

V icen za P iù Viva
Nuova serie, n. 8 / Mensile - Giugno 2024

€ 4,00 € 3,00 con pagine
Cool | Sport | Tecno Speciale tecnologie auto
Europa, questa sconosciuta: sveliamo la sua struttura e i sondaggi finali
Omicidio Fioretto: spunta la mafia in cravatta
Banca d’Italia: spinse Veneto
Banca verso BPVi, morirono entrambe
Usura: la difesa psicologica e legale
Parise, Scapin, Pozza: Vicenza ricorda (male) i suoi intellettuali

Servizi di Ristorazione collettiva
Socio-sanitaria | Scolastica | Aziendale Commerciale | Vending
La nostra idea di ristorazione si basa sulla promozione di una corretta cultura alimentare in grado di soddisfare le esigenze di ogni persona garantendo elevati standard qualitativi e di sostenibilità
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V icen za P iù Viva
Indice
• Editoriale (Giovanni Coviello) p 5
• Cold case: l’omicidio Fior etto e l’alba della mafia in cravatta (Giulia Guidi)
• Usur a e manie di persecuzione: quando il nemico è fuori e dentro di noi (Sabrina Germi)
• Usur a e mezzi di tutela: quando, come e a chi rivolgersi (Fulvio Cavallari)
10
• Alleggerita da Tribunale del Riesame posizione di Valerio e City Green Light (Pietro Cotron) p 14
• GDS Global Display Solutions: 45 anni di innovazione e affidabilità, da Cornedo nel mondo (Giovanni Coviello) p 16
• La r elazione per la commissione parlamentare di inchiesta su sistema bancario e finanziario presieduta da Carla Ruocco (Giovanni Coviello)
• Noi boomer s La partenza per il mare (Massimo Parolin) .
• Parlamento, Consiglio, Commissione La struttura triangolare dell'UE: proviamo a conoscerla (Salvatore Borghese)
• Europee, cosa dicono i sondaggi (Salvatore Borghese)
• Medioevo Vicentino . Un territorio in 8 aree: la città (Marco Ferrero)
Parise, Scapin, Pozza e tanti altri: i grandi intellettuali vicentini sparsi (e spersi) per la città (Tommaso De Beni) p 40
• Volley, rugby, boxe, basket, padel e non solo Così il Gruppo Battistolli aiuta gli sport dilettantistici e semi-professionistici (Tommaso De Beni)
• Se lo mandi in tribuna, gode (Giulia Guidi)
Le invenzioni e le scoperte che hanno cambiato la storia: il motore a scoppio (Luca Fusaro)
• Auto d'epoca: il fascino senza tempo dei motori del passato (Jacopo Bernardini)
• Dietr o le quinte: come funziona un motore elettrico? (Clarissa Mingardi)
• Auto ibride plug-in vs full hybrid: quale scegliere e perché (Clarissa Mingardi)
• Veicoli a idrogeno: la tecnologia del domani è già qui? (Clarissa Mingardi)
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Editoriale
Il voto per un’Europa che pochi conoscono e le bellezze e i grigiori di Vicenza .
Con lo speciale tecnologie auto a soli 3 euro
Di Giovanni Covielloèfuor di dubbio che i giorni che seguiranno la pubblicazione del n. 8 di VicenzaPiù Viva saranno “occupati” dalla battaglia elettorale per le Europee, un’altra votazione che si aggiungerà alle altre (comunali, regionali, politiche, coincidenti e sfalsate nei tempi) che fanno sì che si viva in un clima da campagna elettorale permanente, che alimenta la dialettica del “promettere” a danno della politica del “fare”, perennemente interrotta e inquinata. Per giunta per le elezioni europee andremo ai seggi per votare anche chi, gran parte dei leader dei partiti, con pochissime eccezioni, tra cui quella di “Giuseppi” Conte del M5S che non inganna gli elettori col “Vota Antonio vota Antonio”, si candida ben sapendo e, anche, c’è da dirlo, dicendolo agli elettori, che, una volta trainato il popolo dei propri sostenitori, di certo non andrà in Europa a sostenerne le scelte delegando ad altri questo
VicenzaPiù Viva
Enigmi, storie, radici, farse, drammi, personaggi: vita vecchia, nuova e futura Nuova serie cartacea testata web ViPiu.it - VicenzaPiu.com
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compito democratico. E poi ci si lamenta della scarsa affluenza alle urne: vado, scelgo il mio candidato in una delle poche elezioni in cui posso farlo con le preferenze e, poi, lui non mi rappresenterà.
Ma, peggio ancora, se incaricassimo di fare un sondaggio, oltre a quello sul voto che verrà espresso e che pubblichiamo, l’ultimo possibile prima del blackout di legge, sulla conoscenza della struttura e dei meccanismi di funzionamento dell’Europa la gran parte degli elettori risponderebbero “non so”. Ecco perché l’articolo centrale e di copertina è dedicato non a cosa dovrà e non dovrà fare l’Europa prossima ventura, quella “eletta”, ma come e con quali procedure ed organi potrà farlo.
In questo numero, come da “strilli” in copertina e da indice accanto, ci occupiamo anche del caso irrisolto del delitto Fioretto, in cui comincia a spargersi per Vicenza l’odore, la puzza?, della mafia; affrontiamo la
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piaga dell’usura, non di certo lenita dalla disponibilità delle banche a far credito, pur essendo sommerse dagli utili, tanto più che le due grandi Popolari locali sono state mandate al massacro dal Sistema di cui, questa volta, documentiamo la spinta mortale di Banca d’Italia verso una fusione con BPVi osteggiata da Veneto Banca e sempre negata da Via Nazionale. E, oltre a scrivere di suoi grandi intellettuali dimenticati nelle vie e nelle targhe di Vicenza, di aziende oneste e di quelle “grigie”, di cultura, di sport, anche quello supportato da, pochi, veri mecenati, su VicenzaPiù Viva n. 8 c’è un primo speciale sulle auto, con la loro storia e le tecnologie innovative.
P.S. L’adunata degli alpini è stata fantastica, ma se ne lagnano alcuni che dei vantaggi economici hanno goduto: “Siamo stati pieni tutti i giorni ma ora ci tocca pagare per pulire e mettere a posto…”. Anche questa è Vicenza. Ecco il perché di alcune vignette all’interno. Sorridiamo.
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In edicola dal 23 Maggio
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a N. 5967
Cold case: l’omicidio Fioretto e l’alba della mafia in cravatta .
Nel ‘91 non esisteva ancora la DDA e, soprattutto, non c’era ancora sentore del progressivo crescere delle infiltrazioni malavitose nell’economia veneta . Ma c’erano già le prime vittime
di Giulia GuidiSono circa le 20.30 di un freddo 25 febbraio del 1991. Mafalda Begnozzi scende in tutta fretta le scale del condominio in contrà Torretti 24 per andare a raggiungere il marito in garage, senza nemmeno una giacca o un cappotto. È preoccupata, forse ha sentito il marito arrivare con la sua nuova Alfa 164 e discutere, o forse vuole avvertirlo che due uomini lo stanno cercando insistentemente e che forse è in pericolo. Non immagina che da lì a poco la sua vita si sarebbe fermata contro una pallottola calibro 7,65 di una pistola giocattolo Beretta-Molgora modificata e dotata di silenziatore.
I due killer non le lasciano scampo e la colpiscono quattro volte: alla gamba, all’addome, al torace e per finire alla nuca. Un’esecuzione, come per il marito che è stato giustiziato, qualche secondo prima, con un colpo alla tempia. Gli assassini fuggono, probabilmente con un complice che li aspetta in macchina, e da quel momento inizia uno dei casi più misteriosi e cruenti della recente storia vicentina.
L’avvocato Pierangelo Fioretto non era solo un bravo legale, era un 'principe del foro' nel ramo civile e per i fallimenti. Dal commissariamento del Cotorossi alla gestione legale della Mastrotto, una potenza nel campo della concia. E proprio

sul rapimento del patron Mario Mastrotto, fece lui da mediatore per il rilascio con i giostrai che lo rapirono. Quando gli inquirenti, dopo il suo omicidio, misero mani tra le carte del suo ufficio trovarono decine e decine di casi spinosi che potevano essere il detonatore per una vendetta o per evitare che andasse a buon fine il suo lavoro.
Dal procuratore Candiani il caso passò al pubblico ministero Paolo Pecori che lo seguì per anni. Ma la parola mafia, a poco a poco, svanì, forse, semplicemente, per il comportamento dei due killer durante la mattinata di quel giorno. Infatti, il 25 febbraio 1991, il custode del Tribunale, che allora era situato a contrà Santa Corona, si ricordò della presenza di due uomini sui trent’anni che chiedevano insistentemente se qualcuno avesse visto l’avvocato
Fioretto. E lo chiesero a molti. Quasi volendo farsi notare. I due presunti killer potevano essere di Roma o comunque meridionali. Ma per quale motivo farsi notare in quel modo? Anche questo resterà un mistero. Nel 1991, non era stata ancora costituita la DDA (Direzione distrettuale antimafia), la struttura giudiziaria che raccoglie tutti i fatti in odore di mafia e nata solo dopo le stragi di Capaci e Via D’Amelio, nel 1992. Probabilmente, se il fatto fosse successo qualche anno dopo, l’inchiesta sarebbe finita sulle scrivanie di quei magistrati e forse sarebbe stata analizzata in modo diverso. Solo oggi, conoscendo come le organizzazioni mafiose si siano stanziate in pianta stabile nel nord del Paese, possiamo avere qualche certezza in meno che il delitto sia da relegare solo a qualche 'falli-

mento vicentino' o ad una ipotesi, che pure fu presa in considerazione, che qualcuno avesse voluto saldare con una pistola e non col denaro un prestito da lui ricevuto.
L’eco dell’agguato e dell’esecuzione dell’avvocato e di sua moglie non passò inosservata e fece clamore ben oltre i confini della regione. Il giorno dopo, all’Ansa di Genova, arrivò una rivendicazione telefonica a nome della famigerata 'Falange armata', un’organizzazione terroristica virtuale che serve sia alle mafie che ai servizi segreti per siglare o depistare omicidi e stragi. E la pista fu presto abbandonata.
L’interesse degli inquirenti si focalizzò su un calabrese di Lamezia Terme: Massimiliano Romano, un ventiquattrenne pregiudicato per detenzione di stupefacenti e armi che risiedeva a Verona. Un sospetto nato dalla somiglianza con l’identikit di uno dei due killer e per quella pistola trovata nei pressi dello stadio Romeo Menti, una Molgora-Beretta modificata. Quasi un marchio della criminalità organizzata che la usava per la sua maneggevolezza e la sua leggerezza. Una pistola giocattolo messa fuorilegge nel 1989 proprio perché, con qualche modifica, poteva essere usata in modo letale.
Ma Romano non arrivò mai ad essere indagato ufficialmente dal pm Pecori. Dei sospetti su di lui si
seppe solo dopo la morte avvenuta in uno scontro con la polizia a Sommacampagna, dove uccise due agenti.
Nessun indizio, nessun sospetto che avesse qualche riscontro effettivo. Non servì neanche la taglia di quattrocento milioni di lire, messa a disposizione dal fratello dell’avvocato Fioretto, per avere informazioni su esecutori e mandanti. Tutto scivolò verso l’archiviazione.
Solo nel 2012, grazie agli esami del DNA, il Pm Pecori poté riaprire le indagini dopo che la Squadra Mobile di Vicenza riesumò dagli scatoloni impolverati quel guanto in pelle che poteva contenere residui epiteliali invisibili all’occhio umano. Purtroppo, non servì a niente ed escluse in
modo definitivo che fosse stato usato da quel Massimiliano Romano che era stato sospettato 21 anni prima. Rimane sicuramente il fatto che i due killer non andarono per minacciare Fioretto. Andarono per eseguire un’esecuzione. I colpi sparati cercarono sempre organi vitali. Solo il caso incluse la moglie in questa tragedia. Ma anche la verità è stata inghiottita da quella fredda notte di febbraio.
Rimane il fatto che ancora non si era a conoscenza dell’invasione di colletti bianchi mafiosi e criminali che stava avvenendo in Veneto. Non era solo la mafia cruenta che stava risalendo lo Stivale, era qualcosa di molto più sottile. Prova ne abbiamo proprio da un boss della ‘ndrangheta che venne mandato “a fare esperienza affaristica” a Vicenza proprio in quegli anni, gli investimenti nelle località turistiche padovane e bellunesi scoperti da un’inchiesta della Dia, ma mai realmente seguita dalle scettiche Procure venete.
Non era solo il traffico di stupefacenti che interessava alle grandi criminalità. Era investire la montagna di soldi che ne scaturiva da questi traffici a ingolosire le mafie. E gli affari si fanno con e tramite uomini. Uomini che non sempre accettano le richieste della criminalità.

Usura e manie di persecuzione: quando il nemico è fuori e dentro di noi
di Sabrina GermiCarissimi lettori, sono la dottoressa Germi Sabrina, sono mamma, moglie e lavoro come libera professionista nei miei studi, in qualità di pedagogista, psicologa e psicoterapeuta.
In questo numero approfondirò il tema dell'usura attraverso la storia di un paziente, una storia di vita come ce ne sono molte, storie di vittime che hanno trovato la forza di denunciare.
Nicola (nome di fantasia per la privacy) arriva nel mio studio a Vicenza dopo essersi trasferito dal suo paese d'origine, dove tutto è accaduto. Arriva a causa di continui incubi notturni, del suo interpretare le intenzioni, le parole e le azioni degli altri come minacciose, come se si sentisse costantemente esposto a pericoli di fronte ai quali sente di doversi difendere. Vive con la paura irrazionale che qualcuno lo segua e voglia fargli del male, cerca di controllare tutto e tutti, vive nel perenne dubbio, in ogni situazione, è concentrato nel ricercare scrupolosamente tutti quegli elementi che possano andare a confermare la propria idea di minaccia.
Nicola, sin dalla prima seduta mi racconta la sua storia: «Ero un imprenditore di successo, lavoravo in un settore in piena espansione, il biologico. Gli affari andavano bene tanto che avevo chiesto un prestito alla banca, per ampliare il mio magazzino e acquistare nuovi mezzi. Avevo appena comprato casa ma mi sono trovato a dover affrontare improvvise e importanti spese mediche per la salute di mia moglie. Non avevo
liquidità e soldi da parte, da poter prelevare, il nuovo iter della banca era troppo lungo e non avevo tempo, il tempo sarebbe stato funesto per mia moglie» Allora Nicola si confida con qualche amico e un amico gli presenta l’amico di un amico, Guglielmo, che si dichiara subito disponibile ad aiutarlo. Suo fratello, gli dice, lavora per una finanziaria che potrebbe agilmente supportarlo per le spese familiari e che, all’atto del prestito, gli dice di non preoccuparsi e che avrebbe potuto fare con calma nel restituire, poi, i soldi. Nicola si rasserena ed utilizza tutto il denaro.

Passano cinque giorni, e da una macchina parcheggiata davanti alla porta d’ingresso dell’azienda di Nicola, scende un uomo ben vestito: è Guglielmo. Guglielmo è un signore distinto, che arriva sempre con macchine eleganti, e ben vestito tanto che Nicola lo soprannomina presto 'il Lord inglese'.
Purtroppo, il 'POI' non tarda ad arrivare e la cifra da restituire non corrisponde affatto a quella avuta 'in prestito'; inoltre le spese mediche sono aumentate e il sospiro di sollievo tirato da Nicola comincia a diventare un groppo alla gola.
Mi continuavo a chiedere: «Come è possibile che tutto sia cambiato in così breve tempo?». Il sospetto che ci sia qualcosa sotto le parole di Gu-
glielmo si insinua nella sua mente, ma viene immediatamente allontanato: «continuavo a ripetermi che non era possibile che tutto sia stato organizzato con il tentativo di ingannarmi» Questa sarà solo la prima di una serie di visite che si ripeteranno a ritmo sempre più sostenuto. Il continuo flusso di denaro che Nicola consegnerà a Guglielmo metterà in serie difficoltà la prosecuzione dell’attività e Nicola avrà bisogno di altro denaro, disperato, comincerà a chiedere prestiti dapprima alla madre, poi agli amici e infine anche al prete del paese. Ci sono le minacce e Nicola si ritrova ad ipotecare la casa, a non poter mandare i figli alle attività extrascolastiche, a perdere la propria azienda.
Cosa è successo a Nicola a livello psicologico? Nicola è dilaniato dal senso di colpa per aver trascinato la sua famiglia in un tunnel di cui non vede la luce, è terrorizzato dall’idea che i suoi figli possano essere importunati e/o malmenati o, peggio ancora, chi sa cosa sarebbe potuto loro capitare. Nicola è distrutto perché una sua decisione ha dilapidato ciò
Usura. La psicologa

che con tanti sacrifici aveva costruito in anni di duro lavoro. Si ritrova a sentirsi come un tossicodipendente, dove al posto delle sostanze stupefacenti c'è il denaro da ridare indietro. Nicola continua il suo racconto: «la notte non dormivo, ho perso 40 chili. Pensavo solamente a come trovare i soldi. La mia vita sociale non c'era più perché vedevo gli altri con occhi diffidenti, avevo paura di trovare dietro l'angolo il mio 'strozzino' o chi per esso, evitavo tutti per non sentirmi oggetto di giudizio e per non fare i conti con i costi della vita sociale, come la spesa di un caffè al bar» La vita familiare di Nicola? Rovinata: «mi sentivo a disagio anche in casa mia, non al sicuro, a fare costantemente i conti con la vergogna di chi ha trascinato i suoi cari in un tunnel senza via d'uscita, non mi sentivo più l’uomo di casa, quello che provvede al benessere familiare». Lo stesso sarà per la relazione coniugale e l’intimità con la propria moglie che inesorabilmente, vengono seppellite dal senso di angoscia, impotenza e frustrazione.
Nicola, dunque, è angosciato, depresso e ha sviluppato sintomi psicosomatici. Corpo e mente parlano lo stesso linguaggio: attraverso il corpo la psiche invia dei segnali di malessere, per spingere Nicola a cambiare il modo di affrontare le cose. Invece, di prestargli attenzione, accoglierli e non sottovalutarli, li vede solo come una ulteriore disgrazia che sente di meritare.
La capacità di prendere decisioni, inutile dirlo, è fondamentale. Ma perché Nicola non ha denunciato subito? Perché la denuncia rappresentava la conferma di non riuscire a risolvere da solo, di essersi sbagliato su tutto, di non aver saputo valutare, capire... Non sempre è possibile sapere con esattezza dove ci porterà la strada che stiamo per intraprendere, ogni decisione che prendiamo è sempre influenzata da una moltitudine di componenti emotive, che prendono il sopravvento, specialmente quando è coinvolta la paura, finendo per imbrigliare ogni pensiero e azione.
Solo, quando un giorno Guglielmo arriverà in azienda con una pistola, dentro di sé Nicola dirà 'Basta'. Il giorno successivo, «mi sono alzato presto, dopo una nottata in cui non sono riuscito a chiudere occhio, mi sono recato alla Guardia di Finanza, sperando di mettere fine a questa storia e così è stato»
Nicola è riuscito a rialzarsi, con il fondo di solidarietà per le vittime di estorsione e usura, disciplinato dalla legge 44/1999, ha cambiato paese, si è trasferito in provincia di Vicenza, e caparbiamente ha ricominciato con un piccolo negozietto. La sua battaglia non è finita, continua, giorno dopo giorno, testimoniando con il suo esempio che l’usura si può vincere.
Attraverso il percorso di psicoterapia è riuscito a lasciarsi alle spalle i brutti ricordi, gli incubi notturni, la diffidenza e la paura verso l'altro, a

gestire i propri nemici in modo da non doverli più subire! È stata inserita la 'fiducia strategica' come prescrizione paradossale, chiedendogli di fare 'come se' gli altri fossero ben disposti verso di lui, interrompendo in questo modo i 'cicli interpersonali'problematici della paranoia. Al tempo stesso ho lavorato con i familiari, per evitare che la rete sociale intorno, formasse una rappresentazione di lui troppo problematica, il che avrebbe prodotto solamente un acuirsi dei sintomi.
Per concludere è bene ricordare che le nostre credenze, le nostre profezie hanno un ruolo fondamentale nel costruire la realtà, esiste però un confine tra la salute e la patologia, la differenza è soprattutto nella “quantità”. Se sospettare è qualcosa che succede a ciascuno di noi e che spesso ha anche una sua utilità, vivere continuamente all’erta fino a sconfinare in deliri conclamati è qualcosa che sconfina pesantemente nel patologico e che rende la vita della persona un vero inferno
Un caro saluto, dott.ssa Germi Sabrina
per scrivere alla dottoressa: cittadini@vicenzapiu.com
Riferimenti bibliografici
F. Cagnoni, R. Milanese R., Cambiare il passato. Superare i traumi con la terapia strategica, Milano, Ponte alle Grazie, 2009.
E Muriana, T. Verbitz, T. (2017), Se sei paranoico non sei mai solo! Dalla diffidenza al delirio paranoico, Roma, Alpes.
R. Lee, (2017) Mistrustful and Misunderstood: A Review of Paranoid Personality Disorder
K.T. Mueser et al. (2013). Paranoid Personality Disorder.
Tutti i contenuti presenti in questa pagina hanno lo scopo di diffondere la cultura e l'informazione psicologica. Non possiedono alcuna funzione diagnostica e non possono sostituirsi in alcun modo ad un consulto specialistico.
Usura e mezzi di tutela: quando, come e a chi rivolgersi
di Fulvio CavallariL’usura, com’è noto, è un fenomeno tristemente diffuso, vediamo di capire cos’è a livello legale dopo averne illustrato un caso, quello dell’omicidio Fioretto, che ne sarebbe stato sfiorato, secondo alcune ipotesi investigative, e dopo le considerazioni della psiciloga.
L’usura, innanzitutto, è un reato definito dall’art. 644 del Codice penale: «Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000».
La legge, per non lasciare aree di impunità, colpisce anche chi media vantaggi usurari: «Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro o altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario». Il Codice penale chiarisce meglio e nel dettaglio il concetto: «La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione

di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria»
In altre parole vi è un concetto di usura dato dalla matematica, ossia il limite stabilito per legge del tasso di interesse e un altro dato dall’abuso che si fa delle difficoltà altrui a prescindere dal superamento di quel limite, per il solo fatto di pretendere prestazioni sproporzionate rispetto al tasso medio.
Infine, l’art 644 C.p. chiarisce i contorni, i dettagli, del computo della soglia limite: «Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito»
Seguono le aggravanti, ossia gli aumenti di pena dati dalla particolarità del fatto reato: quelle relative
a chi ha praticato usura nello svolgimento dell’attività bancaria, ad esempio, o se la vittima è in stato di bisogno o se sia un imprenditore.
Completa la disciplina la norma del codice civile che dispone la nullità delle condizioni contrattuali che pattuiscono l’usura, la L.108/1996 all’art 4 dispone che: «Art. 4 . 1. Il secondo comma dell'articolo 1815 del codice civile è sostituito dal seguente: se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi»
Ma torniamo al limite di cui si parlava oltre il quale vi è un’usura data dalla matematica. Sempre la L. 108/1996 ai fini della rilevazione del tasso soglia di usura prescrive quanto segue: «Art. 2 1. Il Ministro del tesoro, sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per
imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall'Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d'Italia ai sensi degli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. I valori medi derivanti da tale rilevazione, corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento, sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale. 2. La classificazione delle operazioni per categorie omogenee, tenuto conto della natura, dell'oggetto, dell'importo, della durata, dei rischi e delle garanzie è effettuata annualmente con decreto del Ministro del tesoro, sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi e pubblicata senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale. 3. Le banche e gli intermediari finanziari di cui al comma 1 ed ogni altro ente autorizzato alla erogazione del credito sono tenuti ad affiggere nella rispettiva sede, e in ciascuna delle proprie dipendenze aperte al pubblico, in modo facilmente visibile, apposito avviso contenente la classificazione delle operazioni e la rilevazione dei tassi previsti nei commi 1 e 2. 4. Il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, (aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di

ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali»
La premessa era indispensabile per capire l’origine di certi conteggi, assai diffusi tra il pubblico, ma soprattutto per dire che vi è una pubblicazione, diffusa gratuitamente a beneficio di tutti, per capire se si è di fronte ad un’operazione lecita o meno.
Si tratta delle tabelle diffuse periodicamente da Banca d’Italia che raggruppano i finanziamenti per classi o tipologia e, anche a seconda degli importi, ricostruiscono il TEGM (Tasso effettivo globale medio) e il tasso soglia, in modo da consentire ai più con una rapida occhiata se vale veramente la pena di approfondire una certa posizione o se invece si corre solamente il rischio di far battaglie contro i mulini a vento.
Di queste tabelle ne pubblichiamo una, la più recente, come si potrà vedere non richiede alcun tipo di conteggio e il limite matematico di
cui si è fatto più volte cenno è ben evidenziato.
Ma quali sono gli strumenti a disposizione del cittadino per tutelarsi dal fenomeno dell’usura? Lo stato ha ben compreso che vi sono aree dell’economia che rischiano di scivolare gradualmente nell’illegalità e divenire vittime di sistemi criminali, se non addirittura compartecipi passata una certa soglia.
Qui è inutile girarci tanto attorno, le regole sempre più stringenti per l’accesso al credito bancario se da un lato hanno risolto il problema dell’affidabilità creditizia, dall’altro hanno avuto come effetto collaterale e indesiderato quello di aver creato il “bisogno” di ossigeno, cioè di liquidità.
Ecco allora la previsione all’art. 15 della L. 108/1996 del Fondo di prevenzione del fenomeno dell’usura, perchè prevenire com’è noto è meglio che curare. I destinatari di questo fondo sono «…. quanto al 70 per cento per l'erogazione di contributi a favore di appositi fondi speciali costituiti dai Confidi, di cui all'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, e quanto al 30 per cento a favore delle fondazioni ed associazioni riconosciute per la prevenzione del fenomeno dell'usura, di cui al comma 4».
Come utilizzeranno questi fondi associazioni e Confidi? Il citato art. 15 ci dice che: «Le fondazioni e le associazioni per la prevenzione del fenomeno dell'usura prestano garanzie alle banche ed agli intermediari finanziari al fine di favorire l'erogazione di finanziamenti a soggetti che, pur essendo meritevoli in base ai criteri fissati nei relativi statuti, incontrano difficoltà di accesso al credito».

Basterà? La prevenzione serve ad evitare il danno, ma resta il problema di chi ha già subito usura. Ecco allora intervenire l’art. 14 della L. 108/1996: «1. E istituito presso l'ufficio del Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative anti-racket il 'Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura'. 2. Il Fondo provvede alla erogazione di mutui senza interesse di durata non superiore al decennio a favore di soggetti che esercitano attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, i quali dichiarino di essere vittime del delitto di usura e risultino parti offese nel relativo procedimento penale».
A quanto ammonterà il mutuo? «4. L'importo del mutuo è commisurato al danno subito dalla vittima del delitto di usura per effetto degli interessi e degli altri vantaggi usurari corrispo-
Cassazione, ordinanza sui limiti di nullità delle clausole bancarie in tema di mutuo usurario
sti all'autore del reato. Il Fondo può erogare un importo maggiore quando, per le caratteristiche del prestito usurario, le sue modalità di riscossione o la sua riferibilità a organizzazioni criminali, sono derivati alla vittima del delitto di usura ulteriori rilevanti danni per perdite o mancati guadagni».
Ma si dovrà per forza attendere l’avvio di un vero e proprio processo penale per fare domanda? Anche qui soccorre la previsione di legge: «3. Il mutuo può essere concesso, anche nel corso delle indagini preliminari, previo parere favorevole del pubblico ministero, sulla base di concreti elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari medesime«.
Il mutuo, inoltre, potrà essere concesso anche ai falliti previo parere favorevole del giudice delegato: si tratta di una norma di chiusura volta ad evitare di lasciar senza tutele i soggetti maggiormente colpiti dal fenomeno.
Fondi per Vittime usura
Ufficio Territoriale del Governo di Vicenza
Ma a chi rivolgersi in concreto per poter ottenere questi aiuti? A Vicenza ci si può rivolgere alla Prefettura, che è dotata di personale specializzato ed appositi uffici e una rapida ricerca sul sito dell’Autorità Territoriale di Governo chiarirà ogni dubbio con tanto di modulistica.
Infine, un cenno alla cosiddetta 'usura bancaria'. Abbiamo visto che l’art 1815 c.c. prescrive che «Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell'articolo 1284. Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi».
Non significa che il mutuo è gratis. Vi sono orientamenti di Cassazione che salvaguardano le clausole non usurarie con l’effetto di tener indenni eventuali interessi corrispettivi o moratori leciti (Cass Civile Ord. Sez. 3 Num. 24992 Anno 2020). Altre questioni applicative sono sorte e poi risolte dalla Cassazione: ricordiamo la problematica relativa alle Commissioni di massimo scoperto, da includersi nel computo, così anche come quella relativa agli interessi moratori.
Questo per dire che l’usura bancaria in particolare è un fenomeno un po’ più complesso degli altri: valgono sempre come primo orientamento le tabelle di Banca d’Italia intendiamoci, ma a volte i distinguo del caso concreto si sprecano.
In conclusione se ci si dovesse imbattere in questo problema, nel dubbio per risolverlo, servono tecnici all’altezza della situazione che sappiano far di calcolo in materia bancaria.
Modulo di domanda per richiedere l'accesso al Fondo - PrefetturaUfficio Territoriale del Governo di Vicenza Usura. L'avvocato








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VicenzaPiù
Alleggerita da Tribunale del Riesame posizione di Valerio e City Green Light .
La società vicentina per recuperare “donazione” al comune di Trapani ci chiede 50 .000 €
di Pietro Cotron
Con un provvedimento del 16 febbraio, il Tribunale del Riesame di Palermo ha revocato, nei confronti di Christian Valerio – manager di City green Light – la misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale, concesse dal GIP del Tribunale di Trapani relativamente a due capi di incolpazione – rivelazione di segreto d’ufficio e corruzione- nell’ambito della più vasta inchiesta di cui VicenzaPiù ha dato conto nei mesi passati insieme ad altri media, nazionali e locali (vedi anche “Indagato Christian Valerio, manager siciliano della vicentina City Green Light, e arresti domiciliari per Dario Safina, deputato PD regione Sicilia“, Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Il Corriere della Sera, Il Corriere del Veneto e altre info relative qui, ndr) Non vi erano segreti da rivelare, questa, in sostanza, l’argomentazione del Collegio.
Trattandosi infatti non di un comune appalto, ma di project financing, i dati e le informazioni
che Valerio riceveva dall’assessore Safina, per quanto comunicati con metodi poco “istituzionali”, non erano da considerarsi segreti d’ufficio, poiché necessari a City Green Light per la redazione del progetto da porre in essere come base per la successiva ad evidenza pubblica. Con riferimento alla corruzione, invece, la tesi delle procura è che City Green Light avrebbe versato, a fronte della promessa dell’affidamento di un appalto, la somma di 50.000,00 euro (tenete a mente questa cifra) a fondo perduto al Comune di Trapani, 10.000,00 euro (sotto forma di sponsorizzazione) per l’istallazione di luminarie natalizie e avrebbe effettuato altri lavori e dazioni, a titolo gratuito verso il comune. Il tutto al fine di accrescere visibilità e prestigio dell’assessore Safina, che si sarebbe poi “sdebitato” con la concessione di appalti per l’illuminazione di strutture pubbliche (leggi anche «Arrestato il deputato siciliano Dario Safina: indagini anche su Trapani Servizi e la vicentina ‘City Green Light’, già ramo d’azienda Gemmo spa ora autonomo“, ndr).

Ebbene, secondo il riesame non vi sono abbastanza elementi probatori per stabilire che tali dazioni discendano, con sufficiente certezza, da un patto corruttivo, potendo trovare diverse “molteplici spiegazioni“, che tuttavia non vengono indicate nell’ordinanza.
A noi viene in mente il grande amore che la City Green Light potrebbe provare per la città di Trapani, ma le spiegazioni potrebbero essere altre, chissà.
In conseguenza della pronuncia del Riesame, la Procura di Trapani ha rinunciato alla richiesta di interdizione cautelare anche nei confronti della stessa City Green Light.
Il procedimento penale, in ogni caso, prosegue.
Ma torniamo ai 50.000,00 euro versati a fondo perduto da City Green Light al Comune di Trapani. Qualcuno
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in azienda deve aver pensato bene di provare a recuperare tale somma. E dal momento che recuperarla dal Comune di Trapani deve essere sembrato troppo complicato, ecco l’i-
dea: “Chiediamoli a VicenzaPiù alias ViPiu.it!“. Ci è infatti giunta una “diffida stragiudiziale” ad eliminare dalle nostre testate gli articoli che trattano dell’inchiesta trapanese, di cui ha
dato conto anche la stampa nazionale, nonché a versare un risarcimento, proprio di 50.000,00 euro. L’avvocato? lo stesso che rappresenta Giovine e Donazzan. Sarà un caso?
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La tradizione vicentina raccontata attraverso le sue ricette

GDS Global Display Solutions: 45 anni di innovazione e affidabilità, da Cornedo nel mondo
Con la sua CA&G e i suoi monitor per Apple II ho conosciuto Vicenza e, poi, me ne sono innamorato, nel bene e nel male
di Giovanni CovielloLa GDS Global Display Solutions, multinazionale di Cornedo Vicentino, che agli albori si chiamava CA&G e che, chiamandomi a Vicenza per una consulenza nel 1992, mi ha fatto poi innamorare nel bene e nel male di Vicenza, celebra quest’anno un traguardo eccezionale: il suo 45° anniversario. Questo importante anniversario non è solo un momento per riflettere sul passato, ma anche per guardare avanti con rinnovato impegno verso l’eccellenza e l’affidabilità nel settore delle soluzioni di visualizzazione elettronica.
Fondata nel 1979 con il nome di CA&G Elettronica, l’azienda ha ini-


ziato la sua avventura concentrata sulla produzione di sistemi di monitoraggio per circuiti chiusi. Fu sotto la visionaria guida di Giovanni Cariolato, fondatore e CEO, che l’azienda prese una svolta decisiva. Alla fine degli anni ’70, Cariolato vide il potenziale emergente dei display per personal computer, un settore allora in fase nascente. Un incontro fortuito con IRET, distributore di Apple in Italia, segnò l’ingresso di CA&G Elettronica nel mercato dei PC, stabilendola come fornitore chiave di
Durante gli anni ’80, con l’espansione del mercato dei personal computer, l’azienda conobbe una rapida crescita, esportando i suoi prodotti in tutta Europa e oltre, e costruendo una solida reputazione per la qualità e l’innovazione dei suoi prodotti. Nel 1988, l’inaugurazione della sede storica di Cereda di Cornedo rappresentò un altro significativo sviluppo, consolidando ulteriormente la posizione dell’azienda nel mercato.
monitor proprio mentre l’industria informatica iniziava a fiorire.



Gli anni ’90 furono caratterizzati da nuove sfide e opportunità. La globalizzazione e la riduzione dei dazi doganali aprirono nuove porte, spingendo l’azienda a diversificare la produzione verso display per applicazioni industriali e commerciali. Il culmine di questa strategia di diversificazione avvenne nel 1999 con la fusione con Emco Electronics, che portò alla nascita di Global Display Solutions. Questa fusione creò una multinazionale che unisce expertise
tecnica e capacità produttiva su scala internazionale.
Oggi, GDS opera globalmente, essendo un attore principale nei mercati del digital signage, delle applicazioni industriali, dell’illuminazione a LED e delle stampanti. L’azienda continua a ringraziare i suoi dipendenti, clienti e partner per il loro costante supporto e fiducia, che sono stati fondamentali per il successo raggiunto in questi anni.
Con una cultura dell’innovazione e un impegno costante verso il

progresso tecnologico, GDS Global Display Solutions è determinata a mantenere la sua tradizione di eccellenza, rispondendo proattivamente alle esigenze emergenti del mercato con la stessa passione e dedizione che l’hanno distinta fin dalla sua fondazione.
Guardando al futuro, GDS è pronta a continuare il suo percorso di innovazione e crescita, impegnandosi a migliorare la qualità della vita delle persone attraverso soluzioni tecnologiche avanzate e sostenibili.

La relazione
per
la commissione
parlamentare di inchiesta su sistema bancario e finanziario presieduta da Carla Ruocco
Una chiave di lettura, mai messa nella serratura, per capire il ruolo di un Sistema che apparve e appare intoccabiledi Giovanni Coviello
21 gennaio 2021
Il.ma on. Carla Ruocco,Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario
Faccio volentieri seguito alla sua dell’11 novembre 2020 Prot. 2020/0000299/ E ANC allegandoLe il “contributo scritto” (con documenti annessi) richiestomi in seguito al fatto da Lei comunicatomi che l’Ufficio di Presidenza della Commissione d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario, da Lei presieduta, «ha deliberato lo svolgimento di un’attività di approfondimento in merito alle più recenti vicende relative alle banche popolari venete, orientativamente a far data dall’inizio della legislatura in corso»
Sarò volutamente breve per non aggiungere km di inchiostro facilmente delebile ma per consegnarvi un “documento audio” trascritto e commentato con inchiostro simpatico che la Commissione d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario, da Lei presieduta, di sicuro, dopo averlo controllato, renderà leggibile e utilizzabile a favore della ricostruzione reale di parte delle vicende in esame, cosa non sempre fatta in passato da autorità, media e, purtroppo, anche dalla preceden-

te commissione di inchiesta sulle banche.
Il documento audio è stato, comunque, reso disponibile (a noi che ce ne siamo occupati ma, è pensabile, anche ad altri che non lo hanno… approfondito) dopo la chiusura della precedente legislatura e, quindi, dopo il lavoro delle contemporanea Commissione di inchiesta presieduta dal senatore Pier Ferdinando Casini che, quindi, non disponeva del documento oggetto di questo “contributo” anche se il suo contenuto poteva essere con limitate difficoltà ricostruito da documenti agli atti della Commissione stessa e delle autorità inquirenti.
Rimane inteso che sono disponibile a consegnarvi l’audio in oggetto, per altro da noi pubblicato e trascritto “urbi et orbi” su ViPiù.it, già VicenzaPiu.com, e a fornirvi per iscritto o di persona ogni ulteriore
chiarimento che riteneste opportuno così come ogni utile integrazione di informazioni.
Premessa È noto a tutti, e sempre più documentato anche negli atti dei procedimenti giudiziari in corso o in istruttoria, che le vicende della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, al di là di specifiche peculiarità, sono fortemente interconnesse fra di loro per i diversi comportamenti nei loro confronti delle autorità di Vigilanza e Controllo (segnatamente Banca d’Italia, in buona misura anche Consob): se per queste una banca, quella vicentina, era “buona” l’altra, quella di Montebelluna, era “cattiva e di ciò davano conto, con le spesso se non sempre concordanti letture giornalistiche, la maggior parte dei media. Sulla bontà mediatica di BPVi abbiamo prodotto un documento che
VicenzaPiùViva
VicenzaPiùVivaè agli atti della Commissione regionale di inchiesta della regione Veneto sulle banche venete, da cui, unici rappresentanti dei media, siamo stati auditi il 13 aprile 2028, e che poi è stato da noi pubblicato col titolo “BPVI. Bugie Popolari Vicentine”, sottotitolo “Come la stampa vicentina ‘informò’ per anni i risparmiatori, non sciocchi creduloni ma persone che hanno deciso sulla base di fake news diffuse dalla Banca Popolare di Vicenza (BPVi) tramite l’informazione tradizionale locale, questa sì ingenua…».
I nostri dubbi, documentati, al riguardo della bontà vicentina li avevamo manifestati in una lunghissima e pressoché solitaria serie di articoli che partono dal 13 agosto 2010 fino allo scoppio definitivo della crisi del 20152016 e li abbiamo raccolti in un libro, “Vicenza. La città sbancata”, sottotitolo “Quello che dovevi sapere sulla Banca Popolare di Vicenza, noi lo abbiamo scritto. Da sempre”, che è stato utilizzato come supporto probatorio per richieste di danni in vari procedimenti da parte di soci della ex BPvi e ancora di più dai legali che hanno intrapreso per conto della BPVi, ora in Lca, l’azione di responsabilità contro il cda e altri tuttora a ruolo presso il Tribunale di Venezia (cfr. un’altra nostra pubblicazione “BPVi. Risparmiatori ingannati. L’azione di (ir)responsabilità”).
Capire le interconnessioni tra le due banche venete, ma verrebbe da dire anche quelle tra le quattro banche “risolte”, non sarà possibile nelle attuali sedi giudiziarie che giudicano le singole banche e i loro singoli e parziali comportamenti ma la Commissione d’inchiesta a cui è indirizzato questo contributo può (deve?) avere una visione molto più ampia e, me lo si lasci scrivere, meno condizionata dal “Sistema bancario e finanziario”. Non sta a noi stabilire, tanto più in questa sede e mentre sono in corso o
si istruiscono procedimenti giudiziari, se lo ha fatto per “ostacoli” frapposti dalle banche vigilate o per propri errori, più o meno volontari o corrispondenti a disegni a noi non noti e magari giusti, ma è ormai innegabile che il “Sistema” ha influito negativamente sulle identiche sorti fallimentari delle due banche venete. Lo ha fatto con le decisioni prese all’epoca e diverse da quelle che oggi, alla luce dei documenti agli atti, di quelli da noi esaminati e anche del documento che oggi vi sottoponiamo, cioè l’audio oggetto di questo contributo, appaiono opposte a quelle che, per salvare le banche venete, si sarebbero potute (dovute?) prendere se solo si fossero invertiti i giudizi, come d’altronde fece nel 2014 la BCE quando, preso il posto di Banca d’Italia nel “controllo” delle maggiori banche italiane, tra cui le due venete, comunicò il 26 ottobre i risultati ufficiali del suo “stress test”.
«Nonostante Veneto Banca fosse da tempo nel mirino, anche pubblico di via Nazionale con fuga di capitali e quant’altro, superò l’esame BCE per 24 punti base – scrivemmo il 26 ottobre 2014 stesso ma senza aver dovuto attuare misure aggiuntive rispetto a quelle con cui si era presentata agli esami.» mentre la banca di
“adeguato standing”, così era allora definita la BPVi, ottenne la promozione in zona Cesarini superando gli stress test (di 30 punti base) ma solo dopo, scrivemmo in base alle comunicazioni ufficiali, «la decisione presa dal Cda di ieri (25 ottobre, ndr) di convertire in azioni il “convertendo 2013-2018” del valore di 253 milioni», decisione presa in accordo con Banca d’Italia il giorno precedente la comunicazione ufficiale dei risultati, di cui, per inciso, pagano ancora oggi le conseguenze non solo coloro che, tutti, rimasero coinvolti nel successivo crac, non preallertato, ma in particolare e di più proprio gli allora obbligazionisti che si ritrovarono in una notte “azionisti” perdendo così anche l’attuale diritto ad essere indennizzati da obbligazionisti al 95% per sperare di incassare da azionisti, in base al FIR, solo il 30% e per giunta con una serie di vincoli.
L’audio ignorato
Il documento che vi sottoponiamo, l’audio di cui siamo venuti in possesso, noi e pensiamo altri colleghi un po’ più… riservati di noi, dopo la chiusura della precedente legislatura, potrà contribuire a mettere in luce per lo meno il “diverso” atteggiamento tenuto da Banca d’Italia nei confronti dei due Istituti, con una smaccata preferenza, poi “boc-

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ciata” dalla BCE, per l’uno, quello di Vicenza, piuttosto che per l’altro, quello di Montebelluna.
Questo atteggiamento ha portato, come già accennato, anche alla costruzione di verità mediatiche non sempre verificate in maniera indipendente e che hanno influito anche, e pesantemente, sulle sorti delle due ex Popolari venete, dipinte, in accordo agli input del Sistema, come “buona” l’una e “cattiva l’altra”, tanto che dalla “cattiva”, Veneto Banca, colpita anche da spettacolari incursioni della Guardia di Finanza, molto più discreta, invece, quando effettuò analoghe operazioni a Vicenza, fuoriuscirono “fiducia” e capitali, elementi tra loro fortemente e drammaticamente collegati.
Non stupisce, in questo quadro, che il documento audio che vi sottoponiamo, pur se, presumibilmente, arrivato in altre ben più importanti redazioni, non abbia sollevato un loro attento interesse né quando, forse, lo ricevettero direttamente né quando noi lo proponemmo per una maggiore diffusione dei suoi rilevanti contenuti a due testate nazionali, note come più attente a rendere pubblici fatti potenzialmente “scomodi” in vari ambiti tra cui quello bancario, La Verità e Il Fatto Quotidiano.
Solo quest’ultimo pubblicò, infatti e sia pure one shot, il 21 dicembre 2019 a firma Carlo Di Foggia e col titolo “Dal Veneto a Pop Bari, le fusioni ‘obbligate’ inguaiano Palazzo Koch” un lungo articolo con una sintesi del documento citando il nostro lavoro (le nostre prime pubblicazioni risalgono al 27-28 luglio 2019) dopo che dovemmo pubblicare da soli audio e trascrizione, visto che anche i colleghi di tutti i media locali veneti, tra cui Rai 3 Regione e quelli principali di Vicenza, Treviso, Padova e Venezia, neanche risposero alla nostra proposta di rendere noti, dopo averli valutati e ognuno con la propria lettura, i contenuti dell’audio.
Di Foggia scrive, tra l’altro, “Ieri (20 dicembre 2020, facendo seguito a un altro articolo del 18 dicembre, ndr) il sito VicenzaPiù ha pubblicato la registrazione di un incontro tenutosi a febbraio 2014 nella sede di Bankitalia a Roma tra Barbagallo, Zonin e il presidente di Veneto Banca Flavio Trinca. La trascrizione dell’audio riporta Trinca che si lamenta delle pretese di Zonin. A un certo punto Barbagallo prova a rassicurarlo sul fatto che chi comanda si deciderà in un secondo tempo. Gli ricorda però che la cosa si deve decidere prima del 4 novembre 2014, perchè poi la

vigilanza passerà alla Bce (“non saremo più noi a decidere…»).
Lasciamo a voi, presidente e membri della Commissione, condividere o meno con noi la delusione per il silenzio generale su un documento di cui ora vi riferiamo e che affidiamo alla vostra attenzione con una sola, fondamentale premessa. Banca d’Italia ha sempre affermato, in documenti e in occasione delle audizioni presso la precedente Commissione di Inchiesta sulle Banche, che, una volta deciso che, delle due banche venete, era solo Veneto Banca quella su cui intervenire e da “salvare” azzerandone il Cda e affidandola alle cure di un altro Istituto, prima indicato come di “adeguato standing”, mai avrebbe indicato Banca Popolare di Vicenza come “banca aggregante”.
Lo avevano sempre affermato e più volte ribadito l’ancora attuale Governatore, Ignazio Visco, e l’allora capo della Vigilanza sul sistema bancario e finanziario, Carmelo Barbagallo, che recentemente ha “lasciato” Banca d’Italia per assumere un ruolo analogo presso l’ASIF (Autorità di Supervisione Informazione Finanziaria) della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano.
Dell’indicazione “forte” di BPVi come banca a cui affidarsi c’era già traccia nel verbale del Cda di Veneto Banca del 14 gennaio 2014 quando il presidente Flavio Trinca riferisce delle riunioni a Roma del 18 e 19 dicembre 2013 con Barbagallo che lo invitava a chiedere un pronto incontro con Gianni Zonin, presidente della Banca Popolare di Vicenza, incontro poi avvenuto (erano presenti anche Samuele Sorato per BPVi e Vincenzo Consoli per la banca trevigiana) senza esito, viste le pretese “totalitarie” e senza spazi per l’Istituto montebellunese di Gianni Zonin, se non quello di alimentare la stampa con notizie di
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Veneto Banca in crisi e Popolare di Vicenza in salute.
Vincenzo Consoli, ad di Veneto Banca, aveva riferito venerdì 15 dicembre 2017 alla Commissione di inchiesta sulle banche delle indicazioni stringenti di Barbagallo (a lui e a Trinca ma davanti anche al vice presidente Antiga) per una aggregazione “passiva” con BPVi in occasione della consegna della memoria ispettiva di Banca d’Italia, avvenuta il 6 novembre 2013, in cui, dopo una immediatamente precedente ispezione conclusasi con un esito sostanzialmente positivo, si intimava a Montebelluna l’azzeramento del cda e l’aggregazione con altra banca.
A quel punto Matteo Orfini, componente della Commissione, aveva prontamente chiesto un’audizione di Antiga, che non essendo indagato avrebbe potuto essere sentito come testimone: «Vorrei sapere – dichiara Orfini e ne riferisce anche l’Huffingon Post prima di quella data (martedì 18, giorno previsto per l’audizione di Visco, ndr) se il capo della vigilanza ha mentito quando, qui in audizione, ha negato risolutamente e sdegnosamente» che l’istituto centrale avesse indicato Vicenza come partner per l’aggregazione dell’istituto vicentino. Invece, osserva il presidente dem, già tre auditi dicono il contrario. «Oggi Consoli riferisce di una riunione con lo stesso Barbagallo e con il vicepresidente e l’ex vicepresidente Antiga, D’Agui ha detto più o meno la stessa cosa e anche lo smemorato Zonin non ha smentito» (Al riguardo vedi l’allegato “Dichiarazioni spontanee di Zonin” pagina 36 del 2020 al Tribunale di Vicenza in cui addirittura conferma, ndr).
Dopo una serie di tentativi del presidente Casini di differire la decisione, l’audizione di Consoli venne secretata e della decisione di sentire come testimone il vicepresidente di
Veneto Banca, possibile testimone diretto dei pretesi inviti di Barbagallo, rinviata a lunedì 18 nulla più si seppe.
Franco Antiga è defunto a gennaio 2020.
Ecco, quindi, e a maggior ragione l’utilità, ai fini della ricerca della verità sulle eventuali menzogne o imprecisioni di Visco e, soprattutto, di Barbagallo, dell’esame dell’audio di fatto “silenziato” dai media e ora sottoposto, grazie alla sua volontà di fare chiarezza, all’attenzione della Commissione d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario che potrà disegnare un quadro più completo e di sicuro meno grigio di quello attuale , partendo da questo documento e/o incrociandolo con altre informazioni che potrà attingere magari accedendo alle secretazioni della Commissione precedente o convocando i vari protagonisti delle interazioni tra le due banche venete e di queste con Banca d’Italia.
Per non commettere errori di memoria riportiamo, quindi, pressoché integralmente (tagliamo solo passaggi con link e con note di dettaglio oggi superflue per i destinatari di questo contributo) due degli articoli da noi pubblicati dopo mesi passati
- a verificare tecnicamente l’originalità del file audio
- ad effettuarne la trascrizione
- ad invitare gli interessati a commentarlo (Bankitalia confermò l’incontro ma, con alcune contraddizioni, non consentì domande a Barbagallo, Trinca confermò tutto e ci dette testualmente un giudizio negativo sull’onestà del responsabile della Vigilanza di palazzo Koch e Zonin confermò le sue frequenti amnesie mai facendoci rispondere dal suo legale contattato per un incontro o per commenti)
- a provare a coinvolgere altri media.
1° articolo
27 28 luglio 2019
Barbagallo bifronte, last news: il 19 febbraio ’14 incontrò Zonin e Trinca in Bankitalia per “Veneto Banca in BPVi subito!», in audizione negò.
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2° articolo
18 dicembre 2019
L’audio dell’incontro il 19 febbraio 2014 di Barbagallo con Zonin e Trinca in Bankitalia. Il verbale secretato dalla Commissione Banche.
Le due venete insieme ora, poi decide la BCE!


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Trascrizione registrazione incontro Barbagallo – Trinca – Zonin
Del 19 febbraio 2014 a Roma z: Zonin t: Trinca b: Barbagallo
Parti non chiare o non intellegibili con sufficienza sicurezza sono sostituita da “…” così come non abbiamo inserito una puntuale punteggiatura per non influenza chi legge, visto che l’oggettività è solo nell’audio per le parti più certe.
b: bene veniamo a noi. La riunione spero almeno sarà “…” le posizioni di entrambi credo che sia noto ad entrambi che dal nostro punto di vista la soluzione che noi… riteniamo anche che una qualsiasi soluzione debba comunque essere votata quindi debbano esserci le condizioni perché entrambe le parti possano votarla e sotto questo profilo credo il lavoro da fare sia molto. Chiaramente serve prima di arrivare a questo ci sia… t: parlo io visto che il Presidente Zonin ha parlato tanto “…” fino adesso sui giornali e forse è opportuno che parli io magari non sui giornali ma diciamo che siamo partiti dal 27 di dicembre (2013) in cui noi abbiamo avuto una doccia fredda perché le dichiarazioni del
presidente Zonin sono state non entusiasmanti ma neppure ci hanno dato un là per poter considerare la cosa, perché il presidente Zonin ha detto a me hanno detto che devo fare questa operazione io la faccio però voglio la garanzia di avere la governance tutta mia. Richiesta che secondo me poi non so altri, secondo me non aveva senso comunque questo era “…” per cui è evidente che noi questa condizione siamo partiti immediatamente “…” siamo partiti invece con tutte le considerazioni e con tutte le indicazioni che Banca d’Italia ci ha dato per arrivare ad una situazione ad una soluzione in modo che la banca potesse andare avanti. Questo è, questa è la premessa che io voglio fare. Poi è evidente che con gli articoli dei giornali di questi periodi di questi giorni e soprattutto degli ultimi 10/15 giorni se poteva essere considerata la cosa anche da parte di tutti gli stakeholders perché abbiamo il personale, abbiamo i soci quindi abbiamo la responsabilità di mantenere la fiducia che questi soci ci hanno dato è evidente che è diventata ancora più difficile perché non è possibile dichiarare cose e poi smentirle e poi la situazione non ci avete “…” almeno personalmente poi sa non sono il solo io
ho un consiglio di amministrazione però personalmente non ci ha aiutato a non ha aiutato me a fare delle considerazioni positive ora è evidente se come si era detto ultimamente se le condizioni per una fusione possono essere considerate alla pari, alla pari che cosa vuol dire alla pari. Alla pari cosa vuol dire, a parte la governance, che la dichiarano e la nominano i soci e non noi consiglieri o presidenti ma le condizioni di parità sulla base anche delle situazioni effettive e “…” qualitative “…” con tutti i parametri che devono essere z: premetto che io sono stato 20 giorni e in questi 20 giorni non ho parlato forse il presidente Trinca confonde l’interpretazione dei giornalisti “…” siamo abituati oramai ai discorsi dei giornali che confondono le dichiarazioni delle persone “…” allora io ho fatto una sola dichiarazione che è esattamente questa che sono favorevole a una eventuale fusione della Veneto banca a precise condizioni e lei sa quali sono. Allora questa è stata l’unica dichiarazione che io ho fatto “…” poi “…” al Forex io non c’ero perché ero “…” il mio direttore generale ha fatto una dichiarazione di apertura e ha detto che secondo lui è un buon progetto porta un tema caldo sul territorio uno può dire di si può dire di no “…” queste sono le due dichiarazioni uniche che abbiamo fatto. Ora ieri sono stato bombardato da perché abbiamo annunciato un aumento di capitale “…” ehh allora sfido chiunque mi dica su che cosa “…” che dichiarazioni che ho fatto “…” è chiaro che non abbiamo mai avuto nessun incontro salvo un breve e fugace incontro di cui “…” perché volevo dire le bugie hanno le gambe corte ehh circa due mesi fa ho detto che è quello che abbiamo avuto poi a Cà Vescovo. Siamo andati in Friuli per non farci vedere “…” io ho fatto 400 km quel giorno “…” li hanno fatti anche loro “…” e ho detto che noi
stavamo esaminando più dossier in modo particolare un dossier su Veneto Banca “…” ci sono anche altre situazioni più piccole che stiamo guardando però non abbiamo deciso niente non abbiamo fatto niente sono le uniche dichiarazioni che abbiamo fatto una di apertura del nostro direttore generale che ha dato una dichiarazione che parlava del territorio introducendo soltanto “…” poi le mie opinioni” … “io sono a disposizione adesso se poi i giornalisti ci ricamano, fanno i titoli, fanno le cose che nessuno ha mai detto ma dicono che cosa serve il miliardo” …” serve per fare acquisizioni, non può essere vero e non è vero anche perché non lo impegneremo in quella direzione ma voglio dire noi non c’entriamo assolutamente niente allora questa è la dichiarazione di oggi pomeriggio dell’amministratore delegato del presidente Trinca t: così mi informi anche perché non so niente
z: allora, poi lascio a lei i commenti “…”. Avevo promesso che non sarei più intervenuto perché la Popolare di Vicenza io non parlo più e lo faccio obtorto collo.
Ribadisco quanto dichiarato dal presidente Trinca t : a suo tempo sì.. z: no qui è scritto “…” ribadisco quanto dichiarato a suo tempo dal presidente Trinca t: ma io non ho parlato con nessuno, io z: “…” mandato a tutti i dipendenti della Veneto Banca ‘l’operazione con la Popolare di Vicenza è sbagliata sotto il profilo industriale e incoerente con l’interesse dei soci, di tutti i colleghi e del territorio. Questa è la nostra linea oggi e sarà la nostra linea domani’ t: non sapevo niente z: ricordo che la banca ha un patrimonio, una liquidità e una redditività adeguata “…” sono i dati su Internet me li hanno mandati adesso questa è la prima. Poi ne ha fatta un’altra questa a tutti i dipenden-
ti. Questa è una cosa che io reputo anche grave e che mi convince che forse l’interesse di continuare “…” no questa prima adesso parlo della seconda “…” ‘gli aumenti di capitale non nascono per permettere fusioni e possono celare necessità di rafforzamento patrimoniale notevolmente superiori a quanto viene dichiarato a gran voce’. il governatore “…” semplicemente abbiamo queste dichiarazioni sono molto o siamo alla frutta, è un pensiero, e quindi quando si è alla frutta le persone, diciamo che non hanno più il controllo, oppure “…” molto pesanti “…” che abbiamo necessità “…” notevolmente superiori i dati a quanto viene dichiarato no. Allora. O lui è una persona che “…”
t: ma io non valuterei nessuna persona e nessuna personalità in questo momento anche perché anche perché queste dichiarazioni provengono da quelle precedenti fatte da voi c’è poco da fare
z: dopo magari parli tu t: prego prego, parlo mai “…” io z: ‘questa è la nostra linea oggi sarà la nostra linea domani ricordo alla banca che ha patrimonio, liquidità e redditività adeguate e ribadisco quanto dichiarato dal presidente Trinca l’operazione con la Popolare di Vicenza è sbagliata sotto il profi-
lo industriale e incoerente con l’interesse dei soci, di tutti i colleghi e del territorio’. Allora questo è quello che ha dichiarato l’amministratore delegato.
t: certo e io dico finalmente si è posto nella mia posizione. Questa è sempre stata la mia posizione fin dall’inizio. Io non faccio dichiarazioni non faccio nessuna dichiarazione. Però la determinazione ce l’ho. Questo è il discorso. Poi ti dico una cosa e non te la dico più perché si deve fare chiacchere che sono possono essere “…” scusa il termine. Il tuo amministratore il tuo direttore generale mi ha chiamato in disparte e mi ha detto non ti preoccupare che non che ti facciamo azioni di responsabilità. Questo ha detto il tuo direttore generale, a me e anche all’amministratore delegato “…”
z: …vedi “…” mi scusi direttore.
b: prego
z: se tu vieni da me e mi dici guarda Gianni io ritengo che sia sbagliata la cosa io primo non mi arrabbio, non mi offendo.
t: neanch’io non mi arrabbio
z: lo sappiamo in due “…” e non è successo assolutamente niente, non è successo niente. ma quando uno lo manda e lo dichiara a tutti i giornali la manda via email e manda una mail e dichiara quello che

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ha dichiarato allora non è più “…” voglio dire, oggi alle generali stanno discutendo “…” allora uno non so può fare anche o può commettere degli errori in buona fede tutto quanto, uno dice guarda forse è per dire guarda noi non ti preoccupare se c’è anche qualche cosa che fosse stato un errore “…” da noi a voi “…” secondo me è una cortesia per dire se voi siete di questa idea guarda che noi abbiamo anche questo sentimento, secondo me va apprezzato ma se dice una cosa così e la dice a 50 giornalisti io troverei che è un fatto gravissimo e riprenderei il mio direttore generale ma non lo riprenderei direi guardi deve imparare a fare la comunicazione “…” io l’ho imparato adesso “…” queste qua sono cose che sono “…” dappertutto io sto facendo un aumento di capitale e quando vengono fatte queste dichiarazioni da una banca concorrente devo confessare“…” allora tanto è vero che è già partito per l’avvocato per esaminare “…”) se questo vi sembra il modo di sedersi a un tavolo con queste dichiarazioni nei confronti del mio istituto guardi noi ci siamo parlati a suo tempo non è stata un’iniziativa mia. Il presidente Trinca mi ha chiamato per un incontro, per non farci vedere, per fare la massima riservatezza siamo andati “…” ho fatto una sola dichiarazione, una, una sola dichiarazione poi su questa dichiarazione ci hanno ricamato tutti quanti. Allora vedono un aumento vedono “…” ma le dichiarazioni che ho fatto non esistono. E il mio direttore ha fatto una dichiarazione corretta onesta che condivido e non ha offeso nessuno anzi, anzi “…” poi t: ma scusa un attimo. Uno che ti fa una dichiarazione del genere è chiaro che pensa che ci sia qualcosa che non funziona o che ci siano delle scorrettezze, permetterai secondo me è così comunque per l’amor….
z: “…” quindi non ha offeso nessuno “…”
t: va ben
z: “…” se mai se c’è una cosa è con un rapporto amichevole non è con un rapporto
b: comunque “…” niente “…” non ho appreso nulla di nuovo debbo dire nel senso che sapevo e so sappiamo perfettamente che questa è un’operazione molto difficile doveva “…” fare un passo indietro per dire perché noi abbiamo immaginato “…” perché vi assomigliate molto no e questo credo che insomma sia del tutto evidente. Assomigliate su certi aspetti fondamentali, banche non quotate, con valori molti simili, eccetera eccetera siete sullo stesso territorio e di dimensioni piuttosto simili e per cui uno dice ma cosa c’è di nuovo rispetto a “…” c’è qualcosa perché “…” può cambiare da un momento all’altro o e la verità che c’è di nuovo “…” L’Aqr “…” la necessità di avere le banche forti sotto molti profili, il profilo patrimoniale è un profilo ma non è l’unico profilo serve diciamo un management di elevato livello serve “…” la governance di elevato livello la capacità di dialogare con l’Europa, la capacità anche di competere sui mercati internazionali, perché è evidente che nel momento in cui si passa alla Banking union il mercato si apre, sarà “…” sarà dopodomani ma certamente si apre quando sarà, quando si aprirà questo lo vedremo però certamente da novembre di quest’anno non diciamo “…” le cose cambieranno drasticamente. A Francoforte si sta procedendo con passi velocissimi, con una grandissima determinazione, questo ve lo posso testimoniare ho partecipato alle prime due riunioni del Supervisory board la determinazione è “…” l’atteggiamento nei confronti dei paesi percepiti deboli non è diciamo, non fa presagire nulla di buono poi magari vedremo insomma ma chiaramente diciamo noi assistia-
Banche
mo a una governance europea che ha certe caratteristiche “…” blocco tedesco-francese, e dall’altra parte “…” non conterebbero niente perché stiamo parlando “…” 400.000 anime “…” piuttosto che Cipro che ha i suoi problemi, piuttosto che la Lettonia, l’Estonia eccetera eccetera la Slovenia e che però diciamo pure questi che non conterebbero mai nulla diciamo in una situazione completamente diversa finiscono per contare, qualcuno diciamo fa anche le sue alleanze “…” in particolare ma anche “…” e quant’altro. In una situazione di questo tipo noi dobbiamo essere no forti di più fortissimi. Fortissimi dal punto di vista patrimoniale, fortissimi come struttura di governo, fortissimi come diciamo qualità dei dirigenti e fortissimi sul territorio. e per questo che un’operazione di questo tipo che è sulla carta diciamo “…” quei presupposti che dicevo prima si pone quasi in“…”. Fermo restando che noi sapevamo e continuiamo ovviamente a saperlo che dal punto di vista personale ci sono delle difficoltà, però con l’invito, era, che rimane questo, però poi nessuno deve fare le cose per forza. L’invito era ed è quello di verificare quali siano i presupposti tecnici anzitutto “…” cioè facciamo una due diligence andiamo a verificare quali sono i valori della “…” quello finale “…” affrontando, come dire, un problema alla volta “…” le situazioni tecniche delle due banche chiaramente date in mano a esperti che siano in grado di valutare con la dovuta modalità e professionalità “…” andando avanti per verificare quali possano essere le soluzioni, poi ovviamente Banca d’Italia sarà solo spettatrice noi vorremmo avremmo voluto e vorremmo ancora essere garanti di un, di una vostra azione fair al di là appunto delle dichiarazioni, di una valutazione tecnica e i problemi di governance si vedrà “…” però ecco non parti “…”

t: proprio per darle atto, per darle atto, noi abbiamo incaricato Goldman Sachs di fare due analisi,: un’analisi di ricerca nel mercato bancario di un eventuale partner, una seconda di valutare e la prima l’incarico che abbiamo dato come prima analisi del secondo di valutare la possibilità di fare delle aggregazioni e come primo mandato abbiamo detto proprio andate che andate ad effettuare sta analisi da Popolare di Vicenza e quindi verranno cioè “…” non “…” dott. Barbagallo, scusami, dott. Barbagallo, noi non ci siamo bloccati abbiamo fatto quello che voi ci avevate detto b: no questo d’accordo dico, lo trovo, mi consenta “…”. cioè o meglio mi sembra qua ci sia come dire lei dice è quasi un atto dovuto ce lo avete chiesto lo facciamo, lo facciamo
t: ma non è vero, perché bastava che, bastava che non si andasse nei giornali, questo “…”noi abbiamo b: no però “…”
t: i nostri soci si stanno preoccupando notevolmente b: guardi, io t: io ho la responsabilità b: sui giornali
t: di salvaguardare l’interesse dei soci bon “…”
b: “…” dicono di tutto e di più è capitato recentemente sono stato in Veneto Banca per la consegna di un rapporto ispettivo. C’era un nugolo di giornalisti che mi hanno chiesto ma come è andata come è andata. Ma come è andata “…” Dopo di che hanno scritto che Veneto Banca era “…”
t: si io non parlo mai con i giornalisti, io non parlo mai con i giornalisti b: roba da matti
t: non parlo mai, ho richiamato anche il mio amministratore delegato e ho detto faccia la cortesia lasci perdere “…” nooo
b: “…” ok perfetto capisco però “…” ci sono diciamo delle “…” come dire insomma questo però “…” il punto qui è c’è un’occasione io credo importante per “…” non per le persone per il territorio, per il paese per si pone in questo momento non credo si porrà più così non lo so se si porrà può darsi che probabilmente non si porrà allora perché non coglierla lavorando passo passo e quindi cominciando con appunto una valutazione dei fondamentali de “… può dire vabbè questa è una banca che è ottima dal punto reddituale “…” per carità sarà così “…” questa valutazione da una parte e dall’altra evidentemente no dopo di
che si vedranno i problemi uno alla volta e magari li affrontiamo diciamo in un triangolo nel senso che noi saremo diciamo presenti se riterrete diciamo a fare queste valutazioni insieme se lo riterrete non fermerei questa cosa salvo che poi non mi diciate che è proprio impossibile “…” adesso qui tutte le affermazioni tutti i problemi di cui vi ho parlato sono veri e rimmarranno però in questo momento proverei a “…” per vedere se c’è una fattibilità tecnica
t: Goldman Sachs sta ancora lavorando, domani noi abbiamo un consiglio ci sarà la prima relazione poi procederà su questo punto del piano per andare a verificare nelle banche e nelle realtà che loro ritengono che siano possibili per un una nostra aggregazione andranno a verificare le possibilità o l’eventuale disponibilità che ci sono io
b: devo dire che i tempi sono importanti “…”
t: beh è chiaro che comunque che comunque dobbiamo è chiaro che comunque dobbiamo attendere l’Aqr perché prima prima
b: l’Aqr “…” a novembre
t: ma e possiamo noi valutare valutare fare delle valutazioni al di fuori di quello che poi sarà il responso dell’Aqr dott. Barbagallo?
b: presidente ma lei mi sta dicendo che da qui a novembre tutto si deve fermare perché c’è l’Aqr
t: non è che si fermi
b: nel senso anche il sistema che ci saranno altre operazioni non è che uno si ferma perché c’è l’Aqr “…”
L’aqr “…” ce l’avete voi ce l’ha Vicenza
t: certo
b: quindi non è che ce l’ha solo una parte per cui non so “…” presidente se l’avessero solo loro io potrei anche capire ma in realtà ce l’avete entrambi siete più o meno simili dal punto di vista quantitativo dal punto di vista qualitativo si vedrà però “…” no e in ogni caso una due diligence può fare queste valutazio-
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ni no sul piano di parità ove mai ci fosse uno svantaggio sarebbe uno svantaggio per entrambi se fosse se venisse da metodologie “…” però nel senso che fatta bene la due diligence vi mette assolutamente sullo stesso piano perché bisogna perché aspettare novembre significa per noi non avere più il governo di questa cosa cioè io ricordo che dal 4 di novembre non saremmo più noi a decidere la competenza passa all’SSM quindi noi saremo uno “…” In un contesto non certo migliore “…”ma in tutti i sensi anche nel senso di una severità che purtroppo in Europa è molto maggiore rispetto a quella che noi “…” perché si sentono ragionamenti assurdi del tipo perché uno va sotto “…” non riesce a “…” fuori mercato “…” cioè discorsi del tipo “…” sono cose assurde che noi non concepiamo e non concepiremo mai però torno a dire è domani domani il momento “…”per me arrivare a novembre o oltre novembre è una cosa che non credo possibile. Il ragionamento di guardare all’Aqr non mi convince perché “…” l’Aqr ce l’avete voi ce l’ha Vicenza quindi o questa cosa si fa in tempi brevi oppure se non la volete fare non la facciamo non la si faccia e va bene così non c’è nessun problema nel senso che poi si troveranno altre soluzioni però ecco allora o si fa in tempi brevi o non si fa questo “…” se l’idea è quella di portarla alle lunghe di arrivare oltre i risultati dell’Aqr, non ci siamo ma anche per un fatto ripeto lo sottolineo oggettivo cioè non saremo più noi a decidere, quindi
t: domani lo porterò in consiglio in consiglio e vediamo che cosa decidiamo b: bene
z: “…” è il comportamento di certe persone che oltre che maleducato è anche scorretto quindi mi trovo a disagio perché lei lo sa cosa ho sempre detto lo sa “…” le riconfer-
mo che ho fatto una sola dichiarazione che è quella che a certe condizioni siamo disponibili a fare questa operazione. E lei sa quali sono le condizioni. Il mio direttore ha confermato quello che pensa la Banca d’Italia ha detto che è un buon progetto “…” ha detto ha sentito cosa ha dichiarato e come hanno dichiarato ogni giorno se vuole glieli ho lasciati giù in macchina“…” t: anch’io li ho lasciati i tuoi giù in macchina
z: ecco e allora che mi prendono virgolettato quello che ho detto virgolettato “…” i giornalisti chi se ne importa allora i giornalisti servono per fare confusione, devono vendere i giornali e hanno la loro “…”
Allora quando uno fa dichiarazioni virgolettate e le fa scorrette allora deve assumersi le sue responsabilità se sono interpretazioni dei giornali ma chi se ne importa anzi fanno pubblicità anche qualche volta sotto certi aspetti è venuto fuori di tutto ieri con l’aumento di capitale “…” bisogna riderci sopra poi fare anche la battuta scherzosa eccetera il mio direttore ha fatto una dichiarazione che è quella che conosce che è una dichiarazione seria corretta in linea con i pensieri dell’azienda Io ho fatto una “…” vedi è importante come la penso io non cambio idea
b: no d’accordo, adesso però
z: il problema è un altro e l’avevo previsto
b: giusto “…”, io avete visto ho cercato di lasciare da parte questi aspetti perché io ragiono “…” no, no “…”non voglio sottovalutare l’importanza
z: fa dichiarazioni no ma non è quello “…”
b: no,no ma
z: e che io sono “…”
b: no lo capisco “…” però io non è che voglio trascurare l’importanza “…” di certe affermazioni piuttosto che di altre come anche sono ovviamente consapevole come dicevo prima del fatto che i giornalisti
“…” dicevo semplicemente come noi guardiamo all’oggettività guardiamo alle aziende guardiamo “…” guardiamo alle banche guardiamo ai territori, guardiamo al Paese come Banca d’Italia no le persone passano le imprese restano e l’interesse del Paese è qualcosa di più importante delle singole persone per questo io dico no che ci sfugga le caratteristiche delle persone, le dichiarazioni la loro rilevanza la loro valenza non ci sfugge ovviamente “…” questo saremmo fuori dal mondo ma volevamo tirare fuori questo questo questa parte “…” per capire invece se ci sono ragionamenti che si possono fare su un piano più oggettivo dove si vanno a contrapporre interessi “…” t: questa è la cosa fondamentale b: “…” dopo di che poi ovviamente la governance bisognerà dargliela però è un qualcosa che ragionerò non che poi se non si ha un accordo sulla governance si fa “…” perchè poi alla fine “…” Banca d’Italia sulla base delle informazioni che la Banca d’Italia ha magari “…” però “…” effettivamente la Banca d’Italia, la Banca d’Italia ha il dovere di farsi valere non è che può “…” evidentemente quindi con questa premessa ovviamente l’idea era andiamo avanti e vediamo mettendo il discorso della governance “…” ma non per “…” semplicemente perché se partiamo dalla governance non andiamo da nessuna parte se andiamo a vedere “…” gli interessi dei soci da una parte e dall’altra “…” dopo si vede se è possibile un accordo sulla governance, se non è possibile si vedrà. Questo era il percorso che io diciamo vedevo dopodiché mi pare di capire che lei (si riferisce a Trinca, ndr) porrà questo tema?
t: come no b: all’attenzione del consiglio di amministrazione io mi fermerei
t: noi non siamo venuti meno alla raccomandazione di Banca d’Italia, questo glielo assicuro io b: però guardi che i tempi cioè se lei scusi adesso non voglio fare però io vorrei dirle se lei viene incontro alle raccomandazioni della Banca d’Italia in tempo infinito cioè lei deve venire incontro Veneto Banca “…” a Banca d’Italia in tempo finito, in tempo preciso che è il tempo “…” non in un tempo ulteriore rispetto a quello perché se no “…” glielo dico “…” ovviamente perché è ovvio t: capisco capisco b: tutto quà devo dire poi potete dire di sì potete dire di no potete trovare ancora altre soluzioni “…” non è che guardi allora in questo veramente vorrei essere molto chiaro ne approfitto della presenza “…” noi non è che abbiamo tirato fuori come cilindro dal cappello la soluzione Vicenza perché chissà ci eravamo innamorati “…”. considera“…” considerato questa cosa come eccezionale è semplicemente perché le considerazioni “…” vi assomigliate così tanto ed è così difficile combinare le vostre aziende con altre per ovvie considerazioni perché le altre son quotate perché hanno valori molto più bassi perché sono in una situazione diversa perché alcune sono Spa che non c’erano obiettivamente tante altre su questo “…” non è che c’è una preferenza “…” semplicemente che era ed è un matrimonio che sembra abbastanza ovvio e logico “…” risolvere sulla base delle informazioni che noi abbiamo acquisito di cui poi dobbiamo tener conto “…” le cose “…”dovessimo far diversamente non potremmo, questo deve essere chiaro detto tutto questo fate le vostre valutazioni lei (riferito a Trinca, ndr) cortesemente porti questo elemento del tempo riprendendolo da quello che ci siamo“…” t: si si b: va bene
t: “…” valuta te meglio le cose “…” molto più obiettivamente “…” (Trinca sicuramente rivolto a Zonin). (Non) conclusioni Nel concludere queste note, che abbiamo voluto concentrare non su opinabili considerazioni generali ma su un fatto concreto ma secondo noi fondamentale per capire meglio e da una visuale non condizionata quanto è avvenuto in Veneto alle sue banche, - non traiamo altre conclusioni oltre quelle evidenti nel documento stesso
- rileviamo l’esistenza agli atti del Processo BPVi in corso di un documento di Banca d’Italia “Appunto di Stefano De Polis per Carmelo Barbagallo, 24-22014” steso e firmato dal vice capo dipartimento della Vigilanza, Stefano De Polis, che relaziona dell’incontro di cui all’audio dandosi per presente allo stesso, cosa che non appare dalla registrazione completa in cui non si rilevano altre voci se non quelle di Barbagallo, Zonin e Trinca. Oltre alla prova audio potrebbero confermare la presenza o l’assenza del vice capo dipartimento il dr. Barbagallo e il dr. Trinca, persone non indagate ad oggi a differenza di Zonin. Se fosse confermata l’assenza dell’estensore del documento, che dovrebbe essere agli atti della Commissione di inchiesta precedente, come fatto intendere dal dr. Trequattrini, che nel suo scambio di mail con chi scrive riferisce di un verbale Bankitalia agli atti della Commissione e secretato, sarà la Commissione in indirizzo di questo contributo a fare lòe relative considerazioni
- contiamo che la Commissione possa prenderne spunto da tutto quanto sopra per andare oltre dove noi siamo arrivati
Banche- ci rendiamo fin d’ora disponibili ad ogni altro ulteriore nostro supporto, magari anche attingendo al nostro archivio, che scopriamo pieno di sorprese anche per noi. Vi inoltriamo, ad esempio, altresì la lettera indirizzata dalla BCE il 9 dicembre 2015, a firma Daniele Nouy (Presidente del Consiglio di vigilanza) al Consiglio di Amministrazione di Veneto Banca S.c.p.a. Come si legge chiaramente, Bce di fatto impone alla Banca l’attuazione del progetto “Serenissima” (trasformazione in S.p.A, aumento di capitale e quotazione) superando di fatto le competenze dell’assemblea dei soci e dei consiglieri ai quali lascia soltanto le responsabilità delle decisioni imposte. Bce non tiene in alcun conto che per la trasformazione in S.p.A i termini sarebbero scaduti solo a fine 2017 e soprattutto che la quotazione in borsa in un momento di forte disagio della banca (ricordiamo che nel febbraio 2015 Veneto Banca era stata oggetto di una spettacolare perquisizione della Guardia di Finanza) non avrebbe potuto avere un esito diverso da quello verificatosi. - ringraziamo per l’attenzione concessa al nostro lavoro.
Estratto da BPVi e Veneto Banca. Storia dei fallimenti. La farsa degli indennizzi. Il Sistema intoccabile
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Noi, boomers . La partenza per il mare
di Massimo ParolinLa ‘600 bianca, con le porte controvento, veniva caricata a tal punto fino a far quasi toccare i pneumatici con il passaruota, quella parte di carrozzeria che raccorda il parafango con il parasassi.
Non avendo bagagliaio, ma solo un piccolo vano all’interno del cofano (la parte restante, considerato che l’altra ospitava il serbatoio dell’acqua) destinato solo alle pinzillacchere e quisquilie di poco volume, tutte le borse e le valigie venivano montate, una sull’altra, sul portapacchi. Avvolte da un telo di nylon (ma perché se non pioveva?) e tenute ferme da corde elastiche i cui ganci terminali, tirati all’inverosimile ( « tira Massimo ….. ostia …... te go dito de tirare ... » ), venivano ancorati alla struttura del portapacchi.
La 600, lunga circa tre metri e qualcosa, si proiettava in altezza oltre i due metri e cinquanta, in barba a qualsiasi regola di sicurezza. Avete presente i totem dei Pellerossa, ecco, aggiungetene la metà!
Il pomeriggio del giorno antecedente la partenza (come fosse l’ultimo viaggio della propria vita, alla stregua delle anime traghettate dal psicopompo Caronte da una riva all’altra dell’Acheronte)

si doveva salutare l’intera Contrà SS. Apostoli partendo dai portici, a scendere verso la piazzetta: la titolare del bar della Guerrina, il lattaio (deliziosi i suoi coni di panna a 30 lire), le ragazze delle Corriere Capozzo, la proprietaria della Grotta Mode (negozio al di sotto del quale si trovava il Teatro romano Berga), il titolare del negozio strumenti musicali Jacolino, lo 'scarpareto', il salumiere Bortoli dove oggi insiste un negozio di tappeti (che amavo profondamente in quanto ogni volta che mia madre faceva la spesa mi allungava una fetta di salame ungherese o milano nonché per la di lui bella figlia, da noi tutti ammirata), il fruttivendolo Dal Lago, il barbiere Cracco (che per non farmi cadere lo shampoo sugli occhi, quando
mi lavava i capelli, mi metteva in testa una ciambella di plastica, simile al copricapo dei cappellani) i gestori (moglie e marito) della macelleria Padovan et dulcis in fundo (ma proprio in fundo) gli impresari funebri Cera. Rendetevi conto del tempo ma soprattutto della pazienza che serviva ad un baby boomer qual ero per sopportare una processione simile, fatta di commiati beati voialtri ch’ndè al mare.
La partenza (il primo di luglio con ritorno il 31 dello stesso mese), la mattina seguente, era di buon’ora: 05.30 (… per raggiungere Sottomarina non Reggio Calabria). Tutto era stato caricato, veniva solamente fatto posto ad una piccola tanichetta di acqua per il radiatore ed a qualche pa-
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nino e aranciata Staro. Si alzava la levetta dell’aria posta a terra tra i due sedili anteriori e tirando la seconda levetta dell’accensione accostata alla prima si partiva con andamento caracollante verso la meta. L’aria condizionata era costituita dall’abbassamento integrale e contestuale dei due finestrini anteriori, la cui azione era chiaramente a manovella, in modo tale da “fare corrente”, anche se l’aria che entrava rimaneva calda, ventilandoci come il Favonio (Fohn) in Svizzera e con mia madre ad urlarmi « metete el coton ‘ntee recie che te vien l’otite e non torno a casa par ti » Il percorso, noto a tutti, comprendeva l’attraversamento di Padova dove puntualmente, ogni anno, ci si perdeva ( « … ma … sacramento ... non semo xà passà de qua? » ). Con me che malcelavo le risate tra gli sbuffi e le imprecazioni paterne. Anche perché il Master and Commander non seguiva mai il mio consiglio di servirsi dell’autostrada che lo avrebbe condotto oltre Padova ma preferiva fare la “strada normale”. Anzi, il Nostromo, tentava di gabbarmi dicendomi falsamente, mentre lo percorrevamo, che la vera autostrada era il rettilineo che da Ponte San Nicolò portava a Piove di Sacco. Quasi fossi un minus habens che non ne capiva la differenza.
Dopo avere superato con difficoltà Padova, essersi fermati un paio di volte perché l’acqua del radiatore aveva raggiunto gradazioni degne di Mercurio, ci si incanalava sulla strada principale che portava a Sottomarina impattando con la coda kilometrica da incubo che ci aspettava sogghignante come il peggiore dei pupazzi o clown horror di kinghiana memoria. Alla sua vista mio padre
mollava, desolato, il volante della 600 ed apriva le braccia, come nei dipinti il Don Bosco dei ragazzi, esclamando qua non rivemo più ! Ecco allora, che lo spirito di Pigafetta, si impossessava del conducente (che nel frattempo per la calura si era fatto un copricapo artigianale con un fazzoletto annodato ai quattro angoli, affinché il sudore non cadesse dalla testa pelata sugli occhi), il quale, pensando fosse una genialata, svoltava verso la strada che correva lungo l’argine sinistro del Brenta, esclamando un soddisfatto: tajemo de qua! Ma altresì aprendo una discussione con il sottoscritto che sommessamente gli diceva guarda che potremmo imbatterci egualmente in incolonnamenti. Taxi ti bocia ….. cossa vuto savere …. xe quaranta anni che fasso sta strada …. la lapidaria risposta. Bene, percorsi due Kilometri, una nuova coda si mostrava a noi nella sua più eterea bellezza. Ma non mi arrischiavo mai a dire te l’avevo detto, perché mia madre voltandosi verso di me, senza parlare, con uno sguardo complice e grazioso mi ammutoliva. Dopo
circa un’ ora, un’ora e mezza si riusciva ad intravedere la laguna del Lusenzo ed a annusare i suoi miasmi.
Finalmente si arrivava alle nove e mezza , dieci (in totale quattro ore e mezza di viaggio della passione) sul lungomare ove stanziavano decine di donne urlanti con l’accento chioggiotto e con la testa compressa tra le mani come nel dipinto di Munch (e non è un eufemismo considerato che lo facevano alle auto in transito): « Sior volo un appartamento? …. Siora voa na stansa? » .
Appartamento che poi, nella maggioranza dei casi, si rivelava essere uno scantinato o addirittura un negozio dove, per poter dormire la notte era necessario, abbassare la saracinesca. Era quello che con ogni probabilità rimaneva sfitto, rimasto, considerato che le case migliori erano già state locate addirittura a partire dall’inverno precedente.
Eravamo arrivati, il cielo era terso, il mare una tavola, le vacanze potevano iniziare.

Parlamento,
Consiglio,
Commissione . La struttura triangolare dell'UE: proviamo a conoscerla
Le elezioni europee del 2024 sono cruciali per determinare la composizione e l'orientamento politico delle principali istituzioni dell'UE, riflettendo l'importanza del voto in una struttura governativa complessa e influente
di Salvatore Borghese
Analista politico
Quorum/YouTrend
Le elezioni europee dell’8 e 9 giugno sono senza dubbio l’appuntamento elettorale più importante del 2024 per il nostro Paese. In realtà si tratta di un’elezione importante per tutta l’Unione Europea – ovviamente – ma anche per il mondo, in un anno che peraltro si contraddistingue per un numero da record di cittadini chiamati alle urne (si vota in Europa, ma si voterà anche negli USA a novembre, e si sta votando in queste settimane in India).
In Italia, però, si ha la sensazione che le elezioni europee non siano poi così rilevanti. In effetti, sia l’opinione pubblica sia la stessa classe politica tendono a considerarle come una sorta di “secondo tempo” delle elezioni politiche. Di recente, una importante esponente di un partito di maggioranza ha definito esplicitamente le elezioni europee “una sorta di elezioni di midterm (metà mandato, ndr), un tagliando per il Governo”. Naturalmente, non è così. Gli elettori europei –italiani compresi – si recheranno alle urne, tutti insieme negli stessi giorni, per eleggere un unico Parlamento. Ma la vera incognita, per molti cittadini, è: in che modo il loro voto potrà avere

un impatto concreto sulle istituzioni che governano l’Europa?
Per cosa si vota?
La domanda è legittima, e il dubbio comprensibile. Quando andiamo a votare per le elezioni comunali, ad esempio, è molto facile capire per cosa stiamo votando: scegliamo di votare per il candidato che vorremmo diventasse sindaco della nostra città, e possiamo anche votare una lista ed esprimere delle preferenze per eleggere i consiglieri comunali da cui ci sentiamo più rappresentati. Lo stesso meccanismo, altrettanto semplice e intuitivo, lo vediamo alle elezioni regionali, quando votiamo per un candidato presidente e per i candidati al consiglio regionale. In entrambi i casi, prima di andare a votare, sappiamo già che il candidato sindaco (o presidente) che otterrà più voti sarà eletto Sindaco (o presi-
dente della Regione) e governerà la città (o la Regione) per 5 anni – salvo “disavventure”, come la cronaca, anche attuale, ci ricorda.
Anche quando si vota per le elezioni politiche nazionali la situazione è molto comprensibile. Si vota –formalmente – per eleggere le due Camere che formano il Parlamento italiano, ma ormai da molti anni gli italiani si aspettano anche che sulla base di quel voto si formi poi un Governo che rispecchi le loro preferenze. A tal punto che, non poche volte, questo concetto è stato distorto parlando di “governo non eletto dai cittadini” da parte di chi voleva criticare – negandone la legittimità –quegli esecutivi frutto di accordi più o meno trasversali, o comunque non coincidenti con le coalizioni che si erano presentate ai cittadini al momento delle elezioni.
Una struttura triangolare
Questo avviene perché l’Italia ha, come noto, una forma di governo parlamentare, dove cioè i cittadini votano per eleggere un Parlamento, il quale a sua volta dà (o toglie) la fiducia a un Governo. Molti altri paesi europei hanno una struttura simile, con poche eccezioni (tra cui la Francia, dove i cittadini eleggono direttamente anche il Presidente, che è a capo del governo). Ma l’UE non è uno Stato, quindi come può il suo Parlamento indirizzare la linea politica delle istituzioni europee?
Innanzitutto, è vero che l’UE non è uno Stato, ma non è nemmeno una “semplice” organizzazione internazionale: è a tutti gli effetti un sistema “ibrido”, che per certi aspetti ha poteri e regole simili a quelle degli stati. Uno di questi aspetti è proprio il sistema istituzionale, che però – a differenza degli stati con una forma di governo parlamentare, come l’Italia – non vede il Parlamento in posizione centrale. Le istituzioni dell’UE sono invece articolate su una struttura che potremmo definire “triangolare” (si veda l'immagine in alto a destra).
Per capire come funziona questa struttura triangolare, può es-

sere utile fare un paragone con gli Stati Uniti d’America. Gli USA sono un sistema presidenziale, dove c’è un capo del governo (il Presidente) eletto direttamente dai cittadini, così come i due rami del Congresso (il parlamento americano): la Camera, in cui ogni seggio rappresenta un numero simile di elettori, che rappresenta idealmente “il popolo”; e il Senato, in cui per ognuno dei 50 stati americani, indipendentemente dalla sua popolazione, vengono eletti due senatori, e che quindi si basa su una forma di rappresentanza degli stati, più che dei cittadini.
Parlamento, Consiglio, Commissione
Se si vuole, l’Unione Europea ha una struttura non troppo diversa: le tre istituzioni che compongono il “triangolo” sono la Commissione, il Consiglio e (appunto) il Parlamento. Cominciamo proprio da quest’ultimo, che, come si è detto, è eletto a suffragio universale diretto dagli elettori di tutti gli stati membri: ciascun paese aderente all’UE elegge un numero di europarlamentari proporzionale alla sua popolazione, e questo perché il Parlamento europeo è pensato per rappresentare

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(proprio come la Camera negli USA) il popolo, e non gli stati – tanto che i parlamentari una volta eletti si organizzano per gruppi sulla base all’affiliazione politico-ideologica, e non in base alla nazionalità.
Il Consiglio è invece l’organo che rappresenta gli stati: la sua composizione varia a seconda del contesto, ma in ogni caso è formato dai capi o dai rappresentanti dei governi di ciascuno Stato membro. Quando si riuniscono i capi di governo (nel giornalismo si parla di “vertice” europeo) il Consiglio ha una funzione di impulso e coordinamento delle attività generali dell’UE, mentre ha una funzione più operativa quando si riuniscono i ministri (o i sottosegretari) di ciascuno Stato membro nelle diverse materie: ad esempio, tutti i 27 ministri delle finanze (è il cosiddetto “EcoFin”), oppure tutti i 27 ministri della salute, o degli interni, o degli esteri. In questo caso, il Consiglio vota per approvare (o per respingere) le proposte della Commissione: in certi casi, le decisioni devono essere prese all’unanimità, con il risultato che ogni singolo Stato membro dispone di un potere di veto in grado di bloccare decisioni importanti (si pensi alle difficili votazioni per concedere aiuti europei all’Ucraina, bloccate a lungo dal veto dell’Ungheria guidata dal filorusso Viktor Orban). Per molti versi, quindi, il Consiglio è l’organo più “potente” dei tre, pur essendo privo di una visione comune visto che è composto da figure che rappresentano i propri paesi (e i rispettivi governi), e quindi con sensibilità nazionali, e soprattutto politiche, anche molto diverse.
Infine, la Commissione equivale, in un certo senso, al governo di un paese in un sistema parlamentare: il suo Presidente (che oggi è Ursula von der Leyen) deve avere un voto di fiducia del Parlamento per entrare in carica, e può essere in qualunque momento costretto a dimettersi se il Parlamento ap-

prova una mozione di sfiducia. Gli altri membri della Commissione (i Commissari) vengono indicati dai governi di ciascuno Stato membro, ma devono sottoporsi anche loro a un attento processo di scrutino e approvazione da parte del Parlamento. Una volta in carica, la Commissione ha il compito di tutelare l’interesse dell’Unione Europea nel suo complesso, coerentemente con gli orientamenti del Parlamento e con gli impulsi provenienti dal Consiglio. La Commissione ha potere d’iniziativa legislativa, gestisce il bilancio (ad esempio l’erogazione dei fondi europei) e assicura il rispetto degli impegni presi da parte dei governi nazionali (ad esempio per quanto riguarda la disciplina sui conti pubblici o il rispetto delle direttive comuni). Poiché è legata al Parlamento da un rapporto di fiducia, proprio come un governo nazionale, ha anche un orientamento politico: ad esempio, gli attuali commissari sono in qualche modo affiliati ai tre principali gruppi parlamentari che formano la maggioranza a sostegno della Commissione guidata da Ursula von der Leyen: popolari, socialdemocratici e liberali (429 seggi su 705 totali).
Un voto decisivo per il futuro Quindi, dal punto di vista dei cittadini, le elezioni europee saranno fondamentali soprattutto per quanto riguarda questo lato “democratico” del triangolo: il loro voto servirà a tutti gli effetti a determinare l’indirizzo politico della futura Commissione, mentre dall’altro lato saranno i governi dei singoli stati membri (anch’essi eletti democraticamente, ma in occasione delle diverse elezioni nazionali) ad avere l’ultima parola sulle decisioni più importanti, attraverso le votazioni del Consiglio.
Se pensiamo alle sfide del prossimo futuro che l’Europa ha davanti, dalla difesa comune alla transizione ecologica, passando per le norme sull’intelligenza artificiale e sulle politiche alimentari alla luce delle nuove tecnologie, si capisce bene come tutto questo avrà conseguenze dirette, e anche molto importanti, sulla vita quotidiana di tutti i cittadini. Altro che “sondaggione” sulla politica nazionale o “tagliando di midterm” per il governo attualmente in carica, insomma: le elezioni europee saranno a tutti gli effetti un appuntamento democratico di fondamentale importanza per l’Europa e per tutti i suoi cittadini.
Europee, cosa dicono i sondaggi
Al partito di Giorgia Meloni il 27,2% dei consensi sotto l’obiettivo del 30% ma “in tenuta”,
Il PD poco sopra la soglia psicologica del 20% supera di 4/5 punti il M5S, Lega e Forza
Italia in lotta per il 2° posto nel centrodestra, per gli altri partiti è corsa alla soglia del 4%
di Salvatore Borghese
Analista politico
Quorum/YouTrend
Nelle prossime settimane si concluderà finalmente la lunghissima campagna elettorale per le elezioni europee. Questo importante appuntamento elettorale determinerà i nuovi equilibri politici in Italia e in tutti i paesi chiamati al voto (oltre che nelle istituzioni europee, vedi articolo a pag. 32). Per questo, in Italia ma non solo, l’opinione pubblica ha seguito con particolare interesse le evoluzioni registrate dai sondaggi. Vediamo allora cosa dicono le stime fatte dagli istituti demoscopici, partendo proprio dalla situazione del nostro Paese.
Cosa dicono i sondaggi in Italia
In Italia, salvo grandi sorprese, Fratelli d’Italia si confermerà il primo partito, così come avvenuto alle elezioni politiche del 25 settembre 2022. La Supermedia dei sondaggi elaborata da YouTrend lo scorso 16 maggio per l’agenzia AGI attribuiva al partito di Giorgia Meloni il 27,2% dei consensi. Un dato lontano dalla soglia del 30% (obiettivo a cui, dentro FDI, non si era fatto mistero di puntare) ma comunque sufficiente a parlare di tenuta, anche perché sarebbe comunque superiore al 26% ottenuto alle Politiche 2022 – per non parlare del miglioramento con il 6,4% ottenuto alle precedenti elezioni europee, risalenti al 2019. Al

Stima dei seggi nel prossimo Parlamento europeo sulla base dei sondaggi (fonte: EuropeElects)
secondo posto dovrebbe piazzarsi il Partito Democratico, stimato poco sopra il 20% dei consensi. Quella del 20% è una soglia psicologica importante per il partito di Elly Schlein, una soglia minima che consentirebbe di parlare di ripresa rispetto al dato delle ultime, deludenti elezioni politiche. Il Movimento 5 Stelle, che per un periodo era sembrato in grado di insidiare il PD come primo partito di opposizione, sembra ora invece destinato a confermarsi al terzo posto, intorno al 15-16%. In realtà, visti i precedenti storici (il M5S è sempre andato in modo piuttosto deludente alle elezioni europee, sia nel 2014 che nel 2019) per Giuseppe Conte confermare i livelli di consenso registrati dal suo partito a set-
tembre 2022 non sarebbe affatto un risultato da buttare.
Una sfida interessante è poi quella che si profila tra Lega e Forza Italia non solo per il quarto posto assoluto, ma anche (e soprattutto) per la palma di secondo partito del centrodestra. Nell’ultima Supermedia, entrambi i partiti sono tra l’8 e il 9 per cento, valori peraltro molto simili a quelli registrati alle Politiche 2022. Se per Forza Italia quello prospettato dai sondaggi sarebbe comunque un risultato soddisfacente (anche perché, secondo alcuni osservatori, il partito era destinato a sciogliersi dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi), per la Lega e soprattutto per Matteo Salvini è quasi una questione
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di vita o di morte: il leader leghista non potrà evitare gli scomodi paragoni con il dato delle Europee 2019, quando portò la Lega ai suoi massimi storici con un incredibile 34%, per poi imboccare, proprio a partire dalle settimane successive, una parabola discendente che non si è più fermata.
La decisiva lotta per la soglia di sbarramento
Tra i partiti minori, la situazione è ancora più “appassionante”: non solo perché ci sono tre forze politiche (Stati Uniti d’Europa, Alleanza Verdi/ Sinistra e Azione) che secondo la Supermedia sono racchiuse in poco più di mezzo punto; ma anche perché ciascuna di queste tre liste non può affatto dirsi certa di superare il 4%, soglia di sbarramento minima per eleggere i propri candidati al Parlamento europeo. Se una o più di queste liste non dovessero riuscire nell’impresa, vi sarebbero molti più seggi da distribuire per i partiti maggiori: almeno 10, secondo la stima fatta da YouTrend per Sky TG24. Questo rende molto “aleatorie” anche le stime relative ai partiti maggiori: ad esempio, sempre sulla base dei sondaggi, Fratelli d’Italia potrebbe eleggere un minimo di 19 europarlamentari, oppure fino a un massimo di 26. Una differenza che potrebbe significare moltissimo per quei candidati che lotteranno per raccogliere (decine di) migliaia di preferenze, per poi magari vedere che il loro seggio non è “scattato”, magari per una manciata di voti.
I gruppi parlamentari europei Ma i 76 seggi destinati agli europarlamentari eletti in Italia saranno solo una piccola – per quanto importante – parte dei seggi totali (720) di cui sarà composto il prossimo Parlamento europeo. Per ipotizzare quale potrà essere la futura composizione dell’assemblea di Strasburgo, l’agenzia Europe Elects ha preso in considerazione e messo insieme i sondaggi effettuati in tutti e 27 gli stati

Andamento delle intenzioni di voto ai partiti in Italia da luglio 2023 a oggi (fonte: YouTrend)

Andamento della stima dei voti (in alto) e dei seggi nel prossimo Parlamento europeo (in basso) sulla base dei sondaggi (fonte: EuropeElects)

membri. Secondo le sue proiezioni, il gruppo parlamentare più grosso dovrebbe confermarsi, anche questa volta, quello dei Popolari europei (gruppo di cui fanno parte Forza Italia, la CDU tedesca e molti altri partiti di centrodestra) con circa 180 seggi, mentre quello dei Socialisti e dei democratici (il gruppo a cui sono iscritti, tra gli altri, gli italiani del PD, i tedeschi della SPD, gli spagnoli del PSOE) sembra destinato al secondo posto con circa 140 seggi. La grande incognita riguarda il risultato dei partiti iscritti ai gruppi di destra: quello dei Conservatori (di cui fa parte Fratelli d’Italia) ma anche quello degli euroscettici di Identità e Democrazia (che include la Lega, ma anche il Rassemblement National francese di Marine Le Pen). Questi due gruppi appaiono al momento in grado di insidiare il terzo posto, che dal 2019 è stato detenuto dai liberali di Renew Europe (a cui vorrebbero iscriversi sia gli eventuali eletti di Stati Uniti d’Europa di Renzi e Bonino, sia quelli di Azione di Carlo Calenda), ma comunque difficilmente otterranno più di 90 seggi.
Quale maggioranza nel prossimo Parlamento?
Ciò significa che, salvo grosse sorprese, nel prossimo Parlamento europeo una coalizione di sola destra – formata da Popolari, Conservatori ed euroscettici – non dovrebbe essere possibile, perché difficilmente supererebbe i 360 seggi su 720 totali. Questo sul piano puramente matematico: dal punto di vista politico, è estremamente improbabile (per non dire impossibile) che i moderati iscritti al gruppo dei Popolari possano mai allearsi con alcuni estremisti iscritti nei gruppi più di destra. Per questo motivo, l’esito più probabile numeri alla mano dovrebbe essere una riedizione della “grande coalizione” di cui la Commissione è stata diretta espressione nelle ultime legislature europee: ovvero una coalizione tra Popolari, Socialdemocratici e Liberali. Altri gruppi, come quelli dei Verdi o quelli appunto dei Conservatori – peraltro ben rappresentati in seno al Consi-

glio, visto che il capo del Governo italiano appartiene proprio a quel gruppo – potrebbero essere comunque decisivi in molte votazio-
ni parlamentari, dove non di rado anche in passato si sono formate maggioranze trasversali a seconda dei temi trattati.

Medioevo Vicentino Un territorio in 8 aree: la città
di Marco FerreroDopo aver visto nel numero precedente a grandi linee quali sono le caratteristiche del territorio vicentino sotto il profilo della conservazione degli edifici di epoca medievale, possiamo ora passare a prendere in considerazione otto aree, che sono state individuate non sulla base di una scelta arbitraria, ma grazie alla presenza di comuni caratteristiche e stilemi degli edifici sacri di ognuna di esse. La prima di queste è quella che si trova immediatamente al di fuori del territorio pro-

priamente cittadino che, per sua natura, costituisce un’isola a sé nel panorama dell’architettura sacra medievale. Tra tutte, l’area che possiamo definire con un termine moderno della prima cintura, non ha in realtà particolari e significative comunanza stilistiche, ma si caratterizza naturalmente per l’influsso che proveniva dalla presenza in città di


maestranze qualitativamente superiori a quelle del territorio, ma anche per la presenza di una committenza di maggiore rilievo e dal contatto con le classi signorili e nobiliari che, per propria natura, vedevano nella costruzione di un edificio sacro lo strumento attraverso il quale mettere in mostra da un lato il proprio ruolo sociale e dall’altro il mezzo per affermare sul territorio una potenza di natura politico-economica.
L’esempio forse più importante sotto questo punto di vista è quello dell'abbazia di Sant’Agostino, posta non lontano dal centro cittadino, ma nel cuore di un territorio rurale in grado di apportare alle famiglie che ne vollero la costruzione – attirando anche maestranze di grande rilievo con esperienze padovane e riminesi – una solida base economica fornita dalla coltivazione della terra.

Accanto a questi momenti di straordinaria importanza sotto il profilo ecclesiastico, politico, economico e, non ultimo artistico, il territorio vicentino è stato in grado di produrre edifici apparentemente minori, maggiormente legati alle comunità rurali che molto spesso ne hanno patrocinato la costruzione, ma che hanno nel tempo sottolineato la capacità degli artisti locali di progettare manufatti artistici di assoluto interesse.
Tra questi ricordiamo in primis la chiesa dedicata a s. Martino, situata nella parte nord della periferia cittadina: un edificio che tradisce origini antiche (VIII-IX secolo) e che nel tempo ha subito, come molti altri, evidenti rimaneggiamenti, ma che ancora è in grado di mostrare il valore di alcune decorazioni che ne dovevano arricchire l'immagine.
A Costabissara poi ecco la chiesa di S. Zeno, le cui origini appartengono ai primi secoli del medioevo, anche se la facies difficilmente oggi ci permette di leggerla come essa doveva essere, soprattutto dopo i corposi restauri, che erano tuttavia inevitabili a seguito delle precarie condizioni statiche. Chiese che rimandano a un passato ricco di cultura e sensibilità e che sono talvolta in grado di regalarci sorprese eclatanti. Come quando, durante un sopralluogo per verificare le condizioni della chiesa di S. Zeno emerse una figura di santo (s. Zeno) che, opportunamente restaurata, oggi è visibile nel piccolo, ma affascinante, Museo accanto alla Biblioteca Civica del paese.
facebook/Medioevovicentino | 2. continua

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Parise, Scapin, Pozza e tanti altri: i grandi
intellettuali vicentini sparsi (e spersi) per la città
Il plateatico di un bar, un monumento orribile, una via seminascosta, persino
una tangenziale . Così Vicenza ricorda (male) i suoi grandi intellettuali
di Tommaso De Beni
Meglio di tutti è andata forse ad Antonio Fogazzaro, che a Vicenza ha dato il nome a un liceo e una via (anzi, corso). La tristezza della dedica del parcheggio è compensata dalla Valletta del Silenzio, un’oasi naturalistica dove lo scrittore risiedeva e chiamata così da lui stesso. Anche se in patria molti critici, uno su tutti Benedetto Croce (ci consoliamo pensando che stroncò anche Leopardi e Ungaretti) lo hanno stroncato soprattutto per le idee politiche e la visione spirituale e religiosa, che però non rinnegava l’importanza della scienza e del progresso, a livello internazionale è stato molto apprezzato, tanto che per diversi anni di fila, fino al 1911, anno della sua morte, è stato l’eterno secondo del premio Nobel per la letteratura.
Peggio di tutti invece poteva andare a Fernando Bandini, poeta apprezzato da Zanzotto per la sua sensibilità e “pacatezza”, cantore negli ultimi anni dei fantasmi di Aznèciv, la sua Vicenza, presidente dell’Accademia Olimpica fino al 2011, anno della morte di Zanzotto e due anni prima della sua morte, presidente del Centro Studi Archivio Pier Paolo Pasolini di Bologna, presidente della Casa di Cultura Popolare, vincitore di cinque importanti premi di poesia. Bandini è stato anche per molti anni detentore dell’importante cattedra
di Stilistica e Metrica italiana all’Università di Padova. Di recente è uscita da parte dell’attuale giunta comunale l’idea, per fortuna subito abortita, di intitolargli la tangenziale, cosiddetta bretella dell’Albera, inaugurata dopo 35 anni di attesa. Forse sarò strano io a non cogliere la poesia insita nello scorrere del traffico, nell’odore dei fumi di scarico e nelle clacsonate dei tir, ma sono comunque felice che l’idea non sia andata in porto.

Bene, ma non benissimo, per Goffredo Parise, la cui “piazzetta” dedicata davanti alla casa dove è nato è stata importante per riqualificare una zona morta adibita a parcheggio, ma, di fatto, altro non è che il plateatico di un bar. Sicuramente, tra Parise e l’ex chiesa di San Faustino, oggi sala del cinema Odeon, lo spritz in quella zona sa di cultura. Dopo l’esordio surrealista, Parise tornò alla realtà con la trilogia iniziata dal Prete bello, da cui Mazzacurati trasse un film. Negli anni ’70 e ’80
con i Sillabari decide di dedicare un racconto ad ogni sentimento umano. Nel frattempo ci ha regalato anche interessanti reportage dal mondo, come quello sulla Cina.
Grande amico di Parise, pur nella differenza di stile e carattere, fu Guido Piovene. Chi dovesse passare a piedi per viale X Giugno, poco prima del bivio tra la strada della Commenda e quella che porta ad Arcugnano, alzando la testa (in maniera del tutto fortuita) vedrebbe la targa a lui dedicata. Portano il suo nome anche un ITC a Vicenza e una scuola media a Orgiano. Controverse furono le sue iniziali idee razziste, che poi abiurò. Cele-
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VicenzaPiùVivabre invece il suo reportage Viaggio in Italia, che racconta le grandi trasformazioni di un Paese distrutto dalla guerra che si prepara da agricolo a diventare industriale.
A Virgilio Scapin è invece dedicata una targa in una vietta. Siamo in Contrà Do Rode, in pieno centro, dove lo scrittore aveva il suo negozio di libri. Molto legato alla cittadina di Breganze, che ha istituito un premio letterario in suo onore. Ha anche scritto, a quattro mani con Cappelletti, un libro sul Parkinson, di cui soffriva negli ultimi anni. Grande appassionato di gastronomia, è stato tra i fondatori della Confraternita del Bacalà e suoi cameo sono apparsi in diversi film: Il commissario Pepe, Signore e Signori, Il comune senso del pudore.
Uno scrittore, per quanto bravo, farebbe ben poco senza un editore, e a Vicenza ce n’è stato uno di molto importante, Neri Pozza, che fu anche partigiano, scrittore, artista, incisore e collezionista d’arte. Il primo titolo della Neri Pozza edizioni, nel 1946, è stato Paludi del premio Nobel francese Andre Gide. In seguito Pozza ha collaborato, tra gli altri, con Eugenio Montale, Carlo Emilio Gadda e Mario Luzi. Nel suo testamento ha predisposto un’enorme donazione di opere d’arte ai Musei Civici di Vicenza. Dal 2012 è ricordato, in maniera un po’ triste, con una statua bronzea a ponte San Paolo, in mezzo tra un biciclettaio e la fermata del tram; opera finanziata dall’ex Banca Popolare di Vicenza che dovrebbe mostrare Pozza in un momento di riflessione, ma che sembra farlo sprofondare nelle sabbie mobili. In conclusione, questi grandi intellettuali potrebbero essere ricordati con monumenti e targhe, o meglio ancora con delle loro citazioni, tutti nello stesso punto, magari un giardino pubblico o in una biblioteca, o aula studio, oltre che con convegni ed eventi dedicati.


Volley, rugby, boxe, basket, padel e non solo . Così il Gruppo
Battistolli aiuta gli sport dilettantistici e semi-professionistici
Intervista a Luigi Battistolli sulle numerose partnership sportive che premiano le società attente alle politiche giovanili
di Tommaso De Beni
Luigi Battistolli, detto “Lucky”, non necessita di troppe presentazioni. La sua carriera nel rally inizia negli anni ’70 e prosegue, con le gare, fino ai primi 2000. Poi non ha mai smesso di seguire questo sport, praticato anche dal figlio Alberto. A fianco alla florida carriera sportiva, c’è un altrettanto virtuoso percorso imprenditoriale. Quest’intervista vuole concentrarsi non tanto sulle vittore del campione di rally, né sull’azienda in sé, ma su un aspetto particolare che sono le collaborazioni (in altri casi si chiamerebbero sponsorizzazioni, ma in questo caso è meglio parlare di partnership) del Gruppo Battistolli con diverse realtà sportive.
Quante sono attualmente le partnership sportive del Gruppo
Battistolli?
Il nostro Gruppo, attraverso la società Rangers Battistolli, è partner di numerose realtà sportive, per la maggior parte operanti nel vicentino. La più storica è rappresentata dalla Rangers Rugby Vicenza, attualmente in Serie A Elite, che ci vede al loro fianco da oltre 15 anni, sin da quando la società militava in Serie C minore. La loro crescita, sia sportiva che societaria, ma anche in termini di strutture che oggi nulla hanno da invidiare alle realtà più blasonate della palla ovale, rappresenta per noi un grande motivo di soddisfazione. Poi, con il trascorrere del tempo, abbiamo scelto di dare supporto ad altre realtà come il Vicenza Volley femminile, la Rangers Pallanuoto Vicenza, e anche un grande atleta del territorio, il Campione Europeo dei Supergallo, Luca Rigoldi. Da alcuni mesi abbiamo dato il nome


Luigi Battistolli
Rangers Battistolli al Centro Padel Delta di Altavilla Vicentina. Infine, anche in Puglia dove la Rangers ha consolidato negli ultimi tempi la propria presenza sul territorio, è stato deciso di dare un supporto a società sportive di quell’area, così abbiamo affiancato il nostro nome a realtà come la New Basket Brindisi in serie A e la Virtus Francavilla Calcio in serie C. Concludo con il motorsport, dove sia nei campionati di rally moderni che in quelli storici, alcune vetture riportano i brand Battistolli e Rangers Battistolli.
Il significato della scelta di queste partnership?
Come si può comprendere dal tipo di discipline sportive che abbiamo scelto affiancandole al nostro brand,

questi supporti sono nati dal desiderio di contribuire, attraverso un sostegno, a società comunque dilettantistiche, o semiprofessionistiche, di restituire alla comunità, quanto di positivo ha saputo offrirci per il nostro sviluppo imprenditoriale. La scelta, non potendo certo essere destinata a tutti, si è orientata verso alcune realtà, che oltre all’impegno agonistico della loro prima squadra, fossero riconoscibili per attente politiche di sostegno e sviluppo dei settori giovanili. Anche oggi, che rappresentiamo una realtà di livello nazionale, non vogliamo e possiamo dimenticare che, 65 anni or sono, tutto è nato qui a Vicenza, grazie a un’idea e al sacrificio di mio padre
Silvio, che ha avviato la prima attività di courier orafo.
Possibilità-idee-progetti di partnership future?
Al momento direi che siamo già piuttosto impegnati nelle attività di cui le ho parlato, anche perché la nostra presenza per queste società si sta concretizzando in un impegno importante e ad un sostegno in termini di idee e progetti e ad una partecipazione personale, che va oltre l’impegno economico.
Pensa che oltre alle aziende private anche il pubblico dovrebbe dare più attenzione a sport che rischiano, rispetto per esempio al calcio, di essere considerati minori?

Premetto che la definizione “minori” se devo essere sincero, non mi piace per nulla. Ogni realtà sportiva, a prescindere dalle proprie caratteristiche e dimensioni, ha una sua dignità, una sua organizzazione e porta avanti principi legati alla socialità, all’impegno per crescita sana soprattutto dei più giovani, al fair-play. Tutti principi in cui il mio Gruppo si riconosce appieno e che sono stati alla base della nostra scelta di offrire, per quanto possibile, il nostro appoggio. Credo che il settore pubblico, così come avviene in altri ambiti della nostra società, dovrebbe garantire il proprio sostegno soprattutto alle strutture delle realtà dilettantistiche, attraverso un sostegno concreto e riservando loro tariffe agevolate, se non addirittura esentarle dal pagamento delle principali utenze che spesso rappresentano costi onerosi da sostenere (immaginiamo l’illuminazione degli impianti ed il loro riscaldamento, oppure l’acqua che necessariamente si consuma all’interno delle strutture sportive). In queste società, la gran parte delle persone svolge la propria attività in forma di volontariato e quindi queste agevolazioni rappresenterebbero un riconoscimento del loro ruolo sociale e un incentivo a continuare a svolgere gli importanti compiti che rivestono all’interno di ogni comunità.

Se lo mandi in tribuna, gode
Un ricordo di Ezio Vendrame, iconica ala (o mezz’ala) del Vicenza, che rappresentò una categoria di calciatori che non esiste più
di Giulia Guidi
Giampiero Boniperti, il fuoriclasse e storico presidente della Juventus, lo definiva il Kempes italiano. Per altri, soprattutto per i tifosi vicentini, era il George Best italiano. Ma Ezio Vendrame era solo se stesso, e la scelta di esserlo sempre e comunque era il suo più grande vanto.
Era un calciatore che il destino aveva dotato di un talento limpido, cristallino, ma Ezio aveva scoperto


che l’essenziale non era nel mondo del calcio, ma altrove: nell’amore, nelle donne, nell’amicizia, nella poesia, nel vino e nella buona cucina. E sì, anche nella perdizione, a voler giudicare da bacchettoni. Ce lo racconta in una splendida autobiografia dal titolo emblematico, Se mi mandi in tribuna, godo: una sorta di epitaffio di un modo di percepire e vivere la vita ormai scomparso.
Ezio Vendrame apparteneva ad una categoria di calciatori, di uomini, ormai estinta: i Meroni, gli Zigoni, i Faloppa, i Frustalupi, i Sollier. Professionisti della vita, più che del calcio, per i quali questo era solo un
gioco, un godimento dell’anima e del corpo.
La sua autobiografia comincia così: «Mi chiamo Ezio Vendrame. Sono nato il 21 novembre 1947, a Casarsa della Delizia, in provincia allora di Udine, oggi di Pordenone, in una casa non mia, vicina ai binari morti di una ferrovia. Ne ho passate tante, e vissute di più. Ma nulla cambierei della mia vita: nemmeno l’ombra di una virgola». Con i suoi ricordi picareschi, sfrontati e naif, che vanno dritto al punto, senza cerimonie né luoghi comuni, emoziona. C’è tutto Vendrame, dentro, il suo modo irriverente di vivere, la storia di un ragazzo che grazie al calcio esce dal
pantano di un collegio dove si era ritrovato prigioniero, «con il cuore strangolato», in compagnia della fame, della paura, della pipì a letto, delle angherie dei più grandi, e soprattutto con «quel vuoto immenso dell’Assenza«.
Le prime esperienze nelle giovanili dell’Udinese, l’approdo alla serie A con la Spal (dove non esordì), con un contratto professionistico da 250.000 lire al mese, la scoperta dell’universo femminile («Pensare che non avevo ancora toccato una tetta e qui me le tiravano dietro!»), il primo incontro d’amore, con una giovane prostituta di cui s’innamora («Sembravamo due veri disertori dell’infelicità»), con relativo insegnamento («L’Amore non si scopa! Si ama!»), la prima di una lunga serie di furbate (una simulata colite) per farsi esentare dagli allenamenti. Poi, la punizione d’un prestito alla Torres, in serie C, la fuga dalla Sardegna, il prestito, sempre in C al Siena del presidente Nannini (il padre di Gianna, la rockstar), l’esperienza al Rovereto (sempre in serie C).
Poi, nel ‘71, arriva Giussi Farina, che si innamorò del suo talento e lo portò al Menti. Il ragazzo, ovviamente, non cambiò: racconta di personaggi straordinari in una 'magica' trattoria di Vicenza, le grandi partite, l’incrocio con i tanti campioni dell’epoca, ma anche le orge, le pericolose bombe propinate dai medici della società, le scandalose brighe d’un presidente del Consiglio per salvare la squadra dalla B in una partita fondamentale («Ma c’era poco da gioire. Una volta di più maledii la cotta che da bambino mi aveva perduto in questo fottuto imbroglio»), i tentativi di accordo tra presidenti delle società, il bacio in bocca con un avversario in piena partita, le mattane in campo e fuori, il tunnel fatto al mitico Gianni Rivera, le scuse per la mancanza di
rispetto e il sorriso di Rivera, «come solo un grande sa sorridere!».
E poi le fregature prese con i dirigenti alla firma dei contratti (allora non c’erano i procuratori), l’avventura nel Napoli di Vinicio giunto secondo dietro l’odiata Juventus (campionato 1975-76), la discopatia beccata per troppo arditi amplessi, il canto intonato per un uomo eccezionale e suo capitano, Antonio Juliano. Ancora l’incontro folgorante con 'l’infinito e la poesia', materializzati nell’amicizia stretta con Piero Ciampi, la notte d’inferno passata con il cantautore alcolizzato, ormai avviato verso l’epilogo del suo triste destino, i ricordi degli occhi tristi di Agostino Di Bartolomei, i campionati passati nelle serie minori, le esperienze di allenatore delle giovanili: innumerevoli storie di vita, drammatiche, comiche e grottesche, di chi la vita la sa vivere sino alla feccia.
Questo e molto altro era Ezio Vendrame, un uomo che, invitato a parlare in un club di tifosi vicentini, sorpreso e un po’ spaventato dall’eccessivo calore, li apostrofa così, ammutolendoli: «Innanzitutto vi ringrazio per tutto l’affetto che mi dimostrate, ma mi sembrate un po’ fuori di testa: io so soltanto tirare calci ad un pallone! Che cosa saranno mai queste partite di calcio? Inventatevi delle alternative domenicali. Andatevi a vedere un bel film,
leggetevi un libro, oppure restate a casa e fatevi una bella scopata! Cazzo!, non possiamo vivere di solo calcio!».
Un uomo che, ospite in diretta alla Domenica sportiva, alla domanda di Gianni Minà su cosa ne pensasse del giornalismo sportivo, risponde che «uno come Biscardi lo guardo solo quando ho esagerato col baccalà e sento l’esigenza di vomitare», e che alla ramanzina di Minà replica che era stato lui a cercarlo e che non si era sciroppato 400 chilometri «per fare il cane addomesticato»
Un uomo che incontra per un’intervista Gianni Mura, dandogli appuntamento al cimitero di Casarsa, presso la tomba di Pasolini, e che quando Mura gli dice che Boniperti gli aveva confidato che, se Vendrame avesse avuto un’altra testa, avrebbe giocato in Nazionale, risponde: «Di’ a Boniperti che io in Nazionale ci gioco da sempre, perché da sempre ho fatto quel che cazzo volevo, senza mai concedere il telecomando della mia vita». Un uomo che non si è mai preso sul serio, che diceva di sé: «Non avrei mai potuto privilegiare la testa a discapito del cuore»
Prima della morte, il 4 aprile 2020, si vedeva poco in giro, e a chi gli chiedeva il perché, rispondeva: «Se devo parlare con degli imbecilli, preferisco morire di solitudine»



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Le invenzioni e le scoperte che hanno cambiato la storia: il motore a scoppio
di Luca FusaroAlan Kay, informatico statunitense, disse che per predire il nostro futuro, il modo migliore sarebbe quello di inventarlo, perché se la scoperta avviene sempre in modo casuale, l’invenzione invece è il frutto di tanto lavoro e osservazione che porta all’ideazione di un progetto.
Grazie a creatività, talento, studio e possibilità economiche, è possibile migliorare la realtà e la vita


di tutte le persone, migliorandone relativamente la qualità.
La storia dell’umanità è ricca di scoperte memorabili, nate dall’ingegno, dalla casualità o da una combinazione dei due fattori. Alcune hanno cambiato il corso della storia e plasmato il mondo intero; difficilmente potremmo immaginare il nostro stile di vita di oggi, senza di esse. In questa serie di articoli vedremo quali sono le invenzioni e le scoperte più grandi e più utili di sempre, considerando la loro storia e l’impatto che hanno avuto sulla società moderna.
Il motore a scoppio. 1853 Il motore a scoppio - o più correttamente, a combu-
stione interna - è una macchina che permette di trasformare l’energia chimica, propria di una miscela tra l’aria e un combustibile, in energia meccanica. Il motore a combustione interna, utilizzato nella maggior parte dei velivoli e dei mezzi di trasporto terrestri e navali, nasce 160 anni fa a Firenze.
Pochi sanno che è un’invenzione tutta italiana, legata agli studi di un insegnante di fisica originario di Pietrasanta, Padre Eugenio Barsanti, e di un ingegnere di Lucca, Felice Matteucci. Il 6 giugno 1853, entrambi depositano all’Accademia dei Georgofili di Firenze un documento che descrive il primo rudimentale motore a scoppio della storia.

In alto una riproduzione del motore a scoppio Barsanti e Matteucci, 1854, presente al Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci, Milano. Fu il primo esempio di motore a combustione interna usato per azionare macchine utensili.
Nella pagina a sinistra un altro modello del motore Barsanti-Matteucci, custodito all'osservatorio Ximeniano di Firenze.
Nel 1875-76 gli ingegneri tedeschi Nikolaus Otto, Eugen Langer, Gottlieb Daimler e Wilhelm Maybach mettono a punto il primo motore a quattro tempi (aspirazione, compressione, scoppio e scarico) che diventerà il modello della maggior parte dei motori moderni.
Come funziona
La camera di combustione è il luogo in cui avviene la conversione tra energia chimica e meccanica. Nei motori a quattro tempi, che sono quelli più diffusi, i gas vengono aspirati attraverso apposite valvole e compressi una volta che queste ultime si sono chiuse. Ciò dà luogo alla combustione: i gas si espandono e generano una pressione che spinge verso il basso il pistone;
questo agisce sulla biella, che a sua volta mette in rotazione l’albero motore. Risalendo, il pistone spinge infine i gas fuori dalla camera attraverso le valvole di scarico, prima che queste si chiudano e il ciclo ricominci con una nuova fase di aspirazione. I motori si possono dividere in due grandi famiglie: quelli ad accensione comandata, in cui l’innesco della combustione av-
viene grazie a una scintilla, e quelli ad accensione spontanea - fondamentalmente i motori diesel - in cui la combustione avviene appunto spontaneamente, grazie alle condizioni favorevoli di pressione e di temperatura che si creano nella camera di scoppio.
A cosa serve
Il motore a combustione interna permette di trasformare l’energia chimica dell’aria e del carburante in lavoro meccanico. Il motore è dunque un generatore di potenza meccanica che ha innumerevoli campi d’impiego, a partire dalla propulsione dei veicoli.
La nascita dell’automobile
In seguito Daimler perfezionerà l’invenzione, sviluppando un motore a scoppio leggero e potente, in grado di essere applicato su veicoli a quattro ruote. Nasceva così l’automobile.
Nella foto sotto, la prima Mercedes. Il modello 35PS fu prodotto nel 1901; sul sedile posteriore siedono Gottlieb Daimler, il costruttore, e la moglie Mercedes.

Auto d'epoca: il fascino senza tempo dei motori del passato

di Jacopo Bernardini
Le auto d'epoca rappresentano non solo un tesoro storico ma anche un'icona di design e ingegneria del loro tempo. Questi veicoli, definiti legalmente in molti Paesi come auto aventi almeno 30 anni dalla produzione, non sono solo mezzi di trasporto, ma autentici pezzi di storia che raccontano l'evoluzione dell'umanità e della tecnica. L'attrazione verso queste macchine non è limitata ai collezionisti, ma si estende agli appassio-
nati di storia, design e ingegneria meccanica.
Storia delle auto d'epoca
La storia delle auto d'epoca è un viaggio affascinante attraverso decenni di innovazioni e stili. Dai primi modelli di Ford T, che democratizzarono l'automobile negli anni '20, fino alle eleganti e potenti macchine degli anni '60 e '70: ogni auto d'epoca porta con sé un’eredità unica. Ad esempio, la Jaguar E-Type, lanciata nel 1961, è stata definita da Enzo Ferrari come "la più bella auto mai
realizzata", ed è celebre per le sue linee sinuose e il motore potente.
Durante gli anni '50 e '60, il mondo ha assistito a una vera e propria rivoluzione nel design automobilistico, con auto che non solo erano più veloci e confortevoli ma che rappresentavano anche il simbolo di uno status sociale. Inoltre, le competizioni sportive hanno spinto ulteriormente lo sviluppo tecnologico, dando vita a modelli leggendari come la Ferrari 250 GTO e la Ford Mustang.
Con l'evoluzione tecnologica, anche la complessità dei motori

e dei sistemi di guida si è evoluta. Dai motori a vapore alle prime versioni a combustione interna, fino agli avanzati sistemi di iniezione elettronica, ogni epoca ha lasciato un segno indelebile nel settore automobilistico. Tale progresso non solo ha migliorato le prestazioni e l'efficienza delle auto ma ha anche influenzato le scelte di design e la sicurezza dei veicoli.
Caratteristiche tecniche dei motori d'epoca
I motori delle auto d'epoca differiscono notevolmente da quelli moderni, non solo per le tecnologie impiegate ma anche per il loro design e funzionamento. Le prime auto utilizzavano motori con un numero limitato di cilindri e semplici carburatori, che si contraddistinguono per una meccanica meno complessa ma richiedono una manutenzione più frequente. Avevano spesso una cilindrata molto elevata con bassi
regimi di rotazione, il che si traduceva in un ruggito profondo e distintivo, molto apprezzato dagli amatori.
A differenza dei moderni motori a iniezione elettronica, inoltre, quelli d'epoca spesso utilizzano un sistema a carburatore, che può influenzare notevolmente il comportamento del motore a seconda delle condizioni atmosferiche e della qualità del carburante. Anche il materiale usato per i componenti era differente: venivano preferite leghe meno avanzate rispetto agli standard moderni, il che influiva sulla longevità e le prestazioni dello stesso motore.
Restauro e manutenzione
Il restauro di un'auto d'epoca è un'arte che richiede competenze tecniche specializzate e una passione per i dettagli. Restaurare un'auto non significa solo riportarla al suo splendore originale ma preservare il più possibile l'autenticità dei materiali e delle tecniche produttive del periodo in cui è stata costruita. Questo processo può variare enormemente in termini di costo e complessità, a seconda del modello e dello stato del veicolo.
Una delle sfide principali nel restauro delle auto d'epoca è trovare pezzi di ricambio originali o riprodotti con fedeltà. Alcuni appassionati preferiscono utilizzare solo componenti originali trovati attraverso reti di collezionisti o mercatini specializzati, mentre altri accettano parti moderne che non alterino
l'aspetto esteriore del veicolo. Inoltre, il mantenimento di questi motori richiede una conoscenza approfondita delle tecniche meccaniche tradizionali, spesso diverse dalle metodologie odierne, basate sulla diagnostica computerizzata.
La manutenzione regolare è cruciale per garantire che l'auto non solo funzioni ma sia anche sicura da guidare. Ciò include il controllo e la sostituzione degli oli lubrificanti, la regolazione del carburatore e il mantenimento del sistema di raffreddamento, che nei modelli più vecchi può essere particolarmente suscettibile a guasti.
Il mercato delle auto d'epoca Il mercato delle auto d'epoca è un settore unico e affascinante che attira un ampio spettro di appassionati e investitori. Inoltre, è influenzato da diversi fattori che possono incrementare o diminuire il valore di un veicolo storico, rendendolo un ambito di interesse non solo per chi cerca di rivivere il passato ma anche per chi vede queste auto come un investimento potenzialmente redditizio.
Ecco alcuni dei fattori che influenzano il valore:
1. Rarità e originalità. Le auto che sono state prodotte in quantità limitata o che mantengono gran parte dei loro pezzi originali tendono ad avere un valore maggiore. La provenienza e la storia di un veicolo possono anche aggiungere un valore significativo, soprattutto se associato a figure storiche o eventi celebri.
2. Condizione e autenticità. Il grado di conservazione e il rispetto delle caratteristiche originali sono cruciali. Un veicolo ben mantenuto, senza modifiche sostanziali, spesso raggiunge prezzi più alti sul mercato.
3. Domanda di mercato. Alcuni modelli sono più desiderati a causa della loro iconicità o della loro importanza storica nel mondo delle

corse o del design automobilistico. Ad esempio, modelli come la Mercedes-Benz 300 SL (conosciuta anche come “Gullwing”) o la Ferrari 250 Testa Rossa sono estremamente ricercati per la loro bellezza e prestigio. Il mercato delle auto d'epoca può essere estremamente volatile, con fluttuazioni di prezzo guidate da cambiamenti nelle tendenze culturali, dalla disponibilità di modelli specifici e dalla condizione economica globale. Aste e fiere specializzate sono spesso i luoghi dove si determinano i valori di mercato, e dove gli appassionati possono osservare direttamente le tendenze in atto.
Negli ultimi anni, l'interesse verso le auto d'epoca è cresciuto, con un aumento notevole di eventi e
club dedicati. Questo ha contribuito a un rinascimento culturale che ha visto tali veicoli passare da semplici vecchi modelli a simboli di un'era, di uno stile di vita e, per alcuni, di un'opportunità di investimento.
Impatto culturale e sociale
Le auto d'epoca sono molto più che semplici veicoli. Esse rappresentano una finestra sul passato e un ponte verso la condivisione culturale. Non a caso, sono spesso al centro di eventi e raduni che attirano appassionati da tutto il mondo, creando un'atmosfera di festa e ammirazione reciproca tra persone di diverse generazioni.
Eventi e raduni principali
Gli eventi dedicati alle auto d'epoca, come il Concorso d'Eleganza Villa d'Este in Italia o il Pebble Beach Concours d'Elegance negli
Stati Uniti, sono occasioni in cui la bellezza e la storia di queste auto vengono celebrate.
Tali raduni non sono solo esposizioni di veicoli: sono anche competizioni dove le auto vengono giudicate per la loro autenticità, conservazione e bellezza. L'atmosfera durante questi eventi è permeata di un profondo rispetto per la meccanica e il design classico e, spesso, sono accompagnati da aste dove modelli rari e ben conservati raggiungono prezzi record.
Comunità di appassionati
Le comunità di appassionati di auto d'epoca sono incredibilmente variegate e dinamiche. Club e forum online offrono spazi dove gli entusiasti possono scambiarsi consigli, pezzi di ricambio e storie di restauro, oltre a organizzare incontri e uscite di gruppo. Giocano un ruolo cruciale nel mantenere vive le tradizioni e le competenze legate alla cura e al restauro.
L’importanza delle auto d’epoca, dunque, va ben oltre il loro valore materiale: esse costituiscono una connessione tangibile con la storia dell'ingegneria e un legame con una tradizione di eccellenza e bellezza. In un mondo che si muove rapidamente verso il futuro, con nuove tecnologie che trasformano ogni aspetto della mobilità, questi veicoli ci ricordano da dove siamo venuti e ci insegnano il valore della conservazione e del rispetto per il passato.


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Dietro le quinte: come funziona un motore elettrico?
di Clarissa MingardiNell’attuale panorama automobilistico, la transizione verso l'elettrificazione rappresenta uno dei cambiamenti più significativi degli ultimi decenni. I motori elettrici, con la loro efficienza e sostenibilità, stanno lentamente ma inesorabilmente sostituendo i tradizionali motori a combustione interna. Ma come funzionano, effettivamente, queste tecnologie? E quali sono le principali tipologie esistenti? Ecco un’analisi completa.
I principi fondamentali di un motore elettrico
Un motore elettrico, caratterizzato da un design tanto semplice quanto efficace, consente di convertire l'energia elettrica in energia meccanica attraverso il fenomeno dell'elettromagnetismo. La componente principale di questo dispositivo è lo statore, una struttura fissa che genera un campo magnetico rotante, alimentato proprio da una corrente elettrica.
Al centro dello statore si trova il rotore, un cilindro che ruota in risposta al campo magnetico precedentemente creato. L’interazione tra le due componenti produce il movimento rotativo, che viene poi trasferito alle ruote dell'auto.
I motori elettrici, inoltre, si avvalgono di cuscinetti per ridurre l'attrito e permettere un movimento fluido del rotore. Essi risultano cruciali per la longevità

e l'efficienza del motore, riducendo la manutenzione necessaria e migliorando le prestazioni complessive del veicolo. La precisione nella fabbricazione di queste parti è fondamentale per offrire un’esperienza di guida unica.
È semplice dedurre, dunque, come i motori elettrici non rappresentino soltanto una soluzione ecologica, ma anche una scelta ingegneristica superiore per l'era moderna dell'automobilismo.
Tipologie di motori elettrici utilizzati nelle automobili
Nel settore delle automobili elettriche, esistono principalmente due tipi di motori elettrici: quelli a corrente continua (DC) e quelli a corrente alternata (AC). I motori DC sono stati i primi a essere utilizzati, grazie alla loro semplicità di controllo e ai costi inizialmente inferiori.
Tuttavia, con l'avanzamento della tecnologia elettronica, i motori AC, in particolare quelli sincroni e asincroni, si sono rapidamente affermati nelle moderne vetture elettriche, per via della loro efficienza superiore e della migliore gestione della velocità.
I motori brushless, una variante dei motori DC, stanno guadagnando popolarità per il loro design che elimina la necessità di spazzole per la trasmissione di corrente, riducendo allo stesso tempo l'usura e aumentando l'efficienza. Sono ideali per applicazioni che richiedono una lunga durata e minima manutenzione, attributi essenziali per le auto elettriche.
Vantaggi tecnici e ambientali I motori elettrici offrono numerosi vantaggi rispetto ai loro omologhi a combustione interna, il più evi-
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dente dei quali è l'efficienza energetica. Essi convertono oltre il 90% dell'energia in potenza meccanica, un netto miglioramento rispetto al 20-30% delle versioni a combustione. La conseguenza? Una maggiore autonomia per veicolo e minori costi di esercizio.
Dal punto di vista ambientale, i motori elettrici producono zero emissioni dirette. Tale prerogativa contribuisce a ridurre l'inquinamento urbano e le emissioni di gas serra, coadiuvando gli sforzi globali per combattere il cambiamento climatico. Senza contare, poi, che la manutenzione ridotta (grazie all'assenza di componenti come filtri dell'olio e sistemi di scarico) non solo abbassa i costi per il consumatore ma riduce anche il consumo di materiali e rifiuti.

la disponibilità delle stazioni sono fondamentali per supportare un'elevata adozione dei veicoli elettrici. Molti potenziali utenti, però, esitano o posticipano l’acquisto a causa della percezione di una rete di ricarica insufficiente, specialmente in aree meno urbanizzate.
I vantaggi tecnici ed ecologici appena descritti, dunque, fanno dei motori elettrici una scelta sempre più popolare non solo tra i consumatori ma anche fra i produttori, che vedono in questa tecnologia un modo per rispondere efficacemente alle crescenti pressioni normative e di mercato riguardanti la sostenibilità.
Sfide e limitazioni
Nonostante i considerevoli vantaggi dei motori elettrici, esistono diverse sfide che possono ostacolare il loro sviluppo e un’adozione più ampia. Una delle questioni principali riguarda la gestione termica. I motori elettrici, infatti, tendono a generare notevoli quantità di calore durante il funzionamento, specialmente sotto sforzo o ad alte velocità.
Un'inefficace dissipazione del calore può compromettere l'efficienza energetica del motore e ridurre la sua vita utile. I sistemi di raffreddamento avanzati, come quelli a liquido, sono essenziali per mantenere le temperature operative ottimali, ma aggiungono complessità e costi al design del veicolo.
Un'altra sfida significativa è la dipendenza dalle batterie. Le limitazioni in termini di capacità dei modelli attuali influenzano negativamente sia l'autonomia dei veicoli sia i tempi di ricarica, due dei principali deterrenti per i potenziali acquirenti.
Anche i costi delle batterie, che rappresentano una parte significativa del prezzo totale del veicolo elettrico, restano elevati. La volatilità nel mercato dei materiali, come il litio e il cobalto, essenziali per la loro produzione, aggiunge un ulteriore strato di complessità e incertezza per i produttori.
L'infrastruttura di ricarica è un'altra area critica: la densità e
In aggiunta, la questione dell'impatto ambientale della produzione e dello smaltimento delle batterie elettriche è spesso oggetto di dibattito. Sebbene i moderni motori non producano emissioni dirette, il ciclo di vita delle batterie implica problematiche legate all'estrazione dei minerali, all’uso di energia durante la produzione e alla gestione dei rifiuti alla fine della loro vita utile.
Affrontare queste sfide, di conseguenza, richiede innovazioni non solo nella tecnologia dei motori e delle batterie, ma anche in politiche efficaci e collaborazioni tra governi, industrie e altri stakeholder per sviluppare soluzioni sostenibili a lungo termine.
Il futuro dei motori elettrici
Nonostante le sfide, il futuro dei motori elettrici sembra promettente grazie a continui sviluppi nel settore dell’ingegneria. Un'area di particolare interesse è l'integrazione di tecnologie intelligenti, che possono ottimizzare l'efficienza e la performance del veicolo in tempo reale. L'uso dell'intelligenza artificiale per monitorare e regolare vari aspetti del funzionamento del motore, poi, potrebbe migliorare ulteriormente l'efficienza energetica e ridurre l'usura.
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L'innovazione nei materiali per le batterie e i miglioramenti nella loro tecnologia stanno anche avanzando rapidamente, promettendo maggiore capacità di stoccaggio energetico, tempi di ricarica ridotti e costi più bassi. Questi progressi potrebbero risolvere molte delle limitazioni attuali dei veicoli elettrici e aprire la strada a una più ampia adozione.
Mentre i motori elettrici stanno già trasformando il settore automobilistico, il loro vero potenziale è ancora da realizzare. Le innovazioni future non solo affronteranno le sfide esistenti ma potrebbero anche rivoluzionare il modo in cui pensiamo e usiamo i veicoli, rendendo l'auto elettrica uno standard piuttosto che l'eccezione.

Con ogni miglioramento tecnologico, ci avviciniamo a superare le ultime barriere all'adozione su larga scala dei veicoli elettrici. L'impatto a lungo termine sull'industria automobilistica sarà profondo, promettendo un mondo con minori emissioni di carbonio, una maggiore sostenibilità e una nuova era di mobilità.

Auto ibride plug-in vs full hybrid: quale scegliere e perché
di Clarissa MingardiNegli ultimi anni, il mercato automobilistico ha assistito a un'impennata delle vendite di veicoli ibridi, spinto dalla crescente consapevolezza ambientale e dalle normative sempre più stringenti sulle emissioni di CO2. Queste automobili si dividono principalmente in due categorie: le auto ibride plug-in (PHEV) e le auto ibride full hybrid (HEV).
Mentre entrambe le tecnologie mirano a ridurre il consumo di carburante e le emissioni, operano in maniera sostanzialmente diversa e si adattano a esigenze di mobilità differenti. Esploriamo in dettaglio, dunque, queste innovative soluzioni, al fine di aiutare i consumatori a comprendere quale opzione potrebbe essere più adatta alle loro necessità.
Tecnologia e funzionamento a confronto
Le auto ibride plug-in (PHEV) combinano un motore a combustione interna con uno o più motori elettrici alimentati da batterie che possono essere ricaricate collegando il veicolo a una fonte di energia esterna. Ciò consente alle PHEV di percorrere distanze significative in modalità completamente elettrica, riducendo l'uso del motore termico. Il vantaggio principale di questi veicoli, dunque, è l’incredibile flessibilità. Possono essere guidati in modalità 100% elettrica, ad esempio nel caso di tragitti brevi e medi, ma si può

rapidamente passare al motore a combustione per viaggi più lunghi senza le preoccupazioni relative all'autonomia.
D'altra parte, le auto ibride full hybrid (HEV) sono dotate di un motore elettrico che assiste quello a combustione. Le batterie delle HEV si ricaricano tramite il recupero di energia in frenata e durante la guida, senza la necessità di essere collegate a una presa elettrica.
In genere, le HEV utilizzano l'energia elettrica per l'avvio e le basse velocità, mentre il motore a combustione prende il sopravvento durante la guida a velocità più elevate o quando è necessaria maggiore potenza. Tale integrazione garantisce una maggiore efficienza energetica e una riduzione delle emissioni rispetto ai tradizionali veicoli a combustione.
Il confronto tra queste due tecnologie evidenzia un'evoluzione nella progettazione automobilistica volta a combinare i benefici dell'elettrico con la praticità dei motori tradizionali, permettendo ai consumatori di individuare la soluzione più adatta alle proprie abitudini di guida. Entrambi i sistemi hanno i loro vantaggi, ma la scelta dipende dal tipo di utilizzo previsto e dalle priorità individuali in termini di autonomia, costi e impatto ambientale.
Vantaggi e svantaggi delle due soluzioni
I vantaggi delle auto ibride plug-in (PHEV) sono numerosi. Il più significativo è la capacità di percorrere distanze maggiori in modalità elettrica, riducendo così il consumo di carburante e le emissioni di CO2 quando la batteria è carica. Tale aspetto le rende ideali per chi può ricaricare regolarmente il veicolo a
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casa o al lavoro e percorre principalmente tragitti brevi o medi. Inoltre, i proprietari di PHEV possono beneficiare di incentivi fiscali e accedere a zone a traffico limitato in molte città.
D'altra parte, le auto ibride full hybrid (HEV) offrono il vantaggio di non dover essere ricaricate manualmente, poiché la batteria si rigenera automaticamente durante la guida. Questo le rende più semplici da utilizzare per chi non ha un facile accesso alle stazioni di ricarica. Tuttavia, le HEV hanno una minore capacità di percorrere lunghe distanze in modalità puramente elettrica rispetto alle PHEV, il che potrebbe non essere sufficiente per chi cerca una riduzione drastica dell'uso del motore a combustione. Per ciò che riguarda gli svantaggi, invece, includono il costo iniziale più elevato rispetto alle auto tradizionali a combustione interna. Le PHEV, in particolare, possono avere costi di manutenzione più alti dovuti alla complessità della loro tecnologia e alla necessità di mantenere sia il motore elettrico sia quello a combustione. Anche le HEV, pur essendo
meno costose delle PHEV, presentano prezzi più elevati rispetto ai veicoli convenzionali per via del loro sistema ibrido avanzato.
Autonomia e consumi
L'autonomia in modalità elettrica delle PHEV può variare notevolmente a seconda del modello, ma molti veicoli offrono tra 20 e 50 chilometri di guida completamente elettrica prima che il motore a combustione debba intervenire. Ciò li rende ottimali per la maggior parte degli spostamenti urbani giornalieri. Le HEV, sebbene utilizzino l'elettricità per brevi periodi, dipendono principalmente dal loro motore a combustione, il che le rende meno efficienti in termini di consumo di carburante rispetto alle PHEV in contesti urbani, ma più efficienti in autostrada.
Quanto ai consumi di carburante, le PHEV offrono il potenziale per consumi molto bassi, specialmente se la batteria è mantenuta carica e il veicolo è utilizzato principalmente in modalità elettrica. D'altra parte, le HEV sono generalmente più efficienti dei veicoli alimentati esclusiva-

mente a benzina, grazie alla loro capacità di utilizzare l'energia elettrica per assistere il motore a combustione e ridurre il consumo complessivo di carburante.
Costi iniziali e di manutenzione
I costi iniziali di acquisto per le auto ibride, sia PHEV che HEV, sono generalmente più alti rispetto alle auto convenzionali a motore termico. I motivi? Le avanzate tecnologie utilizzate e i costosi sistemi di batterie.
Tuttavia, le PHEV presentano generalmente un prezzo superiore rispetto alle HEV, a causa della presenza di una batteria di maggiore capacità, nonché della possibilità di ricarica esterna. I costi possono essere mitigati, in parte, dai vari incentivi governativi offerti per promuovere l'acquisto di veicoli a bassa emissione, che variano a seconda della regione o del Paese.
Per ciò che concerne la manutenzione, poi, sia le PHEV che le HEV presentano vantaggi e sfide. Per cominciare, possono avere costi inferiori se paragonate ai veicoli convenzionali, grazie al minor uso del motore a combustione e alla ridotta usura di componenti come i freni. Ad ogni modo, la sostituzione della batteria può essere costosa se necessaria, anche se è raro che ciò avvenga durante la vita utile del veicolo.
La questione dell’impatto ambientale
L'impatto ambientale delle auto ibride è significativamente inferiore rispetto ai veicoli esclusivamente a combustione interna. Tuttavia, ci sono differenze importanti anche tra le PHEV e le HEV.
Le PHEV offrono il vantaggio di minori emissioni durante la guida in modalità completamente elettrica, una prerogativa particolarmente utile in ambienti urbani dove la qualità dell'aria può essere una preoccupazione rilevante. D'altra parte, la produzione delle loro batterie, più
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VicenzaPiùVivagrandi e con una maggiore capacità, può comportare un impatto ambientale più elevato rispetto a quelle delle HEV.
Per quanto riguarda le HEV, pur non avendo la capacità di operare in modalità completamente elettrica per lunghe distanze, riducono comunque le emissioni complessive grazie all'efficienza migliorata del motore ibrido. Inoltre, il loro processo produttivo può essere leggermente meno impattante rispetto alle PHEV, dato che le batterie sono di dimensioni minori.
Entrambi i tipi di veicoli contribuiscono alla riduzione delle emissioni di gas serra, ma è fondamentale considerare il ciclo di vita completo del veicolo, inclusa la produzione, l'uso e lo smaltimento delle batterie. La scelta più sostenibile dipenderà anche dalla fonte di energia utilizzata per la ricarica delle auto, con l'elettricità generata da fonti rinnovabili che amplifica i benefici ambientali delle PHEV.

Una scelta da adattare al proprio stile di vita
Al di là della soluzione desiderata, l'acquisto di un veicolo ibrido rappresenta un passo verso una guida più ecologica e può contribuire significativamente alla riduzione delle emissioni di gas serra.
Scegliere il tipo di ibrido più adatto, infine, richiede un'anali-
si attenta delle proprie esigenze personali e della disponibilità a investire nella tecnologia che meglio si adatta al proprio stile di vita. Con l'avanzamento tecnologico e l'incremento delle opzioni disponibili, sia le PHEV che le HEV continuano a essere scelte valide e sostenibili per i consumatori moderni.

Veicoli a idrogeno: la tecnologia del domani è già qui?

Nell'ambito della ricerca di soluzioni sostenibili per la mobilità del futuro, i veicoli a idrogeno stanno emergendo come una delle tecnologie più promettenti. Queste soluzioni, che impiegano l'idrogeno come fonte principale di energia, po-
trebbero rivoluzionare il settore dei trasporti, riducendo significativamente le emissioni di gas serra e la dipendenza dai combustibili fossili.
Mentre la diffusione delle auto elettriche continua a crescere, i veicoli a idrogeno rappresentano un'alternativa che potrebbe offrire vantaggi unici in termini di au-
tonomia e tempi di rifornimento, portando molti a chiedersi se la tecnologia del domani sia già effettivamente disponibile.
Cosa sono i veicoli a idrogeno? I veicoli a idrogeno funzionano attraverso l'utilizzo di celle a combustibile, dispositivi che convertono l'energia chimica dell'idrogeno direttamente in energia elettrica, acqua e calore. Queste componenti, che costituiscono il fulcro della vettura, combinano l’idrogeno stoccato con l’ossigeno presente nell’aria per produrre l’elettricità, indispensabile per l’alimentazione del motore.
A differenza delle auto elettriche tradizionali, che richiedono diverse ore per una ricarica completa, i modelli a idrogeno possono essere riforniti in pochi minuti, proprio come accade nel caso di una tradizionale vettura a benzina. Senza contare, inoltre, che l’unico prodotto rilasciato durante il funzionamento è l’acqua, una caratteristica che rende questi veicoli completamente privi di emissioni nocive.
Vantaggi dei veicoli a idrogeno I veicoli a idrogeno offrono diversi vantaggi chiave che li rendono particolarmente attraenti nell'ambito della mobilità sostenibile. Il primo, nonché il più significativo è la riduzione delle emissioni. Infatti, queste vetture emettono esclusivamente vapore acqueo, eliminando le emissioni di CO2 e altri inquinanti nocivi associati ai
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motori a combustione interna.
La velocità di rifornimento, inoltre, è comparabile a quella delle auto a benzina, con stazioni concepite per ricaricare un serbatoio di idrogeno in soli 3-5 minuti. Un vantaggio non indifferente rispetto ai tempi di ricarica delle batterie elettriche, che possono richiedere diverse ore. Un ulteriore punto di forza? È l'efficienza energetica delle celle a combustibile, molto superiore rispetto ai motori a combustione tradizionali. Senza scordare, poi, che i veicoli a idrogeno offrono una maggiore autonomia rispetto a molti modelli elettrici, affermandosi come la soluzione ideale per i viaggi e gli spostamenti più lunghi.
Sfide e limitazioni

Nonostante i numerosi vantaggi, i veicoli a idrogeno devono affrontare anche importanti sfide che ne limitano l'adozione su larga scala. Una delle principali riguarda il prezzo, sia della stessa vettura che delle infrastrutture di rifornimento. Anche la produzione di celle a combustibile rimane costosa, a causa della complessità tecnologica e dell'uso di materiali preziosi come il platino.
Ad oggi, l’infrastruttura di rifornimento risulta ancora scarsamente sviluppata rispetto alle stazioni di servizio tradizionali e alle colonnine di ricarica per veicoli elettrici. Ciò rende l'accesso all'idrogeno limitato in molte aree. Un altro ostacolo significativo è la stessa produzione di idrogeno, che at-
tualmente avviene in larga parte da fonti fossili.
L'idrogeno verde, ottenuto mediante l’elettrolisi dell'acqua utilizzando energia rinnovabile, rappresenta una soluzione ottimale per la sostenibilità ambientale. Tuttavia, questa tecnologia comporta costi elevati e presenta una disponibilità limitata. Inoltre, la sicurezza nel trasporto e nello stoccaggio dell'idrogeno, trattandosi di un elemento estremamente infiammabile, necessita di sistemi di sicurezza sofisticati.
Confronto con altre tecnologie Confrontare i veicoli a idrogeno con altre tecnologie di mobilità sostenibile, come le automobili elettriche a batteria, offre una prospettiva più chiara sui loro rispettivi benefici e limitazioni. Infatti, i veicoli elettrici a batteria sono
attualmente più diffusi e beneficiano di un'infrastruttura di ricarica più estesa e di costi iniziali minori.
Tuttavia, sono limitati dai tempi di ricarica più lunghi e dalla minor autonomia rispetto ai veicoli a idrogeno, specialmente con batterie a bassa capacità. Le soluzioni a idrogeno, d’altra parte, vantano una maggiore autonomia e tempi di rifornimento comparabili a quelli delle vetture a combustione interna, il che le rende ideali per applicazioni che richiedono lunghe distanze e un uso intensivo.
Dal punto di vista ambientale, entrambe le tecnologie offrono vantaggi significativi in termini di riduzione delle emissioni, ma il vero potenziale ecologico dell'idrogeno dipende dalla sua produzione da fonti rinnovabili, attualmente una delle maggiori sfide del settore.
Stato attuale del mercato Il mercato dei veicoli a idrogeno è ancora in una fase relativamente iniziale, ma sta crescendo grazie agli investimenti sia pubblici che privati. A livello globale, paesi come la Corea del Sud, il Giappone e alcuni stati europei, tra cui la Germania e la Norvegia, stanno spingendo per l'adozione di questa tecnologia con incentivi governativi e progetti di infrastruttura.
Ad esempio, la Toyota Mirai e la Hyundai Nexo sono tra i modelli più noti disponibili sul mercato, e il numero di stazioni di rifornimento di idrogeno sta aumentando ogni anno.
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Tuttavia, il numero totale di veicoli a idrogeno immatricolati rimane basso rispetto a quelli elettrici a batteria, in parte a causa delle sfide infrastrutturali e dei costi elevati menzionati precedentemente. Le previsioni indicano un aumento dell'interesse e degli investimenti nel settore, ma il passaggio a una mobilità basata sull'idrogeno richiederà tempo e un sostegno ad hoc.
Il futuro dei veicoli a idrogeno Il futuro dei veicoli a idrogeno appare promettente, ma affronta anche sfide significative che necessitano di soluzioni innovative e di un impegno congiunto da parte di governi, industrie e consumatori. Gli esperti del settore prevedono un'evoluzione tecnologica che potrebbe ridurre i costi di produzione delle celle a combustibile e migliorare l'efficienza e la sicurez-
za. Allo stesso modo, il perfezionamento delle tecniche di produzione di idrogeno verde è cruciale per garantire la sostenibilità a lungo termine di questa tecnologia.
Un altro aspetto fondamentale per il successo dei veicoli a idrogeno è lo sviluppo di un'infrastruttura di rifornimento più capillare. Progetti come l'Hydrogen Highway in California e il Corridoio Verde in Europa dimostrano un interesse crescente nella costruzione di reti di stazioni di rifornimento, che potrebbero accelerare l'adozione di questa tecnologia. Parallelamente, il settore dei trasporti pesanti sta già iniziando a integrare veicoli a idrogeno, sfruttando la loro capacità di coprire lunghe distanze senza la necessità di soste prolungate per la ricarica.
Mentre la strada verso un'ampia adozione dei veicoli a idrogeno è ancora lunga, il potenziale di

questa tecnologia nel contribuire significativamente alla decarbonizzazione dei trasporti e all'incremento della sostenibilità globale è innegabile. Con il supporto adeguato e un impegno continuo verso l'innovazione, le auto a idrogeno potrebbero diventare un pilastro fondamentale del panorama dei trasporti del futuro.
Verso un futuro sostenibile con l'idrogeno
Le auto a idrogeno rappresentano una frontiera tecnologica entusiasmante nel campo della mobilità sostenibile. Nonostante le sfide significative relative ai costi, alla produzione di idrogeno verde e alla costruzione di infrastrutture adeguate, il potenziale di questi veicoli per rivoluzionare il settore dei trasporti è indiscutibile.
Con la giusta combinazione di politiche di supporto, innovazione tecnologica e investimenti in infrastrutture, i veicoli a idrogeno possono non solo competere con le alternative elettriche, ma anche offrire soluzioni uniche per applicazioni che richiedono lunga autonomia e rifornimenti rapidi.
La strada verso un futuro dominato dai veicoli a idrogeno, dunque, è ancora in costruzione, ma il percorso è chiaro e promette un impatto significativo sulla riduzione delle emissioni globali e sulla promozione di una mobilità ecologicamente responsabile.


