livello globale, e le conseguenze negative che questo comporta sia per la madre che per il bambino. Il diabete gestazionale (GDM) può portare a complicanze gravi come macrosomia, parto cesareo, pre-eclampsia e altre patologie materne e neonatali, oltre ad aumentare il rischio per il bambino di sviluppare obesità e diabete di tipo 2 in futuro. Il presente articolo esplora due principali approcci per la gestione del diabete in gravidanza: l’intervento sullo stile di vita e il trattamento farmacologico. Intervento sullo stile di vita: include modifiche alimentari, attività fisica e monitoraggio della glicemia. Studi dimostrano che una gestione precoce tramite dieta equilibrata, esercizio fisico moderato e monitoraggio continuo della glicemia può ridurre significativamente il rischio di complicanze. Tuttavia, esistono ostacoli pratici come la difficoltà di mantenere l’aderenza alle modifiche dello stile di vita, specialmente in gravidanza. L’uso di telemedicina e sistemi di monitoraggio continuo della glicemia può favorire il controllo glicemico e migliorare l’ accesso ai servizi di cura. Trattamento farmacologico: l’insulina rimane il trattamento di prima linea, ma sono stati sviluppati anche farmaci come metformina e gliburide. La metformina, pur essendo efficace nel controllo glicemico e nella riduzione del peso materno, attraversa la placenta, e vi sono ancora dubbi sui
suoi effetti a lungo termine sul bambino. Il gliburide è meno utilizzato a causa di un aumento del rischio di macrosomia e altre complicanze neonatali. Si suggerisce spesso una combinazione di terapia farmacologica e intervento sullo stile di vita per ottenere i migliori risultati. Gli autori concludono ricordando che la gestione ottimale del diabete in gravidanza richiede un approccio combinato, con un’ attenzione particolare alla diagnosi precoce e alla personalizzazione del trattamento. Si sottolinea anche l’importanza di ulteriori ricerche per sviluppare farmaci più sicuri che non attraversino la placenta e migliorare le tecnologie di telemedicina per garantire un monitoraggio più efficace.
° Garvey, Z.P.; et al. Navigating Diabetes in Pregnancy: Critical Approaches to Mitigate Risks and Improve Outcomes for Mother and Child
4. Impatto dei probiotici sui sintomi comportamentali e gastrointestinali nei bambini con disturbo dello spettro autistico: uno studio randomizzato controllato Questo studio randomizzato controllato in singolo cieco contro placebo, si propone di indagare se l'integrazione di probiotici possa migliorare i sintomi comportamentali e gastrointestinali (GI) nei bambini con disturbo dello spettro autistico (ASD) ed eventualmente valutare una possibile correlazione di causalità tra questi 2 aspetti. Dopo la somministrazione per 3 mesi di probiotici o placebo in bambini di età compresa tra 2 e 9 anni, si valutava il cambiamento dei sintomi comportamentali misurati con diverse scale (Social Responsiveness Scale-2 (SRS-2) e Aberrant Behavior Checklist-2 (ABC-2)) e di tipo GI (misurati con il punteggio GI Severity Index (GSI). Un totale di 180 bambini con ASD sono stati arruolati nello studio (gruppo probiotico: 90 e gruppo placebo: 90). Tutti i bambini hanno completato lo studio. Il gruppo probiotico ha mostrato una riduzione significativa della gravità dei sintomi comportamentali misurata dalla scala SRS-2 (47.77% vs 23.33%; p=0.000) rispetto al placebo. I bambini trattati con probiotici hanno dimostrato una riduzione significativa dei sintomi gravi, tra cui ritiro sociale/letargia (40%), comportamento stereotipato (37.77%), iperattività (34.44%) e linguaggio inappropriato (32.22%). Hanno anche avuto notevoli miglioramenti nella stitichezza (p=0.003) e nella diarrea (p=0.043) rispetto al gruppo placebo. Entrambi i gruppi hanno mostrato una correlazione statisticamente significativa tra sintomi comportamentali e GI. Questo studio dimostra come l'integrazione di probiotici può migliorare i sintomi comportamentali e GI nei bambini con ASD senza avere effetti avversi. Tuttavia, questi risultati dovranno essere convalidati su una popolazione più ampia.
° Narula Khanna H et al. Impact of probiotic supplements on behavioural and gastrointestinal symptoms in children with autism spectrum disorder: A randomised controlled trial. BMJ Paediatr Open. 2025 Mar 4;9(1):e003045. doi: 10.1136/bmjpo-2024-003045
5. Il Machine Learning (ML) nella previsione della malnutrizione infantile: una metanalisi dei dati di indagini demografiche e sanitarie
La malnutrizione infantile rimane un punto di notevole preoccupazione della salute pubblica globale. Il programma Demographic and Health Surveys (DHS) fornisce dati specifici sulla salute dei bambini di numerosi paesi. Questa meta-analisi mira

a valutare le applicazioni del ML sui dati DHS per prevedere la malnutrizione nei bambini. È stata condotta nel gennaio 2024 una ricerca completa della letteratura sottoposta a revisione paritetica su PubMed, Embase, e Scopus. Sono stati inclusi studi che utilizzano gli algoritmi ML sul DHS, per prevedere la malnutrizione nei bambini sotto i 5 anni. Utilizzando PROBAST (Prediction model Risk Of Bias Assessment Tool), è stata valutata la qualità degli studi elencati. Per condurre la meta-analisi è stato utilizzato Review Manager 5.4. Risultati: 11 studi su 789 sono stati inclusi in questa revisione. Gli studi sono stati pubblicati tra 2019 e 2023, con il contributo maggiore del Bangladesh (n = 6.55%). Di questi, dieci studi hanno riportato arresto della crescita, tre hanno riportato deperimento e quattro hanno riportato sottopeso. La meta-analisi di dieci studi ha riportato un'accuratezza aggregata del 68.92% (IC 95%: 66.04, 71.80; I2 = 100%) tra i modelli di ML per la previsione dell'arresto della crescita nei bambini. Tre studi hanno indicato una precisione dell'84.39% (IC 95%: 80.90, 87.87; I2 = 100%) nel prevedere il deperimento. La metanalisi di quattro studi ha indicato un'accuratezza aggregata del 73.60% (IC 95%: 70.01, 77.20; I2 = 100%) per Modelli ML che predicono lo stato di sottopeso nei bambini. Pertanto, con questa metanalisi è stato osservato che i modelli ML hanno performance metriche da moderate a buone nel predire la malnutrizione utilizzando i dati del DHS tra i bambini sotto i cinque anni.
° Bhagyajyothi Rao et al. Machine Learning in Predicting Child Malnutrition: A Meta-Analysis of Demographic and Health Surveys Data. Int. J. Environ. Res. Public Health 2025, 22, 449
6. L'impatto delle microplastiche negli alimenti e nei farmaci sulla salute: una rassegna della regione MENA (Medio Oriente e Nordafrica)
Le microplastiche (MP), definite come particelle di plastica più piccole di 5 mm, che si infiltrano nell'aria, nelle acque, nel suolo e nei sistemi alimentari di tutto il mondo, sono causa di una crisi ambientale e di salute pubblica globale. Le MP derivano dalla decomposizione di detriti di plastica più grandi, monouso, materie plastiche e processi industriali, ed entrano negli alimenti. Le prove emergenti sottolineano la capacità delle MP di attraversare le barriere biologiche, compresa la barriera emato-encefalica, innescando e contribuendo all’insorgenza di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer e il Parkinson. Il polistirene (PS), un tipo comune di MP, attiva le cellule microgliali, rilasciando citochine pro-infiammatorie come il fattore di necrosi tumorale (TNF-α) e le interleuchine, che aumentano il danno neuronale. Le MP sono state anche collegate a malattie cardiovascolari, con studi che rilevano il polietilene (PE) e il cloruro di polivinile (PVC) nelle placche carotidee, aumentando il rischio di infarto del miocardio e ictus. Inoltre le plastiche alterano la funzione endocrina, il metabolismo lipidico e inducono squilibri del microbioma intestinale, e causano altri numerosi problemi per la salute. Nella regione MENA, l'inquinamento da MP è particolarmente grave, ricevendo con il Mar Mediterraneo circa 570.000 tonnellate di plastica all'anno, equivalenti a 33.800 bottiglie di plastica al minuto. Studi condotti in Egitto, Libano e Tunisia documentano alte concentrazioni di MP negli ecosistemi marini, con pesci erbivori come Siganus rivulatus contenente oltre 1.000 MP a causa dell'ingestione di alghe contaminate. Nonostante questi risultati, la sensibilizzazione e i quadri normativi riman-
gono inadeguati; solo il 24% degli egiziani infatti dimostra una conoscenza sufficiente dell'uso sicuro della plastica. Questo sottolinea l'urgente necessità di ricerca specifica per la regione, di interventi politici e campagne di sensibilizzazione pubblica per affrontare l' inquinamento da MP. Le raccomandazioni includono pratiche di gestione sostenibile dei rifiuti, la promozione di alternative biodegradabili e sistemi di monitoraggio rafforzati per mitigare l'impatto sulla salute e sull'ambiente delle MP nella regione.
° Noha Alziny et al. The Impact of Microplastics in Food and Drugs on Human Health: A Review of the MENA Region. Int. J. Environ. Res. Public Health 2025, 22, 380
7. L'influenza dello status socioeconomico sull' intelligenza dei bambini in età scolare nella contea di Xuyong: un'analisi di mediazione dell'alfabetizzazione nutrizionale e della diversità alimentare
Questo studio mira a esaminare come l'alfabetizzazione alimentare e nutrizionale (FNLIT) e il punteggio di diversità alimentare (DDS) medino l'impatto dello stato socioeconomico (SES) sullo sviluppo dell'intelligenza, offrendo spunti per migliorare l'alimentazione infantile. Questo studio trasversale ha utilizzato un campionamento casuale a grappolo stratificato e ha incluso 1.704 bambini di età compresa tra 8 e 16 anni. Sono stati utilizzati questionari per raccogliere dati demografici, punteggi FNLIT, DDS e Raven's Standard Progressive Matrices (SPM). SES è stato costruito utilizzando l'analisi delle componenti principali. È stata utilizzata l'analisi di regressione lineare per esplorare l'interrelazione tra le variabili. I punteggi medi per FNLIT, DDS e SPM erano rispettivamente 58.06±7.00, 6.25±1.64 e 37.60±8.91. SES è positivamente correlato con SPM (B=0,434, p<0,01); FNLIT media la relazione tra SES e SPM (B=0.065, 95% CI: 0.035, 0.098). Tra i partecipanti con DDS≤6, DDS media la relazione tra SES e SPM (B=0.017, 95% CI: 0.0002, 0.044). Per gli studenti con DDS≤6, FNLIT+ DDS ha un effetto mediato positivo (B=0.003, 95% CI: 0.0004, 0.007), mentre per gli studenti della scuola primaria, mostra un effetto negativo (B=− 0.003, 95% CI: − 0.008, − 0.001). Sia FNLIT che DDS hanno un impatto sull'intelligenza dei bambini. L'educazione alimentare e gli interventi dietetici dovrebbero dare priorità ai bambini con basso SES e DDS inadeguato per migliorare lo sviluppo intellettivo.
° Youhui Qian. The infuence of socioeconomic status on intelligence in school‐age children in Xuyong County: a mediation analysis of nutrition literacy and dietary diversity. European Journal of Nutrition (2025) 64:100
8. Aderenza agli indicatori di alimentazione complementare e loro associazioni con forme di malnutrizione combinata nei bambini di età compresa tra 6 e 23.9 mesi
Questo lavoro studia la relazione tra diversi indicatori di alimentazione complementare e forme di malnutrizione in Pakistan, utilizzando set di dati del Pakistan Demographic and Health Surveys (indicatore di dati nazionale e del Multiple Indicator Clusters Surveys (regionale). Gli indicatori di alimentazione complementare sono quelli enunciati dalle linee-guida dell'OMS del 2021 “Infant and young child feeding “(IYCF): MDD (Minimum Dietary Diversity, percentuale di bambini alimentati con almeno 4 gruppi di diversi alimenti) MMF (Minimum Meal Fre-

quency, percentuale di bambini alimentati con congruo numero di pasti puntualmente specificato nel documento) MAD ( Minimum Acceptable Diet ovvero la combinazione di una dieta accettabile sia come numero di pasti sia come varietà degli stessi). Il lavoro è stato condotto su una vasta coorte di bambini (30.097) di età tra 6 mesi e 23.9 mesi, che gli autori hanno stratificato per età, per sesso, presenza o meno di malattia negli ultimi 14 giorni, per istruzione materna, per accessibilità al cibo, ovvero stato socioeconomico e luogo di residenza, urbano o rurale. È stata valutata l'alimentazione dei bambini attraverso un'intervista sui cibi consumati nelle 24 ore precedenti ed i cibi sono stati classificati in 7 gruppi (cereali; legumi e noci; uova; latticini; frutta e verdura con vitamina A; pesce; carne). Sono stati presi in esame anche indicatori recentemente introdotti da IYCF: consumo di uova e carne (EFF) e consumo zero di frutta e verdura (ZFV), nonché l'assunzione di ferro e folati. Sono stati ottenuti i dati antropometrici ed identificati, utilizzando il software AnthroCal dell'OMS, 4 tipi di malnutrizione, alcune difficilmente traducibili: wasting, riduzione del peso rispetto all'altezza, underweight, basso peso per l'età, stunting, bassa altezza per l'età, segno di cronica o ricorrente malnutrizione, obesity. La prevalenza di malnutrizione intesa come presenza di uno solo dei 4 tipi di malnutrizione è stata del 18.2 %, mentre la presenza di malnutrizione combinata intesa come compresenza di due o tre tipi di malnutrizione (stunting and obesity, stunting and underweight, stunting and wasting, stunting, wasting and underweight) è stata del 28 %. Pertanto nella coorte quasi un bambino su due era malnutrito. L'analisi statistica ha valutato le relazioni tra stato di nutrizione e allattamento, modalità ed indicatori di alimentazione con molteplici esiti. L'aderenza corretta alle pratiche di alimentazione complementare era presente nell'8% dei bambini e già questo dato da solo spiega la grande prevalenza di malnutrizione. Inoltre, la mancanza di corretta alternanza tra alimenti era presente nel 78.2 % dei bambini. La non aderenza alla maggior parte degli indicatori della nutrizione complementare è stata associata a maggiori probabilità di malnutrizione combinata. Un aspetto critico riguarda il ruolo dell'allattamento, di cui non è stato dimostrato un ruolo protettivo nei confronti della malnutrizione. Questo dato potrebbe essere spiegato dalla concomitanza di altri fattori, tra cui il ritardo dell'introduzione di cibi solidi. Tra i 7 gruppi alimentari, i cereali erano il cibo più utilizzato (80% dei bambini), seguito dai latticini (70%); l'uso eccessivo di cereali e latticini espone il bambino all'insorgenza di disturbi nutrizionali. Il consumo di uova, carne, pesce, frutta e verdura contenenti vitamina A, legumi e noci era presente in percentuale variabile tra il 7.5% (legumi, noci) e il 25 % (frutta e verdura contenenti vitamina A). La quota di consumatori EFF è del 29.5%. Lo studio ha dimostrato che il 40 % dei bambini non ha consumato né frutta né verdura nelle 24 ore precedenti l'intervista (un consumo adeguato di frutta e verdura è efficace nel prevenire varie forme di malnutrizione, tra cui la carenza di micronutrienti). Tale dato è legato anche alla congiuntura economica che sfavorisce l'acquisto di tali cibi. In Pakistan circa il 22% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Ciò spiega anche il fatto che gli alimenti contenenti ferro e folati venivano consumati da meno del 30 % dei bambini. Da questo studio emergono indicazioni pratiche:
- su una corretta informazione da offrire alle famiglie circa l'alimentazione complementare e sulla necessità di un'offerta ampia di alimenti;
- sulla sorveglianza degli apporti di ferro ed acido folico e loro supplementazione in caso di dieta carente. Un corretto apporto di ferro e folati è protettivo nei confronti di vari tipi di malnutrizione, e di alterazioni dello sviluppo neuromotorio; - sulla valutazione attenta degli apporti proteici. Diversi studi hanno suggerito il consumo di uova, carne, noci e legumi, alimenti ricchi di proteine, per ridurre l'insorgenza di malnutrizione.
Le criticità dello studio sono legate alla raccolta dei dati attraverso intervista e alla mancanza di dati biochimici riguardo agli indici nutrizionali. L'aspetto che mi ha impegnato molto, ma anche stimolato, nella comprensione di questo articolo è stato il riferimento a indicatori di salute nutrizionale condivisi a livello mondiale, quelli del documento IYCF, e agli indicatori di nutrizione OMS.
° Khaliq A. et al Adherence to complementary feeding indicators and their associations with coexisting forms of malnutrition in children aged between 6 to 23.9 months of age J of Public Health (2025) 33:683-698
9. Le abitudini alimentari dei bambini in età prescolare e lo stato nutrizionale dei genitori
Questo studio esamina le pratiche alimentari, i comportamenti alimentari e l'assunzione di nutrienti tra i bambini in età prescolare in Italia, concentrandosi sulla relazione con lo stato nutrizionale dei genitori. È stata condotta un'analisi trasversale presso la “Clinica Dentista Pediatrica dell’Istituto Stomatologico Italiano di Milano", che ha coinvolto 171 bambini di età compresa tra 12 e 71 mesi e i loro genitori. I dati socio-demografici, misure antropometriche e comportamenti alimentari dei bambini sono stati raccolti attraverso questionari e valutazioni dietetiche. Sono state eseguite analisi statistiche per esplorare le associazioni tra le abitudini alimentari dei bambini e l'indice di massa corporea (BMI) dei genitori. L'età media dei partecipanti era di 4.6 anni, con il 78% adeguatamente nutrito. L'allattamento esclusivo è durato in media 5.9 mesi, e l'introduzione di alimenti complementari è iniziata a 6.2 mesi. È stato notato che il 10% dei bambini era a rischio di problemi alimentari, con una significativa correlazione tra il BMI dei genitori e quello dei figli. I bambini con genitori in sovrappeso/obesi mostravano un'assunzione più elevata di grassi e un'introduzione precoce al latte vaccino. Sebbene le pratiche di allattamento fossero in linea con le raccomandazioni, si è osservato un elevato consumo di bevande zuccherate e un'assunzione di proteine superiore alle linee guida. I risultati evidenziati sottolineano la necessità di un'educazione nutrizionale mirata per le famiglie, in particolare quelle più numerose, al fine di promuovere scelte alimentari più sane e prevenire l'obesità nei bambini.
° Bettocchi, S. et al. Preschool Children’s Eating Habits and Parental Nutritional Status. Nutrients 2025, 17, 575
10. Profilo del microbiota intestinale e disturbi gastrointestinali funzionali nei neonati: uno studio longitudinale
Il microbiota intestinale è coinvolto nella modulazione della funzione gastrointestinale e, di conseguenza, contribuisce alla manifestazione di disturbi gastrointestinali funzionali (FGIDs). Lo scopo dello studio era analizzare la composizione del microbiota intestinale nei lattanti con disturbi gastrointestinali funzionali (coliche infantili, stitichezza funzionale, reflusso gastroesofageo,

diarrea funzionale) in base all'età, ai fattori ambientali e alle manifestazioni cliniche. Lo studio ha coinvolto l'esame clinico e di laboratorio di 134 lattanti suddivisi in due gruppi: gruppo I (n = 82) con FGIDs secondo i criteri di Roma IV, suddivisi in quattro sottogruppi (coliche infantili, stitichezza funzionale, reflusso gastroesofageo e diarrea funzionale), e gruppo II (n = 52) senza FGIDs. Per valutare la composizione del microbiota intestinale, stata eseguita un'analisi batteriologica dei campioni fecali. I lattanti con disturbi gastrointestinali funzionali presentavano uno squilibrio della microflora intestinale, caratterizzato da una significativa riduzione dei principali rappresentanti della flora acidificante come Lactobacillus, Bifidobacterium ed Enterococcus e da un'elevata abbondanza di microrganismi proteolitici appartenenti alla famiglia Enterobacteriaceae come le specie Klebsiella ed Escherichia coli. Nei lattanti nati con parto cesareo o alimentati artificialmente, l'incidenza di disturbi gastrointestinali funzionali e disbiosi intestinale era significativamente più alta. Lo squilibrio della composizione microbica acidificante e proteolitica nell'intestino potrebbe essere la chiave per l'insorgenza di disturbi gastrointestinali funzionali nel primo anno di vita.
° Pantazi, A.C. et al. Gut Microbiota Profile and Functional Gastrointestinal Disorders in Infants: A Longitudinal Study. Nutrients 2025