VicenzaPiù Viva n. 9, luglio agosto 2024

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V icen za P iù Viva

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Ciclabili da incubo, regole e mobilità sostenibile

Iricav salva l’albero monumentale: assicura Possamai.

Ma il bosco ex Lanerossi che fine farà?

Omicidio Fioretto, prof. Giardina perito del presunto killer cosentino

Aborto, eutanasia, libertà di stampa. Attacco ai diritti

L’intelligenza artificiale si fa spazio in cucina

Giovani, politica e caporalato col diploma

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V icen za P iù Viva

Indice

• L’editorialone. Le previsioni meteo nascono da un santone dei nativi americani. E forse anche i sondaggi (Giovanni Coviello) ................................................. p. 5

• Elezioni europee: cosa cambia. I risultati in Italia e in Europa sono in linea con le attese, ma in alcuni Paesi le conseguenze saranno più pesanti che in altri (Salvatore Borghese) ................ p. 8

• Cefalee o cervicalgie di tipo tensivo: le origini (Redazionale) p 11

• Delega under30: una combo di sensibilità giovanile e intelligenza amministrativa (Benedetta Ghiotto) ...... p. 12

• Il principio di utilità della politica perché si avvicini ai giovani (Jacopo Maltauro) ....................... p. 13

• Dal caporalato ai giovani laureati: illusi e sfruttati (Sabrina Germi) ................................. p. 14

• Vicenza, città del Palladio e dei tradimenti estivi: prima in classifica nella top 20 delle città a più alto tasso di rapporti extraconiugali (Giulia Matteazzi) ...................................... p. 16

• Abor to, divorzio, libertà di stampa, eutanasia: un nuovo oscurantismo? (Antonino Pellegrino) ............ p. 18

• Vicenza, cold case Fioretto-Begnozzi: dopo 33 anni incastrato dal Dna uno dei 2 killer, Umberto Pietrolungo del clan Muto (Andrea Polizzo) p 21

• Il caso “Fior etto-Begnozzi” sbarca in tribunale: per la difesa il “super perito” Emiliano Giardina. Il Riesame rigetta il ricorso per Pietrolungo (Andrea Polizzi) ..................................... p. 25

• È possibile combatter e lo stress? Come percepisce lo stress il nostro corpo? I rimedi possibili: riscoprire il benessere abbracciando la natura (Sabrina Germi) p 26

• Boomer s. L'alloggio delle vacanze (Massimo Parolin) .... ...................................... p. 28

• Bosc hi e resistenza: i casi Lanerossi e Ca’ Alte a Vicenza (Tommaso De Beni) ........ ................ p. 32

• Bosco Laner ossi ed ex fabbrica: solo una questione privata? Lo stato dell’arte e la posizione ufficiale del Comune (Tommaso De Beni) p 36

• Elogio del Gruppo Grafico Marosticense (Claudio Mellana) ....................................... p. 38

• Medioevo Vicentino. 3 (Marco Ferrero) ..................................................... p. 40

• Quali spazi per l'intelligenza artificiale in cucina? (Marco Ferrero) ................................. p. 42

• Intelligenza artificiale e fumetti: l’anticipazione di Paperino, i personaggi Marvel e gli attuali problemi di copyright (Tommaso De Beni) .......................................... p. 44

• Monopattini, velocipedi e micr omobilità elettrica individuale: cosa si può fare e cosa no (Tommaso De Beni - Michele Camarata) ..................................................... p. 46

• Cic labili da incubo: dove trovarle a Vicenza (Tommaso De Beni) p 48

• L'er a della sostenibilità: il ruolo delle auto elettriche nella lotta al cambiamento climatico (Jacopo Bernardini) ... p. 50

• L'impatto ambientale dei biocarburanti: una soluzione sostenibile? (Jacopo Bernardini) ................. p. 53

• Pr ospettive di riciclo: gestione del fine vita delle batterie delle auto elettriche (Clarissa Mingardi) ......... p. 57

• I dilemmi etici della guida autonoma (Clarissa Mingardi) p 60

L’editorialone

Le previsioni meteo nascono da un santone dei nativi americani.

E forse anche i sondaggi

Si narra che durante un inverno apparentemente rigido una grande quantità di truppe di quella che diventò la grande potenza militare attuale degli USA si ammassò alle pendici di un monte per prepararsi a scontri con non ben definiti nemici, nativi americani o indipendentisti del sud. All’epoca non c’erano le, ancora oggi fallaci, previsioni meteorologiche né tantomeno quelle, spesso tuttora anch’esse poco affidabili, sugli esiti di un qualunque evento, tipo le elezioni, per cui, nella contaminazione delle culture, quella degli invasori di origine europea e l’altra di chi in quei territori era nato, non era di certo di secondo piano quella del “santone” di turno, che, poi, se scorriamo i nostri libri di storia o di leggende non è che fosse assente nella cultura europea sia pure con nomi diversi, da mago a veggente…

VicenzaPiù Viva

Enigmi, storie, radici, farse, drammi, personaggi: vita vecchia, nuova e futura

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Fondato il 25 febbraio 2006 come supplemento di La Cronaca di Vicenza

Autorizzazione: Tribunale di Vicenza n. 1183 del 29 agosto 2008

Supplemento a VicenzaPiu.com

Direttore Responsabile: Giovanni Coviello

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Ebbene il comandante di quelle truppe, a tende montate, si pose la questione su quanto legname accumulare, oltre a quello già in via di raccolta, per il periodo in cui l’accampamento sarebbe dovuto esistere per lanciare da lì gli attacchi ai nemici e per difendersi dai loro contrattacchi per raggiungere gli obiettivi prefissati. Quel comandante immaginava quel periodo lungo e

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non corto come quello per portare a termine le attuali guerre, definite lampo dai suoi successori in ogni parte del mondo, tipo in Ucraina e in Palestina, per non citare quella immaginata, poco meno di cento anni fa, da Mussolini quando fraternizzò con Hitler. Come fare a decidere senza il meteo dei vari Tg?

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In edicola dal 5 Luglio

Associato Questa testata è associata a N. 5967

Di Giovanni Coviello

Ma ecco, lassù, in cima al monte, il generale vede del fumo che si innalza da ceppi bruciati da, se lo sentiva, un santone nativo.

Chiama, quindi, a sé un soldato e gli impartisce un ordine perentorio: «Ehi tu, scala di corsa la montagna, vai dal santone e chiedigli di sapere quanto lungo e rigido sarà l’inverno che ci attende così potrò decidere se raccogliere o meno altra legna!» (ovviamente abbattendo alberi e dando origine alle deforestazioni, ma questa è un’altra storia, ndr).

Il soldato scatta sugli attenti e inizia a correre, correre, salire, scalare la montagna e, un po’ trafelato, nonostante la giovane età ma in mancanza di auto, moto e bici, magari elettriche, di cui scriviamo oggi, raggiungere il santone a cui fa la domanda di cui era ambasciatore «Ehi, santone, il generale mi chiede di sapere da te quanto farà freddo da oggi in poi!»

Il pellerossa, che poi i pellerossa non avevano la pelle rossa, ma anche questa è un’altra storia, anzi una

delle prime fake news occidentali, serio serio, raccoglie altri rametti, gli getta nel suo fuoco, osserva con la mano sugli occhi, come a guardare lontano (nel futuro?) e dopo qualche minuto risponde: «Quest’inverno sarà molto freddo!» Il soldato, ancora più di lena per l’importanza del messaggio da consegnare al suo comandante, ma anche perché si era riposato e il sentiero ora era in discesa, si lancia a capofitto verso l’accampamento e, entrato, nel quartier generale (nel senso che era una tenda con dentro il generale) riferisce il messaggio preoccupante sul freddo del santone. Il comandante, allora, deciso chiama a raccolta i suoi ufficiali e dà un ordine inequivocabile: «Raccogliete quanti più soldati potete, mandateli a tagliare alberi e fate incetta di legna perché l’inverno sarà molto freddo!».

Passa il tempo necessario, in verità poco per la solerzia dei tagliatori di alberi, a radere una parte del bosco (non c’entrava quello

della pettinatura ex Lanerossi, di cui scriviamo in questo numero, ma da quando l’uomo si dichiara civile, senza un’adeguata controparte, per i boschi la vita è dura, ndr) e il generale richiama il soldato: «Torna di corsa dal santone e chiedigli se farà molto freddo o molto molto freddo!» (all’epoca mancavano i termometri, ndr).

Il milite subito riparte anche se, ai primi tornanti del sentiero che porta alla montagna, comincia a provare un po’ di fatica, neanche fosse Scamacca contro la Spagna, ma alla fine, ansimante arriva dal santone e, soffiando quasi le parole, ripete la domanda: “Santone, il generale vuole sapere se farà molto freddo o molto o molto freddo!“.

Il nativo sapiens ripete le sue operazioni (divinatorie?), rinforza il fuoco, scruta l’orizzonte e risponde: “Dici al tuo generale che farà molto molto freddo!“.

Stanco ma consapevole della previsione drammatica del santone

 Stima dei seggi nel prossimo Parlamento europeo sulla base dei sondaggi (fonte: EuropeElects)

il soldato si lancia di corsa verso l’accampamento del suo esercito, raggiunge il generale e riferisce senza commenti le previsioni dell’indigeno, evidentemente esperto dei luoghi: “Quest’inverno farà molto molto freddo!“.

Il generale, già pronto al peggio, richiama gli ufficiali e ripete con più forza il suo ordine: “Via tutti a tagliare alberi e raccogliere legna prima che faccia notte, non c’è tempo da perdere!“.

Quando comincia a imbrunire ma le cataste di legno sono anch’esse quasi una montagna richiama a sé il fido soldato e, pur non essendoci ancora i giochi olimpici moderni, gli ordina di correre e correre ancora e chiedere: “Ma farà molto molto freddo oppure molto molto molto freddo?“.

L’antenato di Abebe Bikila, per la lunghezza del sentiero, e di Marcell Jacobs, per la velocità, riempie d’aria (fredda ovviamente) i polmoni e per la terza volta scala la montagna e, dopo aver evitato l’infarto mortale (allora non c’erano i defibrillatori), alla domanda da fare al santone come da ordine ne fa precedere una tutta sua: «Santone, ma come fai a prevedere se farà tanto freddo?».

Il santone, questa volta senza rinforzare il fuoco, ma guardando lontano verso l’accampamento, gli risponde: “Ma è facile… Guardo giù lontano e vedo sempre più soldati raccogliere legna, quindi mi sembra ovvio che, per il vostro generale, farà molto, molto ma molto freddo…“.

Fu allora che il soldato, tra l’altro scontento della sua paga da fame nonostante il suo diploma (di giovani illusi e disillusi scriviamo ancora oggi e qui) e seppur dotato di un simbolo di potere come una pistola (che magari in futuro gli sarebbe servita solo per fare il killer

di Fioretto o per sparare alle finestre di Gervasutti, eventi futuribili a lui ignoti ma oggi descritti in questo numero), si congedò dall’esercito e fondò la prima start up della storia per prevedere il meteo.

Ci vollero anni, decenni e centinaia di anni, ma i suoi figli, nipoti, pronipoti e così via prima ci riuscirono a (dire di) prevedere il tempo, poi sono ancora lì a perfezionarne i metodi.

Ma a un suo discendente, pochi anni fa, si narra da Berlusconi in poi, venne in mente di lasciare quel mondo di scienziati (molti con le stellette che ogni giorno ci dicono dai teleschermi se pioverà o ci sarà il sole, magari anche loro guardando se qualcuno sta comprando ombrelli piuttosto che ventilatori).

Lasciò gli scienziati e fondò la prima società di sondaggi sempre con lo stesso principio: scruto, telefono a 1.000 persone e mi faccio dire per chi voteranno.

Il principio è lo stesso, anche se ammantato, forza dei tempi tecnologici, con formule probabilistiche e statistiche, ma di

sicuro è più remunerativo: quanti sono i sondaggisti che, sotto elezioni (e ce n’è una ogni tre mesi), si fanno pagare dai committenti, partiti o media che siano (anche noi nel numero precedente e in questo per commentarne la corrispondenza all’esito del voto), e poi vanno in tv a raccontare i loro numeri (validi col + o – 3% ovviamente) e ad alimentare, giustamente ben pagati, quel grande circo dei talk show?

E pensare che, ai tempi ormai di… Manitù, i politici, quelli veri, andavano in mezzo alla gente e dalla gente vera, non dai mille intervistati nei sondaggi, capivano che aria tirava…

Nostalgia?

No, constatazione che più della metà dei cittadini non vanno più a votare e questo è un grande problema.

Per la politica?

Ma no, per i sondaggisti: se nessuno va più a votare a chi telefoneranno?

Ai robot creati dall’Intelligenza artificiale come l’immagine di questo… editorialone.

VicenzaPiùViva

Elezioni europee:

cosa cambia. I risultati in Italia
e in Europa sono in linea con le attese, ma in alcuni
Paesi

le

conseguenze saranno più pesanti che in altri

di Salvatore Borghese

Analista politico

Quorum/YouTrend

Le elezioni europee 2024 hanno tracciato un bilancio molto chiaro dei nuovi equilibri, sia a livello generale che all’interno di ciascun paese membro. La distinzione tra le due arene non è casuale. Se a livello europeo è cambiato fondamentalmente poco (come vedremo), in alcuni stati membri si è assistito a vere e proprie rivoluzioni politiche, che potrebbero avere conseguenze di grande rilievo.

I risultati del voto in Italia

L’Italia, va detto subito, non rientra in questi casi. Nel nostro paese, infatti, gli equilibri emersi dal voto europeo non si sono discostati troppo da quelli certificati dalle elezioni politiche di un anno e mezzo fa, anche se – rispetto ai sondaggi della vigilia – vi sono state alcune sorprese. Fratelli d’Italia, confermando le attese, si è confermato il primo partito con poco meno del 29% dei consensi, una percentuale maggiore di quasi 3 punti rispetto a un anno e mezzo fa. Al secondo posto con il 24,1% si è piazzato il Partito Democratico, in crescita di ben 5 punti rispetto al risultato delle elezioni politiche. Per entrambi i partiti – in particolare per il PD – si tratta di un dato nettamente superiore a quanto rilevato dai sondaggi due settimane

prima del voto. Così come è stato inaspettato il successo della lista AVS-Alleanza Verdi e Sinistra, che non solo ha superato la soglia di sbarramento ma è arrivata ben oltre il 6%, configurandosi come la vera sorpresa di queste elezioni. Molto deludente è stato invece il risultato del Movimento 5 Stelle: per mesi era stato accreditato di almeno il 15% dalle rilevazioni demoscopiche, ma il partito di Giu-

seppe Conte si è infine piazzato per un pelo al di sotto del 10%, il peggior risultato a livello nazionale mai ottenuto dalla sua fondazione. Subito dietro, al quarto posto, Forza Italia ha vinto il derby interno al centrodestra con la Lega: entrambi i partiti hanno fatto lievemente meglio sia rispetto alle elezioni politiche che ai sondaggi della vigilia; ma se Antonio Tajani può rivendicare il buon risultato, ottenuto a

un anno esatto di distanza dalla scomparsa di Silvio Berlusconi, per Matteo Salvini l’esito di queste europee è stato decisamente meno soddisfacente, nonostante l’ottimo risultato in termini di preferenze ottenuto dal generale Vannacci (o forse proprio a causa di quest’ultimo, secondo alcuni).

Gli altri grandi sconfitti di queste elezioni sono i centristi di Stati Uniti d’Europa e Azione, le due formazioni guidate rispettivamente da Matteo Renzi ed Emma Bonino e da Carlo Calenda. Contrariamente alle attese – o alle speranze più ottimistiche – nessuna delle due liste è stata infatti in grado di superare la soglia di sbarramento del 4%, fallendo così nell’impresa di eleggere deputati di orientamento liberale al Parlamento europeo. Il risultato nel Nord-Est (e a Vicenza)

Rispetto al quadro nazionale, nel Nord-Est le elezioni hanno avuto un esito leggermente diverso. Il risultato di FDI è stato superiore al 30%, soprattutto grazie al risultato

ottenuto in Veneto (dove ha sfiorato il 38%), mentre il dato del PD è stato particolarmente positivo in Emilia-Romagna. Migliore che altrove è stato anche il risultato della Lega, che in Veneto ha ottenuto il 13,1%, così come il dato di Azione di Calenda (che proprio nel NordEst, alle elezioni europee di cinque anni fa, aveva ottenuto un grande successo in termini di preferenze da candidato del PD). Molto positivo è anche il bilancio per la lista Alleanza Verdi-Sinistra, che ha replicato sia in Veneto che nel NordEst l’ottimo risultato ottenuto a livello nazionale (superando il 6%) ma che a Vicenza città è risultato essere addirittura il terzo partito, sfiorando il 10%.

Tra gli eletti al Parlamento europeo nella circoscrizione Nord-Est ci sono molti nomi che risulteranno familiari ai cittadini di Vicenza, e in generale a quelli veneti. Fratelli d’Italia e PD hanno eletto 5 candidati ciascuno: per i democratici gli eletti sono Stefano Bonaccini, Alessandro Zan,

Annalisa Corrado e le due europarlamentari uscenti, Alessandra Moretti ed Elisabetta Gualmini. Se poi Zan dovesse optare per l’altra circoscrizione in cui stato eletto (Nord-Ovest) risulterebbe eletto anche Andrea Zanoni. Per FDI invece andrebbero a Strasburgo Elena Donazzan, Stefano Cavedagna, Sergio Berlato (uscente), Alessandro Ciriani e Daniele Polato (vista la quasi certa rinuncia di Giorgia Meloni, formalmente la prima tra gli eletti del suo partito). Per Forza Italia l’unico eletto sarebbe Flavio Tosi, vista la rinuncia (anche qui, prevedibile) del primo eletto “ufficiale”, Antonio Tajani. Anche per i 2 eletti della Lega non vi sono ancora certezze: Vannacci è stato eletto in Nord-Est ma anche in tutte le altre circoscrizioni in cui era candidato e, se dovesse optare per una di queste, gli eletti nel Nord-Est per il Carroccio sarebbero Anna Maria Cisint e Paolo Borchia. Per AVS è stato eletto Mimmo Lucano, anche lui pluri-candidato e pluri-eletto, e in base alla sua scelta potrebbe

 I risultati delle elezioni europee 2024 in Italia, nel Nord-Est, in Veneto e a Vicenza (fonte: Ministero dell’Interno)

essere eletta Cristina Guarda. Infine, la Südtiroler Volskpartei (SVP) ha riconfermato il proprio europarlamentare uscente, Herbert Dorfmann.

I risultati in Europa

Come si diceva, i risultati a livello generale, europeo, non hanno cambiato il quadro in modo sostanziale. Il gruppo dei Popolari (PPE) è ancora il più numeroso con 190 seggi, e quello dei Socialdemocratici (S&D) è ancora il secondo con 136. Insieme ai liberali di Renew (80 seggi), la maggioranza uscente PPE-S&D-Renew sulla carta può contare su 406 seggi, abbondantemente al di sopra della soglia dei 361 necessari per la maggioranza assoluta, con la quale il nuovo Parlamento dovrà approvare la nuova Commissione UE. Per questo, in questi giorni Ursula von der Leyen appare in pole position per un secondo mandato alla guida della Commissione. Il segnale politico che arriva da queste elezioni, tuttavia, difficilmente potrà essere ignorato quando si parlerà di policy controverse, ad esempio

in tema di difesa comune o di transizione energetica. Infatti, non solo le forze progressiste (socialisti e liberali, ma anche i Verdi) hanno tutte perso seggi, per un totale di 44 in meno rispetto alla legislatura precedente, ma quelle conservatrici (popolari, conservatori di ECR e nazionalisti di ID) hanno tutte guadagnato terreno, aumentando il proprio bottino di 30 seggi. Non abbastanza per mettere in piedi una maggioranza alternativa autosufficiente, ma abbastanza per influenzare il voto del Parlamento sui diversi dossier.

Fatto ancora più significativo, il successo dei partiti di estrema destra (o meglio, che nel Parlamento di Strasburgo siedono a destra del PPE) potrebbe avere effetti molto significativi sugli equilibri del Consiglio europeo, l’organo assembleare in cui siedono i capi di stato e di governo degli stati UE e che costituisce il vero “decisore” delle politiche europee. Il caso più eclatante è quello francese, dove il successo del Rassemblement National ha indotto il Presidente

Macron a sciogliere l’Assemblea Nazionale e a convocare elezioni legislative anticipate. Come Macron, anche il Cancelliere tedesco Scholz è uscito pesantemente indebolito da queste elezioni, visto che il suo partito (la SPD) è giunto addirittura terzo, alle spalle degli estremisti di AfD, che da qualche settimana erano stati espulsi persino dal gruppo dei nazionalisti di ID per le loro posizioni ritenute troppo “indulgenti” verso il nazismo.

Infine, bisogna menzionare un’altra grande protagonista di queste elezioni è stata l’astensione. A livello europeo, l’affluenza alle urne si è infatti mantenuta sostanzialmente sugli stessi livelli del 2019 (con un lieve aumento), ma per quanto riguarda l’Italia si è trattato della prima elezione nazionale in cui il tasso di partecipazione degli elettori è stato inferiore al 50% degli aventi diritto. Un brutto segnale, di fronte alla quale tutta la classe politica – in Italia ma non solo – dovrebbe riflettere con attenzione.

 La composizione del nuovo Parlamento europeo (dati provvisori, fonte: EuropeElects)

Cefalee o cervicalgie di tipo tensivo: le origini

Il pensiero gnatologico (studio e cura delle patologie della bocca) e ortodontico in questi anni è in forte evoluzione: da un concetto statico e meccanicistico incentrato prevalentemente sulla occlusione si sta passando a una valutazione più completa in cui la dinamica e l’equilibrio assumono sempre più importanza.

Così, accanto agli studi di biomeccanica, viene valutata la funzione come determinante di forma per intercettare una funzionalità non corretta e interrompere un circuito vizioso che porterebbe a una patologia. L' obiettivo si sposta: non solo valutare la patologia che ormai si è concretizzata, ma cercare di intervenire sulla fisiologia e sulle compensazioni. Le disfunzioni vanno considerate come fenomeno fisiopatologico che interessano I'organismo nella sua completezza. La gnatologia e l'ortodonzia si riappropriano della loro collocazione come scienza medica e vengono ampliati gli orizzonti di intervento nella ricerca di un miglioramento dell'equilibrio e del bilanciamento armonico generale. Non si cerca più la norma ideale, bensì la norma per quel singolo individuo, l'equilibrio, l' armonia.

In realtà il nostro organismo presenta potenzialità eccezionali che non siamo abituati a considera-

re né a stimolare, qualità che sono regolate dalla nostra fisiologia.

Da tempo si sta studiando l’equilibrio che viene regolato dal complesso sistema tonico posturale mediato da meccanismi nervosi e muscolari. In altre parole, si è potuto constatare che un sistema che riesce a mantenere l'attività muscolare basale più efficiente per mantenerci in equilibrio è in grado di produrre maggiori prestazioni e di essdelegaere meno soggetto a problematiche muscolo tensive assai diffuse. Equilibrio come prevenzione.

Ma cosa significa equilibrio? Da cosa è regolato?

La possibilità di mantenersi in postura eretta è complessa e mediata da informazioni recettoriali che arrivano da ogni parte del nostro organismo. In base alle informazioni ricevute il sistema nervoso regola la attività muscolare per mantenerci in piedi secondo le regole del comfort e del risparmio energetico. Nel caso di disequilibri il sistema deve compensare imponendo al muscolo una attività maggiore con maggiore spesa energetica. Ed è proprio qui che è necessario intervenire, nel riequilibrio posturale. E il sistema stomatognatico (bocca, denti, gengive, mandibola, articolazione temporomandibolare e muscoli responsabili dei movimenti della bocca) è un centro nevralgico di compensazione posturale.

Diventa così sempre più rilevante il ruolo della ortodontia intercettiva, precoce in cui è la correzione della etiologia (in campo medico indaga i fattori che possono inter-

venire nell'origine delle malattie, studiandone l'importanza ed i possibili rapporti di interdipendenza) a non permettere l'instaurarsi della malocclusione prevedibile.

Non più dunque spostare il dente, ma intercettare la causa che potrebbe portare allo spostamento di quel dente. Semplice. Eppure, un grosso salto di pensiero.

Non più finalizzare l'intervento solo sull'estetica perché, se è vero che una corretta funzione ha come conseguenza una buona estetica, non è altrettanto vero il contrario. È necessario, invece, lavorare nella consapevolezza che cambiare funzione significa modificare la forma e migliorare l'assetto posturale.

Il clinico che valuta questi specifici aspetti è lo Gnatologo che è in grado di diagnosticare le interferenze della bocca a livello generale e, bilanciando il paziente, di ridurre in maniera incisiva i sintomi.

Studio Bruno Portelli

Dentista gnatologo

Contrà Oratorio dei Servi, 19 36100 (VI) - Tel. 0444310971 info@studiodentisticoportelli.it www.studiodentisticoportelli.it

Delega under30: una combo di sensibilità giovanile e intelligenza amministrativa

Poco più di 2 mesi fa si è tenuto nel parcheggio, convertito in piazza, di fronte al teatro Astra, il ViYoung, il festival dei giovani. Un’occasione che quest’anno è stata completamente rivoluzionata e il cui grande successo ha convinto il sindaco Giacomo Possamai ad assegnarmi (questa volta parlo in prima persona) una delega alla promozione di eventi e spazi giovanili con particolare attenzione, ha detto, «alla fascia che va dai giovanissimi agli under 30 che io e i miei assessori, per la massima parte giovani, non sappiamo interpretare al meglio».

Il ViYoung 2024 è stato un banco di prova importante che mi ha portata a misurarmi con l’organizzazione di un grande evento in una veste diversa: quella dell’amministratrice con una delega precisa. Ma non solo. La risposta dei giovani vicentini mi ha ripagato di ogni sforzo tanto è stata positiva anche e soprattutto rispetto agli anni passati. La buona musica serale e i Dj Set sono stati elementi culminanti di giornate fitte di impegni e eventi avvincenti. Sicuramente da menzionare è il contributo delle scuole superiori vicentine che hanno promosso dei workshop sull’intelligenza artificiale, i suoi rischi e le sue potenzialità. Inoltre questo evento ha dimostrato come ogni luogo possa essere occasione di scambio e arricchimento: non sono necessarie grandi infrastrutture ma l’intelligenza amministrativa (e un po’ di sensibilità al tema giovanile) per rendere vecchi spazi degni dell’aggettivo “giovanile”.

Tornando al presente. Tante sono le cose che questa delega permette di fare: dall’assicurare una maggiore vita al centro storico, alla promozione di percorsi in seno alle scuole stesse, fino al conferimento di maggiore attenzione alla questione universitaria a Vicenza. Non desidero pormi limiti e per ora, oltre ai tre temi prima citati, non voglio avere obbiettivi esclusivi. La grande forza delle deleghe, e di questa in particolare, è quella di divenire uno stimolo di lavoro per i consiglieri in prima persona competenti o conoscitori della tematica.

Con una veloce battuta desidero poi rispondere alle numerose critiche che negli ultimi giorni stanno piovendo sulle numerose deleghe consegnate a quasi tutti i consiglieri di maggioranza. All’interno di un gruppo così vario e dinamico è fisiologico che ciascuno abbia delle tensioni e delle capacità ben diverse e particolareggiate che gli hanno permesso di ottenere la fiducia degli elettori e quindi di sedere in Sala Bernarda. È necessario, ora più che mai, impegnarsi su molti fronti e, se per farlo è necessario affidare più spazio in determinate aree a ogni consigliere, allora ben venga. Ogni nuova delega è un’occasione in più per coprire della aree particolari di interesse cittadino che per anni sono state sacrificate in nome delle grandi opere e dei provvedimenti generali.

Insomma in quest’ottica amministrativa, la delega di cui ora sono titolare acquista ancora più valore essendo indirizzata alla cura di attività, spazi, eventi under 30 con la sicurezza che nessuno possa conoscere le necessità dei giovani se non uno di loro.

 Benedetta Ghiotto col sindaco Giacomo Possamai all'atto della nomina
 ViYoung a Vicenza, boom di giovani nella due giorni dedicata ad Europa e arte

Il principio di utilità della politica perché si avvicini ai giovani

Come riavvicinare gli under 30 alla politica? Questa è una di quelle domande che emerge con una certa frequenza nelle riunioni associative, nel dibattito pubblico in generale.

Una domanda alla quale vorrei tentare di rispondere consapevole della sua complessità e della molteplicità delle risposte. Da giovane dirigente di partito e amministratore locale ci tengo a spendere qualche parola su questo tema che conosco da vicino partendo da una doverosa premessa: non sono gli under 30 che devono riavvicinarsi alla politica ma la politica che deve riavvicinarsi agli under 30, almeno dal mio punto di vista.

Non si tratta di una banale astuzia dialettica ma del punto nodale della questione. È la Politica, con la P maiuscola riferita non solo alla parola ma, soprattutto, ai suoi protagonisti più adulti, che deve andare incontro ai giovani, non il contrario, spiegando di che si occupa, di cosa è fatta. Solo se i giovani capiscono quale sia la funzione della politica possono comprenderne l’importanza, se la politica non si sa raccontare con fatica può rientrare nei pensieri dei ragazzi, se non si sa spiegare con ancora più fatica può rientrare nelle intenzioni o nelle scelte dei giovani. Ma come si racconta la politica? Beh, attraverso chi la vive, ovvero i partiti e chi li rappresenta. È onere delle formazioni partitiche recuperare una narrazione in grado di spiegare cosa sia la politica e che tipo di significato positivo può assumere nella vita delle persone. La partecipazione politica non

può essere questione derubricata a “buon comportamento”: per essere davvero i giovani devono capire quale vantaggio può portare nella loro vita. Per dedicare del tempo per informarsi, militare, candidarsi, rappresentare bisogna aver prima compreso l’utilità di tali azioni, cosa possono portare di buono nel proprio cammino.

È da questo punto di vista che sul “come” riavvicinare per me si apre un grande tema: la capacità dei partiti di raccontarsi come strumento formativo, di crescita personale prima ancora che collettiva. È da questo punto che passa l’opportunità di riavvicinare i giovani alla dinamica politica, come veicolo di crescita. Fare politica può offrire una certa cura delle relazioni, una certa lettura delle dinamiche sociali, una particolare grammatica dei rapporti personali e di gruppo. Vantaggi concreti, pratici che, se spiegati e compresi, possono essere in grado di attrarre ragazzi e ragazze che stanno costruendo il proprio futuro. Un veicolo che diventa premessa formativa nel proprio cammino e non solo dovere civico socialmente consigliato. Quindi ricreare nei partiti un clima meritocratico, di sforzo intellettuale, di crescita culturale diventa la soluzione più naturale ed efficace. Una piccola “rivoluzione” di questi tempi: conferire ai partiti l’autorevolezza necessaria per passare da un’interpretazione stretta ad una estensiva del ruolo e del significato degli stessi. Portata su questo piano, la questione diventa interessante ed avvincente proprio perché sfida che tocca tutti i colori politici, tutte le sensibilità ideali. Una sfida che dobbiamo e possiamo vincere e che quei pochi giovani oggi impegnati in questo ambito devono intestarsi e sviluppare con l’adeguato coraggio. Non c’è alternativa, solo tanta aspettativa!

 Jacopo Maltauro con altri giovani amministratori veneti
 Jacopo Maltauro, Lega, a piazza Matteotti con lo "storico" socialista vicentino Mario Giulianati

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Dal caporalato ai giovani laureati: illusi e sfruttati

Al dramma storico della ricerca di un posto di lavoro, si aggiunge, oggi più che mai, il dramma di tutte quelle lavoratrici e quei lavoratori esposti al calpestio della propria dignità e libertà, talvolta costretti in condizioni di schiavitù e di violazione dei più elementari diritti umani fondamentali. Il fenomeno del caporalato che in ogni estate, puntuale, balza agli “onori” della cronaca, può essere annoverato nella criminalità nascosta. Le vittime del caporale diventano oggetti, quasi merci, da utilizzare per scopi imprenditoriali, ne sono un esempio i fatti di cronaca che si succedono senza soluzione di continuità (QR Singh e caporalato in vigna).

Una sorta di sfruttamento e umiliazione della dignità umana che si trasforma poi, in annichilimento del soggetto. I lavoratori sono costretti ad accettare logiche disumane di prevaricazione e di dominio, l’azione può addirittura aggravarsi dal piano lavorativo a quello sessuale, quando ad essere sfruttate sono le donne.

E le norme di sicurezza? Violate dal 80% al 90% nelle aziende

Accanto allo sfruttamento, al lavoro irregolare, la violazione delle norme di sicurezza (QR norme di sicurezza, morti sul lavoro e fabbrica Bolzano).

Il direttore dell’Ispettorato nazionale per il Lavoro, Paolo Pennesi, afferma che nel post Covid c’è stata una crescita notevole delle violazioni con una media ben sopra

l’80% delle aziende che presentano violazioni prevenzionistiche, e in alcuni casi, si arriva a percentuali del 93% di irregolarità come nell'ambito dell'edilizia.

La violazione delle norme di sicurezza non fa nemmeno distinzioni, tra lavoratori e studenti in stage, risale infatti a circa un anno fa, la notizia di cronaca di Giuliano De Seta, studente di 18 anni morto in fabbrica a Noventa di Piave durante uno stage, in un programma di alternanza scuola-lavoro. Non era assunto, era uno stagista e dunque nessuna assicurazione, paradossalmente niente è dovuto, così hanno risposto le istituzioni, quando in realtà tutto gli era dovuto in termini di formazione, dignità, e rispetto delle norme.

E i laureati italiani come se la

cavano?

Di loro nessuno parla, ma sono migliaia i giovani laureati, sistematicamente sottopagati, vessati, sfruttati, ostaggi di stage, collaborazioni, contratti part-time di pochi euro l’ora o di apprendistato. In un paese in cui Confindustria, governo e pure il sindacato rifiutano la raccomandazione europea di introdurre il salario minimo legale.

Recentemente, una mia giovane paziente, prossima alla laurea magistrale in materie umanistiche, durante una seduta, mi ha detto: «dottoressa, finalmente nell'azienda per cui lavoro da qualche mese dopo aver superato il periodo di prova, mi hanno proposto un contratto di apprendistato, 40 ore a settimana, con trasferte mensili di una o due settimane non retribuite a 1.100€

 Paga oraria, per titolo di studio, lorda in Italia e per regione, una forma di caporalato

al mese. Avrei dovuto essere felice, finalmente avevo un contratto dopo anni di studio e sacrificio, invece sono andata in bagno e sono scoppiata a piangere. Come faccio ad uscire di casa, ad essere autonoma con 1.100€ al mese, senza considerare i 200€ al mese per le spese di trasporto, visto che il lavoro è a 30 km da casa?»

In Italia l’età media di uscita dalla famiglia è di quasi 30 anni (29,9 per la precisione), in Europa la media è 26,6, ma in Francia e Germania scende a 23,6 e in Svezia addirittura a 19. Più aumenta l’età di emancipazione dalla famiglia, più sono bassi i tassi di occupazione giovanili.

In Italia non si vive con 1.100 euro, così come non si vive con 750 euro, come denuncia l’ingegnera di Genova (QR norme di sicurezza, morti sul lavoro e fabbrica Bolzano).

Si possono sottopagare anni di studio?

Paradossalmente i giovani italiani con in mano una laurea sono tra i più sottopagati. Senza contare la non distinzione a livello salariale tra chi ha una laurea triennale e una laurea magistrale.

Si parla di caporalato, agricoltori pagati 6 euro all'ora, ma nessuno parla dei nostri laureati pagati 9 o 10 euro all'ora, da: ospedali, cliniche universitarie, cooperative, diocesi, ecc.

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Per tutto il resto ... chiedeteci

Allora mi chiedo: perché, quando si parla di lavoro e di giovani, si parla di disoccupazione e non di quei disgraziati che sì, un lavoro ce l’hanno, ma non hanno il rientro economico sufficiente per sopravvivere e sono molto sotto la soglia di povertà?

Abbiamo architetti, designer, avvocati, psicologi, infermieri etc. Una schiera di ragazzi laureati nelle più prestigiose università, con il massimo dei voti, che si deve accontentare dopo anni di studio e stage non retribuiti di farsi pagare l’affitto dai genitori (se sono fortunati!), di un contratto di apprendistato o di 800900 euro al mese netti perché assunti con la partita Iva.

Scriptorium

La condizione di lavoro dei giovani neolaureati: illusi, sfruttati e licenziati

Una generazione di sogni infranti che sta molto peggio di come viene descritta, sta male economicamente e psicologicamente, dove le due condizioni si intrecciano e si autoalimentano. Il risultato è un esodo all'estero di laureati, che andrà in futuro a compromette la capacità competitiva del nostro Paese, se non si riuscirà a rendere il lavoro etico e socialmente sostenibile, individuando i segnali di malessere e offrendo sostegno in modo pro-attivo ma non giudicante, creando ambienti in cui ogni persona possa sentirsi bene.

Editoria

Impaginazione professionale

Consulenza editoriale Editing Stampa Pratica ISBN Il libro dall’idea ... alla confezione Via Valeggio sul

 Giovani manifestano per lavoro dignitoso

Vicenza, città del Palladio e dei tradimenti estivi: prima in classifica nella top 20 delle città a più alto tasso di rapporti extraconiugali

Già all’inizio del mese che porta al solstizio d’estate, ogni anno cominciano a comparire statistiche e dati sulle presenze turistiche previste nelle varie regioni italiane, sugli effetti del tempo ballerino e sulle mete preferite. E

si sa che la bella stagione, con le tante ore di luce, le serate che non finiscono e il caldo, porta con sé anche una ventata di libertà “sentimentale”: Ashley Madison, piattaforma leader internazionale per chi è alla ricerca di love affaire extraconiugali, propone infatti ogni anno la top 20 delle città italiane a più alto tasso di tradimento estivo.

Ebbene, il Veneto, che è la regione più turistica d’Italia per numero di presenze e di pernottamenti, grazie alla qualità dei servizi che offre e alla sua offerta variegata di spiagge, montagne, altipiani, laghi e città d’arte, in questo 2024 si fa valere per bene anche in questa classifica, con due città sul podio e altre due tra le prime dieci. Se per diverso tempo era stata Trieste a capitanare la graduatoria delle città più “allegre”, ora il capoluogo giuliano ha lasciato spazio alle province del Veneto: la solo apparentemente sonnacchiosa Vicenza conquista il primo posto, salendo di ben 14 posizioni rispetto alla scorsa estate, e la città romantica per eccellenza, Verona, è al secondo posto (chissà che ne penseranno Romeo e Giulietta...), ben 15 posizioni in più del 2023. Il podio si completa con Bergamo, che oltre a vincere l’Europa League entra nella classifica Ashley Madison per la prima volta conquistando il 3° posto.

 Mappa dei tradimenti estivi (dati Ashley Madison)

VicenzaPiùViva

A seguire, troviamo 4. Monza, 5. Trieste, 6. Firenze, 7. Milano, 8. Venezia, 9. Bolzano, 10. Padova, 11. Pescara, 12. Modena, 13. Bologna, 14. Sassari, 15. Siracusa, 16. Messina, 17. Parma, 18. Roma, 19. Perugia e 20. Salerno.

Il nord Italia vede dunque un’alta concentrazione di bollore estivo, con quattro venete nei primi dieci posti, oltre a Monza che conquista il quarto, l’ex capofila Trieste al quinto, Milano 7a e Bolzano 9a.

La storica Firenze, tra una visita agli Uffizi e una passeggiata sul Ponte Vecchio, stuzzica abbastanza la fantasia da conquistare il sesto gradino. L’Emilia-Romagna, culla di ottima gastronomia, colline sinuose e spiagge vivaci, in quota tradimenti estivi conta su Modena, Bologna e Parma rispettivamente al 12°, 13° e 17° scalino. Anche il centro-sud Italia si affaccia in classifica, con Pescara in 11° posizione, Sassari, Siracusa e Messina dal 14° al 16° posto. La capitale Roma è al 18°, poi a chiudere la top 20 sono Perugia e Salerno. «Una classifica - commenta Christoph Kraemer, Managing Director di Ashley Madison per l’Europa - che offre diversi spunti di riflessione, in particolare su quanto le città medie e me-

dio-piccole, rispetto alle grandi metropoli, stiano guadagnando terreno in termini di sperimentazioni relazionali».

«I dati sembrano confermare che il Nord Est Italia e le province non troppo grandi e popolose risultano essere le zone in cui uomini e donne si sentono maggiormente inclini a dichiarare esperienze non-monogamiche rispetto al resto del nostro Paese», commenta la Dottoressa Marta Giuliani, Psicologa, Psicoterapeuta, Sessuologa Clinica e Socia Fondatrice della Società Italiana di Sessuologia e Psicologia. Secondo la dottoressa Giuliani, tra le motivazioni – oltre al fatto che al nord c’è forse meno riservatezza su questo tipo di esperienze - c’è uno stile di vita mediamente più stressante: «Se consideriamo che spesso i rapporti extraconiugali rispondono ad un bisogno di diminuire la pressione e il senso di frustrazione della vita quotidiana –spiega la dottoressa Giuliani -, è ipotizzabile che si possa registrarne un numero più elevato in territori con uno stile di vita più frenetico.». Quanto alla crescita delle città medio piccole rispetto alle

metropoli, la dottoressa sottolinea che si tratta spesso di città di confine, multietniche, multireligiose e multiculturali: «Tutti aspetti che ne hanno certamente influenzato il grado di sperimentazione sociale e culturale sdoganando quella possibilità di viversi una sessualità più fluida e consapevole, libera da schemi culturali rigidi e preconfezionati». Francamente non sembra che questa definizione si possa applicare perfettamente all’operosa e un po’ noiosa Vicenza, città del Palladio, dell’Oro e del Bacalà alla Vicentina, però i numeri non sono opinioni. La classifica di quest’estate di Ashley Madison ridisegna la mappa delle città da visitare per tutti coloro che sono alla ricerca di un love affaire sotto ai cieli estivi di un’estate rovente e non solo in senso meteo!

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Aborto, divorzio, libertà di stampa, eutanasia: un nuovo oscurantismo?

Nell’ultimo decennio, contrariamente a quanto avvenuto a partire dagli anni ‘70 contraddistinti da aneliti libertari in campo sociale, civile e sessuale, si assiste ad una sorta di progressivo oscurantismo delle libertà fondamentali che interessa proprio le democrazie occidentali, che su tali valori si fondano.

Ciò accade proprio in un momento in cui pare che le democrazie occidentali siano soccombenti nei confronti dei regimi autoritari, autocratici e teocratici che si affermano in Asia, nei Paesi orientali e nell’Est Europeo.

Negli Stati Uniti, dal 2022, le donne si trovano fortemente limitate se non private della tutela del diritto all'aborto, regolato non più da leggi centrali federali ma da quelle dei singoli Stati.

Lo Stato della Florida ha addirittura proibito l’aborto dopo sei settimane di gravidanza.

A questa menomazione di un diritto fondamentale della donna, si è invece contrapposta la giusta tutela in Francia che il 4 marzo 2024 ha - prima nazione al mondo – inserito il diritto all’aborto nella Costituzione, riconoscendo così il

diritto delle donne di scegliere liberamente.

Anche nel nostro paese stiamo assistendo a quelle che sono “barbariche” intromissioni nella più intima sfera privata da parte di associazioni pro-vita come l’offerta di denaro a donne incinta per evitare che abortiscano o - peggio – l’aberrante pratica di far ascol-

tare il battito cardiaco del feto per dissuaderle dall’aborto.

Ciò che appare ancor più grave e come queste situazioni vengano promosse o tollerate dalle Istituzioni che invece dovrebbero contrastarle in quanto a nessuno dovrebbe essere consentito di invadere la libertà di scelta altrui ma unicamente di conformare la

 Una manifestazione per l'aborto a Roma nel 1981 (da La Stampa)
Libertà di stampa
 In Spagna approvata l’eutanasia

nell’ordine Norvegia, Danimarca, Svezia, Olanda, Finlandia, Estonia, Portogallo, Irlanda, Svizzera e Germania), collocandosi l’Italia al 46° posto (-5 rispetto al 2023) dietro le isole Fiji ed il Regno di Tonga: «La libertà di stampa in Italia continua ad essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, soprattutto nel sud del Paese, nonché da vari piccoli gruppi estremisti violenti. I giornalisti denunciano anche i tentativi da parte dei politici di ostacolare la loro libertà di coprire casi giudiziari attraverso una 'legge bavaglio' oltre alle procedure SLAPP (SLAPP = Strategic Lawsuits Against Public Participation - cause strategiche contro la pubblica partecipazione -,

propria vita e le proprie scelte alle convinzioni personali, applicandole coerentemente unicamente a sé, purché non rechino danno ad altri.

Nulla vieta ovviamente che la seguace di un movimento pro-vita decida liberamente, per sé, di finalizzare ogni atto sessuale alla procreazione proibendosi di abortire, senza arrecare disturbo ad altre cittadine, com’è giusto in uno stato democratico laico e fortunatamente estraneo alle logiche delle tristemente note “repubbliche religiose”.

Altrettanto doveroso è che lo Stato garantisca, a tutte le donne, adeguate e diffuse strutture sanitarie che in concreto attuino il di-

ritto di ciascuna ad abortire rapidamente ed in sicurezza.

Per quanto siano passati 50 anni dal tentativo dell’allora DC di far abrogare la legge sul divorzio del 1970, miseramente naufragato per volontà di un’ampia maggioranza (59,26%) di italiani, questo approccio oscurantista, limitativo di importanti diritti fondamentali dell’essere umano, non è ancora passato a miglior vita.

Secondo la RSF, Reporters Sans Frontières oppure Reporters without borders (QR: libertà di stampa) anche la situazione della libertà di stampa nel nostro paese non è degna delle più avanzate democrazie del Nord Europa (ai primi 10 posti della classifica vi sono

si tratta di cause promosse non per vincere una controversia legittima, ma per intimidire, imbavagliare o punire coloro che cercano di partecipare e di esprimersi su questioni di interesse pubblico e spesso sono rivolte contro i media, le ONG o rappresentanti della società civile) che sono una pratica comune in Italia». Un recente esempio della involuzione del nostro Paese sul tema è la modifica del 19/12/2023 al codice di procedura penale che vieta la pubblicazione delle ordinanze cautelari, integrali o per estratto, fino al termine dell’udienza preliminare. Non a torto quindi la RSF – nel sito citato – afferma che: «Governments fail to protect journalism. A growing number of governmen-

ts and political authorities are not fulfilling their role as guarantors of the best possible environment for journalism and for the public's right to reliable, independent, and diverse news and information. RSF sees a worrying decline in support and respect for media autonomy and an increase in pressure from the state or other political actors»

(cioè ..un numero crescente di governi e autorità politiche non stanno adempiendo al proprio ruolo di garanti del miglior ambiente possibile per il giornalismo…).

Sembrerebbe quasi che la soluzione al malaffare sia mettere a tacere la stampa libera piuttosto che prevenirlo con idonee norme, punire gli autori e aumentare la trasparenza dei comportamenti dei politici e delle Istituzioni, favorendo la transizione verso una democrazia matura ed allineata alle migliori prassi di quelle più avanzate.

La gravità di questo approccio è dimostrata dal fatto che ogni for-

ma di censura mina la democrazia alle fondamenta, come mostrano le posizioni in classifica di Cina e Russia.

E poi «in Italia manca ancora una legge che preveda la possibilità di aiuto medico alla morte volontaria per le persone che non dipendono da trattamenti di sostegno vitale». (QR: Eutanasia).

L’eutanasia (consentita in Svizzera, Spagna, Paesi Bassi, Lussemburgo, Belgio, Canada, Colombia) è un altro tema, ancora una volta, fortemente divisivo perché affrontato con un approccio “ideologico” analogo a quello dell’aborto e del divorzio, per quanto sia invece un tema che una moderna democrazia e la società civile dovrebbero risolvere considerato il crescente disagio esistenziale dell’uomo moderno e la acquisita consapevolezza di ciascun individuo della propria dimensione umana e del diritto di ciascuno di poter liberamente decidere della propria esistenza.

La recente scelta dell’ex premier olandese Dries van Agt e di sua moglie, - entrambi novantatreenni e da tempo molto malati – di fare ricorso all’"eutanasia di coppia" è l’esempio della sensibilità sul tema del nostro tempo.

Il concetto stesso di democrazia laica e il diritto di ciascuno di essere artefice del proprio destino e della propria vita impongono che lo stato democratico moderno si mantenga neutrale rispetto a tutti questi temi fortemente divisivi (quali sono quelli che implicano questioni etiche e/o religiose) non ponendo veti alle libertà individuali e consentendo a ciascuno di decidere secondo la propria coscienza e visione della vita.

Questa è la principale sfida della moderna democrazia, pena l’inevitabile deriva verso lo stato autoritario, l’autocrazia o la teocrazia, china sulla quale vi sarebbero già numerosi Paesi anche Europei.

 Manifestazione per il divorzio nel 1962 (da Wikipedia)

Vicenza, cold case Fioretto-Begnozzi:

dopo 33 anni incastrato

dal Dna uno dei 2 killer, Umberto Pietrolungo del clan Muto.

Il procuratore capo Bruno: « Ma al momento null’altro risulta » . Un Amministratore locale commenta: « All’epoca andai in Procura e parlai col magistrato di rivelazioni ricevute, poi ricevetti una strana telefonata… Tutto da lì tacque »

25 febbraio 1991-11 giugno 2024. 33 anni dopo, è stato incastrato dal Dna uno dei killer del cold case Fioretto-Begnozzi che scosse Vicenza e il Veneto. Si tratta di Umberto Pietrolungo, originario di Cetraro, in provincia di Cosenza. A incastrarlo un esame del Dna.

Il duplice omicidio, del quale VicenzaPiù Viva si era già occupata nel n. 8 di fine maggio, quasi da preveggente degli sviluppi in arrivo, proprio nella rubrica sui cold case, trova nuova luce grazie al progresso della genetica forense. Questo aspetto è stato esaltato nel corso della conferenza stampa tenutasi la mattina dell’11 giugno scorso in questura alla presenza, tra gli altri, del procuratore capo Lino Giorgio Bruno e del questore di Vicenza Dario Sallustio (nel QR un breve video illustrativo presentato durante la conferenza stampa).

Chi è Umberto Pietrolungo Ma partiamo dal seguire le orme del presunto killer. Un uomo che, sin da giovanissimo, si è lasciato alle spalle una scia di criminalità,

Conferenza stampa

dettata anche dalla sua prossimità al clan Muto di Cetraro, egemone da decenni in una consistente porzione della provincia di Cosenza, quella del versante tirrenico, con ramificazioni in Basilicata e nella provincia di Salerno.

Un’egemonia nata storicamente sul controllo del settore ittico, tanto che il boss, Francesco Muto, conosciuto come “Franco”, è soprannominato “Il Re del Pesce”. Gli interessi della cosca si sono espansi, poi, ad altri settori economici, mentre il passare del tempo, le malattie e gli anni di carcere hanno fiaccato e probabilmente messo fuori gioco il vecchio capo. Ma questa è un’altra storia.

Umberto Pietrolungo è nipote di Lido Scornaienchi, detto “Cunfietto” (Confetto, ndr), braccio destro di Franco Muto. Coinvolto in Calabria

in importanti operazioni dell’Antimafia per associazione a delinquere nella commissione di reati che vanno dal traffico di droga all’estorsione e all’usura fino alla turbata libertà degli incanti, aggravati dalle modalità mafiose, nel 2022 è finito in carcere. In quello di Cosenza per la precisone, dove è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Vicenza su richiesta del procuratore ed eseguita dalla squadra mobile della Questura.

Curioso il modo in cui era finito dietro le sbarre in quell’estate. Nell’afa di agosto che si sconfigge solo in parte e soltanto bagnandosi nelle acque blu del Tirreno cosentino, i carabinieri del Norm di Scalea lo beccarono in uno stabili-

 Pierangelo Fioretto e la moglie Mafalda Begnozzi (foto Francesco Dalla Pozza)

VicenzaPiù

mento balneare di Santa Maria del Cedro.

Era irreperibile da circa un anno, dopo che sulla sua testa pendeva un ordine di carcerazione per scontare una pena di 5 anni e 4 mesi di reclusione per il reato di tentata estorsione in concorso aggravato dal metodo e dalle finalità mafiose.

In mezzo, tra gli esordi cetraresi e il ritorno in Calabria, fino al soggiorno nel carcere di Cosenza, c’è un lungo periodo trascorso al Nord. Gli inquirenti, infatti, rendono noto che dal 1982 al 2010 ha avuto la residenza anagrafica in provincia di Genova, a Cogoleto. E di lui gli ar chivi delle forze dell’ordine hanno traccia per la commissione di reati e per gli incontri con i compaesani di Cetraro operativi al Settentrione. Di certo, era al Nord nel periodo in cui a Vicenza, in Contra’ Torretti, si consumava un efferato delitto, che spense le vite di uno stimato e ben in vista professionista vicentino e della sua consorte 25 febbraio 1991: Vicenza inorridita per il duplice omicidio Fioretto-Begnozzi

Era una sera di febbraio del 1991, quando vennero uccisi a Vi-

cenza l’avvocato vicentino Pierangelo Fioretto, 59 anni all’epoca, e la moglie 52enne Mafalda Begnozzi. Lui in particolare, grazie al suo lavoro, era un professionista molto noto in città. Aveva infatti seguito importanti vicende in materia societaria e fallimentare ed era consulente di importanti aziende che operavano nel territorio vicentino.

I due furono barbaramente freddati nel giardino della loro casa nel centro storico da diversi colpidi pistola, esplosi alle loro spalle. Due di essi al capo, come colpo di grazia. Le indagini si rivolsero da subito verso la pista del movente professionale, poiché l’avvocato era pe-

rito del tribunale specializzato in fallimenti.

Gli accertamenti svolti nell’immediatezza del duplice omicidio cristallizzarono alcuni elementi sui quali gli inquirenti si sono ritrovati a lavorare anche negli ultimi mesi e, a distanza di oltre 6 lustri, si sono rivelati determinanti.

I vicini, innanzitutto, fornirono accurate descrizioni di una Alfa Romeo 75 e di alcuni uomini, notati aggirarsi nei pressi dell’abitazione a chiedere informazioni sulle abitudini di Fioretto. Informazioni chieste anche sul luogo di lavoro dell’avvocato. Furono inoltre ritrovate due pistole, entrambe dotate di silenziatore, modificate dal loro essere inizialmente armi giocattolo, e ritenute le armi del delitto.

Di particolare importanza, inoltre, il ritrovamento di un guanto in pelle nelle vicinanze dell’abitazione. Nonostante gli indizi il caso fu archiviato per mancanza di riscontri, ma poi riaperto nel 2012 per svolgere, con le nuove tecnologie, esami del Dna sul guanto allo scopo di collegarlo all’identità di un possibile killer. L’esame, tuttavia, diede esito negativo e il caso finì di nuovo negli archivi dei cold case, i casi irrisolti.

Oggi, gli investigatori ci dicono che la riapertura del fascicolo è stata possibile grazie a un elemento.

 L'ambulanza in contrà Torretti (foto Francesco Dalla Pozza)
 Reperti rinvenuti sul luogo del delitto

Cold case Fioretto-Begnozzi a Vicenza: Umberto Pietrolungo incastrato dal Dna

«I risultati investigativi ottenuti dopo così tanto tempo non potevano che avvalersi in misura importante del progresso della disciplina della genetica forense. Hanno avuto un ruolo importante una serie di accertamenti scientifici, anzitutto sui profili del Dna, ma anche sulle impronte digitali che sono stati segnalati dalla polizia scientifica della Polizia di Stato».

Lo ha detto il procuratore Bruno nel corso della conferenza stampa dell’11 giugno 2024, evidenziando così un aspetto fondamentale: all’epoca dei fatti, e negli anni successivi, non era tecnicamente possibile conseguire questi risultati.

«Ma – ha aggiunto – a questi contributi della scienza si è associata un’indagine classica, partita da una rivisitazione delle attività

svolte nell’immediatezza del fatto da parte del personale della questura di Vicenza e che sono state rilette e verificate alla luce delle nuove acquisizioni».

Ecco, quindi, come si è arrivati a incolpare Pietrolungo dell’omicidio Fioretto-Begnozzi attingendo

alle banche dati ora utilizzate. Il 24 febbraio 2023 la polizia scientifica ha segnalato un accertamento di concordanza positiva al primo livello tra i profili del Dna rilevati sul “famoso” guanto in pelle e il profilo del criminale cetrarese, ottenuto sia a seguito di accertamenti del Ris di Messina nel 2022 sul bulbo di un capello trovato dai carabinieri di Scalea in un hotel di Diamante dove si era verificato il ferimento di un uomo, che tramite un tampone orale raccolto su Pietrolungo nell’ambito di un procedimento penale della Procura di Castrovillari.

La Scientifica ha, inoltre, rilevato compatibilità tra le tracce papillari trovate all’epoca dei fatti di Vicenza sul silenziatore della pistola con la quale era stato freddato Fioretto con le impronte digitali prelevate a Pietrolungo qualche mese dopo, quando la polizia lo aveva fermato a Genova per via di un sequestro di persona a scopo di rapina a mano armata avvenuto a ottobre del 1991 ai danni di un gioielliere.

Inoltre, anche a distanza di tanto tempo è stato possibile rintracciare nella figura del calabrese quei tratti somatici descritti dai testimoni che avevano visto i presunti killer e corroborati dai cartellini fotosegnaletici di Pietrolungo, risalenti sia al 1991 che al 2022.

VicenzaPiùViva

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A completare il quadro delle indagini, la presenza stabile di Umberto Pietrolungo negli anni ’90 nel nord Italia, in Liguria e Lombardia, e i rapporti intrattenuti anche con esponenti del sodalizio mafioso cetrarese. Oltre alla residenza prolungata in Liguria, nello stesso anno del duplice omicidio di Vicenza Umberto Pietrolungo era stato controllato a Milano, insieme a due esponenti del clan Muto, uno dei quali suo parente, e denunciato per porto ingiustificato di spray narcotizzante e, soprattutto, di proiettili calibro 7,65, lo stesso tipo di quelli rinvenuti a Vicenza in quel tragico 25 febbraio.

Gli inquirenti: abbiamo individuato solo uno dei responsabili

Le indagini, necessariamente, vanno avanti: perché è un dato acquisito che quella notte furono in due a partecipare all’omicidio a bruciapelo dei coniugi vicentini e anche per accertare se le figure di esecutori e mandanti coincidano. Ma su questo, il procuratore capo di Vicenza è stato molto chiaro.

«Noi riteniamo Pietrolungo l’autore materiale del duplice omicidio – ha detto Lino Giorgio Bruno –, ma come in ogni caso omicidiario bisogna distinguere tra autore materiale e mandanti, laddove le due qualifiche non coincidano nella stessa persona. Noi riteniamo di avere individuato uno degli autori materiali. In particolare – ha precisato –, l’autore dei colpi esplosi proprio contro la persona del Fioretto e di sua moglie». Interrogato in merito dal direttore Giovanni Coviello, presente anche per la nostra testata online ViPiu.

it, Bruno ha approfondito: «Come inquirenti ci sentiamo di escludere che si tratti di un soggetto portatore di un interesse personale proprio, di una causale propria rispetto all’omicidio. C’è un secondo esecutore materiale e l’impegno è identificarlo. L’ipotesi investigativa è che i due non fossero portatori di questo interesse e quindi si stagliano sulla scena interessi diversi, ulteriori, per i quali tuttavia, salvo che non ci siano contributi attuali, dobbiamo fare riferimento a quelle che erano le acquisizioni di indagine all’epoca e con elevata probabilità agli interessi professionali di Fioretto, soprattutto quelli di maggiore rilievo».

Infine, sempre rispondendo ai cronisti presenti, il procuratore capo di Vicenza ha chiarito di non poter dire nulla, per ovvii motivi, su eventuali altri indagati allo stato attuale e ha precisato: «Attenzione, non commettiamo l’errore di ritenere che il clan Muto fosse il mandante. Io non l’ho detto e non è scritto da nessuna parte. Al momento non abbiamo elementi per affermare che il clan Muto possa costituire direttamente o indirettamente un riferimento di causale». Significativo, però anche se in generale, un commento di un Amministratore locale alla notizia da noi pubblicata: «Mi interessai a questo caso anni fa, una persona mi fece alcune rilevazioni personali che disegnavano un mondo di intrecci che portavano a lavare danaro attraverso fallimenti pilotati. Andai in Procura e parlai col magistrato, poi ricevetti una strana telefonata... Tutto da lì tacque. Le ‘infiltrazioni’ sono storiche in questo ricco territorio, da sempre usato come "lavatrice. Credo non sia cambiato molto».

In conferenza stampa erano presenti e hanno fornito il loro specifico contributo informativo il sostituto procuratore di Vicenza, Hans Roderich Blattner, il dirigente della squadra Mobile della Polizia di Vicenza, Lorenzo Ortensi, Pamela Franconieri del Servizio Centrale Operativo e componente dell’Unità delitti insoluti (Udi), e Daniela Scimmi della Polizia scientifica.

Il caso “Fioretto-Begnozzi” sbarca in tribunale: per la difesa il “super perito” Emiliano Giardina.

Il Riesame rigetta il ricorso per Pietrolungo

Consulente di parte è il prof. Emiliano Giardina, ricordato anche il ruolo svolto per l’omicidio di Yara Gambirasio

di Pietro Polizzo

Al momento in cui scriviamo (28 giugno in chiusura del mensile, ndr) è impossibile dire se a distanza di tutto questo tempo si aprirà un processo nei confronti dell'unico sospettato di quel tragico fatto di sangue. Ma, va da sé, il procedimento è partito, seppur nella sua fase preliminare.

Intanto, Umberto Pietrolungo ha fatto scena muta davanti al Gip di Vicenza Mantovani nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ma – hanno chiarito i suoli legali – il 58enne calabrese intende rispondere alle domande: «Lo farà più in la, quando sarà stato analizzato ogni aspetto dell’indagine della procura berica”.

Il cetrarese è difeso dagli avvocati Giuseppe Bruno e Marco Bianco che hanno rapidamente presentato ricorso al Riesame, ritenendo insussistente il quadro indiziario e contestando la misura cautelare in carcere emessa dal Gip di Vicenza. Nell'udienza di venerdì 28 giugno 2024, il ricorso è stato rigettato, ma le motivazioni del provvedimento non sono state rese ancora note. La strategia difensiva ha, poi, compiuto un altro passo. Bruno e Bianco hanno conferito incarico peritale, come consulente di parte, ad Emiliano Giardina, professore dell’Università di Roma Tor Vergata.

Famoso per i suoi contributi in importanti casi di cronaca giudiziaria nazionali, è ricordato in particolare per l’omicidio di Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa il 26 novembre 2010 e ritrovata assassinata il 26 febbraio 2011 in un campo a Chignolo d’Isola, distante circa 10 chilometri da Brembate di Sopra, nel Bergamasco.

Nell’ambito del procedimento vicentino, il noto perito fornirà una consulenza con la quale il collegio difensivo di Pietrolungo intende confutare le risultanze delle indagini, in particolare per la parte delle evidenze scientifiche sulla base delle quali la Procura della Repubblica di Vicenza ha riaperto il caso.

«Siamo in attesa di ricevere ancora parte della documentazione sulla quale si baserà la consulenza del professor Giardina”, ci ha detto Giuseppe Bruno, avvocato del foro di Paola, in provincia di Cosenza.

 Matteo Mantovani, Gip di Vicenza
 Il prof. Emiliano Giardina, il genetista anche dei casi Yara e Meredith
 L'avvocato Giuseppe Bruno

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È possibile combattere lo stress? Come percepisce lo stress il nostro corpo? I rimedi possibili: riscoprire

il benessere abbracciando la natura

Gentile dottoressa, io e il mio compagno, siamo molto nervosi e stressati, abitiamo in centro città e da poco abbiamo entrambi cambiato lavoro. Le giornate sono scandite da riunioni incastrate in modo minuzioso, telefonate e decisioni prese velocemente, sembra esserci sempre qualche urgenza da risolvere, poi finisce il lavoro in azienda e ne troviamo un altro, altrettanto impegnativo, la famiglia, i figli, con i loro bisogni, le attività extra-scolastiche, i compiti da correggere, le partite, le pulizie di casa, la spesa da fare, ecc. a volte ci sembra di essere dentro una lavatrice! Siamo veramente stanchi.

Come sopravvivere a tutto questo? Può darci qualche consiglio?

Grazie, Maria

Cara Maria, lo stress è una risposta cognitiva, emotiva e fisica che viene data in situazioni stressanti o stressors, che possono riguardare la vita affettiva, familiare, sociale, lavorativa.

Stress, ansia e stile di vita. Come reagisce il nostro corpo allo stress? Quali sono i segnali di stress? Mente e corpo si influenzano sempre. Sono una cosa sola, a dire il vero. Noi non abbiamo un corpo, noi siamo un corpo.

Come capire cosa provoca stress e porre subito rimedio?

Innanzitutto fermandosi un attimo. Ascoltati.

Chiediti se stai vivendo la tua quotidianità alla luce delle tue esigenze e dei tuoi bisogni oppure se stai subendo o vivendo male qualche situazione. Il corpo ti sta inviando segnali nuovi?

Dolori muscolari? Mal di testa cronico?

Colon irritabile?

Mal di stomaco?

Irritabilità? Insonnia?

Fame nervosa? Psoriasi?

Quando lo stress è associato ad una condizione prolungata e intensa può provocare malessere fisico, psichico e determinare patologie che limitano non solo il rendimento lavorativo, ma anche quello sociale, personale, psicologico. Se impari a prestare attenzione, riuscirai ad ascoltare ciò che il corpo ha da dirti e a riconoscere le alterazioni, ciò che gli manca per stare di nuovo bene.

Come percepisce lo stress il nostro corpo? Con l'ansia, accanto a sensazioni cardiovascolari, respiratorie, intestinali, muscolari, e cognitive alterate! Tutto ciò porta uno squilibrio nel quale stiamo sempre peggio. Ansia, attacchi di panico, mancanza di energia, sensazioni di negatività, inefficienza, eccessivo stato nervoso.

La vita diventa un susseguirsi affannoso di eventi dai quali ci sentiamo inghiottiti, come quando tu stessa utilizzi l'immagine della “lavatrice”. Ci disconnettiamo da noi stessi, dall’essenziale e iniziamo ad essere tesi, in ansia, infelici. Per rendere l’idea Maria: “Immagina un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l’acqua è cal-

da. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita. Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa. Sarebbe balzata subito fuori dal pentolone”.

Questa triste storiella ti dice qualcosa?

Spesso subordiniamo il nostro benessere emotivo a necessità che consideriamo più importanti.

Ma allora chi ha ucciso la rana? Non è stata l’acqua bollente, ma l’incapacità della rana di decidere quando saltare. Se ci pensi puoi applicare questo principio a tante situazioni che affronti nella vita.

Cosa spaventa la rana bollita?

La paura più grande che abbiamo è di cambiare, in particolare le nostre abitudini e credenze, ma come diceva Gandhi “Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere”.

Proprio come la rana bollita, che per salvarsi dovrebbe cambiare la sua situazione e saltare fuori dalla pentola, e invece si adatta all’acqua finché non diventa insopportabile, perché il cambiamento

la spaventa ancora di più dell’acqua bollente. Così si accumulano piccole frustrazioni, piccole dosi di rabbia, ci facciamo andare bene una serie di cose… che presto o tardi portano ad esplodere. Solo, l’agire infatti, crea un cambiamento nella percezione, che innesca la reazione emozionale e la risposta comportamentale.

Come combattere lo stress?

I pilastri su cui puoi costruire il tuo benessere, sono noti da tempo: movimento fisico, socialità e relazioni, varietà e ricerca di stimoli ambientali e cognitivi, e una sana alimentazione.

Quando si è stressati, si ha tanta adrenalina in circolo, camminare in natura facilita la scarica dello stress accumulato. Si vive un bagno cromo-terapico di verde e di azzurro che tranquillizza l’organismo e lo sguardo. Gli spazi verdi abbassano la pressione sanguigna, riducono l’eccitazione del sistema nervoso, rafforzano il sistema immunitario e, in generale, riducono l’ansia e migliorano l’umore. Un bosco lo si può apprezzare visivamente, anche con l'aiuto della realtà virtuale, ma tutt’altra cosa fare un'esperienza immersiva: abbracciare un albero, camminare a piedi nudi sul manto erboso o ascoltare il canto degli uccelli. Basta solo un’ora trascorsa in mezzo agli alberi, senza l’utilizzo dei cellulari, per ridurre lo stress a livello cerebrale, secondo i ricercatori del Max Planck Institute for Human Development di Berlino che hanno registrato, con la risonanza magnetica funzionale (fMRI), i cambiamenti del cervello in tempo reale.

Approfittando dell'arrivo dell'estate, un tuffo nella natura può sicuramente giovare al tuo benessere, potenzia la concentrazione e migliora il sonno, ti permette di affrontare con più energia e creatività la frenesia del mondo moderno. Se può essere faticoso o difficile raggiungere posti verdi, fai entrare un po’ di natura nella tua casa con il gardening: creare e curare il proprio orto o giardino casalingo, come facevano già nel 500 a.C. gli antichi persiani, aiuterà a potenziare la creatività e regolare l’umore.

Se invece, al contrario, dovesse persistere il tuo malessere puoi richiedere una consulenza per fare quel balzo per il tuo benessere e dare allo stress una nuova risposta, perchè come dico sempre ai miei pazienti: “Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle”.

Un caro saluto, Sabrina Germi

per scrivere alla dottoressa: cittadini@vicenzapiu.com

Riferimenti bibliografici

M. Innorta, La Rana bollita, Sonzogno, 2022.

G. Nardone, Psicotrappole: Ovvero le sofferenze che ci costruiamo da soli. Imparare a riconoscerle e a combatterle, Milano, Ponte alle Grazie, 3013.

G. Nardone - R. Milanese, , Il cambiamento strategico: Come far cambiare alle persone il loro sentire e il loro agire, Milano, Ponte alle Grazie, 2018.

Tutti i contenuti presenti in questa pagina hanno lo scopo di diffondere la cultura e l'informazione psicologica. Non possiedono alcuna funzione diagnostica e non possono sostituirsi in alcun modo ad un consulto specialistico.

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Boomers. L’alloggio delle vacanze

di Massimo Parolin

Parcheggiata la 600 lungo uno stretto vicolo sterrato si iniziava a scaricare i bagagli. Con estrema attenzione si toglieva il nylon e si slacciavano le corde per recuperare le valigie che, come già narrato nella puntata precedente, erano state tese come una corda di violino («tento... cava el gangio pian che te te cavi n’ocio…»), sì ma per farlo, dato che le avevamo tirate così tanto e non vi era più margine d’elastico, ci voleva la forza di Gordon Mitchell in Maciste nella Terra dei Ciclopi. Il tutto esclamato dal mio procreatore in una mise dandy composta da canottiera bianca che risaliva l’ombelico fino a ivi fermarsi, causa la pancia degna della tribù Etiope dei Bodi; pantaloncini, parimenti, di colore bianco di cotone a quattro tasche stretti da una cintura marrone consunta dal tempo e non dall’utilizzo, considerato che il volume del ventre non era mai diminuito e conseguentemente mai cambiato il buco ove infilare la sbarretta della fibbia; mocassini di finta pelle, senza calzini).

Avevamo prenotato l’anno prima da Cherubino Boscolo, come tutti i cognomi di Chioggia e Sottomarina (non riuscivo a capire

ciò… ma la stirpe chioggiotta a quale era preistorica risaliva per avere disseminato, così capillarmente, in quella amena cittadina, il proprio seme?).

Quella che mi trovavo di fronte era una casa a due piani di cui il primo a livello strada/marciapiede. A noi, viste le limitate disponibilità economiche, ci era stata riservata una camera singola al piano terra, che dava su di un grande salone dove si trovavano altre cinque stanze. Il conto era presto fatto, almeno due, tre persone per camera, moltiplicato per sei facevano dodici unità quando andava bene, diciotto nella peggiore delle ipotesi e, notificando per proclami, udite, udite: un solo bagno (il centro di accoglienza per

migranti di Lampedusa sarebbe stato un Hotel-Spa della Valle Aurina in confronto).

Un solo bagno costituiva per tutti, come ben si può capire, qua-

 Televisore Philips, anni '70

si l’impossibilità di poter svolgere, serenamente, le proprie funzioni fisiologiche. Se la pipì poteva essere fatta velocemente, per l’altra necessità non era così (e che vergogna girare per il salone con il rotolo della carta igienica...) soprattutto con sei persone davanti alla porta che attendendo il proprio turno, bussando stizzosamente ad intervalli regolari di tre minuti, ti chiedevano: fatto? («No cazzo! Ho detto no maledetti! Come faccio a farla se oltre a bussare vedo le vostre sagome dal vetro smerigliato di questo infisso per depravati»). Risultato: stipsi che necessitava del lassativo più in voga del momento il “Falqui” che come diceva Tino Scotti nel ’59 nel suo famoso Carosello garantiva una evacuazione sicura: «basta la parola! ».

Per non parlare della doccia di fine giornata al termine della giornata di mare. Ovviamente non esistevano le caldaie istantanee ma i boilers quindi dopo due docce l’acqua calda era già bella che esaurita. Pertanto si doveva rientrare dalla spiaggia molto prima per potersi lavare adeguatamen-

te ed uscire la sera («dai movate ‘ndemo su che finisse l’acqua…») ma se sono le cinque e devo ancora fare il bagno causa il krapfen che mi hai portato per la merenda e fatto mangiare appena adesso: «… movate o te dò na catana, mejo na vergoa, deinquente … tè diventarè grande un giorno ….magari fosse oggi!».

Risalivamo, ma l’idea era stata comune, come quelli che ai ricevimenti mettono il proprio bicchiere nei posti più impensati al fine di non doverlo ricambiare e al ritorno ne trovano decine di uguali vicino («xio del che can… l’anno prossimo togo na stansa col bagno…»). Sì va là … l’anno successivo …. stessa spiaggia, stesso mare … e stessa stanza. La doccia veniva perciò rinviata a dopo cena.

La finestra della stanza al pianterreno dava poi sulla strada. Non era munita di scuri bensì di tapparelle (un lusso per quell’epoca). Peccato che, nel caso di specie, costituissero uno strumento che i giapponesi nel ‘42 di stanza nelle isole del Pacifico avrebbero potuto copiare tranquillamente per

far parlare i prigionieri americani («tira xo’ le taparee… dormimo …») ma si muore con le tapparelle giù, ci sono 37 gradi, c’è un’afa spaventosa, vuoi finirmi come facevano a Treblinka? «Tira xò immediatamente te go dito – alzando la voce – taca el ventiatore … semo sua strada …. vuto che i vegna dentro?».

La stanza era composta da mobili in arte povera, da non confondersi con quell’arredamento minimale di oggi così costruito al fine di ridurlo al suo archetipo, ma perché poveri e basta. Un letto matrimoniale così alto, raddoppiato dal materasso a molle cigolante come la catena di una bici mai oliata, che per salirci dovevi tirare fuori un cassetto del comodino posto a fianco, metterci un piede e scalarlo, quasi fosse una ferrata.

Gli elettrodomestici: iniziamo dal fornello. Si, perché in quella stanza (pensate al film “il ragazzo di campagna” con Renato Pozzetto …. taaac) trovava posto, come anzidetto, oltre al letto matrimoniale ed al letto singolo, un tavolo

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ed un altro mobile, appunto, per il fornello e le provviste.

Tre fuochi a gas: uno grande, uno medio ed uno piccolo.

Questa meraviglia della tecnologia la notte ci regalava un piacevole odore di gas (che non costituiva perdita in quanto non proveniente dalla bombola che io tutte le sere, preoccupato, prima di coricarmi, fobicamente andavo ad annusare, al fine di non lasciare quella valle di lacrime… «Vien in leto che xe le diexe cossa snasito… te mori no… quanto avrei voluto rispondergli come Gesù davanti a Pilato, nella sua lectio divina: «Tu lo dici!», che congiunto all’afa della stanza, ci consegnava dolcemente nelle braccia sudate di Morfeo.

Il frigorifero. Ecco, il frigorifero. Anzi due frigoriferi posti affiancati all’interno del salone (che durante la notte, nel silenzio, grazie al loro motore, diventavano delle moto trebbie in azione) i cui ripiani erano numerati in base alle stanze affittate. Non essen-

do così capienti, la spesa doveva essere fatta ogni giorno. Peccato che quotidianamente mancasse qualcosa, lo yogurt, il formaggio, etc., da poco comprati, segno evidente della presenza di topi della residenza («dove xea la sopressa pena comprà?… la gheto magna ti?». «Assolutamente no! Sono stato con voi tutto il giorno…». «E aora chi xe che la gà ciavà?»).

La TV: un lusso.

diKayseri GrandHotelExcelsior LibertàVeneziaImpianto aMombasaAutostradaGenova-Savona LineaferroviariaRoma-ViterboAutostrada ColombiaHangarbaseelicotteriA.L.E.aLamezia AutostradaAqaba-WadyalYutumGiordania KayseriTurchiaRealizzazioneCentroMedico GrandHotelExcelsiorRomaTorreRive-Gauche LibertàVeneziaImpiantoIdroelettricosulTorrente aMombasaAutostradaGenova-Savona LineaferroviariaRoma-ViterboAutostrada ColombiaHangarbaseelicotteriA.L.E.aLamezia BiancoAutostradaAqaba-WadyalYutum diKayseriTurchiaRealizzazioneCentro GrandHotelExcelsiorRomaTorreRive-Gauche LibertàVeneziaImpiantoIdroelettrico aMombasaAutostradaGenova-Savona LineaferroviariaRoma-ViterboAutostrada ColombiaHangarbaseelicotteriA.L.E. BiancoAutostradaAqaba-Wadyal diKayseriTurchiaRealizzazioneCentro

Chi ce l’aveva in stanza era considerato un faraone. Rigorosamente in bianco e nero e piccola. Il dramma? La ricezione dei canali. Serviva l’antenna, non potendosi ovviamente attaccare a quella centralizzata del proprietario. Ci si doveva munire di una di mobile per guardare almeno il telegior-

nale e che tempo che fa. Passavo pertanto quell’ora a spostarmi nella stanza per cercare il segnale migliore e garantire la visione a genitore 1 («metete de la…. no spostate de qua che me pare se veda mejo… fermo così non sta movarte»).

Al termine di una giornata così, rimpiangevo i compiti di matematica del lunedì mattina, ma vabbè come diceva Rossella O’Hara in via col Vento, speravo come lei nel “domani è un altro giorno”.

Presso Centro sportivo

TENNIS PALLADIO 98

Contra' della Piarda 9, Vicenza

Per informazioni: 393 9599279

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DA 144

ANNI COLLEGATI AL FUTURO

Fin dalla fondazione, il 7 aprile 1880, in 144 anni sono state realizzate grandi opere e importanti infrastrutture, portando l’eccellenza italiana nel mondo e affrontando sfide audaci con progetti che hanno spesso superato i confini nazionali. Dai primi decenni sono stati costruiti ponti, strade, ferrovie, dighe, porti, gallerie, metropolitane, con impegno costante verso la qualità e l’innovazione. Un patrimonio di esperienza e competenza che proietta Condotte 1880 verso nuove sfide.

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Boschi e resistenza: i casi Lanerossi e Ca’ Alte a Vicenza

La linea dell’Alta Velocità che attraverserà la città del Palladio modificando sensibilmente la fisionomia del quartiere Ferrovieri ha fatto emergere un tema politico nel senso più puro e autentico del termine, cioè il coinvolgimento della cittadinanza nella gestione degli spazi urbani

di Tommaso De Beni

Il 2024 sembra proprio essere un anno importante per Vicenza. Oltre ad aver accolto, bene, l’adunata degli Alpini e ad aver sfiorato, male, la promozione calcistica in Serie B, quest’anno si stanno muovendo due questioni rimaste latenti per decenni, e in entrambi i casi le cifre sono tonde. Nel 1924 infatti veniva creato il giardino della Pettinatura Lanerossi, fabbrica situata nel quartiere noto come dei “Ferrovieri” in quanto ospitava le casette degli operai dell’Arsenale dopo la decisione, nel 1907, di collocare lì l’officina di riparazione dei vagoni delle Regie Ferrovie. Dal 1936 il quartiere è stato ufficialmente inserito nella toponomastica cittadina con il nome di Martiri della Libertà e in seguito delle Medaglie d’oro, ma il nome popolare è rimasto Ferrovieri. Il giardino nasce su volontà del proprietario, appassionato di piante e di viaggi, e seguendo la moda dell’epoca. La fabbrica è dismessa dal 1994 e da quel momento sia l’edificio, sia il giardino, sono completamente abbandonati. Quando la proprietà è passata da Lanerossi a Marzotto sembrava che l’area dovesse essere utilizzata ad uso immobiliare. Successivamente la proprietaria è diventata di una srl di Milano, Aree Urbane, che però è

fallita. Questo ha complicato ancora di più il destino dell’area perché non solo si aveva a che fare con un privato, ma, essendo fallito, si doveva interloquire col tribunale. La cosa ha portato a scene anche un po’ grottesche, come quella della prima rilevazione dell’area effettuata sbirciando dai cancelli chiusi, da cui era emerso che l’area verde consisteva in poche piante. Nel frattempo, e in poco tempo, c’è stata una svolta in quanto Iricav 2, cioè il General Contrac-

tor a cui è affidata la progettazione e la realizzazione della nuova linea ferroviaria ad alta capacità veloce Verona-Padova, ha espropriato la

Il bosco ex Lanerossi e quello di Ca’ Alte

 Il Liquidambar del Bosco Lanerossi
 L'ingresso del bosco
 Un capriolo nel bosco ex Lanerossi
 Un percorso nel bosco del Bocciodromo
 Un tasso nel bosco
 Pulizia del bosco di Ca Alte
 Un'area incontri sotto le mura cadenti dell'ex pettinatura Lanerossi

zona diventandone il nuovo proprietario. Si sono così aperti i cancelli e si è potuto constatare de visu che l’area verde, a tutt’oggi non del tutto esplorata, vasta circa 16 mila metri quadrati, da giardino, negli anni, si è trasformata in un vero e proprio bosco. Nel progetto Tav però proprio in questo punto è previsto un enorme cantiere che servirà come base logistica dei lavori. Inoltre, è prevista, come opera compensativa, una strada, che passerà dove ora sorge il centro sociale Bocciodromo, che dal 2011, con concessioni comunali rinnovate nel tempo, ha ridato vita a un altro spazio abbandonato, cioè il Dopolavoro ferroviario. Il futuro del centro sociale, quindi, è a rischio, ci sono dai 30 ai 60 giorni di preavviso per cancellare la convenzione. Dopodiché, sfruttando anche la possibilità di dialogare con una giunta di centrosinistra, quindi teoricamente più aperta rispetto agli esponenti del centrodestra cittadino, che hanno più volte dichiarato di voler chiudere il Bocciodromo senza se e senza

ma, ci sarà da capire la disponibilità del Comune e dei militanti del centro sociale a trovare una nuova sistemazione magari in uno dei tanti luoghi abbandonati della città per proseguire con le attività di questi anni, che sono, per esempio, una palestra popolare con corsi di boxe, Muay thai, calisthenics, Capoeira Angola, corsi di balli folk, concerti di diversi generi musicali, dal jazz al metal passando per l’hip hop, presentazioni di libri, dibattiti e corsi di alfabetizzazione per immigrati. Il Bocciodromo, per questa possibile apertura verso un suo futuro, in questi mesi sta concentrando, quindi, la sua lotta e la sua resistenza non tanto nel centro sociale in sé, ma nella salvaguardia del bosco Lanerossi e di un altro bosco, vittima designata della Tav, quello di Ca’ Alte. Dal 3 maggio è in atto quella che i giornali locali hanno definito come “occupazione”. Quello che è stato fatto, e che continua ad essere fatto, non è altro che far vedere alla cittadinanza il bosco, in cui convivono diverse specie di piante e che è

sovente visitato da un tasso e alcuni caprioli. Nel bosco è anche presente un albero proveniente dal continente americano, un Liquidambar, che è cresciuto, spontaneamente, in un modo unico per la sua specie, grazie anche all’interazione con le altre piante presenti. L’albero, che ha cento anni, in ogni caso verrà probabilmente riconosciuto da Regione e ministero dell’Ambiente, su indicazione dei Carabinieri forestali consultati dal Comune di Vicenza, come monumentale, e quindi non potrà essere abbattuto. Il problema è che costruirgli un cantiere attorno non è proprio il massimo e nemmeno salvare un “pezzettino” di verde è un’ipotesi che convince le associazioni. «Il bosco sorge in un bacino di laminazione del Retrone ed è fondamentale anche per evitare che il quartiere Ferrovieri finisca sotto acqua in occasione delle grandi piogge, inoltre il percolato del cantiere potrebbe finire nel fiume inquinandolo, considerando anche l’abbattimento dell’altro bosco di Ca’ Alte – spiega Romana Caoduro di Civiltà del Verde, aggiungendo che – il bosco, nella sua biodiversità, ospita una tale varietà di specie di piante, che potrebbe e dovrebbe essere studiata dai ricercatori». Questo è un punto cruciale: secondo gli esponenti del Bocciodromo e soprattutto di alcuni ambientalisti contattati per dare un’opinione sul bosco, è difficile salvare il Liquidambar senza salvare anche le piante attorno, proprio perché stiamo parlando di un ecosistema dove ogni tassello contribuisce all’equilibrio generale. A favore della difesa del bosco si sono mossi comitati come Vicenza Est più verde, associazioni quali Italia Nostra, Civiltà del Verde, Legambiente. Alcuni di questi hanno interagito con il Comune ricevendo garanzie per quanto riguarda il Liquidambar, ma rimane un alone di incertezza sul resto del bosco.

La giunta di centrosinistra, eletta anche con i voti di Alleanza Sinistra

 Una casetta in legno tra gli alberi del bosco intorno alla ex pettinatura Lanerossi

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e Verdi e che ha incluso l’ambiente tra i punti cardine del suo programma, si trova tra l’incudine e il martello visto che la Tav s’ha da fare, il progetto è già stato scritto e sottoscritto, salvo colpi di scena come il ricorso al Tar, che costringerebbero Iricav ed Rfi a rivederlo (e del resto il caso Ponte Alto ha dimostrato che un minimo di flessibilità sul progetto è ancora possibile). Iricav 2 promette come compensazione la ripiantumazione, una volta smantellato il cantiere, con la proporzione di 7 nuovi alberi per ognuno abbattuto oltre che 108 mila euro già dati alla Regione per ulteriori piantumazioni. Soluzione che non convince né il Bocciodromo, né le varie associazioni, in quanto un bosco, cresciuto in maniera spontanea e senza la guida dell’uomo, non è paragonabile a un giardino, che verrà creato presumibilmente tra 10-15 anni. Tra i vari esperti di boschi e zone verdi contattati dal Bocciodromo c’è stato anche Daniele Zovi: «il valore del bosco è dato dall’uomo, a Vicenza la città ha stabilito il triste record di più alta concentrazione di polveri sottili, 16 mila metri quadri di superficie verde hanno molto valore, perché concorrono alla salute di tutte le persone che vivono nella città.

La questione della ripiantumazione non mi convince: l’uomo non è così bravo come la natura, intorno alla fabbrica la natura ha vinto, ci sono 30 specie arboree classificate da un botanico, ricostruire il verde da un’altra parte non è la stessa cosa. Per avere la potenza attuale ci vorranno 40 anni, ci sono relazioni tra le diverse piante, dal punto di vista della legge italiana è un vero e proprio bosco, che è altra cosa rispetto a un parco, a un’area verde o a un giardino».

Dal 3 maggio al Bosco Lanerossi si sono tenuti convegni, sono stati ospitati artisti che hanno eseguito performance di diverso tipo; ogni giorno persone di tutte le età, non

necessariamente legate all’ambiente dei centri sociali, hanno visitato il bosco. Tra gli ospiti del bosco anche padre Ermes Ronchi, incaricato nel 2016 da papa Francesco di tenere le meditazioni degli esercizi spirituali della Curia romana e molto sensibile, in linea con l’enciclica Laudato si, al tema della tutela dell’ambiente.

Nel Bosco Lanerossi sono state costruite anche delle casette sugli alberi e, annunciano i militanti del Bocciodromo, nei prossimi giorni ne verranno costruite anche nel Bosco di Ca’ Alte, in via Maganza. Si tratta di un bosco che ha avuto meno attenzione mediatica rispetto a quello adiacente all’ex fabbrica, ma che non è figlio di un dio minore, in quanto è molto più grande di quanto si pensava vedendolo magari dal bar Civico 41 (14 mila mq), locale che verrà abbattuto assieme al bosco nel pro-

getto Tav. Un polmone verde non meno importante dell’altro, visitato quotidianamente da uccelli, tra cui il picchio verde e caprioli, che si trova molto vicino alle rive del Retrone, quest’anno esondato già quattro volte. FridaysforFuture e Bocciodromo propongono di utilizzare il prato antistante al bosco come orto collettivo e costruire delle arnie per gli sciami di api. La petizione lanciata per proteggere i due boschi ha raccolto, secondo gli organizzatori, 25 mila firme, consegnate il 2 luglio davanti a palazzo Trissino al termine della manifestazione “I boschi vanno in città”. Quello che viene chiesto al giovane sindaco Possamai è di fare pressione su Iricav 2 affinché riveda il progetto e rinunci al cantiere in quel punto, lavorando magari sull’ammodernamento tecnologico dei binari regionali già esistenti.

 Cittadini nel bosco

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Bosco Lanerossi ed ex fabbrica: solo una questione privata? Lo stato dell’arte e la posizione ufficiale del Comune

La Tav e il centro sociale Bocciodromo hanno sollevato una questione dormiente dal 1994. Nel frattempo, si è tenuta, proprio quest’anno, un’asta pubblica che ha fatto sfumare una delle idee di Provincia e Comune per l’ex Pettinatura

di Tommaso De Beni

Lunedì 17 giugno l’Assessore veneto all’Ambiente e alla Protezione Civile Gianpaolo Bottacin ha partecipato al tavolo tecnico sulla Tav a Vicenza. Secondo Bottacin la creazione del tavolo tecnico e la partecipazione dei sindaci è fondamentale per garantire il giusto monitoraggio, cioè garantire che l’opera, ritenuta molto importante, venga realizzata nel rispetto delle esigenze ambientali e territoriali. Il sindaco di Vicenza Giacomo Possamai ha annunciato che a breve Iricav 2, cioè il General Contractor a cui è affidata la progettazione e la realizzazione della nuova linea ferroviaria ad alta capacità veloce Verona-Padova, renderà pubblico il primo studio sulle analisi concernenti l’eventuale presenza di Pfas nelle acque e il livello di pm10 nell’aria. Iricav “passerà” a fine lavori al Comune 12 mila mq dell’area del cantiere (perché altri 4 mila mq sono destinati ad opere che rimarranno) in cui oggi esiste il bosco attorno all’albero (quasi) monumentale. In realtà, l’associazione Civiltà del Verde, nel segnalare la presenza (non evidenziata precedentemente né dai proprietari, né dal liquidatore del tribunale che ha preso in carico il complesso della società fallita) di un albero monu-

mentale, ha chiesto che l’intero bosco, e non solo l’albero, e non solo un pezzetto, venga risparmiato dal cantiere. La garanzia che il sindaco ha ricevuto da Iricav riguarda però solo il Liquidambar, cioè l’albero che secondo i Carabinieri forestali avrebbe (il condizionale è presente nella loro relazione ufficiale) le potenzialità per essere classificato come monumentale, ed eventualmente, ma è tutto da vedere, un pezzetto di bosco attorno. È stata, quindi, avviata una procedura che prevede per legge un primo passaggio in Regione e, poi, uno, definitivo, al ministero dell’Ambiente e salvo clamorosi colpi di scena il Liquidambar, piantato dal proprietario

della fabbrica nel 1924, potrebbe essere alla fine dichiarato ufficialmente monumentale e quindi non abbattibile. Le caratteristiche per essere considerato monumentale e quindi non abbattibile secondo la legge 10 del 14 gennaio 2013 riguardano l’altezza, la circonferenza, la longevità, la rarità e il legame con particolari eventi storici (bastano tre di questi requisiti). Considerando la circonferenza di 420 cm e l’altezza di circa 18-20 metri e l’età di 100 anni, il Liquidambar vicentino dovrebbe rientrare in questa categoria. Secondo quanto emerso dal dialogo tra Possamai e Iricav il futuro parco pubblico (che i vicentini vedranno forse tra una ventina d’an-

 De Beni e Coviello all'ex Pettinatura Lanerossi per presentare VicenzaPiù Viva e Vicenza. Città (quasi) bellissima)

ni) sarebbe quindi composto in parte dal giardino ripiantumato da Iricav (in proporzione 1 a 7, cioè 7 piante piantate per ogni albero abbattuto) e in parte da un pezzo dell’attuale bosco. Il sindaco Possamai ha, inoltre, chiesto alla Regione di avere in breve tempo un piano delle nuove piantumazioni da portare avanti con i 108 mila euro che Iricav ha già messo a disposizione dell’Ente. Poco è invece stato detto, durante la conferenza stampa del 17 giugno post tavolo tecnico, sul bosco di Ca’ Alte in via Maganza, poco lontano da via Alessandro Rossi, sempre nel quartiere Ferrovieri di Vicenza, se non che è stato chiesto a Iricav di limitare gli abbattimenti alle zone di transito dei binari. In una mozione presentata il 13 giugno in consiglio comunale dai consiglieri di Coalizione Civica Sinistra e Verdi Mattia Pilan e Martina Corbetti, si chiedeva, oltre a quanto poi confermato dal sindaco Possamai, cioè di interagire con Iricav per salvare il Liquidambar e ridurre l’area di cantiere, di garantire che venga realizzato quanto previsto dal progetto, cioè di ripiantumare l’area di Ca’ Alte e destinarla ad uso parco

pubblico, e di valutare la possibilità di esercitare il diritto di prelazione su «tutte le aree dismesse, sugli ex distributori di carburante e sulle ex aree industriali, che siano oggetto di alienazione e che possono contribuire alla rigenerazione urbana». Considerando che tutta l’area dell’ex Lanerossi era privata e che quindi il Comune non aveva alcun potere decisionale, salvo un costoso esproprio, magari con l’aiuto della Provincia, il passaggio dell’alta velocità viene visto da parte dall’Amministrazione come il male minore: il progetto Tav ha infatti consentito che una parte dell’area tornasse, alla fine dei lavori, di proprietà pubblica, mentre, in alternativa, rimanendo al privato il Comune non avrebbe avuto voce in capitolo sull’utilizzo dell’area sulla quale sarebbe anche potuto sorgere, tanto per fare un esempio, un centro commerciale. L’esproprio di Iricav ha riguardato, come già detto, solo una parte dell’area, il resto, cioè sostanzialmente l’ex stabilimento, è stato acquisito all’asta per circa 500 mila euro da un aggiudicatario non pubblico. L’idea del Comune e della Provincia era di realizzare lì una nuova sede di Svt (società vicentina trasporti), dato che quella attuale di viale Milano verrà in parte abbattuta sempre per far posto alla Tav. Ma la

Provincia, probabilmente per via di alcuni dubbi sulla fattibilità, tra cui i costi di riqualificazione e trasformazione dell’ex Pettinatura Lanerossi, ora fatiscente, non ha partecipato alla terza asta, dopo le prime due andate a vuoto. Così, alla fine, c’è stato un colpo di scena e una società di Milano si è aggiudicata il complesso. Come ricordato anche nella succitata mozione di Pilan e Corbetti, l’attuale Piano degli Interventi prevede «la riconversione dell’ex Pettinatura Lanerossi a Zona residenziale assoggettata a PUA (Piano Urbanistico Attuativo) e la realizzazione di una nuova arteria stradale che si colleghi a sud con Viale dell’Industria e a nord con Viale S. Lazzaro». Tramontata l’idea della nuova sede Svt, l’ex fabbrica potrebbe quindi diventare in futuro un complesso residenziale, a ridosso del parco pubblico che sorgerà dopo la fine dei lavori per la Tav. Dopo 30 anni di “buco nero” ai Ferrovieri, questa potrebbe essere, tra 15-20 anni, la nuova vita di questa porzione di quartiere, che magari nel tempo passerà da essere popolare ad diventare “in”. Nel frattempo, però, rimane un presente grigio di dubbi per l’impatto ambientale del cantiere e per gli scontri e le mobilitazioni che riguardano questa zona.

 Il Sindaco di Vicenza Possamai e assessore regionale all'ambiente Bottacin in conferenza stampa dopo il tavolo tecnico sulla Tav
 Un accesso alla ora fatiscente ex Pettinatura Lanerossi

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Elogio del Gruppo Grafico Marosticense

Idisegni satirici, umoristici e caricaturali in Italia, dalla metà dell’800 ad oggi, hanno vissuto, ognuno, periodi gloriosi e periodi anonimi. Non sempre coincidenti tra loro perché satira, umorismo e caricatura sono tre differenti modalità di espressione grafica molto distanti tra loro. Una caricatura può essere estremamente aggressiva, quando è politica, o bonaria come può esserlo la caricatura di un grande sportivo.

Un disegno satirico può avere come obbiettivo i vizi del potere come i vizi della gente comune, mentre l’umorismo si può nutrire di luoghi comuni, come lo scivolare sulla classica buccia di banana, o adoperare l’aspetto dell’errore interpretativo, cioè l’ambiguo, il doppio senso il paradosso o l’assurdo.

Se si esclude Il Giornalone, inserto domenicale de La Stampa, l’Italia è l’unico dei grandi paesi cosiddetti civili a non avere una pubblicazione umoristico/satirica nelle edicole. On line invece abbondano. Una per tutte: www.buduar.it.

Negli anni ’70 hanno convissuto giornali scollacciati e banali come La Mezz’ora con un giornale a dir poco corrosivo e senza inibizioni ma con trovate geniali, come Il Male

Negli anni ’80 fu la volta di Tango, inserto de l’Unità, ideato da Sergio Staino, a risollevare le sorti della satira e negli anni ’90 toccò a Cuore, prima come inserto de l’Unità e poi come giornale autonomo. Poi più nulla,

 Marco De Angelis

Intanto l’’umorismo, sotto forma di vignette di contenuto modesto, ha continuato e continua a vivacchiare sulla Settimana Enigmistica ed epigoni.

La caricatura va forte sui social ma la qualità è penosa in quanto viene utilizzata come, inutile, derisione o dileggio del nemico non sapendo che ormai da molto tempo quel tipo di strumento di lotta politica è stato depotenziato e non fa, come usa dire, ne caldo ne freddo ai potenti.

Una svolta interessante l’ha fatta invece la satira sociale che di argomenti sui quali esercitarsi ne ha a bizzeffe dall’inquinamento alla dipendenza da social e device, dalla violenza sulle donne alla restrizione dei diritti e delle libertà. La svolta purtroppo è di nicchia, nel senso che viene perseguita in qualche esposizione umoristica, quindi vista da un pubblico ristretto.

La svolta consiste nel fatto che, grazie alla globalizzazione e ad internet, è ormai possibile organizzare mostre sia umoristiche sia di satira sociale alle quali partecipino artisti di decine di paesi e questo obbliga a dover realizzare opere rigorosamente senza parole. Quindi senza facili e insulsi giochi di parole o peggio ma potendo anche selezionare la qualità più alta in circolazione grazie ad una maggior disponibilità di opere tra le quali poter scegliere.

E quello che ha fatto e fa il concorso internazionale Umoristi a Marostica, che il Gruppo Grafico Marosticense fondò nel 1969, oggi, a mio avviso, il miglior avvenimento italiano nel campo della grafica umoristica e della sua evidente svolta verso quello che appare come un ossimoro: un umorismo serioso.

Come ha scritto Georges Minois nel suo Storia del riso e della de-

 Grafica e satira

risione, dopo la prima guerra mondiale «il mondo ha riso di tutto, dei suoi deì e dei suoi demoni. Il riso è stato l’oppio del XX secolo, da Dada ai Monty Python (che) ha permesso all’umanità di sopravvivere alla sua vergogna (…) Il mondo deve ridere per camuffare la perdita di senso: non sa più dove sta andando, ma ci va comunque ridendo».

Se guardate le opere che, particolarmente negli ultimi anni, hanno vinto il concorso di Marostica, ma anche la maggior parte delle altre opere, raramente riderete, il più delle volte il vostro (il nostro) sarà per lo più un sorriso amaro.

Sono opere che suscitano ammirazione per l’invenzione grafica ma nel contempo trasmettono l’indignazione dell’autore che la

veicola, senza l’aiuto delle parole, sollecitandoci a non rimanerne indifferenti.

In questo consiste la svolta. La vignetta (termine che purtroppo la banalizza) in manifestazioni di questo divello si sta trasformando da passatempo ad arrabbiata denuncia dei mali della nostra società.

A lungo si è scritto, con faciloneria, che la satira faceva ridere e

pensare. Nulla di più falso. La satira ha una vita breve e, francamente, inutile ormai. La sua nuova versione, se mi si passa l’affermazione, è più simile alle azioni di Ultima Generazione. E la mia non è certamente una critica, anzi.

Il radicalismo, anche nel campo dell’umorismo, sembra ormai più che necessario se si vuole sperare che qualcosa cambi in meglio.

 Grafica e satira
 Zarko Luetic
 Angel Ramiro Zapata Mora
 Il manifesto di "Umoristi a Marostica 1970"

Medioevo Vicentino Un territorio in 8 aree: i Berici (1)

Proseguendo la nostra ideale camminata medievale lasciamo la città e, attraverso quella che era una volta la porta di San Pietro, presidiata dalle monache benedettine dell'omonimo monastero, ci inoltriamo verso sud e imbocchiamo la lunga strada della Riviera Berica che corre parallela alla catena montuosa (si arriva a 450 m.) che le dà il nome. Si tratta indubbiamente di un territorio ad alta densità per quanto riguarda gli edifici storici, non soltanto di epoca medievale ovvero quelli di cui ci occupiamo in queste pagine, ma omogeneamente collocati in tutti i secoli avvenire, in particolare tra XV e XVIII secolo.

Sulla destra, Superata la superba architettura della rotonda palladiana, dopo 1 km circa trascuriamo la deviazione a destra che ci porterebbe in un luogo affascinante, all'interno della quale possiamo vedere i resti, ben visibili e comprensibili della commenda templare o giovannita di Vicenza. Proseguendo alcuni chilometri, Imbocchiamo sulla destra, dunque sempre dirigendoci verso i colli, la strada che ci porta verso il centro di Costozza, una frazione del Comune di Longare, che tuttavia fa vita a sé anche dal punto artistico, tale e la concentrazione di edifici di assoluto pregio. Soffermandoci soltanto sulle chiese medievali, nel raggio di poche centinaia di metri ne troviamo tre: S. Mauro (foto 1), S. Sofia e S. Antonio abate. Della prima, che fu pieve di questa porzione del territorio dei Colli Berici, anche se demolita alla fine del ‘600 e completamente ricostruita nel 1719 su probabile disegno di Francesco Muttoni, è importante menzionare il campanile, unica testimonianza rimasta del periodo medievale, risalente a un periodo compreso tra la fine del XII secolo e i primi decenni del successivo. La sua tipologia costruttiva è del tutto inconsueta per il territorio vicentino e si avvicina in misura maggiore a esempi altoatesini, primo fra tutti quello della parrocchiale di Tarces e della chiesa di S. Procolo a Naturno, in alta Val Venosta, dimostrando una volta di più che il Medioevo

 1. Costozza (Longare), chiesa di S. Mauro

non fu periodo di chiusura, ma di scambi anche culturali, tra aree lontane tra loro.

Scendiamo ora dalla piccola altura sulla quale è posta la chiesa di San Mauro attraverso il breve sentiero che direttamente ci riporta sulla piazza del paese e, svoltando a destra, arriviamo al semaforo a ridosso del quale si trova la chiesa sconsacrata di S. Sofia (foto 2).

Dalle poche notizie forniteci dall’abate Maccà sappiamo che un documento del 1236 ne attesta l’esistenza; altri due riferimenti sono contenuti in atti risalenti al 12651266. Nulla invece conosciamo intorno alla sua origine, anche se è possibile, sulla base dei dati documentari citati, che essa sia sorta nella prima metà del XIII secolo, Probabilmente sul luogo già doveva esistere un edificio sacro la cui prova potrebbe essere il rinvenimento di un lacerto di scultura ad intrecci, murato ora alla base della recinzione alla destra della chiesa, che rimanda ad una tipologia assai diffusa sul territorio e collocabile tra VIII e IX secolo.

Ora, se ci poniamo di fronte alla facciata della chiesa e guardiamo in alto a sinistra possiamo scorgere la parte absidale del terzo edificio cui facciamo riferimento, la chiesa di Sant'Antonio (foto 3). Per raggiungerla ci sarà sufficiente proseguire lungo la strada e superare il "volto" per poi svoltare subito a destra e dopo poco ci troveremo di fronte a uno dei più interessanti edifici sacri di tutta la provincia.

La prima attestazione dell’esistenza del convento e della chiesa di S. Antonio risale a un testamento del 1253. All’ultimo ventennio del XIII secolo risale una lunga serie di atti di

compravendita e di livelli riguardanti il convento di S. Antonio Abate, che furono effettuati con una frenesia – e sempre all’unica condizione che i frati minori di S. Lorenzo, originari proprietari, potessero disporre liberamente del dormitorio e dell’edificio di culto.

La facies dell’edificio rappresenta nel territorio considerato un unicum assoluto e crediamo sia possibile sostenere la realtà di un suo impianto prettamente “romanico”.

Le problematiche legate alla nascita dell’edificio e alla sua collocazione nel contesto dell’architettura sacra vicentina non possono certo esaurirsi in poche righe, tanto più se consideriamo che solo nel corso degli ultimi trent’anni gli studi relativi all’architettura minoritica – con particolare riferimento alle aree extraurbane – hanno trovato nuova linfa e vigore, indirizzandosi su un terreno più consapevole delle influenze locali e meno condizionato da una visione generalistica e uniformante (Diano 2004, p. 37 e relativa bibliografia). I legami evidenti tra la chiesa di S. Antonio e l’importante S. Lorenzo vicentino impongono allo stesso tempo cautela nell’interpretazione e rinnovati sforzi per comprendere un fenomeno, quello appunto della capillare presenza minoritica sul territorio, che dovrà essere affrontato con particolare attenzione. Ufficio è quasi sempre chiuso, ad eccezione del giorno a febbraio in cui si celebra il santo cui la chiesa è dedicata e che vale la pena segnare sul calendario per poterla visitare.

Infine, al termine dell'auspicabile visita, sarà certo interessante, tornati sulla piazzetta del paese, fermarsi alla Botte del Covolo, antica ghiacciaia della villa dei conti Da Schio e ora Bistrot, per gustare un ottimo calice di vino e, perché no, un panino o uno dei piatti preparati dalla curata cucina.

 3. Costozza (Longare), chiesa di S. Antonio, facciate
 2. Costozza (Longare), chiesa di S. Sofia

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Quali spazi per l'intelligenza artificiale in cucina?

di Marco Ferrero

L'intelligenza artificiale (IA) e la gastronomia stanno sviluppando un rapporto sempre più stretto, che sta trasformando il modo in cui cibo e bevande vengono creati, preparati e consumati. Questo connubio tra tecnologia avanzata e arte culinaria ha il potenziale di rivoluzionare l'intera esperienza gastronomica, migliorando la qualità, l'efficienza e la personalizzazione dei servizi offerti.

Oramai Internet è una certezza quando si è alla ricerca di ricette da preparare; L'intelligenza artificiale del resto esiste da tempo; basti pensare agli algoritmi che stanno alla base delle ricerche che ogni giorno tutti noi facciamo utilizzando il motore di ricerca più noto al mondo.

Infatti, nel momento in cui si inizia una nuova dieta, si cercano nuovi stimoli per il palato o si desidera lanciarsi verso lidi inesplorati sui fornelli, è facile aprire un browser e andare alla caccia di un piatto mai sentito o mai cucinato prima.

Assistenti Virtuali e Personalizzazione delle Ricette

Uno degli sviluppi più evidenti è l'uso di assistenti virtuali e chatbot per fornire supporto in cucina. Questi strumenti, come Google Assistant, Alexa, e app specializzate come Yummly, utilizzano l'Intelligenza Artificiale per suggerire ricette, pianificare pasti e offrire

consigli di cucina in tempo reale. La personalizzazione è un altro aspetto fondamentale: gli algoritmi possono analizzare le preferenze degli utenti e proporre ricette su misura, adattandole a specifiche esigenze dietetiche o gustative. Ad esempio, possono suggerire alternative senza glutine, piatti vegetariani o ricette a basso contenuto di carboidrati.

Chi scrive è appassionato di cucina e si limita a leggere o cercare ricette già esistenti nel ricco mondo della cucina online. Dobbiamo però considerare che molti aspetti legati al mondo della ristorazione possono ricevere dall'Intelligenza Artificiale un prezioso contributo in diversi ambiti.

Automazione della Cucina L'automazione è una delle aree in cui l'Intelligenza Artificiale sta avendo un impatto significativo. Robot chef come Moley sono in grado di preparare pasti complessi seguendo ricette preimpostate con precisione (quanti sanno però che il famosissimo Bimby risale al 1971?). Questi dispositivi sono progettati per eseguire una vasta gamma di compiti, dalla preparazione

degli ingredienti alla cottura vera e propria. Inoltre, elettrodomestici intelligenti come forni e frigoriferi connessi possono ottimizzare i processi di cottura, monitorare la freschezza degli alimenti e suggerire ricette basate sugli ingredienti disponibili.

L’ispirazione culinaria spesso arriva da esperti chef (dietro un algoritmo c'è comunque un uomo) e dai loro iconici menù, ma anche da food blogger che negli anni sono diventati 'content creator' di prima categoria. Ora, però, ci pensa l’Intelligenza Artificiale a consegnarci ricette mai sentite prima. Ebbene sì, poiché oramai l’Intelligenza Artificiale non funziona solo con plugin di ChatGPT per PDF, per pianificare il prossimo viaggio in giro per il mondo o per scrivere storie emozionanti e dare sfogo alla propria creatività. Ora esistono

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molti siti che permettono a cuochi alle prime armi o anche professionisti del settore di generare ricette da zero sulla base delle proprie preferenze o delle proprie esigenze dietetiche. Non è uno scherzo: gli assistenti artificiali in tale ambito sono diversi e altri sicuramente si aggiungeranno al plafond.

Tra quelli esistenti possiamo fare riferimento a DishGen (ma ognuno di noi può cercare in rete quello che maggiormente lo aggrada) che è una delle intelligenze artificiali culinarie più utilizzate al momento in tutto il mondo e comprende tutte le funzionalità che si desiderano. Basta inserire gli ingredienti desiderati, le proprie idee per una ricetta di un antipasto, un primo piatto o un dessert, le esigenze dietetiche personali e lasciare all’algoritmo la libertà totale di creare in pochi secondi un pasto unico.

gredienti. Questi sistemi possono suggerire piatti innovativi che potrebbero non essere stati concepiti attraverso il pensiero culinario tradizionale. Inoltre, l'Intelligenza Artificiale può assistere nella creazione di abbinamenti perfetti tra cibi e vini, migliorando l'esperienza gastronomica complessiva.

Sicurezza e Qualità

L’interfaccia è per di più estremamente semplice da inquadrare: una volta visitato il sito si trova immediatamente una casella di testo dove scrivere la propria idea – rigorosamente in inglese –, con il pulsante “Genera” giusto accanto. Oppure, basta premere invio affinché l’Intelligenza Artificiale inizi a creare il piatto. Senza un account è possibile realizzare solo due ricette, ma si possono visualizzare liberamente quelle realizzate da altri utenti, con annesse fotografie reali.

Innovazione e Creatività

L'Intelligenza Artificiale non si limita a migliorare l'efficienza, ma stimola anche l'innovazione culinaria. Algoritmi avanzati, come quelli sviluppati da IBM con Chef Watson, analizzano migliaia di ricette per creare nuove combinazioni di in-

La sicurezza alimentare e la qualità sono aspetti cruciali in cucina, e l'Intelligenza Artificiale offre soluzioni avanzate anche in questo campo. Sistemi di visione artificiale possono identificare e classificare gli ingredienti, assicurando che siano utilizzati quelli corretti e rilevando eventuali contaminazioni. Sensori intelligenti monitorano la temperatura e il tempo di cottura per evitare che i cibi si brucino o siano poco cotti, migliorando così la sicurezza alimentare.

Gestione delle Scorte

Nei ristoranti, l'Intelligenza Artificiale può ottimizzare la gestione delle scorte di cibo, prevedendo la domanda e riducendo gli sprechi, fattore di assoluta importanza. Algoritmi avanzati analizzano i dati

 Intelligenza artificiale

di vendita per prevedere quali ingredienti saranno necessari e quando, consentendo di effettuare ordini in modo più efficiente. Questo non solo riduce gli sprechi alimentari, ma anche i costi operativi.

Impatto sul Settore della Ristorazione

L'integrazione dell'Intelligenza Artificiale nel settore della ristorazione sta cambiando anche il modo in cui i ristoranti operano e interagiscono con i clienti. Sistemi di ordinazione automatizzati, come i chioschi self-service, utilizzano l'Intelligenza Artificiale per rendere il processo più rapido e preciso. Inoltre, l'analisi dei dati dei clienti consente ai ristoranti di offrire esperienze personalizzate, migliorando la loro soddisfazione e la fidelizzazione.

Conclusioni

Il rapporto tra intelligenza artificiale e gastronomia è un esempio perfetto di come la tecnologia possa migliorare e arricchire le esperienze umane. Dal miglioramento dell'efficienza e della sicurezza alla stimolazione della creatività culinaria, l'Intelligenza Artificiale offre una vasta gamma di benefici che stanno trasformando il modo in cui viviamo e apprezziamo il cibo. Man mano che queste tecnologie continuano a evolversi, è probabile che vedremo ulteriori innovazioni che renderanno la cucina e la ristorazione ancora più sorprendenti e personalizzate.

Per ora continuiamo a stimolare la nostra fantasia in cucina, sviluppiamo i nostri magnifici 5 sensi, cuciniamo con le nostre mani per il/la partner con la consapevolezza che nessun algoritmo potrà sostituirci a tavola.

Speriamo!

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Intelligenza artificiale

e

fumetti:

 Intelligenza artificiale

l’anticipazione di Paperino,

i personaggi Marvel e gli attuali problemi di copyright

Negli anni ’60 gli autori americani della Marvel Comics hanno immaginato delle intelligenze artificiali che si affiancano ai supereroi per salvare il mondo. Ma Paperino l’aveva previsto già nel 1959 e oggi anche i fumettisti usano l’IA

di Tommaso De Beni

Non tutti i supereroi americani sono dotati di superpoteri. Alcuni di loro sono dei comuni umani che hanno come potere quello dei soldi: sono miliardari, e di conseguenza, essendo anche molto intelligenti, usano la tecnologia per combattere il crimine. Il più noto di questi umani super ricchi che usano la tecnologia per potenziarsi e salvare il mondo è, nel mondo Marvel - ovvero la rivale storica della DC, quella, per intenderci, di Batman e Superman – Tony Stark alias Iron Man. Egli ha creato, oltre alla sua armatura, una sorta di maggiordomo virtuale che controlla la sua base operativa e anche i suoi robot e che si chiama J.A.R.V.I.S. (Just A Rather Very Intelligent System,. "Solo Un Sistema Piuttosto Molto Intelligente") Nei fumetti questa intelligenza artificiale si chiama inizialmente H.O.M.E.R., Heuristically Operative Matrix Emulation Rostrum. Il primo J.A.R.V.I.S. è poi un programma che fa funzionare una tuta indossata dalla fidanzata di Stark, di cui l’intelligenza artificiale si innamora, andando fuori fase. Visione è invece un personaggio inventato nel 1968, ispirato ad alcuni libri di fantascienza, che vuole rappresentare un robot simpatico. L’androide Visione infatti non vuole essere trattato come una macchina, ma cerca di salvaguardare il suo lato umano, temendo di perderlo. La sua umanizzazione è rappresentata anche dalla relazione con l’umana Scarlet Witch. Nei film del Marvel Cinematic Universe, J.A.R.V.I.S. diventa il sistema operativo dell’androide Visione: il programma di intelligenza artificiale di Tony Stark ha così un corpo. Questa nuova versione è stata poi protagonista di una miniserie di nove episodi chiamata WandaVision, che approfondisce la relazione tra l’androide e la strega. Ma l’intelligenza artificiale nei fumetti era apparsa ben prima, nell’insospettabile mondo di Paperopoli. Nel fumetto Paperino e l’uomo di Ula-Ula scritto e disegnato nel 1959 da Romano Scarpa, Paperon de’ Paperoni compra un costosissimo “cervello meccanico” in grado di risolvere anche i calcoli più complicati. Il problema è che il computer è talmente intelligente, si dice nel fumetto, da esigere di eseguire solo gli ordini di chi gli sta simpatico.

Un’intelligenza artificiale che quindi si umanizza mostrando un lato capriccioso e permaloso. E l’unico a suscitargli simpatia si scoprirà essere un uomo proveniente da un atollo sperduto, che non ha mai conosciuto la tecnologia, una sorta di primitivo. Oggi l’intelligenza artificiale è uscita dal contenuto dei fumetti e ha iniziato ad influenzarne la forma: nel 2022 è infatti uscito Presenze, un numero di Nathan Never, fumetto edito dall’italiana Bonelli, la cui copertina è stata disegnata interamente da un programma di intelligenza artificiale. Il programma, usato dal fumettista Sergio Giardo, è Midjourney. Risale al 2023 invece la nascita di RayBoot, un programma di intelligenza artificiale ideato dal fumettista Chris Onstad con un team di ingegneri. Onstad era in crisi creativa e non riusciva più a sostenere i ritmi di lavoro necessari per non perdere il suo pubblico. Ha definito “inquietante” la sensazione provata leggendo i lavori creati da RayBoot, in quanto sono molto simili al suo stile e alle sue idee, e ha dichiarato che non pubblicherebbe mai un lavoro creato con l’IA senza metterci comunque le mani. Sempre nel 2023 però, negli Stati Uniti, c’è stato un grosso problema di copyright legato ai fumetti realizzati con l’intelligenza artificiale. L'Ufficio federale per il copyright ha negato i diritti

 Paperino e il cervello meccanico (foto: Corriere-Web-Sezioni)

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d’autore a un fumetto realizzato con il programma Midjourney, anche se c’era la presenza umana. Secondo i funzionari il vero autore è un programma, per cui l’essere umano non è proprietario dell’opera e deve accettare che altri possano impadronirsene o sfruttarne i diritti. All’autrice del fumetto

è stata concessa protezione solo per il testo, ma non per tutto il fumetto, e sono stati citati come esempi il caso di una foto scattata da una scimmia o di una canzone il cui autore diceva fosse stata dettata “dallo Spirito Santo”. Opposta la visione del tribunale di Pechino, che ha invece attribuito la

proprietà intellettuale di un’immagine creata con IA alla persona, in quanto le sue scelte estetiche hanno influito sul risultato finale. In Italia la Cassazione riconosce il diritto d’autore anche ad opere create con IA purché ci sia un evidente contributo creativo umano. Ma il dibattito resta aperto.

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Monopattini, velocipedi e micromobilità elettrica individuale: cosa si può fare e cosa no

Nel 1985 il film Ritorno al futuro ipotizzava degli skateboard volanti. Oggi, alla convivenza non sempre facile tra biciclette e automobili, in molte città si affiancano nuovi mezzi di mobilità sostenibile. Ma non è vero che c’è anarchia

di Tommaso De Beni in collaborazione con Commissario E.Q.

Michele Camarata

Esiste infatti una complessa, ma articolata e dettagliata regolamentazione dei mezzi che possono circolare per strada: quali caratteristiche devono avere e in quali spazi possono stare.

Si tratta di mezzi ecosostenibili, elettrici, che vanno dall’ormai noto monopattino ai meno noti monowheel, hoverboard e segway, cioè una ruota o due ruote su cui il

conducente, quindi il “non pedone”, monta per andare più veloce.

Il monopattino è nato all’inizio del ‘900 ed è tornato in auge nello stesso periodo del lockdown causa Covid, quando l’allora governo Conte predispose il “bonus monopattino” per incentivare la mobilità sostenibile.

All’inizio era assimilato al velocipede, ma poi è diventato un veicolo vero e proprio a se stante. Prossimamente norme più stringenti aggiungeranno l’obbligo del casco anche per i maggiorenni, la targa, l’assicurazione e, a differenza delle bici, il divieto di circolare fuori dai centri urbani.

Essendo veicoli è vietato transitare e sostare sui marciapiedi e vi è l’obbligo di condurre il monopattino a mano sulle strisce pedonali, oltre ad avere delle caratteristiche tecniche e dei limiti di velocità per costruzione da rispettare.

I monopattini possono circolare sulla carreggiata e/o sulle piste ciclabili.

È fatto divieto farsi trainare, stare al telefono, guidare con un braccio ingessato e stare in due sullo stesso mezzo, oltre che andare contromano.

 Monopattini elettrici
 Un monowheel

È vietato anche installare sedili o sellini e/o potenziare i motori elettrici. Per chi sgarra, ovviamente, sono previste sanzioni fino alla confisca del mezzo: 40 sono le violazioni accertate nel 2023 dalla Polizia Locale di Vicenza.

Per gli altri “veicoli” inclusi nella micro-mobilità elettrica, monowhell, hoverboard e segway, è ammessa la circolazione in determinati luoghi ma solo nei Comuni che hanno aderito alla sperimentazione come Vicenza.

Si definisce monowheel un mezzo monoruota senza manubrio, che può circolare solo nelle aree pedonali, e non potrà superare il limite di 6 chilometri orari. L’hoverboard ha due ruote su barra trasversale senza manubrio e può andare solo nelle zone pedonali, mentre il segway ha due ruote e un manubrio e può andare anche nelle ciclabili e deve avere un clacson. Chi utilizza questi mezzi al di fuori dei luoghi consentiti è sanzionabile in caso di trasgressione.

La bici elettrica è considerata un velocipede ed ha esteso tale categoria (bicicletta a pedalata assistita). I ciclisti hanno, tra gli altri obblighi, quello di tenersi il più possibile a destra, tranne nel caso di svolta a sinistra. Nelle rotatorie, al fine di rendere la circolazione meno pericolosa possibile, in assenza di piste o corsie ciclabili dedicate, è consiglia-

bile rendersi il più possibile visibile, spostarsi al centro della carreggiata e approssimarsi man mano alla corsia di uscita segnalando con la mano l’intenzione ma se il traffico è intenso meglio condurre la bicicletta a mano negli spazi destinati alla circolazione pedonale.

Possono sorpassare a destra i veicoli fermi o lenti in caso di congestione del traffico, non possono procedere a zigzag né portare il cane al guinzaglio.

Le auto devono stare lontane un metro e mezzo dalla bici quando le sorpassano.

La bici non può circolare sul marciapiede, a meno che non sia espressamente previsto e ci sia segnaleti-

ca ciclopedonale, né in contromano. I ciclisti devono scendere dalla bici e portarla a mano per attraversare la strada sulle strisce se stanno passando da un marciapiede a un altro e non c’è segnaletica ciclopedonale. Agli incroci con semaforo, se non c’è il semaforo dedicato alle bici, i ciclisti possono attraversare sulle strisce rimanendo in sella assumendo il comportamento dei pedoni. I conducenti delle biciclette non possono usare il cellulare e non possono nemmeno bere alcolici prima di porsi alla guida o durante. La patente di guida non può essere ritirata a un ciclista che risultasse in stato di ebbrezza e non gli possono essere sottratti punti, ma può essere multato pesantemente e penalmente. In casi di aree pedonali molto affollate, come potrebbe essere Corso Palladio a Vicenza, il ciclista è obbligato a condurre la bici a mano secondo anche le regole del buon senso per essere meno pericoloso. I Comuni su questo e altri temi inerenti la micromobilità hanno la possibilità di legiferare con apposite norme, in attesa delle nuove modifiche al Codice della Strada che ha già fatto storcere il naso a molti primi cittadini, tra cui quello del capoluogo berico, in quanto limiterebbe molto il potere decisionale dei sindaci proprio in materia di mobilità.

 Lo skateboard di Ritorno al futuro
 Un overboard

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Ciclabili da incubo: dove trovarle a Vicenza

Da Ponte Furo ai Ferrovieri passando per viale Trento: tra nonsense, maleducazione e asfalto da sistemare

di

Ponte Furo: ciclabile dadaista

Attraversare Campo Marzio e passare per ponte Furo e il porton del Luzo è il modo migliore per i ciclisti per raggiungere, magari dalla stazione, le zone di Santa Caterina, Borgo Berga, ma anche viale Margherita, in attesa della nuova ciclabile di viale Risorgimento. Posto che il breve tratto di ponte Furo è pericoloso perché ci passano gli autobus (chi scrive è stato toccato da un autobus mentre andava in bici proprio in quel punto), un tentativo di pista ciclabile è stato realizzato anni fa, ma la buona volontà non basta. C’è una ciclabile che nasce nel nulla, all’improvviso, e dove ci parcheggiano sopra le

auto, che a un certo punto passa sopra il marciapiede, e un cartello, inascoltato, segnala ai pedoni di cambiare lato perché su quel marciapiede ci devono passare le bici. Ciclabile dadaista.

Viale Trento: ciclabile claustrofobica

La ciclabile di viale Trento è molto impegnativa per le ruote delle bici, dato che il fondo è sconnesso a causa delle radici delle piante circostanti. Arrivati avventurosamente in fondo, bisogna attraversare e fare una curva sottilissima in cui ci devono stare due bici, prima di poter attraversare per raggiungere la ciclabile più spaziosa che collega viale d’Alviano con viale Mazzini (e comunque i ciclisti devono condividere con i pedoni). Tempo fa le telecamere del bar Al Canton ripresero un camion che passando buttò giù un pezzo di ringhiera, dato che per costruire quella ciclabile venne ristretta la carreggiata in un punto in cui passano anche camion e autobus.

Ferrovieri-Sant’Agostino: ciclabile Dakar

La ciclabile, o per meglio dire, il pezzo di carreggiata che collega i quartieri Ferrovieri e Sant’Agostino è caratterizzata da un fondo sconnesso, auto parcheggiate e bidoni dell’immondizia, cosicché per il ciclista è vietato distrarsi e impossibile annoiarsi. Per rendere ancora più wild e mozzafiato l’esperienza urbana del ciclista, si potrebbe consigliare al Comune

di installarci anche degli idranti e delle dune di sabbia.

 Ponte Furo la ciclabile sfocia nel marciapiede
 Viale Trento: ciclabile claustrofobica e ringhiera abbattuta
 Ferrovieri Sant'Agostino ciclabile impervia

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L'era della sostenibilità: il ruolo delle auto elettriche nella lotta al cambiamento climatico

Il cambiamento climatico costituisce una delle sfide più serie e urgenti del nostro tempo. Rappresenta, infatti, una minaccia per la biodiversità del pianeta, provoca alterazioni degli equilibri meteorologici e mette in pericolo la stabilità delle economie globali. In questo scenario, la ricerca di soluzioni sostenibili è imperativa.

Le auto elettriche si affermano come un pilastro fondamentale nella transizione verso una mobilità più pulita, offrendo una risposta concreta alla riduzione delle emissioni di gas serra. Approfondiamo, dunque, il ruolo cruciale che questi veicoli possono giocare nella lotta contro il cambiamento climatico, evidenziando come la tecnologia possa guidare una trasformazione positiva.

La crescita del mercato delle auto elettriche

Negli ultimi anni, il mercato delle auto elettriche ha visto una crescita esponenziale, sostenuta sia dall'innovazione tecnologica sia da un cambiamento nella percezione del consumatore. Secondo l'International Energy Agency (IEA), le vendite di auto elettriche sono aumentate significativamente, diventando una quota sempre maggiore del mercato automobilistico globale. Questo incremento è spinto da fattori quali il miglioramento dell'infrastruttura di ricarica, la riduzione dei costi delle batterie e l'introduzione di politiche governative favorevoli.

In termini di impatto ambientale, le auto elettriche offrono un netto vantaggio rispetto ai veicoli a combustione interna. La loro capacità di operare senza emissioni dirette di CO2 le rende alleati preziosi nel tentativo di ridurre l'impronta di carbonio del settore dei trasporti. Inoltre, l'evoluzione continua della tecnologia delle batterie e l'incremento dell'uso di energie rinnovabili per la produzione di elettricità potenziano ulteriormente il loro contributo alla sostenibilità ambientale.

I punti appena esplorati pongono le basi per comprendere non solo l'importanza delle auto elettriche nella lotta contro il cambiamento climatico, ma anche come il loro impiego stia diventando sempre più desiderabile a livello globale.

Tecnologia e innovazioni

Le auto elettriche sono al centro di significative innovazioni tecnologiche che ne potenziano l'efficienza e l'attrattività. Al cuore di questi

veicoli troviamo le batterie agli ioni di litio, che hanno visto notevoli miglioramenti in termini di densità energetica e tempi di ricarica.

I moderni motori elettrici, caratterizzati da un’efficienza superiore al 90%, contrariamente ai motori a combustione interna che si attestano intorno al 20-30%, trasformano l'energia elettrica in movimento più efficacemente e con minori perdite.

Inoltre, l'adozione di software avanzati per la gestione della batteria e per l'ottimizzazione delle prestazioni del veicolo gioca un ruolo fondamentale. Questi sistemi non solo migliorano l'autonomia e la durata delle batterie ma anche l'esperienza di guida, grazie a funzionalità come l'aggiornamento del software via OTA (over-theair), che consente di implementare miglioramenti continui senza la necessità di interventi fisici sul veicolo.

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Impatto ambientale delle auto elettriche

Nonostante le auto elettriche siano promosse come una soluzione verde, è fondamentale considerare l'intero ciclo di vita del veicolo per comprendere il vero impatto ambientale. Sebbene le emissioni dirette siano nulle, è importante considerare le emissioni prodotte dalla generazione dell'energia elettrica necessaria per alimentarle, che variano notevolmente a seconda della fonte utilizzata. Paesi che si affidano maggiormente alle energie rinnovabili per la produzione di elettricità beneficiano di un impatto ambientale ridotto.

Un'altra sfida è rappresentata dallo smaltimento delle batterie. Se non gestite correttamente, infatti, possono costituire un rischio ambientale a causa delle sostanze chimiche tossiche che contengono.

Tuttavia, oggi, sono stati fatti progressi significativi per ciò che riguarda il riciclaggio delle batterie, con tecnologie che permettono di recuperare materiali preziosi come il litio, il cobalto e il nichel, minimizzando l'impatto ambientale e contribuendo a un'economia circolare nel settore automobilistico.

L’innovazione tecnologica, dunque, non è solo in grado di migliorare le prestazioni delle auto elettriche. Affronta anche le sfide ambientali associate, rendendo questi veicoli una soluzione sempre più sostenibile nel contesto del cambiamento climatico.

Iniziative governative e politiche di supporto

Le politiche governative giocano un ruolo cruciale nel promuovere l'adozione delle auto elettriche. Diversi Paesi hanno implementato numerosi incentivi, tra cui sgravi fiscali, bonus per l'acquisto e sovvenzioni per l'installazione di infrastrutture di ricarica. Per esempio, in Europa, il Green Deal mira a ridurre le emissioni di gas serra del

55% entro il 2030, spingendo verso una maggiore adozione di veicoli a zero emissioni.

Inoltre, molte città stanno limitando l'accesso ai veicoli a combustione interna nei centri urbani, incentivando ulteriormente l'acquisto di auto elettriche. Queste misure non solo stimolano la domanda, ma spingono anche i produttori di automobili ad accelerare lo sviluppo e l'offerta di nuovi modelli, contribuendo significativamente alla riduzione delle emissioni urbane.

Caso studio: alcuni esempi di successo

Per comprendere meglio l'efficacia delle auto elettriche, possiamo guardare a modelli di successo come la Tesla Model 3, che ha dominato le vendite in diversi mercati grazie alla sua combinazione di prestazioni elevate, grande autonomia e tecnologia avanzata. Le testimonianze degli utenti confermano che l'attrattiva non risiede solo nell'aspetto ambientale, ma anche nel design innovativo e nelle funzionalità smart come l'autopilota, che migliorano notevolmente l'esperienza di guida.

Un altro esempio è la Nissan Leaf, che ha reso l'accesso alle auto

elettriche più democratico grazie a un prezzo più accessibile. Questi modelli hanno mostrato che è possibile integrare con successo tecnologia avanzata e sostenibilità ambientale, offrendo agli automobilisti un'alternativa praticabile e desiderabile ai tradizionali veicoli a combustione interna.

È semplice comprendere, dunque, come le iniziative governative e l'innovazione industriale possano collaborare per accelerare il passaggio a un trasporto più sostenibile, con benefici tangibili sia per l'ambiente sia per i consumatori.

Prospettive future

Il futuro delle auto elettriche appare luminoso e fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi globali di sostenibilità. La tendenza è chiara: si prevede una crescente elettrificazione dei trasporti, supportata da miglioramenti continui nella tecnologia delle batterie, un'infrastruttura di ricarica sempre più capillare e una progressiva diminuzione dei costi di produzione. Uno scenario possibile è l'espansione del concetto di mobilità come servizio (MaaS), dove le auto elettriche saranno integrate in reti di trasporto multifunzionali, collegan-

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do più modalità di trasporto pubblico e privato in maniera efficiente.

La crescente enfasi sulle energie rinnovabili per la produzione

di elettricità, inoltre, promette di rendere l'uso delle auto elettriche ancor più sostenibile. La sfida sarà garantire che l'infrastruttura elettrica sia adeguata a sostenere la crescente domanda.

Le auto elettriche, dunque, giocano un ruolo cruciale nella lotta contro il cambiamento climatico, contribuendo significativamente alla riduzione delle emissioni globali di gas serra. Nonostante le sfide che caratterizzano il mondo moderno, come la necessità di un’infrastruttura di ricarica adeguata e il ciclo di vita delle batterie, i progressi tecnologici e le politiche di supporto stanno rapidamente superando questi ostacoli.

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L'impatto ambientale dei biocarburanti: una soluzione sostenibile?

di Jacopo Bernardini

Nel contesto della crescente preoccupazione per il cambiamento climatico e dell'esaurimento delle risorse naturali, i biocarburanti emergono come una possibile alternativa ai combustibili fossili. Queste fonti di energia rinnovabile, ottenute da materiale biologico, promettono di ridurre l'impatto ambientale del settore dei trasporti, che è uno dei maggiori produttori di emissioni di gas serra a livello globale.

Tuttavia, nonostante l'entusiasmo iniziale, il dibattito sulla loro effettiva sostenibilità rimane acceso. Vediamo di esaminare, dunque, i diversi aspetti della questione, valutando se i biocarburanti possano realmente rappresentare una soluzione sostenibile per il futuro.

Cosa sono i biocarburanti?

I biocarburanti sono combustibili derivati da materie prime agricole o forestali, e si classificano essenzialmente in due categorie: l'etanolo e il biodiesel. Il primo viene prodotto dalla fermentazione di zuccheri provenienti da colture come il mais e la canna da zucchero, mentre il biodiesel è ottenuto dalla trasformazione di oli vegetali o grassi animali.

Nonostante l'obiettivo comune di fornire un'alternativa più ecologica ai combustibili fossili, i metodi di produzione possono avere impatti ambientali significativi, che necessitano di un'analisi approfondita

per valutare la loro sostenibilità a lungo termine.

Vantaggi dei biocarburanti

I biocarburanti offrono diversi vantaggi che contribuiscono alla loro considerazione come alternativa sostenibile ai combustibili fossili. Uno dei benefici più significativi è la riduzione delle emissioni di gas serra.

Quando bruciati, i biocarburanti rilasciano una quantità di CO2 generalmente inferiore rispetto ai combustibili fossili. Senza contare, poi, che gran parte delle emissioni vengono già assorbite precedentemente dalle piante durante il loro ciclo di crescita. Il risultato? Un bilancio decisamente più favorevole rispetto ai combustibili tradizionali. Un altro vantaggio fondamentale dei biocarburanti è l'utilizzo di

risorse rinnovabili. A differenza del petrolio, che è una fonte limitata, si basano su materie prime che possono essere coltivate annualmente, come il mais, la canna da zucchero, o persino alghe e rifiuti organici. Questo ciclo rinnovabile di produzione supporta la sostenibilità a lungo termine e riduce la dipendenza dalle importazioni di petrolio, spesso associate a instabilità politica ed economica.

Inoltre, la produzione di biocarburanti può avere potenziali benefici economici per le aree rurali, fornendo nuove opportunità di impiego e stimolando l'economia locale. La coltivazione delle materie prime necessarie e le fasi di trasformazione industriale richiedono manodopera, infrastrutture e servizi, contribuendo così al sostegno

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delle comunità agricole e alla diversificazione delle loro economie.

Critiche e svantaggi

Nonostante i biocarburanti presentino vantaggi significativi, sono anche soggetti a numerose critiche relative al loro impatto ambientale e sociale. Uno dei problemi più gravi è l'effetto sulla deforestazione e sulla biodiversità.

Per far spazio alle coltivazioni destinate alla produzione di biocarburanti, vaste aree di foresta vengono disboscate, compromettendo la biodiversità e aumentando le emissioni di gas serra dovute alla distruzione del carbonio immagazzinato negli alberi.

Inoltre, i biocarburanti richiedono notevoli quantità di acqua per la coltivazione delle materie prime, portando a potenziali problemi di sostenibilità idrica. Un consumo così elevato può aggravare la tensione sui sistemi locali, influenzando sia l'agricoltura alimentare sia gli ecosistemi naturali.

Un ulteriore punto di critica è l’impiego di terreni agricoli che potrebbero essere destinati alla produzione di cibo. Questo uso concorrenziale può portare a un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e a problemi di accesso al cibo per le popolazioni più vulnerabili. Inoltre, le emissioni indirette associate alla conversione dei terreni e alla produzione agricola possono talvolta annullare i benefici climatici dei biocarburanti.

Confronto tecnico: biocarburanti vs combustibili fossili

Dal punto di vista tecnico, i biocarburanti e i combustibili fossili presentano differenze significative in termini di prestazioni energetiche e costi di produzione. I biocarburanti tendono ad avere un contenuto energetico inferiore per unità di volume rispetto ai combustibili fossili, il che può tradursi in una minore

efficienza di viaggio per gli stessi volumi consumati.

Per quanto riguarda i costi, la produzione di biocarburanti può essere più dispendiosa rispetto a quella dei combustibili fossili, principalmente a causa delle spese agricole e di trasformazione. Tuttavia, è necessario sottolineare che possono variare ampiamente a seconda delle tecnologie utilizzate e delle economie di scala.

A lungo termine, l'impatto economico dei biocarburanti dipende dalla capacità di ridurre i costi attraverso l'innovazione tecnologica e l'ottimizzazione delle catene di produzione. Inoltre, il prezzo dei combustibili fossili può essere influenzato da fattori geopolitici e da limitazioni sulle risorse, rendendo i biocarburanti potenzialmente più stabili come investimento a lungo termine.

Nonostante le sfide che caratterizzano l’attuale panorama, le ricerche continuano per migliorare l'efficienza dei biocarburanti, riducendo così il divario prestazionale e di costo con i combustibili fossili e rendendoli una scelta più sostenibile ed economicamente competitiva nel contesto globale.

Innovazioni e sviluppi futuri nei biocarburanti

Le innovazioni tecnologiche sono cruciali per superare alcune delle sfide associate ai biocarburanti e per migliorarne l'efficienza e la sostenibilità. La ricerca, oggi, si concentra principalmente su biocarburanti di seconda e terza generazione, che utilizzano cioè materie prime non alimentari, come residui agricoli, alghe e rifiuti organici. Queste nuove tipologie promettono di ridurre la concorrenza con le colture alimentari e di minimizzare l'impatto ambientale legato al loro utilizzo.

Un esempio significativo è il bioetanolo di seconda generazione, prodotto da cellulosa e lignina in biomasse non alimentari. Le tecnologie come la gassificazione e la fermentazione avanzata stanno diventando più efficienti, rendendo il processo più competitivo rispetto ai metodi tradizionali.

Allo stesso modo, il biodiesel da alghe rappresenta una frontiera promettente grazie alla sua alta efficienza produttiva per area e alla capacità di crescere in ambienti acquatici, riducendo la pressione sulle terre agricole.

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Inoltre, l'adozione di processi di produzione più sostenibili, come l'uso di energia rinnovabile nelle fasi di produzione e l'ottimizzazione delle tecniche di raccolta e conversione, può significativamente abbassare l'impronta di carbonio dei biocarburanti.

L’impatto reale dei biocarburanti in alcuni Paesi

L'implementazione dei biocarburanti varia significativamente a seconda delle politiche nazionali e delle risorse disponibili. In Brasile, ad esempio, l'uso estensivo di etanolo da canna da zucchero ha

mostrato come tali risorse possano essere integrate con successo nell'economia nazionale, riducendo la dipendenza dal petrolio importato e incrementando l'indipendenza energetica del Paese.

Al contrario, il caso degli Stati Uniti mette in luce le sfide associate all'uso del biocarburante derivato principalmente dal mais. Nonostante i benefici in termini di emissioni ridotte, la crescente domanda di biocarburanti ha portato a preoccupazioni riguardo alla sostenibilità dell'uso del suolo e all'impatto sui prezzi degli alimenti.

Per una transizione energetica veramente sostenibile, dunque, sarà cruciale continuare la ricerca e lo sviluppo in biocarburanti di seconda e terza generazione, implementando allo stesso tempo politiche che supportino la sostenibilità complessiva del settore. La strada è complessa, ma l'attenzione crescente verso soluzioni sostenibili promette di condurre a ulteriori innovazioni e miglioramenti rilevanti.

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Elisa Mazzoli - Marianna Balducci
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Marianna Balducci

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Prospettive di riciclo: gestione del fine vita delle batterie delle auto elettriche

L'adozione globale delle auto elettriche sta crescendo a un ritmo senza precedenti, guidata dalla necessità di ridurre le emissioni di carbonio e migliorare la sostenibilità ambientale. Questa tendenza, tuttavia, porta con sé una sfida significativa: quella di gestire correttamente le batterie a fine vita.

Queste componenti, se non smaltite o riciclate in modo adeguato, possono infatti rappresentare un notevole rischio per l’ambiente. Una gestione efficiente delle batterie esauste, dunque, risulta cruciale per minimizzare l'impatto ecologico delle auto elettriche e massimizzare, allo stesso tempo, il recupero di materiali preziosi.

Composizione e durata delle batterie

Le batterie delle auto elettriche sono prevalentemente basate sulla tecnologia litio-ion, con varianti come litio-nichel-manganese-cobalto (NMC), litio-nichel-cobalto-alluminio (NCA) e litio-ferro-fosfato (LFP). Caratterizzate da un’alta densità energetica e da un’elevata efficienza, hanno una durata di circa 8-15 anni, che può variare a seconda dell'uso e della manutenzione.

In ambito automobilistico, al termine della loro vita utile, molte batterie hanno ancora capacità residua sufficiente per essere utilizzate in

applicazioni di storage energetico secondario, prima del definitivo riciclaggio.

Per quanto riguarda il processo di degrado delle batterie, invece, è influenzato da fattori quali la temperatura, la frequenza di ricarica e lo stile di guida. La sfida, oggi, è quella di massimizzare la vita utile delle batterie e gestire il loro smaltimento in maniera sostenibile ed ecocompatibile.

Impatto ambientale

L'impatto ambientale delle batterie esauste è significativo, sia a causa dei materiali tossici che contengono, sia del loro potenziale di inquinamento se non gestite correttamente. I principali componenti di questi dispositivi, come il litio, il cobalto e il nichel, sono risorse limitate che richiedono un’estrazione intensiva, con significativi effetti negativi sull'ambiente.

Inoltre, senza un adeguato trattamento, i materiali pesanti e altre sostanze chimiche pericolose possono fuoriuscire dalle batterie, contaminando il suolo e le acque, causando gravi rischi per la salute pubblica e per l'ecosistema. Risulta quindi chiaro come un sistema efficiente di riciclo e smaltimento sia fondamentale per ridurre l'impronta ecologica del ciclo di vita delle auto elettriche.

Processi attuali di riciclo

I processi attuali di riciclo delle batterie agli ioni di litio includono principalmente due metodi: pirometallurgico e idrometallurgico. Il primo prevede l'incenerimento delle stesse batterie a temperature elevate, permettendo il recupero dei metalli come ferro, nichel e cobalto. Tuttavia, si tratta di un processo che può essere energeticamente dispendioso.

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Invece, il metodo idrometallurgico utilizza soluzioni acquose per dissolvere i metalli, che sono poi recuperati tramite tecniche di precipitazione o elettrolisi, offrendo una migliore efficienza nel recupero del litio.

In ogni caso, entrambi i metodi richiedono concreti miglioramenti per ottimizzare il recupero di tutti i materiali preziosi e minimizzare l'impatto ambientale associato al processo di riciclaggio. Recentemente, si sta affermando anche la pratica del riciclo diretto, un’opzione promettente per ridurre ulteriormente i rifiuti e l’impiego di nuove risorse. In questo caso, l’obiettivo è quello di rigenerare le batterie esauste per il riutilizzo senza smantellarle completamente.

Innovazioni e ricerca

Il settore del riciclo delle batterie è caratterizzato da costanti innovazioni, volte a migliorare l'efficienza e a ridurre l’impatto sull’ambiente. Una delle tecnologie emergenti, come appena anticipato, è costituita dal riciclo diretto, che consente di ricondizionare le batterie per un ulteriore utilizzo o per recuperare materiali di valore con una mino-

re degradazione rispetto ai metodi tradizionali.

Un’ulteriore novità è quella che riguarda l’impiego di solventi green nei processi idrometallurgici, al fine di sostituire quelli nocivi attualmente utilizzati e per rendere, conseguentemente, il riciclo meno dannoso per l'ambiente. In quest’ottica, università e centri di ricerca stanno collaborando con l'industria automobilistica per implementare metodi innovativi e testarne l'efficacia su larga scala.

Legislazione e politiche

La legislazione svolge un ruolo di primo piano nel definire le pratiche più adeguate alla gestione delle batterie a fine vita. Diversi Paesi, infatti, hanno implementato normative ad hoc che riguardano il riciclo, con l’obiettivo di promuovere la responsabilità ambientale e incoraggiare il recupero dei materiali.

L'Unione Europea, ad esempio, con il Regolamento (UE) 2023/1542, impone agli Stati membri di raccogliere e riciclare una percentuale significativa delle batterie vendute. Allo stesso modo, anche nazioni come la Cina hanno imposto rigide regole relative al riciclo e al recupero dei materiali.

Senza contare, poi, che vengono spesso offerti anche incentivi e sussidi per supportare l'adozione di pratiche di riciclo sostenibili. Tali politiche non solo aiutano a ridurre l'impatto ambientale, ma stimolano anche l'innovazione nel settore.

Prospettive future

Le prospettive future per il riciclo delle batterie delle auto elettriche sono intrinsecamente legate all'evoluzione della tecnologia e alla crescente adozione di veicoli elettrici a livello globale.

Si prevede, infatti, che il volume delle batterie a fine vita aumenterà esponenzialmente nei prossimi de-

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cenni, sollecitando la necessità di sviluppare metodi di riciclo sempre più efficienti ed ecocompatibili. Un focus particolare sarà posto sull'economia circolare, che mira a minimizzare lo spreco e massimizzare il riutilizzo dei materiali.

L'adozione di tecnologie avanzate come l'intelligenza artificiale (AI) e la robotica, allo stesso tempo, può trasformare il processo di riciclo rendendolo più efficiente. L'AI può essere utilizzata per migliorare la logistica, dalla raccolta delle batterie al loro smantellamento e alla classificazione dei materiali. La robotica, d'altra parte, può facilitare il disassemblaggio preciso dei dispositivi, aumentando la quantità e la qualità delle componenti recuperate.

Oggi, la ricerca e lo sviluppo stanno spingendo verso la creazione di nuovi metodi di riciclo che possano migliorare il tasso di recupero dei materiali e ridurre l'impatto ambientale. Tecniche come il riciclo chimico avanzato, ad esempio, promettono di recuperare materiali a un livello di purezza più alto, rendendoli nuovamente utilizzabili.

Una gestione efficace delle batterie a livello globale, in ogni caso, richiede un approccio coordinato. L'armonizzazione delle normative su scala internazionale può facilitare un commercio transfrontaliero più fluido dei materiali riciclati e una maggiore diffusione delle tecnologie di riciclo. Inoltre, la collaborazione tra i Paesi può aiutare a stabilire standard comuni per il trattamento delle batterie a fine vita e incentivare investimenti in infrastrutture all'avanguardia.

Sensibilizzare i consumatori e le industrie sull'importanza della pratica del riciclo è fondamentale per il successo di queste iniziative. Progetti come campagne informative possono aiutare a incrementa-

re la raccolta delle batterie esauste e promuovere comportamenti responsabili tra i consumatori e i produttori di veicoli.

Un processo di gestione a vantaggio di ambiente e mobilità

La gestione del fine vita delle batterie delle auto elettriche, dunque, rappresenta una sfida significativa ma anche un'opportunità per promuovere l'innovazione e la sostenibilità nel settore automobilistico.

Attraverso il miglioramento continuo dei processi di riciclo, l'a -

dozione di politiche adeguate e il supporto alla ricerca e sviluppo, possiamo attenderci un futuro in cui le batterie dei veicoli elettrici contribuiranno in modo positivo all'economia circolare e alla riduzione dell'impatto ambientale. La collaborazione tra governi, industrie e istituzioni di ricerca, infine, sarà cruciale per portare a termine questi obiettivi, assicurando che il progresso verso la mobilità elettrica sia tanto sostenibile quanto vantaggioso per l'ambiente.

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I dilemmi etici della guida autonoma

di Clarissa Mingardi

Negli ultimi anni, la tecnologia della guida autonoma è avanzata notevolmente, promettendo di rivoluzionare il modo in cui ci spostiamo. Questi sistemi, che consentono alle auto di operare senza un conducente umano, utilizzano una combinazione di sensori, algoritmi di intelligenza artificiale ed enormi quantità di dati per navigare nel traffico.

Mentre la prospettiva di strade popolate da veicoli autonomi suscita entusiasmo per le potenziali migliorie in termini di efficienza e riduzione degli incidenti, emergono anche numerosi dilemmi etici. Questi riguardano non solo la sicurezza e l'affidabilità, ma anche questioni più complesse come la privacy, l'impatto lavorativo e le decisioni morali in situazioni di emergenza. Sicurezza e affidabilità Uno dei primi aspetti che emerge parlando di auto a guida autonoma è la sicurezza. Statisticamente, questi sistemi potrebbero ridurre il numero di incidenti causati da errori umani, come distrazione, stanchezza o alterazione psicofisica. Tuttavia, anche queste tecnologie non sono esenti da fallimenti. I malfunzionamenti del software, ad esempio, possono portare a decisioni errate o impreviste, con conseguenze potenzialmente gravi. Un veicolo autonomo deve essere in grado di operare in condizioni meteorologiche avverse,

riconoscere ostacoli improvvisi e interpretare correttamente le segnalazioni stradali, sfide che sono tutt'altro che semplici da superare a livello tecnologico.

La questione della affidabilità solleva anche un importante quesito. Fino a che punto possiamo affidarci a un sistema automatizzato e quali protocolli di sicurezza devono essere implementati per garantire che questi sistemi non solo funzionino bene nella maggior parte dei casi, ma che siano anche preparati per gestire situazioni critiche? La risposta a questa domanda non è semplice e richiede un continuo sviluppo tecnologico, oltre a rigorosi test e regolamentazioni.

Decisioni in situazioni di emergenza

Uno dei dilemmi etici più discussi relativi alla guida autonoma è quello che riguarda le decisioni in caso di emergenza. Situazioni in cui l'auto deve scegliere, ad esempio, tra il rischio di investire un pedone o

causare un incidente mettendo in pericolo i passeggeri. Questo scenario è spesso paragonato al famoso "problema del tram", un esperimento mentale usato in campo etico per riflettere su decisioni morali complesse. In pratica, gli algoritmi di guida devono essere concepiti per prendere decisioni che normalmente richiederebbero un giudizio umano.

La programmazione di queste decisioni solleva questioni cruciali: è giusto progettare un veicolo per proteggere i passeggeri a bordo a discapito degli altri utenti della strada? E viceversa, dovrebbe sacrificare i suoi occupanti per salvare un numero maggiore di persone all'esterno?

Tali interrogativi non solo riflettono un dilemma etico significativo ma sollevano anche la questione di come i valori morali possano essere incorporati in un codice software, e chi dovrebbe avere il potere di decidere.

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Impatto sulla privacy

Dall'adozione dei veicoli autonomi consegue anche un aumento significativo della raccolta di dati. Queste automobili, per operare in modo sicuro ed efficiente, devono memorizzare, elaborare e talvolta trasmettere informazioni su tutto ciò che li circonda. Ciò include non solo le condizioni stradali e ambientali, ma anche indicazioni dettagliate sugli individui che incontrano.

È fondamentale considerare chi ha accesso a questi dati e come possono essere effettivamente utilizzati, anche in modo negativo. Ad esempio, le informazioni sulla localizzazione e gli spostamenti potrebbero essere usate per scopi di marketing o, addirittura, potrebbero diventare strumenti di sorveglianza.

Le implicazioni che derivano da questo argomento sono numerose e devono essere bilanciate con i benefici della tecnologia. La trasparenza nell'uso dei dati, insieme a solide normative sulla privacy, sono essenziali per far sì che il pubblico mantenga la propria fiducia in questa tecnologia emergente.

Impatti lavorativi

L'adozione su larga scala dei veicoli autonomi avrà un impatto significativo sul mercato del lavoro, soprattutto nei settori legati alla guida professionale. Autisti di camion, taxi e altri mezzi di trasporto potrebbero vedere i loro posti di lavoro diminuire drasticamente man mano che le flotte di veicoli autonomi diventano più diffuse.

Ciò solleva importanti dilemmi relativi alla disoccupazione tecnologica e alla redistribuzione delle opportunità lavorative. È etico permettere che la tecnologia elimini interi settori di lavoro senza offrire soluzioni per coloro che ne saranno negativamente colpiti?

Tali cambiamenti richiederanno politiche di formazione e riqualificazione professionale capaci di supportare i lavoratori nella transizione verso nuove occupazioni. Inoltre, il dibattito sull'equità e sulla distribuzione delle ricchezze generate dalle efficienze dei veicoli autonomi sarà cruciale. La società dovrà considerare modi per garantire che i benefici dell'automazione non siano riservati solo a una piccola élite, ma condivisi in modo equo all'interno della comunità.

Legislazione e normativa

La transizione verso la guida autonoma solleva anche la questione della necessità di una normativa adeguata. Le leggi attuali, infatti, non dispongono ancora di tutti gli strumenti per affrontare le complessità introdotte dai veicoli autonomi.

Ma quindi, come dovrebbero essere regolamentate queste vetture? Chi è responsabile in caso di incidenti? E come si gestiscono i dati sensibili raccolti? La creazione di un quadro legislativo che regoli tali questioni è imperativa per garantire che la tecnologia non preceda la nostra capacità di gestirla responsabilmente.

Il ruolo dei governi sarà fondamentale nel bilanciare il progresso tecnologico con la protezione dei cittadini. Questo include garantire che la tecnologia sia sicura, etica e che i benefici siano distribuiti in modo giusto. Inoltre, sarà essenziale sviluppare collaborazioni internazionali per creare standard e regolamenti che possano essere applicati globalmente, data la natura senza confini della tecnologia e del mercato automobilistico.

Una profonda trasformazione culturale e sociale

I dilemmi etici della guida autonoma riflettono le sfide e le oppor-

tunità che la nostra società deve affrontare nell'era della tecnologia avanzata. Mentre le promesse di maggiore sicurezza, efficienza e comfort sono allettanti, non possiamo ignorare le profonde implicazioni che queste tecnologie portano con sé.

Dalla sicurezza e l'affidabilità dei sistemi alle decisioni in situazioni di emergenza, dall'impatto sulla privacy alle conseguenze sui lavori e le economie locali, fino alle esigenze di una nuova legislazione: ogni aspetto richiede un esame accurato e approfondito.

È essenziale che industria, legislatori e la società civile collaborino per sviluppare un quadro etico e legale che non solo promuova l'innovazione, ma che protegga e valorizzi ogni individuo. Solo attraverso un dialogo aperto e inclusivo potremmo garantire che le tecnologie di guida autonoma siano sviluppate e implementate in modo responsabile e giusto.

In ultima analisi, la guida autonoma non è solo una questione tecnologica, ma un vero e proprio cambiamento culturale e sociale. Questo fenomeno, infatti, implica la necessità di una riflessione approfondita sul significato di vivere in una società equa e tecnologicamente evoluta.

ponderato ciclo misto Charge depleting: 22 - Consumi ed emissioni WLTP* (ai sensi del Regolamento UE 2017/1151)

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VicenzaPiù Viva n. 9, luglio agosto 2024 by Giovanni Coviello - Issuu