Tavola dei Contenuti
DIGITAL & AI
L’intelligenza artificiale può diventare un potente alleato nella transizione verso un raffrescamento sostenibile 6
REALTÀ AUMENTATA E VIRTUALE
Android XR, è la nuova piattaforma di Google per la realtà estesa progettata per visori e dispositivi immersivi 8
EVENTI E OPPORTUNITA’
Nuove opportunità per le piccole e medie imprese: tutte le informazioni utili e i link per presentare domanda 10
APP E VIDEOGIOCHI
Torna una delle opere più controverse e visionarie del panorama videoludico: Death Stranding 2: On the Beach 20
MARKETING E COMUNICAZIONE
Banana contro tutti: è questa la sfida lanciata da Chiquita con la campagna
“Likely the Best Snack Ever” 22
SALERNO
Il veccillo, lo scammarare il cammarare: un viaggio nella tradizione gastronomica
salernitana di inizio Novecento 24
Fabio Setta
Direttore responsabile
Vuoi comprare una nuova automobile? Cerchi casa? Hai visto un nuovo maglione e lo vuoi comprare? Possiamo farlo, certo. Ma stiamo decidendo davvero noi quell’azione o c’è qualcuno che decide per noi, magari indirizzando le nostre scelte, in modo magari inconscio e portandoci a desiderare qualcosa che magari fino a poco fa non ci serviva o non sentivamo l’esigenza di averlo? In un mondo sempre più digitale e digitalizzato, l’algoritmo assume un’importanza notevole Il passaggio da alleato a nemico, da risorsa per ciascuno di noi ad arma per pochi di noi, è davvero minimo. Gli algoritmi sono diventati le nuove infrastrutture invisibili della società digitale. Sono ovunque, eppure pochi sanno davvero come funzionano Il termine deriva dalla trascrizione latina del nome del


matematico persiano al-Khwarizmi, vissuto nel IX secolo d.C., ma il concetto di algoritmo negli anni si è evoluto ed è stato associato a più campi Stando alla definizione, spacciata da diversi chatbot di AI, un algoritmo è un insieme finito di istruzioni, chiare e non ambigue, che, eseguite passo dopo passo, portano alla risoluzione di un problema o al raggiungimento di un determinato obiettivo. Detta così, sembra davvero tutto e niente, un po’ d’aria fritta, oppure qualcosa riservato soltanto agli esperti del settore. Invece, l’algoritmo e la sua potenza sono davvero sotto gli occhi di tutti. Ogni volta che apriamo un social network o un sito c’è un algoritmo che lavora nell’ombra Calcola, predice, suggerisce Ma soprattutto, decide? Questa è la domanda di fondo Possiamo fidarci degli algoritmi? O meglio possiamo, non essendo un’entità autonoma, fidarci di chi li crea e li addestra? Inevitabilmente, l’algoritmo in quanto tale non può essere neutrale ma segue un modello ben specifico che è realizzato a tavolino Non è un caso che certe campagne politiche, tese ad alimentare posizioni più o meno estremiste, abbiano preso piede proprio grazie ad alcuni tipo di algoritmi. Pregiudizi, squilibri possono essere sui social network facilmente alimentati Così come possono essere influenzati i consumi. Come magari un tempo poteva fare la pubblicità in tv, certo, ma con una forza ed un’invasività decisamente superiore Gli algoritmi analizzano grandi quantità di dati comportamentali per creare profili dettagliati degli utenti. Se per una volta cerchi sui social o sul web un materasso, per diverso tempo ti appariranno pubblicità e post di materassi Ecco come l’algoritmo entra in campo e influenza il nostro modo di essere. Non bisogna demonizzare l’algoritmo ma bisogna pretendere chiarezza. Il rischio è quello di andare verso una società in cui ogni decisione è presa dalle macchine, in cui l’essere umano abdica il pensiero critico e si fa schiavo delle nuove tecnologie Sembra un brutto film di fantascienza? Magari sì, ma nemmeno troppo irrealizzabile se non si cercherà di dare un’impostazione critica ma soprattutto etica alle nuove tecnologie che rischiano di sfuggirci di mano


Con l’aumento delle temperature globali e la crescente frequenza delle ondate di calore, il raffrescamento degli ambienti è diventato una necessità per la salute e il benessere. Tuttavia, l’uso massiccio di climatizzatori comporta un forte consumo energetico e contribuisce al cambiamento climatico, innescando un circolo vizioso. In questo scenario, l’intelligenza artificiale (AI) emerge come una risorsa strategica per sviluppare soluzioni di raffrescamento più sostenibili ed efficienti. Una delle principali applicazioni dell’AI riguarda l’ottimizzazione energetica degli edifici. Sistemi intelligenti di gestione dell’energia possono, infatti, monitorare in tempo reale

temperatura, umidità, esposizione solare, presenza di persone e condizioni esterne, regolando il raffrescamento in modo mirato. L’analisi predittiva consente inoltre di anticipare i picchi di calore, attivando la ventilazione o i sistemi di raffrescamento solo quando realmente necessario. In Europa, diversi esempi mostrano il potenziale dell’AI. A Bolzano, il quartiere smart NOI Techpark utilizza sistemi intelligenti per gestire raffrescamento e ventilazione combinando dati climatici e comportamentali. In Norvegia, l’edificio Powerhouse Brattørkaia sfrutta l’AI per bilanciare ventilazione naturale, produzione solare ed efficienza energetica, offrendo un comfort climatico con un impatto ambientale minimo. Anche ad Amsterdam, l’edificio The Edge adatta temperatura e illuminazione a ogni singolo
Valentina Todesca
spazio grazie a sensori e algoritmi di apprendimento automatico.
Sul piano urbano, l’AI supporta la progettazione climatica delle città In Italia, Milano e Torino stanno sperimentando modelli predittivi per contrastare l’effetto isola di calore L’intelligenza artificiale analizza i dati climatici e suggerisce interventi strategici: superfici riflettenti, tetti verdi, corridoi di ventilazione naturale
Ma anche i cittadini, nel loro piccolo, possono contribuire a un raffrescamento più sostenibile grazie a prodotti e app facilmente accessibili. Termostati smart come tado° , Netatmo o Honeywell Home imparano le abitudini familiari e regolano la temperatura automaticamente, anche da remoto. Per chi usa condizionatori tradizionali, dispositivi come Sensibo Sky o Ambi Climate trasformano qualsiasi impianto in un sistema intelligente, che si
regola in base a temperatura, umidità e presenza di persone. Esistono anche app utili per gestire la ventilazione naturale, come Windy o MeteoBlue, che indicano quando aprire le finestre per favorire il ricambio d’aria più fresco.
Chi vuole migliorare l’isolamento senza lavori invasivi può ricorrere a pellicole riflettenti per vetri o tende automatizzate programmabili. Infine, app come JouleBug o EcoLife Hacks offrono suggerimenti pratici e personalizzati per ridurre i consumi e vivere in modo più green.
In sintesi, l’intelligenza artificiale può diventare un potente alleato nella transizione verso un raffrescamento sostenibile, non solo nei grandi edifici o nei progetti urbani, ma anche nelle nostre case. Perché il futuro del comfort climatico, soprattutto in un mondo sempre più caldo, sarà intelligente – o non sarà.
Sepe


«Il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio». Senza volerlo, il maestro Fellini è riuscito a raccontare in una sola frase ciò che questo film vuole rappresentare. Il sogno di un’aspirante regista che si trasforma in un’ode appassionata alla settima arte, raccontata con il cuore di chi la ama profondamente e la mente di chi sa metterla in discussione. Tra una comicità surreale e una costruzione che riesce ad alternare comicità e drammatico, lo spettatore si trova immerso in un film metacinematografico che mostrerà il processo di realizzazione di una pellicola partendo dai sogni, fino alla nascita dell’opera. La storia si svolge a Nyallywood, colorata parodia della famosissima mecca del cinema, dove Joelle Davidovich Pomponette, in arte Pompo, regna come produttrice Specializzata soprattutto in B-movie e dotata di un fiuto infallibile per l'intrattenimento, Pompo ha l’aspetto di una ragazzina ma possiede un’autorità che non viene mai messa in discussione Il suo assistente, Gene, è un giovane timido e osservatore, con il sogno inconfessato di dirigere un film Quando scopre una sceneggiatura scritta proprio da Pompo, se ne innamora al punto da chiederle di trasformarla in un film. Pompo accetta… ma a una condizione: sarà Gene stesso a dirigerla. Accanto a lui entra in scena Natalie, una semplice ragazza di campagna appena arrivata nella tipica metropoli col sogno di diventare attrice. Nonostante tutte le difficoltà passate tra i vari lavori per poter pagare l’affitto e la serie di bocciature ai provini, finalmente avrà la sua occasione della vita quando Pompo deciderà di assumerla come protagonista del film diretto da Gene. In questo cast di personaggi idealisti, disillusi, appassionati o
Gennaro
stessi
Il cinema è visto come una possibilità di rinascita e trasformazione, un linguaggio che consente di dire cose che non si saprebbero dire in nessun altro modo. Ed è forse qui la sua grandezza: nel rendere visibile ciò che è invisibile, nel dare forma a un’emozione, a un’idea, a un sogno collettivo che solo insieme può diventare reale. Forse l’unico momento in cui il film sembra vacillare è proprio nel finale, dove il tono assume una sfumatura più romanzata, fin troppo perfetta per restare coerente con la delicatezza e l’equilibrio costruiti fino a quel punto. Tuttavia, anche questo eccesso non appare mai forzato: piuttosto, sembra un ultimo atto d’amore verso il pubblico e verso quel sogno collettivo che il film ha celebrato dall’inizio.
È un finale che emoziona, pur rischiando la semplificazione, ma che rimane coerente con lo sguardo idealista e affettuoso con cui l’intera storia è stata raccontata. In definitiva, questo film non è solo una dichiarazione d’amore per il cinema, ma un’esperienza profondamente umana, capace di parlare a chiunque abbia mai sognato di creare, di raccontare, di lasciare un segno. È un omaggio sentito a ogni parte del processo creativo, ma anche un incoraggiamento a credere nelle proprie visioni, anche quando sembrano impossibili da realizzare Per chi ama il cinema – o semplicemente il desiderio di esprimersi – questa pellicola è un piccolo gioiello: non solo da guardare, ma da vivere
Vincenzo Giannatiempo
Un atto di coraggio creativo che strizza l’occhio al cinema, tra arte e videogioco
Dal 26 giugno 2025 torna una delle opere più controverse e visionarie del panorama videoludico contemporaneo: Death Stranding 2: On the Beach Hideo Kojima, dopo il successo polarizzante del primo capitolo, ci riporta in un mondo fratturato dove la connessione tra gli individui è, ancora una volta, il centro pulsante dell’esperienza. Ma stavolta, qualcosa è cambiato. Non solo a livello narrativo, ma anche nella sensibilità creativa dell’autore, profondamente influenzata dal periodo pandemico. Il sequel reinventa la formula originale con audacia. Il titolo dell’opera evoca il romanzo di Nevil Shute, la fine del mondo e la speranza che si infrange sul bagnasciuga. Kojima raccoglie questi simboli per costruire una narrazione ancora più intima e disillusa, in cui la protagonista Tomorrow (Elle Fanning) e il veterano Sam Porter Bridges (Norman Reedus) si muovono tra mondi in rovina e memorie spezzate. La trama gioca con i concetti di tempo, solitudine e realtà alternativa, lasciando al giocatore il compito di interpretare, più che comprendere. Se il primo capitolo aveva già il sapore di una produzione cinematografica, Death Stranding 2 alza l’asticella. Al cast originale si aggiungono volti nuovi e potentissimi: Elle Fanning, Shioli Kutsuna e Luca Marinelli (nei panni del misterioso antagonista Neil) si affiancano a Debra Wilson, George Miller e addirittura al regista Fatih Akin. Un ensemble che strizza l’occhio a Cannes più che all’E3, confermando la volontà di Kojima di collocarsi a metà tra arte e videogioco. Una delle critiche più frequenti al primo capitolo riguardava il gameplay definito da molti come “simulatore di corriere”. Kojima risponde non solo con ironia, ma con innovazione, infatti On the Beach permette una maggiore libertà d’approccio, offrendo percorsi stealth, azione pura o addirittura la possibilità di saltare i boss per seguire la trama. Un treno monorotaia attraversa ora i paesaggi, e un sistema dinamico di giorno/notte cambia la percezione degli ambienti
La colonna sonora – firmata da Ludvig Forssell e con brani originali di Woodkid – si adatta in tempo reale alle emozioni trasmesse dal gameplay
Le musiche cambiano in base alla tensione narrativa e al ritmo del viaggio, trasformando ogni momento in una scena da film. Death Stranding 2 non è per tutti e non vuole esserlo. Come il suo predecessore, On the Beach divide, provoca e mette in discussione cosa significhi “giocare”. Ma è proprio questa la sua forza Kojima non cerca compromessi, ma costruisce mondi che riflettono le sue ossessioni e paure, e la sua visione politica dell’umanità In un panorama videoludico sempre più omologato, Death Stranding 2 è un atto di coraggio creativo. E forse, anche un addio poetico a una certa idea di videogioco autoriale.
Maria Minotti
Banana contro tutti: è questa la sfida lanciata da Chiquita con la nuova campagna multicanale “Likely the Best Snack Ever” . Un’operazione irriverente, colorata e cinematografica che punta a ridefinire il concetto di snack perfetto, elevando la banana nella sua semplicità a icona pop dell’estate 2025
Lanciata a maggio con una fase teaser sui social, la campagna ha messo subito in campo il suo volto più ironico: Banana Man, la mascotte protagonista della challenge “Find a Better Snack”, un invito alla community a cercare un’alternativa migliore.
Spoiler: non esiste. Nessuna briciola, nessuna macchia, niente plastica o imballaggi, e soprattutto: silenziosa La banana Chiquita vince a mani basse su ogni fronte
La regia del progetto è firmata da Bitmama Reply e mescola linguaggi digitali e cinematografici con un tono spudoratamente divertente. Al centro, un video manifesto girato con una telecamera ad altissima definizione e arricchito da effetti ASMR, che trasforma la buccia della banana in una vera e propria esperienza multisensoriale. Un’immersione visiva e sonora che rende giustizia alla texture naturale del frutto, proiettando lo spettatore in un mondo in cui la banana diventa protagonista assoluta. Il manifesto apre la strada a una serie di quattro video, ciascuno ambientato in un
momento diverso della quotidianità: una torrida giornata al parco, una proiezione al cinema, il ritorno tra i banchi di scuola, una sessione di yoga In ogni scenario, la banana Chiquita dimostra di essere lo snack ideale, pronto all’uso, naturale, buono e sempre adatto, da consumare senza stress e senza imprevisti.
Ma il racconto non si ferma sullo schermo
La campagna invade anche le strade italiane con una massiccia pianificazione out-of-home. Dal 16 giugno, Torino e Milano hanno aperto le danze con maxiaffissioni e tram brandizzati; dal 1° luglio toccherà a Venezia, Roma, Napoli e Palermo Il risultato? Città intere colorate di giallo e trasformate in un palcoscenico per il frutto più amato (e sottovalutato) di sempre.
Per completare il piano di comunicazione, Chiquita lancia anche una speciale collezione di 11 bollini in edizione limitata. Piccole etichette con grandi verità: “No Mess, No Stress”, “100% Natural Energy”, “Good for Sports and E-sports”, “So Sweet, So Light”. Ogni sticker racconta una buona ragione per cui la banana è, semplicemente, imbattibile.
“Con questa campagna vogliamo ribadire che la risposta giusta è spesso sotto gli occhi di tutti”, afferma Mariaelena Paragone, Head of Global Brand Building Strategy di Chiquita. “Raccontiamo le qualità semplici ma straordinarie della banana con uno stile ironico e giocoso, parlando alle giovani generazioni nel loro linguaggio e nel loro stile di vita È un modo per riscrivere le regole della categoria snack, ribaltando i soliti cliché.” Con “Likely the Best Snack Ever”, Chiquita non si limita a promuovere un prodotto ma crea un nuovo immaginario in cui naturalezza, praticità e ironia diventano il nuovo standard per chi sceglie cosa mettere nello zaino, nella borsa o nello sportello della macchina. E questa volta, la banana ha davvero tutto per vincere.
Michele D’Eboli
Le famiglie salernitane, agli inizi del secolo scorso, si caratterizzavano per un rispetto rigido delle regole gastronomiche
La cucina aveva una grandissima importanza ed era affidata quasi esclusivamente alla mamma e - nelle famiglie patriarcali di un tempo - anche alla nonna che, con la sua esperienza, impartiva non poche direttive alle donne di casa. Anche gli uomini intervenivano, però, qualche volta per la confezione di piatti speciali, come per preparare ad esempio una zuppa di pesce o per disossare un pollo. La buona cucina appagava anche i bambini che godevano, in certe ricorrenze, di speciali concessioni come il classico “veccillo” - un tortano dolce di brioches con le uova - a Pasqua o i calzoncini imbottiti di cioccolato a Natale La maggioranza dei salernitani usava consumare una leggerissima colazione al mattino dopo la tradizionale tazza di caffè; ai bambini, invece, si preferiva somministrare - al posto del latte - un uovo fresco o la zuppetta di pane in caffè allungato con orzo o un po' d’olio con sale, cosparso sul pane, come era abitudine delle classi popolari. Il pranzo, in quasi tutte le famiglie, si consumava tra le 13 e le 14; di sera, tranne i casi in cui bisognava consumare la minestra avanzata dal pranzo, si usava una cena fredda e leggera anche d’inverno con l’immancabile insalata - preferibilmente di pomodoro d’estate - e di lattuga o di verdura cotta (broccoli di rape) o di patate e carote nelle altre stagioni.
Tali abitudini erano motivate anche dal fastidio che allora arrecava il dover riaccendere il fuoco di sera e il dover lavare di nuovo tutti i recipienti sporcati per la preparazione ed il consumo di un’altra minestra Importanza fondamentale


aveva lo “scammarare” – mangiare di magro – e il “cammarare” – mangiare carne – in rapporto alle restrizioni imposte allora dalla Chiesa, come la proibizione di mangiare carne il venerdì ed il sabato ed anche i grassi e le uova nelle vigilie Fino all’inizio della guerra mondiale si usavano dei “menù” settimanali che si ripetevano pressoché in tutte le famiglie: il lunedì, ad esempio, era di prassi o il brodo con pastina piccola o sottile o la verdura (cicoria e scarola di preferenza); il lesso condito costituiva il secondo piatto. Si passava poi al martedì con maccheroni al sugo e carne ai ferri ed il mercoledì generalmente con pasta e patate o legumi e per secondo piatto frittate o parmigiane. Il giovedì, giorno di vacanza per i ragazzi delle tre prime elementari, era una specie di “piccola domenica” con pasta al sugo e carne. Il venerdì ed il sabato erano riservati alle zuppe di pesce, con pane raffermo o crostini e baccalà con patate. La domenica, invece, era per tutti, il giorno del godimento culinario con raffinati ragù o genovese, carne di manzo e contorni e, per le famiglie agiate, i dolci che il capofamiglia acquistava nelle rinomate pasticcerie di quel tempo come le squisite sfoglie di crema e fragola di don Matteo Scaramella o le pizze dolci di don Alfonso Pantaleone, nonchè la famosa “scazzetta del cardinale”, ancora oggi prodotto dolciario prelibato e simbolo gastronomico di Salerno.

