Villa Cambiaso n° 75

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RIVISTA ARTE E CULTURA DI SAVONA E FUORI PROVINCIA

Anno XV - N° 75 - Aprile 2015 - Direttore: Pio Vintera - Aut. Trib. di Savona N° 544/03 Redazione: Via Torino, 22R - 17100 Savona - Tel. 349 6863819 - Grafica e Fotografia: Mattia e Veronica Vintera

Spedizione in A. P. - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 Comma 2 - Direzione Commerciale Savona - Tassa Pagata - Taxe Perçue

Edicole: P.za Diaz di Mauro Sguerso - C.so Italia 129/Bis di Matteo Zanardo - Via Torino 50R di Michela Sebastiani - P.zza Saffi, Edicola n° 17 di Bresci Alessio & C.

Set fotografico realizzato da Momenti Magici Zinola per la collezione “Perla Nera” di Kine Dione


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Anno XV n°75 - Aprile 2015

Eventi

TANGO FESTIVAL SALONISSIMO SAVONA Evento organizzato a Villa Cambiaso da Asd Gioki Danza

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a venerdì 10 a domenica 12 aprile, la città di Savona, per tre giorni interi, si è trasformata nella capitale del tango argentino. L’Associazione Sportiva Dilettantistica GioKi Danza (sezione GioKi Tango) è stata organizzatrice della manifestazione, primo grandissimo evento di tango argentino della città: “Festival Salonissimo – Savona” con Roxana Suarez e Sebastián Achaval, Cristina Sosa e Daniel Nacucchio (campioni del mondo di Tango de Salón), direttamente da Buenos Aires. Programma delle 3 giornate: • 8 Seminari tematici di tango argentino • 3 Serate di ballo con esibizioni e con 3 Dj di fama internazionale • 3 Show degli artisti invitati

COLLEZIONE “PERLA NERA” DI KINE DIONE

Set fotografico realizzato da Momenti Magici Zinola di Pietro Dardari

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illa Cambiaso set fotografico per un giorno. La giovanissima Kine Dione sceglie le atmosfere del sedicesimo secolo per presentare la sua collezione “Perla Nera”. Kine Dione, giovane stilista emergente di origine Senegalese, si è stabilita a Savona per amore del marito Lorenzo. Dopo gli studi in una prestigiosa scuola di moda milanese i suoi modelli non tardano a farsi notare; nonostante la giovane età viene invitata a partecipare alla Settimana della Moda di Milano e alla Fashion Week di Dakar. La nuova collezione “Perla Nera” è ispirata al mondo del cinema, al red carpet hollywoodiano. Abiti disegnati per una donna ambiziosa che vuole essere protagonista, realizzati con tessuti raffinati e impreziositi con perle e piume. “Quando ho visitato Villa Cambiaso” –afferma Kine– “sono rimasta affascinata dalla bellezza degli ambienti e dalla storia che vi si respira. Non ho esitato a sceglierlo come cornice per la mia nuova collezione” Kine, convinta che ogni esperienza sia utile, in questi giorni è tra i protagonisti di un reality show trasmesso da Regina

d’Italia. Tv che racconta l’ambiente della confezione artigianale. La giuria mista, formata da addetti ai lavori e spettatori del format, ha riconosciuto a Kine il premio della critica per aver realizzato una giacca, veramente unica, tessuta completamente in legno. “Vivere a Savona mi piace” –continua Kine– “è una città intima, a misura d’uomo, che mi ha accolta come una figlia e coccolata. La considero la mia città, ha segnato un nuovo inizio, una grande occasione per reinventare la mia vita e il mio futuro” –e aggiunge– “ringrazio Pio e l’Associazione Villa Cambiaso per aver messo a disposizione della mia moda questo magnifico pezzo di storia”. “Mi piace promuovere e sostenere i giovani, gli artisti e l’attività culturale”. –risponde Pio Vintera– “Mi auguro che l’Associazione possa contribuire a recuperare Savona come città turistica, dobbiamo coltivare la speranza di un futuro locale per le nuove generazioni”. Nelle foto: lo splendido Salone di Villa Cambiaso. Le modelle: Jane Oki, Elisa Silvestro, Margot Vezzulla. Trucco & Parrucco: Loveth Ogiemwony e Jessica Paderi. Patrizia Zapparoli


Anno XV n°75 - Aprile 2015

“DIALOGHI” DI VIOLA EKONG

Mostra a Villa Cambiaso dal 27 Marzo al 6 Aprile

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ialoghi è un percorso creativo volto a tessere relazioni narrative fra autori distanti nel tempo e nello spazio. Prelevare soggetti. Raggrupparli in altro luogo. Aggiungere il mancante. Sottrarre l’eccesso. Attribuire un nuovo tema. Da questo percorso nascono quadri grafici il cui scopo è ingannare lo spettatore creando un opera che, per coerenza narrativa, non lasci intendere ad un primo sguardo, l’avvenuto furto di personaggi dalle trame del tempo e della storia dell’arte. Per capire cos’è dialoghi occorre partire dal logo. Due omini percorrono la linea del tempo. Uno viene da destra l’altro da sinistra. Dopo tanto camminare si incontrano, si guardano e iniziano a chiaccherare. L’omino di sinistra, magro e lungo, è il più anziano dei due. Ha 17.500 anni. L’ha disegnato qualcuno sulla parete di una grotta, in un paese che ora si chiama Francia, nei pressi di una città che ora si chiama Lascaux. Faceva il cacciatore. Nell’immagine è rappresentato accanto al suo tro-

feo, un bisonte che aveva trafitto con le sue lance di legno. È uno dei più antichi disegni che raffigurino l’uomo qui da noi. L’altro omino è un tipo di mezz’età. È nato nel 1969, l’anno m cui l’uomo è andato sulla luna. Si chiama Linea, suo padre Osvaldo Cavandoli l’ha chiamato così. Per un po’ ha venduto pentole a pressione marca Lagostina, attualmente disoccupato ha fatto di recente una comparsa nel video “Don’t give hate a chance” del famoso cantante Jamiroquay. I due si trovano bene insieme e le chiacchere vanno avanti. In fondo non sono poi così diversi, pensano. Due linee scure disegnate d’un unico tratto. Tutte e due guardandole dici “Uomo” e ancora stanno tutte e due in quella posa che sembra quella tipica della discussione ma anche quella di chi è sul punto di abbracciarsi, come si fa con un parente o un amico ritovato. Questo è dialoghi. Il tentativo di creare un’arte che sia indicativa del tempo in cui vive. Questo è il motivo per cui sarà sicuramente un’arte discutibile.

CONVEGNO SU UFO E ALIENI

Raduno di tema ufologico organizzato dal GRIA

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ltre 400 persone provenienti dal Piemonte, Lombardia, Veneto e Toscana oltre che liguri, hanno seguito il convegno organizzato a Villa Cambiaso sul tema “UFO e alieni. Contatti con altre dimensioni”. Relatori al convegno sono stati alcuni esperti, autori di libri o conduttori di trasmissioni televisive sull’argomento di vite extra-terrestri: Beppe Petrolla, Andrea Dalbon, Pablo Ajo, Rosalba Fazio, Maurizio Baita, Mauro Biglino, Enrica Perucchetti e Maurizio Rucco. Un tema, quello delle altre vite nell’universo che, se da un lato lascia molte persone scettiche, dall’altro interessa appassionati o semplici curiosi che hanno affollato la sala di Villa Cam-

biaso, in un convegno durato l’intera giornata. Tra i temi afforntati: gli avvistamenti in Italia e sul territorio (si è parlato di avvistamenti alieni anche nel comune di Cosseria) e l’approccio alla tematica della vita in altre galassie. Il convegno si è concluso con una tavola rotonda animata e partecipata.

Eventi

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LE SALE CINEMATOGRAFICHE DAGLI ANNI VENTI Le “imbucate” al Moderno, lo storico Reposi, l’Astor, l’Olimpia e l’Ars

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e condizioni ambientali e sociali delle nostre famiglie in quel periodo, ci spingevano ad immaginare un futuro migliore di quel presente. Così, l’amore per il cinema, poteva anche rappresentare modelli di vita o di comportamento propiziatori ad un’integrazione psicologica importante per legare la fantasia alla realtà. Ora però, dopo tanti anni, possiamo ricordare quello spazio temporale anche per l’attivismo sfrenato che ha generato ricordi gustosi. La generazione anteguerra, data la tenera età del cinematografo, fu attenta allo sviluppo di quella grande invenzione. Era un nuovo e affascinante filone culturale che nel corso degli anni avrebbe dato uno scossone alla vita di tutto il genere umano. Ne favorì l’emancipazione e produsse nuove forme di comunicazione. Alla fine del XIX secolo e ai tempi della belle époque Savona aveva numerose sale da ballo, teatri. Va detto che la comparsa delle prime proiezioni di fotogrammi al Teatro Wanda, non ebbe un immediato successo. Comunque, fu all’avanguardia nel presentare quel nuovo miracolo della tecnica. Maggior successo ebbe nel secondo tentativo al Politeama Garibaldi di Corso Mazzini. Il teatro, in quel momento, non aveva ancora ceduto spazio a quella novità, anzi, i locali che producevano prosa, musica, ballo, avanspettacolo, erano sempre i più frequentati. Tuttavia i pionieri non cedettero. È nel 1924 che a Savona vi fu un fiorire di nuove sale cine-

matografiche. Il Reposi che prende il posto del Centrale (Via Paleocapa), è particolarmente attivo fra le due grandi guerre, sia come cinematografo che come teatro di varietà: compagnie come quella di Totò, Wanda Osiris, Josephine Baker, Ettore Petrolini, Macario, calpestarono quel palcoscenico e sfilarono sulla sua passerella.

venti. La costante carenza di soldi in tasca, non poteva costituire motivo valido per disertare il cinema. Nemmeno mancava l’inventiva per superare l’ostacolo, e così, si escogitava ogni mezzo pur di entrare. Questo era possibile per quasi tutti i cinema della città. Si era trovato il mezzo per eludere

Alla fine dell’ottocento al Politeama Garibaldi recitò la divina Eleonora Duse. L’Olimpia in corso Principe Amedeo (ora corso Italia) aperto nel ‘25 venne chiuso dopo circa sessanta anni (1983) sostituito dalla Cassa di Risparmio di Savona. L’Eldorado e il Moderno (poi Jolly trasformato in cinema per porno film) iniziarono l’attività a metà degli anni

la sorveglianza scavalcando alcune tettoie adiacenti ai vari cortili per entrare nei servizi. Ad uno ad uno, con un impeccabile self-control, si entrava quatti quatti, al buio, durante la proiezione. Al Moderno bisognava approfittare dell’ingenuità di un personaggio storico per Savona, il “cinesollo”, così chiamato per le sue caratteristiche somatiche orientali.

Strappava i biglietti seduto all’aperto, su una sedia sgangherata, nel vicolo retrostante l’ingresso. Uno lo faceva parlare trascinandolo in disparte e gli altri entravano dalle porte incustodite. All’Ars, oggi supermercato Carrefour, si trattava di aspettare, nascosti, il momento di maggiore affluenza quando al bigliettaio distratto sfuggiva il fulmineo passaggio del gruppo dalla porta dei gabinetti. Per decenni la cinematografia intrattenne gioiosamente i savonesi, finché, non comparve la televisione. Era il 1954 quando quello strumento meraviglioso si introdusse nelle sale cinematografiche. Il giovedì sera nell’intervallo fra il penultimo e l’ultimo spettacolo veniva trasmesso ”Lascia o raddoppia?” di Mike Buongiorno, il popolare telequiz più amato dagli italiani. Molto tempo è passato da allora e con l’avvento della televisione dai mille canali tematici, che trasmette a breve termine gli stessi film in programmazione nei cinema, si è molto ridotta la voglia di uscire specie da parte degli adulti. Oggi a Savona è rimasto un cinematografo con sei sale di proiezione, probabilmente per non perdere mercato e ridurre i costi. Un cambiamento radicale che ha invertito i termini, oltre che i gusti, della nuova gioventù. Ora è venuto il tempo, che sognare non significa più inseguire la realtà ma è la realtà della “modernità” che va alla ricerca del sogno. Claudio Tagliavini

GIOVANNI, NATO NEL LAGER DI ESSLINGEN

Una vita da film, Panosetti vide la luce in un campo di lavoro nazista

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i sono storie personali che a raccontarle sembrano film. È come se avessero tempi cinematografici, tra colpi di scena, finali a sorpresa, inaspettate morali, aspetti comici e altri tragici. La felicità e la tragedia spesso convivono, come due colori complementari sulla tavolozza della vita, ma ci sono vite in cui le si può cogliere più vividamente perché il contrasto è tanto più forte che altrove. E se è da come inizia che puoi capire come sarà il film, se sarà interessante, se sarà avvincente, se ti saprà sedurre e tenere incollato allo schermo fino alla fine, così è anche per certe vite. Come quella di Giovanni Panosetti. Panosetti nasce il 3 novembre del 1944. Tempi difficili vien subito da pensare. Ma è il luogo in cui nasce a scrivere in qualche modo parte del suo destino: lager di Esslingen, sul

Neckar, sud est di Stoccarda. Nato in un lager: cosa può riservare il futuro a un bambino nato, e concepito, in un luogo di morte? Vittorio Panosetti e Amalia Scovazzi si erano conosciuti qualche anno prima, lui era un giovane violinista svizzero, figlio di un emigrato italiano (morto sul fronte durante la Prima guerra mondiale). Si conoscono a Torino dove lui è venuto a perfezionarsi. Ma di prendere la tessera del fascio non se ne parla. E così al posto di entrare nell’Orchestra sinfonica si barcamena come può. Il 26 agosto del 1940 i due si sposano e si trasferiscono a Roma. Dopo l’armistizio il ritorno a Torino, la retata a Porta Nuova. Lui parla bene il tedesco e secondo le SS deve fare il traduttore. Ma Vittorio si rifiuta e questo segna la sua condanna: deportato con la moglie in un campo di lavoro, a Esslin-

gen appunto. Lavorano separati tutta la settimana, ma la domenica possono passare qualche ora insieme. E fare finta di essere una coppia normale, con una vita normale, quando di normale non c’è ormai più niente. Amalia partorisce Giovanni all’ospedale Borsch grazie all’intervento della moglie di un ufficiale del campo per cui lei presta servizio. I bombardamenti su Stoccarda si stanno intensificando e Vittorio ha l’incarico di suonare l’allarme. È in uno di questi bombardamenti che il violinista resta ferito gravemente. Il 28 gennaio del ‘45 il piccolo Giovanni viene battezzato all’ospedale, il giorno prima della morte del padre. Sul documento ufficiale si legge che morì per “un tumore maligno”. Sui bombardamenti e sul lager nessun riferimento.

Con mamma Amalia il piccolo Giovanni viene in Italia, non appena la guerra è finita. Lei va a lavorare come donna di servizio, per Giovanni si aprono le porte del collegio. Più d’uno per la verità, fino a quando comincia a lavorare. Con la mamma «ci conoscevamo poco», dice oggi. «Lei aveva un carattere forte, ma ogni volta che chiedevo del passato, della Germania, si metteva a piangere. Così a un certo punto non chiesi più nulla». Panosetti sa essere sarcastico: «Anche io, come il giovane principe Emanuele Filiberto, sono nato all’estero e avrei voluto nascere in Italia. Anche io ho trascorso l’infanzia in collegio, il mio, però, non era svizzero”, E lassù, a Esslingen, lui non ci è mai voluto andare, nemmeno a vedere la tomba del padre. Paola Molino


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DAL MEDIOEVO ALLA MODERNITÀ Uno sguardo sulla Val Bormida

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’Abbazia di Ferrania si trova in Borgo S. Pietro a Ferrania, frazione del Comune di Cairo Montenotte, in una grande conca pianeggiante a 365 mt s.l.m., circondata da colline e attraversata dal fiume Bormida di Mallare. L’Abbazia venne fondata nel 1097 per volontà di Bonifacio del Vasto (Savona 1060-1130 ca.), marchese di Savona e della Liguria Orientale, appartenente alla nobile famiglia degli Aleramici di origine franco-salica. Nella Chiesa venne sepolta la seconda moglie di Bonifacio, Agnes, originaria di Vermandois, regione della Francia che ha al centro Saint Quentin, a nord Cambrai e a sud Reims. Il complesso abbaziale venne successivamente utilizzato per realizzare abitazioni private, mentre la Chiesa nel secolo XVII fu riedificata ed arricchita con opere di autori seicenteschi. Accanto all’edificio religioso si può visitare il “Giardino Dell’Abate” e il “Museo Diocesano dell’Abbazia” inaugurato nel marzo 2015, che conserva preziosi arredi liturgici, manufatti ecclesiastici e paramenti sia del culto cristiano, sia del culto ortodosso. Nel Museo è conservato un frammento ligneo della biblica Arca di Noè ed un ricco archivio che raccoglie tra l’altro lettere dello scienziato Galileo Galilei e del grande navigatore Cristoforo Colombo. All’inizio del XX secolo su parte dei terreni del complesso abbaziale di Ferrania sorgono alcuni stabilimenti industriali, testimonianza di una realtà imprenditoriale dell’entroterra savonese. Tra questi l’imponente edificio della

ex Fabbrica Ferrania, memoria oggi della bellezza industriosa, con i suoi quattro padiglioni-laboratori ed un grattacielo di dodici piani. L’azienda occupa 100.000 mq di cui 30.000 coperti da costruzioni industriali e 5.000 da abitazioni e costruzioni civili. Al di fuori dello stabilimento si trovano le Case-operaie

costituite da villini come in una città-giardino: il tutto progettato per un armonico inserimento nel territorio. L’avventura dell’azienda Ferrania inizia con la produzione di macchine fotografiche, lastre per usi diversi e non subisce interruzioni nemmeno durante la seconda guerra mondiale. Capofila italiana per il materiale foto-

Mappa elaborata dal Geom. Alex Vaiani

grafico e cinematografico è la prima in Europa a produrre pellicole a colori adatte, per il loro formato, sia per la fotografia che per il cinema. Lo sviluppo delle nuove tecnologie digitali determina la decadenza della Ferrania che nel 1971 diventa, con partecipazione di capitale americano, prima “3M Italia”, poi nel 1996 “Imation”, specializzata in arti grafiche e materiali per apparecchiature medicati, fino alla sua chiusura nel 2009. Il Convento Francescano di Ville, frazione di Cairo Montenotte, fu edificato nel 1213 per volontà del marchese Ottone del Carretto e di San Francesco di passaggio a Cairo diretto in Francia. L’edificio venne costruito probabilmente adattandolo ad una “grangia” benedettina già esistente ed è costituito da due distinte parti: una adibita a convento e l’altra (in stato di rudere) a Chiesa a tre navate intitolata a S. Maria degli Angeli. All’interno del Chiostro affreschi sulla vita di San Francesco realizzati nel sec. XVI da Guglielmo Caccia detto “Il Moncalvo”. Nel periodo napoleonico il Convento fu adibito a quartier generale dell’esercito francese e danneggiato così gravemente tanto da essere in seguito abbandonato. Il terreno del complesso conventuale si estende per 27 ettari. Un primo intervento del Comune di Cairo M. sull’edificio (costato circa 2 milioni di euro) ha recuperato sedici camere, una cucina e un refettorio al fine di realizzare un “ostello” per attività collegate all’università di Genova e/o per progetti comunitari. Graziella Ferrari

“Pignatte” liguri in terracotta - Collezione di Maurizio Adamo


N° 25 - Aprile 2015 - Redazione A.LP. - Via Torino, 22 R - 17100 Savona - Tel: 349/6863819 - E-mail: vintera@villacambiaso.it

ADDIO CAPITANO, ARRIVA IL CONDUTTORE La riforma manda in soffitta la vecchia qualifica

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l Cap. L. C. Riccardo Roemer de Rabenstein ringrazia e si complimenta con chi ha scritto l’articolo uscito su Il Secolo XIX pregandoci di pubblicarlo, come denuncia dell’abolizione dello storico titolo di capitano trasformato in conduttore e per mettere in risalto l’esagerato comportamento savonese del “mantra riformista” che ha pensato bene di spostare addirittura la sede, decretandone la morte, del Nautico Leon Pancaldo. Da Il Secolo XIX del 17/01/2015 «Siamo arrabbiati. Cancellare il titolo di capitano e sostituirlo con quello di conduttore? È inaudito. Scriveremo al ministro». Giovanni Camozzi, presidente della Società Capitani e Macchinisti navali, fondata il 19 novembre 1904, annuncia battaglia. Una “crociata” contro quei “cambiamenti galeotti”, come li definisce Camozzi, che hanno mandato in naftalina la qualifica di capitano per sostituirla con quella di “conduttore”. «I ragazzi del nautico Colombo che, peraltro, dal 2010 si chiama istituto tecnico della logistica e dei trasporti anche se per noi rimane “il nautico”, una volta sostenuto l’esame di maturità, nel 2015, non saranno più capitani di lungo corso e di macchine ma conduttori del mezzo navale o degli apparati ed impianti marittimi», dice. “Colpa” dell’adeguamento dell’Italia alle norme stabilite dall’Imo, l’International Maritime Organization, un’azienda delle Nazioni Unite incaricata di sviluppare i principi e le tecniche della navigazione marittima internazionale per rendere il trasporto via mare più sicuro e ordinato. «L’Italia è stata costretta a recepire gli adeguamenti imposti dall’Imo – dice Camozzi–, altrimenti sarebbero fioccate multe salate. Il cambiamento di denominazione è stato deciso in accordo con i ministeri dell’Istruzione e dei Trasporti e i programmi di istruzione degli ufficiali sono stati modificati per rispondere a standard minimi di preparazione». Poi: «Il capitano è sempre stato la massima autorità a bordo. Conduttore può essere anche chi porta un tram o un taxi». Al di là dell’aspetto romantico che

Camozzi e i capitani camoglini difendono a spada tratta, gli adeguamenti alla normativa europea, stabiliti per garantire una maggior sicurezza della navigazione, comportano anche cambiamenti per le figure professionali a bordo. Bruno Gazzale, fiduciario del Colombo dal 1998 al 2010, insegnante di Navigazione dagli anni settanta, oggi in pensione, spiega: «L’Imo chiede anche di acquisire nuove conoscenze, seguendo corsi nei centri di addestramenti riconosciuti su antincendio, sopravvivenza e pronto soccorso e specifici per la tipologia di merce trasportata. Conoscenze che devono far parte del bagaglio degli ufficiali di bordo». E prosegue: «Il codice della navigazione in vigore prevede, per gli ufficiali italiani, il rilascio di titoli diversi da quelli prossimamente rilasciati dalla scuola. Quindi gli aspiranti diplomati del 2015, i primi del nuovo corso, possono avere, al momento, soltanto la speranza che il loro titolo venga equiparato a quelli previsti dal codice della navigazione per accedere direttamente alla professione. Se così non sarà dovranno seguire un corso di 500 ore, organizzato dall’Accademia della Marina mercantile per i diplomati provenienti da istituti di altro tipo in modo da completare la preparazione, ridotta dal 2010 perché il ministero dell’Istruzione ha abbassato il monte ore di lezione da 36 a 32, penalizzando anche le materie professionali». E aggiunge: «Capitani di lungo corso e di macchina sono titoli che non esistono più. L’Imo ha stabilito che vengano rilasciate qualifiche, a seguito degli esami sostenuti dai candidati presso le direzioni marittime, le quali autorizzano ad imbarcare da ufficiale, primo ufficiale, comandante e direttore di macchina. Ma, attenzione: se questi ufficiali non navigassero per cinque anni perderebbero la qualifica e dovrebbero ricominciare da zero mentre prima la direzione marittima rilasciava il titolo di capitano di lungo corso o di macchine per la vita. Cucito sulla pelle e sul cuore». Rossella Galeotti

Difendo il Nautico

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l vecchio e glorioso “Istituto Tecnico Nautico Leon Pancaldo” dove insegnarono illustri professori, sui cui libri ancora oggi gli studenti studiano (vedi Ideale Capasso e Sorrentino), è sparito. La parola Nautico fu eliminata tempo fa ed ora vogliono farci modificare il titolo da Capitani di lungo corso e di macchine a conduttori del mezzo navale o degli apparati ed impianti marittimi. Il titolo di Capitano viene conferito dopo aver fatto mesi di navigazione e sostenuto due esami presso le Direzioni Marittime e rimane per tutta la vita. Ora se vengono recepite le norme stabilite dall’Imo il titolo conseguito decade se non si naviga per cinque anni. Ma l’Italia che è stata costretta a recepire queste regole, non può opporsi e far sentire la sua voce per modificare quanto già deciso dall’Imo?

E quando queste norme sono state formulate, dove era la delegazione italiana? Spero che la battaglia intrapresa dal presidente della Società Capitani e Macchinisti navali di Camogli abbia buon seguito e penso che tutti gli amici dell’A.LP. (Associazione Nautico Leon Pancaldo) di Savona la pensino come me! Cap. D. M. Luigi Gravano

La sede operativa A.LP. a Villa Cambiaso (Via Torino 22r - Savona) è aperta il 1° e il 3° Martedì di ogni mese dalle 17.00 alle 18.30. Luglio e Agosto esclusi. Tel: 349 6863819


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A.LP.

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CANALE DI PANAMA: SITUAZIONE ATTUALE E FUTURA Sono italiani i pezzi più grossi, 16 paratie dal porto di Trieste

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er capire di cosa si tratta l’ampliamento del Canale di Panama, bisogna andare nell’area dove si costruiscono le nuove chiuse del Pacifico. Una strada tutta sobbalzi, pozzanghere larghe 55 metri; ci si deve inoltrare in un canyon artificiale lungo più di un chilometro, con due pareti di cemento armato con 50 metri di strapiombo, qui l’uomo sembra davvero un insetto. Qui si parla davvero molto Italiano, tra USA, Cina, Korea, Germania. Sono italiani i pezzi più grossi, trattasi di 16 paratoie imbarcate nel porto di Trieste con 156 valvole, elementi che hanno un peso fra le 12 e le 31 tonnellate, da 4,5 per 4 metri o 7 per 4,3 metri, aggeggi che serviranno a far funzionare le 16 paratoie. C’è l’impegno di tutto il mondo in quest’opera importante e imponente, che sarà paragonabile a quanto fatto dall’uomo tra il 1904 e il 1914 con uno scavo tra terra e roccia di 152,9 milioni di metri cubi. Se si fossero caricati vagoni da treno come gli attuali, ci sarebbe voluto un treno lungo 4 volte l’equatore. Questa volta i milioni di metri cubi saranno circa 126. Verranno costruite nuove chiuse come 6 erano ma disposte diversamente sul percorso delle 2 vecchie

corsie. Chiuse che sono più larghe, più alte con maggiore profondità. Nel 2000, quando la Canal Zone, passò dagli USA a Panama, ci si rese conto che la struttura era al culmine della sua capacità; con le navi post-panamax il canale sarebbe stato tagliato fuori per la tendenza a costruire navi mercantili sempre più grandi, e così partì questo allargamento. Panamax, è la misura massima delle navi che possono attraversare attualmente il canale, 294,1 m. di lunghezza f. t., una larghezza di 33,5 m. f. t. ed un pescaggio di 12,8 m. Da notare che oggi una di queste navi nelle chiuse di Miraflores sul Pacifico dista dal molo appena 30 cm; quando tra un anno o poco più le nuove chiuse saranno pronte, potranno attraversare navi da 366 m. di lunghezza e larghe 55 m. con pescaggio di 18,3 m. Non pare una differenza molto grande ma, tradotta in operatività, significa permettere il passaggio di navi portacontainers da13/14 mila containers (teus). Oggi il canale ha un attraversamento che oscilla tra le 38/42 navi al giorno, con la nuova corsia passeranno 10/14 navi in più al giorno, ma di dimensioni maggiori. Sarà quindi terminato entro il 2015

l’ampliamento del Canale di Panama. Salini e Impregilo, due delle società che partecipano all’ampliamento del Canale, hanno confermato che i lavori inerenti all’ampliamento del Canale di Panama saranno terminati entro la fine del 2015. L’opera sarà una delle più grandi infrastrutture mai costruite al mondo. Eppure, già oggi, si pensa ad un nuovo progetto: la costruzione di una infrastruttura concorrente lunga 278 km in Nicaragua, dove stanno cominciando i lavori per costruire un canale che taglierà in due il Paese per unire il mare dei Caraibi con l’Oceano Pacifico, attraversando i quasi 105 km del lago di Cacibolca. Quest’opera dovrebbe permettere l’attraversamento di navi da 400 mila tons annullando, almeno in parte, gli sforzi fatti per ampliare l’attuale Canale di Panama. È ovvio che se quest’opera sarà mega, le polemiche, il dissenso, ecc... lo saranno altrettanto. Ancora non si sa quale im-

CARTE NAUTICHE

patto ambientale ci potrebbe essere. Un fatto è certo: il finanziamento di tutto ciò è di origine cinese (HKND gruppo di Hong Kong), si parla di 55 miliardi di USD. Ovviamente se l’opera dovesse essere eseguita, anche il nuovo Canale in ultimazione sarebbe già del tutto superato. A livello di maestranze si parla di occupare per più di 5 anni, ben 50.000 persone. Per dare un idea degli attuali lavori e delle Paratoie inviate da Trieste, guardare con attenzione la serie di foto qui allegate, anche se, in questi casi così eclatanti solo la realtà riesce a rendere l’idea. Cap. L. C. Riccardo Roemer de Rabenstein

Meridiano zero, Greenwich, Conferenza di Washington 1884

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pesso ci viene da chiedersi “Ma nei tempi passati come facevano?”. Le distanze venivano misurate, in base ad ogni paese che, per poter considerare le longitudini, indispensabili per le carte nautiche come per le carte militari, stabiliva un suo Meridiano fondamentale; ma prima del 1884 era sempre un rebus stabilire dei punti fermi, validi e riconosciuti da tutti. Consideriamo che noi in Italia tenevamo conto del Meridiano di Monte Mario (Roma), la Francia si basava sul Meridiano di Parigi, mentre gli Inglesi già dal 1675 si basavano sul Meridiano di Greenwich. Teniamo conto che la potenza Marinara Inglese era sempre più all’avanguardia, furono i primi a fare vere campagne Idrografiche, quindi affermarono

nel Mondo Moderno il loro modo di fare le cose. A titolo di esempio, che è molto chiaro, nel lontano 1854, non proprio troppo lontano, una carta del Porto di Genova, dono del collega Rudy Raineri, ci dimostra che la Carta Nautica allegata si basava sulle misure in Tese Francesi e Gomene Francesi, chiaramente, fino a che nel 1884 non si stabilirono regole uguali per tutti, con il Meridiano Zero. Era quello che passava dall’Osservatorio di Greenwich, in base al sistema dei fusi orari necessari per calcolare la Longitudine da 0° a 180° Est o West. Questa fu la base di come consideriamo le ore moderne. Cap. L. C. Riccardo Roemer de Rabenstein


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