VicenzaPiù n.182, 13 febbraio 2010

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Urbanistica, Acqua, la bufala i prezzi salgono i consumi scendono dei diritti edificatori pag pag 8 3

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Appoggi e l’Unità d’Italia: un’opportunità pag 13

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Bamboccione

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I giovani vicentini sono troppo attaccati alla famiglia?

Forse sì, ma chi prova a vivere da solo si trova davanti un muro Fatto di costi elevati e di precarietà lavorativa permanente I racconti di chi tenta, con fatica, di conquistare autonomia e indipendenza

Ciàcole

Sentieri selvaggi

Si può schierarsi contro la sistemazione dei sentieri delle zone di collina del Vicentino?

Si può. Succede ad esempio attorno a Valdagno, dove la più numerosa associazione venatoria locale ha alzato la voce per protestare contro un progetto del Comune. L’amministrazione, sciagurata, ha infatti in programma di mappare e dotare di apposita segnaletica qualcosa come duecento chilometri di sentieri, per favorire gli amanti del trekking, del nordic walking e della mountain bike. Oltre

naturalmente a tutti quelli che semplicemente amano fare due passi in mezzo alla natura. Non l’avesse mai fatto. Per i cacciatori l’iniziativa sarebbe un “vero colpo basso per chi pratica l’attività venatoria”. Il motivo è semplice, e non ha niente a che vedere con la preoccupazione per i possibili danni causati da invasioni di gitanti della domenica. Più banalmente, visto che una legge proibisce di sparare a 150 metri dai sentieri, gli amanti delle doppiette temono una drastica ridu-

zione del loro areale di caccia.

Incredibile? Mica tanto. Il peso delle associazioni venatorie è ben noto a chi fa politica da queste parti. E a Valdagno i cacciatori hanno già messo sul piatto della bilancia i loro quasi mille associati. Forse vale la pena ricordare che quelle parti abitano circa 30mila persone: anche togliendo bambini piccoli e anziani, ne rimangono diverse migliaia che potrebbero avere interesse a gustarsi una passeggiata nei boschi attorno a casa senza rischiare di finire impallinati.

il fatto

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Oro blu, consumi in calo

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Contro tutte le previsioni, dal 2003 ad oggi i consumi di acqua sono calati in tutta l’area servita dall’Aato Le cause? Le tariffe più alte, che inducono a risparmiare Ma anche la maggior sensibilità ecologica campagne di sensibilizzazione sul risparmio dell’ “oro blu”.

L’ente L’Aato Bacchiglione è un consorzio costituito da 140 Comuni apa quale “acqua del sindapartenenti alle province di Padova co”? I vicentini ne consu(60), Venezia (1) e Vicenza (79). mano sempre meno. E’ un dato di Nella nostra provincia esclude fatto, andando a controllare l’anpraticamente solo l’area del Basdamento dei consumi nell’area sanese. L’Ato nelle tre province dell’ Aato (Autorità d’ambito tercopre circa 3100 ritoriale ottimale) chilometri quadrati, Bacchiglione, l’ente con quasi 450 mila che si occupa della utenze allacciate per gestione della risorsa altrettante famiglie. idrica in buona par- A Vicenza Oltre 90 milioni i te della provincia di si è passati metri cubi di acVicenza e di Padova: da 21 milioni qua potabile erogati dal 2003 ad oggi i all’anno dai quattro consumi in generale di metri cubi gestori che, su affisono calati media- a poco più damento dell’Aato, mente del sei o set- di 18 si occupano della te per cento, cifra distribuzione efvariabile a seconda fettiva della risordella zona. Secondo sa idrica: “Alto Vicentino Servii tecnici il motivo non va da ricerzi” per l’area di Schio e Thiene, carsi nella concorrenza della “ri“Acque Vicentine” per Vicenza, vale” acqua in bottiglia, piuttosto “Acegas-Aps” per Padova, “Centro la diminuzione va addebitata al Veneto Servizi” per il basso virincaro dell’acqua potabile da un centino e la bassa padovana. Con lato, e dall’altro agli effetti delle

di Andre Alba

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il nuovo anno il prezzo dell’acqua di rubinetto è stato ritoccato, nella misura di circa 8 euro all’anno in più per utente: il presidente dell’ente vicentino-padovano, Lorenzo Bosetti, ha fatto sapere che il ritocco è dovuto alla necessità di pagare gli investimenti effettuati sulla rete e a coprire spese fisse che sono comunque presenti, anche considerata una diminuzione nei consumi. Ma di quanto sono diminuiti, nel corso degli ultimi anni? Secondo le tabelle dell’ente si è avuta una riduzione in tutta l’area del consorzio, più o meno grande a seconda della zona (e del gestore).

Diminuzione continua...

Nell’area dei Comuni serviti dal gestore Acque Vicentine, sostanzialmente Vicenza e il suo hinterland, la diminuzione dei consumi più forte si è avuta tra il 2003 e il 2004, con un calo dell’8,48 per cento, passando da 21.086.000 metri cubi a 19.298.000 l’anno successivo. La riduzione è proseguita toccando quota 18.429.000 metri cubi, con una tenue controtendenza (più 0,15 per cento nei consumi) solo nell’anno 2009.

Nell’area servita dal gestore Avs (Alto Vicentino Servizi) una diminuzione vera dei consumi si è iniziata ad avere, fra alti e bassi, solo nel 2005. L’acqua consumata in quell’anno, 18.633.000 metri cubi, si è ridotta a 17.879.000 nel 2008 per poi risalire leggermente (più 0,98 per cento) nel corso del 2009 (quota 18.054.000). Acegas-Aps, il gestore che si occupa di Padova, ha visto i propri utenti ridurre costantemente i consumi dal 2004 ad oggi, passando da 29.345.000 metri cubi erogati a 27.063.000 nel 2009. Infine Cvs, il gestore a cavallo della bassa vicentina e bassa padovana, ha visto i consumi dei suoi utenti passare da 19.124.000

stantemente i consumi d’acqua del rubinetto? “Ci sono varie ipotesi.

La più plausibile è il prezzo: l’acqua costa sempre di più, quindi le famiglie cercano di risparmiare.

Inoltre anche le politiche e le cam... e a sorpresa pagne sul risparmio idrico hanno Lo abbiamo chiesto al direttore fatto il loro effetto: il risparmio dell’Aato, Paolo Rocca. Anche perconsegue sia da un punto di viché, e lo si vede dalle tabelle, l’ente sta etico che da un punto di vista aveva previsto ben altri andameneconomico. Adesso, per i prossiti: nelle previsioni, dal 2006 in mi anni, abbiamo avanti i consumi doprevisto che questo vevano crescere. “Lo “trend” di riduzione si vede chiaramente si mantenga costan- conferma Rocca -: te”. A quanto amnoi avevamo previsto montano gli aumenti nel piano d’ambito del In arrivo delle tariffe decise 2006 un aumento del aumenti dall’Aato - secondo consumo di acqua. Di quanto previsto dalfatto però si è avu- che oscillano la legge Galli - per i ta una diminuzione: tra i 4 e i 12 diversi gestori? “Per questo ha portato euro all’anno quasi tutti i gestori all’aumento della tal’aumento è stato riffa, perché dobbiadel 6,5 per cento, mo garantire il paper il gestore Cvs la tariffa è aureggio al gestore. Poi, è anche vero mentata del 3,7 per cento. Ragioche un minor consumo comporta nando per una famiglia media di 4 anche una riduzione dei costi: il persone, per Acegas l’aumento è di calo non è comunque sufficiente a 6 euro l’anno, per Acque Vicentine garantire il pareggio, quindi l’auè di circa 4 euro, per Avs l’aumenmento è stato comunque necessato sarà pari a circa 10 euro. Per rio”. Come si spiega che i vicentini, Cvs, infine, sarà di 12 euro”. e i padovani, stiano riducendo cometri cubi nel 2003 a 17.444.000 nel 2009, con una leggera inversione di tendenza nell’ultimo anno (più 0,34 per cento).

www.vicenzapiu.com Direttore Responsabile LUCA MATTEAZZI l.matteazzi@vicenzapiu.com

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Collaborano: ANDREA ALBA ALBERTO BELLONI FRANCESCO CAVALLARO FEDERICA CEOLATO GIULIANO CORÀ FRANCESCA DANDA FRANCESCO DI BARTOLO ANDREA FASULO GIULIA GALVAN GIOVANNI MAGALOTTI Giancarlo Marcotti Marco Milioni Roberta Pileggi ANDREA RAGAZZI MATTEO RINALDI GIULIO TODESCAN

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Giornale chiuso in redazione alle ore 12,00 di giovedì 11 febbraio 2010.

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Bamboccioni sarete voi

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Uscire di casa, un problema di cultura Cacciate i figli

“Io l’ho fatto, e lo consiglio” E lasciateli incazzare

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Italiani (e vicentini) popolo di mammoni? In parte sì Ma i ragazzi che vogliono vivere da soli hanno davanti un percorso ad ostacoli Dagli affitti elevati al precariato permanente

di Luca Matteazzi

Tanti cuori e una capanna Il primo problema da affrontare è, ovviamente, quello di trovare i fa presto a dire bamboccioni. un tetto sotto cui dormire. Per chi Il primo fu Padoa Schioppa, non ha la fortuna di avere qualche all’epoca ministro dell’economia: appartamento di famiglia a dispo“Le misure a favore delle famiglie sizione, o genitori premurosi che servono anche a mandare i bamdecidono di investire comprando boccioni fuori di casa”, disse dauna casa per i propri figli, cioè per vanti alle commissioni bilancio di la maggior parte dei ragazzi, non Camera e Senato. Inventando così resta che buttarsi sul mercato. E una definizione fortunata come qui cominciano i dolori. Vicenza poche: il bamboccione, cioè il gionon è particolarmente cara, alvane che nemmeno a trent’anni meno rispetto ad altre città come vuole abbandonare le sicurezze, Padova e Verona, dove la grande e le comodità, della casa dei genirichiesta di alloggi tori, dove trova tutto da parte degli unipronto, tutto fatto, versitari fa lievitare tutto pagato. Quelli i prezzi. Ma gli afche hanno la laurea I 500 euro fitti, per un giovane ma non sanno rifarsi che non ha ancora il letto, insomma. In di Brunetta? un lavoro sicuro e effetti, tutte le stati- Una boutade una carriera avviata, stiche mettono l’Ita- Meglio sono comunque uno lia in fondo a questa lavorare scoglio non indiffespeciale classifica, rente. Per un mini a distanze siderali su precarietà bisogna sborsare, da paesi come quelli e redditi come minimo, 400 del Nord Europa o euro. Ad ogni stangli Stati Uniti (dove za che si aggiunge, però, va detto, con la il prezzo sale di un centinaio di crisi cominciano a vedersi fenoeuro: dai 500 euro per un bicameni di rientro: ragazzi, cioè, che mere, dai 600 per un tricamere. si erano allontanati dai genitori e Quando va bene, perché spesso ora tornano all’ovile). Nelle ultii prezzi sono anche più alti. Poi, me settimane la crociata è stata ovviamente, bisogna aggiungere ripresa da Brunetta, con la sua le spese di condominio e, se l’apsparata dei 500 euro per i giopartamento non è arredato, l’acvani che vogliono uscire di casa. quisto dei mobili (e fortuna che Una sparata, appunto. Perché se c’è sant’Ikea a dare una mano). In 500 euro in tasca, con i tempi che ogni caso a fine mese arrivano le corrono, farebbero comodo a molbollette. Così, in tanti scelgono la ti, i problemi di fondo sono altri. via della condivisione: ci si mette Come possono confermarvi i tanti

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in tre o quattro, si dividono camere e spazi, e i costi scendono a cifre decisamente più abbordabili, che oscillano tra i 200 e i 300 euro al mese, a testa.

Pane, internet e fantasia Trovata la casa, resta tutto il resto.

Dalla spesa all’automobile, alle quotidiane incombenze domestiche. E non è solo un problema di imparare a stirare le camicie o a fare una lavatrice senza rovinare i maglioni. Secondo un calcolo dell’associazione di consumatori Adico, per andare a vivere da soli serve un reddito mensile di almeno 1200-1300 euro. In realtà, probabilmente, ne bastano di meno.

Anche perché, messi alle strette, si fa presto a diventare accorti. La spesa la si fa con un occhio di riguardo alle offerte speciali e mettendo nel carrello solo quello che serve davvero; il riscaldamento viene acceso quel tanto che basta a non patire il freddo; la lavatrice, vicini permettendo, la si fa andare di notte, quando l’energia costa meno; l’auto viene messa in moto solo quando è indispensabile. La vita mondana, ogni tanto, ne risente, ma non è detto che questo sia sempre un male. “Da quando viviamo da soli passiamo spesso le serate in compagnia qui in casa, senza andare al bar, e il nostro contro spritz si è praticamente azzerato - ci racconta un ragazzo di 28 anni che da qualche mese divide un appartamento con degli amici -. Lo stesso per le partite: invece di andare al bar, abbiamo scoperto lo streaming in internet.

Non si vede certo in alta definizione, ma si riesce a seguire”. E comunque i genitori sono quasi

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giovani vicentini che, in un modo e nell’altro, a costruirsi una vita indipendente ci provano davvero.

Storia di un giovane vicentino che è andato a vivere da solo a 21 anni “Serve per capire come funziona il mondo E non occorre essere Superman”

sempre pronti a dare una mano.

“Io vado a mangiare dai miei almeno un paio di volte la settimana - conferma Andrea, un altro giovane vicentino, 30 anni, da due fuori di casa -. A loro fa piacere, e onestamente mi aiuta a contenere le spese”. Alla fin fine, dunque, niente di straordinario o di insuperabile, anzi. “Andare a vivere da soli fa bene - riprende Andrea - dovrebbero farlo tutti”.

Il sogno del lavoro E allora, qual è il problema? Perché in così pochi si buttano? La risposta è semplice, scontata, e al tempo stesso tragica. Il problema è il lavoro, o meglio: la precarietà del lavoro. C’è poco da fare: anche cifre tutto sommato modeste, come i 300 euro al mese per una camera in appartamento, diventano enormi quando ci si deve basare su un impiego che un mese c’è e il mese dopo non si sa. Ed è proprio questa la realtà con cui in tanti si trovano a dover fare i conti (in provincia, secondo i dati forniti dalla Cgil, i cosiddetti lavoratori atipici sono circa 80 mila, e buona parte di questi sono giovani): contratti di formazione e lavoro, contratti a termine, lavoro a chiamata, collaborazioni continuative o a progetto, lavori dipendenti mascherati da partite iva. Tutti offrono poche garanzie, ancora meno

certezze, e spesso anche poche entrate: già chi prende 1000 euro al mese si considera soddisfatto.

Daniele Marini, il direttore della Fondazione Nordest, osservava qualche tempo fa a margine di un’indagine sulla condizione lavorativa del Veneto, che “la percezione della sua precarietà che oltrepassa la realtà oggettiva.

Un terzo dei giovani fra i 15 e i 24 anni (35,0%) è attualmente sul mercato del lavoro con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, una quota analoga (38,0%) ha un tempo determinato, uno su quattro (27,0%) è con forme di collaborazioni varie. Già passando alla fascia d’età successiva (25-34 anni) i tempi indeterminati raddoppiano passando al 62,8%. Dunque, la partenza nel lavoro è divenuta più flessibile d’un tempo, ma il percorso va comunque nel senso della stabilizzazione”. Vero, ma resta il fatto che quattro giovani su dieci restano precari. E i contratti a tempo vanno bene per prendere confidenza col mondo del lavoro, non per costruirci un progetto di vita e di indipendenza. Tanto più adesso, che la crisi si fa sentire.

“La realtà è che il mondo del lavoro, e il livello degli stipendi, rendono quasi impossibile vivere da soli”, conclude Andrea. E proprio qui sta il punto.

icentino, 31 anni, una lunga serie di lavori alle spalle, Dario è l’esatto contrario del bamboccione. Lui se n’è uscito di casa che di anni ne aveva solo 21, e da allora non ha più fatto marcia indietro. Una scelta coraggiosa, perché fatta in un paese della provincia dove certe decisioni erano (e in parte sono ancora) guardate con un po’ di diffidenza, e perché per farlo non ha esitato a mettersi in gioco completamente. “Avevo voglia di dare una svolta radicale alla mia vita - racconta -. Così ho lasciato il lavoro fisso che avevo in fabbrica per trovarne uno che mi permettesse di prendere il diploma seguendo i corsi serali, e sono andato a vivere da solo. E’ stata una scelta per avere autonomia e indipendenza”. La trafila è stata quella classica: un appartamento da condividere con altri (“Per forza, chi è il ragazzo che può permettersi di pagare un affitto da solo?”), e tanti impieghi saltuari.

“Poi ho cominciato a lavorare al computer - continua -. Il periodo era quello del boom di internet, e quindi occasioni ce n’erano. E ho sempre trovato dei lavori che mi hanno permesso di arrivare a fine mese”. Ancora oggi la sua profes-

sione è nel campo della grafica informatica, passando di collaborazione in collaborazione. Ma senza troppi rimpianti. “Sono un precario con partita Iva, come tanti - scherza -. Ma inseguire il lavoro fisso è un’utopia, ormai non ha più senso: cosa vuol dire avere un lavoro fisso? Che sei al sicuro fino alla prossima crisi, quando poi ti licenziano? Per quanto rimarrà fisso il tuo lavoro? La società ormai sta andando nella direzione delle cooperative, dell’interinale, delle collaborazioni. Io ho iniziato così e continuo così. Anche perché un lavoro fisso, spesso, vuol dire dover accettare condizioni abbastanza dure”.

Se c’è la volontà, dunque, in qualche modo ci si arrangia. Certo, lo stato potrebbe fare di più: “Io ho vissuto un po’ in Inghilterra, e là gli assegni per chi perde il lavoro sono sussidi veri”. La burocrazia potrebbe pesare un po’ meno: “Prendiamo le utenze: solo per gli allacciamenti devi sborsare 250 euro. Ma come si fa? Se uno vuole deve andare a vivere da solo, e deve pagare anche la caparra per gli affitti, deve avere da parte come minimo duemila euro: non tutti possono permetterselo”. E le

rinunce non mancano. “Mi è pesato il fatto che i sacrifici influissero nella mia vita sociale: quando sono andato a vivere da solo, tirare fuori i soldi per una serata in discoteca è diventato un problema. Un po’ alla volta ho cambiato giri e amicizie: ma va bene così, se non si fanno esperienze nuove che vita è? Per il resto, si impara: quando sai fare un soffritto con due pomodori e cucinare la pasta, puoi vivere tranquillo”.

Alla fine, gli ostacoli più grossi sono forse quelli di carattere culturale. “Non c’è la mentalità conclude Dario -. È vero che tanti sono bamboccioni, anzi, mammoni: non c’è questo desiderio di indipendenza. Ma è un discorso culturale, forse legato al cattolicesimo e a tutta l’importanza che si dà alla famiglia. La famiglia è importante, su questo siamo tutti d’accordo, ma andare a vivere da soli non vuol dire metterla in discussione. Invece a volte sono proprio i genitori a sentirsi in colpa, e a chiederti perché non stai bene con loro e perché te ne vuoi andare. Comunque, è un discorso di volontà. Io l’ho fatto, e non sono certo Superman”.

L. M.

’è una bella usanza nel rituale della laurea universitaria: dopo aver conquistato il fatidico alloro, il fresco dottore viene accompagnato fuori e fatto passare in un tunnel preparato da due file di amici e parenti. Lui, chino e ancora eccitato, deve correrci dentro prendendosi una raffica di calci nel sedere e di pacche sulla schiena. Un modo simbolico per incitarlo a buttarsi nella vita vera, quella fuori dalle aule e dalle sale studio: datti una mossa, bamboccio! Ecco, nella cultura italiana, della famiglia-chioccia che per un verso è un tesoro inestimabile di affetti e sicurezze preziose, ad esempio, in questo drammatico periodo di crisi economica, serve proprio questo: la scoperta delle virtù benefiche della pedata nel culo. Sono prima di tutto i genitori - i padri assenti perchè privi di nerbo e di valori forti, e le madri asfissianti e ingozzatrici – sono loro i primi colpevoli del “bamboccismo” divenuto regola. Essendo il prodotto di una generazione, quella del benessere, cresciuta a pasti abbondanti e televisione dilagante, i cinquantenni e sessantenni di oggi hanno educato i propri figli all’attaccamento nevrotico alla comodità e al tutto e subito. Cioè non li hanno educati. Altrimenti li avrebbero tirati su a forza di rinunce, di sacrifici, di paletti, persino di qualche sganassone ma anche, certamente, a ciò che più di ogni altra cosa porta ad essere uomini e donne: ai sentimenti.

Niente di tutto questo, a livello di massa. Li hanno invece coccolati, vezzeggiati, viziati. E resi così degli imbranati supponenti e paurosi. A completare l’opera, infine, ci si è messa l’economia suicida di cui tutti siamo schiavi, che condanna a morte certa ogni slancio vitale attraverso quel crimine che è la precarietà lavorativa. La sola speranza, a questo punto, può venire da chi proviene da paesi non ancora

appestati dal nostro castrante “benessere”: gli immigrati. Ha scritto lo psicanalista e scrittore Claudio Risè: «lasciare il giardino dell’Eden dove stendi una mano e cogli il frutto (la ragazza nel letto, il calzino lavato dalla mamma, il buffetto del papà che rimedia al capufficio villano), è il passaggio necessario perché il bamboccio diventi uomo. Ciò avviene, anche, imparando il valore della fatica, della solitudine, del «farcela» (…). È anche questo che sentiva, istintivamente, l’albanese o il macedone buttandosi nel canale d’Otranto pur di arrivare sulle nostre coste; le laureate dell’est che si propongono come badanti o cameriere; ed anche gli africani (che tu hai giustamente difeso) che vengono a fare lavori che i nostri ragazzi più o meno imbambocciati non farebbero mai. Questi «disperati» (così chiamati da noi), sono molto più vitali, più forti, e quindi spesso anche più intelligenti, di quanto siano i nostri coccolatissimi figli. Tanto è vero che molti di loro, quelli che sono qui già da più di un decennio, hanno messo su le loro aziende, le loro famiglie per niente imbambocciate, e hanno una vita più di slancio, più ricca, più sicura, di quella (spesso in bilico tra agiatezza e sfinimento) delle nostre» (Il Giornale, 23 gennaio 2010). Perciò, prima di piangere sul lavoro perduto, o che non c’è, o che non ti dà di che vivere dignitosamente, si pensi alle tare culturali e psicologiche ereditate da genitori altrettanto infantili e impotenti. E poi ci si può incazzare di brutto contro lorsignori politici, industriali e banchieri che santificano la flessibilità, impongono contratti inumani e strozzano sul nascere ogni progetto di vita. Ma tanto, bambocci come sono, gli adolescenti di 3040 anni non sono neppure capaci di ribellarsi.

Alessio Mannino

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focus

L’Ogm del vicino

“Paure insensate, sono prodotti sicuri” Livio Trainotti (università di Padova) “I rischi sono minimi, i vantaggi certi”

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Una sentenza del Consiglio di Stato apre la strada alla coltivazione delle piante transgeniche anche in Italia

È

Associazioni contro Ora, con la decisione del Consiglio di Stato, lo scenario potrebbe cambiare. E le nostre campagne potrebbero americanizzarsi ulteriormente. Le associazioni di categoria, sull’argomento, sono divise. Assolutamente favorevole, ad esempio, Confagricoltura.

“Quella contro gli ogm è tutta demagogia - spiega il direttore provinciale Paolo Sordo -. C’è la possibilità di fare delle leggi per far coesistere coltivazioni tradizionali, biologico ed ogm. E i docenti universitari ci dicono che proprio

gli ogm, in quanto controllati in tutto il loro percorso, sono il cibo più sicuro. Ma fa più rumore chi sostiene che sono veleno. E i politici preferiscono cavalcare questi argomenti, per raccogliere consensi”. Così, prosegue Sordo, l’agricoltura italiana vive in una situazione paradossale: su utilizzano ogm importanti, ma non si possono coltivare. Nonostante i possibili vantaggi: “Ci sarebbe un aumento della produttività, certo, ma anche il biologico avrebbe dei benefici. Ad esempio con gli ogm sono necessari meno trattamenti fitosanitari. Invece si sostiene, demagogicamente, il contrario. E quello che fa più demagogia di tutti è Zaia, che io considero uno dei peggiori ministri dell’agricoltura: il ministero è profondamente assente, e non solo per gli ogm. Purtroppo dovremo tenercelo: se vince, com’è probabile, lo avremo come governatore, se perde resterà ministro.

In ogni caso, finché c’è lui, gli Ogm non li vedremo. Così noi ci ritroviamo accerchiati. E alla fine cederemo, ma da perdenti”.

Di parere completamente opposto la Coldiretti. “Noi abbiamo un atteggiamento di grande prudenza - conferma il presidente Diego Meggiolaro -. In passato abbiamo già pagato lo scotto pesantissimo di situazioni che non erano state volute da noi agricoltori, e che ci erano state proposte come vantaggiose e sicure, penso all’atrazina o all’uso di farine animali e alla bse. Per questo siamo molto cauti: tanto più che i dati non ci rasserenano di certo: alcuni stati stanno facendo marcia indietro rispetto ad alcune varietà di ogm che si sono mostrate non affidabili, e molti territori in cui gli ogm sono utilizzati da anni sono tutt’altro che soddisfatti”. Ma gli agricoltori non potrebbero averne qualche vantaggio? “Qui c’è una bufala, e cioè che gli ogm dovrebbero portare più economie. Ma intanto il 20 o 30 per cento in più di produttività di ci parla qualcuno se lo scordano. Poi le biotecnologie hanno un copyright: questo vuol

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Nel Vicentino politici contrari, agricoltori divisi

dire che l’agricoltore deve sempre comprare le sementi, e quindi è sempre dipendente. Infine, portare questi prodotti sul mercato vuol dire omologare l’offerta al ribasso, vuol dire perdere la tipicità. Non serve più il riso di Grumolo, il mai di Marano, gli asparagi di Bassano: avremo cibi di plastica, tutti uguali, e con il potere in mano ad altri. Io non dico che dobbiamo regolare il mercato, ma almeno lasciateci la possibilità di proporre un’offerta differenziata”.

La posta in gioco Sullo sfondo ci sono interessi enormi. Secondo alcune stime il mercato delle sementi ogm, nel 2009, ha mosso un mercato di 8,3 miliardi di dollari, in crescita rispetto ai 7,5 miliardi dell’anno precedente. Colossi come la Monsanto o la Dupont muovono migliaia di dipendenti e fatturati a loro volta miliardari. A livello locale, le divisioni tra associazioni si spiegano anche con i diversi interessi in gioco: i soci di Confagricoltura, in maggioranza grandi aziende, potrebbero ricavare dagli ogm molti più benefici dei piccoli e medi coltivatori che costituiscono la base della Coldiretti. La politica è a sua volta spaccata: il ministro Zaia si è schierato contro gli ogm, ma nel centrodestra non tutti la pensano come lui. Bruxelles ha un orientamento più possibilista. Chi la spunterà?

“Ad esempio si possono inserire ivio Trainotti insegna biologia in una pianta geni di altre piandelle piante agrarie e forestali te, o di batteri, come è stato fatto presso il dipartimento di biologia per rendere il mais resistente agli dell’università di Padova, corso di attacchi degli insetti”. Si tratta, laurea in biotecnologie. Gli ogm, quindi di un vero e proprio salto per lui, sono materia di studio e di di qualità, che permette cose che approfondimento quasi quotidiafino a qualche decennio fa sarebno. E sull’argomento ha una posibero state impensabili, e che in zione ben chiara (a favore), come natura sarebbero praticamente si vedrà. Per prima cosa, però, gli impossibili. “È stata un’invenzioabbiamo chiesto di spiegare cosa ne epocale - conferma Trainotti sono gli organismi geneticamente -. Teniamo presente, però, che si modificati, e in cosa differiscono parla di spostare uno o due geni dai processi di selezione genetica su 25-30 mila. Nessuno vuol far utilizzati in precedenza. In fondo, diventare il mais un batterio: l’uomo seleziona da millenni le quello che interessa è permettere piante migliori da coltivare. “Sono al mais di produrre quelle proteitecnologie diverse - spiega -. La ne insetticide che sono prodotte selezione varietale tradizionale è dai batteri. Alla fine ci troviamo basata sull’incrocio tra genitori, in mano sempre una pannocchia per isolare le qualità migliori. Se di mais: il prodotto è sostanzialparliamo di pomodori, si scegliemente lo stesso”. vano quelli più grandi, più belli, più gustosi, e li si incrociava tra Scienziati schierati di loro. Per questo era necessaCapitolo rischi. A livello di opiria la compatibilità sessuale, che nione pubblica, gli ogm sono uno non vuol dire necessariamente spauracchio a cui vengono assoincrociare individui della stessa ciati danni per la salute e rischi specie: l’esempio classico è quello per l’ambiente. Nella comunità del cavallo e dell’asino, ma anche scientifica, sostiene invece Traicon le piante è possibile effettuanotti mostrando dore incroci tra specie cumenti e rapporti diverse. In ogni caso, ufficiali, prevalgono quando si fa un ina grande maggiorancrocio non viaggiano za le posizioni prosingoli geni, ma inte- I pomodori ogm. “C’è una posiri genomi”. Il patriSan Marzano zione chiara a favore monio di una specie, infatti, è composto stanno sparendo di questa tecnologia - riprende il docente da migliaia di geni Gli ogm -. Ripeto: si sposta (30 mila per un es- potrebbero un singolo gene su un sere umano, ma anpatrimonio di diverche un batterio ne ha salvarli se migliaia. E lo si varie migliaia), e con fa per dare a quella un incrocio viene inpianta delle caratteristiche ben teramente rimescolato. Qui sta la precise: la resistenza ai pesticidifferenza principale con le modi, o agli attacchi di certi insetti. derne tecniche di modificazione Tutto il resto rimane immutato. genetica. Che consentono invece È vero che ci sono stati casi in cui di isolare in laboratorio un singolo organismi ogm hanno dato origigene portatore di una determinane ad allergie, ad esempio con la ta caratteristica, e poi di inserirlo soia: ma è successo perché il gene nel nucleo dell’organismo ospite.

spostato, che proveniva dalla noce brasiliana, era proprio quello responsabile dell’allergia. Riguardava quel gene e quel processo.

In generale, prima di permettere l’impiego di piante transegniche, ci sono già protocolli molto rigidi che prevedono test e sperimentazioni di 8-10 anni. I critici dicono che è troppo presto per stare tranquilli, ma la realtà è che non ci sono studi epidemiologici con evidenze di possibili danni”.

Rischi minimi...

Stesso discorso per quanto riguarda l’ambiente: per i detrattori, gli ogm rischiano di omologare le produzioni, riducendo la biodiversità e mettendo in pericolo le piccole produzioni di nicchia, quelle dell’eccellenza italiana.

“Sono posizioni che fanno ridere: siamo tutti d’accordo che la biodiversità è un patrimonio, ma le biotecnologie aiutano a conservarla.

Le faccio l’esempio del pomodoro San Marzano: ormai non si coltiva più, perché è molto soggetto ad una virosi. Quelli che trova in giro sono altre specie, simili, ma senza le caratteristiche tipiche del San Marzano. In Italia avremmo già dei brevetti per dei San Marzano resistenti a quei virus, ma non si possono usare. E così nessuno li coltiva più. è vero, invece, che l’agricoltura moderna richiedere prodotti standardizzati, per rispondere in modo costante alle richieste del consumatore e alle esigenze della produzione. Anche qui, però, non cerchiamo scuse: già adesso i coltivatori, tutti i coltivatori, anche quelli contrari agli ogm, acquistano le sementi di mais da tre o quattro multinazionali. Se ci fossero gli ogm non cambierebbe niente: oggi si coltiva il mais Marano a fianco del mais da insilare, domani si coltiverebbe a fianco di quello ogm. Le contaminazioni possono esserci,

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delle aziende del settore è calato.

In Veneto c’erano dei campi sperimentali coltivati a barbabietola nella zona di Monselice, ma dal 2000 non sono più state concesse autorizzazioni. L’Arpav continua comunque a fare dei controlli per verificare la presenza di ogm negli alimenti ed eventualmente la necessità di indicarli in etichetta (se la quota sale sopra l’1 per cento è obbligatorio scriverlo), mentre l’istituto zooprofilattico regionale si occupa dei mangimi, ma non risultano casi eclatanti.

Diverso lo scenario internazionale. L’Unione Europea consente la coltivazione di una dozzina o poco più di varietà transgeniche considerate sicure (è proprio appellandosi a queste normative europee che l’argicoltore friulano ha vinto il suop ricorso al consiglio di stato), ma in pratica sono solo sette le nazioni che hanno dato il via libera alla coltivazione, e con quantità ancora modeste. Il grosso del mercato è invece fuori dall’Ue, ed è in continua crescita.

Lo superficie coltivata ad ogm è arrivata nel 2008 a 125 milioni di ettari, in pratica triplicata rispetto ai 46 milioni del 2000. Metà di questi campi, cioè 62,5 milioni di ettari, sono negli Stati Uniti: il resto è sparpagliato tra Argentina (21 milioni di ettari), Brasile (15 milioni), quindi India, Canada e Cina (che al momento ha solo 3,8 milioni di ettari transgenici, ma ha appena varato imponente programma di ricerca).

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Il docente (favorevole):

è sempre più verde

delle varietà (vedi anche articolo nell’altra pagina). I sostenitori dell’uso di questa tecnologia la ritengono efficace sia per migliodi Luca Matteazzi rare la produttività delle coltivazioni (le piante ogm hanno meno bisogno di trattamenti, di acqua, presto per dire se la sentenresistono meglio alle intempeza del consiglio di stato dello rie....), sia per migliorare le qualiscorso 29 gennaio, sentenza che tà dei cibi (ad esempio riducendo ha dato ragione ad un agricoltore il contenuto di grassi o arricchenfriulano che chiedeva di seminadoli di amminoacidi essenziali). re mais ogm nei propri terreni, I contrari temono invece i rischi cambierà le abitudini delle nostre per la salute (allergie, possibicampagne. Di certo c’è che sta rili effetti di lungo periodo ancora portando al centro dell’attenzione tutti da valutare) e per l’ambiente: il dibattito sull’uso degli organila diffusione di ogm rischierebbe smi geneticamente modificati. di omologare le colLe posizioni sono tivazioni, riducendo note. Da un lato c’è la biodiversità e fachi li dipinge come vorendo l’affermarsi il Frankenstein food, di specie di parassiti una diavoleria da Nel Veneto ancora più resistenti. cui stare alla larga; L’obiezione forse più dall’altro chi invece non ci sono forte, però, è quella non vede l’ora di po- campi ogm che sottolinea come terli impiegare per In Italia gli ogm siano, in gran superare un divieto parte, il risultato deconsiderato para- la coltivazione gli investimenti di dossale: in Italia, si è proibita poche grandi multisottolinea, è proibinazionali: favorirne ta la coltivazione di la diffusione vorrebpiante transgeniche, be dire consegnarsi al loro conma non l’importazione e la comtrollo. “Le multinazionali si vomercializzazione dai paesi che ne gliono impadronire delle dispense fanno già ora largo uso, Stati Uniti degli italiani”, riassume l’assessoin testa. Come dire, non possiamo re provinciale all’agricoltura Luiprodurre ogm, ma li usiamo abigino Vascon, che si autodefinisce tualmente per dar da mangiare a un pasdaràn anti-ogm. polli, maiali e vitelli che poi finiscono sulle nostre tavole. In mezLa situazione zo, come sempre, stanno i consuIn Italia, va detto, la coltivazione matori, tra cui regnano diffidenza all’aperto di piante ogm è vietata, e confusione se non per fini sperimentali e con una complessa procedura di autoCosa sono rizzazione. E infatti non la fa praParlando di ogm in agricoltura ci ticamente nessuno: le sperimensi riferisce a delle varietà di piantazioni avviate negli anni scorsi, te ottenute inserendo nel corredo e che riguardavano tra le altre genetico di una certa specie un piante come ciliegio, kiwi, ulivo, gene proveniente da un altro orvite, pomodoro, melanzane, paganismo, che può essere sia un tate, oltre ai “classici” mais, riso, altro vegetale sia un batterio. Ad frumento e colza, sono state via esempio, si inserisce nel mais un via abbandonate. Anche in caso gene ricavato da un batterio per di risultati interessanti, infatti, rendere le piante resistenti agli non si potrebbe poi passare alla attacchi degli insetti. Come si cacoltivazione e alla vendita. Nienpisce, si tratta di qualcosa di comte profitti, insomma, e così anche pletamente diverso rispetto alle l’interesse dei centri di ricerca e pratiche tradizionali di selezione

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ma sono minime e a distanze molto ravvicinate”. ...vantaggi certi Insomma, i rischi sarebbero pressoché nulli. Molto più concreti, invece, i vantaggi. Che con l’uso di ogm si concretizzano in aumento della produttività e in una riduzione dei costi aziendali. “La riduzione dei costi avviene, ad esempio, perché si riduce la dose di trattamenti fitosanitari necessaria. L’aumento della produttività può variare, visto che parliamo di piante e non di prodotti fatti con lo stampo: se ho delle sementi transgeniche che rendono il mais resistente agli attacchi di un parassita, e in quell’anno c’è un’invasione di parassiti, il vantaggio rispetto alle coltivazioni tradizionali può essere anche del 40 per cento. In condizioni normali può essere magari del 10-15 per cento, in gran parte annullato dal maggior costo delle sementi. Ma se negli Stati Uniti gli agricoltori continuano ad aumentare le superfici coltivate ad Ogm, vuol dire che il

ritorno c’è. Poi ci sono anche altri vantaggi: in Canada, ad esempio, avevano il problema dei venti che erodevano i terreni, soprattutto dopo l’aratura. Con la colza transgenica, che resiste ai diserbanti, non è più necessario arare: si semina e poi si passa con diserbante per eliminare le piante infestanti.

E così hanno risolto il problema”.

Come si spiegano, allora, i timori di tanti coltivatori, cittadini, consumatori, e anche scienziati? “Non hanno una spiegazione razionale.

Siamo molto veloci ad accettare certe tecnologie, come il telefonino, che magari può danneggiarci con le radiazioni, mentre su altre cose si è molto più restii. Forse perché si tocca la necessità atavica di nutrirsi”. Forse anche perché, ma questa è una riflessione nostra, ci si rende conto che la coltivazione di ogm risponde molto bene alle logiche della produzione su larga scala. Molto meno, probabilmente, alle richieste quotidiane del singolo consumatore.

L. M.

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Operaio, socio e azionista

Cementificazioni,

la fandonia dei “diritti acquisiti”

Le nuove frontiere del lavoro

ire una nuova sede di circoscrizione ora che i parlamentini sono stati eliminati», è stata la spiedi Alessio Mannino gazione dell’assessore all’urbanistica Francesca Lazzari). Nella contrada di Casale, il datatissimo n privato che voglia fra piano attuativo è stato spezzettafruttare il proprio terreto per far fronte ad no, spesso agricolo, un doppio vincolo: edificandoci sopra il cono visuale della costruzioni residenvilla palladiana La ziali, commerciali o Rotonda e la salvadirezionali, ha cerL’idea guardia dell’oasi natamente diritti nei turale. Il guaio è che, confronti dell’ammi- che il privato in entrambi i casi, nistrazione pubbli- abbia i proprietari hanca: quello, anzitutto, comunque no spedito le prima di avere risposta sul ragione carte per aprire un cambio di desticontenzioso col Conazione d’uso. Ma è falsa mune poiché, ha atciò non comporta taccato il consiglieun “diritto acquisire Pdl Marco Zocca to” una volta e per dalle colonne del Giornale di Visempre. E’ stato fatto appello in cenza a fine 2009, «per anni hanparecchie occasioni a questo conno dovuto pagare l’Ici per aree cetto, per giustificare il via libefabbricabili solo sulla carta, senra a lottizzazioni a tutto spiano. za aver mai avuto la possibilità di Peccato che sia un concetto, a realizzare le volumetrie previste norma di legge, inesistente. Una dai piani particolareggiati. Stiabufala, insomma. mo parlando di diritti acquisiti, rimasti validi per molti anni e Pp10 e Casale ora spazzati via. Quanto accaduI recenti casi del Pp10 di Laghetto a Laghetto, con il ricorso della to e di Casale sono soltanto gli Edilnord, potrebbe ripetersi anultimi di una lunga serie. In cui che a Casale, dove i privati sono gli esiti decisi dall’attuale giunta sul piede di guerra, pronti a dare di centrosinistra di Vicenza sono battaglia per vedersi riconosciustati alterni. Stiamo parlando di ti i diritti». Sul problema fiscale, progetti tutti contenuti nel vecla Lazzari ha tagliato corto: «Le chio piano regolatore, il Prg. A questioni tributarie sono a latere Laghetto, l’ammuffito piano pardelle scelte urbanistiche, che non ticolareggiato era stato adottato possono essere bloccate o condiin extremis dall’ex esecutivo Hulzionate dall’Ici». lweck ma è stato ritirato dal successore Variati perché superato Nessun fondamento dalle nuove condizioni (il carico Ma è su quello dei cosiddetti “diedilizio della base Usa, l’incertezritti edificatori” che va fatta luce. za sul tracciato della futura tanPrimo elemento: molti piani a cui genziale nord) e dalle previsioni si fa riferimento risalgono agli del Piano di assetto territoriaanni ’70-’80, in un contesto urle, il Pat («dai corridoi ecologici bano molto diverso dall’attuale, previsti dal Piano territoriale retanto è vero che essi oggi risulgionale di coordinamento all’agtano sovradimensionati rispetto giornamento delle analisi e delle alle esigenze che il territorio preproiezioni demografiche relative senta oggi. L’esempio del Pp10 è al quartiere, dalla previsione di lampante. Secondo elemento: il alloggi erp all’inutilità di costru-

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Pat è, diciamo così, una dichiarazione d’intenti programmatica sui prossimi dieci-vent’anni dello sviluppo della città; ma è il successivo Piano degli Interventi (Pi) a stabilire le destinazioni d’uso e i loro eventuali cambiamenti. In questa sede sarà perfettamente legittimo sancire sia che un cambio precedente venga confermato, sia il contrario. Non sta scritto da nessuna parte che il pianificatore, cioè il Comune, debba limitarsi a fare il notaio di scelte passate, semplicemente ratificandole.

Terzo e decisivo elemento: la legge urbanistica nazionale 1150/42 non prevede nessuna garanzia per i proprietari a cui dovessero essere negate promesse di nuove e più favorevoli destinazioni dei propri lotti. La giuriprudenza in materia è copiosa, e per stare ad una delle sentenze più recenti del Consiglio di Stato, si apprende che «le scelte urbanistiche dell’Amministrazione comunale costituiscono apprezzamenti di merito, connotati di un’amplissima discrezionalità, sottratte al sindacato di legittimità, proprio del giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o abnormi, ovvero da arbitrarietà, irrazionalità o manifesta irragionevolezza, in relazione alle esigenze che si intendono concretamente soddisfare» (CdS, sez. IV, 9 luglio 2002, n. 3817; 22 maggio 2000, n. 2934). Solo nell’eventualità, in genere rara, che l’amministratore si intigni in un esproprio il privato ha diritto all’indennizzo. Monetario, però.

L’ufficio comunale del registro sarà incaricato di stabilire il valore dell’area in questione, e la si pagherà il dovuto. Per i terreni agricoli, tuttavia, la Corte Costituzionale con sentenza 179/99 ha decretato che «la destinazione a zona agricola non concretizza un vincolo a contenuto espropriativo, bensì conformativo del diritto di proprietà, ne consegue che la relativa prescrizione non è inden-

debba essere per forza accolta.

E allora, di cosa stiamo parlando? Forse, solo della difesa del particulare contro gli interessi pubblici. La solita, vecchia storia. Una storia in cui anche il centrosinistra al governo negli E anche a sinistra… ultimi due anni non Ma Zocca, sorvolanha brillato, per altro. do sul fatto che quelDa piano Strobbe a la dei diritti acquiVicenza est al piano siti è una fanfaluca Lodi, dalla “banca priva di fondamento Nel recente fantasma” in piazza giuridico, propone Matteotti all’espanche i privati siano passato risarciti con delle il centrosinistra sione del ristorante d’Oro, perequazioni. Cioè ha avallato piani Conchiglia la giunta Variati, e trasferendo la posproprio in specie l’assessore sibilità di edificare all’edilizia privata in un’altra parte del su questa base Pierangelo Cangini, territorio comunale. hanno spesso fatto Ma se quei diritti, appello ad un teorema-fandonia. intesi come sacri e inviolabili, E questo non è qualunquismo: non esistono, non esiste neppusono solo, amaramente, fatti. re che la pretesa di perequazione nizzabile” e, per giunta, che “tra i vincoli che restano al di fuori dell’ambito di indennizzabilità sono compresi i vincoli ambientali paesaggistici…».

Gli ultimi giorni della Pei L a notizia è fresca fresca: «No a due nuove strutture di vendita al dettaglio ai Pomari di quasi 2500 metri quadrati ciascuna: l’amministrazione si oppone al ricorso presentato al Tar dalla PEI contro questa decisione del Comune che risale all’agosto del 2008. Lo ha stabilito in questi giorni la giunta in risposta all’azione legale promossa da una delle società che hanno realizzato, in convenzione con il Comune, il Piruea Pomari». La Pei è una società partecipata dal gruppo di costruzioni di Gaetano Ingui. Secondo questi, proprietario di buona parte dell’area Pomari nella zona ovest della città, il permesso edilizio generico era bastevole per giustificare l’innalzamento di fabbricati per la vendita non più all’ingrosso, ma al dettaglio. Il Comune, nell’agosto 2008, in mancanza

di un permesso specifico si era opposto alle domande per tali nuove strutture da 2499 metri quadri ciascuna, anche perché, puntualizza il comunicato di Palazzo Trissino, «l’apertura dei due nuovi negozi genererebbe un’aggregazione di più esercizi commerciali che potrebbero avere le caratteristiche di un “parco commerciale” per il quale va seguita la procedura prevista dalle leggi regionali». Il centrosinistra di Variati resiste in sede di Tar e non si piega, insomma.

Sono davvero finiti i tempi in cui l’impero Ingui, con la sua punta di lancia nel Giornale di Vicenza nel cui cda il costruttore aveva un posto d’onore, poteva contare su un sindaco e un assessorato al territorio benevoli, anzi cedevoli. Questa volta, bravo Achille.

A.M.

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Normativa e giurisprudenza smentiscono il teorema per cui un privato avrebbe diritto sempre e comunque a vedersi confermato il permesso di costruire Una comoda bugia bipartisan

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Una legge regionale apre la strada alla partecipazione dei lavoratori all’azionariato delle imprese Le aziende potrebbero avere risorse fresche, gli operai una parte degli utili Le cautele dei sindacati: “Servono finanziamenti rapidi e controlli severi”

di Andrea Fasulo

L

avoratori che entrano con proprie quote nell’azionariato e nella proprietà delle imprese. Con la possibilità anche di partecipare alla gestione, con presenze nei consigli d’amministrazione. E’ realistico prevedere che nel prossimo futuro in Veneto si possa assistere ad uno scenario di questo tipo, già da tempo realtà in paesi come Germania e Inghilterra? Dal 22 gennaio una legge regionale (la 5/10), approvata all’unanimità dai consiglieri di maggioranza e opposizione, si propone di avviare un percorso di questo tipo. Qualcosa che farà storcere il naso a molti, soprattutto tra gli imprenditori più legati a vecchie concezioni e che magari vedrebbero con fastidio un rappresentante dei lavoratori seduto al loro fianco nel CdA della loro azienda. Ma anche sul fronte

opposto un sindacato come la Cgil è sempre stato tradizionalmente contrario a soluzioni che possano annacquare le divisioni di ruolo tra lavoro e impresa. Più bendisposte invece le altre due organizzazioni confederali, ancora però caute.

Eppure l’idea in Consiglio regionale è nata tra i banchi del centrosinistra. “Abbiamo voluto recepire indicazioni che provenivano dall’Unione Europea” sottolinea il consigliere regionale del Pd Franco Bonfante, primo firmatario della proposta di legge. “Ma anche i ministri Sacconi e Tremonti l’anno scorso si erano detti d’accordo sull’ipotesi della partecipazione dei lavoratori a quote dell’impresa.

Poi tutto è finito in un cassetto”.

Con questa legge si propongono incentivi (ancora tutti da definire per la verità) per far sì che sia le imprese che i lavoratori traggano benefici dall’auspicato “abbraccio”. I vantaggi per le imprese sono chiari: denaro fresco grazie ai risparmi dei loro dipendenti, liquidità da

investire subito in un momento in cui l’accesso al credito è frenato dalle banche. Ma per il lavoratore? Come convincerlo della possibilità di partecipare agli utili di un’impresa in un momento in cui in tante ricorrono a licenziamenti e cassa integrazione? “Il lavoratore è spinto a sentire più attaccamento per l’azienda se sa di averci investito parte dei suoi risparmi. Questo atteggiamento può spingere ad aumentare la produttività” prosegue Bonfante. “Sono previsti incentivi di carattere fiscale, sia per le aziende che per i lavoratori. Per questi ultimi si è studiata la possibilità di prestiti agevolati, esenzioni e riduzioni tributarie, ovviamente per quanto compete alla Regione.

Inoltre il rischio a cui sarebbe sottoposto il socio lavoratore” aggiunge l’esponente del Pd, “può essere ridotto da un sistema di assicurazione di una percentuale del capitale da parte della Regione. In questo modo il dipendente, in caso di andamento negativo, non rischia

di perdere risparmi e posto di lavoro insieme”.

Il mondo sindacale accoglie la novità di buon occhio ma anche con qualche cautela. “Non posso che esprimermi favorevolmente nei confronti delle intenzioni della legge” dice il segretario provinciale della Uil vicentina Riccardo Dal Lago. “Viene data applicazione ad un’idea che la Uil porta avanti da molti anni. Lo stesso articolo 46 della Costituzione prevede che i lavoratori possano partecipare alla gestione delle aziende. Certo bisogna fare attenzione: i lavoratori sono già in una notevole difficoltà, non possono rischiare ancora di più di quello che hanno. Per questo mi pare che le risorse messe a disposizione dalla legge (700.000 euro per il 2010 e 1.000.000 di euro per il 2011, n.d.r.) siano ancora poche. Saranno necessari finanziamenti molto rapidi, un controllo severo e un notevole coinvolgimento delle organizzazioni sindacali”. Favorevo-

le allo spirito dell’iniziativa anche la Cisl. Che però mette in guardia dall’imporre scelte così importanti per legge: “Queste scelte attengono alla piena titolarità delle parti, sindacati e associazioni di categoria” spiega il segretario generale del Veneto Franca Porto.

“E’ molto complesso, è un equilibrio che va costruito con particolari condizioni. Il legislatore deve intervenire laddove sono le parti sociali ad aver attivato un percorso di questo genere”. Senza un coinvolgimento attivo dei soggetti intermedi, secondo la Cisl, la legge rischia di restare lettera morta.

“Mi auguro che serva a fare cultura, a far parlare di questi temi” continua il segretario. “Ma perchè ci siano imprenditori disposti a soluzioni di questo tipo deve prima maturare un clima all’interno delle aziende. E questo lo si può fare solo tramite la contrattazione. Le questioni complesse non si possono rendere semplici per legge”.

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“Fasci” contro “rossi”, e quei giovani vecchi

Una green town ai piedi del Pasubio

Dalle idee del consiglio comunale dei ragazzi al progetto Cambieresti A Santorso si stanno sperimentando iniziative all’insegna del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili

di Giulio Todescan C’è una piccola capitale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili nella provincia di Vicenza. O almeno avrebbe le carte in regola per diventarlo. E’ il comune di Santorso, piccola comunità di cinquemila abitanti ai piedi del Monte Summano dove in questi giorni sono partite due iniziative molto interessanti: la prima è l’adesione convinta alla giornata “M’illumino di meno”, che si è svolta il 12 febbraio. organizzata da sei anni dalla trasmissione di Radio 2 Rai Caterpillar.

Ragazzi ecologici A guidare i risparmiosi orisiani è una pattuglia di baldi giovani che frequentano le medie: sono il Ccr, consiglio comunale dei ragazzi, una sorta di mini-giunta eletta nel 2008 dagli studenti delle medie G.B. Cippani, dell’Istituo Comprensivo di Santorso, dopo regolare campagna elettorale. Il mini sindaco si chiama Tommaso Buzzolan e ha 13 anni, a gennaio

è stato anche invitato a parlare in diretta alla trasmissione Caterpillar. «E’ già il quinto anni che i ragazzi aderiscono a M’illumino di meno. I ragazzi hanno un’età dalla quinta elementare alla terza media, ci sono il sindaco, gli assessori e i consiglieri al pari del consiglio adulto: cinque assessori e in tutto 12 consiglieri. Si sono divisi in liste nel settembre del 2008 e restano in carica per due anni» spiega l’assessore alle politiche giovanili della giunta di centrosinistra, Chiara Dalla Vecchia, 28 anni. Giovedì sera nella sala del consiglio comunale è andata in scena la democrazia dei più piccoli, con una seduta dedicata proprio ai temi del risparmio energetico: hanno esposto i risultati di un mese di ricerche, proiettato video scovati su internet, lanciato le loro proposte che ora la giunta, quella vera, dovrà valutare e mettere in pratica. «Si va dalla proposta di installare lampioni a led nelle zone più frequentate di Santorso - racconta l’assessore Dalla Vecchia - all’idea di accendere solo alcuni lampioni elle ore serali in estate, per risparmiare. Altra idea: distribuire gratuitamente lampadine a basso

consumo, distribuire opuscoli informativi nelle scuole. Altre proposte riguardano la mobilità sostenibile: per due giorni al mese i ragazzi andrebbero a scuola in bicicletta o a piedi, evitando l’auto, e il bike sharing potrebbe essere utilizzato da tutti i cittadini.

Poi fra le loro proposte ci sono l’installazione di nuovi pannelli solari in scuole (dove ce ne sono già alcuni) e infine sensibilizzare le persone al tema dell’isolamento termico».

Cambieresti stile di vita?

Niente male per dei tredicenni, dotati ovviamente di twitter e blog (all’indirizzo http://giovanisantorso.blogspot.com/).

Ma a Santorso i progetti riguardano anche i più grandi e le loro famiglie. Ce ne parla un altro giovane assessore, Paolo Manza, 37 anni, responsabile del bilancio e della partecipazione. Venerdì è stato presentato pubblicamente, con una serata a cui ha partecipato Andrea Bertaglio del Movimento per la Decrescita Felice e dell’associazione Cambieresti onlus di Venezia. Si chiama proprio «Cambieresti» il nuovo progetto partito questa settimana, ed è

tico, con la consulenza di alcuni l’acronimo di Consumi Ambienarchitetti del paese, per contite Risparmio Energetico Stili di nuare poi con il risparmio idrico vita. Lo finanziano il Comune di e il concetto di acqua come bene Santorso, il Laboratorio provinpubblico non privatizzabile, e poi ciale di educazione ambientale e ancora approfondendo il tema del la Coop Adriatica. In concreto, è consumo, di come anche facenl’importazione di un progetto già do la spesa si possono fare scelte sperimentato nel 2005 a Venezia sostenibili. Parleremo di chilosu alcune migliaia di famiglie, che metro zero, etichette ambientali, per qualche mese scelgono di teriduzione degli imballaggi, comnere d’occhio i propri consumi e mercio equo e solidale». Solo paseguono dei corsi ad hoc. «L’ottica role? No, alla fine dei dodici mesi è quella di partire dal basso, visto lo scopo è calcolare l’eventuale che dall’alto i cambiamenti sono miglioramento della bilancia dei sempre più difficili, come ha diconsumi per ogni nucleo familiamostrato il fallimento dell’ultimo re. «All’inizio ogni vertice sul clima di famiglia compilerà Copenhagen - spiega un questionario sul Paolo Manza -. Alla suo stile di vita, che base c’è il tentativo sarà integrato dai di cambiare rotta ridati della lettura dei spetto a una crescita I ragazzi contatori - continua economica che or- hanno chiesto Manza -. Poi ci sarà mai non può più es- lampioni a led un monitoraggio a sere l’unico criterio e lampade cadenza mensile, in con cui valutare il modo da poter calbenessere. Per que- a basso colare, a fine anno, sto abbiamo raccol- consumo che vantaggi hanno to le adesioni delle comportato le buofamiglie di Santorso ne pratiche acquisite che vogliono aderire nel corso del progetto». Benveal progetto: per un anno seguinuti a Santorso, la prima «green ranno incontri a cadenza mensile, town» del vicentino. a partire dal risparmio energe-

430 posti a sedere interni e 180 esterni venerdì aperto fino alle 3,00 • sabato aperto fino alle 4.30 - domenica, martedì, mercoledì e giovedì aperto fino alle 2 lunedì chiuso

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Bortolussi, un clone di Galan L’episodio del corteo davanti al Rossi ha contrapposto ragazzi di sinistra e della Lega Un fatto ingigantito. Che rivela la pochezza d’idee dei ventenni di oggi mi che controaccusano indicando in “saluti fascisti” comparsi alla finestre una sorta di provocazione dai contorni, secondo loro, penaldi Alessio Mannino mente rilevanti. In mezzo, resta la vergogna degli imbrattamenti sun Italia i giovani si scontrano fra biti dai muri dell’istituto tecnico “fascisti” e “comunisti” come più famoso della città, con scritte se giocassero ancora a indiani e contro le “camicie verdi e nere”, cowboy. Sveglia, ragazzi, i fasci e appaiate come se leghisti e fascisti i rossi erano già politicamente con fossero la stessa cosa. un piede nella fossa trent’anni fa Ragazzate? In parte sì. Si sa che (tanto è vero che i Settanta furoi giovanotti hanno la bomboletta no l’ultimo, sanguinario bagliore facile e la lingua sciolta, e quindell’era delle opposte ideologie, di l’accaduto rientra tramontate coi dinella normalissima simpegnati Ottanta). routine. Farne un La storia moderna, caso, come intende dovrebbero insegnafare il senatore della re a scuola, altrochè. Gli opposti Lega Paolo Franco Forse imparerebbero estremismi che ha deciso di preche la ruota va avanti senziare al presidio e schiaccia sotto di servono solo organizzato ad hoc sé visioni del mon- a distrarre do che non spiegano dai problemi veri dalla gioventù paci pare pura, e più niente di questo e più pressanti dana, legittima, propaganmondo, ma solo di da. Sull’altra barquello di ieri. Ma non ricata, i sinistri ci ci giureremmo, dato mettono del loro, nascondendosi che sulle cattedre siedono ancora dietro i saluti romani per giustii figli del Sessantotto e i nipoti di ficarsi. Prendetela scialla, come chi ha vissuto l’ultima epopea del si dice nel gergo. Che a qualcunostro tempo, la Seconda Guerra no scappi l’insulto e l’urlo, e che Mondiale col suo lascito d’odio a qualcun altro, protetto da un politico. cancello e da una finestra, un saE’ che a fine marzo si vota per le luto a braccio teso, non è mica la regionali, e tutto fa brodo in camfine del mondo. Non si è passato pagna elettorale. Così, un corteo il segno arrivando alla violenza studentesco del 5 febbraio scorso fisica. Inaccettabile, anche se non contro i tagli della riforma Geltragico, è aver deturpato un bene mini diventa il milionesimo casus pubblico scribacchiandoci sopra belli. Coi Giovani Padani allievi le proprie scombiccherate, ma andell’istituto Rossi che lamentano che queste legittime, idee. di essere stati presi a male parole, Ma c’è un lato del pur piccolo epidurante la sfilata passata davanti sodio che è più profondo. Che è all’edificio in orario di pausa, dai quanto dicevamo all’inizio: chi ha manifestanti appartenenti alla 15 o 20 anni e dovrebbe rappreRete degli studenti medi e al Colsentare il futuro, e perciò una colettivo studenti. E con questi ulti-

I

scienza rinnovata e aggiornata ai tempi, ha già l’arteriosclerosi politica e ricorre a luoghi comuni del passato remoto, anzi del trapassato. Possibile che chi si definisce di sinistra usi ancora il termine “fascista” per bollare d’infamia chi non condivide l’egualitarismo tipico di una vecchia e anacronistica sinistra? Ed è mai possibile che se parlo con un fan del Carroccio questi chiuda ogni ragionamento se il malcapitato interlocutore dovesse professare ideali da “comunisti”? Ai primi, nello specifico, direi in ogni caso che quella per cui fare un saluto, per quanto aborrito, costituirebbe un reato, se la sono proprio inventata, e rasenta il ridicolo. Ai secondi, che è altrettanto ridicolo piagnucolare perché in una marcia, in strada, si sono beccati qualche parolaccia: fa parte del gioco, su. O è meglio rintanarsi a dirsi le peggio porcherie sulle strade virtuali di internet, ben protetti dallo schermo e magari dall’anonimato?

La responsabilità è degli adulti, che a sessant’anni dal 1945 rimestano il consunto mortaio di opposti estremismi utili solo a distrarre dai problemi veri, attuali, pressanti. Ai quali andrebbe data una risposta che derivi da un pensiero adatto ad affrontarli. Che logicamente non può basarsi sul fascismo e sul comunismo, storicamente superati. Ma la logica, in questo paese, è la vera utopia.

Giovani, tornate a fare quello che hanno sempre fatto i giovani di tutte le epoche e a tutte le latitudini: rifiutate le pigre certezze dei padri e cercatene di vostre, audaci e ribelli. Altrimenti sapete che vi dico? Che siete già vecchi decrepiti a vent’anni.

Il candidato del centrosinistra dichiara che se Galan fosse sceso in campo avrebbe corso con lui Una provocazione per cavalcare le divisioni del centrodestra Che però evidenzia tutti i limiti del centrosinistra Lo confesso, non ci capisco più niente. Dunque, il Pd e il centrosinistra hanno deciso di candidare, alle prossime regionali, Giuseppe Bortolussi, il presidente della Cgia di Mestre. Bene: Bortolussi è una persona seria e stimata, come si dice in queste occasioni, con una solida esperienza e una credibilità costruita in vent'anni di lavoro sul campo. Di più, non essendo un uomo di partito è al di fuori del diabolico gioco dei veti incrociati che è costato caro a Laura Puppato, e ha la possibilità di far presa anche oltre i soliti bacini delle forze di sinistra. Di più, è uno che contrasta il centrodestra sul suo stesso terreno: il lavoro è lavoro, senza steccati tra dipendenti e autonomi, ha detto in una delle sue prime interviste da candidato. Aggiungendo anche che un'equa redistribuzione del reddito sta alla base della politica economica.

Benissimo. Solo che una settimana dopo, intervistato da una televisione locale, Bortolussi se ne esce con una frase come questa: “Se Galan si fosse candidato di nuovo, staccandosi dal suo partito, sarei entrato nella sua lista, perché ho sempre stimato il suo modo di amministrare”.

Ma come, dopo quindici anni di governo Galan, il candidato di centrosinistra cosa propone come modello? Galan stesso! Geniale.

In realtà le ragioni dell'uscita di Bortolussi sono chiare: la campagna elettorale della sua coalizione sarà giocata molto sulla contrapposizione frontale con la “barbarie” leghista, secondo il vecchio gioco dei buoni contro i cattivi.

E punterà a raccogliere consensi anche, se non soprattutto, tra i moderati, tra gli elettori di centrodestra che possono sentirsi più rappresentati dal moderato Bortolussi che non dal rampante Luca

Zaia. Con una frase come quella riportata sopra Bortolussi gioca dunque sulle divisioni interne e i mal di pancia della coalizione di centrodestra e lancia un messaggio chiaro a pidiellini ed elettori dell'Udc: chi preferiva Galan come governatore, voti per me.

Il problema è che messaggio lancia all'altra metà del Veneto, che invece vorrebbe provare a costruire un'alternativa alle politiche del centrodestra. Perché Lega e Pdl, al di là delle scaramucce di facciata, in tutti questi anni hanno governato di comune accordo.

Ora, va bene non demonizzare l'avversario, e di sicuro anche Galan e la Lega avranno fatto qualcosa di positivo. Ma dire che si sarebbe corso con l'avversario, è un po' troppo anche per chi si accontenta della politica del meno peggio. Con che programma si presenterà il centrosinistra a fine marzo? Una fotocopia di quello di Galan? Non per niente uno come Luca Balzi, consigliere guastafeste del Pd in Comune, intervistato dal Giornale di Vicenza, ha detto di Bortolussi: “Le idee di Bortolussi sono quelle del gruppo regionale Pd uscente? No. Basti pensare che Bortolussi si è detto d’accordo con lo scudo fiscale di Tremonti, generando il panico generale nel Pd. Poteva essere anche un candidato del centrodestra? Sì, solo che è già candidato Luca Zaia, leghista. Abbiamo scelto una figura esterna che ha idee di centrodestra. Il fatto è che il cittadino comune tra la copia e l’originale sceglierà l’originale.

Anche i nostri elettori. Peraltro penso che sceglierò l’originale anch’io, quindi Luca Zaia”. Balzi gioca con le provocazioni. Ma c'entra l'obiettivo. Che tristezza la politica ridotta a mero tatticismo.

Luca Matteazzi

economia&mercati

182 del13 febbraio 2010 pag12

cultura

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ViPiù

182 del13 febbraio 2010 pag13

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Unità d’Italia, i valori da riscoprire

Fiat, la verità

su incentivi e aiuti di Stato flickr.com/phileole

Gli incentivi che alla fine convengono anche allo Stato, l’era Marchionne che ha salvato la casa del Lingotto, il futuro segnato di Termini Imerese Ecco quello che c’è da sapere per capire il caso Fiat

di Giancarlo Marcotti

S

flickr.com/socialisbetter

i è parlato molto in settimana di incentivi all’auto. Diverse trasmissioni televisive, in particolare, si sono occupate dell’argomento, facendo, come spesso accade, più confusione che chiarezza. Un argomento nazionalpopolare come l’automobile si presta a discussioni “da bar”, ma dai mezzi di comunicazione di massa sarebbe lecito attendersi una minor approssimazione ed analisi più approfondite. Innanzitutto, dunque, correggiamo alcune grossolanità ascoltate in questi giorni.

L’argomento in discussione era la proroga degli incentivi all’acquisto di automobili: non si trattava quindi di aiuti di stato alla Fiat.

I beneficiari di questi incentivi sono i cittadini italiani che intendono acquistare un’automobile, naturalmente di qualsiasi marca, italiana od estera che sia.

Bene han fatto quindi i massimi dirigenti della Fiat a rimarcare questo fatto: i soldi pubblici van-

| Sergio Marchionne

no a favore di coloro che acquistano la vettura, non entrano nelle casse delle Case automobilistiche, che ovviamente beneficiano indirettamente delle maggiori vendite indotte dalla “sconto” che può essere praticato. Per l’italiano medio, però, l’azienda automobilistica torinese è sempre stata sovvenzionata con denaro pubblico, pur se questo, da tempo, non corrisponda più alla verità.

L’era Marchionne In casa Fiat con l’avvento al vertice di Sergio Marchionne le cose sono radicalmente cambiate.

Si è passati da una gestione “monarchica” della famiglia Agnelli, ad una gestione manageriale di colui che non ho esitato ad indicare come il più grande imprenditore italiano dopo Enrico Mattei, sto parlando naturalmente di Sergio Marchionne. I pregi del mega manager italo-canadesesvizzero (ha la tripla nazionalità) sono innumerevoli, ma mi limito a citarne soltanto due: si capisce quando parla e mantiene le promesse. Sembrano due cose banali e scontate eppure per un imprenditore sono una vera e propria rarità, ricordate infatti una promessa fatta dall’Avv. Agnelli che abbia poi mantenuto?

A Marchionne si deve integralmente il risanamento del Gruppo Fiat (praticamente un miracolo): non bisogna dimenticare infatti in quali catastrofiche condizioni trovò l’azienda quando accettò l’incarico di amministratore delegato. È sufficiente ricordare che la General Motors preferì pagare due miliardi di dollari pur di non doversi annettere l’azienda del Lingotto, considerata quindi non decotta, bensì un cadavere in putrefazione. A distanza di pochissimi anni Marchionne è volato negli Stati Uniti, accolto dal Presidente Obama come salvatore della terza

Marco Appoggi risponde alla lettera aperta pubblicata due settimane fa L’anniversario del 2011 è un’occasione per recuperare i valori della partecipazione e della condivisione contro volgarità, sciatterie e individualismo imperante

| La sede del Lingotto a Torino

più grande azienda statunitense del settore, la Chrysler, mentre la stessa General Motors ha evitato il fallimento solo grazie ad una montagna di soldi pubblici.

Incentivi a costo zero Torniamo però agli incentivi per il settore automobilistico al fine di fare un’analisi un po’ più approfondita. Innanzitutto occorre rilevare che questa misura di supporto al comparto è stata, e continua ad essere applicata in quasi tutti i Paesi del mondo. Perché?

La prima, e più scontata risposta è che il settore, nonostante il progresso tecnologico, è uno di quelli che impiega ancora maggior mano d’opera, e con i tassi di disoccupazione in costante crescita non è una cosa da poco. Inoltre il comparto contribuisce in maniera sostanziale alla crescita del Pil: l’automobile infatti è la principale fonte di spesa per le famiglie dopo la casa.

Ma soprattutto tutti i Governi adottano gli incentivi perché è un’operazione a costo zero. Anzi, è un buon investimento. E non è un paradosso.

Occorre calcolare infatti, a fronte dell’uscita dei bonus per la rottamazione, quali siano le entrate per le casse dello Stato. Partendo banalmente dall’Iva pagata, per passare a tutte le tasse ed i balzelli dovuti per il possesso di un’automobile, per concludere con le maggiori imposte che le stesse Case costruttrici pagheranno per il reddito prodotto dall’aumento del volume di vendite. Non occorre essere dei grandi esperti per capire che, per le casse erariali, si tratta di un buon investimento.

gioco c’era il futuro dello stabilimento di Termini Imerese. La Fiat da tempo non ha fatto mistero che lo stabilimento siciliano, antieconomico ed improduttivo, doveva chiudere i battenti; per il Governo, perennemente in campagna elettorale, una decisione così impopolare non poteva essere accettata a cuor leggero.

Noi ci troviamo in perfetto accordo con la massima dirigenza dell’azienda torinese: lo stabilimento di Termini, per la nostra nazione, è diventato un costo inammissibile, e se questo poteva essere accettato in tempi di vacche grasse risulta ora insostenibile alla luce della più grave crisi economica dai tempi della grande depressione. Non pensiate che non abbiamo a cuore il destino dei tanti operai e delle loro famiglie.

L’economia, però, ha le sue leggi, ferree, dure, ma che, quando vengono violate, producono danni enormemente superiori. Lo statalismo, e gli esempi nel mondo sono innumerevoli, produce solo danni: è una carità che crea miseria.

Un esempio di Giornalismo Potrebbero sembrare parole scritte da una persona che si trova a vivere in una zona dell’Italia completamente diversa, e quindi distante anni luce da problematiche sociali tanto serie, ma non è così.

Termini è giunto al termine Arriviamo però al vero oggetto del contendere. Nel braccio di ferro fra Fiat e Governo in flickr.com/pedrosimoes

Non sapete quale sia stata la mia sorpresa nel leggere un articolo dal titolo “Tra Fiat e Governo è una partita a poker” a firma Nino Sunseri in cui vengono esplicitate, con grande lucidità ed estrema chiarezza, gran parte delle tesi da me sostenute. Ebbene non siete rimasti sorpresi? Forse lo rimarrete quando vi dico che l’articolo al quale faccio riferimento è stato pubblicato il 6 febbraio scorso sul “Giornale di Sicilia”.

A mio avviso un esempio illuminante di cosa si intenda con la parola Giornalismo con la G maiuscola. Naturalmente invito tutti i nostri lettori a leggere l’articolo da me citato, ma ne voglio comunque riportare alcuni tra i brani più significativi: “D’altra parte è anche vero che lo Stato ha investito 1,5 miliardi e ne ha portati a casa almeno 6,5 solo come Iva. Senza questi aiuti avrebbe incassato minori tasse perché non ci sarebbero stati consumi e nemmeno redditi d’impresa”. Ed ancora: “Serve invece che la politica svolga il suo ruolo mettendo a disposizione le risorse che servono per progetti utili. Bisogna invece evitare operazioni senza respiro che servono unicamente a creare posti di carta velina”.

Ed infine a proposito dei progetti alternativi allo stabilimento Fiat: “Il ministro Scajola dice di averne sul tavolo già sette. Speriamo che almeno uno sia veramente eccellente perché questo è l’unico vero asso che aspettiamo di veder calare sul tavolo. Infine il sindacato. Invece di difendere stanche ideologie si impegni veramente nella garanzia degli interessi dei lavoratori. Significa dare la disponibilità a forme innovative di relazioni industriali. Blindare l’esistente ha portato alla situazione attuale”. Ribadiamo, questo è vero e grande Giornalismo.

C

aro Direttore, ho letto l’articolo pubblicato dal suo settimanale sulle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia.

Considerato che è stato convertito in una sorta di lettera aperta al sottoscritto quale consigliere delegato “alla programmazione e realizzazione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia” , cortesia vuole che risponda.

Tesi ingenerose Certo, le tesi che sono sostenute mi paiono un po’ ingenerose; in alcuni punti anche autolesioniste.

Me lo lasci dire con franchezza.

Partiamo da un dato. Indipendentemente dalle valutazioni e critiche storiche, i protagonisti del Risorgimento hanno agito con passione, con idealità politica e limpidezza intellettuale. Su questo spero sia d’accordo. La lapide che a Monte Berico ricorda Massimo D’Azeglio nel suo ruolo di comandante nelle giornate del giugno 1848, durante le quali fu ferito, è un orpello inutile, grondante retorica o evento importante per avviare una riflessione sulla nostra identità e sulle nostre radici? Davvero D’Azeglio ha del tutto perso, come si asserisce nell’articolo a conclusione del ragionamento?

Tutti noi abbiamo letto, spero, i versi manzoniani “una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, /di sangue e di cor”. Questa era la definizione di patria nell’Ottocento, che possedeva comunque una dimensione europea ed era accompagnata da una rivendicazione popolare di autonomia multietnica. Come nell’impero asburgico o ottomano, anche in Italia c’era questa speranza che poi s’inverò nelle complesse vicende del Regno Sabaudo. Tutto da gettare o un punto di partenza per ripensare il senso di appartenenza del popolo italiano, naturalmente con gli strumenti e i linguaggi del XXI° secolo?

Il lungo percorso della nazione Potrebbe essere anche questa l’occasione, a mio parere, per recuperare l’opinione secondo cui la “nazione” esisteva già prima dello “stato”unitario, e che la prima aveva già prodotto cultura, lingua, arte con valore universale.

Riduttivo, ad esempio, sarebbe pensare che Machiavelli fosse solo espressione della cultura fiorentina. I miei studenti, glielo assicuro, lo pensano come una grande figura intellettuale italiana!

Sono prime tracce per rileggere l’unità d’Italia come percorso lungo che inizia prima del 1861 e che ha avuto tappe importanti e decisive anche nel recente passato.

Senza retorica, indubbiamente.

Ma il vostro giornalista, che - anche per mestiere - ascolta la gente e le conversazioni nei bar ha un’idea diversa. Ai più non interessa il compleanno dell’Italia e tanto meno la nostra storia. E’ verissimo. Sono d’accordo. Le dirò di più. Non sanno neppure chi sia Cavour, Cattaneo o Mazzini. E Garibaldi? No. Lo conoscono. Ma sa che le dicono? È lui il colpevole della rovina dell’Italia. Però fanno riferimento alla parola “Italia”, di solito, non “Veneto” o “Vicenza”. Un’idea, quindi, dell’Italia ce l’avranno? Beh, poiché ne pronunciano il nome, pare di sì. Allora partiamo da questo primo dato concreto. Vituperata, rinnegata, spezzettata, a volte sbeffeggiata, la parola “Italia” esiste. Forse, riletta culturalmente. Chiedo troppo?

Riscoprire la partecipazione Quello che serve è dunque una “pedagogia civile”, a partire dalla scuola certamente, ma non solo.

Occorre coinvolgere anche i luoghi di aggregazione, le istituzioni e le associazioni. Il calo di partecipazione - quindi di cittadinanza - di fronte ai gravi scandali finan-

ziari o politici e l’idea di governo sempre più racchiusa dentro il concetto d’interesse personale e di costi sono condizioni che ci obbligano a superare il concetto formalistico di cittadinanza giuridica e, di contro, dare a essa il valore della dignità delle persone, del senso di comunità, di condivisione, ma anche di sussidiarietà e di co-progettazione. Sentiamoci cittadini perché desideriamo il rispetto dei diritti umani e dell’accoglienza, consideriamo la cittadinanza attiva come modalità di partecipazione contro ogni forma di omologazione, vogliamo il senso di giustizia e anche la possibilità di indignarci di fronte a soprusi o a volgarità e sciatterie sempre più diffuse. Indirizzare risorse per questo scopo con l’opportunità data dall’evento dei 150 anni di unità d’Italia è retorica?

Utilizziamo questo evento per avviare discreti segnali, assolutamente necessari, volti a ridare “gusto” alla partecipazione, per lanciare idee diverse dall’individualismo imperante, per ridare dignità al senso della storia come insieme di conoscenze necessarie per mettere, finalmente, in prospettiva il presente. Che vuol dire anche capire che, da un punto di vista storico, c’è una differenza fra lo stato albertino, che è stato “concesso”, e la Costituzione Italiana, conquistata da una volontà comune di libertà e democrazia. Perché non riprendere, allora, l’idea di fare una giornata alla ricorrenza dell’Unità d’Italia, alla Costituzione e alla Bandiera, lanciata dall’associazione degli ex parlamentari e sostenuta da Carlo Azeglio Ciampi? La costituzione e i valori istituzionali così diventano “scuola di vita”. L’idea di acquisire e reinterpretare nella cultura del presente i “simboli” non è retorica, ma possibilità di impadronirsi positivamente del Risorgimento e delle radici dello stesso, che,

ripeto, sono ben più profonde del momento formale della proclamazione dell’Unità d’Italia. In questo modo riduciamo, probabilmente, la confusione che mette in atto la Lega sul tema. Ad esempio, per citarne uno, la polemica dei dialetti, che non sono linguaggi tribali di vallate, ma elementi culturali che sono stati e sono presenti con la lingua nazionale di Dante, di Manzoni e, per onestà intellettuale, con l’alfabetizzazione dei corsi televisivi tenuti dal maestro Alberto Manzi (che non sarebbe male riprendere …).

Vicenza risorgimentale La città di Vicenza e la provincia sono ricche di luoghi “risorgimentali” da ripensare quali metafore delle funzioni e del valore dei beni culturali, storici e delle istituzioni deputate al loro studio e alla loro consultazione, come ad esempio il Museo del Risorgimento e della Resistenza, uno die più importanti in Italia. Possiamo, infatti, considerare la nostra realtà territoriale come espressione di un “Risorgimento Lungo” che va dal 1848 al 1945, passando per gli eventi traumatici e diretti dei conflitti mondiali e della resistenza italiana, ma anche per quelli sociali ed economici come lo sviluppo industriale, l’emigrazione e la povertà per poi giungere al benessere e ai nuovi fenomeni dell’immigrazione.

Non è un caso, allora, che la nostra città sia insignita di due medaglie d’oro e che nel 1866, anno dell’ingresso di Vicenza nello Stato italiano, il Consiglio Comunale scelse come Gonfalone la bandiera italiana. La rilettura storica di tutto ciò fa bene, soprattutto se c’è la volontà a mettere in discussione pregiudizi e posizioni localistiche, in quanto ciò che è avvenuto non si può modificare. Occorre, anzi, leggere il passato guardando, con chiarezza, il futuro. Tanto più che

ora, nel solco di un’Europa cui tutti apparteniamo, abbiamo la responsabilità di pensare il locale e la nostra storia dentro il globale che per noi è, prima di tutto, l’area euro mediterranea con i conseguenti impegni di solidarietà e di sviluppo fra popoli.

Nessuna retorica Se rivolgiamo lo sguardo indietro negli anni, ci accorgiamo che le celebrazioni precedenti dell’Unità d’Italia sono state retoriche - quelle sì! Nel 1911 si costruì l’”Altare della Patria”, ma anche s’iniziò l’occupazione della Libia, con ancora effetti odierni. Nel 1961 si celebrò con enfasi un’Italia consumistica, il paese del miracolo economico. In questi mesi, alla vigilia del 2011, non mi pare ci sia tutta questa retorica che il vostro giornalista vede in giro. Anzi, c’è una sorta di paura, uno scarso impegno. Anche se segnali di interesse si vedono e vanno sostenuti. Per questo l’Amministrazione Comunale di Vicenza, in collaborazione con le altre istituzioni e associazioni, ha assunto l’impegno rievocativo per i 150 anni di unità nazionale, a partire da ragioni culturali e politiche qui sinteticamente e personalmente riprese, viste, comunque, in una prospettiva positiva. Nelle prossime settimane si definiranno i programmi e le azioni. Graditi, in uno stile di partecipazione e di dialogo, i contributi e le proposte di quanti avvertono, positivamente o criticamente, l’evento come occasione di ripensare l’identità locale in quella più ampia dello Stato e dell’Europa.

Un’ultima nota: le assicuro che non ci saranno sprechi. Gli euro a disposizione sono davvero molto pochi.

Marco Appoggi Consigliere comunale con delega per le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia

cultura

182 del13 febbraio 2010 pag14

cultura

numero

Nel nome di Django

182 del13 febbraio 2010 pag15

numero

Il contemporaneo Carnevale

New Conversations parla francese

nei quartieri

al bancone del bar

un weekend pieno di maschere

Domenica 21 febbraio arriva al Sartea un’originale iniziativa Installazioni di pittura e scultura, coreografie, musica, teatro prenderanno vita in mezzo ai tavolini dell’osteria Per avvicinare anche chi non frequenta gallerie e vernissage

Dalla Riviera Berica al Villaggio del Sole, feste e manifestazioni per tutte le età

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Presentata la quindicesima edizione di Vicenza Jazz, in gran parte dedicata alla musica francofona Tra il 7 e il 15 maggio nove giorni di appuntamenti nei teatri, nelle piazze e nei locali della città

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opo la Scandinavia, i Balcani, la Germania e l’Inghilterra, quest’anno tocca alla Francia. È stata presentata nei giorni scorsi la XV edizione del festival “New Conversations - Vicenza Jazz”, uno dei fiori all’occhiello della programmazione culturale del Comune. In calendario, come di consueto per nove giorni continuativi, fra il 7 e il 15 maggio 2010, la nuova edizione del Festival avrà per titolo “Allonsanfàn: il jazz di là dalle Alpi” e sarà in gran parte dedicata ai musicisti, alle opere e, in generale, al ruolo avuto storicamente dalla cultura francese e francofona nella definizione del jazz europeo. Uno sguardo alla Francia giustificato sia dal centenario della nascita di Django Reinhardt (considerato il padre del jazz europeo), sia dalla ricorrenza dei quindici anni di gemellaggio con la città di Annecy.

“Dopo quindici anni “Vicenza Jazz” - ha osservato l’assessore Francesca Lazzari - è più che una realtà consolidata: è un patrimonio della città e di tutto il territorio vicentino e veneto, oltre che un punto fermo nella geografia nazionale ed europea dei festival jazz di primavera. Forti di questa convinzione, abbiamo creduto che Vicenza Jazz andasse ancor più potenziato, lavorando sulle peculiarità che lo hanno reso diverso da tanti altri, pur importanti festival: da una parte, la qualità delle scelte artistiche, con grande

attenzione alle produzioni originali e, dall’altra, il rapporto fondamentale con la città stessa e con il territorio”.

Ecco così che nel maggio 2010, nella visione del direttore artistico Riccardo Brazzale, si esibiranno a Vicenza molti fra i maggiori musicisti francesi di ambito jazzistico, a iniziare dal fisarmonicista Richard Galliano, passando poi ai contrabbassisti Renaud Garcia-Fons, Michel Benita ed Henri Texier e sino alla sassofonista Géraldine Laurent e al batterista italofrancese Aldo Romano. Ma ancor più significativi saranno almeno un paio di progetti italofrancesi che vengono ripresi a Vicenza proprio per l’occasione: l’omaggio multimediale al cinema di Truffaut da parte della pianista Rita Marcotulli e quello alle canzoni di Charles Trenet ideato dalla cantante Barbara Casini.

Ciò non toglie che questo filo conduttore principale lasci spazio anche ad altri grandi interpreti del panorama jazzistico nazionale e internazionale, con la presenza di grandi interpreti italiani (fra gli altri Roberto Gatto, Fabrizio Bosso, Danilo Rea, Paolo Damiani, Pietro Tonolo, Paolo Birro) e soprattutto celebri musicisti internazionali: Brad Mehldau, Joshua Redman, McCoy Tyner, Roy Haynes, Gonzalo Rubalcaba, Jeff Ballard, Chuck Israel, oltre alla band degli Incognito (questi ultimi si esibiranno nello spazio a ingresso libero di Piazza dei Signori).

Un progetto importante sarà poi quello del sabato di chiusura con l’Orchestra Jazz dei Conservatori del Veneto che presenterà una particolare versione di “Pierino e il lupo”, con il capolavoro di Prokofiev rivisto dall’arrangiatore Roberto Spadoni per organico jazz e, soprattutto, per l’inusuale voce recitante di Elio, popolarmente noto quale leader delle “Storie Tese”.

Come da tradizione, “Vicenza Jazz” troverà voce sia nei teatri che nei palazzi antichi, nelle piazze e nei luoghi all’aperto, con un occhio di riguardo per il Teatro Olimpico ma pure per altri palazzi importanti come Leoni Montanari e per gli spazi privati dei locali, dei pub, dei ristoranti che per la durata del festival diventano jazz club. Più di tutti diventerà un jazz club lo spazio del Teatro Astra che ancora una volta si chiamerà “Panic Jazz Café Trivellato”, essendo legato sia al main sponsor del festival che al Panic Jazz Club di Marostica che collabora attiva-

| Qui sopra il quartetto Bosso, Laurent, Texier e Romano (a sinistra) e Brad Meldhau.

In basso a sinistra Richard Galliano.

mente alla gestione. Luca Berton, patròn del jazz club di Piazza degli Scacchi, ha quasi ultimato la programmazione ma è sin d’ora in grado di fornire qualche anticipazione: si inizierà con un prologo giovedì 6 maggio, con la chitarra di Kurt Rosenwinkel, e si terminerà in un crescendo sabato 15 con il sax di Kenny Garrett. In mezzo, tanti personaggi del jazz italiano e soprattutto internazionale, e tante idee come quella di un trio in residence: quello del pianista nordico Soren Kjaergaard, con Ben Street al basso e Andrew Cyrille alla batteria. L’intera domenica,

dal pomeriggio alla notte, sarà della Scuola di Musica Thelonious che festeggia quest’anno il ventennale.

Dal 2 di marzo inizieranno le prevendite, con prezzi di biglietti e abbonamenti inalterati rispetto allo scorso anno; il circuito è quello di Greenticket, con vendita sia on-line che nei luoghi consueti, a partire dal botteghino del Teatro Comunale. Informazioni sul nuovo sito www.vicenzajazz.org, nelle pagine istituzionali www.comune. vicenza.it , su www.myspace.com/ vicenzajazz o scrivendo a vicenzajazz@comune.vicenza.it.

| Diego Pillon e Mattia Brunello di Inutilis

L

’arte si può fruire anche “en passant”. Sullo sfondo di un momento di ristoro al bar è possibile disegnare una costellazione di spunti estetici, raggiungendo, in modo discreto, un pubblico che non necessariamente frequenta l’arte, ma ama farsi sorprendere.

In un luogo apparentemente non consono gli artisti si espongono in un’atmosfera non più protetta, confrontandosi con variabili del tutto imprevedibili, ma che non pongono un freno al loro desiderio di esprimersi, anzi, lo sollecitano.

Ed è così che il gruppo artistico Capannus, composto da Manuel Baldini, Pietro Scarso e Fabio Ferrando, ha organizzato Entrata di Emergenza, una panoramica poliedrica sulle forme dell’arte contemporanea locale, al Bar Sartea di Corso SS. Felice e Fortunato.

Dalla loro dichiarazione di intenti: “L’artista dalle nostre parti

Strauss, quando

la musica fa Quaranta

Al teatro Comunale l’oboista milanese Francesco Quaranta si esibisce in un concerto dedicato al grande compositore tedesco Una serata all’insegna di Richard Strauss e dell’oboe “magico” di Francesco Quaranta. I protagonisti del concerto in programma il 13 febbraio (ore 21) al teatro Comunale saranno infatti il compositore tedesco, che il critico Giacomo Manzoni ha definito “il rappresentante più perfetto della società borghese di fine ‘800”, e il musicista milanese che dal 2006 è Oboe principale dell’orchestra I pomeriggi musicali di Milano, e che per l’occasione suonerà insieme all’Orchestra del Teatro Olimpico.

Strauss aveva un orecchio musicale eccezionale, e un fiuto altrettanto straordinario per il successo. Intuendo i gusti del pubblico con la precisione di un rabdomante, era infatti in grado di disporre tempi, interpreti e luoghi per le sue prime esecuzioni con la stessa sicurezza con cui

sapeva prevedere l’effetto delle sue orchestrazioni, redatte senza ripensamenti e rigorosamente a tavolino. Il concerto del 13 febbraio propone due significative composizioni del noto musicista tedesco, sempre fedele a sé stesso e in sintonia con la società in cui vive, mai animato da intenzioni rivoluzionarie o innovative: il Concerto per oboe e piccola orchestra in re maggiore e la suite Il Borghese gentiluomo op. 60.

Il Concerto appartiene all’ultima fase creativa di Strauss, concepito per un clima intimo, cameristico, essenziale. Scritto nel 1945, utilizza un linguaggio classico e misurato, lontano dai grandi poemi sinfonici e dalle opere teatrali che hanno reso famoso il compositore.

Più travagliata e complessa la genesi del secondo brano in programma. Composto originalmente nel 1912 come intermezzo

musicale dell’Arianna a Nasso, il Borghese gentiluomo acquista forma e vita propria nel 1918, dopo alcuni rimaneggiamenti, quando Strauss decide di ricavarne una suite orchestrale indipendente, apportando alcune modifiche alle musiche di scena già scritte per l’Arianna e riprendendo il testo originale dell’omonima opera di Molière riadattato da Hofmannstahl. Caratterizzano la suite nove brani, di cui tre sono veri gioielli compositivi: il minuetto, la corrente e la sarabanda. E’ un aneddoto a raccontare l’amore di Strauss per l’immortale borghese: nel maggio 1949 al Gärtnerplatztheater di Monaco si dava il Borghese gentiluomo e Strauss, ormai debole e malato, non volle assolutamente perderselo. Fu l’ultimo spettacolo cui poté assistere, il suo vero congedo dall’amato mondo del teatro.

spesso prova un senso di profonda solitudine nonostante, almeno in apparenza, vi siano a disposizione alcune vie di fuga... è per questo che sentiamo l’esigenza di mettere a disposizione una possibile “entrata d’emergenza”, consci che il territorio è, nonostante tutto, ricco di realtà artisticamente degne di nota che, a volte, è interessante mettere in relazione”.

L’occasione di sfruttare ancora una volta il Bar Sartea come luogo di incontro culturale è allora per domenica 21 febbraio dalle ore 18.00, con una serata dedicata a musica, performance ed esposizioni intrecciate tra di loro e con l’inusuale contesto. Si esibiranno alcuni dei giovani danzatori che stanno partecipando al premio Giovani Danz’autori del Veneto, in un’anteprima site-specific rispetto alla semifinale che avrà luogo al Teatro Fondamenta Nuove di Ve-

nezia il 28 febbraio alle ore 15.00.

Gli artisti adatteranno le loro coreografie alle inedite possibilità offerte dai locali dell’antica osteria. Gli avventori si faranno quindi anche spettatori di un evento pressoché unico nel suo genere, nella modalità informale dell’orario aperitivo.

L’happening multimodale proseguirà con la musica di Casa, Nova sui prati notturni, Gabriele Grotto, il teatro di Liviopacella e la performance di Inutilis, sulla scenografia delle installazioni pittoriche e scultoree di Elena Cailotto, Manuel Baldini, Pietro Scarso, NINI, Marco Rodolfo Fin e Alessandro Bedin, con i video di Fabio Ferrando e Gabriele Grotto e contrappunti musicali selezionati da DAX dj. Per informazioni: www. capannus.eu Giulia Galvan

este in maschera, musica, majorette e falò della “vecia”. Proseguono per tutto questo lungo fine settimana i festeggiamenti del carnevale organizzati in città dalle circoscrizioni. Ecco il programma dei principali appuntamenti in calendario nei quartieri.

Sabato 13 febbraio. Nella sala della circoscrizione 2, in via De Nicola, il Comune di Vicenza, in collaborazione con il gruppo Pensionati Riviera Berica, organizza la tradizionale Festa degli anziani: tornei di giochi a carte e tombola, corredati da ricchi premi riservati agli over-60, avranno inizio alle 14. Sempre alle 14, ma al parco giochi di Laghetto in via Lago d’Iseo, si terrà la Festa di carnevale con musica, sfilata di grazie all’organizzazione del cirmaschere e teatrino improvvisato colo Noi Riviera e dell’Arciragazzi a cura della Pro loco. Al Villaggio di Vicenza. del Sole i festeggiamenti di carAl Teatro Primavera di Santa Bernevale inizieranno alle 14.40 con tilla, in via Oznam, andrà invece sfilata di maschein scena alle 16 la rine accompagnate rappresentazione “Il dalla banda musicaratto di Arianna” del le e dalle majorette Teatro d’arte di Sprecon animazione per giano (Treviso): bibambini e “falò de’a glietti interi a 6 euro, vecia”.

4 i ridotti.

In cartellone Domenica 14 febbraMartedì 16 febbraio. feste io. Feste popolari per Nella sala polifunbambini e famiglie in maschera, zionale della parroca partire dalle 14 al chia di Campedello tombole Centro comunitario prenderà il via alle 15 di Madonna della e spettacoli la festa di Carnevale Pace (Stanga), dalle per i bambini, orga15 al piazzale della nizzata in collabochiesa di Bertesirazione con il locale nella e dalle 16 per i ragazzi alle comitato dei genitori della scuola Opere parrocchiali di Bertesinelprimaria. Sono previsti spettacoli la. Festa per tutti anche all’auditoe giochi di magia con Mago Magorium di S. Croce Bigolina (strada ne, sfilata di mascherine, giochi, del Tormeno) a partire dalle 15, musica e dolci in quantità.

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182 del13 febbraio 2010 pag16

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Il Piazzale del perfetto kebab Economici, veloci, gustosi e dal fascino esotico Sul blog piazzaledelpesce.com uno staff di giovani buongustai recensisce i venditori di kebab e falafel di tutta la città Con criteri degni del Gambero Rosso

182 del13 febbraio 2010 pag17

numero

Amori e disastri un puzzle invisibile

Questa commedia australiana del 2005 è passata praticamente inosservata nelle sale italiane Eppure offre una bella galleria di personaggi che si intrecciano in bilico costante tra la vita e la morte

Gli appuntamenti

di Francesca Danda

I

l kebab perfetto? Pane fresco, salse artigianali, verdure assortite e carne poco unta, meglio se dal sapore delicato. A raccomandarlo non è uno qualunque, ma il portavoce de “Il Piazzale del Pesce”. Che a molti potrebbe non dire un granché, ma per gli internauti vicentini è sinonimo di blog tra il serio e il faceto sulle occasioni di svago a Vicenza. Prevalentemente musica, cinema e satira, tra cui brilla però una curiosa e seguitissima rubrica dedicata ai kebabbari della città, recensiti settimanalmente (e secondo parametri degni del Gambero Rosso) da uno staff di giovani buongustai: Claudio, Martino, Marco, Tommaso ed Emanuele, tutti studenti tra i 22 ed i 25 anni.

I cinque, per ragioni “professionali”, preferiscono mantenere l’anonimato: «Frequentiamo abitualmente molti locali perché il kebab ci piace, ma non sveliamo la collaterale attività “giornalistica” per non falsare il rapporto coi gestori…» confessa Emanuele. Che assieme ai suoi compari l’estate scorsa si è inventato di unire il gustoso al dilettevole, riversando on line pareri e giudizi “esperti” sul

nuovo oggetto del piacere mordie-fuggi dei vicentini. Il kebab, new entry della ristorazione cittadina assieme al cugino vegetariano falafel: economico, nutriente, veloce e dal fascino esotico. Che nel giro di pochi anni ha soppiantato le tradizionali pizze al taglio ed ora promette di dare una spallata anche ai celebri panini onti.

Quelli del Piazzale lo sanno bene, dati alla mano: «Abbiamo realizzato una piantina di Vicenza segnalando l’ubicazione dei vari kebabbari: solo in centro città ce ne sono una ventina». All’inizio fenomeno sporadico e riservato agli stomaci stranieri, oggi infatti il kebab fa parte della nostre abitudini culinarie (eccezion fatta per chi ha remore di tipo ideologico-patriottico, e per chi è a dieta): a qualsiasi ora del giorno e della notte nei vari esercizi gestiti da nordafricani, mediorientali e turchi si incontrano vicentini di tutte le età, anche se la fascia giovane, più aperta alle sperimentazioni, prevale.

«Una volta assaggiato il kebab non si torna indietro» afferma entusiasta Emanuele. «Anche perché, se si ha fortuna, si incontrano personaggi che hanno molto da raccontare: una piccola finestra sul mondo». Non a caso “Piazzale del Pesce” rimanda ad un luogo di scambio con Paesi lontani.

Spinti quindi da un costruttivo

flickr.com/the bbp

sabato 13 2 PIGEONS Nuovo Bar Astra - contrà Barche 14, ore 19 Concerto aperitivo - musica elettronica sperimentale da Milano Free entry

mix di gola e curiosità, i 5 novelli critici gastronomici hanno messo in piedi la loro personale mappatura dei kebabbari vicentini, con un metodo a dir poco “scientifico”: «Ci muoviamo in gruppo, consumiamo il kebab in loco e poi ci confrontiamo su 5 classi di giudizio: qualità, rapporto quantità/prezzo, accoglienza degli interni, praticità degli esterni e extra (varietà del menu, bevande, ecc..). Dopodichè applichiamo una formula matematica (da loro elaborata, ndr) da cui scaturisce il voto complessivo». Non scherzano mica, insomma! Ci pare quindi utile riportare qualche prezioso consiglio. In cima alla classifica troviamo “Al Quds”, palestinese di corso S. Felice maestro del falafel, con tanto di melanzane e salse fatte in casa. Seguito a ruota dai due locali di corso Padova, “Royal Kebab” per la bontà delle pizze kebab (eh sì, esistono anche quelle) e “Giorgia” per il pane artigianale, oltre che per lo spasso di conversare con Elio, il gestore marsigliese. Senza dimenticare il “Best Kebab” di viale Milano, vero rifugio per famiglie: pulizia, gentilezza del personale e prezzi contenuti. Se il vostro kebabbaro di fiducia non è tra questi, potete andare a curiosare su www.piazzaledelpesce.com.

sabato 13 TRIBOSSA Enoteca della Malvasia - contra’ delle Morette 1, ore 19.30 Concerto aperitivo - musica bossanova con Sabrina Turri (voce), Lele Sartori (chitarra), Massimo Tuzza (percussioni) Free entry sabato 13 OVERDRIVE Sabotage Bar - viale dell’Industria 12, ore 22 Concerto hard rock per ripercorrere i miti degli anni ’70 e ‘80 Free entry sabato 13 OSTERIA POPOLARE BERICA CSC Centro Stabile di Cultura via Val Leogra (San Vito di Leguzzano), ore 22.30 Concerto combat folk rock di presentazione del nuovo album “Il ritorno dei Lanzichenecchi”, a seguire a seguire Dj Killer rock´n´roll, surf, wave, electro Riservato soci CSC domenica 14 MICHELE PRONTERA Enoteca della Malvasia - contra’ delle Morette 1, ore 19.30 Concerto aperitivo e dopocena al pianoforte per tutti gli innamorati…

Free entry domenica 14 VIC DU MONTE’S PERSONA NON GRATA + THE FORTY MOOSTACHY Sabotage Bar - viale dell’Industria 12, ore 22 Concerto tra hard rock e acid psychedelic blues + concerto stoner rock Ticket (5,00 euro) martedì 16 LEVON VINCENT Bar Sartea - corso Ss. Felice e Fortunato 362, ore 22

Jazz not Dead Festival - musica elettronica col famoso top dj e producer Free entry mercoledì 17 GROOVY SPRITZ Il Borsa Caffè - piazza dei Signori 26, ore 19 Concerto aperitivo - Helmut djset: jazz soul funk latin Free entry mercoledì 10 FRANCESCO DIODATI Panic Jazz Club - piazza degli Scacchi (Marostica), ore 22 Concerto jazz con Francesco Diodati (chitarra), Francesco Bigoni (sax tenore), Francesco Ponticelli (contrabbasso) e Ermanno Baron (batteria) Free entry venerdì 19 MARCHIO’S Nuovo Bar Astra - contrà Barche 14, ore 19 Concerto aperitivo - musica rock da Udine, a seguire Dj Molestia Free entry venerdì 19 VALINCANTA’ Sede Gruppo Incontriamoci di San Pio X - via Giurato 14, ore 20.30 Concerto folk dialettale Free entry venerdì 19 OUTAGRASS BLUEGRASS BAND Equobar - strada marosticana 350, ore 21.30 Concerto country bluegrass Free entry venerdì 19 MY HEAD FOR A GOLDFISH Bar Sartea - corso Ss. Felice e Fortunato 362, ore 22 Concerto indie rock sperimentale Free entry venerdì 19 CHANO Osteria Miles Davis - strada di Polegge 114, ore 22 Concerto acustico tra canzone e poesia Free entry

di Giuliano Corà

P

oiché le sale cinematografiche traboccano dei bacini di Muccino o delle pagliacciate di un cabarettista che si crede regista e attore, ‘consoliamoci’ con questo bel film australiano di cinque (5) anni fa, ovviamente invisibile in sala, che dimostra come, ad aver qualcosa da dire, e qualcosa di veramente importante, anche la ‘commedia’ - chiamiamola così - può esser praticata con intelligenza, producendo storie belle, commoventi e perfino divertenti.

Meryl è una disegnatrice frustrata (“Odio il mio lavoro”), che tut-

Sul comodino

tavia crea, probabilmente senza accorgersene, illustrazioni bellissime (tutte di mano della regista, ex autrice di corti animati, qui alla sua opera prima), ricche di pathos e fantasia. Ha appena ‘scoperto’ la morte, quella del padre, e tornando a casa non può fare a meno di “vedere la morte in tutti quelli che incontra”, in visioni ossessive e fantastiche che le si presentano all’improvviso (Michel Gondry ha fatto scuola fin là?!). Del resto, proprio nelle stesse ore, un terribile incidente ferroviario ha causato decine di vittime: radio, giornali e tv non parlano d’altro, e il suo stesso treno, dopo che lei è scesa, travolgerà un uomo che abita lungo la linea. Nick è un fotoreporter, che la morte è abituato a ritrar-

la, ma ora deve fare i conti, forse, con la propria: gli è appena stato diagnosticato un cancro, e in attesa di saperne di più cerca molto semplicemente e umanamente di ‘adattarsi all’idea’. Andy lavora nella stessa redazione di Nick, è divorziato, ha un rapporto disastrato con la ex moglie e coi figli, ma non trova il coraggio di accettare l’amore e soprattutto la nuova maternità di Maria, la sua nuova compagna. Phil è il caporedattore del giornale, marito e padre affettuoso ma distratto, che non ricorda gli anni e il compleanno della figlia. E poi il macchinista del treno che ha investito l’uomo, affogato in un’esistenza familiare spenta e senza affetti; e la moglie dell’uomo ucciso, impotente di fronte ad un evento sen-

za perché... Tutta una galleria di personaggi - alcuni predominanti, ma tutti importanti: anche, e non solo, per la costruzione del discorso di fondo - che sembrano pezzi di un unico puzzle avente come tema la morte e la vita: l’imprevedibilità della morte, la semplice bellezza ed essenzialità della vita, la sua ‘impermanenza’, la drammatica essenzialità degli affetti familiari. Il puro e semplice, banalissimo, ‘volersi bene’, è forse l’unica soluzione a un problema diversamente irresolubile, che altrimenti ci lascia come uccelli in balia del vento (immagine ricorrente ossessivamente nel film). Lo sciogliersi e il ricomporsi delle vicende di tutti non è un banale happy end, bensì quasi un invito affettuoso che la regista fa

La seconda prova del prof di latino

È uscito il secondo romanzo di Giovanni Ricciardi, insegnante di materie letterarie in un liceo romano “Ci saranno altre voci” ha l’andatura sorniona del suo protagonista, il commissario Ponzetti

di Giovanni Magalotti

G

ai suoi personaggi - e agli spettatori - a riscoprire l’essenzialità e la basilarità dell’amore, in tutti i sensi in cui questa parola può essere declinata. La tenerezza muta con cui Phil guarda la bambina scartare i regali di compleanno è uno dei momenti più intensi del film, così come la pioggia che bagna tutti quanti è - vorremmo dire, se non è azzardato - le lacrimae rerum di un’esistenza che osserva con affettuosa malinconia l’agitarsi degli uomini nel loro inesauribile bisogno d’amore. Watt racconta con semplicità e perfino con realismo, servendosi, oltre che delle sue fantastiche animazioni, di una fotografia semplice e pulita.

AMORI E DISASTRI, S. Watt, Australia, 2005.

iovanni Ricciardi insegna Greco e Latino in un liceo di Roma. Con “Ci saranno altre voci” è alla sua seconda prova narrativa; la prima, “I gatti lo sapranno”, era stata pubblicata sempre dall’editore Fazi nel 2008. Anche in questo romanzo protagonista è il commissario Ottavio Ponzetti, stavolta sulle tracce di un professore di liceo misteriosamente

scomparso. Ponzetti, che è stato da poco trasferito dal meno nobile quartiere Esquilino, di Roma, ai più rinomati Parioli, si trova a dover fare i conti con un nuovo ambiente, ma soprattutto con tre donne: una giovane ed attraente studentessa di nome Ginevra, la madre di questa, e la vicepreside.

Tre persone le cui dichiarazioni potrebbero rivelarsi decisive per capire dove sia finito il professore.

Intanto sono imminenti le elezioni per il nuovo sindaco della capitale e il commissario deve pure sorbirsi le paturnie elettorali del

suo ex collega Iannotta.

“Ci saranno altre voci” ha l’andatura sorniona del suo protagonista: sembra indugiare in dettagli poco importanti, pare attardarsi in divagazioni non decisive, per poi uscirsene con intuizioni felici ma quasi estemporanee. Probabilmente al suo autore, che possiede un certo gusto per il bozzetto ironico, interessa più dell’intreccio la descrizione di un “popolino” sempre vivo e sorprendente, i cui vizi e virtù sono ritratti con indubbio compiacimento (si pensi ai famigliari del commissario e

alle loro beghe personali; o agli sproloqui in romanesco stretto del fido Iannotta). E se nel finale, al momento di sbrogliare la matassa, il romanzo affolla un po’ troppe sorprese per risultare del tutto convincente, è altrettanto vero che il suo “senso” e insieme il suo fascino stanno probabilmente nelle maglie larghe dell’intreccio e dei personaggi, anche secondari, che le affollano.

Giovanni Ricciardi, Ci saranno altre voci, Fazi, 222 pp., € 16.00

182 del13 febbraio 2010 pag18

sport

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182 del13 febbraio 2010 pag19

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Cosa c’è dietro il telefonino postale

Vancouver

Tecnologia

sport

Risparmi personali, strategie aziendali

La nuova corsa all’oro

flickr.com/zac mc

Poste Italiane sono entrate nel mercato della telefonia mobile con una tariffa chiara e accessibile a tutti E con una prospettiva di lungo periodo: diventare leader nelle piccole transazioni di denaro

flickr.com/janusz l

tecnologia

Lorenzo Culpo, trissinese immigrato nella Hollywood del Nord, racconta l’attesa della metropoli canadese per le Olimpiadi invernali iniziate ieri Tra gli azzurri in gara anche due ragazzi dell’Altopiano, Enrico Fabris e Luca Stefani

guru dell’hi-tech a tutti costi aborriranno, ma in Italia ci sono ancora tantissime persone che usano il cellulare poco, solo per telefonare o mandare qualche messaggio quando serve. Si tratta di persone, prima che di consumatori, che badano al sodo. E che quando gli operatori telefonici cominciano ad articolare le loro offerte con piani differenziati, scatti alla risposta, pacchi di MMS e altre cose del genere storcono il naso. Perché di riffa o di raffa, anche se magari piccolino, il pacco arriva. Pacco che non si configura come qualcosa di illecito sia chiaro, ma come qualcosa di sgradito quanto inaspettato. Un codicillo letto male, una clausola non considerata e la tariffa fastidiosa è servita.

L’alternativa C’è però un operatore che in qualche modo deve aver fiutato questo malessere (e con esso l’affare). Da diversi mesi infatti Poste Italiane è presente sul mercato dei gestori della fonìa cellulare col marchio

La tariffa e le ricariche Tant’è che tra le tariffe che hanno avuto più successo si è fatta strada “Con tutti”, un piano ricaricabile senza spese aggiuntive che prevede un costo 16 centesimi di euro verso tutti gli operatori nazionali, fissi e mobili, nonché una tariffa di 12 centesimi di euro per ogni sms inviato. Ad essere pignoli l’opzione non è propriamente una “paghi i secondi che parli”. Un piccolo esempio spiega i termini del conteggio. Una conversazione da uno a 30 secondi viene pagata 8 centesimi. Una conversazione da 30 a 60 secondi viene pagata 16 centesimi. Una da un minuto e 1 secondo fino ad un minuto e trenta viene pagata 16 centesimi più 8 (ovvero 24 centesimi) e via via con uno schema molto comune nel settore denominato dallo stesso operatore come «tariffazione a scatti anticipati con durata degli scatti di 30 secondi». In soldoni quando si telefona con questa opzione è conveniente parlare i

La strategia In questo contesto Poste Mobile ha scelto di non integrare completamente i servizi di terza generazione (connessioni Umts, navigazione sul web tramite la banda larga cellulare). Per cui chi utilizza il telefonino per girovagare sul web troverà da un’altra parte ciò che gli interessa. Ma sul lungo periodo la partita giocata da Poste guarda ben più lontano. Al telefonino che opera con Postemo-

bile è possibile associare un conto corrente di Poste Italiane (che ha la doppia valenza di un conto bancario e uno postale) oppure Postepay, la regina italiana delle carte di credito ricaricabili. Questo ovviamente significa che il cellulare può essere ricaricato anche andando a pescare sul proprio conto Bancoposta o nel borsellino della Postepay associata.

Contanti addio?

E c’è molto di più. Col telefonino si possono pagare le bollette, come quella del telefono, dell’acqua, del gas, della luce e via dicendo.

Ugualmente è possibile accreditare da una Postepay associata ad un telefonino ad un’altra una certa quantità di denaro. Insomma un vero e proprio pagamento telematico (www.postemobile.it).

In questa prospettiva Poste Italiane potrebbe in un futuro non troppo lontano diventare il dominus delle piccole transazioni.

Ancora oggi pane, latte, giornali, posteggi, il caffè al bar, si pagano in contanti perché Bancomat e affini sono sorretti da procedure operative complicate le quali chiedono peraltro commissioni alte. Se invece saranno in tanti a possedere un telefonino associato ad un circuito compatibile con

di Paolo Mutterle

A

quello postale, allora i pagamenti da cellulare a cellulare o da cellulare a negozio (che può a sua volta usare un cellulare che di fatto si affianca al registratore di cassa) potrebbero prendere quota. Una comodità per molti consumatori, un business per chi saprà coglierne le potenzialità.

Vancouver un abitante su due parla una prima lingua diversa dall'inglese. Oltre a “Hollywood del Nord” (solo a Los Angeles e a New York si producono più film che qui) è soprannominata anche “Hong Couver”, dato che nella terza metropoli del Canada si sono trasferiti moltissimi cinesi di Hong Kong. Il livello di integrazione è tra i più alti al mondo e questo contribuisce, assieme ai salari elevati e alla criminalità quasi assente, a inserire la città di Pamela Anderson e Michael Bublé nei primissimi posti in tutte le classifiche globali sulla qualità della vita.

Lucky Vancouver Tra le sessantotto etnie di immigrati presenti non potevano mancare gli italiani. In Canada i discendenti di nostri connazionali sono più di un milione; 30 mila canucks di origine italiana vivono nella sola area metropolitana di Vancouver, che già nel 1910 aveva la sua Little Italy, conseguenza della prima ondata migratoria di inizio secolo. Nel secondo dopoguerra ne seguì un'altra, tra il 1950 e il 1970, che portò nella Bri-

tish Columbia anche numerosi vicentini. In fuga da condizioni disagiate, nonostante la bella favola del miracolo economico. “Siamo venuti via da Trissino nel 1967 per avere una vita migliore” racconta Lorenzo Culpo, che oggi parla soprattutto inglese e dialetto veneto. E ci è riuscito: per 38 anni ha lavorato come caposquadra in una grande azienda pubblica nel settore delle costruzioni di condutture per l'acqua. Oggi si gode la pensione assieme ai figli e ai nipoti cresciuti in Canada, all'ombra di Golden Ears Mountain. E a tornare in Italia non ci pensa proprio. “Solo per visitare i parenti”.

Si sta bene sulla costa del Pacifico, anche grazie a un termometro che raramente va sopra i 30 gradi in estate e sotto lo zero d'inverno.

E pazienza se a Vancouver you take sunglasses and an umbrella when you go out, come recita un detto popolare da queste parti: la gente sopporta volentieri anche le frequenti e imprevedibili piogge, in cambio di un clima mite che è l'esatto contrario dello stereotipo canadese di gelo e neve.

Canada in ansia Proprio le recenti piogge hanno fatto tremare gli organizzatori dei Giochi. E se continuasse per due settimane? si chiedono beffardamente nella lontana (e

rivale) Toronto. Sono stati giorni di ansia per un'intera nazione: tutto era pronto, mancava solo la neve, portata con i camion sugli impianti di Cypress Mountain, dove si svolgeranno le gare di freestyle e di snowboard. Le cose vanno decisamente meglio a Whistler, 125 chilometri a nord di Vancouver, sede designata per lo sci alpino: la coltre bianca qui è presente in abbondanza. Nella metropoli l'attesa per la cerimonia di inaugurazione è stata frenetica. Lo testimonia anche lo slogan scelto per i XXI Giochi invernali: with glowing hearts, con i cuori ardenti. “Sono molto, molto emozionato - confida Culpo - Questi giochi hanno portato un grande senso di energia. È entusiasmante che la nostra città sia stata scelta dopo aver vinto una concorrenza mondiale”. E pensare che dopo la scrematura iniziale (eliminate la cinese Harbin e le europee Andorra, Berna, Jaca e Sarajevo), nella prima votazione la coreana PyeongChang con 51 voti sembrava strafavorita rispetto a Vancouver (40) e a Salisburgo (16). Scartata anche la città di Mozart, nel ballottaggio le preferenze si sono riversate in massa sul Canada, che con 56 voti a 53 è tornato così a ospitare le Olimpiadi dopo quelle di Montreal '76 e Calgary '88.

flickr.com/janusz l

I

minuti interi, altrimenti si lasciano nelle tasche dell’operatore gli otto centesimi del mezzo minuto o meno non adoperato.

Poca cosa tutto sommato rispetto a molte proposte assai più opache della concorrenza. In realtà la possibilità del risparmio non sta tanto negli otto centesimi che vanno o vengono quanto nel fatto che la tariffa si presenta chiara, lineare e potenzialmente assai facile da tenere sotto controllo.

Quanto alle ricariche poi si possono effettuare in tutti gli uffici postali, presso i Bancomat postali (i Postamat) presso i punti autorizzati (bar, ricevitorie, tabaccai, giornalai, sale gioco, cartolerie, sono tantissimi) e connessi con reti compatibili come quelle di Sisal e Lottomatica.

flickr.com/racchio

di Marco Milioni

di Postemobile. Le poste, una spa controllata in toto dallo Stato, in realtà non hanno ripetitori di proprietà ma prendono in affitto le strutture dedicate di Vodafone, cui ovviamente corrispondono un congruo canone.

Pro e contro Anche per l'entusiasta trissinese della West Coast c'è però qualche perplessità. “Ci sono stati e ci saranno dei problemi di over spending e over budgeting, e siccome i soldi usati sono quelli dei contribuenti non siamo certo felici se i conti saranno in rosso. Dopo i Giochi il villaggio olimpico doveva essere utilizzato per fornire abitazioni a basso costo, ma adesso che è finito il budget le case non saranno più vendute low cost e sono sicuro che molti saranno delusi per questo. Speriamo che le entrate possano pareggiare i soldi spesi; almeno per il turismo ci saranno di sicuro dei grossi benefici. E in più molti impianti sportivi e nuove strutture che potremo usare. Fastidi? La chiusura di alcune strade e la mancanza di parcheggi, ma sono disagi temporanei che si possono sopportare”.

Nel complesso quindi Olimpiadi promosse. “Certo. E ora faccio il tifo per Venezia 2020, sicuramente sarebbe un evento positivo per tutta l'Italia”.

Italia vs Canada A proposito di tifo, ecco i programmi di Mr. Culpo per le prossime settimane. “Seguirò le gare principalmente in tv; nei giorni scorsi però ho visto dal vivo il percorso della torcia olimpica attra-

verso la città. Abitando da tempo in Canada farò il tifo per gli atleti di casa, ma guardo sempre con interesse e simpatia gli italiani.

In particolare i vicentini Enrico Fabris e Luca Stefani, spero che facciano bene!”.

Secondo gli esperti le piste poco ghiacciate non aiuteranno gli azzurri e sarà difficile ripetere i fasti di Torino 2006. I due pattinatori saranno in gara già oggi nei 5000 metri. Ma il giorno da segnare sul calendario è il 26 febbraio, quando nella prova a squadre assieme a Matteo Anesi saranno in pista contemporaneamente i due ragazzi del nostro Altopiano, il roanese Fabris e l'asiaghese Stefani.

La corsa all'oro Pare che i primi italiani siano arrivati da queste parti nel 1850 in cerca di un metallo prezioso e dorato lungo il Fraser River. Lo ha scritto anche Anna Maria Zampieri, giornalista emigrata che ha diretto l'Eco d'Italia (il principale settimanale in lingua italiana della costa ovest) e figlia di quel Giuseppe sindaco di Vicenza nel dopoguerra. Nei prossimi giorni sapremo se la Lucky Vancouver, che ha già fatto la fortuna di Lorenzo Culpo e di molti altri vicentini, porterà bene anche alla nuova corsa all'oro di Enrico Fabris e Luca Stefani.

| Da sinistra, Matteo Anesi con i due poliziotti vicentini, Enrico Fabris e Luca Stefani.

Il countdown olimpico di Vancouver e Lorenzo Culpo davanti a Golden Ears Mountain

sport

182 del13 febbraio 2010 pag20

Valbrenta: un nuovo nome per una vecchia passione

| Atlete del Valbrenta in gita sul ghiaccio e al Park Volley

di Alida Pretto

I

l Volley Valbrenta non ha neanche un anno di vita: la fondazione della società, infatti, risale al giugno del 2009 e sono una sessantina i tesserati per quella che è la prima stagione sportiva.

In Valstagna, però, la pallavolo non è una novità, visto che il Valbrenta ha raccolto l’eredità

del Gruppo Sportivo San Nazario - che nonostante il nome ha sempre lavorato nel comune confinante - nato nel 1980 per far fronte al desiderio delle ragazze di poter praticare la pallavolo nella propria vallata. Con l’elezione del nuovo direttivo, si è deciso di mettere fine ad un’era e di iniziare una nuova avventura, la cui direzione è stata affidata al presidente Carlo Signor, coadiuvato da Gianfranco Smaniotto.

Direttivo e staff tecnico com-

prendono la quasi totalità dei maggiorenni della società, visto che la massima squadra è costituita dalla formazione under 18, che dopo le difficoltà riscontrate nella prima parte di stagione si prepara al torneo Città di Vicenza con l’obiettivo di migliorare partita dopo partita. La squadra è allenata da Simone Mocellin, allenatore anche dell’under 13, direttore sportivo responsabile del settore giovanile ed addetto stampa del Volley Valbrenta.

Mocellin è entrato a far parte

La neonata società ha raccolto l’eredità del Gruppo Sportivo San Nazario Per i “ritiri” sceglie Bibione in estate e il Palaghiaccio di Feltre in inverno

del mondo pallavolistico più di quindici anni fa nell’allora S. Nazario. Ha iniziato come segnapunti, poi è passato ad allenare il mini volley e dopo aver fatto i vari corsi per allenatori ha iniziato strada facendo a sostituire gli altri tecnici della società fino ad arrivare ad allenare tutte le squadre della società. Quest’anno allena anche la terza divisione della Polisportivava S. Croce PSC, mentre il settore minivolley e giocovolley del Valbrenta sono stati affidati a Annarita

Penzo e Dimitri Gheno.

La politica è quella di far giocare il più possibile tutte le ragazze per promuovere l’aggregazione e lo spirito di gruppo, motivo per il quale si cercherà di ripetere le esperienze fatte dalla vecchia società e che prevedono dei momenti di “ritiro” a Bibione (per il Park Volley, per il Beach & Ball o semplicemente per stare una settimana insieme unendo l’utile al dilettevole) e giornate di svago in compagnia, come quelle organizzate al Palaghiaccio di Feltre.

Noventa si gode il primato Altavilla, non è mai troppo tardi Ipag Verde Bio al comando con un punto su Codognè e due su Porcia L’Inglesina si riscatta con due vittorie di fila e torna a sperare nella salvezza

G

iornata positiva per le vicentine di serie B2. L’ultimo turno ha fatto segnare quattro vittorie su cinque, con la sola Novello Fidas sconfitta in casa dal Polesella. Domata fuori casa un’ostico Villorba e sfruttato il passo falso interno del Porcia con il Vispa Saonara, l’Ipag Verde Bio Noventa Vicentina (42 punti) si gode il primato solitario con un punto di vantaggio sulla Spacciocchial Vision Codognè (41) e due sulle friulane, mentre mette in cascina un vantaggio di ben cinque lunghezze sulle quarte. Appena fuori dai play off per il momento ci sono l’Amat Micromeccanica Padova (37), che ha perso in casa 2-3 dal Cormons (22), e le Sorelle Ramonda Montecchio (37) vittoriose ma per 2-3 a Padova con il Policart Juvenilia.

Insegue più staccato il Gps San Vito (25), che non può dirsi tranquillo visti i tre soli punti di vantaggio sul quintultimo posto occupato dalle goriziane del Cor-

mons. E attenzione perché stasera al palasport di via Mons. Snichelotto arriva una squadra affamata di punti come la baby Novello Fidas (19), in un derby che come gli anni scorsi promette scintille.

Chi sembra essersi svegliata dopo un lungo torpore è l’Inglesina Altavilla (6). A secco per le prime sedici giornate, con l’arrivo del nuovo sponsor sono arrivate le prime e finora uniche due vittorie contro Polesella e Stra. Al termine della stagione mancano ancora molte partite, ben 12; la salvezza non è impossibile ma le ragazzedi Sergio Golfrè dovranno pedalare forte da qui a fine stagione per riuscire a superare almeno cinque squadre e portarsi fuori dalla zona retrocessione.

Qui Noventa. Stasera alle 20.30 l’Ipag Verde Bio Noventa Vicentina tornerà davanti al suo pubblico per sfidare il pericolante Policart Padova ma, visto l’equilibrio del campionato e l’incertezza di tutte le partite, dovrà giocare con

la massima grinta e concentrazione per non sprecare i risultati del week end scorso, continuare a lottare per rimanere nella zona alta della classifica e per sognare di festeggiare al meglio i primi 40 anni di storia pallavolistica scritti nel Basso Vicentino.

“La partita di stasera - ricorda Lisa Gastaldello autrice sabato di 10 punti - è stata una guerra, come testimonia il punteggio dell’ultimo set al cardiopalma.

Sapevamo che sarebbe stata una partita molto dura, anche perché il Marchiol nelle ultime due giornate ha dato dimostrazione di essere una squadra con fortissime potenzialità. Siamo state contentissime di portare a casa due punti preziosi per la classifica, che ci permettono di mantenere il primato. Ma siamo tutte coscienti del fatto che è ancora molto lungo il girone di ritorno e ogni occasione è da sfruttare, compresa la partita con Padova, un’altra

squadra che all’andata ci ha dato del filo da torcere.

Ricordo che è molto buona in difesa e che non molla su nessun tipo di pallone”.

Atletica

182 del13 febbraio 2010 pag21

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Quelli che... sognano Londra 2012 Foto Colombo Fidal

Pallavolo / Fipav

Pallavolo / B2

sport

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| Da sinistra in senso orario: Elena Vallortigara, Michael Tumi, Stefano Tedesco, il trio cassolese Eros Chemello - Laura Strati - Rocco Strati, il triplista [AV] Alessandro Berto

In pista e in pedana nel fine settimana i migliori talenti vicentini dell’atletica Ad Ancona la 35^ edizione dei Giovanili indoor, riservati a Promesse, Juniores e Allievi

di Giancarlo Marchetto

M

ai come in questa edizione la partecipazione vicentina ai tricolori giovanili (dalle Promesse agli Allievi) è stata così qualificata sia sul piano tecnico che su quello numerico. Per il titolo, il primo della stagione, saranno in pista nel pala indoor di Ancona oggi e domani non meno di 30 atleti berici, alcuni dei quali partono già con il tricolore in tasca e guardano soprattutto al risultato tecnico con cui faranno proprio un titolo già scritto. È il caso di Elena Vallortigara (Assindustria Padova) che in questa stagione ha già messo in bacheca il titolo juniores nelle prove multiple e mira ora a quello del salto in alto, con l’obiettivo dichiarato di cambiare... decina. Già, perché sulla pedana di Ancona non più tardi di qualche settimana fa la 18enne scledense ha saltato l’asticella a m 1,87.e ora proverà a varcare quota 1,90. La junior seguita dall’ex eptathleta Silvia Dalla Piana ha già un motivo per essere felice, visto che in settimana è stata inserita dalla federazione tra i 14 talenti italiani in vista dei Giochi di Londra 2012. Il suo comunque non sarà un compito facile, perché la lombarda Vitobello quest’anno ha saltato m. 1,86. La Vallortigara poi cercherà di ben figurare an-

che nel salto in lungo.

All’esordio nell’alto tra le juniores ci sarà anche la rossanese Lisa Guidolin (Libertas Sanp Padova), lo scorso anno tricolore allieve proprio delle prove multiple. Il bis tutto vicentino nell’alto juniores (come è successo anche negli allievi all’aperto) è probabile, perché al maschile l’altro scledense Giuseppe Carollo (Fiamme Oro Padova) si presenta con un record stagionale di m 2,12, nettamente il migliore del lotto dei partecipanti.

Carollo più che per il titolo freme perché è convinto di valere misure prossime ai 2,20 m, e lo vuol far vedere quanto prima. In gara anche il rosatese Andrea Bizzotto (Biotekna Marcon), altro specialista delle prove multiple.

Ad Ancona il settore velocità di marca vicentina si presenta ambizioso come non mai. Negli allievi Alessandro Pino (AV) è il solo a esser sceso sotto i sette secondi con un 6”95 che gli vale quasi la partecipazione ai tricolori assoluti. Negli juniores, sempre sui 60 piani, c’è Paolo Albanello (AV) altro sprinter da finale e tra le promesse va a caccia del podio Michael Tumi (AV). In campo femminile va fortissimo Laura Strati (AV), in gara tra le promesse. Ma la poliedrica atleta uscita dal vivaio del Marconi Cassola, ha ottime chance nel salto in lungo in cui vanta la miglior misura di presentazione. Nei 400 piani allievi Paolo Spezzati (GAB) va

a caccia della finale cosi come, nella stessa categoria, sugli ostacoli Davide Spigarolo (GAB) e Antonio Gallo (AV). Spigarolo inoltre gioca una carta ancora più importante nel salto in alto in cui vanta un personale di 2 metri ed un altro bassanese, Andrea Geremia (GAB) vuol salire di quota nell’asta, possibilmente oltre i m 3,70. Anche nel salto in lungo la scuola vicentina fa la voce grossa con Francesco Turatello (AV) che si troverà di fronte il formidabile veneziano Pagan. È quasi certo che il titolo verrà assegnato oltre i 7 metri. Ancora un vicentino in gara per l’oro nel salto triplo: Alessandro Berto (AV) ha battuto il record regionale con m 14,15 ed è a pochi cm dal veronese Apolloni. Nei 1000 metri Michele Scolaro (AV) è campione d’Italia uscente della categoria inferiore (cadetti), ma un posto sul podio non è impossibile, mentre la finale è l’obiettivo dichiarato di Pietro Avancini (AV) e del compagno di squadra Eros Chemello (AV) nel getto del peso, disciplina nella quale la conquista del minimo potrebbe far lievitare il peso nelle mani dello junior Giovanni Dalla Vecchia (AV).

Nella categoria allievi in gara nella staffetta 4 x 200 metri il GAB con Paolo Spezzati, Nicola Pegoraro, Gianluca Carlesso e Stefano Basile. Nei 60 ostacoli titolo che non dovrebbe sfuggire al toscano Mach di Palmstein, cercano

un posto in finale Francesco Girotto (AV) e il già citato Bizzotto che doppia con il salto in alto.

Nei 400 piani promesse il bassanese Domenico Fontana, azzurro con la nuova maglia delle Fiamme Oro Padova fa il proprio esordio stagionale andando a caccia del titolo avallato da un crono soddisfacente. Ha rinunciato alla stagione al coperto l’altro vicentino, il campione d’Italia Matteo Galvan (Fiamme Gialle). Altro fuoriclasse vicentino che affronta questi tricolori con duplice obiettivo, titolo e tempo cronometrico, è Stefano Tedesco (FF.GG.), il campione d’Italia dei 110 m ostacoli che è nettamente al vertice dei tempi stagionali con 7”92. Nella stessa gara al via anche Rocco Strati (Riccardi Milano) che punta alle finale anche nel salto in lungo. Nel getto del peso infine Alberto Sortino (Riccardi Milano) è tricolore uscente e chiaramente punta alla riconferma per dedicare l’alloro al suo tecnico, recentemente scomparso, il maestro dello sport Carlo Gamberini.

Nei 60 piani femminili Gloria Bizzotto (Libertas Sanp) fa il proprio esordio nella categoria allieve al pari di Elisabetta Baggio (GAB) nei 400 metri. Nei 60 ad ostacoli Elisa Pozzobon (GAB) se la dovrà vedere con la Derkach, uno dei migliori talenti azzurri così come Alida Carli (AV) che troverà nell’alto la Trost,

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| Il tecnico dell’Inglesina Altavilla Sergio Golfrè

| Lisa Gastaldello (Foto VolleyMedia)

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nientemeno che la campionessa mondiale di categoria. Nel salto con l’asta Chiara Cappellari (GAB) parte da una già notevole quota di m 3,10. Giulia Gerolimetto (GAB), oltre agli ostacoli, va a tentare la sorte anche nei 400 metri per abbattere il muro dei 58”. La specialità degli ostacoli parla ancora vicentino grazie a Jessica Novello (Quercia Rovereto) che nelle promesse può dire la sua anche nel salto triplo. Infine si è ben difesa nei regionali di lanci lunghi all’aperto di lancio del martello, ma al palasport di Ancona Maria Vittoria Cestonaro (AV) è chiamata a dare il massimo nel getto del peso in cui dovrà ritoccare il personale per entrare in finale.

il fatto

Saldi da Sogno

Riccardo Facci nome e cognome Riccardo Facci età 40 luogo di nascita Vicenza titolo di studio Diploma Scientifico professione Creativo Fonda l’agenzia creativa Facci & Pollini a Vicenza nel ’97.

altro Papà di Olivia e marito di Alessandra Presidente Facci & Pollini Presidente Facci & Pollini Paris Direttore Creativo Facci & Pollini Milano segni particolari Nel suo portfolio spiccano lavori e campagne pubblicitarie per clienti del calibro di Chanel, Dior, Gruppo Benetton, Gruppo Riello, Regione Veneto, Presidenza del Consiglio, Take Two, Roberto Coin e molti altri.

A Vicenza ha curato l’immagine di lancio del nuovo Teatro Comunale.

Il tratto principale del mio carattere Troppo spesso in sospeso

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Da ragazzino: “Il vecchio il mare”, “Don Chisciotte” e biografie di Mozart.

I miei film preferiti “32 piccoli film su Glenn Gould”, “Un homme et une femme”, Woody Allen in genere Quel che detesto più di tutto L’arroganza e la superbia ingiustificata Il personaggio storico più ammirato Riccardo Cuor di Leone, ovviamente e quello più disprezzato Come può non essere Hitler?

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Qualcuno mi aiuti Cosa mi piace e cosa non mi piace di Vicenza La dimensione e i colori Cosa mi piace e cosa non mi piace dei vicentini Diversi gli uni dagli altri. Presi insieme... si potrebbe fare di meglio

I miei poeti preferiti Non capisco molto. Mi vengono in mente Montale e Leopardi .

Le colpe che mi ispirano maggiore indulgenza Quelle dovute ad incapacità oggettiva

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