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DIRETTORE EDITORIALE GIOVANNI COVIELLO
Spedizione in A.P. - 45% art.2 comma 20/b legge 662/96 Filiale di Verona
L'industria produce di più E i consumatori non riescono a pagare Leggiamo nella stessa pagina di uno dei due quotidiani che lottano per la leadership dei lettori in Italia due articoli con titoli auto esplicativi. Il primo urla: "E' boom per l'industria, la produzione fa più 6,5%". E il pezzo inizia con "Scatto in avanti della produzione industriale" con l'auto, le attività manifatturiere (incluse quelle dell'innovazione dopo 5 anni di calo), e il tessile/abbigliamento a fare da traino. Questi dati, anche nella versione ridotta che registra 'solo' un più 3,7% a parità di giorni lavorati, rincuorano gli animi più o meno di tutti, anche se poi ci toccherà ascoltare i politici contendersi i relativi meriti: quelli della Cdl a reclamare la paternità del nuovo trend positivo, quelli del nuovo esecutivo di centrosinistra ad attribuire al proprio operato la ripresa della fiducia. Magari trascurando entrambi che, nel mondo globale, conta molto anche l'ambito internazionale. Il secondo titolo "Debiti, rischio insolvenza per il 20% delle famiglie", però, riporta tutti con i piedi per terra. "Il rischio accomuna giovani in cerca d'impiego e pensionati - mette in allarme l'articolo -, coppie separate e famiglie numerose: una platea variegata e vasta di potenziali super indebitati. Di persone che per arrivare alla fine del mese rischiano di impegnarsi fino al collo in pericolose richieste di finanziamenti". Dov'è la verità? Nella ricchezza crescente che dovrebbe nascere dall'industria in crescita, o nella povertà, anch'essa montante, che si sta diffondendo tra strati sempre più vasti della società, per altro aggrediti da continui inviti al consumo? Nel dubbio, una domanda inquietante, o addirittura tragica: e se fosse proprio quella parte dei consumi nazionali legata all'indebitamento a stimolare la crescita industriale? Che solidità avrebbe questa crescita con consumatori che spendono ma che fanno sempre più fatica a pagare? Nel caso fossero i maggiori consumi senza soldi a drogare la produzione, resterebbero almeno due possibilità. La prima è che dietro l'angolo, prima o poi, si nasconda la crisi, se non la bancarotta, di molti produttori, magari troppo legati al mercato nazionale. La seconda - una soluzione da auspicare - è che tutti insieme, politici, imprenditori e lavoratori, smettano una volta per tutte di litigare sui diritti e pensino con urgenza ad un unico dovere che ne accomuna le sorti: quello di salvare il Paese con l'impegno concreto nella ricerca di soluzioni eque e durature, per sacrifici comuni, certi e immediati. Che non siano né di destra né di sinistra, ma necessari, e soprattutto utili per risolvere i problemi. Giovanni Coviello
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Anno 1 nr. 39 - Sabato 16 dicembre 2006
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