VicenzaPiu n.225, 17 dicembre 2011

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QUOTIDIANI ON-LINE: www.vicenzapiu.com - www.montecchiopiu.com - www.schiopiu.com - www.bassanopiu.com - www.thienepiu.com

Ciambetti vs Langella pag 12

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Green Way e Piano casa l’ipocrisia pag 6

Formisano vs Alifuoco pag 13

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Quindicinale di fatti, personaggi e vita vicentina

e Ovest - Alto Vicentino

Direttore responsabile Giovanni Coviello

Poche ciàcole

Anche Quero e Giglioli tornano

Mattoni sotto l’albero

Laghetto: no a Variati e Hüllweck

Il Giornale di Vicenza di ieri, 16 dicembre, informatissimo, parla di un rientro imminente di Massimo Pecori in giunta, dopo la parentesi extra moenia decisa per evitare possibili imbarazzi al padre Paolo, procuratore reggente in lizza per il “comando” della Procura, appena assegnato, invece, allo stimato Antonino Cappelleri. Mi metto in panchina, aveva detto junior, e se papà è promosso la famiglia è contenta; tanto, se non lo è, avrebbe pensato, la famiglia magari non soffre perché mi rimette in campo l’allenatore Variati. Che se fosse stato convinto della compatibilità ambientale doveva respingerne le dimissioni, sussurravano allora in pochi, forse ora di più con Pecori senior pensionando. Ma è Natale e allora mutatis mutandis anche Matteo Quero, visto che ha pagato il suo debito con la legge (che dicono che sia uguale per tutti) dovrebbe tornare nell’esecutivo. Idem con patate per Gianni Giglioli, quando e se la sua vicenda processuale sarà chiarita. Vero sindaco? A meno che non risultassero così già occupati i posti futuribili, che so, per un Bruno Carta del Pdl che parla (Nuovavicenza.it sempre di ieri) di possibili intese di pezzi del Pdl con l’attuale primo cittadino del Pd. In giunta monteranno una porta scorrevole al posto di quella attuale, lignea, per farci passare magari anche un Maurizio Franzina, un Cristiano Seganfreddo o un Sergio Carta?

di Giovanni Coviello Continua a pag 7 ...

A

d aprile di quest’anno VicenzaPiù ha lanciato il sasso nello stagno, il sasso nel Laghetto, anzi, rivelando per primo e in base ai documenti che avevamo che in quell’area stava per essere prevista una cementificazione contro la quale avevano lottato gli abitanti del quartiere ed anche una buona parte dei membri dell’attuale amministrazione, all’epoca all’opposizione. Inutile ricordare che tutto quello che rivelammo fu dichiarato non vero con sommo sdegno da parte dell’attuale amministrazione, sindaco Variati in testa.

di Giovanni Coviello

DALLE NOGARE

VOLLEY

L’altra mafia

Ferappi & C. non rispondono

Continua a pag 14 ...

Continua a pag 9 ...

A

La mafia ed i poteri forti non dettano legge solo al Sud, nel vicentino da cinquant’anni esiste un monopolio feudale meno cruento fisicamente ma capace ugualmente di distruggerti, attraverso banche e tribunali compiacenti”. Ne è convinto Pierbernardo Dalle Nogare, sessantenne imprenditore alimentare scledense che alle spalle ha una vicenda che parrebbe inverosimile.

lla fine della stagione 2010-2011 quella che era una delle glorie sportive della città è scomparsa. Parliamo non solo della squadra di pallavolo femminile di serie A (nota prima come Barausse Vicenza, poi come Biasia, Veneto Banca e Minetti, tanto per citare alcuni dei brand che hanno accompagnato le sue schicciate).

di Andrea Genito

di Emma Grande

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focus

225 del 17 dicembre 2011 pag 2

È arrivato il momento di decidere per l’area della ex Centrale del Latte di Giancarlo Albera* L’appuntamento tanto atteso per la presentazione delle due proposte di riqualificazione dell’ex-Centrale del Latte arrivate in Comune il 31 Ottobre 2011 si è finalmente potuto tenere. Nell’assemblea che si è svolta presso la Parrocchia del Cuore Immacolata di Maria il 15 Dicembre, alla presenza del Sindaco Variati, dell’assessore all’ambiente Dalla Pozza, all’urbanistica Lazzari nonché di Bortoli, direttore Generale del Comune, sono state esaminate le due diverse interpretazioni di riqualificazione e riutilizzo

dell’area ex centrale. Una premessa va innanzitutto fatta sul metodo, dal momento che non è stato possibile esaminare le suddette proposte progettuali prima dell’incontro e ciò ha impedito lo studio approfondito delle varie problematiche che tali progetti (piante per l’occasione) potevano presentare. In ogni caso la prima delle proposte, già a noi nota, è la rivisitazione del vecchio progetto Amatori “regalato” alla precedente Amministrazione dalla proprietà del nuovo stabilimento nel lontano dicembre del 2007 ed ancora esposto sulle vetrine del distributore del latte di via Medici. Tale progetto, già da noi sviscerato al tempo della precedente assemblea svoltasi il 29 aprile

2009 (tenutasi nei medesimi locali), venne bocciato in quanto, pur se accattivante e ben presentato, veniva e viene ritenuto prevalentemente rivolto alla valorizzazione con un “verde contemplativo” del previsto edificato privato ma non rispondente ai bisogni più volte espressi dal Comitato e dal Quartiere. La seconda proposta, dello studio Greco, pur se ritenuta da qualcuno quasi simile, ci è apparsa in realtà totalmente diversa soprattutto nelle sue funzionalità e molto più vicina alle nostre richieste. Tiene conto di un preminente utilizzo pubblico dell’area, di un verde che risulta fruibile ed in piano e senza barriera alcuna. Inoltre le due parti (pub-

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Giancarlo Albera blico e privato) possano integrarsi fra loro. Prevede poi il recupero della “Palazzina exUffici” e dell’edificio della “sede storica”, un elemento di archeologia industriale del 1931, da utilizzare per un mix di funzioni, di giorno, di sera ed in tutte le stagioni: da luoghi di aggregazione e relazione a centro socio-culturale, con biblioteca, emeroteca, sala polifunzionale, centro medico. Ancora, parcheggi, spazi ricreativi per i giovani, piazze (sono due) e luoghi anche per spettacoli all’aperto con percorsi di collegamento. In definitiva un polo civico. Tuttavia saranno necessari approfondimenti con la visione completa dell’eventuale progetto al fine di ricercarne la migliore soluzione possibile, ancorché partecipata.

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Dueville, Viale dei Martiri 15 L’ex Centrale del Latte di Vicenza

Abbiamo chiesto di velocizzare il percorso che prevede l’indizione di un nuovo bando che sembrerebbe superfluo dal momento che le proposte sono modificabili. Si rischierebbe di protrarre ulteriormente l’avvio dei lavori. Qualcosa di importante dal sindaco è stato detto sulla volontà di procedere speditamente magari anche accelerando. Contiamo quindi di partecipare al più presto ad un tavolo con una commissione che analizzi in modo completo la questione, vigilando nel merito per arrivare con puntualità al Piano Interventi entro Giugno del 2012 come promesso dallo stesso Achille Variati il 1° Ottobre, giorno del sopralluogo nell’area ex-Centrale. * Coordinamento comitati dei cittadini


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intervista

225 del 17 dicembre 2011 pag 3

L’altalena dei sì e dei no al Piano casa: Daniele Borò ce li spiega in diretta di Giovanni Coviello

Q

uella del 30 novembre passerà alla storia come la notte dei lunghi coltelli per il Piano casa. Giunta e Cangini emendati da Variati il 28, emendamenti in difesa del centro storico di Sgreva e, per la maggioranza zoppicante, di Veltroni e Vettori, mille altri della Bottene per farne passare, dice, un paio di importanti, il Pdl che, per evidenziare le crepe della maggioranza, insieme alla Lega Nord se ne appropria come ordini del giorno (obbligano alla discussione se non ritirati) , l’ecumenico sindaco che, invece di andare al voto prolungato, stoppa il consiglio del 28 per cercare un accordo buonista dei suoi il 29. Quindi tutti pronti il 30 ad assistere da copione, come inizialmente assistono, alla ritirata vittoriosa del Pdl (Franzina: “abbiamo dimostrato che la maggioranza è debole, ma siamo responsabili”) e alle votazioni lanciate dal presidente del Consiglio Luigi Poletto. Anzi no, colpo di scena, perché deve dare la parola al capogruppo della Lega Nord, Daniele Borò, che i suoi 300 ordine del giorno non li vuole ritirare per andare all’ostruzionistico scontro. Piano approvato, infatti, ma solo dopo la mezzanotte e dopo il simbolico brindisi dei 4 leghi-

sti in trincea (oltre a Borò Barbieri, Bastianello e Mazzuoccolo) che a quell’ora lo fanno votare a blocchi tanto, scaduto il termine delle 24, non è più efficace. Ma anche qui l’atteso (programmato e questo, sì, più ecumenico ancora) ricolpo di scena: l’avvocatura della regione a guida Zaia dice che, sì, il gong aveva suonato ma … conta l’inizio della seduta. Legge a parte (quale vale in Italia?) il 1° dicembre VicenzaPiu.com ha video intervistato il capogruppo della Lega Nord. Le sue semplici risposte dicono più di tante dichiarazioni ufficiali (bravi questi e cattivi quelli) tanto in Italia (e Vicenza, checché se ne dica, ne è una provincia) la politica spesso è una messa in scena. Ma nell’intervista l’esperto in caldaie non ha recitato, ha solo lasciato che l’acqua bollisse. Naturalmente. Daniele Borò lei è il capogruppo appena eletto della Lega Nord e subito la Lega si fa notare dopo due anni cui quasi non si vedeva in consiglio comunale. Beh, non si vedeva? La lega c’è sempre stata, il nostro lavoro è sempre stato svolto solo che adesso abbiamo cambiato stile, stiamo ritornando alle origini diciamo. Ci è sembrato che ci fossero delle cose che non funzionavano bene, allora sfruttando il regolamento del consiglio comunale di Vicenza e parlando con il segretario cittadino ho pensato di fare un’azione di forza in una delibera in cui c’erano delle cose poco chiare.

Daniele Borò interviene durante la seduta del 30 novembre

È vero che l’idea di essere più incisivi su Vicenza vi è nata durante la cena di Natale della sezione Lega Nord di Vicenza in cui c’era anche l’onorevole Stefani? Sì, proprio il venerdì precedente ai consigli comunali nella cena natalizia della sezione di Vicenza Stefani nel suo discorso ha detto che abbiamo un nuovo gruppo consiliare con un nuovo capogruppo e lui da quel momento in poi voleva vedere la vera politica nell’amministrazione comunale di Vicenza. Proprio per questo io ho preso subito la palla al balzo ed ho iniziato a fare politica come si deve fare. Dopo la cena con Stefani e con tutti i militanti della Lega Nord di Vicenza c’è stata un’altra serata importante, quella di martedì 29 col sindaco Variati e con tutti i capigruppo per trovare una via da percorrere il 30. L’hanno accusata che durante quella riunione era poco attento e che quasi dormicchiava Sa, io per la prima volta da quasi nove anni che sono consigliere comunale mi sono ritrovato ad una riunione nella sala giunta. Questa è una sala grande con un tavolo grande con tutte le poltrone intorno e luci soffuse, tutti i capigruppo in silenzio, il sindaco che lentamente leggeva tutti questi emendamenti, li leggeva in maniera molto pacata e tranquilla, alla fine della lettura faceva un piccolo commento e poi terminava dicendo “questo non va bene, diciamo di no” e questo per circa 20-25 volte. In quell’ambiente lì io quasi quasi sì mi stavo per addormentare perché vedevo una stanza da dormitorio. Io, che sono abituato nel mio lavoro che parto la mattina alle otto e fino alle otto di sera corro e sono sempre in mezzo alle persone, in un ambiente del genere mi son sentito proprio di andare a riposare e a dormire. Quindi il 30 tutti si aspettavano un consiglio comunale tranquillo con il ritiro degli ordini del giorno ed una votazione rapida e invece spunta Daniele Borò che dice “no a noi va bene la delibera così com’era, quindi vogliamo che vengano ritirati i due odg residui (quelli del sindaco e quello tecnico del Pdl, ndr). Era chiaro che la vostra più che un’azione contro i due odg i rimasti era un’azione per dimostrare che la Lega conta Ma diciamo che questa delibera è

Rettifiche, Aim e i rotoloni Regina (g.c.) Mentre il GdV di ieri, 16 dicembre ci informa che Aim per recuperare moneta stacca la luce (legalmente, per carità) all’ottantenne Anna Serra, povera ma non certificata Isee, il suo amministratore unico (o raro?), Paolo Colla e il suo responsabile dell’ufficio stampa, con bando e contratto coperti dalla privacy, Silvio Scacco ci inviano qualche pagina di mail “pout pourrie” e, con raccomandata spedita in data 7 dicembre, tramite addirittura la responsabile degli affari legali spendono tempo e soldi (povera Anna!) per imporci rettifiche “non

oltre il secondo numero successivo alla settimana in cui è pervenuta la richiesta, nella stessa pagina che ha riportato la notizia cui si riferisce (questa, ndr) …”. Rettifiche che ancor prima avremmo reso pubbliche (e commentate con allegra serenità) se ci fossero state “sintetizzate”, rese chiare e chieste da un ufficio stampa che facesse il mestiere di P.R. per cui è pagato. Le pubblicheremo certamente alla scadenza del termine (dura lex, sed lex), di certo intimoriti ma meno tremolanti dopo aver riascoltato le registrazioni che ci vorrebbero anche far

rettificare. Ma alterare il contenuto di un registratore non è reato? Prima di farlo, quindi, acquisteremo uno spazio del quotidiano web cugino VicenzaPiu.com per anticipare rettifiche e registrazioni. Riga per riga le rettifiche (la carta della raccomandata del 7 pesa 30 gr), minuto per minuto le registrazioni. E un nuovo Guinness dei primati è alla portata di chi le ascolterà totalmente: Colla ci ha scritto che durano 2 ore, lamentandosi che non avevamo pubblicato su carta la sua intervista. I rotoloni Regina?

stata discussa più volte in commissione ed è arrivata in consiglio comunale il 28 con due emendamenti nuovi che noi non conoscevamo, li abbiamo conosciuti la sera stessa del consiglio comunale. A questo punto abbiamo pensato che forse era meglio che il sindaco si rendesse conto che in questo consiglio comunale oltre alla giunta esistono anche dei consiglieri e dei consiglieri di opposizione che vogliono parlare e discutere di tutte le delibere che ci sono. Siccome era presente anche il segretario cittadino della Lega Nord Carlo Rigon e ogni tanto logicamente usciva, discuteva, parlava al telefono, come è normale che sia, qualcuno diceva “sta prendendo ordini dagli … onorevoli”. È vero o non è vero? Se sia vero o no io non lo posso dire perché io non ero presente a quelle telefonate, certo è che la decisione di prendere questa linea di lavoro all’interno del consiglio comunale è stata una decisione che io ho proposto al segretario Rigon, che l’ha accettata. Poi con la collaborazione di tutti i consiglieri del nostro gruppo l’abbiamo portata fino in fondo. Siete stati accusati dagli assessori e da tutti gli altri consiglieri in pratica che non approvando nei termini previsti il piano casa comunale avreste danneggiato le Partite Iva, gli artigiani e le famiglie. Sente questa responsabilità oppure contesta questa accusa? Queste sono delle bugie che la maggioranza dice perchè non sa come fare per scusarsi dell’errore grosso che hanno fatto. Diciamo che la legge regionale è una legge che dà maggiori possibilità allo sviluppo, il piano casa che l’amministrazione comunale aveva preparato era un piano casa molto restrittivo. Noi abbiamo preferito mantenere il piano casa regionale in quanto è fatto da professionisti di altissimo livello a livello regionale e comunque da persone che vivono nelle nostre città, nei nostri paesi e quindi vivono la nostra realtà. L’amministrazione comunale ha detto che farà (come poi è avvenuto e con successo grazie a un’interpretazione dell’avvocatura della regione, ndr) una richiesta esplicita alla Regione Veneto, in cui la Lega pesa e

Daniele Borò intervistato da VicenzaPiù tanto, perché cambi il regolamento per stabilire che non venga considerato come sostanziale lo sforamento orario e che, quindi, la delibera approvata, di fatto non efficace, abbia anche validità. Il Pdl ha detto che appoggerà questa richiesta dell’amministrazione. La Lega di Vicenza aiuterà l’amministrazione in questa richiesta presso la maggioranza che in fondo è leghista in regione oppure lascerà decidere la Regione? Durante il consiglio ho posto questa domanda al segretario generale e il segretario generale mi ha detto che esiste una legge che dice che tutte la delibera approvate entro la mezzanotte del 30 di novembre ha valore, passata la mezzanotte non ha più valore. Non è che oggi perché loro hanno sforato l’orario si debba cambiare la legge, non è che, perché io nella strada dove si va ai 50 all’ora corro agli 80, mi faccio cambiare la legge per non prendere le multe. Sembra di capire che la vostra torna ad essere una battaglia di principi dopo che per anni la Lega forse qualche principio lo aveva messo nel cassetto accettando compromessi a livello nazionale e quindi locale con il Pdl e con i poteri La Lega a livello nazionale è tornata all’opposizione e a livello locale farà la vera opposizione che si faceva una volta. Tutto chiaro? Se non lo è seguiamo il consiglio che fuori video ci ha dato Daniele Borò: far montare lampadine più luminose in Sala giunta … www.vicenzapiu.com

Direttore Responsabile GIOVANNI COVIELLO direttore@vicenzapiu.com Editore MEDIA CHOICE s.r.l. Via Pirandello, 11 - Vicenza Tel/fax 0444 923362 info@mediachoice.it Pubblicità MEDIA CHOICE s.r.l. Via Pirandello, 11 - Vicenza Tel/fax 0444 923362 info@mediachoice.it Redazione Via Pirandello, 11 - Vicenza Tel/fax 0444 923362 redazione@vicenzapiu.com ENRICO SOLI e.soli@vicenzapiu.com Marco Milioni m.milioni@vicenzapiu.com

Segretaria di redazione Angela Mignano a.mignano@mediachoice.it Hanno collaborato a questo numero: GIANCARLO ALBERA ALBERTO BACCEGA FRANCESCO BATTAGLIA NICOLA CANILLI FEDERICA CEOLATO ROBERTO CIAMBETTI MICHELE DALLA NEGRA LUIGI D’AGRÒ RENATO ELLERO ANDREA GENITO EMMA GRANDE GIORGIO LANGELLA DAVIDE LOVAT SILVIA MAULE PAOLO MELE SENIOR FULVIO REBESANI LEONARDO STELLA GIULIO TODESCAN GIOVANNI TODESCO

Stampa Centro Servizi Editoriali 36040 Grisignano Di Zocco (VI) V. Del Lavoro, 18 Tel. 0444 414303 Autorizzazione Tribunale di Vicenza n. 1181 del 22 agosto 2008 Associato Unione Stampa Periodica Italiana Copyright: Le condizioni di utilizzo dei testi e delle foto sono concordate con i detentori. Se ciò non è stato possibile, l’editore si dichiara disposto a riconoscere il giusto compenso.

VicenzaPiù si avvale di opere d’ingegno (testi e fotografie) distribuiti gratuitamente con le licenze Creative Commons “Attribuzione”e “Attribuzione - Non opere derivate”. Ringraziamo tutti gli autori che ci permettono di utilizzare i loro lavori segnalando il nome o il link ad un loro spazio web personale. Per maggiori informazioni: www.creativecommons.it

Giornale chiuso in redazione alle ore 20.00 di venerdì 16 dicembre 2011 Tiratura: 11.000 copie


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opinioni

225 del 17 dicembre 2011 pag 4

Da questo numero alle firme consolidate dei nostri corsivisti Renato Ellero e Paolo Mele affianchiamo i “tasti” di Michele Dalla Negra, anche lui avvocato (VicenzaPiù ha bisogno di uomini di legge accanto, vista la scarsa “tolleranza per la libertà di stampa” di quelli togati. Almeno fino a mercoledì 14 dicembre …, ndr). Con lui 90 volte su 100 non sono d’accordo, ideologicamente parlando. Perciò ho deciso di chiamarlo ad aggiungere la sua voce a quelle giù plurime di VicenzaPiù che ospita spesso studenti di opposto pensiero, (gli sfrattati di) Fulvio Rebesani, Giorgio Langella, Roberto Ciambetti, Davide Lovat, Guido Zentile, Adriano Verlato, Italo Francesco Baldo, Irene Rui ... Perché è col confronto sulle cose partendo dalle scomparse ideologie che si ricostruisce questa Italia. Perché VicenzaPiù non è di parte, ma è luogo di Più parti. Il direttore

Viva l’Italia di Michele Dalla Negra Cedendo alle insistenze del Direttore, vincendo la mia riservatezza e anche una certa pigrizia, mi sono deciso di accettare l'invito ad “occupare” uno spazio sulle pagine del quindicinale. Non nascondo che un ruolo decisivo l'ha anche avuto quel clima di incazzatura frammista ad impotenza che sta diffondendosi tra gli Italiani e, dunque, ben venga questo “sfogatoio vergato”. In questi giorni, per quanto riluttanti a scorrere i giornali o ad assistere alle quotidiane trasmissioni radiotelevisive dedicate alla politica, non si può rimanere permeabili alla manovra economica che questo governo di “emergenza” imporrà al Paese. La situazione era grave e non certo perché al governo c'era Silvio Berlusconi, la situazione era grave perché l'intera Europa è sotto scacco. E non solo, basta anche un distratto sguardo a quello che è successo e sta succedendo in Nord Africa e in Medio Oriente per comprendere come certezze considerate sino a poco fa granitiche ai giorni nostri possano sciogliersi come neve al sole ! È il mondo che, ahimè, sta cambiando, così come cambiano le società sotto la spinta di eventi difficilmente controllabili. La globalizzazione ha stravolto scenari secolari e i mutamenti viaggiano oggi alla velocità della luce (o alla velocità dei neutrini... ?). Una volta le notizia impiegavano giorni o settimane per essere diffuse. Oggi, in tempo reale, si sa cosa sta accadendo in ogni

parte del mondo e anche là, dove non esisteva dignità per l'Uomo, oggi la libertà viaggia in Internet. I processi economici erano lenti e dettati da leggi che grandi economisti avevano scritto decenni se non secoli prima. Oggi basta un lancio di agenzia con un commento negativo su un “sistema stato” da parte di una delle agenzie mondiali di rating perché la borsa e la finanza di un'intera nazione finiscano sotto i tacchi di un sistema mondiale comunque perverso. Standard & Poor’s e Moody's, per citare le più … citate, sembrano oggi investire l’agone della politica. Oggi queste agenzie, andando ben oltre quella che dovrebbe essere la loro mission, valutano un intero “sistema Stato” o, meglio, un intero “sistema Governo” facendo precipitare l'Europa in un clima di sfiducia se non di vero e proprio terrore. Peraltro la proprietà di queste agenzie è statunitense e, con il dollaro che stava divenendo troppo debole rispetto all'euro, all'uomo della strada qualche sospetto queste operazioni lo fanno legittimamente sorgere. Trent'anni fa quando andavano di moda gli yuppies – chi non ricorda, fra i meno giovani, gli yuppies con il Monclear? – nacque una moda, certamente minoritaria, dei dumpies, soggetti che si richiamavano alle cose “di una volta”, semplici e scomode, appunto l'esatto contrario dei giovani griffati. Forse, oggi, di fronte a questo marasma, vorremmo un po' tutti essere dei dumpies a tornare ad apprezzare quei luoghi comuni che negli anni settanta/ottanta ci riempivano la nostra vita. Mi viene in mente un ritornello che pressappoco fa: “noi

che i pattini avevano 4 ruote e si allungavano quando il piede cresceva, noi che chi lasciava la frenata più lunga con la bici era il più figo, noi che dopo la partita c'era la rivincita, e poi la bella della bella, noi che ci mancavano sempre 4 figurine per finire l'album Panini, noi che le cassette se le mangiava il mangianastri e ci toccava riavvolgere il nastro con la penna Bic, noi che si andava in cabina a telefonare, noi che suonavamo i campanelli e poi scappavamo, noi che le ricerche le facevamo in biblioteca, mica su Google, noi che siamo stati queste cose e gli altri non sanno cosa si sono persi”. Ma oggi è un'altra storia anche per noi! Prima, almeno a leggere i quotidiani, sembrava che solo un italiano andasse a puttane (ma, a proposito, le decine di annunci pubblicati ogni giorno sui quotidiani locali, sono solo relativi a servizi socio-assistenziali …?!), oggi è una intera nazione che va a puttane! Se questa manovra l'avesse fatta il governo del Cavaliere sarebbe scoppiata la guerra civile peggio che in Libia, ma l'han fatta i “professori” e quelli “gavarà studià par calcosa”! L'8 dicembre mi sono recato in Croazia e al distributore di benzina in territorio sloveno, subito dopo la frontiera italiana, una fila mai vista di auto con targa italiana che facevano il pieno: benzina e gasolio a circa 40 centesimi al litro di meno ! Poco dopo la responsabile di un porto turistico croato mi ha detto che negli ultimi giorni hanno ricevuto centinaia di mail di diportisti italiani che vogliono trasferire la loro barca dall'Italia in Croazia. Ai posteri l'ardua sentenza ma sempre comunque … viva l'Italia!

Il Procuratore nuovo di Renato Ellero La Procura di Vicenza ha finalmente il nuovo Procuratore. Uno dei difetti nella nomina dei Capi degli Uffici è rappresentato da un periodo eccessivamente lungo di vacatio. Un Procuratore valido lascia l'impronta di sé dopo anni di guida di una Procura. Cappelleri dovrà innanzitutto capire ciò che effettivamente eredita, al di là delle parole di circostanza. Credo che ad un Procuratore si debba chiedere una notevole capacità di lavoro e sacrificio. Cappelleri ha certamente tali doti. Deve saper rispettare i propri collaboratori, difendendoli se del caso, ma non sostenendoli in situazioni assolutamente inaccettabili. Deve dare sempre il segno di equilibrio ed equidistanza al cittadino, in qualsiasi veste questi si rappresenti; per mia conoscenza ritengo abbia tale doti. Deve evitare, cosa che spesso non accade, di farsi trascinare dai lustrini del potentato locale poiché il Procuratore rappresenta il precetto della legge, seppur come parte processuale, ma è una parte che rappresenta pur sempre lo Stato. Il Consigliere Cappelleri si è sempre manifestato come personaggio schivo rispetto alle lusinghe spesso

fallaci di personaggi che tendono a trascinare chi rappresenta lo Stato ed il suo potere in rapporti che a volte sono ambigui e controproducenti. A tal riguardo non credo sia necessario ricordare come esempio fatti anche recenti. La speranza, e l'augurio che gli facciamo, è che rimanga quello che è stato ed è ad oggi. Se sarà così, ne siamo convinti, lascerà di sé una traccia che i magistrati più giovani potranno seguire. Dr. Cappelleri con gli auguri di Buon Natale ed un felice Anno Nuovo Le inviamo quelli di un lavoro proficuo e pieno di soddisfazioni.

Il procuratore Antonino Cappelleri

Benvenuti all'inferno di Paolo Mele senior

M

onti l'ha chiamato “decreto Monti l'ha chiamato “decreto salva Italia”, senza però precisare a quale Italia si riferisse. Sicuramente non alla nostra, poichè saranno ben pochi gli italiani che sopravviveranno all'attuazione delle misure previste in tale provvedimento. Un decreto in ragione del quale sarebbe il momento di riformare la nostra Costituzione, cominciando dall'articolo 1 in cui si recita che:

“l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, ed in cui “la sovranità appartiene al popolo”. Infatti, a parte la dismissione della democrazia, appare ormai evidente che, quando si parla di lavoro, si intende la condanna a vita “equamente” inflitta a tutti i lavoratori che, con decorrenza pressoché immediata, non riceveranno mai più la sospirata pensione. Esclusi chiaramente i signori parlamentari che hanno per loro rimandato sine die questa modifica-cancellazione del contributo pensionistico. Riguardo poi la sovranità che apparterrebbe al popolo, sarebbe più giusto parlare di solidarietà obbli-

gata, intesa come dovere volto a garantire la salvezza economica di pochi. Un onere che da sempre è di nostra esclusiva competenza, a cominciare dalla cassa integrazione di cui per anni hanno beneficiato le grandi aziende - FIAT in testa, sebbene ora minacci di lasciare a piedi l'Italia – per arrivare agli attuali aiuti alle banche. Infatti il governo Monti ha stabilito che lo Stato, ovvero noi, garantiremo le passività degli istituti di credito e le loro obbligazioni. Per di più subendo un prelievo proporzionale sui titoli e su ogni altro prodotto finanziario, di cui fossimo

ancora titolari. Titoli che fino ad ieri ci invitavano a comprare, come valida forma di investimento. Senza dimenticare l'introdotta tracciabilità delle transazioni commerciali che, per importi superiori a 1000 €uro, potranno aver luogo solo tramite banca. Per farla breve, hanno creato un sistema di controllo in dettaglio della nostra vita economica e personale. Una dittatura che non lascia possibilità di scampo, neanche a coloro che, per salvarlo dalle avidità di banchieri e occasionali gabelle, si erano lasciati sotto il mattone un po' di onesto contante, che ora diventa di fatto inutilizzabile.

Insomma, come si temeva, si tratta di un decreto di lacrime e sangue. Lacrime che, tuttavia, nulla hanno a che vedere con quelle di coccodrillo della signora Fornero, ministro Tecnico del Welfare. Così come la sostanza ematica, almeno per il momento, resta ancora di nostra esclusiva erogazione, peraltro con il crescente pericolo che la stessa perda il suo significato metaforico. Infatti, al sudore e al sangue, si aggiunge l'amara e pericolosa bile dei tanti incapaci di ingoiare questo ennesimo rospo. Una situazione che rende l'aria attorno a noi ogni giorno più pesante … Benvenuti all'inferno.



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focus

225 del 17 dicembre 2011 pag 6

Da Green Way al piano casa: quando democrazia fa rima con di ipocrisia di Marco Milioni

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e li ricordate i volantini della lista civica Variati durante la campagna elettorale per le municipali del 2008? I "No al Pp-10" troneggiavano a caratteri cubitali. Sentite invece l'assessore all'urbanistica Francesca Lazzari sul GdV on-line del 3 dicembre: «Questa proposta non verrà cestinata...». Poi però i toni cambiano e prevale il lamento per la tensione raggiunta durante l'assemblea pubblica dedicata all'ex Pp-10 ora "infighettito" e completamente ripensato col nome GreenWay: «... Mi aspettavo un'assemblea calda ma non un clima del genere. C'è tanta amarezza. Soprattutto perché è stata fatta una brutta figura con un architetto che da poche ore è partito in direzione Sud Africa per parlare di architettura ecologica e sostenibile. Si è persa un'opportunità di discutere di una proposta in grado di migliorare il quartiere». Poi una specie di piroetta: «Se questa è la posizione dei residenti vorrà dire che a Laghetto non si farà nulla. Non è stato un dialogo ma una presa di posizione». Ma la santa donna di che parla? Prima dice che il progetto griffato Mario Cucinella si fa, poi dice che considerata l'opposizione dei residenti non si farà nulla. Boh, si dimentica però che i suoi alleati e un pezzo

Prima pagina di VicenzaPiù dell’8 aprile 2011 intero del centrosinistra già all'epoca della giunta del forzista Enrico Hüllweck non vogliono nulla a Laghetto semplicemente perché l'attuale equilibrio va bene così ai residenti? E poi 'sta storia che facendo delle case di lusso si migliora il quartiere... È vero che Laghetto è bruttino, ma i residenti lo giudicano tranquillo e va bene a loro così. Se "Greenway" volesse dire cambiare le loro case e sostituirle con delle più belle e migliori e con un nuovo assetto urbano allora sarebbe diverso. Ma il miglioramento dov'è per i vecchi residenti? È come dire, ti frego il

Assemblea a Laghetto

verde che hai attorno alle tue case bruttine così potrai venire a vedere le mie più fashion. Ci pigliano per il c...? E ancora cos'è 'sta roba che nelle assemblee pubbliche non si può contestare anche vibratamente? Se uno si piglia la briga di portare avanti una iniziativa, progettista, proprietario o amministratore che la sostiene, deve anche essere pronto a beccarsi una eventuale sequela di insulti, specie se è un politico o un amministratore. Fa parte delle regole del gioco. Tralascio poi ogni considerazione sulla storia dei diritti acquisiti balbettata a mezza bocca da un noto politico berico durante l'assise pubblica dedicata all'ex Pp-10. È una stronzata e l'uomo lo sa, ma a furia di sforzarsi si è convinto del contrario. Il comune se vuole può dire sempre no bocciando i progetti in aula. Altrimenti l'aula che ci sta a fare? A ratificare gli interessi che nell'ex Pp10 hanno soggetti come la famiglia Pigato che guarda caso esprime un consigliere comunale di... maggioranza? Su Greenway il collega Alessio Mannino scriveva il 22 giugno sul suo blog: «Cucinella, chiamato a Vicenza dall’uomo-ombra dell’urbanistica variatiana, il trasversalissimo architetto Sergio Carta, ha sostenuto che l’area interessata necessita di un “completamento”, che

così com’è, distaccata e per conto suo, abbisogna di una “identità” e, naturalmente, che il suo “concept” non ha nulla a che vedere col vecchio Pp10. Ora, che la zona graviti intorno a una piazzetta del mercato un po’ squallida è sotto gli occhi di tutti, ma ci sfugge il nesso causaeffetto con la nascita ex novo di un intero doppio filare di palazzine, sia pur compensate da un “corridoio ecologico”. Se una periferia, tra l’altro tranquilla e vivibile, è smorta, non si capisce che bisogno ci sia di aggiungere un altro pezzo di cemento, anche se progettato con tutti i canoni della sostenibilità. A me, profano, verrebbe in

mente di rivitalizzarla con iniziative sociali e culturali coinvolgendo gli abitanti». Ma l'ipocrisia della giunta berica capitanata da Achille Variati del Pd sta anche nella vicenda del piano casa. Le accuse bofonchiate verso l'ostruzionismo della Lega (Vicenzapiu.com del primo dicembre) sono tanto vuote quanto stupide. L'opposizione fa il suo mestiere punto e basta. Il problema di fondo è che il piano casa regionale è fin dal suo concepimento una norma scritta sotto dettatura della lobby dei costruttori. Quelli che per anni hanno devastato il Veneto con l'aiuto dei politici compiacenti. Quel Veneto per il quale poi ci spertica in lacrime di coccodrillo alla prima alluvione. Se Variati avesse gli attributi sei mesi fa avrebbe detto: «La norma regionale è una schifezza. Il consiglio, poiché obbligato de facto a pronunciarsi, approverà una delibera rispetto alla quale non si tirerà su un solo mattone oltre a quanto già previsto». Perché gli sconti sugli oneri? Perchè le agevolazioni di cui di fatto da vent'anni beneficia la lobby del cemento? Questo avrebbe dovuto esprimere un sindaco che ha a cuore il territorio dei sui cittadini. Purtroppo la cultura di cui è intriso è la stessa che avvelena in modo trasversale a pezzi enormi della politica e dell'economia. E i motivi del declino veneto stanno in sintesi proprio in questo recinto. Checché ne dicano la Lazzari e i suoi compagni di viaggio «stakeholder».

Il concept di Green Way

Su Laghetto giudizio Asproso Documento di Ciro Asproso, dirigente di Sinistra Ecologia e Libertà di Vicenza

L

a prima considerazione che possiamo trarre dall'assemblea di Laghetto è che non bastano gli incontri con le categorie economiche o le associazioni per considerare assolto il coinvolgimento dei

cittadini. Le persone non si accontentano di essere informate, vogliono dire la loro e condizionare le scelte che riguardano la trasformazione della città. In secondo luogo c'è un'evidente contraddizione tra

le aspettative ingenerate dall'elezione di Variati e i contenuti urbanistici del PAT, il quale per molti aspetti, conserva l'impianto strategico e previsionale del documento Hüllweck/Crocioni, seppur

adattato e migliorato nelle enunciazioni di sostenibilità ambientale. Più nello specifico, va ricordato che in fase di attuazione del PAT l'attuale Amministrazione decise di “congelare” il

PP10 in considerazione del delicato contesto ambientale e infrastrutturale della zona nord, ma lasciò invariata la “Tavola della Trasformabilità”, la quale identifica proprio a Laghetto, una delle aree di sviluppo pre-


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225 del 17 dicembre 2011 pag 7

Il Laghetto dice no a Variati dopo averlo detto a Hüllweck Ciro Asproso elogia la coerenza del quartiere e boccia i politici mutanti di Giovanni Coviello

A

d aprile di quest’anno VicenzaPiù ha lanciato il sasso nello stagno, il sasso nel Laghetto, anzi, rivelando per primo e in base ai documenti che avevamo che in quell’area stava per essere prevista una cementificazione contro la quale avevano lottato gli abitanti del quartiere ed anche una buona parte dei membri dell’attuale amministrazione, all’epoca all’opposizione. Inutile ricordare che tutto quello che rivelammo fu dichiarato non vero con sommo sdegno da parte dell’attuale amministrazione, sindaco Variati in testa. Salvo poi (caso non infrequente e chiediamo scusa per l’auto elogio, ndr) avere noi il puramente professionale piacere di vedere confermate ufficialmente le nostre anticipazioni e informazioni, piante e idee progettuali incluse da noi “disvelate” con serena ostinazione su tre numeri consecutivi. Della vecchia opposizione e della nuova maggioranza fa parte Ciro Asproso, uno dei pochi “politici”, se non l’unico, rimasti rispettosi delle volontà della zona e, soprattutto, delle promesse elettorali . Lo abbiamo ascoltato e ne riportiamo l’intervista, la cui versione video è su VicenzaPiu.com Ciro Asproso lei è membro della direzione Sel di Vicenza e del comitato Laghetto, ma soprattutto è molto attento ai problemi dell’ambiente e, per giunta, è un abitante del quartiere. L’affollata assemblea del 2 dicembre indetta da Comune ,che aveva come rappresentante l’assessore Francesca Lazzari accompagnata dall’architetto Mario Cucinella, è stata un passaggio significativo Ci è stato illustrato il progetto da parte dell’assessore e del progettista dei privati. Per la verità hanno tentato di presentare il progetto, perché il quartiere ha reagito in maniera molto decisa dicendo chia-

ramente che noi non vogliamo vi sia ulteriore cementificazione del territorio, per cui il progetto è stato solo parzialmente presentato. In particolare il quartiere ha chiarito in maniera netta qual è la sua posizione. Erano presenti oltre alla Lazzari e Cucinella vari assessori, consiglieri ed esponenti della maggioranza (tra cui Antonio dalla Pozza, Federico Formisano, Gianni Rolando, ndr). Ma la reazione di rifiuto di tanto cemento nel quartiere se l’aspettavano, sono arrivati impreparati ad un’assemblea così calda? Ancora una volta il quartiere, devo dire, ha reagito con grande fermezza e questo forse poteva essere non del tutto prevedibile. Tuttavia io penso che, se si fossero informati di quelle che sono le reali sensazioni della gente, sarebbero arrivati un po’ meno impreparati. Soprattutto non sarebbero arrivati come un’amministrazione comunale che fiancheggia i privati ma non si assume le sue responsabilità, dichiarando semplicemente che cosa secondo loro è giusto fare e che cosa non è giusto fare in quell’area. Ecco, noi abbiamo assistito ad un assessore che ha semplicemente introdotto un progetto dei privati senza prendere alcuna posizione e questo è stato recepito in maniera negativa da tutti. Per gli abitanti del Laghetto cosa andrebbe fatto al posto di Green Way? In questi anni il Laghetto credo che abbia dimostrato con due diverse amministrazioni che l’identità del quartiere, la qualità della vita di questo quartiere, che è sicuramente migliore rispetto ad altre zone della città, valgono più di tutte le speculazioni che si intendono fare e che in questi anni hanno tentato di propinarci. La maggioranza del quartiere è contraria a qualsiasi realizzazione, dopodiché bisogna anche riconoscere che da trent’anni ci sono dei privati che attendono di realizzare delle edificazioni in quella zona sulla base di un piano regolatore appunto pensato ne 1983. Questo è sicuramente un problema grave, ma è un problema che, secondo me, l’amministra-

zione non ha colto nella sua essenza. Dovevano avere il coraggio già in fase di attuazione del Pat di affrontare il tema e di chiarire che cosa si può e che cosa non si può fare nel quadro di uno sviluppo omogeneo della città. Noi non riteniamo che quell’area, l’area di Laghetto in particolare, debba essere un’area di sviluppo preferenziale perché questo secondo noi è sbagliato. Quindi sulla Green Way un impasse abbastanza pesante a questo punto, quando è in discussione anche il bando di interessi diffusi. Che le risulti ci sono altre richieste di edificazione in quella zona da parte di piccoli privati oppure no? Non c’è dubbio che a Laghetto, intendo l’area vasta non solo l’area dell’ex PP10, è stato realizzato molto in questi anni e che molto sarà realizzato negli anni futuri per due ragioni. Perché sono stati approvati due piani di lottizzazione lungo la Marosticana, che vengono spesso dimenticati dagli amministratori, e perché sono state presentate molte domande nell’ambito del bando degli interessi diffusi. Per stessa ammissione, a me personalmente, dell’assessore Lazzari è stato dichiarato che vi sono molte domande che sono state depositate sul tavolo dell’assessorato. E quindi c’è da immaginare che oltre alla Green Way ed oltre ai piani di lottizzazione già approvati vi sarà molta altra cubatura. In più in quell’area in qualche modo gravita la nuova base Usa, col cemento e col traffico che andrà a generare Si, non c’è dubbio che questo sia un elemento aggiuntivo alle perplessità e alle contrarietà degli abitanti del quartiere. In effetti noi di Laghetto riteniamo di essere i più penalizzati dalla costruzione della base americana. Poiché ci è stata sottratta un’area verde che era un polmone molto importante per l’equilibrio ambientale e visto tutto il cemento che sarà riversato, che è stato riversato in quell’area, tutto questo deve comunque impedire di costruire ancora nell’area attigua al Laghetto, E in terzo luogo noi subiremo i danni del traffico. Non dob-

ferenziali della città. In altre parole, il Comune ha rinunciato a pianificare direttamente il territorio sulla base del vecchio Piano Particolareggiato 10, ma ha permesso ai proprietari dei terreni di trasformare essi stessi l'area mediante la presentazione di Piani Attuativi. Quello predisposto dall'architetto Cucinella non risolve affatto le criticità del precedente Piano Regolatore, quanto a: eccesso di cubature, sovrabbondanza del

Ciro Asproso biamo dimenticare, infatti, che ci sono solo tre strade che intersecano, una è la Marosticana, una è viale Dal Verme e la terza è via S. Antonino. Ci saranno almeno duemila, dicono, nuovi militari all’interno della base americana più tutto l’indotto, perché è giusto sapere che Caldogno sta prevedendo un grosso insediamento residenziale per i familiari della base. Se poi si prospetta la costruzione della Green Way con, quindi, almeno altri mille abitanti, io mi chiedo dove andremo con le auto. Se è vero che ci sono due auto per famiglia, io immagino che ci sarà una situazione di congestione del traffico impressionante. La soluzione dovrebbe includere anche l’area di Saviabona per spalmare il possibile sviluppo su un’area che comprenda l’Ato 8? Oppure cosa? Perché non si vede a questo punto una composizione tra quello che è il Pat e gli interessi che vi convergono e quelle che sono le esigenze della gente di Laghetto In effetti questo è il nodo centrale, l’errore fondamentale è stato fatto in fase di attuazione del Pat, oggi noi stiamo solo pagandone le conseguenze. Bisognava avere il co-

raggio in fase di attuazione del Pat di dire che si creava una cesura rispetto al passato e che l’area di Laghetto non poteva più essere inserita tra le aree di sviluppo preferenziale così come aveva previsto Hüllweck nel suo precedente piano di assetto territoriale. Purtoppo questa amministrazione non ha fatto altro che confermare quello che era già stato previsto da Hüllweck e in questo modo ha consentito ai privati di far valere i diritti che da trent’anni sono loro riconosciuti all’interno del piano regolatore. Se questo è il problema, allora come se ne esce? Io credo che bisogna innanzitutto coinvolgere il quartiere, discutere con i residenti, discutere con i privati e tentare la strada di una forte diminuzione delle cubature previste ed eventualmente prevedere delle soluzioni perequative per spostare una quota parte di queste previsioni urbanistiche. Però devo anche dire in modo molto netto che la posizione emersa in assemblea è di assoluta contrarietà a qualsiasi tipo di intervento edilizio, questo è quello che è emerso dal quartiere. Dopo di che, se io fossi Variati, cercherei di rimediare agli errori fatti tentando di trovare delle soluzioni che vanno nell’ordine delle cose che ho detto.

comparto commerciale, inutile consumo di suolo, inadeguatezza della rete viaria, ecc. Inoltre, solo in apparenza le potenzialità edificatorie previste da Cucinella sono inferiori a quelle del PP10. Poiché vi sono altri proprietari di terreni che pur non rientrando nel Consorzio in questione, hanno sempre la possibilità di presentare in futuro un loro Piano Attuativo. A tutto ciò si aggiunga l'impatto ambientale e viabilistico

della vicina Base americana. In conclusione, prima di pensare alla giusta qualità dei progetti edilizi occorre condividere l'impostazione generale delle politiche urbanistiche. Queste, a mio avviso, devono essere improntate al recupero e alla conservazione del patrimonio edilizio esistente - anche con interventi sostitutivi - al riutilizzo delle aree industriali dismesse e al blocco di nuova occupazione dei suoli.


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Fascia di rispetto di 5 metri per nuove cementificazioni “Illecita” a Grumolo e in Italia Paolo Crestanello “racconta” l’assemblea pubblica: «dobbiamo ottenere una sentenza che faccia giurisprudenza. Si aiuta l’economia anche difendendo il territorio”

di Giovanni Coviello Lunedì scorso il Comitato contro gli abusi edilizi ed ambientali e per la tutela dell'ambiente ha tenuto l'annunciata assemblea pubblica a Grumolo delle Abbadesse per illustrare il ricorso al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche per l'annullamento di una delibera consiliare dell'amministrazione locale che prevede la riduzione della fascia di rispetto delle costruzioni dai corsi d'acqua pubblici dai 10 previsti dalla legge ai 5 ora fissati. Erano presenti l’avvocato Ceruti, il biologo Di Maio e come coordinatori del comitato Paolo Crestanello e Fulvio Rebesani. VicenzaPiu.com ha “video intervistato” Paolo Crestanello e ne riportiamo di seguito le dichiarazioni, significative in se, ma ancora di più in base all’obiettivo vero a base del ricorso: «ottenere una sentenza favorevole che poi “faccia giurisprudenza” in tutta Italia». Ci può sintetizzare i contenuti della serata? È stata l’occasione per informare la cittadinanza di Grumolo del ricorso. La delibera comunale ha dimezzato le fasce di rispetto fluviale, quindi c’era un interesse specifico della cittadinanza ad essere informata su quello che succede nel proprio territorio. L’avvocato ovviamente ha parlato della questione prettamente giuridica perché questa delibera è avvenuta in violazione di legge, non dobbiamo dimenticarlo, mentre noi abbiamo sottolineato la scelta grave dell’amministrazione comunale perché non c’era nessuna ragione, nessuna motivazione per modificare le fasce di rispetto, soprattutto in una situazione che conosciamo tutti di degrado idrogeologico nei nostri territori. Abbiamo sperimentato una drammatica alluvione l’anno scorso e quindi le misure e i provvedimenti che un’amministrazione saggia dovrebbe prendere vanno in direzione contraria a quelle prese dal Comune di Grumolo.

Un corso d’acqua a Grumolo

Villa Godi Piovene a Grumolo L’appello alla partecipazione ha colto nel segno Direi di sì e noi ci riteniamo soddisfatti della partecipazione che c’è stata, è un problema importante questo. Intanto voglio sottolineare che la conferenza pubblica è stata organizzata dal nostro comitato che è distante da tutti i partiti politici. Cioè noi rappresentiamo la Pars destruens, svolgiamo un ruolo destruens nel senso che noi esercitiamo il diritto di critica e purtroppo siamo portatori di brutte notizie perché sottolineiamo sempre le cose che non vanno. Spetta ad altri, alle rappresentanze politiche poi rimediare agli errori o ai provvedimenti sbagliati che noi invece tendiamo a stigmatizzare con forza. Credo sia importante informare la popolazione perché molto spesso nel momento in cui il cittadino esercita il diritto di voto lo fa senza essere informato e quindi si fida molto delle promesse elettorali. E molto spesso di chi è più bravo a

promettere cose che poi non realizzerà mai dimenticandosi, invece, di quello che è il pedigree dei politici quindi le cose che hanno fatto. I cittadini dovrebbero giudicare se le hanno fatte bene o se le hanno fatte male. Ecco in questo caso noi svolgiamo un ruolo di informazione che però è apartitico. Nell’assemblea pubblica erano assenti i pubblici amministratori di maggioranza L’invito era aperto a tutti. Io mi sarei aspettato che qualche rappresentante dell’amministrazione attuale fosse intervenuto. Purtroppo questo non è avvenuto nonostante la pubblicità della nostra conferenza sia stata a livello comunale capillare. Sarebbe auspicabile che ci si potesse trovare attorno ad un tavolo a discutere con gli amministratori delle questioni che noi poi purtroppo dobbiamo sollevare a livello di tribunale. Questo però avviene raramente, direi quasi mai. Però sarebbe una strada corretta poter discutere entrando nel merito delle questioni. Per quanto riguarda il problema specifico far arretrare l’edificazione della Immobiliare Sergio che è stata approvata in via Piave non renderebbe impossibile l’edificazione stessa ma renderebbe possibile utilizzare meno cubatura. Quindi il problema sarebbe risolvibile anche se con qualche danno per il privato Per quanto riguarda il piano di lottizzazione quella è una vicenda antecedente alla modifica delle norme, quel piano di lottizzazione, va ribadito, è stato approvato in violazione della norma comunale che più recentemente si è voluto modificare in quanto i condomini progettati stanno a 5 metri dai corsi d’acqua quando la norma comunale prevedeva a quella data una distanza di 10 metri. Ora la modifica della norma a 5 metri sembrerebbe

fatta apposta per consentire quel piano di lottizzazione. Il problema è che quel piano è stato approvato a quella data quando la norma non lo prevedeva e poi in secondo luogo riteniamo che quel piano sia illegittimo perché viola soprattutto la legge nazionale, che prevede un limite inderogabile di 10 metri come fascia di rispetto. Certo che il costruttore potrebbe rivedere il suo progetto, basterebbe arretrare di 5 metri e non ci sarebbe alcun problema, ma evidentemente quello che interessa è la massimizzazione del cemento, questo è il problema. Non mancano gli appelli delle autorità contro la cementificazione dopo l’alluvione dello scorso anno in Veneto e dopo le alluvioni recenti in Sicilia in Liguria. Però al di là degli appelli e dei convegni, che numerosi si susseguono, poi si continua ad ignorare i contenuti di questi appelli. Partecipava alla vostra assemblea anche un biologo, il dottor Di Maio, che ha considerato

il tema da un altro punto di vista: quello della vita che c’è nei corsi d’acqua e nei terreni intorno ai corsi d’acqua che non sono soltanto terreni da rispettare per motivi ambientalisti ma anche perchè possono sviluppare economia come se non più del cemento. Sì, questo è un altro aspetto molto importante. Cioè il corso d’acqua non deve essere visto solamente come acqua che scorre in un contenitore, ma come qualcosa che vive. C’è un aspetto biologico che dovrebbe essere preservato, quindi il corso d’acqua andrebbe rispettato. Quello che il biologo ha messo in luce molto bene è quella che io chiamerei ideologia del cemento, cioè il fatto che il corso d’acqua deve essere cementificato perché il problema è difendersi dal corso d’acqua e quindi in qualche maniera si usa una violenza che va in un certo senso contro natura. L’idea cioè di cementificare gli argini per renderli più robusti, di cementificare l’alveo per far scorrere l’acqua più velocemente in modo che si allontani il più rapidamente possibile dal territorio che io devo difendere. Ora questa visione delle cose è una visione sorpassata e in molti paesi, ricordava appunto il biologo, si sta tornando indietro addirittura togliendo quelle opere di cementificazione che nel passato sono state fatte. Questa ideologia del cemento riguarda però anche l’aspetto economico, cioè ci si dimentica molto spesso che la terra è una risorsa scarsa e che si presta ad usi alternativi. Quindi se io cementifico un territorio è chiaro che sottraggo risorse, per esempio, al settore agricolo alimentare. Il settore agricolo alimentare in Italia oggi è uno dei settori che meglio resiste alla crisi. Se io cementifico troppo distruggo anche il turismo senza considerare i danni che una cementificazione incontrollata provoca con le esondazioni, le piene dei fiumi, etc.. Quindi andrebbe un pochino ripensato il modello di sviluppo che purtroppo ha caratterizzato la nostra regione, che ripeto è una delle regioni più cementificate d’Italia.

Il comitato anti abusi per Grumolo con al centro l'avvocato Ceruti


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225 del 17 dicembre 2011 pag 9

Joy Volley Vicenza ha cessato le attività il 26 giugno 2010? Non rispondono il Presidente Ferappi, e il vice Novello Dopo 18 anni il palasport non vede più le schiacciate delle biancorosse della Minetti. Ora in giro in qualche modo per la provincia e per l’Italia di Emma Grande

A

lla fine della stagione 20102011 quella che era una delle glorie sportive della città è scomparsa. Parliamo non solo della squadra di pallavolo femminile di serie A (nota prima come Barausse Vicenza, poi come Biasia, Veneto Banca e Minetti, tanto per citare alcuni dei brand che hanno accompagnato le sue schicciate). Ma anche, se non soprattutto, del suo vivaio e della sua scuola di volley e di vita sportiva, che l’avevano fatta conoscere ovunque grazie ai titoli e agli scudetti vinti oltre che al lancio di tante campionesse, italiane e straniere. Il 26 marzo

2009 Giovanni Coviello, che dopo i primi due di vita del club sportivo, ne aveva guidato le sorti per 15 anni, usciva dalla gestione non sportiva di Joy Volley Vicenza per cederne fin da allora gli aspetti economici e finanziari al presidente del Consiglio direttivo Franco Ferappi e ai Vice Mario Novello e Angelo Mapelli ed altre incombenze ai consiglieri Claudio Bianchi e Robert Guglielmi. E ciò prima ancora che lo “colpissero” vicende extra sportive, di cui ha dato e darà “spiegazioni ovunque sia e sarà richiesto”, ci conferma il nostro direttore. E solo poco più di un anno dopo gli imprenditori locali (molti già sponsor), a cui aveva ceduto proprietà e timone, decretavano il fallimento e la chiusura totale della società che per 18 anni aveva scritto pagine im-

portanti in Italia e in Europa. Se il fallimento c’è stato, nato con la mancata approvazione del bilancio il 26 giugno 2010, chiesto il 7 luglio e dichiarato il 15 novembre 2010 con relativa nomina del curatore, alcuni fatti dalla documentazione in nostro possesso non ci sembrano chiari sulla tempistica e sulle modalità di “chiusura” delle attività, che per fortuna loro continua, per lo meno, a livello sportivo per le tante ex biancorosse cedute in giro per la provincia e per l’Italia. Ci siamo, quindi, rivolti al socio di riferimento Mario Novello e prima per telefono poi, non ricevendo udienza, per iscritto il 23 novembre scorso al presidente Franco Ferappi per fare delle domande che ci chiarissero i dubbi. Ad oggi non abbiamo avuto risposta alcuna alle domande che

di seguito puntualmente riportiamo. “Le risulta, abbiamo chiesto a Franco Ferappi, che Joy Volley sotto la sua presidenza, nel periodo successivo al 25 giugno 2010, abbia ceduto cartellini di alcune giocatrici alle stesse o a club Terzi? Le risulta che Joy Volley sotto la sua presidenza, sempre in riferimento al periodo successivo alla data menzionata sopra, abbia ceduto a terzi i titoli sportivi della società (il riferimento è alla "B2" e alla "D")?. Le risulta che tali cessioni, ove vi siano state, siano avvenute in osservanza dei regolamenti e della disciplina federali? Non dovrebbe essere difficile per il presidente Ferappi o per uno qualunque degli altri consiglieri rispondere non solo a noi ma anche ai lettori tifosi della città che sono stati repentinamente pri-

Franco Ferappi con Mario Novello e Angelo Mapelli vati di un “anche loro“ patrimonio sportivo.

I ragazzi CoCoCo Il Don Mazza dopo il triennio Zoso (m.m.) Il 27 novembre 2011 a pagina 10 VicenzaPiù pubblica un articolo che focalizza la sua attenzione sulla vicenda del funzionario del comune di Vicenza Diego Fontana. Nello stesso articolo, sunteggiando, si legge che Diego Fontana avrebbe un ruolo di primo piano presso un ente pubblico berico, l'Opera Pia Cordellina, con un contratto di collaborazione continuata e coordinata (Co.Co.Co.). Il che secondo la norma obbligherebbe lo stesso dipendente municipale a dichiarare l'introito supplementare al comune di Vicenza e a trasformare in part time l'incarico a palazzo Trissino. Ora le chiacchiere di palazzo su Fontana circolano da tempo ma dopo la pubblicazione del pezzo di Giulio Todescan sul numero scorso sarebbe stato il minimo da parte del sindaco del Pd Achille Variati spiegare il suo punto di vista. Anche in ragione dei mal di pancia, dei migugni e delle prese di posizione più o meno occultate che si sono appalesate presso colleghi di giunta, consiglieri di maggioranza e minoranza, dipendenti comunali che fra un corridoio e l'altro si sarebbero detti stufi di un certo andazzo. Invece non è successo alcunché. Per questo motivo chi scrive ha inviato al capo dell'esecutivo, che ha vinto le municipali del 2008 anche in nome della trasparenza, nonché allo stesso Fontana, sette domande precise. Eccole qui. Uno, vi risulta di avere condiviso in passato un periodo di vicinanza e militanza politica? Due, vi potete considerare amici di vecchia data? Tre, vi risulta che vi siano anomalie amministrative in capo al dipendente comunale Fontana? Quattro, vi risulta vi siano in capo al Fontana procedimenti di controllo o di altra natura aperti dalla amministra-

zione comunale? Cinque, vi risultano esposti indirizzati al comune di Vicenza circa la condotta di Fontana? Sei, vi risulta una doppia retribuzione da enti pubblici a beneficio di Diego Fontana? Secondo voi, ove tale fattispecie sia riscontrata, questa è ossequiosa della normativa vigente? Sette, Vi risulta un potenziale conflitto di interessi in capo al Fontana per il suo ruolo in seno a Piscine di Vicenza spa, Libertas (inclusa la Libertur per i viaggi degli anziani) e magari qualche altro organismo della galassia della Pro San Bortolo? I due hanno scelto la via della quiete tombale. Ovviamente nessuno ha punti di vista preconcetti, ma il silenzio è lo strumento migliore per alimentare il fuoco del sospetto. Il sindaco ricopre un ruolo istituzionale e politico. Proprio per questo motivo ha il diritto e il dovere di fare sentire le sue ragioni. La norma e la prassi gli concedono visibilità, strumenti amministrativi e un organizzatissimo ufficio di pubbliche relazioni per dar conto, carte alla mano, delle sue ragioni. Nonostante ciò a palazzo Trissino si preferiscono ancora mutismo omertoso e curiale rassegnazione. E in tutto questo ecumenismo il Pd che dice?

Diego Fontana, segretario dell’Opera Pia Cordellina

Bilanci economici a posto, ma non se ne conosce il prezzo (e.m) Lo scorso 6 dicembre 2011 nella Residenza “Giuseppe Tosi” di Padova si è svolto il periodico Consiglio d’Amministrazione del Collegio Universitario “Don Nicola Mazza”. È stata questa l’ultima riunione presieduta dall’ex deputato della dc vicentina Giuliano Zoso, presidente del CdA dal 2009, visto il mandato in scadenza e la sua stessa scelta di non rinnovarlo, forse anche per le polemiche che lo hanno coinvolto dopo l’inchiesta del 29 maggio scorso su Report, secondo cui “avrebbe tenuto un comportamento opaco nella gestione del collegio dello studentato romano e contemporaneamente avrebbe in qualche modo favorito gli studenti benestanti della Luiss”. Come abbiamo scritto al riguardo su VicenzaPiu.com del 1° giugno Zoso rispediva al mittente ogni rilievo e in particolare ogni addebito di Report che su Rai Tre parlava di alcuni conti presso lo Ior che sarebbero stati utilizzati in modo illecito per favorire imprenditori in odore di mafia. Tra i fautori di tali comportamenti poco rispettosi della legge ci sarebbe stato don Orazio Bonaccorsi, nipote di «un mafioso» siciliano, che, sempre secondo Report, sarebbe stato proprio Zoso a volere al collegio don Mazza di Roma. Il triennio appena concluso con Zoso alla sua presidenza ha indubbiamente cambiato radicalmente le prospettive di una realtà educativa nata dagli insegnamenti del prete veronese, che a metà nel XIX secolo fondò il primo istituto per aiutare giovani privi di mezzi nel percorso di studi. Zoso fu chiamato dal direttore generale don Francesco Massagrande per rimettere sui binari un

Collegio che aveva un bilancio in profondo rosso, anche a causa dei primi tagli operati dall’allora ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini. Nel dicembre 2009 si era infatti dimesso l’avvocato Alberto Centurioni dalla guida del CdA e urgeva scegliere un uomo che potesse adottare una politica chiara di rilancio del “Don Mazza”. Giuliano Zoso la politica la conosceva molto bene e richiamare un “dinosauro della Prima Repubblica” aveva il vantaggio di entrare in un circuito di conoscenze per la salvezza del Collegio. Zoso infatti dall’aprile 1988 al giugno 1992 fu sottosegretario alla pubblica istruzione e università, ruolo questo che lo aveva messo in contatto con la complessa struttura di uno dei più importanti ministeri della Repubblica. Nomi, favori, aiuto reciproco in nome della comune militanza politica: sono queste le armi che l’ex-deputato poteva giocare per rimettere in ordine i bilanci, che indubbiamente sono rientrati in parametri più che accettabili, ma a qualche prezzo? «Tra la primavera e l’estate del 2009 – ci viene raccontato da una voce che richiede riservatezza … zosiana - fu scaricata la Residenza Femminile “Campofiore” di Verona mentre si mantenevano le due di Padova e quella maschile di Verona. Costi troppo alti, questo il problema che andava risulto e il “capolavoro” fu la gestione della Residenza di Roma in via Trasone. Già ambasciata della Repubblica Democratica Tedesca, l’immobile era stato inaugurato dieci anni fa ma da subito aveva macinato debiti. Zoso riuscì quindi nel settembre 2009 a stringere un patto con la Libera Università Internazionale degli Studi Sociali “Guido

Carli”, ateneo privato della capitale, che di fatto acquisiva la completa gestione della struttura. Certo, quella di Trasone è ancora una residenza “mazziana”, ma solo nel nome: l’accesso infatti è riservato soltanto agli allievi della LUISS, realtà questa che possiamo descrivere particolarmente distante rispetto ai principi di fondazione del “Don Mazza”». La protesta degli studenti di Roma, la solidarietà degli allievi di Padova, le vicende giudiziarie del referente spirituale della Residenza di Roma don Orazio Bonaccorsi significano che una realtà formativa così importante vive ora una stagione in cui deve recuperare uno spirito che si avvicini agli ideali fondativi. «Deve essere fatta da parte della Direzione e degli allievi – conclude il nostro interlocutore - una seria riflessione sul futuro di questa istituzione con i bilanci risanati ma a un prezzo ancora non valutabile».

Giuliano Zoso


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libera

225 del 17 dicembre 2011 pag 11

VicenzaPiù libera: spazi autogestiti dai movimenti e con testimonianze sociali

Io vivo in albergo! di Fulvio Rebesani*

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el sentire comune vivere in albergo é sinonimo di residenza agiata; chi può permettersi di stare in albergo per mesi? Sentendolo uno s'immagina pranzo nel tal ristorante, cena in un altro e così via. Un bengodi. Chi può consentirsi di trascorrere in albergo sei sette mesi come le famiglie sfrattate a spese del comune di Vicenza? Purtroppo non é così. L'ingresso in albergo di una famiglia sfrattata non è una gaia libera scelta ma una triste costrizione, l'unica alternativa alla strada. Questo aut aut consegue allo sfratto esecutivo perché non si paga il canone. E come potrebbero se non hanno soldi essendo licenziati o cassintegrati? Quel poco che ricevono serve a sfamare la famiglia, spesso con bimbi che reclamano il loro diritto di crescere. Ma come sta in albergo una famiglia di sfrattati? Una stanzetta con due letti paralleli appoggiati al muro, un comodino ed un armadio. Fra i due letti passano 50/60 cm. Come fra i letti biposto in caserma durante la naja: avevo poco più di vent'anni ed ero solo. In questi due letti dormono un genitore con un figlio. Gli altri due componenti del nucleo (spesso sono quattro o più gli sfrattati piccoli e grandi) in un altro locale analogo in genere attiguo. In questi luoghi non si cucina, non c'è un tavolo attorno al quale si possa riunire la famiglia per parlare, scambiarsi i fatti del giorno, mangiare. Il passaggio dai cibi crudi a quelli cotti fu un salto di civiltà. Ma dove può cucinare una famiglia sfrattata in albergo? Talvolta si mangiano panini freddi sul comodino, seduti sul letto, altre volte si pietisce da un amico la possibilità

di cucinare portando gli alimenti in albergo in tutta fretta affinché non si raffreddino. E i bimbi? Nelle nostre case, anche di 70 mq, girano, corrono, giocano, ridono e gridano, fanno le capriole e saltano; cioè manifestano liberamente la loro spontaneità. Non è così in albergo. Gli spazi, come abbiamo visto, sono troppo esigui, e poi non bisogna fare rumore perché i vicini di stanza protestano (hanno il turno di notte e dormono di giorno, o voglio silenzio). Negli spazi comuni non se ne parla. Di giorno possono uscire andando in un parco giochi con i genitori quando non lavorano, precariamente - ma per quanto? Fa freddo ed i bimbi, si sa, sono alle volte raffreddati. Chi va a scuola dove può fare i compiti? Dove potrebbe dispiegare la ridda di libri che quotidianamente porta con sè nello zaino e che gli servono per studiare e fare i compiti? L'albergo é stato progettato per soli adulti (taluni hotel non accettano bimbi), come dimora occasionale non come sostituto della casa. Chi gioisce nell'andare in albergo per alcuni giorni ha una sua abitazione che l'aspetta. Ma poi, qual’è l'effetto di tale vita costretta ed incorsettata sulla psiche di un bimbo di 3-4 oppure di 10-12 anni? Sappiamo come le costrizioni delle loro esigenze vitali possano indurre spirito reattivo, in prospettiva aggressivo, oppure una sofferta rassegnazione che impedisce il libero sviluppo delle singole personalità. Ma qui ci vorrebbe uno psicologo dell'infanzia. Una via crucis inedita ma reale Le famiglie sfrattate sperimentano il rifiuto e l'emarginazione attraverso le loro varie tappe. In ognuna delle quali c'è un agente responsabile. Se queste famiglie sono - com'è in realtà - delle vittime esso è il carnefice. Le finanziarie, le banche speculano sui

mercati finanziari mentre negano il credito alle aziende produttive. Un parte non piccola di esse - a causa di ciò - chiude e licenzia o mette in mobilità od in cassa integrazione. La famiglia destinata allo sfratto subisce così la prima violenza: la negazione dell'unica fonte di reddito. Il proprietario - locatore non riceve il canone mensile da una famiglia così in difficoltà ed avvia la procedura per cacciarla di casa. È questa la seconda violenza perché, quasi sempre, il proprietario potrebbe campare anche senza quel canone o senza una parte di esso. La (cosiddetta) giustizia italiana così cauta ed indulgente con i colletti bianchi ed i potenti, anche a Vicenza, dispiega verso le famiglie sfrattate la pienezza della sua organizzazione e tempestività. Un ufficiale giudiziario - dipendente del Ministero di Grazia e “Giustizia” - é lì apposta per notificare con certezza il ricorso per convalidare lo sfratto. Un giudice laureato in legge, con un difficile concorso alle spalle ed adeguata esperienza, dà 90 giorni di tempo per pagare una cifra spesso pari a quanto quella famiglia riceve in un anno. Dopo i tre mesi, se è sensibile come spesso succede, egli rinvia di due mesi la esecutività dello sfratto che, dopo vari passaggi verrà eseguito - anche tramite intervento della Forza Pubblica - con lo sloggio coattivo: sono passati sette-otto mesi di media dal primo ricorso padronale. Un record da Guinness se si pensa che una causa civile a Vicenza dura in genere 6-7 anni. E qui ci sono due violenze: la –cosiddetta - giustizia e la Forza Pubblica. Cristo di nuovo in croce Ma la più grave violenza viene perpetrata da chi la famiglia sfrattata ritiene – illudendosi – che le possa essere di aiuto, di appoggio: il comune di Vicenza, cioè, e in specie l'assessore Giuliari che, ipocritamente, si fregia anche del titolo di assessore alla famiglia. Un calvario

Dream Hotel, una camera per gli sfrattati umiliante per arrivare in quelle stanzette d'albergo sopra descritte. La famiglia sfrattata viene così accolta in contrà S.Rocco. Chi la liquida dicendo a padre o madre di trovarsi un lavoro (3.200 nuovi licenziamenti nella provincia di Vicenza nei primi sei mesi del 2011), chi le consiglia fortemente - se straniera - di tornarsene al paesello natio e gli offre il viaggio: Maroni espelleva ma in modo meno “democristiano”, con l'uso ed il dispiegamento della Forza pubblica. C'è anche che rifiuta un incontro perché uno dei genitori è iscritto al Sunia (una sorta di peccato originale by Vicenza), altri rimanda la famiglia sfrattata indicandole di locarsi una abitazione (con 6-700 €/mese e due o più figli e senza la busta paga pregiudizialmente chiesta dai padroni immobiliari), c'é perfino chi - come il grande fratello di Orwell, non la spazzatura televisiva vuole educarli e fa della accettazione di un progetto rieducativo da parte della famiglia sfrattata la condizione per dare un aiuto. Non é nuova nella storia dell'umanità questa pretesa di rieducare le per-

sone, specie i poveri. È bene si sappia che gli sfrattati adulti (ma con loro vengono sfrattati anche i bimbi) hanno sui 35 - 40 anni, spesso sono in Italia da oltre dieci anni. Ad essi la dura vita (dal viaggio periglioso, talvolta in mezzo a compagni morti, all'ingresso non in regola, alla clandestinità per volontà della Lega Nord, allo sfruttamene sul lavoro, al dileggio ed alla discriminazione razziali) ha fatto da scuola, anzi da Università. Famiglie ridotte alla fame non per scelte improvvide ma per speculazioni impunite, del Primo Mondo a danno del Sud del Mondo, che hanno colpito l' azienda dove lavoravano. Nikos Kazantzakis scrisse nel 1948 un libro dal titolo Cristo di nuovo in croce nel quale sosteneva che, se Gesù tornasse in terra in carne ed ossa, farebbe la medesima fine di duemila anni fa. Le tappe di sofferenza di questi “poveri cristi” stanno ad indicare come la tesi dell'autore non sia così peregrina. * Segretario provinciale Sunia Vicenza

Signori e signore, il nuovo che avanza! di Leonardo Stella*

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on l’insediamento del nuovo Governo, presieduto dal professor Mario Monti, noi giovani, noi studenti possiamo salutare uno dei governi con l’età media più alta della storia repubblicana. Un governo non scelto dal Popolo, ma votato da un Parlamento ormai alla deriva, di cui tutti si lamentavano fino al giorno precedente al voto di fiducia. Sfugge come quegli stessi che

prima votando da una parte erano considerati traditori della Patria ora ne assurgano a salvatori. Ma è un’altra storia. La cosa più grave è che si sia voluta deliberatamente scavalcare la volontà popolare; questo non significava mantenere alla guida del Paese un governo ostaggio dei suoi limiti. Bisognava andare alle urne e, chiunque fosse uscito vincitore, sarebbe stato al comando per volere dei cittadini. E invece questo governo da chi è voluto? Dalle banche, dai poteri forti, da circoli più o meno occulti come la Trilateral Commission e il Gruppo Bilderberg! Il signor Monti ne era il referente europeo e questo non può che farci tre-

mare. Di certo i ministri scelti sono persone competenti, preparate ed esperte, ma se sbaglieranno, davanti a chi saranno chiamati a rispondere? Al Popolo? No di certo. E poi, perché noi, gioventù d’Italia, dovremmo esser soddisfatti di questo nuovo esecutivo? Perché hanno ascoltato nelle consultazioni il Forum dei Giovani? Per prima cosa nessuno ha votato questi autonominatisi nostri rappresentanti. Se a questo si aggiunge che l’età media dei ministri è 63 anni e l’età totale 1143… Infine non possiamo scordarci del nuovo ministro all’Istruzione. Il professor Francesco Profumo, ex rettore del Politecnico di Torino, è

un uomo senza ombra di dubbio preparato, ma puzza un po’ di banche. Oltre ad essere fratello dell’ex a.d. di Unicredit, è stato presidente della società di consulenza finanziaria Unicredit Private Bank e membro di altre società come Fidia S.P.A, Reply, Pirelli e Telecom Italia. I giovani devono pretendere di essere parte del cambiamento, senza dover aspettare contentini dalla gerontocratica tecnocrazia. I giovani devono essere avanguardia, come sempre è stato nella Storia. E Avanguardia studentesca vuole raccogliere questa eredità e invita tutti gli studenti disposti ad impe-

Francesco Profumo gnarsi sotto la bandiera della Nazione. Vogliamo essere l’avanguardia del Popolo sovrano, convinti che siano stati sempre i reparti avanzati a fare la Storia. E questo governo ci sa tanto da retroguardia. * Responsabile provinciale di Avanguardia Studentesca


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politica

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La fase di governo e di cambiamento (in meglio o in peggio lo si saprà) che l’Italia sta attraversando (subendo?) lasci poi, non sono solo tecnici ma politici, della finanza, comunque più presentabili dell’ormai impresentabile Berlusconi. “fase tecnica” del governo attuale, I due amici nemici Formisano e Alifuoco si confrontano sui punti qualificanti dell

La politica e la tecnica: conflitto di interessi? Crisi dei Partiti: in Italia è una lenta eutanasia, ma il problema non è solo italiano. di Roberto Ciambetti

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utti gli istituti di rappresentanza, non solo i partiti politici, sono in profonda crisi, una crisi che ha molteplici cause: la velocizzazione dei flussi informativi, la circolazione di idee e capitali, la frammentazione dei cicli produttivi in catene internazionali di produzione, la perdita di sovranità degli stati-nazione, tecnologie che consentono nuove forme di aggregazione e partecipazione, una devastante crisi economica, hanno fatto invecchiare i partiti tradizionali. I partiti muoiono se non sono in grado di rinnovarsi e adeguarsi alle nuove esigenze: quanto sta accadendo in Italia è una lenta eutanasia annunciata. Basti un esempio: parliamo tutti di qualità, di far avanzare i migliori, ma il primo luogo dove non esiste meritocrazia sta proprio nei partiti, quasi tutti guidati da burocrazie e apparati gerontocratici il cui fine è la sopravvivenza e non l’essere di servizio ad un progetto o ideale. La Lega un suo progetto ce l’ha: nessuno può dire che l’impegno per la riforma federale e la riorganizzazione dello stato nazio-

Roberto Ciambetti

ne non sia un obiettivo degno di una battaglia democratica. In Italia, i vecchi partiti romanocentrici non hanno progetti o visione strategica ed è per questo che siamo giunti al commissariamento dello stato attraverso eurobanchieri, burocrati ed esponenti legati al mondo dell’industria bellica. Ma la crisi dei partiti non è solo italiana: a metà degli anni Novanta Ralf Dahrendorf lo aveva già intuito parlando di difficile quadratura del cerchio tra benessere economico, coesione sociale e libertà politica in quanto i rischi di una involuzione erano già evidenti e chiaro il pericolo per lo stato democratico basato sulla solidarietà sociale. La crisi degli strumenti (i partiti) della democrazia ha aperto dei vuoti colmati da élite che stanno rimodellando gli equilibri geopolitici internazionali, facendo pagare ovunque alla classe lavoratrice e ai ceti medi il costo di speculazioni abnormi e l’arricchimento di pochi attraverso la finanza derivata che ha inquinato l’economia reale. Da questo punto di vista, potremmo dire che la crisi dei partiti è conseguenza anche della crisi del capitalismo che si pensava potesse prosperare solo in un sistema democratico: Cina o Russia, sembrano dimostrare che il totalitarismo può convivere con il capitalismo più aggressivo e sordo alla tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Questa è una tesi (e un pericolo) da non sottovalutare, né bisogna sottovalutare la crisi della (vecchia) sovranità nazionale e di conseguenza, degli strumenti che operavano nei limiti della nazione appunto partiti, sindacati, organizzazioni varie: Habermas chiama ‘politica interna mondiale’ lo scenario in cui ci troviamo a vivere e che ha bisogno, a mio dire, di nuovi strumenti ad iniziare da un forte governo locale che sappia guardare al mondo. Glocal, dunque, anche per la politica: pensare globalmente, agire localmente. L’esatto contrario della ricetta romanocentrica o dei governi tecnici al soldo (e al servizio) non del popolo.

Il governo Monti è proprio un governo di tecnici? di Giorgio Langella*

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orse, ma sembra più un governo di consulenti. Una specie di consiglio di amministrazione straordinario che è stato incaricato di prendere dolorose decisioni. Tagli, riduzioni, cancellazione di diritti … La cosa che risulta evidente è il fallimento del precedente governo sedicente politico e, anche, di quell’opposizione parlamentare che si sono arresi di fronte ad un’evidente incapacità di risolvere i problemi del paese e dei cittadini. Un fallimento della politica? Non credo proprio dal momento che anche Monti e i suoi ministri “fanno politica” con scelte “di classe” che penalizzano quasi esclusivamente lavoratori e pensionati. Quanto sta succedendo in Italia è il fallimento di una maniera di “fare politica” frutto della trasformazione, iniziata qualche decennio fa, dei partiti politici in qualcosa d’altro. Oltre trent’anni fa Enrico Berlinguer aveva denunciato questa involuzione in un’intervista apparsa su Repubblica con il titolo “La questione morale”. Quell’intervista, che era il culmine di una campagna lanciata dal PCI qualche anno prima, non era l’espressione di un facile moralismo. In essa c’era la

denuncia puntuale e preoccupata di quello che sarebbe successo di lì a poco tempo. La totale abdicazione dei partiti da quello che doveva essere il loro ruolo di fulcro “del metodo democratico per determinare la politica nazionale” stabilito dalla Costituzione. In maniera più o meno rovinosa i grandi partiti di massa o di opinione nati dalla Resistenza si sono sciolti e sono state costituite altre aggregazioni “più leggere”. Organizzazioni distrutte, con pochissima presenza nei territori ma enorme presenza personale di qualche “potente” (o dei suoi fedelissimi) nei mezzi di informazione. E soprattutto trasformazione in comitati elettorali e in veri e propri “comitati di affari”. Nella stragrande maggioranza dei casi l’appartenenza a un “partito politico” non era più una passione ideale disinteressata, ma una maniera facile e sicura di fare carriera. Il modo più rapido di guadagnarsi una vita agiata occupando poltrone pubbliche e posti nei vari consigli di amministrazione controllati dalle istituzioni di qualsiasi grado. Abbiamo assistito a una degenerazione che ha portato a quanto vediamo oggi e che Berlinguer aveva denunciato oltre trent’anni fa. È un distacco incolmabile tra “la casta” e i cittadini che ha favorito e permesso l’esperimento del governo Monti.

Il ministro Fornero, scoppiata in lacrime annunciando le misure anti-crisi

Giorgio Langella Oggi ci troviamo a dover combattere contro una politica che è affarismo (e, di fatto, il trionfo dell’immobilismo) e, contestualmente, contro la trasformazione del governo in un vero e proprio consiglio di amministrazione aziendale. L’adeguamento al “pensiero unico” vede coinvolti tutti i soggetti politici oggi presenti in parlamento. Anche chi, come la Lega che ha governato per tanti anni occupando quanti più posti di sottogoverno possibili, oggi tenta di restaurarsi opponendosi alla manovra del governo Monti. I partiti che siedono in parlamento sono ormai organismi di consenso che hanno accettato senza condizioni il modello capitalista trionfante. Non esiste più contrapposizione tra proposte di modelli di sviluppo e di società diversi tra loro. Non esiste più conflitto. È solo conformismo. In questo scenario di appiattimento della politica e di sua sottomissione a regole imposte da altri e obiettivi personalistici diventa necessario alzare la testa e, almeno, fare qualcosa di alternativo. Proporre un vero cambiamento ed agire per ottenerlo. Solo ricostruendo e riorganizzando veri partiti che permettano di elaborare una politica onesta e alta (cosa che per molti può apparire antica ma che è certamente più moderna del vecchio modello dell’occupazione dello Stato da parte di comitati di affari con la maschera di governi tecnici o pseudo tali), si potrà far rinascere il nostro paese a una democrazia compiuta. * Segretario provinciale del PdCI FdS


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politica

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ascia il fronte scoperto ai richiami al fallimento dei partiti tradizionali che hanno portato a un governo di tecnici, che, ni. Ecco alcune opinioni a largo spettro (quello della crisi a parte). Ciambetti e Langella si confrontano partendo dalla della manovra. Signori, leggete, si riprende a discutere.

La manovra Monti: inevitabile Serve un Piano del Monti poteva fare meglio. lavoro per i giovani Ma la manovra è accettabile Alla riforma del sistema pensionistico si deve accompagnare la lotta alla corruzione e alle tangenti

Continuare a intervenire sulle pensioni è un tormentone. Bisogna agire sui patrimoni ma il rigore ci evita il salto nel vuoto

di Ubaldo Alifuoco*

di Federico Formisano*

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a manovra che il Governo Monti ha presentato al Parlamento è l’ultimo tentativo di evitare che il nostro Paese sprofondi nella drammatica spirale del fallimento dello Stato, con un conseguente impoverimento generalizzato mai visto dal dopoguerra. La prima domanda che gli Italiani debbono porsi non è dunque se il Decreto Monti piace o non piace ma se potrà o non potrà salvare il Paese, invertendo una rotta disastrosa e ricreando le condizioni per la crescita e la creazione di nuovi posti di lavoro. Nel merito delle scelte, va ricordato che l’abolizione dell’ICI, senza l’indicazione di introiti sostitutivi o di veri tagli alla spesa pubblica e in presenza di un deficit tendenziale pauroso, si presentò come un provvedimento altamente demagogico. La reintroduzione dell’imposta è condivisibile, va però modulata con detrazioni a favore delle famiglie con redditi modesti. Il blocco dell’indicizzazione delle pensioni, ancorché previsto in via transitoria, era la norma meno digeribile in termini di equità. Mentre la riforma del sistema pensionistico è cosa dovuta e in ritardo di anni. Il sistema crollerebbe senza un aumento dell’età pensionabile correlato agli attuali incrementi delle probabilità di vita. Anche in questo caso, però, vanno trovati concreti correttivi che evitino conseguenze crudeli nei confronti di una minoranza di lavoratori che sono entrati nel mercato in età particolarmente giovane. Nella manovra ci sono poi alcuni interessanti interventi strutturali e per lo stimolo alla crescita, anche se sono solo l’inizio di un percorso che dovrà essere affrontato con concretezza e determinazione nella fase immediatamente successiva a questa dell’emergenza. Siamo di fronte all’inizio di un processo che finora nessuno ha avuto il coraggio di avviare. La manovra va quindi sostenuta a patto che essa sia solo il primo passo per dare le risposte più urgenti e concrete (anche all’Europa), al quale ne dovranno seguire altri che non potevano essere contenuti in un decreto che ha lo scopo di bloccare un argine che sta per cedere e che rischia di travolgere tutti. È sperabile che il Governo Monti possa concludere rapidamente questa prima fase di emergenza nazionale con un supporto responsabile del Par-

Ubaldo Alifuoco lamento, per poi affrontare i nodi strutturali che hanno bloccato il processo di modernizzazione del paese: riforme costituzionali, costi della politica, efficienza PP.AA., riforma del mercato del lavoro, ecc.. Tra i provvedimenti urgenti, ne vanno almeno annunciati alcuni per combattere delle vere e proprie piaghe del nostro paese. Penso, in primo luogo, ad un “Piano del lavoro” per i giovani che sono usciti dal sistema scolastico e formativo e non riescono a trovare una occupazione. Si tratta di prevedere canali di ingresso, anche con compensi iniziali bassi, che diano la possibilità di acquisire una prima esperienza di lavoro. Bisogna spezzare un circolo vizioso: le aziende cercano giovani con titolo ed esperienza, ma se a questi non si dà la possibilità di entrare nel mercato, l’esperienza non l’avranno mai solo dalla scuola o dall’università. In questa direzione, sono utili le indicazioni recentemente offerte dal Prof. Tito Boeri. Serve una proposta forte che riduca gli squilibri nei rendimenti e nella produttività delle singole amministrazioni dello Stato, che snellisca le procedure con una diffusione dei cosiddetti “sportelli unici”. Infine, va affrontato con concretezza il grande problema della lotta alla corruzione ed alle tangenti. Penso, ad esempio, che si debba specializzare una task force fatta di magistrati e inquirenti per stroncare un processo che si è diffuso come una metastasi e che blocca ogni possibilità di rinascita del nostro paese. In conclusione, la correzione dei conti pubblici è la premessa per un nuovo sviluppo. Con essa può nascere una nuova grande stagione di riforme e di equità. Senza di essa nessuna equità è possibile. * Vicenza Riformista

on l’incremento della tecnica Il giochino a cui si applicheranno d’ora in poi i partiti politici che ( a parole) sostengono il Governo Monti sarà molto semplice: - Prendere le distanze dai provvedimenti ritenuti iniqui o impopolari e detrattori di voti; - Assumere sempre e comunque la paternità di tutte le modifiche che hanno un impatto positivo sull’opinione pubblica, quale l’aumento del tetto per il blocco dell’incremento delle pensioni; - Manovrare attraverso il loro potere d’interdizione e di contrasto per far sì che determinate riforme non passino facendo l’occhiolino alle lobby dei tassisti, dei professionisti, dei farmacisti, ecc. - Non dire mai a parole di essere contrari allo stesso Governo, lasciando di volta in volta ai Giornali di partito, quando non di famiglia di attaccare Monti e i suoi Ministri, oppure ai Sindacati, oppure alle Associazioni di Categoria. È una strategia sottile che cercherà di scompaginare un quadro politico in costante movimento in vista di elezioni politiche da tenersi o nella Primavera del 2012 o alla naturale scadenza del 2013. Un mese fa l’Italia era sotto la morsa di un attacco concentrico della speculazione che stava facendo arrivare la nostra economia al punto di non ritorno. I dati della Confindustria, di

Il nuovo esecutivo al giuramento

Banca d’Italia, dell’Istat per una volta erano concordi. Nel 2012 l’Italia è un paese destinato alla recessione, privo di un governo attendibile sul piano internazionale, incapace di produrre serie misure per far partire la crescita, lacerato dalle divisioni interne della maggioranza. Quello che bisogna avere ben chiaro nel momento in cui si esamina una manovra economica come quella attuata dal Governo Monti è il quadro di partenza: dopo che nell’ultimo decennio, Berlusconi con la complicità della Lega ha sgovernato il paese, dopo che l’Italia ha perso posizioni sul piano internazionale, ha mancato quasi tutti gli obiettivi di crescita, ha trascurato la ricerca, ha incrementato in maniera esponenziale la disoccupazione giovanile, ha creato un fenomeno strisciante di sottoccupazione e di precariato, ecc. la mazzata non poteva non arrivare. Alla luce di queste considerazioni è condivisibile la manovra, nel suo insieme, fatta dal Governo? Non posso che rispondere di no. Monti ha cercato di agire in maniera indipendente, ma il fatto di dover dipendere comunque dai voti del Parlamento, lo ha obbligato a una ginkana fra le parti che comunque, si riverbera nell’impostazione della manovra. È inutile ribadire che io avrei personalmente preferito un’azione fiscale più incisiva, un intervento sui patrimoni, una politica più spinta sulle privatizzazioni. Che avrei preferito interventi sui costi della politica di grande incisività che ancora non riesco ad

Federico Formisano intravvedere. E dal mio punto di vista continuare ad intervenire nel settore delle pensioni sta diventando un tormentone che non trasmette certo sicurezza al paese. Da osservatore obbligato anche per il mio lavoro (sono un dipendente dell’INPS) non posso che ribadire che il sistema pensionistico italiano, passato attraverso sette riforme in venti anni, sta andando verso l’equilibrio e che ormai sarebbe giunto il momento di dare certezze e garanzie a chi lavora. Nel settore le riforme da attuare (rimaste finora nella canna del fucile di Monti) sono la distinzione fra previdenza ed assistenza, la riforma dei meccanismi di controllo attraverso l’unificazione dei corpi ispettivi (oggi Guardia di Finanza, Agenzia delle entrate, Ispettorato del Lavoro, INAIL e INPS agiscono senza un reale coordinamento), l’unificazione degli Enti previdenziali e delle casse (attuata in parte). Considero che la reintroduzione dell’ICI sia ineludibile: non erano maturi i tempi per un’abolizione che ha prodotto gravi danni al Bilancio dello Stato e non creato certe ricchezza nei cittadini. E soprattutto ha determinato un impoverimento delle casse comunali che ha prodotto effetti depressivi che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Insomma si poteva fare meglio. Ma valutando da dove siamo partiti e come siamo arrivati alla nascita di un Governo Tecnico, ritengo che complessivamente questa manovra sia accettabile. E che responsabilmente dobbiamo renderci conto che solo una politica di grande rigore in questo momento può salvarci da un triste salto nel vuoto. * Capogruppo Partito Democratico in Consiglio Comunale


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altovicentino

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Dalle Nogare, l’imprenditore distrutto da banche e tribunali: “anche questa è mafia” L’Industria Salumi Sas di Santorso ha rivolto un appello a Giorgio Napolitano

di Andrea Genito “La mafia ed i poteri forti non dettano legge solo al Sud, nel vicentino da cinquant’anni esiste un monopolio feudale meno cruento fisicamente ma capace ugualmente di distruggerti, attraverso banche e tribunali compiacenti”. Ne è convinto Pierbernardo Dalle Nogare, sessantenne imprenditore alimentare scledense che alle spalle ha una vicenda che parrebbe inverosimile, se non avesse il supporto di testimonianze e di una corposa documentazione raccolta in oltre 20 anni. “Per la verità ho potuto accedere alle carte più scottanti solo di recente - racconta Dalle Nogare - perchè ho trovato di fronte un muro di gomma e quando sono arrivato in fondo ho subito velate minacce trasversali, anzi ancora oggi nutro seri timori per la mia stessa incolumità. La mia colpa? Non essermi rassegnato ad una sentenza di fallimento della mia impresa familiare, l’Industria Salumi Sas di Santorso, scomodando perfino gli uffici della Presidenza della Repubblica”. L’azienda, ereditata coi fratelli dal padre nel 1974, circa dieci anni dopo dovette chiudere infatti i battenti, strozzata da debiti bancari. “Volevamo ampliare lo stabilimento e comperare nuovi macchinari - riprende Dalle Nogare - e siamo stati i primi in provincia a dotarci di un depuratore a norma Cee. Così chiedemmo 180 milioni di vecchie lire tramite un finanziamento previsto dal Mediocredito delle Venezie per le piccole - medie imprese. L’istruttoria andò liscia, d’altronde avevamo un ottimo fatturato e parecchie commesse dagli ipermercati, tanto che ci assicurarono che Cariverona avrebbe erogato in pochi mesi. Invece...” Invece? “Passarono

Pierbernardo Dalle Nogare ben tre anni, tra continue sollecitazioni e risposte vaghe dei funzionari, che non trovavano nessun intoppo reale nella pratica. Poi ho scoperto che l’incartamento fu bloccato ad arte in qualche cassetto, proprio per farci fallire. Nel frattempo, infatti, avevamo dovuto utilizzare il prefinanziamento con interessi a due cifre (a fine anni ’70 tassi ed inflazione superavano l’11%, ndr) e ci trovammo senza

liquidità. Il baratro si presentò subito e i Tribunali, oltre a farci chiudera l’attività, ci strapparono case e terreni per oltre 2 miliardi di controvalore...in pratica 10 volte quanto dovevamo a Cariverona”. Fin qui non pare esserci nulla di diverso da quanto purtroppo accade quotidianamente in ambito creditizio. “Certo, se mi fossi rassegnato come volevano. Ma sapevo di aver subito

un’ingiustizia che azzerava i sacrifici familiari di quasi trentanni. Il primo campanello d’allarme è scattato quando ho scoperto che in realtà presso la Banca d’Italia ed in centrale rischi non risultava alcuna procedura fallimentare a mio carico, ma ancora prima il commercialista Renzo Mattiello mi aveva avvertito che non era stato prudente intrecciare rapporti d’affari con un’azienda di Zanè, che da sempre aveva il monopolio nel mio settore. Sto parlando dell’Alpilatte, da cui comperavo suini, che qui nell’altovicentino ha contatti e credito notevoli...la mia azienda rischiava però di farle troppa concorrenza o di mettere in discussione certe gerarchie. Quando parlammo dei nostri progetti, alcuni loro soci ci fecero una strana visita”. Ha prove di quanto sospetta? “Certo, oramai ho la certezza che dietro il nostro fallimento ci siano dei potentati. Mi hanno tolto il terreno sotto i piedi in maniera subdola, utilizzando ogni strumento e contando su qualche copertura anche presso qualche vertice della magistratura. Il 23 luglio 1997 in cancelleria fallimentare a Vicenza non c’era traccia del mio fascicolo nè sapevano darmi informazioni su come avrei potuto visionare il dossier per difendermi. Tutto inghiottito in un buco nero. Le anomalie nell’iter giudiziario emersero comunque poco a poco, grazie all’interessamento del Procuratore della Repubblica, dottor Candiani, e del Gip di Trieste, che mi diedero pienamente ragione, tanto che nel 2004 dovettero riaprire il fallimento. Però a quel punto arrivò un altro stop dall’alto, proprio quando il tutto stava per essere trasmesso fino alla Corte di Strasburgo. Non ci ho visto più, ho riassunto la mia vicenda assurda su un volantino che ho distribuito perfino a Roma, dalle parti del Quirinale, volevo semplicemente giustizia. Non ho fatto la guerra

ai Magistrati, nè offeso nessuno. Ebbene, cinque anni fa mi convocano in Tribunale a Vicenza non per ascoltarmi, ma perchè querelato per quei volantini dal curatore fallimentare e dal sindaco di Santorso, Terelisa Dall’Alba, che avevo tirato in ballo per aver fatto approvare in tutta fretta l’incanto dei miei ex terreni ed il cambio destinazione d’uso della fabbrica”. L’obiettivo era chiaramente quello di farmi desistere dalle indagini. Ma quello che ho scoperto dopo è stato ben più illuminante. Ho capito di essere stato stritolato come una vittima sacrificale, che c’era una subdola congiura alle mie spalle. L’arrivo del dr. Foiadelli a Vicenza, esperto antimafia, riaccese le mie speranze, tanto è vero che prese subito a cuore la mia storia. Tuttavia anche questo non portò risultati. L’inchiesta passò poi al Gip di Trento, Giuseppe Di Benedetto. Io però attendo a breve novità proprio da Trento: il 15 novembre scorso ho avuto un’udienza, ma devo essere di nuovo convocato entro fine anno”. Cos’ha imparato da questa sua drammatica disavventura? “Innanzitutto che le regole non sono uguali per tutti, soprattutto quelle bancarie - conclude l’imprenditore di Schio, oggi coraggiosamente amministratore unico di una piccola ditta alimentare -. Qui ci sarebbe tutto per far lavorare tante aziende, ma volutamente si creano i presupposti solo per pochi eletti. Ripeto, la mafia c’è anche qui, è la stessa cricca che ha tollerato un bubbone come Myair (dichiarata fallita quasi due anni fa, ndr). Al Sud frenano lo sviluppo con il pizzo, qui taglieggiano con un potere consolidato dalla presenza per troppi anni ai vertici di alcuni personaggi che, col tempo, hanno ramificato i loro interessi e le loro tutele. È mafia anche questa e le banche sono lo strumento ideale per perpetuare queste lobbies”.


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altovicentino

225 del 17 dicembre 2011 pag 15

Schio insorge contro lo smantellamento della stazione ferroviaria Un coro di proteste, dal sindaco Luigi Dalla Via a Baten Mohammed, il gestore del bar (a.g.) L’ultimo colpo, quello probabilmente mortale, glielo infliggerà la sede regionale di Trenitalia il prossimo 1° gennaio, chiudendo definitivamente lo sportello di biglietteria, ma già da tempo la stazione ferroviaria langue in un progressivo abbandono. Il simbolo del degrado è l’adiacente palazzina del dopolavoro del personale, qualche anno fa occupata dai giovani dei centri sociali ed oggi dimora abituale di topi. Forse un’anteprima di quello che potrebbe accadere anche alla struttura principale, pur se a darle un senso resta una piccola edicola che però non vende biglietti. Per pendolari e viaggiatori resterà la macchinetta automatica, che però spesso non dà resto (oltre un certo importo viene stampato un credito da utilizzare per altri viaggi) e soprattutto non può prenotare posti né erogare abbonamenti e supplementi. La soppressione dello sportello è stata infatti fortemente criticata da tutti gli utenti e, trasversalmente, dai vari esponenti politici locali perché accelererebbe il declino dell’importante collegamento con Vicenza. “La statale Pasubio è congestionata la mattina, quindi in auto ci si impiega spesso più di un’ora - sottolinea

la studentessa universitaria Anna Lievore - andare poi a Padova è improponibile economicamente per noi. Il treno è una risorsa che va valorizzata, non smantellata”. Ipotesi già percorsa negli anni ’90, quando la tratta da Schio fu definita dai vertici delle ex Ferrovie dello Stato un “ramo secco” che poteva essere sacrificato. Per la verità la biglietteria da tempo osservava orari non proprio abbordabili, con disagi notevoli per gli utenti. “Chi prende il primo treno delle 5.50, ora in cui la biglietteria è ancora chiusa, e ha bisogno di farsi il biglietto o l'abbonamento, rischia di non riuscirci poiché la macchina automatica non accetta tagli superiori ai 20 euro - spiega Margherita Grazian, portavoce di un gruppo di una sessantina di pendolari -. Quindi se un passeggero ha solo una banconota da 50 euro, deve correre in un punto vendita autorizzato esterno alla stazione oppure predisporsi a discussioni con il controllore per riuscire ad arrivare a Vicenza e poi provvedere là ai suoi bisogni, con una trafila più lunga e scomoda. Anche solo prendere il biglietto per raggiungere Vicenza, per chi vuole abbonarsi, è una cosa ridicola. In

molti abbiamo deciso di farci rimborsare, anche se l'iter burocratico è lungo, perché è una questione di principio e a questo punto non possiamo più tollerare certe situazioni». Inoltre negli ultimi mesi è capitato che il treno da Vicenza abbia eletto a capolinea la stazione di Thiene, anziché Schio, per motivi apparentemente legati al maltempo, come riferito dai passeggeri. A questo si aggiunga il degrado sociale notturno dell’area, con varie denunce per scippi, schiamazzi e regolamenti di conti tra extracomunitari, ma anche teatro di piccolo spaccio di droga. “La situazione si è aggravata da quando Trenitalia ha spostato indietro di 200 metri la fermata dei convogli - lamenta il bengalese Baten Mohammed, che gestisce il bar della stazione ferroviaria -. Si è ridotto il movimento di clienti, ma soprattutto si è creata una zona incustodita e poco illuminata. Mi sto impegnando a migliorare la pulizia, l’immagine e le frequentazioni di quest’area, prendendomi qualche rischio personale, almeno io ci tengo che sia un posto tranquillo dove famiglie e bambini possano ancora passare. Ringrazio i Carabinieri, che mi stanno dando un supporto, ma non è fa-

La stazione ferroviaria di Schio cile e mi aspetterei un aiuto dall’amministrazione”. Il sindaco di Schio, Luigi Dalla Via, da parte sua, con un intervento nell’ultimo Consiglio Comunale, ha preso formale impegno di mantenere in vita la biglietteria e ha preannunciato una lettera di formale protesta da inviare in Regione. “Noto mancanza di rispetto verso una città di oltre 40.000 abitanti - ha tuonato Dalla Via -. Invece di fare passi

avanti, facendo investimenti per migliorare la stazione, qui si torna indietro. E chi ci rimette sono poi i tanti pendolari e studenti. Lo smantellamento rappresenta un'ipotesi che ci trova contrari; possiamo capire l'esigenza di risparmiare, ma chiudere completamente la biglietteria significa togliere un punto di presidio della stazione e un punto di riferimento per gli utenti».

Il matrimonio tra i comuni di Torrebelvicino e Valli del Pasubio Un esempio da seguire, per i due sindaci. Disagi per i cittadini e nostalgia degli alpini

di Andrea Genito

N

on piace proprio a tutti, l’unione comunale dell’Alta Val Leogra, decisa dalle giunte di Valli del Pasubio e Torrebelvicino. Ad una settimana dall’ufficializzazione della delibera, in un Consiglio Comunale congiunto, molti cittadini si interrogano sui fattivi vantaggi della nuova area metropolitana da 10.000 abitanti, nata per diminuire i costi amministrativi e migliorare i servizi. Se per alcuni, infatti, l’intento è lodevole e si concede il beneficio d’inventario in attesa di riscontri concreti, per molti altri invece la decisione andava preparata e spiegata meglio ai residenti. “Chi glielo va a dire ai miei nonni che abitano a Scorzati, una contrada fuori mano e poco servita, che debbono andare non più

a Valli ma sobbarcarsi altri 12 km fino a Torrebelvicino, magari solo per andare a chiedere un certificato?- protesta Guido Polga -. Se avessero fatto un referendum era meglio.” La convenzione appena siglata prevede appunto che il Municipio sia gestito per i prossimi due anni da Torrebelvicino, per poi seguire una logica di alternanza che riguarderà anche il sindaco unico. Altre polemiche sono state sollevate dalle locali sezione di fanti ed alpini, che non hanno gradito la cancellazione del sacro simbolo dell’Ossario dal nuovo gonfalone comunale: “non era solo un vezzo, ma aveva un valore storico e simbolico, per una territorio martoriato durante la Grande Guerra”. Una levata di scudi che ha suggerito un probabile dietrofront delle due amministrazioni, pronte a rielaborare il logo. Insiste invece sull’importanza di concordare gli effetti della delibera Alberto Sberze, imprenditore di Valli del Pasubio: “perchè

nasconderci una decisione così importante? Nessuno ne aveva mai accennato, nei precedenti Consigli Comunali, o ci aveva preparato al progetto. I due sindaci hanno calato la decisione dall’alto. Dubito che i costi amministrativi fossero così insostenibili da obbligare a questa scelta e poi dove va a finire la peculiarità dei due territori? Qui a Valli c’è un territorio montano, con problematiche di dissesto idrogeologico, come purtroppo ha confermato l’alluvione dell’anno scorso, e necessità di salvaguardia dei boschi. Torrebelvicino è simile a Schio, invece. Ci hanno tolto già parecchi servizi in passato, tra cui l’ufficio postale e la guardia forestale, così temo si vada verso l’abbandono di questo comune”. A Torre sembrano invece più ben disposti a valutare la portata del superComune. “Credo ridurranno tanti sportelli inutili, doppi servizi e quindi si limiteranno finalmente gli sprechi”, commenta Ugo Piazza. Per i

primi cittadini non c’erano alternative e c’è l’orgoglio di aver tracciato una strada da percorrere, in tempi grami per gli Enti locali. “Questa unione sancisce il forte legame che esiste da sempre tra le nostre due comunitàspiega Armando Cunegato, sindaco di Valli del Pasubio- del resto già un recente studio dell’Anci aveva evidenziato le elevate analogie tra i nostri territori. Non ci saranno disagi per i cittadini, che continueranno pertanto a fare riferimento al proprio Municipio, mentre le decisioni unitarie saranno comunque prima discusse con i consigli comunali”. Il suo collega turritano, Giorgio Calli, spiega il prossimo iter burocratico: ”si partirà con la gestione associata degli Uffici Ragioneria e Tecnico, ad esclusione dell'urbanistica e dei lavori pubblici, ma l'obiettivo è poi di attivare altre sinergie in grado di migliorare, sommando le competenze, l'efficienza delle due municipalità che rimarranno

I sindaci di Torrebelvicino e di Valli del Pasubio comunque tali e distinte”. Il primo passo ufficiale è comunque rappresentato dalla stesura di un unico Piano Casa, che recepisce le direttive regionali. “Crediamo che questa semplificazione burocratica offra maggiori opportunità alle imprese edili - precisa l’Assessore all’urbanistica di Valli, Andrea Pillon - ma garantisca anche maggiore celerità nei lavori per i nostri residenti. Le regole edilizie saranno le stesse per entrambi i Comuni”.


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ovestvicentino

225 del 17 dicembre 2011 pag 16

Palle di pelle

Mentre la giunta di Castelgomberto assicura un trattamento a norma di legge nei confronti dei presunti abusi edilizi in capo alla ditta del coordinatore locale del Pd, dal web spuntano novità che potrebbero contraddire l'assessore Zaupa. E la polemica col Pdl riesplode

di Marco Milioni «Sul piano regolatore non ci sono vincoli». E ancora: «Nel dicembre 2009 ci è arrivata una lettera anonima nella quale si spiegava che in zona Poscole c'era un insediamento produttivo in cui al contrario di quello che era stabilito nel vincolo della convenzione, si lavorava la pelle. Nei giorni immediatamente successivi l'ufficio tecnico ha effettuato un sopralluogo a sorpresa proprio presso la GiDue; e onestamente non abbiamo constatato alcunché di irregolare; Abbiamo verificato che lì si lavorava solo pelle sintetica». Così parla Danilo Zaupa, assessore all'urbanistica del comune di Castelgomberto su VicenzaPiù del 27 novembre a pagina 13. La questione è tanto nota quanto delicata perché gli accertamenti cui si fa cenno sono quelli che l'amministrazione avrebbe fatto a carico della GiDue pellami srl, fra i cui soci risulta Derio Carlotto. Quest'ultimo è il coordinatore del Pd di Castelgomberto ed è uno dei consiglieri di maggior peso in seno all'opposizione. Però sul suo ruolo da un mese punta l'indice un altro consigliere d'opposizione. Si tratta di Andrea Cocco (coordinatore locale del Pdl) il quale accusa di eccessiva morbidezza Carlotto, specie nell'affaire alluvione (Vicenzapiu.com del 6 agosto e del 12 ottobre), proprio perché la giunta (monocolore leghista più civiche) avrebbe la possibilità di tenere per l'orecchio lo stesso Carlotto in relazione ad un possibile abuso edilizio che graverebbe sulla GiDue. Vero o falso? Così parlò Zaupa. Due settimane fa era stato proprio l'assessore Zaupa (area Lega) ad intervenire di-

spensando serenità e spiegando che sull'attività di cui è socio Carlotto non ci sono ombre di sorta. Però è bastata una semplice visita sul sito della GiDue (www.giduepellami.it) per scoprire un'altra realtà: «Pieni fiore, smerigliati, stampati, rettili e croste in P.U. per la creazione di borse, cinture, portafogli, agende e piccoli articoli di pelletteria: accessori che la cura del particolare e dei materiali rendono sempre più importanti nel concetto moderno di moda... La produzione di scarpe e borse di alta qualità ed eleganza è uno dei mercati in cui le pelli pregiate e lavorate con maestria sono maggiormente ricercate. GiDue produce pelli bovine e croste nobilitate di gran pregio... Le caratteristiche di morbidezza e naturalezza delle pelli GiDue, le rendono particolarmente adatte all'utilizzo nel settore della pannellistica dell'arredamento in genere, laddove l'elemento in pelle contribuisce a rendere distintivo, elegante e moderno lo spazio abitativo, secondo le nuove concezioni del design». Il web canta. Se poi si naviga la parte del sito nel quale viene descritta con maggior attenzione la produzione abbondano i termini come «mezze bovine» arricchite «da una ceratura per esaltare un deciso effetto pull-up». Oppure di mezze bovine «lavorate in trasparenza con effetti anilina e rifinizione lucida...». Inequivocabile poi lo statino della visura camerale che parla di «rifinizione e lavorazioni di pelle in genere». Il che ben poco ha a che fare con la pelle sintetica citata da Zaupa e men che meno con le norme tecniche di attuazione della zona produttiva “Poscole”. Norme inserite nel piano regolatore e che vietano espressamente «l'insediamento di attività... destinate alla lavorazione della pelle in ogni suo ciclo». Con i dovuti «distinguo» ironizza Cocco «è come se la Fiat vo-

lesse far credere che in fabbrica produce macchinine giocattolo. Sembra la filastrocca in cui Apelle figlio di Apollo fece una palle di pelle di pollo». Modifica in vista. Per di più Zaupa sempre su VicenzaPiù del 27 novembre parlava di un possibile passaggio in consiglio comunale per rimuovere alcuni vincoli per i siti produttivi contenuti proprio nelle norme tecniche di attuazione del piano regolatore proprio per la zona Poscole. Il passaggio non è sfuggito a Cocco che spara a palle incatenate: «Sarebbe una cosa gravissima. La gente percepirebbe il tutto come una manovra di corridoio, una sanatoria ex post a beneficio di qualche privilegiato. Ancora una volta si capisce perché il centrosinistra, che come opposizione dovrebbe fare il diavolo a quattro, rimane in silenzio». Chi scrive ovviamente ha interpellato Carlotto (come la giunta) ma al momento non

Lo sfondo. Sullo sfondo rimane comunque l'intera vicenda dei rimborsi che il comune di Castelgomberto avrebbe ricevuto dalla regione per l'alluvione di Ognissanti del 2010. Fondi che secondo il Pdl non sarebbero dovuti arrivare perché richiesti per fatti inesistenti o non sufficienti da giustificare l'intervento straordinario. In questo senso Cocco e la giunta capitanata da Renzo Dal Toso da mesi hanno ingaggiato un duello a distanza che non si ferma. Il sindaco da settimane ripete di non avere nulla da rimproverarsi soprattutto dopo che la procura di Vicenza «ha archiviato il fascicolo» a suo carico. Il consigliere del Pdl ribatte che la questione penale c'entra poco e che sul piano amministrativo la giunta ha avuto al momento di fatto torto perché provincia e regione hanno giudicato incongrue le richeiste di Castelgomberto che comunque ha percepito un terzo delle somme inizialmente domandate a Venezia. Ma c'è di più. Le intemerate patite da

Cocco da esponenti leghisti della Valle dell'Agno non sarebbero passati inosservati all'entourage del coordinatore provinciale in pectore del Pdl vicentino Sergio Berlato. Entourage che avrebbe pronta una replica di fuoco all'indirizzo dei piani alti del Carroccio berico. Querelle democratica. Ma la questione però è più ampia. Le accuse di conflitto di interessi rivolte da Cocco al Pd hanno generato risentimenti e mal di pancia in seno ai circoli democratici della vallata dell'Agno. Mal di pancia acuiti dal silenzio e dall'immobilismo del coordinatore provinciale del Pd Federico Ginato che pur interpellato, da settimane si è trincerato in un silenzio tombale nonostante le accuse politiche pesantissime mosse a Carlotto. Circostanza cui si aggiunge una voce sempre più insistente di un Carlotto pronto a correre, col Pd o in una civica di centrosinistra, in appoggio alla attuale giunta alle prossime amministrative.

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cumulativo con VicenzaPiù

BassanoPiù Quindicinale di fatti, personaggi e vita bassanese

Direttore responsabile Giovanni Coviello

Il grappino New York invidia Bassano

Interessi Mantovani

Multiculturalità a scuola

Come sempre Bassano caput mundi. Da studi americano-argentini basterebbe un portatile wi-fi appoggiato sulle gambe per quattro ore per danneggiare la motilità di un quarto degli spermatozoi, ma nel frattempo a Bassano si dice che abbiamo superato New York per capillarità di copertura di rete Free Wi-Fi. Chi difende gli Hotspot cita valori medi in output di 100 mW di potenza contro i 2 Watt di un telefonino; chi li attacca porta a riferimento casi di scuole in cui si è provveduto a smantellare la rete wireless per possibili pericoli nei giovani in piena età di sviluppo, con struttura ossea e nervosa fisicamente immatura, in particolare le ossa del cranio. Studi a lungo termine non ce ne sono, intanto 50 D-spot sono già funzionanti e si arriverà a coprire un bacino di 150.000 utenti all’anno. Regalo o pericolo, questo strumento va adoperato in maniera intelligente. Renzo Rosso, da decenni tra i primi a fiutare l’importanza di ogni aspetto di media e comunicazioni, probabilmente è a conoscenza di ipotetici scenari futuri a riguardo, ma ancor più forse ha intuitivamente anticipato quanto avrà da venire, unendo visibilità mecenatistica ad interesse collettivo. Spot per giovani? Anche per vecchi. Se siamo un Paese anagraficamente anziano, se il professor Monti le maggiori critiche le sta ricevendo riguardo al sistema pensionistico, non si può allora ragionare senza prendere in considerazione quella terza età che nei Paesi dove Internet è più diffuso presenta dati di utilizzo da parte degli over 65 identici ai ragazzi di fascia 18-29 anni. (segue a p. 7)

di Nicola Canilli

Continua a pag 5 ...

È

stato pubblicato in questi giorni il rapporto nazionale sulla situazione scolastica degli alunni stranieri in Italia del Ministero dell’Istruzione. Dall’analisi statistica emerge che gli alunni con cittadinanza non italiana si confermano come una realtà strutturale: nell’anno scolastico 2010/11 sono 711.064 e rappresentano un gruppo in continua crescita, anche se negli ultimi anni si sta verificando un lieve rallentamento nell’incremento. Gli iscritti stranieri corrispondono al 7,9% del totale della popolazione studentesca in Italia

di Federica Ceolato

SPV

IL DEPUTATO

Sotto i fari della UE

Fedele o cosciente? Continua a pag 4 ...

Continua a pag 2 ...

«

La Commissione Europea contatterà le autorità italiane per ottenere maggiori informazioni sul presunto rifiuto delle autorità competenti autorità di fornire i documenti in merito al progetto della Pedemontana Veneta». Quando a metà settimana le agenzie di stampa hanno scodellato le dichiarazioni di Janez Potočnik, commissario Ue all’ambiente, la politica regionale è andata in fibrillazione.

L

di Francesco Battaglia

di Luigi D’Agrò

’articolo 49 della Costituzione italiana recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Mi soffermo su tre aspetti dell’articolato, atti a verificare la piena applicabilità costituzionale della forma odierna di partito, aspetti che non potrebbero in alcun modo essere elusi visto che i partiti sono destinatari di sovvenzionamento pubblico.

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focus

225 del 17 dicembre 2011 pag 2

Faro Ue sulla Spv Dopo l'interrogazione dell'Idv la Commissione Europea accende i riflettori sulla Pedemontana mentre i comitati contestano i possibili sgravi fiscali per i privati che realizzeranno l'opera

di Francesco Battaglia

«

La Commissione Europea contatterà le autorità italiane per ottenere maggiori informazioni sul presunto rifiuto delle autorità competenti autorità di fornire i documenti in merito al progetto della Pedemontana Veneta». Quando a metà settimana le agenzie di stampa hanno scodellato le dichiarazioni di Janez Potočnik, commissario Ue all'ambiente,

la politica regionale è andata in fibrillazione. L'eurodeputato dell'Idv Andrea Zanoni a fine ottobre aveva promesso un intervento a Strasburgo proprio sulla questione delle carte relative all'accordo economico tra le controllate regionali e i privati che dovranno realizzare la Spv. Carte che sarebbero state negate ai ricorrenti e ai comitati. Poco dopo sempre Zanoni aveva inoltrato alla Commissione Europea una interrogazione alla quale a giro è arrivata proprio la risposta di Potočnik, che di fatto da il là all'inizio di una istruttoria

che potrebbe durare mesi (Vicenzapiu.com del 3 novembre e del 14 dicembre 2011). Interrogazione nella quale si chiedevano in primis lumi sulla possibile violazione della normativa europea in materia di trasparenza in relazione alle grandi infrastrutture. Frattanto la situazione rimane tesa perché i “No Spv” puntano l'indice contro un'opera «solo a parola di iniziativa privata, ma che invece vede i costi gravare ancor più sulle tasche dei veneti». A parlare è Massimo Follesa uno dei portavoce del

Un tratto del tracciato della Pedemontana Covepa (Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa) che così commenta gli sgravi fiscali discussi poche ore fa in parlamento ed elogiati dal deputato veronese del Pdl Andrea Giorgetti e dal compagno di partito Renato Chisso, assessore regionale ai trasporti (www.larena.it del 15 dicembre). Per di più proprio Chisso era stato duramente contestato il 9 novembre 2011 quando durante un talk show in onda su Telechiara (Vicenzapiu.com dello stesso giorno) era stato pesantemente attaccato per essersi sottratto al confronto televisivo con i comitati che contestano l'attuale tracciato delle Spv nonché le sue caratteristiche progettuali. Ed è su questo binario che si innesta una nuova iniziativa del Covepa il quale oggi, sabato 17 dicembre, a Bassano del Grappa (ore 12 alla saletta Tolio di via Da Ponte 37), organizza quella che di fatto è «la prima uscita pubblica ufficiale dopo la creazione del coordinamento». Un evento accompagnato dalla pubblicazione di un lungo manifesto. «Questa Pedemontana - spiega Francesco Celotto, uno dei portavoce, citando alla lettera il manifesto medesimo - è un inganno. È

una opera inutile, devastante sul piano ambientale e caricherà di debiti i contribuenti veneti. Per questo motivo i comitati, i movimenti e le associazioni che a vario titolo contestano l’opera e il suo tracciato hanno deciso di organizzarsi in un coordinamento permanente... Il Veneto ha una tradizione agricola e vinicola di altissimo livello; lo stesso vale per il turismo che è la prima voce del Pil regionale. Questa preziosa ricchezza - sottolinea ancora Celotto - è una delle poche non delocalizzabili. I piani portati avanti dalla giunta e da un pezzo rilevante della politica veneta e nazionale sono sciagurati: abbruttimento del paesaggio, svalutazione delle bellezze architettoniche, peggioramento della qualità ambientale, impoverimento del tessuto agricolo. Sono fattori che sommanti uno all’altro produrranno un impoverimento generalizzato in nome di una idea perversa di sviluppo spacciata per progresso e benessere. Una idea che in realtà - conclude il portavoce - nasconde un solo obiettivo: quello di trasformare le risorse pubbliche e i beni comuni, come le strade e il paesaggio, in uno strumento per l’arricchimento di pochi». www.bassanopiu.com

Direttore Responsabile GIOVANNI COVIELLO direttore@vicenzapiu.com Editore MEDIA CHOICE s.r.l. Via Pirandello, 11 - Vicenza Tel/fax 0444 923362 info@mediachoice.it Pubblicità MEDIA CHOICE s.r.l. Via Pirandello, 11 - Vicenza Tel/fax 0444 923362 info@mediachoice.it Redazione Via Pirandello, 11 - Vicenza Tel/fax 0444 923362 redazione@vicenzapiu.com ENRICO SOLI e.soli@vicenzapiu.com Marco Milioni m.milioni@vicenzapiu.com

Segretaria di redazione Angela Mignano a.mignano@mediachoice.it Hanno collaborato a questo numero: GIANCARLO ALBERA ALBERTO BACCEGA FRANCESCO BATTAGLIA NICOLA CANILLI FEDERICA CEOLATO ROBERTO CIAMBETTI MICHELE DALLA NEGRA LUIGI D’AGRÒ RENATO ELLERO ANDREA GENITO EMMA GRANDE GIORGIO LANGELLA DAVIDE LOVAT SILVIA MAULE PAOLO MELE SENIOR FULVIO REBESANI LEONARDO STELLA GIULIO TODESCAN GIOVANNI TODESCO

Stampa Centro Servizi Editoriali 36040 Grisignano Di Zocco (VI) V. Del Lavoro, 18 Tel. 0444 414303 Autorizzazione Tribunale di Vicenza n. 1201 del 1 settembre 2009 Associato Unione Stampa Periodica Italiana Copyright: Le condizioni di utilizzo dei testi e delle foto sono concordate con i detentori. Se ciò non è stato possibile, l’editore si dichiara disposto a riconoscere il giusto compenso.

VicenzaPiù si avvale di opere d’ingegno (testi e fotografie) distribuiti gratuitamente con le licenze Creative Commons “Attribuzione”e “Attribuzione - Non opere derivate”. Ringraziamo tutti gli autori che ci permettono di utilizzare i loro lavori segnalando il nome o il link ad un loro spazio web personale. Per maggiori informazioni: www.creativecommons.it

Giornale chiuso in redazione alle ore 20.00 di venerdì 16 dicembre 2011 Tiratura: 11.000 copie


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focus

225 del 17 dicembre 2011 pag 3

Quando saremo fora dalla Valsugana? Un quadro interpretativo L’ingegner Alberto Baccega e l’architetto Giovanni Todesco fanno il punto, anche tecnico

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uarant’anni fa, nel 1972, il progetto della superstrada della Valsugana lungo l’intervallo San Nazario-Pian dei Zocchi, a firma, tra gli altri, dell’architetto Silvano Larini, che diverrà noto alle cronache nel 1992, in quanto titolare del conto “protezione” tramite l’inchiesta “Mani Pulite”, si svolgeva parte in sinistra e parte in destra Brenta; il fiume era attraversato con due viadotti e non si prevedeva alcuna galleria. Dieci anni dopo, nel caso della variante di San Marino, alla popolazione fu proposta una soluzione, senza che di essa fossero chiarite tutte le conseguenze che la costruzione mise poi in luce. Fu una mortificazione del paese e di uno scorcio tra i più dolci della valle. Vi si giunse adattando un progetto e gradualmente aggiustandone nella misura del possibile (catastroficamente in modo insufficiente ed inadeguato) i difetti che esso presentava fin dall’inizio. Prima di questo episodio, fu realizzata la variante tra Cismon e Primolano che riuscì a causare, almeno dopo la messa in esercizio del tratto più a nord, fino a Tezze di Grigno, una media di una decina di morti all’anno. Quella variante fu completata con i “fastosi” svincoli plurimi di Primolano. La galleria tra il Canale di Brenta ed Arsiè fu iniziata e fu completata solo dopo che l’ANAS prese atto della necessità di adeguare integralmente le murature del suo rivestimento con un ritardo di anni. Il viadotto nord sul Brenta a Solagna puntò inesorabilmente contro le case del paese e il corridoio per il quale fu concepito fu, poi, ingombrato di edifici. Alla fine degli anni ’80 la ferrovia si giovò della sostituzione del binario di cui era dotata dalla fine della Seconda Guerra guerra mondiale; ciò nondimeno, i suoi tempi di percorrenza aumentarono, successivamente, rispetto agli anni '70. La premessa illustra la povertà dei mezzi e del modo di organizzarne l’impiego in quel periodo. Pure, all’epoca, i finanziamenti non mancarono. Il progetto dell’ingegner Berti del 1988 fu commissionato dalla Regione del Veneto per indicare la soluzione nell’intervallo compreso tra Solagna e Pian dei Zocchi. Questo progetto fu sostenuto a viva forza dagli amministratori locali e particolarmente dalla figura principale del Bassanese, il già sindaco Piero Fabris sostenuto a più alto livello dal senatore Toni Bisaglia. Fabris stesso, da senatore, fu, poi, relatore della famosa legge Merloni (109/1994) che acquisiva integralmente gli obblighi connessi all’espletamento della valutazione di impatto ambientale. Questa legge, tra l’altro, rese inutilizzabile

il progetto Berti fino a quando esso non avesse superato il test ambientale. Cosa che non avvenne. In un dibattito che interessò a fondo la vallata sorsero nuove idee attorno a possibili soluzioni alternative a quelle fino ad allora studiate: progetto Baccega e proposta Abrami. Queste ultime furono confrontate, nella valutazione ambientale, a livello ministeriale, con il progetti Berti e con quello dell’ingegner Mazzalai, che risultò da un rimaneggiamento del progetto Berti. Quest’ultimo fu redatto su incarico della Comunità Montana del Brenta. All’esito di questo episodio partecipativo, la Provincia di Vicenza, la Regione Veneto, l’Anas e la Comunità montana del Brenta incaricarono lo studio RPA di Verona di indagare, in sede di progetto preliminare, una ulteriore soluzione che avesse le caratteristiche di presentarsi prevalentemente in galleria ed in sinistra Brenta ed escludesse viadotti sul Brenta. Essa fu ulteriormente aggiornata con un progetto definitivo dall’ingegner. Mazzalai. Il progetto fu approvato in linea tecnica e costituì a lungo il punto conclusivo in termini politici dello sforzo progettuale. Il finanziamento, per realizzarlo, non fu mai reperito, in quanto il progetto non fu concepito per la realizzazione secondo stralci funzionali, come richiesto, fin dall’inizio, dall’ANAS, scelta contrastata dagli amministratori locali di allora. Il primo luglio 2009 le Società "Impresa Pizzarotti & C. S.p.A., Mantovani S.p.A., C.I.S. Compagnia Investimenti Sviluppo S.p.A. e Cordioli S.p.A.", in qualità di proponenti, hanno congiuntamente presentato alla Regione del Veneto una proposta di finanza di progetto, relativa alla progettazione, costruzione e gestione dell' "Itinerario della Valsugana Valbrenta-Bassano Ovest - Superstrada a pedaggio". Si trattava di una sostanziale ripresa del progetto Berti e di un suo prolungamento indirizzato, con una corsia per senso di marcia, a raggiungere la superstrada Pedemontana Veneta, in fase di gestazione, tra Nove e Marostica. Saltò l’intera intelaiatura legata al progetto Mazzalai ed alla realizzazione di una strada statale (come pure essa è tuttora tra Cittadella e Primolano). Il resto è storia di questi giorni. Quanto riassunto sopra illustra la disgregazione alla quale la tematica, è giunta. Quale quadro si presenta ora? La questione aperta rimane meritevole di una interpretazione strutturale. Occorre far confluire in un’architettura progettuale adeguata tutte le com-

ponenti di questa vicenda. Occorre smentire, innanzitutto, che la natura del tema sia esclusivamente infrastrutturale o finanziaria. Aspetti dominanti concernono il significato che al contesto può essere attribuito in altri ambiti notevoli. Possiamo essere indifferenti al fatto che in un continente lontano qualche distruzione alteri un luogo ma, non potremmo mai tollerare che qualcuno pensasse di rovinare i luoghi che ci sono più cari, come pure è accaduto e occorre evitare di ripetere. È difficile trasporre a soli elementi di un bilancio finanziario, del quale non è ancora stata acquisita la sostenibilità, una decisione che tenda a diventare irreversibile e che non abbia ancora sostenuto adeguato grado di condivisione e approfondimento. La miscela infrastrutturale, finanziariamente sostenibile, va composta aggiungendovi, in pari tempo, elementi di dialogo con il luogo. Tra questi ultimi: accessibilità locale; ricomposizione di ambienti e di spazi intermedi tra questi; innesto di processi di aggregazione di comunità e di organizzazione della vita in valle e interazione delle soluzioni infrastrutturali con essa. Occorre tener conto dell’esperienza del viaggio in Valsugana senza che per questo essa sia allontanata in toto e occorre attribuire in un’occasione come questa, finalmente, un ruolo al tema ferroviario che, da solo, può rovesciare l’esito delle “progettazioni” ora in esame, se interpretato elegantemente e con efficacia. Va affrontata la riorganizzazione dell’intero sistema della valle e bisogna evitare di somministrarvi assurde violenze aggiuntive. Sosteniamo, per l’appunto, che questo intervento sia progettabile con sufficiente rigore ed in un quadro economico sostenibile, con o senza l’incursione di interessi eminentemente imprenditoriali privati. Ing. Alberto Baccega Arch. Giovanni Todesco

Su www.bassanopiu.com è pubblicato anche il documento redatto dal Nucleo di Valutazione che accompagna la delibera della Giunta regionale. Una semplice scorsa fa intendere molto della completezza e coerenza del progetto o persino della serietà dell'asseverazione del piano economico e finanziario a cura della banca: il Monte dei Paschi di Siena. Si potrebbe interpretare che quella banca colleghi gli interesse della Regione di centro destra con gli ambienti consenzienti dell'altro versante...


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politica

225 del 17 dicembre 2011 pag 4

Il deputato fedele al voto. Ma non cosciente del voto di Luigi D’Agrò°

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’articolo 49 della Costituzione italiana recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Mi soffermo su tre aspetti dell’articolato, atti a verificare la piena applicabilità costituzionale della forma odierna di partito, aspetti che non potrebbero in alcun modo essere elusi visto che i partiti sono destinatari di sovvenzionamento pubblico. Il dettato stabilisce che l’associazione ad un partito avviene liberamente: è sempre così o non risponde a logiche di opportunità e di contiguità con il “potere” ai fini di ricavarne vantaggio o posizione privilegiata nell’esercizio del proprio “ufficio”? La corsa alle iscrizioni di massa, in prossimità dei rari congressi,

è frutto di una adesione spontanea o di una usurpazione del nome dell’aderente da parte dei vari collettori locali in favore e per conto dei “ras” locali e nazionali? Ancora: i partiti devono usare al loro interno il “metodo democratico” che dovrebbe portare al ricambio delle élites e leaderships che li guidano. La democrazia si manifesta, in questi casi, con la celebrazione dei vari congressi a livello territoriale, mediante regolamenti che possono far emergere, garantendone la rappresentanza, posizioni minoritarie. Gli organi statutari preposti, dovrebbero, ai diversi livelli territoriali in cui si ramifica la rappresentanza, stabilire l’approvazione annuale del bilancio in modo che trasparenza, pubblicizzazione e metodo corretto dell’uso del denaro siano verificati ai fini di una riconosciuta crescita partecipativa e di un coinvolgimento della pubblica opinione. Il troppo lungo mancato ricambio generazionale – o nei migliori casi episodico – causa di una depre-

cabile gerontocrazia politica di matrice quasi esclusivamente italiana è in larga misura dovuto a “modelli personali” nella gestione democratica degli attuali partiti i cui congressi, celebrati dalla maggioranza solo se è certa la vittoria, sono manifestazioni di sudditanza al capo più che la faticosa elaborazione e ricerca di modelli nuovi nella gestione della politica. La stessa nascita di una pluralità di fondazioni – peraltro pure queste finanziate dal Parlamento – hanno trasferito in altra sede (correntizia?) il dibattito su problemi di vita strategica quotidiana che meriterebbero l’incondizionato ascolto dei partiti, se della valenza incardinata nella Costituzione. L’ultimo rilievo riguarda l’assunto che i cittadini, associati in partito concorrono a determinare la politica nazionale. È il cuore vivo di una democrazia rappresentativa: i partiti sono il mezzo per canalizzare le pulsioni della società verso un concreto sbocco in codificazioni, norme ed atti che diano “storia” ad un bene comune frutto

della volontà e delle manifestazioni del popolo. Il Parlamento è il luogo in cui si appalesa e determina il percorso alla formazione della politica nazionale. Difficile affermare che questa sia la condizione degli attuali due rami del Parlamento e non solo per una maldestra legge elettorale – utilizzata con grande rigore anche dagli urlanti detrattori – ma per l’incapacità dei partiti, a causa delle manchevolezze prima denunciate, a reclutare e selezionare i “migliori” candidati. Oggi vale il principio che è meglio un Deputato fedele al voto che cosciente del voto – quindi con vincolo di mandato – e la fedeltà assieme al vezzo di cambiare “casacca” per una nuova sicurezza di re-incarico rimangono le virtù emergenti. Un leader di partito, navigato e stagionato, diceva un po’ di tempo fa, riferendosi al Parlamento: “Questo è un club dove è meglio esserci per stare bene”. Che sia questa l’unica aspirazione

Luigi D’Agrò alla “determinazione della politica nazionale”? In questa domanda ci sta, forse, la rabbia, piuttosto che la ragione dell’1,2 milione di cittadini che hanno firmato, in pochi giorni, a favore dei referendum abrogativi dell’attuale legge elettorale. * Ex deputato DC

Le tecnica riduce la libertà dere, si potrebbe dire l’asse MilanoPalermo con base a Roma. La Lega Nord è invece essenzialmente il partito della Lombardia che raccoglierebbe molti consensi anche in Veneto, senza restituire però ad esso una rappresentanza adeguata; altrove nel Nord è subalterno al PdL. Ciò dimostra che il Nordest, pur votando per questi principali 3 partiti per oltre il 90%, non ha un partito

di Davide Lovat*

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on l’incremento della tecnica ci sarà sempre meno spazio per la libertà, perché la tecnica presuppone degli automatismi e vuole ridurre al minimo ogni variabile e ogni elemento d’incertezza. Questa considerazione del filosofo tedesco Horkheimer descrive perfettamente quanto sta avvenendo nei sistemi politici delle cosiddette democrazie occidentali. Ovunque assistiamo alla razionalizzazione e semplificazione del sistema, ridotto sempre più alla copia di quello della Prima Potenza militare, cioè gli USA: sistema bipolare, due soli partiti appartenenti allo stesso sistema ideologico liberale contraddistinti solo dal colore blu piuttosto che rosso e dal fatto che uno è più conservatore e l’altro più progressista. Tutte le altre formazioni vengono lentamente ridotte all’anonimato, al silenzio, alla marginalizzazione, attraverso leggi elettorali studiate “ad hoc” e con una sapiente campagna mediatica orchestrata sul lungo termine da chi controlla tanto i giornali, quanto i partiti. In Europa trovano ancora espressione alcuni partiti alternativi al sistema, ma il loro riassorbimento è progressivo attraverso i metodi suddetti o attraverso la corruzione delle persone. Cosicché i partiti si riducono ad es-

che lo rappresenti territorialmente a Roma e ne paga le conseguenze con una crescente marginalizzazione e disaffezione dei cittadini verso la vita nella Repubblica, cioè nelle cose che appartengono a tutti. In una situazione del genere, dove anche la Lega Nord è destinata a sparire perché il sistema pretende semplificazione, cosa resta da fare al cittadino per esercitare quella sovranità che almeno sulla carta do-

vrebbe appartenergli? Horkheimer invitava a resistere ad oltranza anche con battaglie destinate all’insuccesso, in nome della libertà e della democrazia. Come? Proveremo da oggi a ragionare su queste pagine, appartenenti a una testata che incarna proprio lo spirito di resistenza verso l’oppressione della Tecnica sulla Libertà delle persone. * Fondatore del Progetto Veneto

Davide Lovat sere semplici lobbyes elettorali, che competono per ottenere il consenso su programmi generici e demagogici per accedere nelle postazioni di comando e destinare così le risorse statali nel modo conveniente ai finanziatori delle campagne elettorali. Una partitocrazia, anziché una democrazia, poiché il popolo in questo modo devolve il potere a organizzazioni intermedie anziché direttamente al Parlamento. In Italia abbiamo una ulteriore anomalia, causata dalla Storia singolare di questo Stato assemblato da diverse nazioni precedenti: abbiamo i partiti territoriali. Un’attenta analisi delle percentuali di voto dimostra infatti che il PD (i “liberal” colore rosso) è un partito appenninico con particolare radicamento in Toscana ed Emilia e, in misura molto minore, nel triangolo industriale, per eredità del vecchio sindacato operaio. Il PdL (i “liberali” colore blu) è maggioritario nel Nord-Ovest e nel Sud; semplificando per chi ha orecchi per inten-

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e il Presidente del Consiglio, Mario Monti


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multiculturalità

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La multiculturalità scolastica: da problema a risorsa umana L’esperienza di Bassano fotografa la realtà italiana e veneta di Federica Ceolato

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’ stato pubblicato in questi giorni il rapporto nazionale sulla situazione scolastica degli alunni stranieri in Italia del Ministero dell'Istruzione. Dall’analisi statistica emerge che gli alunni con cittadinanza non italiana si confermano come una realtà strutturale: nell’anno scolastico 2010/11 sono 711.064 e rappresentano un gruppo in continua crescita, anche se negli ultimi anni si sta verificando un lieve rallentamento nell’incremento. Gli iscritti stranieri corrispondono al 7,9% del totale della popolazione studentesca in Italia: è la scuola primaria ad accogliere la maggioranza di essi. «I bambini che arrivano in Italia vengono inseriti nelle classi, corrispondenti alla loro età o precedenti. Spesso i bambini che arrivano in Italia con le loro famiglie, scappano da una si-

tuazione di conflitti e guerre nella loro terra d'origine e la loro situazione psicologica ed emotiva è fragile e delicata – spiega Caterina Bortesi, operatrice di un'associazione bassanese attiva nell'ambito della multiculturalità, con cui le scuole, spesso prive di risorse interne, attivano dei progetti di integrazione che affiancano i bambini nell'apprendimento della lingua italiana. «Le principali difficoltà, oltre alla lingua, riguardano soprattutto le dinamiche emotive e relazionali di questi bambini, del cui passato non si riesce a conoscere molto. Durante le mie lezioni - prosegue l'operatrice - dimostrano di avere molto bisogno di contatto umano e di attenzione particolare. Vivono il nostro momento insieme come una festa perché si sentono curati e seguiti. In classe, infatti, diventa difficoltoso per gli insegnanti, a causa del programma da seguire e delle classi numerose, seguirli nelle loro fragilità. E questo, purtroppo, aumenta il loro disagio e la percezione di sentirsi diversi.

Sarebbe importante – conclude Caterina – lavorare molto di più in termini di educazione alla diversità e alla multiculturalità, nelle scuole, nelle famiglie e nelle attività extrascolastiche così da poter offrire ai bambini, non solo a quelli stranieri che arrivano in Italia, una cultura più accogliente e costruttiva, che valorizzi, e non penalizzi, l'essere diverso, in tutte le sue forme». Il Veneto è la seconda regione con maggior numero di stranieri, dopo la Lombardia; la percentuale di alunni con cittadinanza non italiana è dell'11,9% (84.914 studenti) del totale della popolazione scolastica, una percentuale quasi doppia rispetto alla media nazionale, con numeri più elevati nelle province di Treviso, Vicenza e Verona. L’aumento più significativo nell’ultimo decennio ha riguardato le scuole secondarie di secondo grado. A livello nazionale nell’anno scolastico scorso, erano 153.513, un numero in forte espansione, con un’incidenza percentuale sul totale degli iscritti a questo livello scola-

stico intorno al 6%. È da notare che gli studenti stranieri sono particolarmente numerosi negli istituti professionali (frequentati dal 40,4% degli stranieri). Minore è la loro presenza nei licei (18,7%), a differenza degli italiani che, invece, prediligono i licei (43,9%) rispetto ai professionali (19,2%). «È negli anni delle scuole secondarie di primo e secondo grado che si riscontrano le maggiori difficoltà – spiega un docente di un Istituto tecnico di Bassano - perché gli allievi, oltre a conoscere poco o niente della lingua italiana, si devono confrontare anche con i linguaggi specifici delle diverse discipline. Per questo vengono organizzati, oltre ai corsi italiano, attività extra-scolastiche che forniscono loro le conoscenze e la terminologia di base per ciascuna materia. Le ore e i fondi dedicati a tali progetti sono però limitati e, comunque, insufficienti per dotare gli alunni stranieri degli strumenti per apprendere in modo significativo. Spesso si percepisce nei loro com-

portamenti un senso di frustrazione e di sfiducia, che può tradursi in atteggiamenti di chiusura, in mancanza di motivazione e scarsa autostima, in un'età già di per sé molto complessa. Se, inoltre, si considera che molti insegnanti persistono nell'adottare una didattica di tipo tradizionale, con lezioni frontali passive e lettura di testi, allora la possibilità per questi ragazzi di essere partecipi del loro percorso di apprendimento diventa irrealizzabile. Non a caso, numerosi sono i casi di bocciatura o abbandono scolastico che portano questi ragazzi sulle strade, poiché spesso assenti sono anche le famiglie. Per questo le scuole non dovrebbero limitarsi a progetti di integrazione, ma attivare l'integrazione in maniera trasversale, dal personale scolastico alle metodologie didattiche, dalle relazioni agli spazi, dentro e fuori il contesto scolastico. La multiculturalità è una realtà strutturale - conclude l'insegnante – a cui la scuola non può più sottrarsi. I numeri parlano da sé».

Manuel Remonato agli studenti di Bassano: tante piccole lumache bloccano un aeroporto Il coordinatore regionale della Consulta degli studenti scandaglia scuola, lavoro, crisi e società

di Nicola Canilli

M

anuel Remonato, nato a Bassano del Grappa, studia presso l’ ITIS “E. Fermi”. Per tre anni rappresentante di classe, in quarta rappresentante d’Istituto, quest’anno prima rappresentante per la sua scuola nella Consulta, poi alla plenaria provinciale eletto Presidente e infine pure Coordinatore regionale Veneto. Come mai quest’anno hai deciso di candidarti prima a Presidente della Consulta provinciale e poi regionale? Tutto è nato dalla volontà che avevo di mettermi in gioco e portare all'interno delle cariche studentesche una visione neutrale della scuola e un programma basato sull'ascolto di tutte le componenti, specie quelle spesso ignorate. Ci racconti cos’hai organizzato l’anno scorso nel tuo Istituto assieme agli altri rappresentanti? Abbiamo organizzato varie assemblee dirette all'attuazione di una presa di coscienza sul fatto di essere cittadini attivi nella società. Gli argomenti trattati: "lotta alla Mafia", "pro e contro del nucleare in Italia", "i Social Network" e "i

Giovani all'interno della società". Ci siamo impegnati a garantire agli studenti tutti i diritti che spettano loro e farli partecipi della vita scolastica per rendere questa formazione un'esperienza non solo utile dal punto di vista tecnico e scientifico, ma soprattutto umano e civile. Comunicare agli studenti che la scuola non è un obbligo ma un diritto e una opportunità che abbiamo la fortuna di avere. Quali sono i tuoi obiettivi in queste nuove cariche? Innanzitutto dare grande rilevanza all'ascolto, per me un fatto molto importante che oggi è poco presente nella società; in secondo luogo, ma non di minore importanza, dare alla mia carica e all'organo della Consulta una caratteristica di trasparenza e giustizia, nel nostro piccolo. Migliorare il legame scuola-lavoro per aiutare in questo clima difficile i ragazzi ad avere maggiori opportunità lavorative; migliorare pure la partecipazione e l’impegno all’interno della comunità, per esempio percorsi di cittadinanza attiva su temi come mafia e legalità; infine organizzare, seminari, concorsi… Tu che stai vivendo il passaggio alla riforma Gelmini, come hai visto cambiare all’interno la scuola? Sentendo le affermazioni di tanti studenti di vari Istituti la situazione

si sta aggravando sia dal punto di vista dell'edilizia che dell'organizzazione delle scuole, vista la mancanza sempre più accentuata di fondi che compromette portando ad un abbassamento del livello di insegnamento, della qualità e molte volte anche della sanità all'interno delle scuole. Per questo mi impegnerò a portare alle istituzioni i problemi che ogni giorno sorgono nei nostri Istituti. A Roma, dopo il Presidente Napolitano, questo mese sarai dal Ministro Profumo. Cosa gli dirai? A Profumo lancio solo un appello, semplice ma molto importante: chiedo, in nome degli studenti veneti, e penso di tutta Italia, che ci sia dato ascolto perché noi non siamo solamente il futuro di questo Stato, ma vogliamo essere il presente. Secondo te cosa dovrebbe dare una scuola oltre all’istruzione? L’aspetto di punto di formazione civile e umana molte volte manca nei nostri Istituti e questo è dato dall'insegnamento, spesso solo tecnico e scientifico, dei professori e dall'organizzazione scolastica. Nel mio Istituto stiamo migliorando, ma in altri manca e ciò porta gli studenti, una volta usciti, a non rendersi conto di tutte le potenzialità che hanno come cittadini, membri di una società. Ci dovrebbe essere pure una collaborazione più stretta tra

scuola e famiglia, che sono il fondamento del nostro Stato, per fare dei giovani una vera risorsa e non soltanto una società fatta di "sudditi" che semplicemente obbediscono a ciò che è imposto dall'alto. Son due anni che gli studenti manifestano a Bassano, il mese scorso c’era chi raccontava persino che in un Istituto piove in classe. A Bassano in piazza è pure in atto la campagna IdV di raccolta firme per la copertura totale delle borse di studio agli aventi diritto. Tu che rappresenti da anni gli studenti, potresti dirci perché hanno deciso di scendere in piazza? Gli studenti hanno il bisogno di scendere in piazza per manifestare le proprie idee (e ragioni n.d.r.) e per far sentire alle cariche politiche e istituzionali che ci sono anche loro come membri della società, dato che sennò non riceverebbero ascolto. Sei a conoscenza del piano delle trasformazioni previste per il Centro studi di Bassano? Sì, ma non a fondo. Spero mi venga data maggiore informazione e che lo stesso Comune possa sentire il mio parere come rappresentante e in generale le opinioni di noi studenti che saremo i primi a risentire, in positivo o in negativo, di questi cambiamenti. Come la percepiscono i giovani la crisi attuale e quali sono le

Manuel Remonato preoccupazioni in vista del futuro? In modo drammatico. I giovani sempre più rimangono passivi di fronte a ciò che viene loro imposto e si stanno rassegando ad un futuro incerto. Vorrei a riguardo condividere un racconto vero che all'ITIS abbiamo sentito da Don Marco Pozza ad un'assemblea d'istituto: "Un giorno all'aeroporto, dopo l'annuncio che il mio volo avrebbe subito un ritardo di due ore, sono andato dalla hostess e le ho chiesto la motivazione. Sapete lei cosa mi ha risposto? Il ritardo era dovuto al fatto che la notte prima un milione di piccole lumache avevano " invaso" la pista di decollo e agli aerei era stato negato il decollo. Con questo sapete cosa vi voglio dire? Anche se vi sentite piccoli da soli, sappiate che tutti assieme potete bloccare qualsiasi cosa. Anche di enormi dimensioni. Voi siete la forza motrice di questa società!"


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Immigrati e sfrattati, questi (mi)sconosciuti di Fulvio Rebesani*

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uando si scrive alla assessora ai Servizi, alla Persona e alla Famiglia, Casa, Attività Demografiche di Bassano del Grappa, signora Lorenza Breda raramente si ottiene una risposta in prima battuta. Su sollecito, ma non sempre, si ottiene un riscontro, comunque per lo più evasivo. C'è del marcio in … Danimarca Se la questione riguarda una famiglia sfrattata il testo é sempre - sostanzialmente - il medesimo: il comune non ha case e non ha soldi per dare un aiuto durevole. Del resto se leggiamo il bilancio nelle parti relative al sociale troviamo solo elemosine, sia pure variamente definite. Forse c'è anche una punta di razzismo in questa scelta paternalista. In-

Maternita’ - anno 2011 Chi può fare la richiesta “Per avere diritto all'assegno è necessario: Essere cittadini italiani, stranieri comunitari o stranieri titolari dello status di rifugiato politico e di protezione sussidiaria residenti nel Comune di Bassano del Grappa…” Qualcuno potrebbe dire che c'è un obbligo di legge escludente le immigrate dall’erogazione del contributo di maternità ma non é così perchè in seguito a modifiche di norme ed alla giurisprudenza ma, soprattutto, per un modo umano, aperto e democratico di amministrare vari comuni italiani (ad esempio Jesi, Aosta, Genova e perfino il leghista di ferro Montecchio Maggiore, nonché altri) rilasciano il contributo anche alle madri con permesso di soggiorno prolungato. L'assessora Breda si é distratta? Oppure c'è un latente ostracismo verso i poveri “non standardizzati”, quali le madri straniere extracomunitarie (e qui c'è del razzismo) o gli sfrattati (e qui c'è del calvi-

Una donna africana con il figlio fatti, ad esempio, gli anziani, ai quali giustamente viene dedicato un fondo significativo, quasi mai sono immigrati. La suddetta assessora, nel sito comunale relativo alle sue competenze, così regola l'attribuzione dell'assegno di maternità base: Assegno di

nismo perchè dal comportamento assessorile di chiusura é ragionevole dedurre che essa li ritenga colpevoli della loro condizione). Bilancio, Assistenza, Apparati Il bilancio preventivo 2011 ci fa capire quale sia il pensiero politico di

chi governa Bassano. La spesa sociale equivale (a parte i progetti che sono affidati al “futuro futuribile”) a quella per la polizia municipale, per la giustizia, per le carceri. Cioè il comune di Bassano destina agli anziani, minori poveri, ragazze madri, ecc. risorse equivalenti a quelle destinate al sistema che serve a cacciare di casa i poveri, ad arrestarli e carcerarli - se trascendono e non tengono un comportamento semi borghese di fronte a tante disgrazie ad essi causate da banche e finanziarie. Invece non c'è nulla per la promozione e il riconoscimento dei diritti dei poveri e degli impoveriti: non vi sono fondi per dar casa agli sfrattati, nemmeno un euro. A Bassano non li alloggiano a spese comunali nemmeno in albergo come invece e almeno fanno a Vicenza dove peraltro potrebbero dar agli sfrattati una delle abitazioni comunali sfitte ed abitabili subito. Come definire una amministrazione che si presenta con queste credenziali? Ostracismo ai meno abbienti e nessun aiuto a proseguire la vita famigliare. Laddove … Legge non sempre è sinonimo di giustizia Certo, giudici, poliziotti, vigili spesso in tale veste - agiscono secondo la legge – almeno dicono. Ma i Romani, padri del sistema del diritto occidentale, si rendevano conto dei limiti e difetti di tale importante strumento e scrivevano “Summum ius, summa iniuria”, come soleva dire il grande avvocato romano Cicerone. Cosa vuol dire? L’applicazione della legge riflessa su sé stessa e disancorata dalla realtà sociale produce il massimo dell’ingiustizia (iniuria = in ius = contro il diritto). Perché tirar fuori questa che potrebbe sembrare una stranezza in materia di sfratti? Il processo civile è basato sul contraddittorio delle parti. Quante più prove e quanto più bravo avvocato ha uno dei contendenti, tanto più potrà avere ragione dal giudice. Nello sfratto per morosità la legge dà al giudice il potere di rinviare fino a tre mesi il pagamento dei canoni non corrisposti (una pausa) e, in caso ciò

Il vicesindaco Carlo Ferraro, l'assessore Lorenza Breda, il sindaco Stefano Cimatti e l'assessore Annalisa Toniolo non avvenga (succede spesso perché gli sfrattati per morosità sono in genere cassintegrati, licenziati, ecc.), gli consente di fissare l’esecutività dello sfratto entro due mesi, un prender fiato. Ma le cose non sono così semplici, le temporizzazioni non sono automatiche (altrimenti a cosa servirebbe il giudice?) ma conseguono alla discussione fra le parti nelle due udienze: l’una prima dei possibile tre mesi e l’altra prima del potenziale bimestre. Ora, se si presenta uno straniero od un “nostrano” che non sanno nulla di legge, parlano male l’italiano, sono intimiditi dal Tribunale e dal giudice e dall’altra parte c’è l’avvocato del locatore, il giudice, spesso, valuta il confronto – totalmente impari - delle parti a prescindere dal rispettivo peso specifico e quindi non dà né i tre mesi (detti anche “termini di grazia”) né i successivi due ma fissa subito la esecutività: sloggio in tre mesi circa. Qui abbiamo il “Summum ius, summa iniuria” perché viene rispettata la procedura formale dando alle parti uguale spazio difensivo (summum ius) senza considerare l’evidenza, cioè la totale disuguaglianza nella capacità di argomentare, di chiedere ciò che la legge consentirebbe se lo si sapesse; ma se non lo si sa... E questa è la “summa iniuria”. Chi non conosce l’esistenza del SU-

NIA, chi non ha i soldi per andare da un avvocato, cioè lo sfrattando privo di difesa, si trova lo sfratto esecutivo in uno/due mesi invece che in cinque/sei. Questi mesi sono oro per chi è alla ricerca di una casa a basso canone: ce ne sono ma … trovarle! Mentre scrivevo questo articolo sono venute al SUNIA ben due famiglie che, nella maniera ora descritta, si sono trovate lo sfratto esecutivo in due mesi dall’udienza iniziale. E qui è lecito individuare in certi giudici gli autori di quella “iniuria”, di quella ingiustizia. Infatti essi possono accordare i primi tre mesi e poi i secondi due anche in presenza di una insufficiente difesa di una delle due partii (il conduttore sfrattando). Alcuni lo fanno, altri no. Perché? Forse la torre d’avorio nella quale operano, inattaccabile come stabilità ed elevatezza della retribuzione con garanzie tutelate dai loro pari del Consiglio Superiore della Magistratura (“can non magna de can”) rendono taluni giudici astratti dalla dolorosa realtà quotidiana verso la quale avvertono un certo fastidio impedendole di entrare nelle aule di giustizia come se costituisse un inquinamento del diritto e non invece – come è e come era per i padri Romani - un dare al diritto, alla legge la sua base, la sua giustificazione. * Segretario provinciale SUNIA di Vicenza

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società

225 del 17 dicembre 2011 pag 7

Wi Fi, Bassano supera New York Ora bisogna svilupparne un uso all’avanguardia e diffuso a tutte le età di Nicola Canilli

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ome sempre Bassano caput mundi. Da studi americano-argentini basterebbe un portatile wi-fi appoggiato sulle gambe per quattro ore per danneggiare la motilità di un quarto degli spermatozoi, ma nel frattempo a Bassano si dice che abbiamo superato New York per capillarità di copertura di rete Free Wi-Fi. Chi difende gli Hotspot cita valori medi in output di 100 mW di potenza contro i 2 Watt di un telefonino; chi li attacca porta a riferimento casi di scuole in cui si è provveduto a smantellare la rete wireless per possibili pericoli nei giovani in piena età di sviluppo, con struttura ossea e nervosa fisicamente immatura, in particolare le ossa del cranio. Studi a lungo termine non ce ne sono, intanto 50 Dspot sono già funzionanti e si arriverà a coprire un bacino di 150.000 utenti all’anno. Regalo o pericolo, questo strumento va adoperato in maniera intelligente. Renzo Rosso, da decenni tra i primi a fiutare l’importanza di ogni aspetto di media e comunicazioni, probabilmente è a conoscenza di ipotetici scenari futuri a riguardo, ma ancor più forse ha intuitivamente anticipato quanto avrà da venire, unendo visibilità mecenatistica ad interesse collettivo. Spot per giovani? Anche per vecchi. Se siamo un Paese anagraficamente anziano, se il professor Monti le maggiori critiche

le sta ricevendo riguardo al sistema pensionistico, non si può allora ragionare senza prendere in considerazione quella terza età che nei Paesi dove Internet è più diffuso presenta dati di utilizzo da parte degli over 65 identici ai ragazzi di fascia 18-29 anni. Non è ancora la nostra situazione, ma stiamo evolvendo molto velocemente. Se i media sono lo spazio per inserzioni pubblicitarie, Internet sta soppiantando la posizione da leader indiscussa della TV negli ultimi decenni, surclassandola e vincolandoci sul piano della necessità di tale mezzo. Gli anziani ne stanno scoprendo le qualità sul piano della comunicazione, qualcosa di analogo a quanto avviene nei giovani. Le aziende stanno integrando invece questo strumento nei processi costruttivi e nei prodotti finiti, nuova funzionalità essenziale oramai in tutto. Ma le amministrazioni come ragionano a riguardo? Non si sta parlando del regolare tale strumento per agevolarne la fruizione collettiva, ma di come gli enti pubblici possano e debbano sfruttare questa nuova opportunità. Nell’attuale periodo di vacche magre, se veramente a Bassano abbiamo tra le mani una fortuna che nemmeno New York possiede, allora ci sarebbero da studiare tutte le metodologie utili e porle in essere. Il piano del sindaco Cimatti a riguardo della cittadella dei servizi da realizzare nell’area del vecchio Ospedale è la pianificazione del futuro, ma una adeguata struttura di servizi comunali online è l’identica risposta che può essere fornita al cittadino ragionando nel presente. L’attuale situa-

zione di necessità, accompagnata dalla neo opportunità, chiede di sviluppare sul piano pratico tale concetto e di andare oltre quell’impasse che per esempio ci mostra il sito del Museo eternamente in costruzione. Bisogna sapersi vendere sul mercato locale e nazionale, specie quando i conti sono in passivo. L’amministrazione di una città ha questo doppio compito, sia nella gestione e valorizzazione dei beni storico-paesaggistici, ma anche nel fungere da traino all’economia delle botteghe cittadine, a partire dal centro e senza tralasciare le specificità di ogni frazione. Come Rosso ha fiutato la strada, chi ci governa dovrebbe seguirlo a ruota e fare da capofila nel campo, non solo ai comuni limitrofi. Inoltre implementando i contenuti all’interno del sito comunale, si agevolerebbero cittadini ed imprese nel rapido reperimento di documentazioni varie, per esempio dalla completezza di piante ed allegati in tema di urbanistica ad altrettanto in tema di giustizia. Se riguardo alla questione Tribunale, nell’ipotetico scenario di chiusura, si paventano ai cittadini lunghe trasferte fino a Vicenza, nel momento in cui non si è mai proceduto ad un serio collegamento ferroviario e/o su asfalto tra i due centri, ma non essendoci nemmeno in alcuni casi le necessità di tali spostamenti, converrebbe piuttosto puntare sul servizio online, più semplice, rapido ed economico. Questo esempio lo potremmo applicare in qualsiasi ambito, dal sociale al sanitario. La sinergia invece con enti universitari potrebbe passare per la valorizzazione e il servizio di

Renzo Rosso testa il Wi-Fi sul Ponte degli Alpini studio e catalogazione online di documenti quali, per esempio, quelli depositati presso il nostro Archivio di Stato. Tutto un processo di diffusione in rete di un patrimonio che non sappiamo nemmeno di possedere. Ancor più se andiamo verso la chiusura di succursali ed uffici, l’efficienza ed il risparmio passano obbligatoriamente per la strada informatica. Come pure trasparenza e partecipazione: sarebbe facilitata la gestione dell’Urban Center se per esempio si passasse per una condivisione online dei vari progetti di sviluppo urbano. Le fasi del concorso per la nuova scuola Bellavitis si sarebbero potute gestire in maniera diversa. Anche l’iter per la rotonda al General Giardino avrebbe potuto veder interpellati maggiormente i cittadini,

su più scenari possibili, innescando catene di discussioni e suggerimenti riguardo alle scelte progettuali. L’amministrazione certo poi, come ricorda il Sindaco, ha l’onere e l’onore della scelta, ma Bassano ha aderito agli Aalborg Commitments, ed è quindi doveroso ricordare che al punto 1 “Governance – ci impegniamo a rafforzare i nostri processi decisionali tramite una migliore democrazia partecipatoria” si parla di “incrementare la partecipazione”, “invitare tutti i settori della società locale a partecipare attivamente ai processi decisionali” e “rendere le nostre decisioni chiare, motivate e trasparenti”. Una strofa indimenticabile diceva “libertà è partecipazione”, ora che il WiFi è libero aspettiamo di poter partecipare.

Universitari a Padova tra difficoltà coi trasporti e mense chiuse Il Sindacato degli Studenti impegnato a far riaprire la mensa Marzolo e ad aumentare le corse di autobus

di Silvia Maule

A

ndrea è partito da Cornuda alle 7 per prendere il treno da Altavilla e andare a seguire le lezioni di Logopedia, che iniziano alle 9: "Per fortuna che ho la macchina dei miei, altrimenti dovrei partire un'ora prima, e lavorando la sera per il censimento fino a tardi sarebbe difficile restare abbastanza svegli tutto il giorno...". Molti altri ragazzi vicentini frequentano l'università a Padova, ma, nonostante la relativa vicinanza, l'ateneo patavino non è così agevole da raggiungere con i mezzi pubblici. Nonostante la possibilità di fare l'abbonamento, spesso i disservizi rendono gli spostamenti sfiancanti: si va dall'acquisizione del quarto d'ora accademico di ritardo da parte di alcuni treni (ad es. quello delle 8.10 Bassano-Padova), alla

soppressione dei viaggi che comporta un affollamento insostenibile sul treno successivo; senza contare le carrozze chiuse, i malfunzionamenti del riscaldamento, i viaggi al buio, i ritardi non segnalati, gli improvvisi guasti in mezzo alla campagna. Quando si tratta poi di trovarsi a dover cambiare treno a Vicenza, come succede per tutti gli studenti che provengono dall'Alto Vicentino, e il treno ti parte davanti al naso o non ci sono coincidenze, lo stress è assicurato. Da Bassano invece la linea fino a Padova è diretta, ma dai paesi circostanti non è agevole raggiungere la stazione perché o non ci sono le corriere o non sono coordinate con gli orari dei treni. Giada, che frequenta Mediazione Linguistica e Culturale, da Nove ha così deciso di spostarsi ad abitare in città: "Tre ore tra andata e ritorno da Padova sono piuttosto pesanti, ma più che altro spesso ho lezione la mattina presto e poi il tardo pomeriggio; stando a Pa-

dova riesco ad organizzarmi meglio, e anche a fare qualche lavoretto". Dopo il part-time in ufficio Erasmus, questa settimana imbusta DVD con altri ragazzi, tra cui c'è Silvia, una studentessa di Scienze e Tecnologie per l'Ambiente che arriva da Arcugnano: "Io ero pendolare, ma ho smesso, perché nonostante avessi le lezioni concentrate alla mattina, due volte su cinque cancellavano il treno delle 13.30, e così in pratica perdevo metà pomeriggio in stazione...". Entrambe le giovani vicentine hanno deciso di essere utili ai loro colleghi di corso e di contribuire alla vita studentesca: fanno infatti parte del Sindacato degli Studenti, che come spiega Giada "è un gruppo apartitico e indipendente che si impegna nella rappresentanza studentesca per provare a migliorare le cose" -" Ma non per fare politica di mestiere" la interrompe Silvia: "grazie all'impegno del nostro rappresentante nel Cda dell'università, quest'anno siamo riusciti a far aumentare il numero delle

Studenti vicentini a Padova corse d'autobus per Agripolis, il polo scientifico-agrario che si trova a Legnaro e dove si tengono alcuni corsi che anch'io devo seguire". La tenacia di questi ragazzi sta portando anche alla riapertura della mensa Marzolo, dove mangiavano gli studenti delle facoltà di Scienze, Farmacia, Ingegneria, che adesso si trovano tutti concentrati all'altra mensa della zona, dove si può stare in coda ad aspettare anche mezzora. Chiusa per un contenzioso tra l'ESU

e l'università, la continua pressione dei loro rappresentanti è riuscita a riaprire il dialogo tra i due enti che ora troveranno un accordo. Il valdagnese Gianluca, cresciuto al liceo Tron di Schio e ora presidente del Consiglio degli Studenti, conclude così la nostra chiacchierata: "se gli studenti pendolari riusciranno a mangiare un pasto caldo invece di dover accontentarsi di un panino, sarà quindi anche per l'impegno di Giada e Silvia".


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