Villa Cambiaso n° 79

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RIVISTA ARTE E CULTURA DI SAVONA E FUORI PROVINCIA

Anno XVI - N° 79 - Marzo 2017 - Direttore: Pio Vintera - Aut. Trib. di Savona N° 544/03

Spedizione in A. P. - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 Comma 2 - Direzione Commerciale Savona - Tassa Pagata - Taxe Perçue

Redazione: Via Torino, 22R - 17100 Savona - Tel. 349 6863819 - Grafica e Fotografia: Mattia e Veronica Vintera Edicole SV: P.zza Diaz - P.zza Sisto IV - P.zza Saffi - Via Torino - GE: P.zza della Nunziata - P.zza De Ferrari

Particolare della fontana nell’atrio del Museo Cambiaso, attribuita al Bernini


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Spettacolo - Personaggi

Anno XVI n° 79 - Marzo 2017

BOLLYWOOD A VILLA CAMBIASO

Canti, danze e prodotti indiani nella storica villa di Savona

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n tripudio di colori e paillettes ha acceso, nel weekend tra il 17 e il 19 febbraio 2017, il palazzo storico di Villa Cambiaso, in occasione del «Bollyfest Liguria», il primo festival Bollywood a livello regionale, con ospite d’eccezione Sunny Singh, ballerino, attore e coreografo direttamente dall’industria del cinema indiano. L’evento dal sapore orientale ha preso il via con la festa inaugurale «BollyFest Welcome Party», al ristorante Shalimar di via Giacchero, dove è stato possibile degustare i piatti tipici della cucina indiana, meglio se vestiti con il colorato «indian dress code», con in sottofondo l’immancabile deejay set. A partecipare alla serata, anche il super ospite Sunny Singh, insieme a Suresh Singh, insegnante e ballerino della Sunny Singh Bollywood Dance Academy Savona. Sabato e domenica, la location prestigiosa di via Torino si è trasformata in

una scuola di danze indiane, sotto la guida del ballerino, coreografo e attore dell’industria cinematografica di Bollywood, Sunny Singh. Sono stati organizzati quattro workshops, divisi per classi di studio: due sabato e due domenica. Sabato sera c’è stato anche uno show, con gli artisti internazionali Sunny Singh, Suresh Singh e l’organizzatrice Franscesca Negma Orlando, maestra della scuola di danza orientale «Negma e le stelle d’Oriente» di via Pirandello e della Ssbda Savona, accompagnata dalle sue allieve. Infine, durante tutta la durata del festival, è stata allestita un’area bazar a ingresso gratuito, dove si potevano acquistare gli oggetti tipici dell’artigianato indiano e degustare le varie pietanze della tradizione etnica. Denise Giusto da “La Stampa” del 16/02/2017

IL PAPA SI “AVVICINA” AGLI AVI DI PIANA CRIXIA Il paese natale della nonna paterna di Bergoglio

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n piccolo paese dal passato importante. Affondano in Valbormida le radici della famiglia di Papa Francesco, in località Schenardo, vicino al santuario del Todocco, il 27 febbraio 1884 nacque Margherita Rosa Vassallo, nonna paterna del

Pontefice. Il 16 settembre il viaggio alla scoperta della terra santa dei Bergoglio è stato compiuto da Rogelio Pfirter, ambasciatore dell’Argentina presso la Santa Sede. Ora Piana Crixia spera che, come successo a Torino l’anno scorso, il Papa

Cappella consacrata del Museo Cambiaso nella quale Pio VII sostava in preghiera durante la prigionia a Savona

visiti un giorno la casa della nonna paterna. Roberto Bracco, sindaco del paese, ha invitato Papa Bergoglio. «Ho consegnato all’ambasciatore una missiva con le copie dei registri di nascita di nonna Rosa Vassallo –ha detto il primo cittadino– oltre a una lettera con l’invito affinché venga nella nostra terra. A San Massimo c’è ancora il fonte battesimale dove Rosa Vassallo ricevette il primo sacramento e il cimitero dove riposano alcuni avi del Santo Padre». L’albero genealogico di Bergoglio venne alla luce a poche settimane dalla nomina a Sommo Pontefice, grazie a una ricerca tra gli archivi comunali che rese note non solo le origini, ma anche la vita della nonna del Santo Padre che, nel 1907, si trasferì a Torino. Qui sposò Giovanni Bergoglio e il 2 aprile 1908, nacque il figlio Mario: il papà di Francesco. Molto fitti sono però i legami tra la famiglia Ber-

goglio, la Liguria e il Piemonte visto che, prima di emigrare in Argentina nel 1929, i genitori del Pontefice si trasferirono ad Asti. Era stato proprio papa Bergoglio, nel maggio 2013, con una lettera scritta di suo pugno a ringraziare per una ricerca storica che aveva portato alla luce la storia della sua famiglia. Nonna Rosa non era però l’ultima parente valbormidese del Santo Padre: a Savona, dove si era trasferita da Piana, ha vissuto fino ad aprile 2015. Secondo Vassallo, cugina di secondo grado di Papa Francesco, scomparsa a 89 anni. Era nata il 16 aprile 1925 a Piana Crixia ed era la settima figlia di Ferdinand Severo Vassallo, fratello di Rosa Margherita. Nel 2014 in occasione del primo anniversario di pontificato di Papa Francesco, una delegazione di cittadini guidata dall’ex sindaco, Massimo Tappa, aveva già raggiunto Roma per assistere alla messa in onore di Rosa Vassallo e degli avi del Santo Padre originari di Piana che Francesco aveva ricordato in una giornata dedicata alle famiglie. Le celebrazioni erano poi proseguite la domenica mattina, quando il Comune di Piana Crixia aveva aperto il corteo composto dalle varie corali e bande musicali che avevano sfilato da Castel Sant’Angelo fino in piazza San Pietro per assistere all’Angelus. Luisa Barberis da “Il Secolo XIX” del 5/10/2016


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Cultura - Personaggi

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LA “BELLEZZA” NEI SECOLI

Interpretazione di Roberto Garbarino nella società di oggi

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’arte è la più elevata rappresentazione delle cosiddette attitudini umane. Rappresenta il tramite, il “Logos” in quanto fattore umano nelle cose circostanti quali la Phisys e altre. L’atto artistico, il pensare, sono il desiderio talvolta ludico di corrispondenza emozionale e nasce dai primordi dei tempi come testimonianza epocale ai posteri. Si rappresenta l’essere nelle varie forme e nelle modalità diverse visive, inteso come possibilità storica di apparire alle generazioni future. Poter essere ancora; trovare l’insoluta percezione del resto, dell’ altro, di trovare il solido nulla eterno da cui si creano le condizione più elevate dell’essere. La Bellezza è essere, l’essere non è Bellezza. La Bellezza è atemporale e crea le basi maieutiche della Cultura. La Bellezza come l’arte in genere tolgono la cupidigia esistenziale, circoscrivendo il gerundio comportamentale del fenomeno uomo; le testimonianze epocali, il desiderio di conoscere e tuttociò è avvenuto soprattutto nella Storia delle arti e letteratura del Novecento. L’arte trova il suo senso escatologico nel desiderio di migliorare il fenomeno uomo inteso come atomo cogitante e vivente nel contesto universale in contesti morali ed etici. Tuttavia se la Bellezza varia, varia la morale. L’artista rappresenta il proprio tempo nel tempo e l’arte trova il suo senso ontologico nella persona che

la fruisce divenendo successivamente materia di dialogo evolutivo, di dibattiti e di Cultura. Tuttavia la rilevanza etimologica di cosa sia la Cultura oggi suscita nel contemporaneo le più svariate idee e opinioni. La Cultura oggi sussiste nei Musei e nelle stesse persone che la promuovono. Cultura intesa nel curruculum esistenziale di una nazione nell’interscambio di pace. Se è l’arte che crea la più elevata emozione in quanto “pathos” sulle cose, nelle cose stesse, il cosiddetto prodotto finito divieTestimonianza di Vittorio Sgarbi in un dei muretti degli artisti di Villa Cambiaso ne aristotelicamente le quali il concetto di Bellezza è vaparlando tempo immobile negli occhi di difficile interpretazione, da osserriarato nel corso dei secoli tuttavia la e nei pensieri di chi lo fruisce. vare, valutare, tralasciando un signiStoria dell’arte e quella della LetteraSussiste tuttavia un compito assai ficato preciso. tura in genere rimangono tali. difficile negli storici dell’Arte nella Io penso che il concetto di Bellezza La transizione storico epocale il divalutazione e attribuzione delle vaoggi non è variato, stabilendo sopratsgregarsi degli stessi dettami creano rie opere intesa come interpretazione tutto cosa sia la Bellezza. negli artisti e intellettuali una diluita meritoria del valore di un artista. È variato tuttavia il modo stesso di visione della realtà e tuttociò crea una Se è vero che un artista è valido quanvivere la Bellezza e pertanto di intermiscellanea di costellazioni soggettido riesce a rappresentare i tempi in pretarla. ve di vedere il reale. cui vive con linguaggi espressivi e Nella società di oggi, nel pericolo delMa che cos’è la realtà di oggi paragocanoni estestici sempre nuovi, oggi, la siccità del pensare, dove la comuninata alla Bellezza Manierista? nella cosiddetta cultura contemporacazione ha assunto velocità fotoniche Oggi la visione e la comprensione nea dove la mistificazione è rilevante, e crea inique opulenze dialogiche, la dell’arte appaiono, a volte, ai non adtuttociò appare difficile. Bellezza, l’arte rimangono le sperandetti ai lavori, come un qualchecosa Lo storico comprende le ragioni per ze per una società migliore.

IL LEGAME CULTURALE DI ILARIA CAPRIOGLIO da Presidente del Circolo degli Inquieti a Sindaco di Savona

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laria Caprioglio da Presidente del Circolo degli Inquieti –costituitesi nel 1997 a Villa Cambiaso con Elio Ferraris– si era sospesa perché candidata a Sindaco di Savona «Le ho sempre detto che è più intelligente che bella. Vi stupirà per come farà bene il sindaco. Farà carriera. Ilaria è capace di colmare quel vuoto cittadino che c’è nelle file dei dirigenti di centrodestra. Ne potrà essere la guida, il riferimento in città, ne sono convinto». Mentore, Talent scout. Scopritore. Consigliere occulto. Richelieu o Rasputin a seconda delle idee politiche. Diverse le definizioni che gli sono state affibbiate prima e dopo la vittoria alle elezioni di Ilaria Caprioglio. Sta di fatto che Elio Ferraris è stato uno dei primi, rimanendo sempre

dietro le quinte, a intuire e perorare le potenziali qualità politiche e amministrative della sua Ilaria. Contribuendone alla “scalata” di Palazzo Sisto. La sindaco lui la ha avuta in casa per anni nel suo laboratorio culturale del Circolo degli Inquieti. Ne ha promosso il suo primo libro sui disturbi alimentari tra i giovani. L’ha aiutata nella sua dimensione pubblica, facendola emergere da quella privata. A lei Farraris aveva passato il testimone del Circolo degli Inquieti –nell’autunno scorso dopo le sue dimissioni– al pari della direzione editoriale de “La Civetta”. È stato lui –comunista eretico dalle mille vite, segretario provinciale del PCI all’inizio degli anni Ottanta (fautore del dialogo tra comunisti e socialisti negli anni post Teardo) e poi editore– a “scoprire” Ilaria. «Non posso che parlarne bene. Un’ot-

tima candidata non solo per partecipare, ma per vincere» La risposta di Ferraris a chi da Genova, dallo staff del governatore Toti, gli chiedeva conforto sul nome della Caprioglio uscito da incontri e chiacchere tra lo stesso Elio e chi rappresentava il centrodestra. «Ho solo fatto da tramite» da ufficiale di collegamento. Il nome di Ilaria che il poliedrico Ferraris aveva lanciato nell’arena politica savonese si è dimostrata poi l’intuizione giusta. «Sono sicuro che Ilaria sarà leale con la sua coalizione che l’ha portata al ballottaggio ma, con la sua intelligenza politica che vi sorprenderà, sono certo che sarà attenta alle forze di opposizione che hanno contribuito a farla vincere il 19 giugno 2016» è il manifesto politico pro Caprioglio firmato da Elio che mette le mani avanti: «non sono il suo consigliere»

consigli non richiesti: «Evitare di fare la fine politica di Gervasio che è durato un mandato solo dopo che si era trovato a governare con un voto solo legato alla rotatoria di Legino. Mi ricordo la storia delle catenelle in piazza Mameli osteggiate dalla sua stessa maggioranza che voleva far cadere». Poi? «mettere a bilancio un ottimo tecnico». I rischi? «Stare attenta a una certa tendenza alla sicumera. Per il resto Ilaria, di idee liberali, è in grado di studiare faldoni e pratiche in un paio di giorni appena. È autonoma ed è una trascinatrice». Elio ha un altro colpo in canna dalla sua fucina di talenti del Circolo: «L’avvocato Alessandro Bartoli sarebbe un ottimo assessore, ma non credo che abbia tempo». Alberto Parodi da “Il Secolo XIX” del 24/6/2016


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Mostre

PAOLO GANDOLFO

Commento di Franca Maria Ferraris sulla mostra a Villa Cambiaso

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rofondamente legate alla tradizione figurativa, le opere di Paolo Gandolfo, una vasta produzione di oli su tela in mostra presso Villa Cambiaso in Savona dal 22 al 28 ottobre 2016, comunicano attraverso le forme e i colori, una realtà che è vita sia nelle immagini dei paesaggi sia nelle altre “composizioni” come il pittore stesso definisce le tele in cui raffigura non solo oggetti consueti, come bottiglie di varie forme e misure, tavolozze, boccette di pigmenti e pennelli, ma anche oggetti desueti. Tra questi ultimi, hanno risalto le lampade a petrolio, le cuccume e le scodelle di antica fattura, i calamai con penne e pennini, i consunti fascicoli di vecchi manoscritti, ed altri oggetti del passato. Tutte assieme, e ciascuna per sé, tali “composizioni” esprimono un significato che va ben oltre il riferimento

alla loro iconografia. Ciò avviene poiché l’espressività figurativa degli oggetti, fissata sulla tela in un momento unico e irrepetibile, attiene a una realtà spazio - temporale dove gli accordi dei colori e delle forme richiedono, così all’artista come allo spettatore, il contatto percettivo di una sensibilità immediata che assicuri, attraverso le immagini di ieri e di oggi, la coesistenza del passato nel presente, nonché la sollecitazione ad una costante ricerca del tempo perduto e dei suoi relativi valori. Nel mondo frenetico in cui viviamo, i quadri di Gandolfo rinviano a quell’idea di pace, di raccolta solitudine e di meditazione necessarie a ritrovare la calma interiore, a riscoprire con gioia gli oggetti del tempo perduto. Poiché la pennellata del Nostro, oltre a tratteggiare le immagini con un’alta definizione del segno, una vivace

limpidezza dei cromatismi, una precisa scansione degli spazi, alle stesse immagini sa dare una voce sommessa, che suona consolatoria al nostro orecchio distratto dai troppi rumori. Voce di oggetti, che dicono momenti sereni; di alberi e prati, che sussurrano fruscii di fronde e di erbe; di campi assolati e di vigne autunnali, che richiamano mietiture e vendemmie. Voce di onde, che si frangono sulla battigia con dolcezza o veemenza. Tutto questo perché nella pittura gandolfiana, ogni oggetto del quotidiano così come ogni elemento del paesaggio esprime la misura del vero, ciascuno essendo rigorosamente impostato sulla fedeltà al contingente, sulla semplicità di un linguaggio pittorico profondamente evocativo, sul modus vivendi di chi si tiene al di fuori delle correnti moderniste, ma è tuttavia più attuale che mai per la capacità di

scandagliare nel profondo gli aspetti della realtà, al fine di portarne in luce i dettagli più interiormente comunicativi. Una pittura, quella di Paolo Gandolfo, che è sostanziale recupero della dimensione umana, espressione della personalità di un artista, che ha continuato e continua a seguire la propria genuina ispirazione, ad osservare attentamente, dal proprio angolo di quiete, sia gli oggetti più soliti e modesti della vita quotidiana sia la natura che lo circonda, rappresentando gli uni e l’altra nella loro essenzialità temporale, e tutti valorizzandoli con la luminosità cromatica accordata al dettato del proprio sentire. Un’assidua ricerca svolta all’insegna di una visione d’insieme dove passato e presente, uniti in un’armonia totalizzante, divengono un tempo unico da celebrare con sacralità.

ARTE DEMOCRATICA A VILLAPIANA

Sui muri di via dei Cambiaso artisti, poeti e musicisti fianco a fianco

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tanno diventando una delle principali attrazioni per Villapiana e non solo: sono i muretti di via dei Cambiaso, centinaia di artistiche piastrelle dalle più svariate forme e contenuti. Poesie, musica, piccoli dipinti, schizzi, ritratti o semplicemente frasi o firme costituiscono una singolare esposizione aperta alla vista di tutti, lungo via dei Cambiaso, accanto all’omonima villa, sul muro che circonda il giardino. «Li abbiamo chiamati muretti –afferma Pio Vintera, pittore e proprietario della storica villa Cambiaso– per distinguerli dal muretto di Alassio e perché l’intero percorso è suddiviso in tante parti». I muretti sono nati all’inizio dell’anno 2000 e sono una presenza molto nota nel quartiere. «Gli artisti, gli scrittori, i letterati che frequentavano e tuttora frequentano Villa Cambiaso –afferma Vintera– mi avevano chiesto, fin da allora, di lasciare qui un

segno, una testimonianza». I muretti sono definiti come “democratici” ed ecco il perché: «Tutti coloro che lo hanno chiesto, hanno potuto lasciare una piastrella o una piccola opera in ceramica come segno della loro presenza. Capita così, che lungo i muretti –continua– si trovino fianco a fianco le piastrelle disegnate da personaggi famosi, anche a livello internazionale e quelle di anonimi abitanti del quartiere, in tutto questo consiste la democraticità dei muretti». Di nomi più o meno famosi che si devono cercare con cura mescolati a tanti altri, lungo via dei Cambiaso se ne possono citare tanti. Tra questi Antonio Ricci, il famoso autore televisivo, inventore di “Striscia la notizia”, poi Ramona Badescu, attrice romena, Giorgio Calabrese, medico nutrizionista, Alessandra Canale, attrice e annunciatrice, il giornalista Alessandro Cecchi Paone, il mago Gentile, il pittore spagnolo

Gaston Orellana, l’attrice Paola Pitagora, il critico d’arte Vittorio Sgarbi e l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo. «Fornisco la piastrella, i colori ed i pennelli, e il supporto tecnico per chi non è esperto di pittura su ceramica –precisa Vintera– poi ognuno è libero di esprimersi come vuole; anche in questo sta la democraticità dei muretti. Qualcuno tra i tanti non ha voluto darmi ascolto –aggiunge– ha disegnato a freddo sulla piastrella ed il risultato in alcuni casi, per fortuna limitati, è che le piastrelle, esposte alle intemperie, si sono scolorite ed oggi non sono più leggibili». La quantità delle testimonianze è notevolmente aumentata negli ultimi anni; il numero preciso non è possibile stabilirlo, ma sono moltissime e lo spazio lungo via dei Cambiaso si è ormai esaurito. Per questo, i muretti hanno svoltato l’angolo di piazza Bologna, seguendo la delimitazione del parco della vil-

la. «Anch’io ho voluto mettere –dice Vintera– la mia testimonianza; ho disegnato col pennello su una piastrella un pentagramma, con una composizione del maestro Giusto Franco». Ci sono poi anche pannelli più grandi lasciati da alcuni artisti. «Abbiamo un piccolo problema –afferma Vintera– sono alcuni bidoni dell’immondizia piazzati accanto ai muretti e, a volte, qualcuno ne approfitta per depositare qualche rifiuto proprio sotto al muro. Non è un bello spettacolo per chi osserva le piastrelle a causa anche dell’odore; rendere questa zona più pulita, non sarebbe un favore fatto a me ma un vantaggio per l’arte e per la città». Vintera rivendica infine l’originalità dei muretti: «Sul muretto di Alassio ci sono soltanto firme, qui invece abbiamo centinaia di piccole opere d’arte, sculture, poesie, pitture un patrimonio da visitare e da conservare nell’interesse di Savona».


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Mostre - Personaggi

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LA MOSTRA “DIECI DITA PER L’ARTE”

Artisti vedenti e non vedenti insieme per una curiosa iniziativa di scambio

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ual è il più classico divieto in un’esposizione di materiale anche solo minimamente pregiato? “Si prega di non toccare”. Eppure, all’inizio di questo mese, palazzo Nervi –sede della Provincia– ha ospitato addirittura una mostra d’arte dove vigeva un obbligo ben diverso: “Vietato non toccare”. E perfino il titolo dell’evento conteneva un malcelato invito al contatto fisico: “Dieci dita per l’arte”. Tale mostra decisamente atipica è stata organizzata dalla sezione savonese del Uici, l’Unione italiana ciechi e ipovedenti: ecco allora che tastare, palpare, soppesare diviene il mezzo privilegiato per conoscere gli oggetti in esposizione. Oggetti suddivisi in

due categorie: le opere prodotte da artisti vedenti, e quelle realizzate da artisti non vedenti. Perché «un non vedente può fare arte, e può visitare una mostra» Spiega Francesca Auxilia, consigliera del Uici Savona ed organizzatrice della mostra. Anche se per goderne deve essergli permesso di tifare quello che di solito è proibito: «Spesso l’artista è geloso della sua opera e non permette di toccarla – spiega Francesca– ma in questo modo il cieco non riesce a crearsi un’immagine mentale». Tutt’altra storia qui, a “Dieci dita per l’arte”: «Tutto dev’essere tastato approfonditamente» illustra lei. Anche da parte dei visitatori vedenti che sono stati caldamente invitati ad indossare una spessa ben-

da nera sugli occhi prima d’iniziare il percorso: per verificare poi quanto la realtà corrispondesse all’immagine mentale elaborata sulla base del tatto. Curioso a dirsi, non soltanto le sculture, ma anche i dipinti rientrano tra gli oggetti che chi non vede desidera toccare. Spiega Francesca: «Il colore non ci dà tanta soddisfazione: per chi non vede dalla nascita, poi, è un concetto sostanzialmente astratto. Invece la ruga si: pennellate pastose permettono di formarsi un’idea dell’opera. Un’idea che non potrà essere pienamente fedele alla realtà, però almeno ben definita». Allo stesso scopo, continua, l’esposizione è corredata di altri strumenti: «Etichette in caratteri grossi per gli ipovedenti e in braille

per i non vedenti –spiega– E poi la penna vocale, contenente informazioni molto più dettagliate rispetto ad una normale audioguida». Ma che cos’è la penna vocale «Io –è la risposta– la uso abitualmente per etichettare gli alimenti: si registra la propria voce abbinandola ad un oggetto; poi, per riascoltare, basta passare la penna davanti all’apposita superficie». Così, dunque, si è fatto per le opere in mostra. Opere delle quali «noi conserviamo comunque un ricordo anche se non le abbiamo viste –puntualizza Francesca Auxilia– e così diremo che quel dipinto ci piace di più o di meno, nonostante tutto». Da “Il Secolo XIX” del 29/11/2016

LE MILLE VITE DI VANGELISTA

Lo studio pittorico ricavato all’interno della storica chiesina di San Martino

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a lo studio dentro un’antica chiesa, cosa strana per un pittore. Si tratta della piccola e conosciutissima chiesa di San Martino a Lavagnola, ma anche il personaggio speciale: è il pittore Piergiorgio Vangelista, noto in città e anche fuori come un bravissimo ritrattista anche se le sue passioni sono molte; fra le tante l’informatica e la ricerca. Non vuole essere indicato come un artista, ma come bravo artigiano. Il piccolo vano della chiesa è ingombro di ritratti, di colori e di pennelli e una volta l’anno, tutto questo improvvisamente scompare per lasciar posto a San Martino, alla sua fe-

sta e ai tanti fedeli che accorrono qui per assistere alle funzioni religiose. La vita di Vangelista sembra un avventuroso romanzo da leggere d’un fiato: «Sono nato a Verona e lì ho frequentato l’Accademia –inizia– poi il liceo artistico, ho lavorato per le officine grafiche Mondadori curando le fotografie delle riviste. Mi sono appassionato alla ceramica e ai mosaici, che cercavo di riprodurre». Nei primi anni ‘70 il trasferimento in Liguria, prima a Ceriale e poi a Savona, dove aprì una galleria d’arte in via Paleocapa. Un’altra svolta era alle porte. «All’inizio degli anni Ottan-

ta –afferma Vangelista– ho chiuso la galleria d’arte perché non riuscivo a sostenere le spese e mi sono trasferito in Africa. Ho vissuto alcuni anni nel Congo Belga, Allora Zaire». Erano i tempi del dittatore Mobutu e Vangelista lavorava per una ditta di marmi. «Lì ho conosciuto –continua– alcuni personaggi importanti del regime, in particolare il pupillo del dittatore, suo pilota personale. Era generale e capo delle forze aeree. Mi affidò la direzione di alcune piantagioni di prodotti coloniali che gli aveva regalato Mobutu». Si stava preparando un altro mutamento radicale. «La situazione

in Congo stava precipitando –racconta– il regime era in crisi e prima che tutto crollasse a metà degli anni ‘80 tornai a Savona dove aprii una piccola attività. Vendevo collane e piccoli gioielli, ma poi tornai al mio amore di gioventù, il disegno e i ritratti. Prima come pittore di strada, frequentavo, soprattutto d’estate, Alassio, era la metà degli anni ‘90. Da ultimo sono venuto ad abitare a Lavagnola –conclude– e grazie al parroco Don Lupino e alla Confraternita ho trasferito lo studio nella chiesa di San Martino». Da “Il Secolo XIX “ del 1/2/2017

HA DONATO 94 LITRI DI SANGUE

Giacomo Abbate, socio di Villa Cambiaso. vorrebbe arrivare a quota cento

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a mia massima aspirazione, prima di completare 70 anni, è raggiungere il traguardo dei 100 litri di sangue donati in 43 anni. Giacomo Abbate, classe 1948, pensionato, nato a Quiliano, sa benissimo però che la nuova legge sulla dona-

zione del sangue, non gli consentirà di raggiungere il traguardo. Con all’attivo 204 trasfusioni, Abbate è arrivato a donare al prossimo 94 litri del suo sangue. Al traguardo dei 100 litri ne mancherebbero solo sei. Ma gli restano ancora 4 donazioni da fare,

prima di compiere 70 anni, una ogni tre mesi, per complessivi 3 litri di sangue. Quindi al massimo potrà raggiungere quota 97, tre litri in meno ai fatidici 100. Lui spera in una deroga e attende una risposta dall’Avis. Perito tecnico, disegnatore meccanico, con

l’hobby della letteratura, scrive saggi, storie locali e poesie, con all’attivo numerosi riconoscimenti, Abbate non si è mai arreso alle avversità della vita. Anzi, più il destino si accaniva contro di lui, e più si sentiva gratificato nel donare sangue.


N° 29 - Marzo 2017 - Redazione A.LP. - Via Torino, 22 R - 17100 Savona - Tel: 349/6863819 - E-mail: vintera@villacambiaso.it

DAL NAUTICO DI SAVONA ALLA MARINA MILITARE

Il prestigioso incarico di recente è stato affidato al savonese Luca Anconelli

È

un savonese il nuovo capo Ufficio Immagine e Promozione della Marina Militare italiana. Dallo scorso 12 settembre il capitano di vascello Luca Anconelli, 45 anni, cresciuto nel quartiere di Villapiana, è stato infatti chiamato a ricoprire il prestigioso incarico nello Stato Maggiore della forza armata. Anche se ora vive a Roma, la passione per il mare di Luca Anconelli è sbocciata proprio a Savona, sui banchi dell’istituto nautico “Leon Pancaldo”. Dopo il diploma è partito alla volta dell’Accademia Navale di Livorno e, terminati i quattro anni in accademia –«quelli in cui da ‘civile’ sono diventato ‘ufficiale’ facendo scuola anche sulla Vespucci» racconta–, è iniziata la sua carriera in Marina: «Ho fatto parte dell’ex Battaglione San Marco. Durante quel periodo mi sono specializzato negli Stati Uniti, a Quantico, insieme ai Marines, e sono uscito come migliore del corso. Poi ho proseguito l’iter da Ufficiale di Marina: ho assunto il comando di nave ‘Numana’, un cacciamine, quello di ‘Bettica’, un pattugliatore, poi ho guidato un corso e infine sono passato all’ufficio stampa del Ministero della Difesa». Da qualche anno quindi il capitano di vascello lavora dietro una scrivania, ma nel suo curriculum ci sono anche molte missioni all’estero: «Come fuciliere sono stato in Libia, Kosovo e Somalia. In Corno d’Africa ho fatto servizio anti pirateria, la stessa atti-

vità dei marò Latorre e Girone che infatti conosco bene. Latorre è stato anche mio compagno di corso» racconta Anconelli. Pur vivendo da tempo nella Capitale con la moglie e i suoi due bimbi, l’ufficiale resta sempre molto legato a Savona: «La mia famiglia è lì, mio fratello fa lo chef a Spotorno e quindi quando posso torno nella mia città». A proposito del suo nuovo incarico spiega: «Esattamente cosa fa il capo dell’Ufficio Immagine e Promozione della Marina Militare? Cercando di raccontarlo in sintesi e parole semplici: è la persona che cerca di fare la ‘pubblicità’ della forza armata all’esterno per farla conoscere, ma anche come attività pro-reclutamento. Per esempio ci occupiamo di promozione degli eventi che riguardano la Marina, dell’allestimento e gestione degli stand promozionali. In quelle occasioni, oltre a fornire informazioni, mettiamo a disposizione dei visitatori dei simulatori di plancia, ma anche di voli aerei per mostrare quello che si fa in Marina. Insomma con la nostra attività abbiamo il compito di veicolare la forza armata e promuoverla verso l’esterno» spiega Anconelli che da molti anni ormai si occupa di uffici stampa e aspetti mediatici delle nostre Forze Armate. «Per tre anni di fila ho fatto il commento come ‘esterno’ in diretta sulla piattaforma Sky in occasione della parata militare del 2 giugno, ma mi è capitato anche di partecipare ad al-

cune trasmissioni televisive» spiega Luca Anconelli che mercoledì scorso era a Genova, nell’ambito della 56esima edizione del Salone Nautico, per la presentazione ufficiale del calendario 2017 della Marina militare italiana. «‘Un Giorno Lungo Un Anno’ è il nuovo tema del calendario nato dall’idea di coinvolgere in maniera diretta gli uomini e le donne della forza armata, con i propri scatti illustrati in un viaggio ‘dall’alba al tramonto’ attraverso i dodici mesi dell’anno. Vere istantanee di momenti di vita e di professionalità dei nostri equipaggi da sempre con orgoglio al servizio del Paese e di chi ha bisogno d’aiuto» racconta il capitano di vascello Anconelli. «Dodici immagini inedite, scattate dai marinai durante il quotidiano lavoro sulle navi, sommergibili, aerei, elicotteri e nelle basi della Marina in grado di emozionare perché raccontano passione, dedizione e stati d’animo in un ambiente, il mare, in grado di rappresentare, in maniera universale, una realtà senza frontiere. Anche quest’anno il calendario della Marina militare italiana, tra innovazione e tradizione, rappresenta un grande spaccato della forza armata e il suo ambiente naturale: i marinai, le navi e il mare» conclude Luca Anconelli. Olivia Steavanin www.ivg.it 24/09/2016

In distribuzione a Savona presso Feltrinelli, Ubik e Libreria Economica. I Cap.ni Sergio Barbagianni, Andrea Bianchi, Nazario Firpo, Renzo Perrone, Arnaldo Pizzi, Gianni Schiappapietra, Pio Vintera ringraziano il Cap. Agostino Bribò e la sig.ra Margherita per aver offerto una cena all’Astigiana di Varazze. La sede operativa A.LP. a Villa Cambiaso (Via Torino 22r - Savona) è aperta il 1° martedì di ogni mese dalle 16.30 alle 18.30.

IMPEDITO IL RECUPERO DEL “LUSITANIA”

Gregg Bemis ha acquistato nel 1960 i diritti del transatlantico affondato

È

guerra tra il governo irlandese ed un ottantasettenne miliardario americano sul recupero del “Lusitania”. Gregg Bemis ha acquistato nel 1960 i diritti del relitto del transatlantico affondato a 11 miglia dalla costa irlandese nel 1915 dopo essere stato silurato da un sommergibile tedesco durante la prima Guerra mondiale, e vorrebbe recuperarlo, in modo da impadronirsi della cassaforte della nave e dei preziosi che conterrebbe, tra cui

anche delle tele di Rubens. Ma il governo irlandese ha imposto un divieto di immersione e di esplorazione nella zona dove si trova il transatlantico inglese, che viaggiava da New York a Liverpool. Nel naufragio del “Lusitania”, avvenuto in soli diciotto minuti a fronte delle quasi tre ore impiegate dal Titanic per inabissarsi, persero la vita 1.201 persone. L’affondamento sarebbe stato accelerato secondo gli storici da una se-

conda esplosione a bordo della Santabarbara, piena di armi ed esplosivi inviati di nascosto dagli Usa (al tempo ancora neutrali) all’Inghilterra per sostenerne lo sforzo bellico contro l’Asse. Il miliardario americano, che ha acquistato il relitto, attacca Dublino: «vogliono impedirmi di recuperare il “Lusitania” e di valorizzarlo». Il governo irlandese ha però imposto il divieto di immersione nelle acque dove si trova il “Lusitania” (l’unico

per i circa 18mila relitti che si trovano nelle acque che circondano l’Isola) per evitare morti tra i cacciatori del tesoro che vi si troverebbe custodito. L’affondamento del “Lusitania” è stato uno dei casus belli che ha determinato l’entrata degli Usa in guerra: un terzo dei suoi passeggeri morti erano infatti americani. www.themeditelegraph.it 06/04/2015


Anno XVI n°79 - Marzo 2017

A.LP.

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L’ITALIANO CHE INSEGNA ALL’US NAVY

Un ufficiale di Marina siciliano per i cadetti dell’era dell’elettronica

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’è un italiano che ha fatto tornare a guardare le stelle agli americani. E’ un ufficiale della Marina militare, che, nell’era dei satelliti e dell’elettronica più avanzata, ha riacceso il planetario spento da anni dell’Accademia navale di Annapolis, il college del Maryland che sforna i guardiamarina dell’Us Navy, e si è rimesso a distinguere le costellazioni del Piccolo e Grande Carro piuttosto che di Cassiopea e a ricercare la Polare. Alessandro Rinaldi è un siciliano di Siracusa, ha 46 anni, si è sposato in America, è padre di due bimbi piccoli. Ha frequentato l’Accademia navale di Livorno, conseguito in Texas e Florida i brevetti di pilota di elicotteri per poi far parte dei reparti di volo. Ha compiuto missioni, si è imbarcato, è stato al comando di unità navali e ha anche prestato servizio presso lo stato maggiore. Un percorso importante ma non inusuale per un ufficiale che

oggi indossa i galloni di capitano di fregata. Quel che quest’uomo non poteva sapere, però, è che sarebbe entrato anche nel grande libro della storia della Marina militare degli Stati Uniti. I corsi di navigazione astronomica erano stati infatti aboliti, cancellati dai programmi di studio dei cadetti da almeno vent’anni. Risultato? Senza Gps, ammetterà sulla Capital Gazzette il comandante Ryan Rogers, vice capo del Dipartimento di navigazione dell’Accademia di Annapolis, «i nostri non saprebbero trovare la rotta di casa». L’US Navy decide quindi di ripristinare le lezioni di navigazione astronomica che aveva mandato in naftalina. Ma si presenta un problema: non ci sono nemmeno più insegnanti in grado di impartire questo tipo d’istruzione. È a questo punto che entra di scena il comandante Rinaldi. «La

Marina militare italiana non ha mai abbandonato la navigazione astronomica, che fa parte delle materie da sempre insegnate all’Accademia navale di Livorno. Il sestante non è mai sbarcato dalle nostre navi, anche per una questione di cultura marinara», spiega l’ufficiale, che nel 2012 si trova così catapultato ad Annapolis (dal 1961 qui c’è un ufficiale della nostra Marina Militare, in collegamento con Roma) per rinnovare l’uso dell’arte perduta. «Abbiamo rimesso in moto il planetario, spento da tempo, e rispolverato i sestanti rimasti, che erano stati esposti in bacheca come cimeli», racconta. Rinaldi si ferma nel Maryland quattro anni. Torna a far guardare le stelle ai cadetti americani, tiene lezione (sarà premiato come miglior docente della Divisione di sviluppo professionale con il 2016 Colleen S. Smiley-Owendoff Teaching Excellence Award, un rico-

noscimento che nella secolare storia dell’Istituto è stato assegnato a un non americano solo due volte) insieme con un ridotto team internazionale e organizza come capo dell’ufficio di addestramento anche la formazione dei docenti. La navigazione astronomica ritorna materia obbligatoria per tutti gli aspiranti guardiamarina, con un ulteriore approfondimento per coloro che s’imbarcheranno. «Le prime volte i ragazzi sono rimasti sconvolti quando ho spento il Gps. Poi, si sono lasciati affascinare dagli astri», ricorda l’ufficiale siciliano, oggi direttore dei corsi della scuola per allievi sottufficiali della Marina italiana alla Maddalena. «Del resto, la volta celeste è la cosa più bella che si può vedere quando si è in mare».. Fabio Pozzo Da “La Stampa” del 16/02/2017

IL PIROSCAFO DELL’IMPRESA DEI MILLE Le ultime ore del Lombardo

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iù le mani dal Lombardo, una delle due navi che, insieme al Piemonte, fece l’impresa dei mille. A insorgere questa volta sono gli abitanti delle Tremiti, le isole a Nord del Gargano dove il piroscafo è affondato nella notte tra il 12 e il 13 marzo 1864. L’allarme è scattato nei giorni scorsi, quando ha attraccato al molo dell’isola di San Domino un barcone dotato di una piccola gru e di tre uomini di equipaggio muniti di attrezzature per le immersioni. Uomini, si è detto in losco, che avevano la missione di recuperare ciò che resta della nave, poggiato sul fondale di Cala degli Inglesi, tra i 10 e i 25 metri, già ampiamente depredata nel corso degli anni, per portarne i pezzi a Caprera, nel museo dedicato a Giuseppe Garibaldi. Una mobilitazione. Il sindaco ha scritto una lettera alla presidenza del Consiglio, che avrebbe autorizzato l’operazione. Il presidente del Parco nazionale del Gargano Stefano Pecorella ha promesso pressioni sul ministero dei Beni culturali. C’è stata anche una petizione, promossa dalla associazione Punto a Capo. La minaccia non è rientrata. I sub avrebbero in programma di tornare a maggio, dopo questo primo test esplorativo. «Il relitto fa parte delle Tremiti, della loro storia, della memoria dell’arcipelago, e qui va conservato. Ciò che resta del Lombardo è davvero un punto di riferimento, anche per la facilità con cui si può raggiungere in immersione» dice Nicolò Carnimeo, il presidente dell’associazione per la

promozione per la cultura del mare Vedetta del Mediterraneo di Giovinazzo e del WwPuglia. «C’era un progetto della Soprintendenza per salvaguardare i relitti pugliesi –rivela– ma evidentemente non ha avuto corso». L’Eroe dei Due mondi acquistò il Lombardo –una nave in ferro con propulsione a vapore: con due ruote a pale, ma dotata anche di vele quadre che dislocava 729 tonnellate– con un atto segreto dalla Compagnia Rubattino, garanti del debito il re Vittorio Emanuele II e Camillo Benso Conte di Cavour. Il piroscafo salpò da Quarto il 6 maggio 1860 al comando di Nino Bixio e in cinque giorni raggiunse Marsala dove per primo inalberò il tricolore con lo stemma sabaudo. Qui durante i combattimenti fu gravemente danneggiato e rimase semiaffondata sino a quando il successivo 11 luglio non venne recuperato e iscritto nella Marina da Guerra Sarda. L’arsenale di Palermo provvide a ripararlo, restaurarlo e a rimetterlo a nuovo. Il 10 febbraio 1864 passò al comando del luogotenente di vascello Giuseppe Deista ed il 3 marzo lasciò Ancona carico di truppe destinate a Manfredonia e di detenuti per le isole Tremiti. Poi, la sua storia cade nell’oblio. Ricostruiamo con Carnimeo l’ultimo viaggio. È l’alba del 3 marzo 1864. Il luogotenente scruta l’orizzonte, ma la luce stenta a farsi largo, dense nubi nere stanno ancora trattenendo le tenebre. A bordo ci sono anche una decina di cavalli, battono gli zoccoli, c’è frastuono, puzza di letame giù nella

stiva. Il mare è formato, pensa Deista, ma partendo da Ancona e procedendo a Sud Ovest la nave prenderà le onde al giardinetto (poppa) e scivolerà planando su di esse. Dopo due ore di navigazione, una delle due macchine va in avaria, le vele servono appena a stabilizzare il bastimento. Deista se la prende con l’ufficiale di macchina, ma è lui l’unico responsabile. La nave non la conosce ancora, ne ha preso il comando solo da 23 giorni, esattamente il 10 febbraio. Le Tremiti, dopo 14 ore di navigazione, iniziano a delinearsi all’orizzonte. Mancano ancora una trentina di miglia, il vento ha spazzato la brina e le Diomedee (così l’arcipelago in greco) sembrano più vicine. Anche il promontorio del Gargano ora appare netto, distinto, incombe con la sua sagoma marrone scuro. Non è semplice mantenere la rotta, vento e corrente spingono a terra, ogni tanto bisogna virare a Nord, ed è allora che il Lombardo sussulta, le vele sbattono. Poi la notte arriva, veloce, inghotte la nave. Alle 11 di sera la luce del faro di San Domino è a meno di due miglia. Deista cammina nervoso sul ponte. Ha consumato le carte a furia di guardarle. Decide di infilarsi nel canale tra San Domino e San Nicola, ridossarsi dal maestrale e ancorarsi

sotto la fortezza. Ma la terra non si vede. Ora il Lombardo ha il mare di prua, cerca di risalirlo tenendo a dritta San Domino. L’obiettivo è scapolare Punta del Diavolo. Il secondo motore cessa di battere. La sala macchine è una fornace. Gli uomini sfatti per lo sforzo si fermano, inebetiti. Il fragore delle onde si fa più vicino. Gli scogli. Poi lo schianto, come il rumore di una pala che raschia un badile. La chiglia è sulla secca. Un’onda solleva il Lombardo, come un fuscello, lo posa di lato. Uomini, cavalli, pentole, fucili, vettovaglie volano a dritta, si affastellano in una informe montagna. La nave è inclinata. L’orologio segna le 24.15 del 4 marzo. L’agonia del piroscafo dura 15 lunghi giorni, da Manfredonia arrivano due unità, tutto si prova per liberarlo, persino a tirarlo con gli argani da terra, sino a che il mare non squassa la chiglia e lento e lento il bastimento scivola sul fondo. Così finisce la nave di Garibaldi che oggi riposa nei fondali immacolati delle Tremiti. Fabio Pozzo Da “Il Secolo XIX” del 13/02/2017


Breve Storia

Historical Outline

Una pregievole dimora storica inserita nei grandi itinerari turistici europei. Su tutto il territorio nazionale più di mille luoghi d’arte di cui 250 in prossimità della rete autostradale italiana. Acquistata dai Colonna su consiglio di Napoleone Bonaparte, il palazzo, riccamente affrescato, conserva una cappella consacrata dove Papa Pio VII era solito celebrare messa; nell’ingresso principale una fontana attribuita al Bernini. L’itinerario savonese di Pio VII era: da piazza della Maddalena (via Pia), piazza del vescovato (Duomo), palazzo Colonna (Villa Cambiaso) e per ultimo il Santuario di nostra Signora della Misericordia di Savona.

An estimated historical villa inserted in the most important European tourist routes. Over the national territory more than a thousand art places, 250 of which near the Italian highway route. Tue Palace, bought by the Colonna family according to Napoleon Bonaparte suggestion, is richly frescoed and keeps a consecrated chapel where Pope Pius VII used to celebrate the mass; in the main hall there’s a fountain whose construction is attributed to Bernini. Pio VII used to follow always the same itinerary in Savona: from Maddalena Square (via Pia), to Vescovato Square (the Cathedral), Colonna Palace (Villa Carnbiaso) and finally to Mater Misericordiae (Mother of Mercy) Sanctuary in Savona.

Le prime notizie documentate relative all’edificio oggi noto come Villa Cambiaso risalgono al XVI secolo. Nel 1530, infatti, una casa con giardino posta di fronte alla chiesa di San Lazzaro, risulta proprietà di Ambrogio Ferrero che la utilizza come residenza di campagna. La datazione, tuttavia, anche grazie al ritrovamento di alcuni laggioni maiolicati, potrebbe essere anticipata alla fine del Quattrocento. Assai documentata è la storia della villa nel secolo XVII. Nel 1623 –quando tre monache carmelitane vi soggiornano per sei mesi– la «casa del giardino di Francesco Ferrero, vicino a San Francesco da Paola» è accogliente e dotata di una cappella nella quale «potervi ufficiare» (G.V. Verzellino). Nel 1655 il palazzo viene ristrutturato e sopraelevato. In quell’anno, infatti, vi si trasferì il nobile genovese Luca Spinola che, «a sue spese, fece fare molte comodità, per goderle sin che vivesse esso e sua moglie, per lasciarle poi in dono al suddetto Ferrero» (Ibidem). Alla fine del Settecento la villa risulta di proprietà proprio della famiglia Spinola (dal Catasto del 1798 risulta proprietaria dell’edificio Eugenia Spinola Pallavicino). Due anni prima, la notte tra il 10 e l’ll aprile 1796, soggiorna nel palazzo Napoleone Bonaparte prima della battaglia di Montenotte. Intorno al1’anno 1800 la proprietà dell’edifico passa a Paolo Vincenzo Agostino Colonna. I primi anni dell’Ottocento vedono la villa al centro di vicende legate alla prigionia di Pio VII a Savona. Nell’aprile del 1809 giungono a palazzo la moglie e le tre figlie del generale Berthier, incaricato da Napoleone della sorveglianza del papa. Nello stesso anno –in occasione del pellegrinaggio al Santuario di Nostra Signora della Misericordia avvenuto il 2 settembre– sosta in villa e si raccoglie in preghiera nella cappella gentilizia lo stesso Pio VII. I legami tra papa Chiaramonti e il palazzo ora dei Colonna sono rilevanti: concede tre privilegi alla cappella (nel 1809, 1810 e 1814) e, nel 1822, dona –in occasione delle nozze tra Bianca Maria Caterina Colonna e il marchese Giovanni Battista Cambiaso– la fontana che attualmente impreziosisce il salone d’ingresso. Il passaggio della villa dai Colonna ai Cambiaso avviene nel 1842, anno della morte di Bianca Maria Caterina. Nell’Ottocento la villa subisce alcuni danni, prima per 1’ alluvione del 19 agosto 1858 e poi per il terremoto del 23 febbraio 1887. Dal 1921 al 1924 Villa Cambiaso venne trasformata in una caserma. Nel 1928 iniziarono i lavori di restauro che dettero all’edificio la sua attuale conformazione. L’ultimo discendente della famiglia Cambiaso (G.B. Giuseppe De Majo, figlio di Rosa Pierina Cambiaso) la cede all’artista Pio Vintera nell’agosto del 1986. La villa viene riaperta l’anno successivo.

The first evidence docmenented about the building today known as Villa Cambiaso dates back to the sixteenth century. In fact in 1530, a house with a garden located opposite the church of St. Lazarus, was owned by Ambrogio Ferrero, who used it as a country residence. The dating, however, could be anticipated to the end of the fifteenth century thanks to the discovery of some laggioni maiolica. The history of the villa in the seventeenth century is heavily documented. In 1623 –according to the report of three Carmelite nuns who stayed there for six months– the «house ofthe garden of Francesco Ferrero, near St. Francis of Paola» is cosy and it has a chapel in which «we can officiate» (G.V. Verzellino). Indeed in 1655 the building was restored and raised. In that year the noble Luca Spinola from Genoa moved there and «at his own expense, ordered many amenities to enjoy them all his own and his wife’s life long, to leave then them as a gift to Ferrero» (ibid.). By the end of the eighteenth century, the villa was owned by Spinola family (according to the cadastre of 1798 Eugenia Pallavicino Spinola is the owner of the building at that time). Two years before, the night between 10th and llth April 1796, Napoleon Bonaparte stayed in the palace before the battle of Montenotte. Around the year 1800 the ownership of the building went to Paolo Vincenzo Agostino Vincenzo Colonna. The early nineteenth century saw the villa in the centre of events related to the imprisonment of Pius VII in Savona. In April 1809 General Berthier’s wife and three daughters arrived to the palace; he was commissioned by Napoleon about supervision ofthe pope. In the same year, on September 2nd –during the pilgrimage to the Shrine of Our Lady of Mercy (Mater Misericordiae)– Pius VII himself stayed in the house and collected in prayer in the chapel. The links between the pope Chiaramonti and the palace (at that time Colonna’s) are relevant: he granted three privileges to the chapel (in 1809, 1810 and 1814) and, in 1822, he gave –for the wedding of Bianca Maria Caterina Colonna and the Marquis Giovanni Battista Cambiaso– the fountain that currently adorns the entrance hall. The passage of the villa from the Colonna the Cambiaso took place in 1842, year in which Bianca Maria Caterina died. In the nineteenth century the villa suffered some damages, first the flood of August 19th, 1858 and then the earthquake ofFebruary 23rd, 1887. From 1921 to 1942 Villa Cambiaso was turned into a barracks. In 1928 the restoration work that gave the building its present form started. The last descendant of Cambiaso family (G.B. Giuseppe de Majo, Rosa Pierina Cambiaso’s son) left the palace to the artist Pio Vintera in August 1986. The villa was reopened the following year.

Testimonianze e realizzazioni artistiche sui “Muretti degli artisti” in via dei Cambiaso The “Artists’ Walls” in Villa Cambiaso


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