VicenzaPiù n.215, 10 giugno 2011

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bar senza prezzi turisti danneggiati pag 5

zoso e Report Acque Vicentine L’ex Dc contro Cinque domande Gabanelli a Guzzo pag pag 3 4

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n° 215 10 giugno 2011 euro 1,00

e Ovest - Alto Vicentino

Quindicinale di fatti, personaggi e vita vicentina Direttore responsabile Giovanni Coviello

In edicola il venerdì

Poche ciàcole

Convergenze parallele

Il retropassaggio Cassingena stop and go

Aim-Marghera. La verità di Giglioli

Le banche beriche cominciano a essere toccate come “complici” di operazioni di riciclaggio delle mafie locali, contraddistinte dall’uso come armi del potere finanziario ed economico, sempre più prevalente su quello politico.

Report di gabanelli su Rai Tre “attacca” l’ex parlamentare di lungo corso Zoso, presidente di un Cda in cui ipotizza influenze mafiose.

Per difendersi diamo, comunque, voce a un supervisor, sia pure ufficioso, delle “trame” della politica e dell’economia locale, ora ripartite in vista dei prossimi appuntamenti elettorali per Provincia e Comune con delle (poco) strane convergenze parallele: il Pdl attacca Alessandra Moretti sulle mense e Roberto Fazioli sulle consulenze. Variati, ex fan del suo vice, interviene alal fine e solo per riaffermare la sua carismatica capacità demiurgica salvando, ma “incastonando”, una dirigente nazionale del Pd sempre più popolare e ingombrante. E poi il Pdl attacca Fazioli sulle consulenze “improprie”, dopo che Variati ha rinviato al dopo bilancio la scelta del prossimo timoniere di Aim (alle cui vicende dedichiamo altre 4 pagine). Ma se Fazioli, lodato dal sindaco, ha ben operato, perché cambiarlo magari appellandosi all’inchiesta sollecitata dalla sponda pidiellina, futura alleata nelle comunali del sempre più civico Variati?

Fazioli se lo chiede lamentandosi, oltre che dello scarso potere strategico avuto in Aim, anche della “censura” dei media, nonostante vi operi un certo Jacopo Bulgarini d’Elci, portavoce (e) principe del sindaco. Anche Fazioli è invadente e, quindi, out perché non è più simpatico al piccolo Berlusconi di casa nostra? O il potere reclama al vertice del business dell’energia altre (vecchie) figure? In attesa di risposte abbiamo chiesto alla difesa di Variati (Giancarlo Corò) e all’accusa (Renato Ellero) di disegnarci il loro ritratto di Achille. A voi i due affreschi

di Giovanni Coviello

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urante i primi anni Duemila Aim sarebbe in qualche modo stata costretta ad acquistare la piattaforma di Marghera, acquisto che scatenerà di lì a qualche anno un arcinoto caso giudiziario. Il motivo? Cercare di silenziare lo scandalo che sarebbe potuto derivare dalla notizia che nel depuratore di Sant’Agostino per anni sono finite quantità abnormi di metalli pesanti. È questa la chiave di lettura che Gianni Giglioli, ex assessore alle municipalizzate nella attuale giunta comunale di Vicenza, dà sull’intero affaire San Biagio.

di Marco Milioni

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LAGHETTO Planimetrie sul web

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al 18 aprile 2010 è depositato in Comune il “Concept Urbanistico Area Ex-PP10” redatto da Mario Cucinella Architects con ipotesi di sviluppo di Laghetto e un protocollo d’intesa coi proprietari tra cui Pigato Srl (azienda della famiglia del consigliere di Cicero a 360°, in maggioranza dallo scorso settembre) e l’IPAB rappresentata da Rolando oppositore nel passato del PP10. E’ prevista a breve una riunione del sindaco con la maggioranza per illustrare il progetto, prima “illustre sconosciuto”, e sulle nostre testate web pubblicheremo a giorni materiale e planimetrie.

OSPEDALE OVEST Via allo scaricabarile

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essun progetto e nessuna procedura per realizzare l’ospedale unico? L’iter si sarebbe fermato o sarebbe comunque al rallentatore perché da una parte i Comuni interessati non si sarebbero mossi a sollecitare la Regione perché tutto proceda e dall’altra parte sembra che Ulss 5 non abbia presentato un progetto. di Marta Cardini

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l’intervista

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Zoso e Report: è guerra Avrebbe tenuto un comportamento opaco nella gestione del collegio di uno studentato romano e favorito in qualche modo gli studenti benestanti della Libera università internazionale degli studi sociali. Ma l’ex deputato Dc respinge seccamente le accuse. di Marco Milioni Sono pesanti gli addebiti fatti dalla trasmissione Report sul conto dell’ex deputato vicentino della Dc Giuliano Zoso. Quest’ultimo però rispedisce al mittente ogni rilievo, spiega nel dettaglio le sue ragioni e parla di «colossali balle» raccontate sul suo conto.

L’antefatto Il 29 maggio Report manda in onda su Rai Tre un lungo approfondimento nel quale si parla tra le altre di alcuni conti presso lo Ior che sarebbero stati utilizzati in modo illecito per favorire imprenditori in odore di mafia. Tra i fautori di tali comportamenti poco rispettosi della legge ci sarebbe don Orazio Bonaccorsi, nipote di «un mafioso» siciliano. Il presule, sempre secondo Report (la trasmissione cita per vero una serie di atti giudiziari che vedono il prete indagato per riciclaggio) avrebbe adoperato un conto alla banca vaticana al fine di far giungere allo zio mafioso un finanziamento non dovuto: sussidio proveniente dalla regione siciliana.

Riciclaggio Di più, su Bonaccorsi LaStampa.it il 27 ottobre 2010 scriveva: «Avrebbe riciclato servendosi di un proprio conto bancario aperto all’Istituto per le opere religiose, lo Ior, circa 250 mila euro provenienti da una presunta truffa allo Stato da 600 mila euro, realizzata da suo padre e suo zio con fondi Por Sicilia. È l’accusa contestata a un sacerdote di 35 anni, Orazio Bonaccorsi, che vive a Roma, indagato dalla Dda della Procura di Catania per riciclaggio.

Nell’inchiesta non ci sono ipotesi di reato per criminalità organizzata, anche se lo zio del prete siciliano, Vincenzo Bonaccorsi, 59 anni, è stato condannato per associazione mafiosa e adesso è indagato per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e intestazione fittizia di beni.

Sarebbe stata in realtà sua, secondo le indagini della guardia di finanza, l’azienda agro-ittica del Siracusano che avrebbe ottenuto i fondi Por Sicilia, che era invece intestata a suo fratello, Antonino Bonaccorsi, di 61 anni, padre del prete. Il sacerdote, secondo la Procura di Catania, avrebbe incassato i soldi e li avrebbe versati su un suo conto personale aperto allo Ior, e li avrebbe poi restituiti. Secondo i magistrati quest’operazione avrebbe reso difficile risalire al destinatario finale dei soldi, rendendoli non rintracciabili».

Il ruolo dell’ex onorovele Secondo Report sarebbe stato proprio Zoso a volere don Orazio al collegio don Mazza di Roma, un collegio «che valorizza i talenti e che, vista la nobile

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finalità, riceve ogni anno dallo Stato... un contributo di circa 1.6 milioni di euro...». A Roma lo studentato Mazza si è insediato nel 2001, mentre è presente da molto più tempo a Padova e Verona.

«Manel2009,incoincidenzaconl’arrivo di don Orazio in qualità di vicedirettore, come si può vedere dal sito del collegio, cambia il profilo degli studenti che hanno diritto di ospitalità. L’accesso non è più consentito agli studenti di tutte le università romane. L’esclusiva spetta alla libera e privata università Luiss, l’ateneo di Confindustria». Tali rilievi li muove Terranews.it, il quotidiano dei Verdi in un reportage del 23 dicembre 2010 a firma di Valerio Ceva Grimaldi.

vicentino Giuliano Zoso, presidente del consiglio di amministrazione del Collegio. Una vecchia conoscenza delle cronache politiche e giudiziarie degli anni Ottanta-Novanta, esponente di spicco della Dc veneta, sottosegretario alla Pubblica Istruzione, in epoca di Tangentopoli fu coinvolto nell’inchiesta Autostrade d’oro e ne uscì con un patteggiamento per reati di corruzione, turbativa di pubblico incanto e associazione a delinquere. Il seguace di Mariano Rumor, la quintessenza della Dc dorotea, si “ricicla” con l’incarico di curare gli affari del Collegio Mazza con la «laicissima Luiss».

Zoso all’inaugurazione dell’anno accademico 2009-2010 della sede patavina del Collegio universitario Don Nicola Mazza col Rettore dell’Università di Padova Prof. Giuseppe Zaccaria.

Un ragionamento che per sommi capi riprende lo stesso Report.

Gli addebiti sulla convenzione Lo stesso Grimaldi peraltro procede così nella sua analisi nella quale mette sotto i riflettori l’operato dei vertici dell’opera pia e di Zoso in primis: «La Luiss ottiene nel 2009 un accordo di esclusiva per gli ottanta posti disponibili e per la gestione della residenza; potranno entrare solo i suoi studenti, e per il disturbo offre un adeguato conguaglio.

Ma, curiosamente, il Collegio Mazza continua a incassare il contributo del finanziamento pubblico. E ancora più curiosamente, il consigliere designato dal ministero dell’Università e membro del consiglio d’amministrazione del collegio, Carlo Brigida, non obietta nulla. Deus ex machina dell’operazione, che sancisce il diritto di esclusiva per l’università confindustriale, è il

Accordo economico «secretato» E l’analisi di Terra.it prosegue: «... il corrispettivo versato per occupare in pianta stabile la residenza lo concorda direttamente lui e viene subito secretato.

Sarebbe un affarone. Se non fosse che l’accordo suscita sospetti in Curia.

Informato a cose fatte dell’esclusiva concessa a Confindustria, per salvare le apparenze il Vaticano chiede che sia almeno nominato un prelato come vicedirettore. Il nome è già pronto: il sacerdote catanese che dice messa nella chiesa vicina, parrocchia ricca di fedeli illustri, don Orazio. Il prete ideale per gestire i rapporti con la Luiss. Scaltro, spregiudicato, un ottimo pr, entra subito in perfetta sintonia con Zoso. Fino alla visita della Guardia di Finanza che svela il lato nascosto del sacerdote: l’attività di riciclaggio di soldi arrivati dalla Sicilia con la truffa nelle casse vaticane, negli stessi mesi in cui cura le anime degli

allievi della Luiss».

«Quante balle» Giuliano Zoso però respinge seccamente le accuse al mittente. Parla di una puntata nella quale sono «state dette molte balle e molte inesattezze» e spiega che sia per quanto concerne Report sia per quanto concerne Terranews.it «sarebbe bastato chiedere al sottoscritto ogni delucidazione sul caso». Cosa che secondo Zoso non è avvenuta perché «evidentemente c’era la volontà di portare avanti un reportage a tesi preconcetta». Tant’è che l’ex deputato non si risparmia e affonda il colpo: «Anzitutto non è stato spiegato che io sono il presidente del cda del collegio Don Mazza e che le nomine dei direttori di residenza e men che meno degli assistenti spirituali non spettano affatto a me, ma ai vertici della Pia Società Don Mazza dalla quale il collegio dipende. Compito mio - spiega ancora l’ex sottosegretario - è quello di far quadrare i bilanci». E ancora: «Come molti sanno in istituti come il nostro la figura dei direttori di residenza è sempre distinta da quella dei referenti spirituali per ovvie ragioni. Ad un certo punto al Don Mazza di Roma era divenuta vacante proprio la posizione del referente spirituale. Don Orazio che era cappellano presso la vicinissima parrocchia di Sant’Emerenziana, parrocchia in cui ha sede il collegio, fu chiamato proprio con questo incarico. Da quanto mi si riferisce, sia in parrocchia come in curia aveva ottime referenze. Per di più era studente all’Università Gregoriana».

Così nel fornire la sua versione Zoso non lesina particolari: «Passato un anno, dal momento che il suo comportamento presso il nostro istituto era stato sempre improntato alla correttezza gli fu chiesto di coprire il ruolo di assistente spirituale e di vicedirettore. Nell’ottobre 2010, quando sull’Ansa arrivò il lancio della indagine penale a carico di don Bonaccorsi, il sottoscritto si premurò di parlare col direttore del Don Mazza

di Roma. Dissi che c’era un problema di opportunità. Spiegai che una cosa sono le indagini penali per le quali sarà il giudice a dire l’ultima parola. Ma altra questione sono i rapporti di fiducia tra ente e studenti. Pertanto pensai di suggerire al direttore medesimo di chiedere a don Orazio di abbandonare l’istituto. E nel volgere di qualche ora la cosa avvenne puntualmente».

L’intesa con la Luiss vista da Zoso In ultimo l’ex Dc contesta anche la ricostruzione che riguarda la convezione con l’università privata: «Soldi dello Stato tolti dai poveri e dati ai ricchi studenti della Luiss? Anche qui si è voluto mistificare». Il presidente del cda del Don Mazza spiega in tal senso che il governo stanzia sì 1,7 milioni annui, «ma come cifra complessiva per tutti i nostri studentati». E ancora: «La residenza di Roma era in difficoltà finanziaria. La Luiss che é lì vicino non aveva una sua residenza con le caratteristiche di un collegio. Così ho messo nero su bianco un’intesa col direttore generale della stessa Luiss, il dottor Pier Luigi Celli.

Di più, alla nostra residenza in Roma la Luiss indirizza esclusivamente i ragazzi bisognosi che godono di una borsa di studio e lo status dei quali è garantito dalla documentazione di certificazione del reddito familiare, il cosiddetto formulario Isee».

«Informeremo la Rai» Inoltre il presidente Zoso muove un’accusa precisa al programma condotto da Milena Gabanelli: «Durante la trasmissione è stata data voce ad una persona che criticando in modo anonimo il nostro istituto veniva descritto come un nostro studente.

Bene sappiamo che non si tratta di uno studente e sappiamo chi realmente egli sia. Non è questo il modo di fare giornalismo. Invieremo rimostranze scritte alla direzione generale della Rai in modo che chi di dovere sappia quanto è accaduto». www.vicenzapiu.com

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Stampa Centro Servizi Editoriali 36040 Grisignano Di Zocco (VI) V. Del Lavoro, 18 Tel. 0444 414303 Autorizzazione Tribunale di Vicenza n. 1181 del 22 agosto 2008 Associato Unione Stampa Periodica Italiana Copyright: Le condizioni di utilizzo dei testi e delle foto sono concordate con i detentori. Se ciò non è stato possibile, l’editore si dichiara disposto a riconoscere il giusto compenso.

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Guzzo: «Sì al referendum e al modello Venezia» Il presidente di Acque Vicentine tira la volata al sì in vista del referendum sulla gestione idrica e bacchetta quei politici, anche del Pd, «troppo sensibili» al pressing delle lobby economiche. E nel futuro del Pd vede un «modello Venezia»

di Marco Milioni Angelo Guzzo è un politico di lungo corso. Nato con la Dc segue il f lusso «naturale del suo partito» con l’esperienza nei Popolari e della Margherita la quale poi si fonde coi Ds nel Pd. Col referendum sulla gestione del ser vizio alle porte Guzzo, presidente di Acque Vicentine, si è espresso contro la privatizzazione invitando a votare sì. A suo agio nella veste di dirigente del Pd, di superconsulente di Latterie Vicentine e di presidente di Acque Vicentine, Guzzo non ha parole tenere per chi tra i democratici da anni punta alla privatizzazione “dell’acqua”.

Guzzo lei ha fatto diverse uscite sui media nelle quali ha inv itato chiaramente a votare sì al referendum sull’acqua.

Un sì che se sarà avallato dal quorum sarà sinonimo di div ieto per la privatizzazione del serv izio idrico. È conv into della sua scelta?

«Certo».

Senta Guzzo, lei è un uomo molto vicino al sindaco di Vicenza Achille Variati del Pd. Si dice che lei prima o poi, magari anche facendo aff idamento sulla notorietà derivatale dalla questione referendum o dal fatto di essere il responsabile veneto per la comunicazione dei democratici possa tentare il salto in regione. Magari addirittura come assessore con un centrosinistra che per ipotesi vince le prossime regionali tra qualche annetto. Si tratta di fantasie?

«Sinceramente non mi ci vedo. Il Pd esprime diverse personalità in regione; io non credo poi di avere quel tipo di mentalità. Mi ritengo più adatto in situazioni come Acque Vicentine dove posso essere utile alla collettività, ma su un piano più operativo».

A nche se Acque Vicentine fa riferimento a comuni guidati dal centrodestra? Un centrodestra che a livello nazionale ha legiferato in termini di privatizzazione del ser v izio idrico.

«Non ci sono problemi. C’è concordia nel consiglio di amministrazione».

Come se la spiega questa concordia?

«Un conto sono i partiti a Roma. Lì tutti, e dico tutti Pd compreso, sono assai più sensibili alle lobby. La cosiddetta legge Ronchi è stata cucita al centimetro sui desiderata dei lobbisti.

A livello periferico però le cose cambiano. C’è più attenzione al territorio. Per carità io non sono contrario aprioristicamente alla privatizzazione, ma perché si deve obbligare per legge a far entrare i privati anche quando ci sono realtà che funzionano bene, che hanno i conti in ordine e che programmano correttamente gli investimenti?».

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Angelo Guzzo

Il Pd ha v into le ultime municipali a Vicenza de facto da solo. È stata una scelta di Variati. Recentemente però le elezioni da Milano a Napoli hanno v isto un crescendo di altre formazioni. Lei come vede il quadro delle alleanze nel f ut uro?

«Prima si par te dai programmi. Si deve cercare di condiv iderli. Il Pd deve essere una sor ta di collante in questo senso. L’ideale è il modello Venezia ov vero una compagine che vada dall’Udc alla sinistra che un tempo si def iniva radicale. Se poi le intese non son possibili allora si va anche da soli. Noi non abbiamo il potere di Silv io Berlusconi e non abbiamo la capacità di far digerire all’opinione pubblica alleanze assurde come quelle che Berlusconi fece nel ‘94 con A n al sud e col Carroccio al Nord. Noi le alleanze le dobbiamo fare solo se

sono credibili».

E che dice di possibili convergenze tra l’entourage di Variati e certi ambienti del Pdl che fanno riferimento a l l ’e u r o p a r l a m e n t a r e Lia Sartori? A palazzo Trissino e sulla stampa di tanto in tanto si vocifera in questo senso.

«Non sono addentro a queste cose. Mi pare strano anche perché per fare un’alleanza ci vuole comunque una omogeneità di fondo.

Se poi di tanto in tanto politici di schieramenti opposti si confrontano, direi che è prassi assodata».

Le cinque domande per ora senza risposta (g. c.) Dopo l’incontro con A ngelo Guzzo al Viest Hotel fissato per lunedì, iniziato in ritardo e con poco tempo a disposizione per impegni lavorativ i del responsabile comunicazione del Pd regionale, nonché presidente di Acque Vicentine e consulente marketing di un’azienda lattiera, sono rimaste inevase alcune domande, perché non c’era il tempo di farle.

Poiché erano fondamentali per i nostri lettori per conoscere meglio il profilo politico e professionale dell’inter v istato, gli abbiamo inv iato per e-mail martedì pomeriggio le domande “in sospeso”, chiedendo che le risposte arrivassero entro giovedì alle 12. Il politico, numero 2 o numero 1 del Pd in regione, a seconda che i parametri di valutazione siano quelli elettiv i o di potere e inf luenza reale, ci telefonava per informarci che le risposte avrebbero necessitato di un tempo lungo e che i quasi due giorni rimasti molto probabilmente non sarebbero bastati. In attesa che arriv ino, elenchiamo, quindi e intanto, le domande alle quali, nel momento in cui chiudiamo, ore 12 di giovedì, non ci è arrivata risposta alcuna. Eppure le domande erano solo 5 (due erano chiarimenti ulteriori di cui facciamo ora a meno) e non le classiche … dieci.

1 - Se sì, quanto ha pesato nella sua nomina a Presidente di Acque Vicentine la sua v icinanza politica e non solo a Umberto Nicolai? O v iceversa quanto ha pesato lei sulla nomina ad

assessore di Nicolai?

2 - il sindaco aveva detto: No politici a capo di aziende e enti pubblici. Lei è manager ma anche politico (recentemente prima tesoriere, poi responsabile della comunicazione del Pd regionale). Come giustifica la coerenza della nomina?

3 - vede totale compatibilità tra il suo ruolo in un’azienda privata e in quella pubblica?

4 - lei è della corrente di Ginato, ex Margherita anche lui, e, v isto che lei ha escluso un suo futuro in regione, è il parlamento il suo obiettivo?

5 - da buon ex Dc è nota la sua v icinanza anche ad ambienti di centro destra, ricchi di democristiani. Ma è anche chiacchierata la sua amicizia con Jannacopulos, il titolare di Rete Veneta/Vicenza Channel, v icina a Sartori e in espansione anche a Vicenza: come responsabile comunicazione del Pd questa amicizia e v icinanza è lineare, tanto più che politicamente è chiaro l’asse Variati Sartori, non proprio condiv iso almeno dal Pd cittadino?

Domande troppo complicate? O troppo poco tempo da dedicare alle risposte preso com’è tra i suoi vari impegni? O umana … riservatezza? Fate voi o, meglio, faccia il presidente Guzzo, alle cui risposte le nostre testate e i nostri lettori riser veranno la dov uta attenzione, magari prima di doverne fare altre per arrivare alle fatidiche dieci.

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No listino, no happy hour Nonostante vi sia una legge che obbliga l’esposizione dei prezzi in tutti i locali, molti gestori fanno finta di niente…a loro vantaggio? di Carlotta C. Buosi

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ebbene non si tratti della più conosciuta fra le leggi, esiste, e per questo andrebbe rispettata. La norma secondo la quale tutti i bar, piuttosto che i locali, ma anche i ristoranti, dovrebbero esporre alla clientela i listini con i prezzi, nonché un manifesto completo indicante tutti i prodotti con rispettiva tariffa, non è molto conosciuta. O almeno così pare dato che, passeggiando per le vie del centro di Vicenza, i locali nei quali sono presenti listini con tanto di prezzi si contano

sulle dita di una mano. Ma se si tratta di una legge, come mai molti la infrangono?

E quali sono i danni, più o meno gravi, causati dal mancato rispetto di questa norma apparentemente banale? Norma che banale non è e lo attestano i pochi che la rispettano evidenziando come la mancanza di correttezza offra la possibilità a chi non espone i prezzi di giocare al rialzo con i clienti più ingenui, o semplicemente ignari.

Una situazione controproducente per una cittadina come Vicenza che dichiara di voler puntare sul turismo.

Chi non espone i prezzi si giustifica semplicemente affermando che “non lo fa nessuno”, o quasi, anche perché le

sanzioni non costituiscono una preoccupazione reale. “È la Polizia Municipale che dovrebbe occuparsi di questo” dice Nino, ex proprietario di un locale nel quale ha sempre esposto i prezzi di tutti i prodotti in vendita. “Ma chissà perché non viene mai punito nessuno” aggiunge. Nino ricorda che non sarebbero obbligatori solo i listini su tutti i tavoli, nessuno escluso, ma anche una bacheca, piuttosto che un cartello, su cui fossero elencati ad uno ad uno tutti i prodotti e tutti i prezzi relativi. La multa per mancato adempimento può arrivare fino a 576 euro.

Va davvero a vantaggio di un locale, bar o ristorante che sia, non esporre i

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prezzi? Nino spiega che i turisti ormai l’hanno capita e quindi “se non vedono i prezzi non si siedono”.

I vicentini non mostrano grande interesse per i listini prezzi: esperti bevitori e buon gustai conoscono i posti dove andare per esperienza e passaparola.

Bogdana, cecoslovacca in vacanza con un gruppo di amici, dice che spesso non fa caso ai listini e sceglie i posti dove sedersi per mangiare qualcosa o rinfrescarsi dopo una camminata in città solo in base alla posizione del locale stesso. Ammette però di trovarsi spesso di fronte a scontrini dalle cifre decisamente spropositate.

Ma la cosa che la infastidisce di più è il fatto di non trovare esposto nemmeno un menù,

che le dia un’idea di cosa trovare in un determinato locale. Michael, che studia in Inghilterra ed è venuto a Vicenza a trovare un amico, dice che gli è capitato più volte di vedersi presentare conti troppo alti e non poterli contestare a causa della mancanza del listino.

Per questo, ora, sceglie sì il locale che più gli piace, ma solo tra quelli che espongono i prezzi, così da non avere dubbi. In entrambi i casi, quindi, il fatto di non rendere manifeste le proprie tariffe, diviene, alla resa dei conti, un aspetto negativo per chi lo fa, ottenendo l’effetto contrario a quello che qualunque gestore vorrebbe: invogliare la gente ad andarsene, invece che a scegliere il proprio locale.

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Vicenza Calcio. Da Cass nel segno della Banca P

Alla fine per i tifosi biancorossi è stata un’ altra annata amara. Tante le aspettative ad un certo punto del campi preso di mira prima solo Cassingena, poi anche Preto e infine pure l’allenatore Maran. Ripercorriamo le tappe s

di Enrico Soli e Giovanni Coviello

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er il 2010-11 il club di via Schio aveva previsto la cessione del pacchetto di maggioranza. Invece niente, c’è stata solo la successione di Preto a Cassingena alla presidenza della società ad inizio stagione. Era la fine di ottobre e VicenzaPiù cercò di far luce sui proprietari del Vicenza Calcio.

Nebbia fitta sulla proprietà Scriveva il 28 ottobre 2010 su www. vicenzapiu.com il nostro Marco Milioni: “Secondo i dati di Infocamere è posseduto in grandissima parte (ben oltre la maggioranza assoluta) da due società fiduciarie che occultano il nome del proprietario (o dei proprietari) reali. Tali fiduciarie sono la veneziana Pannorica srl e la Fiduciaria Vicentina srl; le quali nel dettaglio controllano in toto la Finalfa srl che a sua volta detiene il pacchetto di controllo del club sportivo. Ora la Pannorica non è una società sconosciuta. Il 19 maggio di quest’anno (2010, ndr) il suo nome spunta in un articolo de Il Giornale di Vicenza che ha al centro una maxi-inchiesta per riciclaggio condotta dalla procura berica. (…) Di più, Pannorica più volte spunta nell’ambito dell’inchiesta Aim Parco Città che vede tra i protagonisti anche Alberto Filosofo, ex componente del cda di San Biagio (GdV, 8 marzo 2010; pagina 14).

Ancora la medesima società spunta nell’affaire Ristocenter che vede tra gli indagati Beppe Rossi, l’ex presidente di Aim (GdV del 20-11-2009, pagina 25)”.

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La telenovela Massone e Filippi Sul campo la svolta in positivo arriva nel derby col Padova vinto al Menti venerdì 19 novembre dopo quattro sconfitte consecutive. Quella in negativo nel pesante 4 a 1 rimediato all’Euganeo ad aprile. In mezzo cinque mesi buoni nei risultati ma senza feeling tra tifoseria e allenatore. Una caratteristica, la scarsa empatia di Maran col pubblico, emersa già in altre piazze e riconosciuta dallo stesso tecnico trentino. Per intenderci il suo predecessore, Gregucci, in fatto di risultati non era meglio di Maran, però sapeva “vendersi” meglio. Sull’orlo dell’esonero dopo le già citate quattro sconfitte consecutive, Maran per affrontare il Padova al Menti passa dal solito 4-4-2 al 3-5-2. Per il derby in tribuna c’è anche Angelo Massone, l’avvocato che sta trattando il passaggio della società ad una cordata romana. Sembra ormai cosa fatta, anche se nel dopo-partita Preto lascia la porta aperta anche al senatore Alberto Filippi e parla del Vicenza come “società appetita”. In campo debutta il promettente ghanese Salifu, ricordato dall’ex dirigente biancorosso Tiziano Cunico come il suo “ultimo regalo al Vicenza Calcio”.

Sarà infatti girato in comproprietà alla Fiorentina, per circa 1.250.000 euro, un paio di mesi dopo. Prima di fare le valige lascerà il segno con un gol al Genoa a Marassi in una sfortunata gara di Coppa Italia persa ai supplementari. Peccato perché al turno successivo i biancorossi avrebbero incontrato l’Inter a San Siro. Ma la squadra in campionato va e tra i tifosi si comincia a cullare il sogno playoff. Intanto Massone querela Tva Vicenza per “affermazioni altamente lesive della reputa-

zione e onorabilità” manifestate dal conduttore Francesco Formaggio durante la trasmissione “Rigorosamente calcio”. Alla vigilia di Natale, superando al Menti la Triestina, il Vicenza va a mangiare il panettone tra le grandi del campionato. Dalla curva sud si levano cori e striscioni anti-Massone, contestato dai tifosi con una manifestazione fuori dallo stadio. L’avvocato, ex sfortunato proprietario del club scozzese del Livingston, cercherà quindi il dialogo con la tifoseria attraverso un incontro con i club organizzati al rientro dalle vacanze natalizie. Incontro non particolarmente riuscito visto che i tifosi lo accuseranno di essere privo di un progetto preciso e portatore di interessi non noti, se non vicini addirittura a quelli attuali. Tanto è vero che, insoddisfatti delle risposte ottenute, i sostenitori biancorossi lasceranno anzitempo la sede dell’incontro.

Maledetta primavera: dagli applausi ai fischi Venerdì 11 marzo, dopo la vittoria interna contro il Torino e alla vigilia della trasferta di Bergamo contro l’Albinoleffe, la Gazzetta dello Sport dedica la sua pagina sulla serie B a Maran premiando il suo Vicenza

con il titolo di “squadra rivelazione”.

I biancorossi sono al settimo posto, ad un solo punto dalla zona playoff e con una partita (ad Ascoli) da recuperare. Nell’intervista il tecnico trentino predica prudenza e indica la salvezza come obiettivo primario da raggiungere. Dopo aver pareggiato a Bergamo e vinto in extremis al Menti contro il Novara, il Vicenza perde male nelle trasferte di Varese e Ascoli, ma il 2 aprile supera in casa il Piacenza con un bel 3 a 1. Sarà l’ultimo sussulto della squadra. Seguiranno una netta sconfitta a Siena, un pareggio in casa col Modena strappato allo scadere grazie ad una zampata del solito Abbruscato. Poi sarà la volta del derby di Padova…il resto è storia recente. E mentre vanno a pezzi i sogni dei tifosi, sembra ridimensionarsi anche Sisa, che a sorpresa lascia la Fondazione del Teatro Comunale di Vicenza, in cui era entrata in pompa magna con Preto sempre a rappresentarla nel Cda. Perché l’ha lasciata? Perché - sono dichiarazioni ufficiali della catena di supermercati presieduta da Sergio Cassingena - ritiene la quota di 200.000 euro annua da versare non compatibile con le attuali risorse del gruppo, concentrato sul business in crisi della distribuzione. Ora il Vicenza Calcio non è di Sisa, ma una parte dei soci di Sisa doveva esserne il puntello.

Ma se Sisa non ha 200.000 euro per il teatro, come faranno alcuni dei suoi massimi esponenti locali a tirar fuori milioni di euro per il futuro, una volta attinto alla cassa dei talenti ceduti?

Il sostegno decisivo dell’istituto di credito A meno che non intervenga lo spon-

sor più credibile, impegnato per altri due anni e, nonostante le anticipate smentite, più interessato alla vita del club per i legami, anche di affari, con parte dell’attuale vertice societario e per un’operazione sicuramente gratificante sul territorio: la Banca Popolare di Vicenza di Gianni Zonin.

Direttamente o “benedicendo” una cordata, vera questa volta. D’altronde ai soldi della sponsorizzazione ci sarebbe da aggiungere un quid, magari non tutto “bancario”, perché “integrabile” dal volano che la banca può attivare nel mondo imprenditoriale locale e non solo. E il ritorno di immagine per l’istituto e il suo presidente non sarebbe poi così difficile da monetizzare, anche nell’interesse degli azionisti, molti dei quali sicuramente tifosi. A conferma del ruolo fondamentale giocato dalla banca è arrivato, in occasione del ritorno di Cassingena nelle vesti di presidente del club, il ringraziamento nei confronti della Popolare, “l’unica impresa- secondo lo stesso Cassingena – che in questi anni ha saputo esserci veramente vicino e sostenerci”. Di più, lo scorso 7 giugno 2011, giorno del suo rientro al comando dei biancorossi, il presidente di Sisa e Vicenza Calcio ha dichiarato di puntare all’acquisizione di quel 70% di quote rimasto invenduto con soldi da trovare (“Qualcuno me li darà”). La stagione 2011-12 per il Vicenza sarà l’undicesima consecutiva in serie B, un primato che forse in diverse piazze vicine ci invidiano. Però è altrettanto vero che nello sport si deve puntare a migliorarsi, ad alzare l’asticella, altrimenti non c’è alcun senso. Nel 2012 il club compirà 110 anni. Nessuno osa più sognare la serie A, ma alle feste la gente va per divertirsi, altrimenti sta a casa.

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città

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ssingena a Cassingena, a Popolare

del campionato per non rimanere delusi dal dodicesimo posto finale. I cori della curva hanno ripetutamente e tappe sportive e societarie di quella che doveva essere la stagione della svolta.

Dove non ci sono i soldi servono almeno le idee

A chi la decisione sul nuovo allenatore?

Appello al numero uno biancorosso: “Appurato che senza adeguati mezzi economici non si vince, allora caro presidente adesso ci faccia almeno divertire”.

Il direttore tecnico è Cristallini, ma Capuzzo è da tempo presente nella stanza dei bottoni

di Riccardo Solfo

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orna Sergio Cassingena insomma e torna con entusiasmo e buone intenzioni. Personalmente ho spesso criticato nel corso degli ultimi anni l’operato del più volte presidente dell’amato Vicenza calcio. Tanti gli errori, alcuni veramente clamorosi e troppe le idee cambiate. L’uomo ha passione, carattere e managerialità superiori alla media, però per gestire una società di calcio serve anche e soprattutto altro.

Soldi, molti soldi, e tanto, tanto cuore. Ci sono esempi lampanti in Italia. Chi vince alla fine quasi mai fa cassa, ma al tifoso poco importa, il tifoso vuole almeno uno dei due fattori che determinano la gioia di questo sport planetario: o veder vincere o divertirsi.

In Italia recentemente l’Inter di Mourinho ha vinto senza molto entusiasmare, qualsiasi squadra allenata da Zeman diverte, ma la vittoria a Zemanlandia è sconosciuta. Il Barcellona è l’unico nel pianeta che somma le due cose in modo assoluto. Purtroppo qui a

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Vicenza, terra di campioni, di echi gloriosi mai del tutto estinti, da anni, troppi anni, i tifosi, sempre tanti nonostante il grigiore, non escono dal Menti divertiti e non applaudono vittorie. Ci si salva a fatica, vicino all’ultima giornata senza emozioni o gioie particolari. Il nulla circondato dal niente.

Mancano soldi, racconta da anni il presidente, ma dentro la palazzina di via Schio a mancare sono soprattutto idee e le rare partorite il più delle volte sono sbagliate.

Quella di pensare a Maran come allenatore del Vicenza è l’ultima tra le recenti e pessime, non da meno quella di confermarlo al termine della scorsa, grigia, anonima stagione. L’allenatore trentino, non solo non ha mai vinto niente e nemmeno centrato un play off, ma non ha mai fatto far coda ai botteghini. Su Maran e il suo anti calcio indietro tutta non serve andare oltre, per chiudere il discorso cito la sua “perla” stagionale, il 4 a 1 di PadovaVicenza e il modulo riportato dall’inviato della Gazzetta dello Sport: 5-3-1-1. Neanche il primo Trap della prima Juve sarebbe arrivato a tanta prudenza! Ora la svolta, è arrivato l’esonero, ma il buon Rolando sarà pagato an-

di Adalberto Scemma

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cora per una stagione perché tra le idee partorite c’è stata anche quella dell’allungamento del contratto. Perseverare è diabolico.

Però, all’indomani della decisione di Cassingena “atto 3°” che appena insediato ha mandato in ferie pagate il suo allenatore, vedo un segnale forte e diverso.

Un lampo di giusto coraggio che questa volta premia il cavaliere, una presa di posizione che fa ben sperare per il futuro. Soldi neanche l’ombra, però arrivano finalmente le idee. La prossima è fondamentale: appurato che senza soldi non si vince, allora caro presidente adesso ci faccia almeno divertire. Il tempo della gavetta presidenziale è finito, ora che è il grande vecchio della B per i tanti anni di militanza si faccia almeno applaudire. Nessuno nasce imparato, anche il suo collega Cestaro ha finalmente capito (Foschi dopo Calori voleva piazzare Colomba in panca al Padova). Ha messo lì uno che gioca al calcio contro tutti, spendendo al momento niente. Ha vinto l’idea. Quella che serve nei momenti di magra. E l’autocritica, quella che non aveva Maran, quella che troppo spesso è mancata a questa società.

a nilo Preto si chia ma f uor i, dunque, e Serg io Cassingena tor na in pr ima persona a lla g uida del Vicenza. In concreto c a mbia poco o nu lla, sia mo in pre senza d i un at to pura mente for ma le se va lut ia mo il r uolo che Cassingena ha sempre r icoper to a i ver t ici della società bia ncorossa a nche in assenza d i un r uolo uf f icia le. A ltret tanto for ma le, pera ltro, sarebbe apparsa l’event ua le inve st it ura d i Stefa n Schwoch, referente in t ut to e per t utto del mag g iore a zionista e chia mato, se del c aso, a esercita re una f unzione le gata più a ll’immag ine che a lla sosta nza. Pr ima a ncora che a lla st r ut t ura dell’organigra mma, l’at tenzione del t ifoso è r ivolta in rea ltà a i progra mmi della società, a l momento indecif rabili. Solta nto la scelta dell’a llena-

tore consent irà di met tere a f uoco sia le st rateg ie sia la f unzione dei personag g i che si muovono at tor no a Cassingena.

A chi spet terà l’ind ic a zione del nuovo tecnico? L’ar r ivo d i Ma ng ia, semif ina lista con il suo Va rese nel c a mpionato Pr imavera, av reb be assegnato a Claud io Capuzzo, da tempo presente nella sta nza dei bot toni biancorossa, un r uolo pr ior ita r io: con Ma ng ia, infat t i, Capuzzo ha g ià av uto occ asione d i operare pro pr io a Varese, c ampionato 2007- 08. Più ascr iv ibile a Cr ista llini, invece, la scelta d i Ba ld ini che sa rebbe a nimato da preved ibili gra nd i mot iva zioni. Di pr ior itar io, in rea ltà – e qui emergono il r uolo e le responsabilità d i Cr ista llini, da sempre molto av veduto - ci sono soprat t ut to le esigenze d i un bila ncio da sistema re.

Il buco accer tato è d i t re milioni. Pr ima le vend ite, insomma, poi g li acquist i.

Il fa ir play f ina nzia r io non ammet te deroghe.

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Melme d’acciaio Dalla sentenza 2008 sul caso Ecoveneta emergono alcuni dati inediti sulla «enorme» concentrazione di metalli pesanti nei depuratori comunali: l’ex assessore Giglioli ci vede una delle ragioni che spinsero Aim ad acquistare Marghera ti provenienti proprio dalla piattaforma di Marghera.

di Marco Milioni

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urante i primi anni Duemila Aim sarebbe in qualche modo stata costretta ad acquistare la piattaforma di Marghera, acquisto che scatenerà di lì a qualche anno un arcinoto caso giudiziario. Il motivo? Cercare di silenziare lo scandalo che sarebbe potuto derivare dalla notizia che nel depuratore di Sant’Agostino per anni sono finite quantità abnormi di metalli pesanti. È questa la chiave di lettura che Gianni Giglioli (vedi la lunga intervista a corredo), ex assessore alle municipalizzate nella attuale giunta comunale di Vicenza, dà sull’intero affaire San Biagio.

E non si tratta ov viamente di impressioni pure e semplici ma di orientamenti «ricavati da una lettura attenta» della sentenza con la quale il 2 febbraio 2008 il tribunale di Venezia ha condannato in primo grado Carlo Valle ed altri personaggi legati allo smaltimento illecito di rifiu-

Ma al di là delle considerazioni di Giglioli va descritto il quadro complessivo della situazione. Di prassi la norma infatti non prevede che i ref lui industriali possano finire nei depuratori civili come quello di Sant’Agostino (a meno che siano esattamente assimilabili ai domestici) perché la depurazione civile è organizzata per abbattere sostanze nocive di natura principalmente biologica. Tant’è che a pagina 46 la sentenza firmata dal presidente del tribunale Sergio Trentanovi è chiara: «... nelle analisi fornite da Aim emergeva chiaramente la presenza di suddetti metalli, cadmio, cromo, mercurio, nichel, piombo e rame erano presenti oltre i limiti consentiti...». Ma come ci sono finiti nel depuratore di Sant’Agostino?

I possibili sversamenti illeciti nel depuratore ovest di Vicenza non sono una novità. Ai primi anni Duemila il problema era stato sollevato più volte dall’ex consigliere comunale Franca Equizi e soprattutto dall’ex consiglie-

re Ciro Asproso. Per vero in passato a più riprese si ipotizzò di qualche industria che con qualche stratagemma di tanto in tanto, magari complice qualche acquazzone, approfittava della vicinanza del depuratore di Sant’Agostino per sversare sostanze illecite dove è proibito.

Però i numeri incasellati dai magistrati parlano di 4.000 tonnellate di fanghi non compatibili con le normali pratiche di compostaggio e pertanto incompatibili con la provenienza da un normale depuratore civile. Ed il periodo analizzato va solo dal 2000 al 2003. La sentenza di primo grado ha anche acclarato la condotta corretta da parte di Aim che ha sempre informato i gestori della piattaforma di Marghera circa la caratterizzazione dei fanghi. Ma la domanda è un’altra. Come ci sono finiti lì dentro? Quattromila tonnellate in tre anni fanno pensare più ad una pratica illecita consolidata da parte di più aziende che alla furbata occasionale di qualche mariuolo. E c’è poi una questione che va aggiunta alla pericolosità ambientale dei fanghi “metallizzati”. Il loro smaltimento costa caro. In questo caso Aim e quindi il comune, hanno indirettamente contribuito a sgravare, senza il permesso della collettività,

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la bolletta ecologica di imprese più o meno note? Non si tratta di questioni di poco conto perché quella che si profila è una vera e propria Gomorra in salsa berica.

In questi ultimi anni l’urbanistica ha tenuto banco sulla scena politica locale, mentre l’ambiente, almeno in casi come questo è stato molto meno illuminato dai rif lettor i dei media. Ov v iamente l’attuale amministrazione ha poco a che spar tire con

accadimenti così lontani nel tempo. Però la trasparenza conta. E a questo punto una domanda nasce spontanea.

Sarebbe un bel gesto se i ver tici di A im, d’accordo col comune, pubblicassero una tabella nella quale anno per anno dalla costr uzione del depuratore di Sant’Agostino sino ai giorni nostri fosse ev idenziato il quantitativo di metalli pesanti e altr i inquinanti tossici f initi nel depuratore della spalla Ovest?

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Il graffio dell’ex Nel cosiddetto caso Aim-Marghera il punto di vista di Gianni Giglioli è interessante per diversi aspetti. Anzitutto è l’unico indagato che ha deciso di difendersi contrattaccando. È l’unico indagato (cosa che nemmeno la politica ha mai fatto) che ha acceso un faro sulle responsabilità sia pregresse sia presunte del gruppo Maltauro. Di più, ha una conoscenza abbastanza approfondita dei fatti non fosse altro perché per Aim è stato prima consulente e poi assessore Alla fine del 2010 lei ha cominciato una battaglia mediatica e legale perché ritiene di avere agito nel giusto. Rimane dello stesso avviso e che cosa è cambiato dal dicembre del 2010 ad oggi? Quali sono i rapporti con i membri della giunta nella quale lei ha servito come assessore?

«Ho operato nell’interesse di A im con benef ici che

(m.m.). A llora dottor Giglioli che giudizio dà a freddo dopo la prima udienza del 20 maggio?

Comune e A im avevano chiesto la costituzione di parte civ ile. Le vostre difese s’erano opposte, ma il tribunale v i ha dato torto. Ve l’aspettavate?

«R itengo assolutamente insignif icante che si sia costituita par te civ ile ol-

pochi sarebbero r iuscit i ad ot tenere. Ho ag ito nel g iusto, io ho ag ito nell’esclusivo interesse di A im ed i r isultat i rag g iunt i parlano da sé. Non voglio neppure accennare a lla mia innocenza sulla quale nessuno può met tere un f ilo d’ombra. È g ià dimostrato ed il processo lo confer merà. Da l dicembre

Comune parte civile? Bene, così quando sarà fatta giustizia riceverò le dovute scuse

tre A im anche il Comune.

A nzi ne provo un sottile piacere perché, essendo stato oggetto di una ingiuriosa accusa infondata, quando sarà fatta giustizia mi attenderò analoga attenzione per le dov ute scuse. Il mio stupore è che in quell’udienza non si sia fatto cenno alle incontestabili ragioni che mi dov rebbero escludere da questo processo».

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2010 ad og g i sono r iuscito ad ottenere copia del ricorso di Aim contro Ecoveneta, accusata di aver lasciato in deposito a Marghera fanghi tossici e nocivi da essa raccolti donde la richiesta di risarcimento per 15 milioni di euro. Il ricorso di Aim si fonda su una sentenza del tribunale penale di Venezia del 2008. Sentenza confermata in appello. Dalla quale in cinque punti emerge un quadro che non lascia spazio ad equivoci di sorta. Uno, gran parte dei fanghi giacenti a Marghera al momento del sequestro dei Noe erano stati conferiti da Aim; due per ammissione di un dirigente di Aim questa sapeva di conferire fanghi tossici e nocivi contenenti metalli che non potevano essere trattati in quella piattaforma, se non con attrezzature e modalità sulle quali Ecoveneta non ha fatto affidamento. Tre, vi è una responsabilità di chi in Aim sapeva ed ha taciuto.

Quanto meno perché Aim in seguito, divenendo tramite sua controllata gestore dell’impianto, avrebbe dovuto vagliare le carte. Quattro, se ne ricava che Aim in qualche modo è stata costretta ad acquistare la piattaforma per evitare lo scandalo derivante dall’avere conferito, facendo a cazzotti con la norma, tossici e nocivi sapendo che l’unico trattamento previsto in quella piattaforma era il compostaggio; il quale non è compatibile con i tossico-nocivi. Cinque, questa circostanza può aver indotto l’allora presidenza e l’allora direzione di Aim a non concludere un contratto per una “joint venture” con Stabila nel ramo rifiuti.

Il tutto affinché non emergesse la verità. Per di più nei

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to per rifiuti illecitamente conferiti da Aim ed illecitamente trattati da Ecoveneta?

Tutto ciò è avvenuto nell’aprile 2004 prima che io iniziassi l’attività di consulenza per Aim».

Senta Giglioli, da quando lei finito nell’inchiesta su Aim, i quotidiani hanno dedicato a lei e a Beppe Rossi, l’ex presidente di San Biagio, pagine su pagine. Ora al di là delle responsabilità penali, come giudica il fatto invece che nella ricostruzione degli avvenimenti personaggi come il manager Dario Vianello e l’ex amministratore unico Mauro Zanguio abbiano meritato così poca attenzione nelle inchieste dei quotidiani locali?

«Vorrei precisare che io non sono finito nell’inchiesta ma giorni scorsi ho avuto copia della denuncia del Ministero dell’Ambiente contro Aim Bonifiche».

Nel 2009 i quotidiani locali fecero brevissimi cenni sul coinvolgimento, seppur indiretto, dei depuratori berici nel caso Marghera. Lei come si spiega questo silenzio? In seno alla giunta comunale, almeno nel periodo nel quale lei ricoprì l’incarico di assessore all’Aim, si fece mai cenno alla cosa? Se poi si fa un passo ancora indietro nel tempo e si va al 2008 ci si imbatte in una citazione da parte dell’Avvocatura dello Stato la quale ha intenzione di rivalersi anche su Aim per la condotta relativa all’affaire Marghera; tale condotta avrebbe nuociuto all’ambiente?

«Ho riletto alcuni articoli dell’epoca in cui è manifesta l’intenzione di spostare l’attenzione del pubblico dalla responsabilità di Aim a quella del settore conciario.

Gioco facile in quel momento, come sparare sulla Croce Rossa».

Lei ha mai letto quelle carte? Che cosa ne pensa?

«Mai lette. Non solo, ma quando informai il sindaco nel giorno dell’udienza del contenuto della sentenza mi assicurò che gli era del tutto ignoto. Il problema è un altro: la procura di Vicenza sapeva o non sapeva della sentenza? E sapendo come può aver denunciato un danno provocato dal sottoscrit-

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mi ci hanno cacciato dentro a viva forza. Il perché emergerà dal processo. Francamente non so spiegarmi ciò che mi chiede. Forse dovrebbe chiederlo ai suoi colleghi anche se un sospetto può essere legittimamente avanzato.

Tra il 2003 e il 2004 sindaco era Enrico Hullweck. Aim era diretta dal dottor Ruggero Anfossi e vedeva il dottor Vianello tra le figure apicali.

Presidente della provincia era Manuela Dal Lago. Tra le funzioni delegate a quest’ultima istituzione c’è la tutela dell’ambiente. Possibile che nessuno sapesse niente?

Nell’interrogatorio dell’ingegner Giovanni Sacchiero, uno dei manager di San Biagio del ramo fognature, questi confermò che i fanghi contenevano metalli che non potevano essere gestiti a Marghera con le modalità

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alla Maltauro un lavoro da 40 milioni di euro da parte di una società prevalentemente a partecipazione pubblica quando nel contempo si chiede ad Ecoveneta, ovvero Maltauro, 15 milioni di Euro di danni? Le risponderanno che l’appaltatore è un soggetto privato e può fare come crede. Bene, Lei da privato acquisterebbe un auto usata da chi ha denunciato di averle rifilato un bidone da 15 milioni di euro?

Certamente qualcuno obietterà che c’era un contratto da rispettare. Ebbene sappia che da assessore avevo appurato con l’ufficio legale del comune che il progetto Maltauro era irrealizzabile ed avevo invitato il presidente dell’allora immobiliare Fiera, l’av vocato Andrea

Pellizzari, di sospendere la sottoscrizione del contratto. Non sono stato ascoltato e dubito che l’ente avesse obblighi piuttosto che diritti al risarcimento».

A questo punto della sua vicenda personale quali sono le cose che più le preme dire? Quali errori ha commesso da consulente di Aim o da assessore?

«Da consulente di Aim ho commesso l’errore di fidarmi delle informazioni che mi forniva il direttore generale. Da assessore non ho commesso alcun errore redigendo progetti la cui utilità è tuttora valida. Alcuni suggerimenti, a spizzichi e bocconi, sono stati adottati in varie occasioni».

che conosciamo. Sacchiero era uno dei dirigenti di Aim. Avrà tenuto il segreto per sé?

Oppure vi è stata grande diligenza nel nascondere la verità perché scomoda per chi allora comandava»?

Tra i personaggi di primissimo piano che hanno avuto ruoli chiave nella multiservizio berica c’è pure l’ex amministratore unico protempore Mauro Zanguio, chiamato da palazzo Trissino una volta scoppiato “l’affaire Rossi”.

Zanguio é sotto indagine penale nell’ambito del caso Balestra, una maxi inchiesta per false fatture che ammonterebbero a quasi 500 milioni. In questo caso molti media hanno glissato su Zanguio che assieme a pochi altri é fra i commercialisti più noti a Vicenza.

Perché questa disparità di trattamento? Le liason tra Zanguio e il gruppo Maltauro e quelle tra Zanguio e l’Ecoveneta secondo lei hanno qualche cosa a che fare con tutto ciò?

«A differenza di alcuni consiglieri comunali che in occasione del mio rinvio a giudizio si espressero con frasi come “ha sbagliato, è giusto che paghi”, io credo nella innocenza almeno fino alla sentenza di primo grado. Mi spiace per quel che sta vivendo il collega, mi auguro che le accuse siano per lui infondate. Però gli ripropongo la domanda già formulata da assessore: perché potendo non ha concluso il preliminare per la “joint venture” con Stabila nel ramo rifiuti nell’estate del 2005 realizzando un plus-valore per Aim di un milione di euro

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Acquisterebbe un’auto usata da chi ha denunciato di averle rifilato un bidone da 15 milioni di euro? che è stato prevalentemente il frutto del mio paziente lavoro? Dal canto mio non mi curo dei pettegolezzi. Guardo ai fatti».

Ovvero?

«Le faccio un esempio.

Qualcuno può spiegare alla città come nel caso della Fiera possa essere stato dato in appalto senza gara

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Il nucleare è costosissimo!

Se consideriamo tutta la filiera dall'estrazione dell'uranio alla costruzione dell'impianto, fino alla dismissione e allo smaltimento delle scorie.

Comitato Vota SI' Fermiamo il nucleare VICENZA

Il nucleare non crea nuovo lavoro!

Una centrale nucleare occupa poche persone in fase di costruzione e poi pochissime per la sua gestione. Le rinnovabili, oltre ad essere l'unica attività economica a non aver risentito della crisi, potrebbero arrivare ad occupare molte più persone nei prossimi anni. Parlano già chiaro l'esempio della Germania e di questi ultimi anni anche in Italia.

Il nucleare non è sicuro!

Un incidente nucleare non perdona, e l'attuale tecnologia nucleare, tra cui l'EPR che si vuol realizzare in Italia, non offre certo garanzie; anzi i dubbi dichiarati dalle agenzie pubbliche nazionali ed internazionali sono molti.

Per non parlare delle "piccole" contaminazioni mai citate dai mass-media, della salute dei lavoratori, dei rischi per l'ambiente.

Il nucleare non è democratico!

Il nucleare sporca il futuro!

Per la quantità e la qualità spaventosa di scorie che lascia ai figli dei figli dei figli .... dei nostri figli!

Come non lo sono tutti quei "luoghi" in cui capitale e potere si concentrano in poche mani. Per di più, in molti Paesi il nucleare civile rappresenta la porta di ingresso al nucleare militare.

Nel nostro Paese, dove sole e vento non mancano, l'unica alternativa in grado di contrastare i cambiamenti climatici e soddisfare le esigenze della nostra economia e del nostro vivere è il risparmio energetico combinato con la produzione di energia da fonti rinnovabili: è un'alternativa pulita, realistica, accessibile a tutti e di gran lunga più etica.

Non lasciamoci sfuggire l'opportunità di scongiurare definitivamente il ritorno del nucleare in Italia! don Gianantonio Allegri; Francesco Ambrosi – Presidente MIR sezione di Vicenza; suor Liliana Aquilina; Ciro Asproso – Responsabile politiche ambientali SEL; Luca Bassanese – cantautore; Marina Bergamin – segretaria provinciale CGIL Vicenza; Francesca Bertazzo Hart – musicista e insegnante jazz; Dr. Urbano Bonato – preside Istituto Comprensivo n. 8 Vicenza; Gaetano Callegaro – presidente Circolo Legambiente Vicenza; don Giovanni Cecchetto; don Mariano Ciesa; don Mario Costalunga; Pino Costalunga – attore e regista; prof.ssa Giovanna Dalla Pozza Peruffo – Presidente ITALIA NOSTRA, Sezione di Vicenza; Moran De Sanctis – Presidente Arciragazzi Vicenza; Giuliano Ezzelini Storti – coordinatore provinciale PRC-FdS; Enrico Fabris – campione olimpico Torino 2006; don Vincenzo Faresin; Stefano Fracasso – Consigliere regionale PD; Giovanni Marangoni, Massimo Bosco e Paolo Fin – Coordinamento Cristiani per la pace; don Maurizio Mazzetto; Enrico Peroni – segretario cittadino PD; Gianni Pinton – Presidente Latterie Vicentine; Carlo Presotto – attore e regista; Claudia Rancati – Segretaria circolo “Gramsci” Rifondazione comunista Vicenza; Nora Haydee Rodriguez – Presidente Arci Servizio Civile Vicenza; Paolo Stella – Presidente Vicenza Capoluogo; Adelina Trevisan – Donne in Rete per la Pace; Lalla Trupia – ex deputato; suor Gigliola Tuggia; don Antonio Uderzo; Achille Variati – sindaco di Vicenza; Sergio Volpato – Presidente provinciale Arci di Vicenza, artista.

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Il centrodestra scledense va a pezzi

Nel Pdl è polemica sul capogruppo consiliare finiano Alberto Bressan.

Nella Lega Roberto Sbabo non si riconosce nel nuovo segretario Giuseppe Zolin di Andrea Genito

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l centrosinistra gongola.

Mancano ancora tre anni alla scadenza del mandato del sindaco Luigi Dalla Via, ma l’ultima ”enclave rossa dell’altov icentino”, come la def inì il leghista Valter Orsi quando si propose di v iolarla, sembra essere al sicuro.

Nel 2009 lo storico sorpasso, dopo oltre quarant’anni di egemonia, f u mancato per poco più di 200 voti, ma da allora a palesare scricchiolii, anzi profonde crepe è stata proprio la coalizione di centrodestra. Sia Pdl che Lega locali hanno infatti subito l’onta del commissariamento, dilaniate com’erano da feroci polemiche interne tra le varie correnti della minoranza. “Fuori il capogruppo

Alberto Bressan

finiano dal Pdl!” hanno tuonato contro A lberto Bressan ben 45 firmatari di una lettera aperta al coordinatore prov inciale Pierantonio Zanettin, nella quale lamentavano atteggiamenti troppo appiattiti verso la Giunta del capogruppo consiliare, che più di una volta ha preso le distanze da alcune posizioni a livello nazionale del partito di Berlusconi. La patata bollente è passata nelle mani dei coordinatori scledensi Marco Tolettini e A lex Cioni, anche loro destinatari del documento che testualmente recitava: «poiché sia in ambito nazionale ma anche regionale e

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prov inciale fonti autorevoli del Pdl hanno pubblicamente e ripetutamente dichiarato che, pur nella legittimità di scelte personali, gli eletti nelle file del Pdl che aderi-

Il leghista Sbabo: “è dura pensare Zolin come il segretario di tutti”

scono al progetto dei finiani sono incompatibili con il Pdl stesso e dovrebbero, per coerenza, dimettersi non solo dagli incarichi di partito ma anche da quelli istituzionali, vorremmo capire quale ragionamento politico si intenda proporre non solo a noi aderenti ed attiv isti ma anche ai cittadini elettori del comune di Schio in merito all’affermazione del capogruppo Bressan». Il quale ha poi precisato di voler restare comunque nel Pdl. Da parte sua, Marco Tolettini ha inv itato a restare uniti per ev itare sbandamenti già verificatisi nel recente passato e costati più di un’elezione: «In un momento delicato come questo trovo francamente ev itabili certe rif lessioni pubbliche. E comunque il gruppo consiliare procede compatto».

Ma la v icenda è tutt’altro che conclusa e la resa dei conti fra le due anime locali del Pdl, che si riconoscono una in Tolettini e nei ver tici della “vecchia” Forza Italia e l’altra in A lex Cioni, sembra inev itabile.

Del resto non sta meglio la Lega, anzi il bubbone lì è appena scoppiato con la sfiducia ufficiale al leader storico Pietro Bastianello e la sfida aperta tra i suoi successori. Per ritrovare una linea unitaria si è deciso di fare una sorta di mini-primarie interne, ma l’esito è stato tutt’altro che chiarifi-

catore: ha prevalso Giuseppe Zolin su Roberto Sbabo per l’inezia di un voto, tanto da fare affermare a quest’ultimo: «Zolin non sarà mai il segretario di tutti». Affermazione pesante ed appena mitigata dagli.. auguri di un buon lavoro nel ricompattamento della Lega, partito che a Schio sarebbe teoricamente in maggioranza.

“Accetto il concetto democratico dei numeri – ha spiegato Sbabo - ma dal nuovo direttivo sono emerse posizioni certamente non condivisibili. Non si può sostenere infatti che le divisioni siano dovute a conf litti personali e non politici.

Perché allora il segretario provinciale del tempo, il senatore Paolo Franco, si è permesso di entrare nel merito? Mi stupisce che a fare dichiarazioni concilianti, tipo ‘la porta è aperta’ sia proprio Zolin, uno dei più accaniti accusatori del silurato Bastianello. C’è ancora troppa ipocrisia imperante per poter sperare di rappresentare tutti i tesserati leghisti di Schio. È dura pensare Zolin come il segretario di tutti”. Insomma, un tutti contro tutti che raffredda notevolmente le velleità di rivincita espresse dal centrodestra appena due anni fa, per ora non si intravedono né un possibile candidato unico né una possibile strategia per dare battaglia a chi verrà proposto per il dopo Dalla Via (al suo ultimo mandato). Se si votasse oggi l’assessore alle attività produttive, Daniela Rader, gettonatissima, o l’attuale presidente del Consiglio Comunale Dario Tomasi rischierebbero di scendere in campo senza avversari.

Roberto Sbabo

Testamento biologico Il PD spinge per un registro comunale (a.g.) Un registro delle volontà sul testamento biologico? Il circolo locale del Pd vuole aprire la strada per colmare la lacuna legislativa in materia, allo scopo di evitare il ripetersi dei sofferti strascichi di un nuovo caso Englaro. La questione è stata sollevata in apertura dell’ordine del giorno, nell’ultima assemblea del direttivo aperta anche a tutti gli iscritti e ai simpatizzanti, appunto per l’importanza della proposta. “Il Pd deve prendere una posizione ufficiale - ha sottolineato una delle tesserate storiche, Luisa Ferrandi - La custodia di un registro presso gli archivi comunali potrebbe sgravare medici e familiari da una decisione difficile e penosa.

L’accanimento terapeutico nei casi di impossibilità di guarigione o di vita pressoché vegetativa diventa uno strazio inutile e non rappresenta un gesto di carità cristiana. Non stiamo parlando di eutanasia, che è tutt’altra questione, ma del diritto ad una vita dignitosa.

Bisogna consentire a chiunque di decidere su se stessi, ma bisogna che questa volontà sia rilasciata quando ancora non ci si trova in quelle condizioni di non ritorno e che sia disponibile come lo è un generico testamento”.

Attualmente non esiste una legge che regolamenti la possibilità di sospendere trattamenti medici o idratazione dei pazienti legati magari da anni ad una macchina, come è stato per 17 anni per Eluana Englaro.

Proprio la testimonianza di suo padre Giuseppe, chiamato in città dal Pd un paio di mesi fa, ha evidentemente sollevato con forza il problema di coscienza tra i suoi iscritti. Al dibattito era presente anche il sindaco di Schio, Luigi Dalla Via, che non si è mostrato contrario ad un possibile registro comunale, invitando però a coinvolgere anche gli altri partiti e la cittadinanza: “Ovviamente non dobbiamo

Antonietta Martina

aspettare un altro caso Welby o Englaro per prendere in mano la questione. Il problema c’è e anche altre amministrazioni di centrosinistra del territorio (Vicenza, ndr) stanno adoperandosi per fornire qualche strumento orientativo.

Però capisco anche le ragioni di coscienza di chi è perplesso, magari per convinzioni culturali o religiose. Come ci ha già gridato Beppino Englaro, non bisogna lasciare soli i familiari e quello che ha tentato di fare il nostro Governo in quel caso non è corretto”.

La proposta del testamento biologico depositato potrebbe quindi presto approdare in Consiglio Comunale a Schio, non prima però di un ulteriore approfondimento che partirà proprio dal circolo locale del Pd, che ha istituito un’apposita commissione di studio, composta tra l’altro da Emilia Laugelli ed Antonietta Martino, che si sono succedute come assessori ai Servizi Sociali nelle due Giunte guidate da Dalla Via. “La volontà della persona resta prioritaria - ha commentato il coordinatore del Pd scledense, Alessandro Pozzan - Dobbiamo fare in modo che questa sia chiara e conoscibile in quelle, eventuali, drammatiche situazioni”.

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Malo, “Molinetto” chiama Amministrazione È un bellissimo impianto polifunzionale ma secondo il suo costruttore Raffaele Fedon non è sfruttato a dovere. (a.g.) “Se dovessimo farla oggi, forse ci r if leterei un pò di più sopra”. R af faele, classe 1941, è il capostipite della famiglia Fedon di Castelfranco Veneto, che nel lontano 1970 decise di specializzarsi nella costr uzione di piscine col marchio Fardef. L’impianto polif unzionale “Molinet to” di Malo è uno degli ultimi e più belli allestiti dall’azienda, che col marchio Gis gestisce in project-f inancing quat tro piscine nel Tr iveneto, ma anche dei più complicati come par to. Proget tato una quindicina di anni fa, quando a Malo governava il centrosinistra, ha conosciuto un br usco stop nell’iter realizzativo nel 2000, tanto da essere poi ultimato quando la Giunta ha cambiato completamente colore, guidata dal leghista A ntoniazzi. Con tanto di pesante panale addebitata all’impresa castellana. “La politica non c’entra nulla, forse più la burocrazia e spesso la mancanza di ver i addet ti ai lavor i in mater ia spor tiva nelle A mministrazioni. Ne consegue che il rappor to con Comuni ed Enti locali non è mai

semplice, nè diret to - spiega Fedon- Senza l’aiuto dei pr ivati, con gli at tuali problemi di bilancio ed i pat ti di stabilità, quasi nessun sindaco met terebbe in cantiere un impianto spor tivo di questa por tata, però tut ti sono pronti a met tere “palet ti” e limitazioni in nome dell’interesse collet tivo, in realtà castrando drasticamente le potenzialità delle str ut ture consegnate.

E’ successo anche a Malo, ma siamo comunque orgogliosi di aver consegnato delle piscine modernissime e molto apprezzate dagli utenti.” Da impresa di proget tazione, la “Fedon Dinast y” è poi passata alla gestione delle piscine, in tempi pioner istici. “Il vero salto di qualità l’abbiamo fatto nel 1994, quando a Sacile (Pordenone) ot tenemmo una concessione ventennale che ci permet teva di essere f inalmente coinvolti diret tamente nell’utilizzo degli impianti.

A nzi lì abbiamo creato anche una promet tente squadra di volley femminile che l’anno prossimo disputerà la ser ie C. Da allora abbiamo f inanziato diret tamente opere per qua-

si 20 milioni di Euro. Pure a Malo le condizioni per fare le cose in grande ci sarebbero tut te, ma ser ve anche la collaborazione dell’A mministrazione (anche i r ifer imenti sul sito comunale sono decisamente lacunosi, ndr). Invece fatichiamo ad ot tenere la possibilità di sf ut tare gli spazi circostanti l’impianto Molinet to per realizzare solar ium e campi di pallavolo ed è chiaro che soprat tut to d’estate, quando la piscina diventa un vero e propr io punto di aggregazione giovanile, si diventa meno competitit v i e l’appeal si r iduce. Ciononostante non smet tiamo di organizzare eventi, come l’ultimo musical di una set timana fa, con ospiti di spessore. Peccato che anche qui i grandi assenti siano propr io gli amministrator i: non ne ho v isto uno tra il pubblico. Solo Paola Carraro, che però ha altre competenze, sembra accorgersi di quanto facciamo per la cit tà”.

Il Centro Spor t & Benessere è potenzialmente l’unica vera Spa dell’A ltov icentino, con le sue tre piscine coper te da una suggestiva travatura in

legno cur vo, cui si aggiungono la sala danza, quella per il f itness, il cardio, il centro estetico, una prof umer ia, un ampio r istorante, una sala r iunioni e per f ino un salone per feste e compleanni, per un’aera totale di oltre 30.000 mq. Ma non manca l’at tenzione agli utenti diversamente abili, con ser v izi tut ti senza barr iere. “Malo si presta ed ha gli spazi v itali giusti per creare veramente un polo di impor tanza assoluta a livello

regionale - conclude R af faele Fedon - qui possono crescere v ivai e società spor tive, si possono organizzare inf inite at tiv ità per il tempo libero.

Però, r ipeto, bisogna credere ed osare: è la f ilosof ia che ho cercato di trasmet tere ai miei f igli, che mi seguono in questa...lucida follia. Per fare impresa nello spor t ci vogliono passione e r icerca di stimoli nuov i, io li cerco ancora a set tant’anni e non mi sento af fat to appagato”.

“Quella notte” in via Carducci L’attesa sta per finire: il cortometraggio “Made in Schio” che prenderà parte al prestigioso Festival di Locarno sarà presentato ufficialmente alla città il prossimo 18 giugno su un maxischermo allestito in Piazza falcone e borsellino. (a.g.) Pochi, finora, hanno potuto vedere, oltre al trailer, alcune scene e spezzoni dell’opera del regista Giuliano Cremasco.

“Quella notte”, titolo del film, fa riferimento al 5 settembre 1958, quando entrò in vigore la famosa Legge Merlin, che aboliva definitivamente le case di tolleranza in Italia. Una di

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queste aveva sede in Via Carducci a Schio, dove oggi c’è la trattoria tipica “Due Spade”, che ospitò anche lo scrittore Ernest Hemingway quand’era autista di ambulanze dell’esercito USA nella Grande Guerra.

Proprio lì è stato ambientato il set cinematografico, con un minuzioso lavoro durato due mesi.

“Il posto ci ha affascinato subito - rivela il regista - l’arredo del locale ed il suo interno non hanno richiesto nessuna modifica, tanto sono simili a quanto poteva trovarvisi mezzo secolo fa. Inizialmente dovevamo realizzare un semplice videoclip di supporto al cd di una band locale, ma quanto andavamo girando ci è apparso in grado di far compiere un salto di qualità alla pellicola, così siamo andati oltre ed il risultato vi assicuro è di altissima qualità”. La storia, questa sì inventata, è quella di un losco ruffiano, Angeleeno, che appunto dalla legge 75/58 è costretto a chiudere il suo rinomato bordello, dove per anni è transitata gran parte di Schio, tanto da divenire un irrinunciabile punto di aggregazione al di là di quanto vi succedeva al piano di sopra. Come si suol dire... di necessità virtù, Angeleeno non si perde d’animo e

decide di ingaggiare gli Zooma Zooma’s, gruppo specializzato in cover Swing e Boogie Boogie, per una tournée in giro per il mondo. Questo cambierà la vita dei sette musicisti e dello stesso boss. Un indiscutibile valore aggiunto è la voce narrante: a tracciare la storia è infatti Giorgio Lopez, straordinario doppiatore di Denny De Vito e Dustin Hoffmann. L’evento “50’s Night”, durante il quale verrà proiettato il cortometraggio, riporterà Schio a quelle fumose e piene di promesse atmosfere degli anni del dopoguerra e costituirà l’evento clou della manifestazione che aderisce alla “Festa Europea della Musica” organizzata per la seconda edizione anche dal Comune di Schio. L’attesa, come detto, è notevole: da mesi in città un po’ tutti parlano di questo piccolo film che ha coinvolto decine di attori (molti provenienti della

storica compagnia Schio Teatro80), comparse e tecnici locali in una “storia bella, d’altri tempi, che emoziona”, come riferiscono appunto coloro che vi hanno preso parte, in qualche modo. “Chi ci ha aiutato, sente questa piccola opera anche un po’ sua – prosegue Giuliano Cremasco – per tutti quelli che sono stati protagonisti questo lavoro è stata una avventura travolgente”. A seguire, come se fossero appena usciti dal proiettore, gli Angeleeno and the Zooma Zooma’s arriveranno con il loro abito gessato e ripercorreranno le trasgressioni di Fred Buscaglione, l’ironia di Renato Carosone, i ritmi di Louis Prima, le note appassionate di Nicola Arigliano. Alla fine della serata, un breve documentario curato da Alberto Sola mostrerà il dietro le quinte della realizzazione di questo cortometraggio.

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Adesso tutti vogliono un Mucchione di antenne I cittadini della contrada valdagnese reclamano trasmettitori nella loro zona. Ma fino a qualche anno fa in città erano attivi comitati di cittadini che volevano impedire la proliferazione degli impianti. Per evitare l’inquinamento da elettrosmog. Ora le priorità sembrano essere altre rispetto alla salvaguardia della salute: i cellulari e le nuove tecnologie. L’assessore Vencato: “Terremo monitorati gli impianti”.

di Marta Cardini

T

utti vogliono avere le antenne. Nelle settimane scorse molti cittadini hanno lamentato la mancanza di segnale e l’impossibilità di essere reperibili 24 ore su 24. Soprattutto nella zona del Mucchione. Sì, perché a Valdagno verranno installati altri due ripetitori (uno a Piana e uno a Castelvecchio) e la zona del Mucchione rimarrà ancora “scoperta”. In città sono già attivi 11 impianti e con questi 2 nuovi impianti si arriverebbe a 13. E pensare che qualche anno fa alcuni residenti si erano fatti promotori dei comitati “No antenne” per protestare contro l’allarme elettrosmog. Ma ora la preoccupazione principale di alcuni cittadini sembra essere quella che tutte le zone siano coperte da ripetitori per ottenere il segnale per i telefoni cellulari. Nel 2006 infatti si erano costituiti dei comitati per salvaguardare la salute dei cittadini: troppe antenne potrebbero essere

dannose e non si sa ancora potenzialmente quali malattie potrebbe procurare l’esposizione prolungata all’inquinamento elettromagnetico.

Dove sono finiti questi comitati? E perché ora la gente è più spaventata dall’assenza di campo rispetto al pericolo per la salute? “I comitati esistono ancora - dice Marcella Nori, che nel 2006 era promotrice del Comitato No Antenne per la zona di Valdagno Sud - ma sono un po’ deboli. Ci si trova per far festa e quando si organizzano riunioni interessanti la gente non viene. È assurdo che la situazione si sia ribaltata.

Ora per alcuni cittadini viene prima la tecnologia della salute. L’attenzione sull’allarme elettrosmog sembra essersi un po’ spenta, proprio ora che sarebbe il momento di agire”. Probabilmente in centro, nel prossimo futuro, verranno aggiunti altri impianti e in questa zona sembra essere già alta la concentrazione di elettrosmog. L’amministrazione comunale aveva comunque redatto già cinque anni fa un piano di localizzazione delle installazioni, in modo da diluire l’eventuale

inquinamento elettromagnetico che ne sarebbe derivato. Ma basterà? “Sono molto attento a questa questione - risponde Michele Vencato, assessore all’ambiente-. Tutti gli impianti già esistenti sono costantemente monitorati e siamo ben al di sotto dei limiti di legge. Si eseguono costantemente simulazioni con operatori dell’Arpav per avere maggiore sicurezza di ridurre i rischi per la salute”. Per quanto riguarda i cittadini, l’assessore Vencato spiega che le richieste di avere ripetitori da parte delle frazioni arrivano da parecchi anni. “Negli ultimi mesi -afferma - sono state raccolte le esigenze del territorio. Molti abitanti delle frazioni collinari volevano avere il segnale per i cellulari, così abbiamo sollecitato le compagnie telefoniche. Gli operatori hanno valutato le coperture su Piana e Castelvecchio, ma non hanno accettato il Mucchione, dove gli utenti sono pochi e la spesa sarebbe troppa.

Non mi risulta che qui in passato ci fossero dei comitati “No Antenne”, credo che sul Mucchione le abbiano sempre volute”.

Michele Vencato

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Ospedale unico fra tempi lunghi e scontri politici Polemiche sulla lentezza per la realizzazione dell’ospedale unico a Montecchio, che dovrebbe sorgere in località Canova. Scalabrin: “Tutto fermo per colpa di sindaci e Ulss 5”. Fracasso: “C’è il rischio di perdere il finanziamento della Regione”. Il dg Alessi:“Non è fermo proprio niente. Il progetto è già stato presentato. Attendiamo solo indicazioni dalla Regione”

di Marta Cardini

N

essun progetto e nessuna procedura per realizzare l’ospedale unico? L’iter si sarebbe fermato o sarebbe comunque al rallentatore perché da una parte i Comuni interessati non si sarebbero mossi a sollecitare la Regione perché tutto proceda e dall’altra parte sembra che Ulss 5 non abbia presentato un progetto, come avrebbe

Maurizio Scalabrin

dovuto. Cosa comunque smentita dal direttore generale. A lanciare l’allarme è Maurizio Scalabrin, ex sindaco di Montecchio e ora consigliere capogruppo del gruppo consigliare “Scalabrin per Montecchio” che durante il suo mandato di sindaco, conclusosi nel 2009, si era dato da fare, assieme a Stefano Fracasso, ex sindaco di Arzignano e ora consi-

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Milena Cecchetto

gliere regionale, affinché venisse portata avanti l’attuazione dell’opera. “L’attuale amministrazione - afferma Scalabrin- non si è nemmeno mossa per avere informazioni presso la Regione. L’attuale sindaco dice che è in attesa che sia la Regione a dirle cosa fare. Tutto è fermo ai vecchi documenti che avevo presentato quando ero primo cittadino in carica nella primavera del 2009.

L’attuale Conferenza dei Sindaci non ha deliberato niente altro. Nessun progetto preliminare, nessuna indicazione sul luogo dove verrà realizzato. Tutte le iniziative che erano state messe in piedi da me sembrano essere andate in fumo. Dall’altra parte il direttore di Ulss 5 Renzo Alessi dice che stanno aspettando indicazioni dalla Regione, che c’è l’annuncio del finanziamento, ma non c’è nessun documento ufficiale”. Il sindaco di Montecchio e Presidente della conferenza dei sindaci della Ulss 5 Milena Cecchetto replica: “ Noi siamo pronti e lo siamo sempre stati, in attesa di

indicazioni da parte della Regione, che però non sono mai arrivate. L’assessore regionale che ha partecipato al consiglio comunale congiunto di Montecchio e Arzignano è stato chiaro: il nuovo ospedale va fatto e la località individuata per la nuova struttura è Canova. Ora attendiamo risposte dalla Regione perché solo con l’approvazione del progetto da parte della Regione i sindaci possono fare varianti urbanistiche. Credo che abbiamo tutti l’obiettivo di dare una risposta concreta alle esigenze della comunità in ambito sanitario”.

Secondo Maurizio Scalabrin invece ci sarebbe ancora da definire un’area precisa in cui dovrebbe sorgere il nuovo ospedale.

Scalabrin si sarebbe recentemente attivato presso Regione, Comuni e Ulss 5 per capire a che punto è la situazione. La Regione gli avrebbe risposto che tutto è fermo perché gli ultimi documenti che ha ricevuto risalgono alla primavera del 2009, quando era ancora in carica lo stesso Scalabrin, e che non avrebbe ricevuto nessun nuovo documento da parte dei Comuni e dell’Ulss 5.

I Sindaci e Ulss 5 avrebbero risposto che stanno aspettando dalla Regione le indicazioni. Insomma: nessuno sembrerebbe muoversi più. “Sono preoccupato - continua Scalabrin - Il sospetto che fosse tutto fermo mi è venuto un paio di mesi fa, quando ho richiesto un consiglio co-

Stefano Fracasso

munale congiunto. I Sindaci di Montecchio (Milena Cecchetto) e Arzignano (Giorgio Gentilin) mi avevano assicurato che tutto stava procedendo senza problemi. Poi un assessore regionale è venuto a dirci che dalla Regione ancora i finanziamenti non c’erano.

Ma un paio di settimane dopo è arrivato un finanziamento di 50 milioni di euro per il nuovo ospedale. Nel frattempo Ulss 5 e Conferenza dei Sindaci dovevano approvare un documento per continuare il percorso, ma non lo hanno fatto”. “Il rischio è - sostiene Stefano Fracasso, consigliere regionale ed ex Sindaco di Arzignano che aveva lavorato per l’iter dell’ospedale unico assieme a Scalabrin durante il suo mandato - che i 50 milioni di euro vadano a finire altrove. L’ospedale potrebbe perdere il suo finanziamento. E tutto perché Comuni e Ulss 5 non hanno fatto nessun atto perché tutto proceda.

Dov’è il nuovo progetto che doveva presentare il direttore A lessi?”. Ma il

direttore generale di Ulss 5 Renzo A lessi risponde: “Ho presentato il progetto preliminare regolarmente in autunno 2010, con l’individuazione della locazione, scelta dai sindaci (zona Canova), sulla base di una delibera di Giunta.

Non si è fermato proprio niente. La Regione ha ottenuto il finanziamento dallo Stato e ora aspettiamo l’ufficializzazione da parte dell’assessore regionale alla sanità. Poi sulla base di questo ci sarà un nuovo passaggio:

Renzo Alessi

si tratterà di modificare il progetto. Ma al momento ci è stato detto dalla Regione di attendere le loro indicazioni, con la lettera di ufficializzazione del finanziamento dei 50 milioni di euro. Il rischio di perdere i soldi stanziati dalla Regione ci sarebbe solo se non venissero rispettate le scadenze, ad esempio se non attivassimo l’iter entro l’anno”.

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Riflessione ad alta voce di Andrea Zorzan Il capogruppo del Partito Democratico fa alcune osservazioni al sindaco, giunto quasi a metà del suo mandato.

E si dice preoccupato soprattutto per le opere viarie.

di Marta Cardini

A

ndrea Zorzan afferma che il Comune di Thiene con questo mandato abbia subito un colpo d’arresto e stia perdendo terreno.

Perché? Quale è la sua preoccupazione più grande?

“Innanzitutto la viabilità. Ad esempio per quanto riguarda la bretella est: non si è discusso con i Comuni limitrofi il nodo viario essenziale per Thiene. Abbiamo chiesto al sindaco Marita Busetti di invitare il presidente della Provincia ed ex sindaco di Thiene Attilio Schneck e lo stiamo aspettando da sei mesi. È assurdo che l’amministrazione comunale non riesca a mettersi d’accordo con l’amministrazione provinciale sulle opere viarie, essendo tra l’altro entrambi dello stesso partito (Lega Nord). La filiera di partito è a loro favore dal Comune alla Provincia alla Regione, eppure non riescono ad accordarsi”.

E per quanto riguarda il raccordo tra il casello dell’autostrada e la nuova Gasparona

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che diventerà Pedemontana? “È un’altra opera viaria su cui l’amministrazione non sta spingendo. Il casello diventerà strategico. Sul tema viario c’è molto da lavorare sia per quanto riguarda i due snodi del Carrefour e dell’autostrada, sia per la bretella est.

A detta del presidente Schneck

questi snodi non sarebbero più prioritari per la Provincia. Il piano della viabilità presenta limiti e ristrettezze. E il patto di stabilità ci blocca e ci impedisce di realizzare marciapiedi e strade”.

Cosa ci dice del Pat? “Anche sulla creazione del Pat noi abbiamo sempre pensato e suggerito di ragionare in rapporto con i Comuni limitrofi, cosa che non è stata fatta”.

Come sta affrontando i problemi della città l’amministrazione?

“Non li sta affrontando. Non c’è un’azione concreta. C’è invece troppo investimento pubblicitario sull’immagine del sindaco: una promozione delle attività dell’amministrazione che non vede segni di risparmio. Mentre non si pensa, ad esempio alle in-

frastrutture scolastiche ed ad altri problemi”.

A fine 2010 il vostro gruppo consigliare aveva presentato una mozione con la proposta di modifica del “Patto di Stabilità”. In che cosa consisteva?

“Avevamo chiesto al Sindaco di farsi portavoce presso l’ANCI Veneto del disagio dei Comuni chiedendo una seria rif lessione sul tema. Avevamo poi chiesto al Governo Italiano e al Parlamento di rivedere la struttura del “Patto di Stabilità” con l’obiettivo dell’introduzione del fattore “merito” individuando i Comuni virtuosi e quelli “spreconi”. Tra le nostre richieste c’era poi quella di porre in essere una struttura di Patto che abbia l’obiettivo di stimolare gli enti “virtuosi” a migliorare sempre più le proprie condizioni, offrendo loro la possibilità di non avere vincoli; ma nel contempo, introdurre elementi “penalizzanti” per quelle realtà comunali dove l’inefficienza e l’inefficacia primeggiano portando al disastro assoluto la gestione dei propri bilanci. Il nuovo “Patto di Stabilità” dovrebbe assumere una struttura e impostazione “dinamica”, nel senso che ogni ente abbia la possibilità di raggiungere il parametro prefissato. Anche gli enti “spreconi” , se vogliono e ne hanno le capacità gestionali, devono avere gli elementi per poter diventare “virtuosi”.

Avevamo richiesto quindi un meccanismo capace di “mordere” in modo puntuale i Comuni non efficienti. Andrebbero eliminati i vincoli attuali che agiscono in modo indistinto colpendo non i Comuni o i loro amministratori, che mal governano, ma i cittadini che subiscono tagli dei servizi e aumento dei costi. Ma l’ordine del giorno è stato bocciato dalla Lega in Consiglio perché, a loro dire, la soluzione non è la modifica del Patto in vigore, ma l’approvazione del Federalismo Fiscale. Rimaniamo in attesa, sperando che i Comuni e i cittadini riescano ad attendere i tempi infiniti di chi è chiamato a governare il Paese”.

La replica del sindaco Maria Rita Busetti (m.c.) “Mi stupisce che il consigliere Zorzan dica tutte queste cose conoscendo la situazione riferita al patto di stabilità. Ciò che dice Zorzan è dovuto a posizioni politiche.

Accetto le critiche se sono intelligenti e motivate, non se rappresentano una pura polemica” risponde il sindaco Busetti.

Cosa risponde in merito alle questioni sulla viabilità e al rapporto con la Provincia?

“Per quanto riguarda la bretella est e il resto della viabilità ci stiamo muovendo assieme al presidente della provincia Schneck. La viabilità a Thiene è molto difficile da seguire e richiede un lavoro costante e giornaliero per legare la viabilità anche all’urbanizzazione. Dalla Provincia stiamo attendendo il momento opportuno. Siamo comunque sempre in contatto.

Le opere sono state sospese per il patto di stabilità, ma non le abbiamo abbandonate”.

E sul Pat cosa ci dice?

“Il Pat è equilibrato e rappresenta la continuità con l’amministrazione precedente.

Il Pat è stato aggiornato, non siamo partiti dall’inizio”.

Cosa risponde alle “accuse” sul troppo investimento pubblicitario sulla sua immagine?

“Come tutte le amministrazioni abbiamo una persona che segue l’ufficio stampa (sia il giornalino comunale che i comunicati stampa).

Abbiamo anche risparmiato rispetto all’amministrazione precedente. Abbiamo ridotto le pagine pubblicitarie del Comune su alcuni giornali locali. La rivista “Th” è pagata solo con i soldi degli sponsor.

Il giornalino comunale è realizzato dai dipendenti comunali. Abbiamo ridotto le spese per la comunicazione cercando di curarla perché è importante comunicare con i cittadini, dire cosa si fa”.

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Chi è questo Variati?

Il primo cittadino visto da due accademici che lo conoscono bene. di Renato Ellero

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ue sono i periodi nei quali Achille Variati ha ricoperto l’incarico di sindaco di Vicenza. Stendiamo un pietoso velo sul primo giacché lo stesso Variati, nella seconda campagna elettorale, disse di aver capito gli errori che aveva commesso e che non vi sarebbe ricaduto. Sostanzialmente si condannò da solo. Né si dica che parto da presupposti negativi perché nella sua campagna elettorale non l’ho mai criticato, assoggettando, al contrario, la sua avversaria al fuoco incrociato della mia penna e della mia lingua. Per chiarezza a me danno fastidio i sindaci che seguiti dal codazzo di pennivendoli da strapazzo e da paparazzi di provincia si recano a far visita ai centenari per apparire sulle pagine dei giornali. Così il sindaco di una città bella, artistica, ma piccola e provinciale, che carichi sulle spalle e sul portafogli dei cittadini uffici di rappresentanza e portavoce non meglio qualificati mi dà ancor più fastidio. Eppure i sindaci del periodo in cui Variati studiava da politico non avevano bisogno di portavoce che troppo spesso sono impiccioni e si permettono di fare politica proprio sulle tasche di noi comuni cittadini. Lo spazio che mi è concesso non consente di approfondire le varie fasi positive (poche) e negative (molte). Mi soffermerò, ad esempio, su un punto che rappresenta nelle nostre amministrazioni la piaga più rilevante. Gli interessi nel settore urbanistico sono quanto di più miserevole (sul piano morale) possa esistere. Ebbene la città di Vicenza ha scelto con difficoltà, e pochi voti di differenza, una parte perdente in quel momento nel Paese. Questo non lo ha fatto perché le due espressioni andassero poi sotto braccio eliminando di fatto (e perché?) il contraddittorio che in una amministrazione democratica è l’unico termometro della verità,

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dell’onestà, e del rispetto.

Altro elemento è relativo al funzionamento degli uffici. Mi riferisco all’edilizia privata. Ad esempio, se un architetto che non sa che l’area del triangolo è data dalla formula base x altezza diviso due (è il diviso due che gli manca) e denuncia un professionista ed altri due cittadini che devono sopportare più di un udienza prima di vedere la propria assoluzione ed il sindaco non prende la responsabile del settore e non le chiede se era stata informata dagli interessati e, se informata, perché non aveva ritenuto necessario compiere un accertamento sulla reale portata di quanto verificato prendendo i provvedimenti necessari, il giudizio non può essere che negativo. Forse non sa Variati che non è al servizio di un funzionario qualsiasi ma dei cittadini che l’hanno eletto e che pagano sia il suo emolumento sia quello di detta funzionaria. E non si dica che è l’Autorità Giudiziaria che deve risolvere perché la stessa è poi costretta a fare pure brutta figura per l’impreparazione di qualche dipendente comunale. Ad onor del vero va riconosciuto a Variati di aver affrontato il problema AIM con persona che quanto meno sapeva come dirigere una spa. Quello che lascia interdetti è la disponibilità (e questa è del sindaco) a trovare una soluzione di accomodamento nei confronti di coloro che, lucrato quanto era lucrabile, hanno lasciato all’ AIM, cioè al Comune, la rogna delle perdite secondo il principio “il profitto al privato, le perdite al pubblico”. Comunque non disperate perché Fazioli avrà la sua sorpresa finale se ben conosco Variati. Se alle prossime elezioni emergesse a Vicenza un novello De Magistris vedremmo le monsignorili elaborazioni orali di Achille Variati trasformarsi in urletti di paura? In realtà molto altro potremmo dire di Variati ma la mia penna, notoriamente non tenera, non può dimenticare di averlo visto nascere in politica. Forse è bene che neppure lui lo dimentichi.

baglia chi dice che Variati è un politico della prima repubblica, riciclato nella seconda. Per Vicenza Variati è stato fin dagli anni ’90 un protagonista di quel passaggio epocale della politica italiana, segnato allora dall’affermazione sulla scena nazionale di Berlusconi.

tà nell’adattarsi ai contesti più diversi, di tenere insieme interlocutori fra loro opposti, spiazzando spesso gli avversari: come esponente del PD dialoga molto più con Tosi che con Zanonato, con Lia Sartori che con Gianni Rolando; come cattolico preferisce confrontarsi con la Cgil piuttosto che con la Cisl, con i “No dal Molin” che con gli Industriali. Dopo tutto, per Variati la politica è lontana da quell’attività che Niklas Luhmann defi-

Ma se Silvio ha oramai perso lo smalto di un tempo e l’ombra del declino affiora all’orizzonte, Achille appare invece in splendida forma ed è sicuramente pronto a seguire, un attimo prima degli altri, la nuova onda del cambiamento. Variati sembra infatti vestire perfettamente il carattere del politico moderno: grande capacità di capire gli umori popolari e di aderire al “nuovo che avanza”, senza per questo abbandonare il vecchio, buono o cattivo che sia. Per fare questo, servono principi saldi ma fluidi, una disponibilità a sentire tutti senza ascoltare nessuno, l’intelligenza di promettere ai cittadini ciò che di volta in volta essi chiedono, ma soprattutto di far dimenticare loro gli impegni presi. Serve l’abili-

niva centrale per la società moderna – assumere decisioni collettivamente vincolanti. Per Variati la politica è piuttosto un surfing comunicativo che svolge, tuttavia, una funzione essenziale: rassicurare i propri cittadini. In questo senso Variati è davvero un politico coraggioso, e non è un caso abbia sempre dato il meglio di sé nelle emergenze.

E’ stato così nei primi anni ’90, quando Tangentopoli aveva travolto la DC, mentre lui, da gran condottiero, riuscì a traghettare sé stesso e qualche amico nella nuova alleanza “arlecchino”, anticipando la formula dell’Ulivo. Lo abbiamo poi visto guidare con eroica determinazione le squadre di soccorso dopo la grande alluvione dello scorso autun-

di Giancarlo Corò

S

no, riuscendo a presentare al mondo una “città martire”, ma guardandosi bene dall’ammettere che Vicenza investe in difesa del suolo meno di ogni altro capoluogo in Veneto. Il peggio di sé Variati lo offre quando si tratta di decidere davvero: le opere di difesa idraulica, il passaggio dell’Alta velocità, i progetti di sviluppo urbano (quelli reali, non i grandi piani sulla carta), la politica per il traffico, la strategia per le aziende municipalizzate.

Decidere è sempre difficile e doloroso. Se è possibile ritardare le decisioni, possiamo stare tranquilli che Variati ci proverà.

Ma certe scelte, prima o dopo, bisogna farle. E a tre anni dalla sua elezione viene da chiedersi se, oggi, Vicenza sia più vivibile, sicura, verde, accessibile e, in definitiva, migliore di prima.

Qualche dubbio è legittimo. Tuttavia, pochi dubbi ci sono sulla possibilità che Variati venga rieletto. Perché lui sembra più un parroco che un politico, più un pastore che accompagna il suo gregge al solito pascolo che un leader che affronta le sfide dell’innovazione. Perciò, a meno che non scappi qualche sciocchezza a suoi collaboratori – eventualità poco probabile, visto il controllo assoluto sulla coalizione – non si vedono in giro rivali all’altezza. Questa assenza di competizione non è per Vicenza una buona notizia. Fino a qualche anno fa, il soft power variatiano era congeniale ad una città ricca, appagata e senza particolari problemi di identità e sviluppo. Ma oggi, dopo una crisi che ha colpito il cuore industriale del Nord Est e che sta ridisegnando la geografia dello sviluppo mondiale, il momento delle scelte è arrivato. Se vogliamo attirare nuovi investimenti tecnologici e di servizio, realizzare le infrastrutture necessarie ad un territorio metropolitano, dare qualità ambientale e respiro culturale alla città, allora bisogna cambiare marcia. Altrimenti, ci dovremo rassegnare a scivolare sempre più in basso fra le città del Veneto. A quel punto, la rassicurante politica di Variati riuscirà comunque a consolarci.

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Graduatorie insegnanti Cosa succederà a Vicenza di Stefano Valle

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ontinua nel 2011 l’attuazione della “Riforma Gelmini”, prevista dalla legge 133/08. Terza tranche di “riduzione” di personale e servizio nella scuola per l’anno scolastico 2011-2012, riduzione prevista in tutta Italia di 19.700 insegnanti e 15.000 ATA. Nel Veneto la riduzione è di quasi 1.500 insegnanti, per Vicenza e la sua provincia la riduzione sarà di circa 300, 178 nella Scuola Elementare, gli altri saranno alle Medie (circa 50), e alle Superiori (poco meno di 100). La ragione prevista dalla legge è sempre la stessa: “contenimento della spesa pubblica”. Il Decreto n.44 del 12 Maggio 2011 ha riaperto le graduatorie di ogni ordine e grado, rendendo possibili i trasferimenti di insegnanti su tutto il territorio nazionale, aggiornamenti e trasferimenti che si sono effettuati tra il 12 maggio e il 1 giugno 2011, dopo che nel biennio 2009-2011 alle graduatorie ad esaurimento istituite nel 2007 per ogni provincia, si sono affiancate le graduatorie in “coda”, definite “incostituzionali” dalla Corte Costituzionale con sentenza n° 41 dell’11 Febbraio 2011. Le “code” sono costituite da insegnanti precari soprattutto di regioni del Sud che, in seguito alla Riforma Gelmini, non hanno ottenuto il rinnovo di incarichi di insegnamento nella loro regione. Cosa significa questo per Vicenza e la sua scuola?

Significa sostanzialmente il trasferimento nelle sue Gra-

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duatorie di un numero consistente di insegnanti da fuori provincia, che “forti” del loro punteggio andranno ad inserirsi “a pettine” nelle graduatorie già esistenti, un numero talmente consistente che varie stime fatte dai sindacati e circolanti su Internet, parlano di una chiusura di 2-3 anni della scuola come luogo di lavoro per quasi tutti i precedenti insegnanti presenti nelle Graduatorie ad esaurimento. Nel 2009-2011, per esempio, la Graduatoria ad esaurimento Scuola Primaria, Posto Comune, rintracciabile sul sito www.istruzionevicenza.it, ha riportato circa 900 nominativi, di cui circa 200 con riserva (coloro che stanno conseguendo il titolo di abilitazione), e dei 700 abilitati, circa il 60%(oltre 400 insegnanti), provenivano da fuori regione. La stessa Graduatoria, nella versione “Coda”, ha riportato 1.500 nominativi, tutti provenienti da fuori provincia di Vicenza. Lo stesso vale per molte altre graduatorie della nostra Provincia: per esempio, per insegnare Italiano, Storia e Geografia, la Graduatoria 2009-2011, ha avuto 257 insegnanti precari, 127 provenienti da fuori regione. Le Graduatorie per gli insegnanti di sostegno, stesso periodo di tempo, stesso sito di consultazione, hanno avuto la metà di insegnanti provenienti da fuori regione.

La domanda per l’anno scolastico 2011-2012 è: quanto saranno stravolte queste graduatorie con l’inserimento “a pettine” ? Quanti insegnanti precari arriveranno da fuori regione, “tagliati” dalla Riforma Gelmini nelle loro regioni di origine? La scuola in

Italia non è uguale in tutte le regioni, e questo per una serie di dati che proponiamo.

Nel 2007 in Lombardia, 9 milioni e 800 mila abitanti, c’erano circa 360 mila studenti delle scuole superiori (14-19 anni), in Campania, 5 milioni e 800 mila abitanti, c’erano 350 mila studenti delle superiori. Più studenti significa più scuole, più personale.

Investimento in formazione o fenomeno di parcheggio?

Il rapporto tra docenti(tutti gli ordini+sostegno) e alunni nel Veneto e a Vicenza è di 1 insegnante per ogni 11, 05 studenti, rapporto che è valido anche per Marche, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Puglia, Umbria, Campania mentre il rapporto per

Basilicata, Calabria, e Sardegna è 1 docente per 10 alunni. Con lo stesso rapporto Vicenza potrebbe avere nelle proprie scuole circa 10 mila insegnanti invece dei circa 9 mila attuali, cioè avrebbe mille insegnanti in più. In altre regioni il rapporto è di circa 1 insegnante per ogni 10,5 alunni: Piemonte, Sicilia, Molise, Liguria, Lazio, Abruzzo, Friuli. Per Vicenza, con lo stesso rapporto, sarebbero circa 500 insegnati in più. L’anomalia più forte si registra nell’insegnamento di sostegno. Prima di tutto sottolineamo una significativa differenza di studio per arrivare al Titolo di Laurea come Insegnante di Sostegno. Nel Veneto, presso l’Università

di Padova, bisogna sostenere 6 esami e frequentare 5 laboratori, 15 ore ognuno obbligatorie, 160 ore di tirocinio.

In Campania lo stesso titolo arriva dopo 2 esami, 1 laboratorio e 50 ore di tirocinio.

In Campania gli insegnanti di sostegno assunti sono 12.000, nel Veneto 6.000, di cui alcuni provengono dalla Campania. In Sicilia gli insegnanti di sostegno sono 11.500, in Calabria sono 3.700, in Puglia 7.500, in Basilicata 1.000. In queste regioni del Sud, ad ogni insegnante, sono affidati circa 1,5 alunni disabili, a Vicenza ogni insegnante di sostegno si occupa di 2,4 alunni differentemente abili, con una lacuna per Vicenza di oltre 200 insegnanti di sostegno, poiché la legge prevede 1 insegnante ogni 2 alunni disabili. In Italia, su 90 mila insegnanti di sostegno, 40 mila sono assunti nelle regioni sopramenzionate, che rappresentano 1/3 della popolazione italiana, cioè 20 milioni di abitanti. La domanda è: perchè si taglia “molto” nella scuola di Vicenza e del Veneto quando già sono marcati determinate mancanze per la nostra scuola? A questo possiamo aggiungere che attualmente, nel Veneto, sono ammessi 156 studenti ogni anno nel corso di laurea in Scienze di Formazione Primaria, cioè i futuri insegnanti di scuola elementare e materna. Se si considera che ogni anno gli insegnanti delle elementari e della materna pensionati nel Veneto sono 500 circa, non si capisce come mai il Veneto sia l’unica regione italiana a non poter formare al proprio interno un numero sufficiente di insegnanti per il futuro.

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Consulenze, Fazioli contrattacca a 360° di Giovanni Coviello

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ei giorni scorsi i media locali hanno dato ampio risalto al fascicolo che la procura berica ha aperto a carico di Roberto Fazioli. Il presidente di Aim sarebbe indagato, dopo un esposto di tutti o consiglieri comunali del Pdl locale meno Lia Sartori (da noi “supposto” il 28 aprile e pubblicato integralmente già il 6 maggio), per abuso d’ufficio in relazione ad una serie di consulenze che sarebbero state affidate dallo stesso presidente di Aim a società e persone a lui riferibili. Di più gli inquirenti starebbero lavorando anche ad un’altra ipotesi investigativa, quella che vede un Fazioli indagato perché avrebbe negato le carte ai consiglieri che le chiedevano. Questo almeno

è quanto chiedevano, e ancor prima del secondo esposto, di accertare i sette consiglieri comunali. Fazioli però non ci sta. Respinge seccamente al mittente ogni addebito, allarga la sua difesa all’ambito

“difficile” in cui ha dovuto operare e nel contempo sfiora anche l’argomento relativo al comportamento della stampa: «Non capisco come mai ma per questa vicenda nessun giornalista mi abbia

chiamato, cosa che succede invece in altre circostanze.

E ad ogni modo questa è una disgustosa vicenda legata ad una bufala colossale che mi fa tenere testa e cuore ancor più altrove».

Poi Fazioli alza il tiro e spiega che «quando Meridio mi ha chiesto i dati sulle consulenze per evitare speculazioni gli è stata consegnata la documentazione non solo sul biennio da lui richiesto ma sui dieci anni prima». E secondo Fazioli dalle carte emerge «senza ombra di dubbio» che sotto la sua gestione i costi per incarichi esterni sono sensibilmente diminuiti.

«Nonostante ciò - aggiunge ancora il presidente - hanno deciso di creare zizzania e per raggiungere questo obiettivo si sono inventati situazioni di conf litto di interesse che non esistono. Cosa che peraltro ho già dimostrato consegnando alla pro-

cura della repubblica tutta la documentazione del caso. Il dato fondamentale - aggiunge Fazioli - è che io non sono proprietario della mia ex società di consulenza. Quando sono arrivato a Vicenza io mi sono limitato ad indicare persone di indubbio e inoppugnabile valore incluso il presidente di Aim Energy Fabio Candeloro. Persone che hanno dato un aiuto concreto ed inoppugnabile al risanamento di Aim. E questa cosa ha dato parecchio fastidio a molti qui a Vicenza».

Fazioli è un fiume in piena: ricorda che la spa pubblica è stata risanata e che la stessa nel luglio 2008 «non aveva nemmeno i soldi per pagare i dipendenti. Io ho ristrutturato Aim nonostante non abbia av uto la vita facile».

E alla nostra osser vazione chiave che era (ed è?) sul suo potere in azienda, Roberto Fazioli ha risposto secco: “Ma quale potere?!”.

Una proposta di lavoro lle forze politiche A e sindacali della provincia di Vicenza.

La nostra Repubblica è fondata sul lavoro. Il lavoro oggi manca.

Quando esiste è precario, intermittente, a chiamata. Il contratto nazionale viene reso inefficace e sostituito da contratti aziendali che penalizzano i lavoratori. L’attacco ai diritti è all’ordine del giorno.

A tutte le forze politiche e sociali democratiche, a chi ha a cuore il futuro della nostra nazione, a chi crede che solo con il diritto al lavoro, al sapere, alla salute, all’uguaglianza una persona può essere realmente libera, chiediamo di costruire un progetto. Un “piano del lavoro” che individui come e dove agire dando priorità alle esigenze di chi lavora.

Della situazione del lavoro si ha, spesso, una visione parziale e disaggregata. È necessario integrare e mettere in relazione tra loro le informazioni al fine di elaborare un programma che permetta il “governo democratico del territorio”.

Crediamo che la presente proposta debba essere discussa

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ed elaborata in maniera collettiva. Con questo fine elenchiamo alcuni temi che riteniamo di fondamentale importanza e poniamo alcune domande alle quali si dovrà dare una risposta.

• Quanto è il lavoro nero?

• Qual è la situazione

Delocalizzazioni: • Quante, quali e dove sono?

• Come sono state trasformate le aree dove sorgevano siti produttivi?

• Quanti e quali siti produttivi sono stati sostituiti da speculazioni edilizie?

• Quanti lavoratori hanno perso il lavoro a causa delle delocalizzazioni?

• Quanti finanziamenti pubblici sono stati erogati alle imprese che hanno delocalizzato?

• Quale dovrebbe essere il ruolo delle istituzioni?

Quale dovrebbe essere il ruolo delle istituzioni?

Lavoro: • Quanti sono i lavoratori atipici?

• Qual è l’incidenza del precariato nel mercato del lavoro (pubblico e privato)?

• Come può essere contrastata la precarietà?

• Come sono distribuite nel territorio mobilità e cassa integrazione?

• Quali sono i settori più colpiti?

dell’occupazione giovanile?

• Quanto costa alla società questa situazione?

• Quanta e quale formazione viene erogata?

Sicurezza: • Qual è la situazione della sicurezza nei posti di lavoro?

• Quale dovrebbe essere il ruolo delle istituzioni?

Ricerca e innovazione: • Qual è la situazione attuale?

• Quanti e quali investimenti vengono fatti (pubblico e privato)?

• Quali sono le prospettive?

• Quale dovrebbe essere il ruolo dell’università e della scuola pubblica?

• Quale dovrebbe essere il ruolo delle istituzioni?

Ambiente e territorio: • Cosa si prevede per la messa in sicurezza del territorio e per il recupero ambientale?

• Quale dovrebbe essere il ruolo delle istituzioni?

Trasporti: • Qual è la situazione del

trasporto pubblico?

• Come può diventare •

realmente un servizio efficace ed efficiente?

Quale dovrebbe essere il ruolo delle istituzioni?

La Repubblica (intesa come l’insieme di comuni, province, regioni, stato) deve assumere il ruolo costituzionale di garante e produttore di lavoro e di ricchezza per tutti i cittadini. È necessario definire un piano di rilancio economico e produttivo del territorio che preveda l’intervento pubblico, l’individuazione delle prospettive strategiche, la regolamentazione del mercato finanziario, l’individuazione dei meccanismi necessari per la difesa e lo sviluppo delle attività produttive.

Il progetto dovrà indicare dove trovare i fondi necessari alla sua realizzazione. A tal fine proponiamo alcune azioni che riteniamo efficaci: • Lotta all’evasione e alla corruzione • Diminuzione delle tasse sul lavoro produttivo (principalmente quelle pagate dai lavoratori) e aumento delle imposte sul capitale • Introduzione della patrimoniale sulle grandi ricchezze • Lotta agli sprechi

• •

•

amministrativi e no prevedendo consistenti risparmi con la razionalizzazione delle Istituzioni (es. abolizione delle Province e accorpamento dei piccoli comuni, controllo e limitazione delle consulenze date a soggetti privati), degli Enti, dei Consorzi, delle società a partecipazione pubblica Recupero dei finanziamenti elargiti alle imprese che delocalizzano Utilizzo sociale dei Fondi pensione che devono essere investiti nello sviluppo del lavoro. I soldi dei lavoratori non devono essere impiegati nelle speculazioni di qualsiasi genere ma possono essere utilizzati per finanziare lo sviluppo del lavoro (sicuro, a tempo indeterminato e giustamente retribuito) e devono servire a contrastare qualsiasi forma di precarietà Taglio delle spese militari e dei finanziamenti alla scuola privata e alla sanità privata Partito dei Comunisti Italiani Federazione della sinistra di Vicenza

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Legittimo impedimento. Parola agli avvocati Non è un privilegio come l’abrogata immunità parlamentare

I cittadini devono sapere tempestivamente se a governarli più ragione di esistere, senza alcuna abrogare non è un privilegio nei è una persona onesta o no ripercussione sulla prescrizione. confronti di alcune cariche politiche,

di Valerio Sorrentino

I

l referendum sul legittimo impedimento, come quello sul nucleare, sarà purtroppo condizionato non da una ponderata analisi sul quesito, ma da sentimenti che, per quanto giustificati, appaiono fuorvianti. La legge che si vuole

in ordine al trattamento dei reati; essa si limita semplicemente ad assicurare lo svolgimento della funzione governativa, permettendo all’imputato di rinviare una o più udienze. Non si ha affatto quindi una sospensione dei processi, come accade ad esempio in Francia per il Presidente della Repubblica. Una volta che sia cessata la carica governativa, il legittimo impedimento non ha

Così Berlusconi vuole guadagnare tempo per cambiare la Costituzione di Paolo Mele senior

D

omenica e lunedì 12 e 13 giugno non lasciamoci sopraffare dai soliti impegni familiari o lavorativi, o da ogni altro possibile “impedimento” legittimo o meno, e ricaviamoci il tempo strettamente necessario per recarci al seggio a dire la nostra. In altre parole diamo il buon esempio a chi intende trasformare i propri “impedimenti” in una sorta di immunità politica. Il tema più scottante del prossimo referendum attiene, infatti, proprio al “legittimo impedimento”, ovvero all’ennesimo tentativo di rafforzare, istituzionalizzandoli, privilegi ed inique impunità degli attuali rappresentanti di Potere. Un tema da cui erompe il velleitarismo di questa oligarchia, ormai incapace di mascherare i propri interessi personali ed economici.

Così, mentre con il nucleare e la privatizzazione dell’acqua si persegue un fantasioso ideale di rinnovamento ambientale, al solo scopo di far confluire energia e liquidi nelle casseforti di chi, da sempre, ha il monopolio della ricchezza, con il “legittimo impedimento” senza mezzi termini si cerca di salvaguardare l’esistenza personale del Premier in carica, che tra l’altro è anche uno dei principali detentori di tale ricchezza. Si tratta, dunque, di un argomento di interesse generale, visto che i suoi effetti, a differenza del nucleare e della privatizzazione dell’acqua, sarebbero immediati, in ragione degli innumerevoli contenziosi giudiziari che Berlusconi ed il suo entourage hanno in corso, i quali verrebbero

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di fatto sospesi, addirittura con efficacia retroattiva. Il “legittimo impedimento” costituisce un’iniziativa legislativa, promossa dai suoi stessi beneficiari, diretta a sopperire al mancato accoglimento del Lodo Alfano, con cui si cercava di riproporre immunità sovrane, recrudescenze del peggiore assolutismo giuridico. Con tale norma, definita a “carattere temporaneo”, si vuole in realtà guadagnare il tempo strettamente necessario in attesa della modifica della carta costituzionale, attraverso cui si intende creare un nuovo presidenzialismo, nel quale, per l’appunto, ogni “impedimento” del futuro Presidente sarà condizione naturale della sua “infallibilità”.

Senza dimenticare le recenti sconfitte elettorali che fanno del “legittimo impedimento” una condizione di vitale importanza per poter portare a termine, senza ulteriori interferenze giudiziarie, l’attuale legislatura.

Lo stesso, inoltre, ben si combina, e non certo casualmente, con la recente riforma della “giustizia”, laddove i propositi di un processo breve si mescolano malamente con procedure di falso garantismo processuale e incancrenite carenze di organico giudiziario, così da favorire le insuperabili dilazioni temporali, utili al raggiungimento dell’unica, restante certezza, non quella della pena, ma dell’auspicata prescrizione.

L’estinzione di ogni pur provata colpa o responsabilità ad opera di una mistificazione normativa che, assurgendo a tutela dell’interesse pubblico, in realtà lo disattende proprio a carico di coloro che, pur avendo il dovere istituzionale di provvedervi, l’hanno palesemente violato.

Vi è inoltre da considerare che, con le modifiche imposte dalla Corte Costituzionale, è il Giudice a stabilire comunque se sia fondata o meno la richiesta di applicazione del legittimo impedimento. Chi è stato chiamato a governare, non dimentichiamolo, dal popolo, ha oltre tutto il diritto di doversi difendere in maniera accurata ed è evidente che questo non possa avvenire mentre si esercita una delicata funzione di governo. Da un punto di vista giuridico, le norme sul legittimo impedimento non costituiscono dunque alcun privilegio, come lo era invece l’abrogata immunità parlamentare, voluta nella Costituzione , proprio per bilanciare le interferenze della Magistratura.

Il problema è che esse vengono lette in questo momento storico in modo distorto, in quanto riferite (e non potrebbe essere diversamente) alle attuali vicende giudiziarie del Premier. Se al Governo non ci fosse Berlusconi, bensì il centrosinistra, non vi sarebbe alcuna obiezione sul principio che un’udienza processuale può e deve essere rinviata di fronte ad un impedimento derivante dalla funzione di Governo. Sono peraltro convinto che, quando il problema Berlusconi non avrà più ragione di esistere, sul legittimo impedimento si tornerà a discutere in modo più sereno; anzi, ad invocare la norma, saranno proprio i censori di oggi.

di Alessandro Pesavento

I

l referendum per l’abrogazione delle norme sul legittimo impedimento ha l’obiettivo di eliminare una normativa del tutto estranea al nostro ordinamento processuale penale fino a febbraio dello scorso anno, data in cui è stata approvata la legge. Si sa che le norme sul legittimo impedimento sono state approvate in fretta e furia e con due voti di fiducia di Camera e Senato a seguito dell’annullamento del lodo Alfano, legge approvata per assicurare l’impunità alle massime cariche dello Stato, da parte della Corte costituzionale. Per poter prendere tempo in vista dell’approvazione di un nuovo lodo Alfano con legge costituzionale e sottrarre così Berlusconi dai processi in cui è imputato per reati comuni (corruzione giudiziaria, frode fiscale, prostituzione minorile, concussione) è stata introdotta dalla sua maggioranza la normativa sul legittimo impedimento.

Il legittimo impedimento può pertanto essere eccepito da Berlusconi per rinviare le udienze nei processi in cui è

imputato e prendere così tempo rimandando più in là possibile il momento in cui saranno pronunciate le sentenze nei suoi confronti. L’abrogazione di queste norme è importantissima per la nostra democrazia fondata sul principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla Legge.

Se il referendum dovesse essere approvato sarebbe sancito dal Popolo italiano un principio ineludibile per il futuro: chi riveste le massime cariche dello Stato, come il Presidente del Consiglio e i Ministri, deve difendersi “nel processo” e non “dal processo” in cui è imputato e soprattutto deve essere trasparente nei propri comportamenti accettando di essere sottoposto a giudizio dai Tribunali della Repubblica, consentendo così ai cittadini di conoscere tempestivamente se a governarli è una persona onesta e che non ha violato le Leggi.

Giusto il principio, sbagliato il momento di Marco Dal Ben

N

on è facile per me prendere posizione in merito all’abrogazione o meno della previsione normativa relativa al legittimo impedimento. Vanno tenuti distinti, dal mio punto di vista, i piani della legittimità del provvedimento da quello della sua opportunità nel particolare momento storico - politico nel quale ci troviamo. Ed infatti, in termini astratti, l’introduzione di una norma che consenta ai soggetti investiti delle massime cariche istituzionali di gestire i propri impegni relativi all’esercizio del potere legislativo ed esecutivo con assoluta priorità rispetto alle esigenze di difesa giudiziaria personale e di ottenere quindi il differimento, magari con la sospensione dei termini prescrizionali, dei procedimenti che li riguardino è a mio avviso assolutamente razionale. Una

simile previsione, infatti, concilia le esigenze di esercitare in modo pronto, sollecito e impegnato il potere legislativo e il potere esecutivo e quelle di garantire l’inviolabilità del diritto di difesa che deve competere a ciascun cittadino. Si tratta delle stesse esigenze, in fin dei conti, che venivano opportunamente tutelate con la previsione dell’immunità parlamentare, nella previsione anteriore al 1993, e che hanno animato i tentativi - poi cassati dalla Consulta - di previsione della sospensione dei processi che riguardino i titolari delle massime cariche dello Stato.

Tuttavia, ciò detto in termini di principio, ritengo che a diverse valutazioni si debba pervenire laddove si valutino le modalità e i tempi con le quali sono stati introdotti questi provvedimenti normativi. Il contesto nel quale si trova il nostro paese (con il Presidente del Consiglio imputato in diversi procedimenti penali e con un’accesa conflittualità tra potere esecutivo e potere giudiziario) può giustificare il

risentimento di coloro che vedono in dette iniziative legislative dei provvedimenti ad personam: una legge siffatta avrebbe meritato di essere discussa e (a mio avviso) introdotta in un clima di serenità istituzionale che, certamente, ad oggi non esiste.

Nella nostra situazione storica è infatti giustificato il diffuso ‘retropensiero’ secondo cui le leggi vengono introdotte con l’intento principale di tutelare esigenze processuali personali. In altri termini, dal mio punto di vista, l’attuale contesto istituzionale pone in rilievo ragioni di assoluta inopportunità storico - politica a che siano mantenute in vigore nel nostro ordinamento le disposizioni legislative sul legittimo impedimento: tutto ciò a dispetto del fatto che si tratti di previsioni normative che, in via di principio e sotto il profilo strettamente razionale, rispondono ad esigenze di interesse generale e contribuiscono a garantire un equilibrato assetto istituzionale e un efficace equilibrio tra i diversi poteri dello Stato.

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