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DIRETTORE EDITORIALE GIOVANNI COVIELLO
La reggiana Burani acquista aziende vicentine? Brindiamo con lo Spumante Doc Vicenza Mariella Burani Fashion Group ha acquisito il 51% di Facco Corporation, azienda vicentina produttrice e distributrice di gioielli in oro e pietre preziose nel mercato del lusso accessibile con un fatturato 2005 di 11,6 milioni di euro. L'annuncio è del 7 settembre ed è il secondo passo a Vicenza di MBFG dopo l'acquisizione nel settore della pelletteria della Francesco Biasia di Povolaro. Con il 49% del capitale e la carica di amministratore delegato, Gilberto Facco sarà il punto di riferimento dello sviluppo della divisione "Fashion Jewellery" all'interno di Mariella Burani Fashion Group, seguendo uno schema di coinvolgimento della vecchia proprietà già utilizzato con successo con i fratelli Biasia. Se, in un mercato sempre più libero e globale, la strategia del gruppo di Reggio Emilia è chiara e vincente (investire in piccole/medie aziende italiane del lusso "made in Italy" come Biasia e Facco, per facilitare la loro crescita sfruttando una rete distributiva internazionale di ben 300 punti vendita), dispiace (e preoccupa) non vedere nostre imprese e nostri imprenditori fare altrettanto in settori in cui sono (erano?) leader. Entrare in gruppi più grandi è nell'ordine delle cose, ma ci preoccupa che sempre più spesso le aziende vicentine siano prede e non predatrici. Con tutte le conseguenze negative in termini di produzione di ricchezza locale, imprenditoriale e sociale. Altri marchi storici del vicentino sono entrati nel passato, più o meno recente, in grandi gruppi esterni, e spesso, se non sempre, hanno perso identità e peso economico. Un nome per tutti? Recoaro, ora ridotta a piccola e agonizzante provincia dell'impero Nestlè. Quello della perdita di vicentinità nelle nostre aziende è un tema ricorrente: succede in quelle che vengono acquistate e in quelle che delocalizzano produzione e cultura d'impresa, salvando nel breve i profitti ma impoverendo i consumi locali e il territorio; succede in quelle private e in quelle pubbliche o para pubbliche, dalle banche alle centrali del latte. Ma la vicentinità, in questi casi, non è un'opzione culturale o, peggio, un aspetto folcloristico. È una necessità, per difenderci dalla colonizzazione totale. Pensiamoci, imprenditori, lavoratori, associazioni e forze politiche. E' necessario recuperare l'iniziativa, perché, come dicevano i vecchi allenatori, "la migliore difesa è l'attacco". Ben venga allora - è un segnale piccolo ma lo accogliamo con gioia - lo Spumante Doc Vicenza, un Garganego Extra Dry, che grazie al Consorzio per la tutela dei vini di "Vicenza" dà un segno di vita e lancia la sua sfida 'doc' a un mercato in cui i vicentini erano finora soltanto consumatori. Giovanni Coviello
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