Wisco, Perché la Regione dirà sì pag 3
Musulmani in città, reportage dal centro di Ponte Alto pag 4
De Marzi: Dal Molin, cultura dimenticata e case chiuse pag 19 n° 118 27 settembre 2008 euro 0,50 0 50
Fatti, personaggi e vita vicentina Direttore responsabile Luca Matteazzi
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Il male
oscuro Con la sua lettera di dimissioni, l’ex assessore Giglioli ha squarciato il velo su uno dei nodi irrisolti della città: l’intreccio tra politica e poteri economici Ecco cosa c’è dietro i misteri di Aim
Alta Voracità
Ciàcole
T
utto da rifare, signori: l’Alta Velocità ferroviaria non passerà a Vicenza. Nessun faraonico tunnel di ciceriana memoria. Nessun devastante buco sottoterra, per la gioia di qualche impresa locale. Nessun’anti-economica tappa in una città che non è snodo di niente e mai lo sarà. E per una ragione molto semplice: la geografia. Verona è la porta del Brennero e del Nord Europa, Padova e Venezia i punti d’accesso verso Est. Con noi vicentini, invece, la natura è stata matrigna. A seppellire certe fantasie di cartapesta è stato il presidente degli industriali berici, Roberto Zuccato. Azzerando di punto
in bianco anni e anni di campagne propagandistiche pompate dalla sua stessa associazione. Era ora che un po’ di buon senso si facesse largo fra i nostri imprenditori. Intendiamoci: Zuccato ha scoperto l’acqua calda. E cioè che sarebbe un illogico salasso, per un treno superveloce, fare una fermata lungo un tracciato che fra Verona e Padova è di appena una cinquantina di chilometri. Un costo inutile, dunque, la Tav vicentina. In realtà, se vogliamo dirla tutta, è la Tav per intero a risolversi in un immane debito, ovviamente a carico dei cittadini. Dalla fine degli anni ’80 a oggi, allo Stato italiano è costata qualcosa come 100 mi-
liardi di euro. Consumati allegramente costruendo solo una minima, ridicola parte delle tratte progettate sul territorio nazionale. E finiti in cospicua percentuale nelle tasche di un ristretto giro di grandi costruttori. Qualche tempo fa, il Financial Times ha calcolato che se si andasse avanti, i contribuenti dovrebbero sborsare altri 47 miliardi. Ma la lentezza estenuante dei lavori non lo permetterà. E sapete perché? Perché i privati guadagnano semplicemente trattenendo una quota dagli stanziamenti, senza dover muovere una sola ruspa. Ecco il grande bluff di una grande opera necessaria, sì, ma ai profitti dei soliti noti.
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