Uomini e Trasporti n. 367 Maggio 2021

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367 mensile anno XL maggio 2021

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Euro 3,50

I termini della scommessa

ARCHIVIARE IL DIESEL IN UN VENTENNIO La sfida dell’elettrico

I FILI DA COLLEGARE PERCHÉ ARRIVI LA SCOSSA Il problema dei maggiori costi

COME DISTRIBUIRE I CONTI DELLA SOSTENIBILITÀ

LA TRANSIZIONE ENERGETICA: MOTORI E TRASPORTI DI DOMANI

UN PIENO DI

FUTURO NUMERO MONOGRAFICO UeT21_MAGGIO_COVER.indd 1

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Daniele di Ubaldo

EDITORIALE

di

Mensile di informazione politica e tecnica. Pubblicazione dell’Associazione professionale di categoria Organo del Gruppo Federtrasporti - gruppofedertrasporti.it

367

Anno XL - maggio 2021 Direttore responsabile Daniele Di Ubaldo (d.diubaldo@uominietrasporti.it)

Vice direttore Patrizia Amaducci (p.amaducci@uominietrasporti.it)

Comitato editoriale Lucia Bergonzoni, Mario Cortelazzi, Paolo Morea, Fabrizio Ossani, Claudio Villa

Foto Alfonso Santolero, Francesco Vignali

Hanno collaborato Gabriele Bolognini (g.bolognini@uominietrasporti.it) Luca Regazzi (l.regazzi@uominietrasporti.it) Massimiliano Barberis, Elisa Bianchi, Umberto Cutolo, Anna De Rosa, Sabina Harizaj

Editore Federservice Soc. Coop.

Direzione, redazione, amministrazione Via G. Di Vittorio, 21/b1 - 40013 Castel Maggiore - BO Tel. 0517093831 | Fax 0517093861 redazione@uominietrasporti.it

Pubblicità Matteo Carretti (m.carretti@uominietrasporti.it) Tel. 051 7093831 | inserzioni@uominietrasporti.it

Grafica Lorenzo de Angelis (info@Ldart.it )

Stampa Casma Tipolito Srl - Via B.Provaglia, 3 - Bologna Gli articoli firmati possono non rispecchiare la linea del giornale, il quale tuttavia, come contributo all’informazione, ritiene utile pubblicare anche le opinioni da cui dissente. È vietata la riproduzione anche parziale senza l’autorizzazione dell’editore. Manoscritti e fotografie non richiesti, anche se non pubblicati, non si restituiscono. UNA COPIA EURO 3,50

Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 4993 del 15-6-1982

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Associato all'Unione Stampa Periodica Italiana USPI

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ADDIO AL DIESEL E A QUALCHE CAMION Esiste una relazione biunivoca tra crescita economica ed emissione di sostanze inquinanti, tra il nostro modello di sviluppo e il peggioramento delle condizioni di vita del pianeta. Una relazione che adesso siamo costretti a rivedere. Tutto sta a capire come. Questo concetto è da porre a premessa ogni qual volta si parla dell’adozione di nuove alimentazioni capaci di azzerare le emissioni. Senza di esso, infatti, l’agognata transizione energetica appare come una banale operazione di sostituzione con cui togliere dai veicoli un tipo di motore per far spazio a un altro che funziona prendendo energia non più dal gasolio, ma da altro (batterie, idrogeno, bio-LNG, ecc). Quando invece il cambio di alimentazione è soltanto il mezzo con cui raggiungere il fine di cambiare non soltanto il trasporto e la mobilità, ma anche il concetto stesso di civiltà. Insomma, qui non si tratta di togliere una pompa di gasolio per mettere al suo posto una colonnina di ricarica, qui c’è in ballo un cambio di mentalità, di relazioni geopolitiche, di approcci economici destinati ad avere ampie ripercussioni. Provo a elencarne sinteticamente alcune. Prima conseguenza: se i veicoli non andranno più con i derivati del petrolio i nostri rapporti con chi esporta questa miscela di idrocarburi si relativizzeranno. «Ed era ora», verrebbe da dire! Per il bene dei paesi esportatori, perché quel privilegio di avere un sottosuolo ricco ha generato per loro più guerre che progresso (a meno di non voler considerare tale il poter ospitare un campionato del mondo di calcio). Ma anche per il nostro, viste le assurdità prodotte dalla dipendenza energetica: abbiamo importato per settant’anni il carburante per far viaggiare i veicoli da paesi che non concedevano alle donne nemmeno il diritto di prendere la patente di guida. Seconda conseguenza: se le batterie a cui domani affideremo il compito di fare il pieno dei nostri veicoli sono prodotte in Europa soltanto nell’1% dei casi, perché il resto se lo spartiscono Cina (60%), Giappone (17) e Corea (15), rischiamo di cadere dalla padella nella brace. Se non fosse che il petrolio è una fortuna non condizionabile (o ce l’hai o non ce l’hai), mentre la batteria – a prescindere dalle materie prime con cui si realizza (destinate però a evolvere con ritmo accelerato) – può essere prodotta. Non a caso l’Europa vorrebbe innalzare la sua quota produttiva al 30% entro il 2030 e l’Italia si sta muovendo per fornire il proprio contributo. E anche questo è un processo su cui riflettere: abbiamo galoppato felici per anni nelle praterie della globalizzazione, in cui il luogo migliore per produrre era quello in cui i costi erano più bassi, e adesso prendiamo consapevolezza che esiste un perimetro tecnologico strategico, indelegabile, non terziarizzabile. Terza conseguenza, tutta appoggiata al trasporto: se considerate quanti veicoli sono attualmente in circolazione e immaginate di farli viaggiare tutti, domani mattina, con energia verde, capirete – anche sfogliando le pagine seguenti – che la sfida è improba. Un po’ perché una percentuale maggioritaria della nostra energia è prodotta in modo inquinante (su scala mondiale almeno, perché nell’UE – dati Ember – nel primo semestre 2020 le rinnovabili hanno generato il 40% dell'energia elettrica totale). Un po’ perché è impossibile pensare di far viaggiare tutto il circolante attuale con energia prodotta esclusivamente da sole, vento e poco altro. Ne dovremmo dedurre che qualcuno ci sta prendendo in giro? Non proprio. Perché se si apre il PNRR si legge a chiare lettere che «l’Italia ha il numero di autovetture ogni mille abitanti più alto tra i principali Paesi europei e una delle flotte di autoveicoli più vecchie dell'Europa occidentale». E quindi si prospetta che tutti questi veicoli, compresi i camion, andrebbero messi da parte. Non sempre, però, per essere sostituiti. Perché, sempre a chiare lettere, si scrive che «la quota su rotaia del trasporto totale delle merci è inferiore alla media UE» (l’11,9%, nel 2019, rispetto al 17,6%) e che pertanto «l'aumento dell'uso della ferrovia a fini commerciali può contribuire alla decarbonizzazione». È vero, la promessa epopea del ferro l’avete sentita mille volte. Stavolta, però, suona diversa. Sia perché ci sono soldi sufficienti a realizzare nuove e più efficienti infrastrutture, sia perché senza la ferrovia qualcuno o qualcosa resterà a piedi. Quando l’ho fatto notare a mio figlio – che a vent’anni non ha la patente e viaggia soltanto con mezzi pubblici – ha fatto spallucce. Ma sulla strada si odono tanti agitati mugugni.

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DOPOLAVOROPRODOTTOPROFESSIONE SOMMARIO

6 14

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EDITORIALE Addio al diesel e a qualche camion

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LA SFIDA VERDE L’UE vuole la Carbon Neutrality tra 30 anni, l’Acea: entro il 2040. La grande scommessa

14

LA SFIDA VERDE Lo standard allo studio è irrealizzabile a costi competitivi. L'effetto contrario dell'Euro 7

18

LA SFIDA VERDE Cosa c’è per l’autotrasporto nel PNRR? Zero incentivi per zero emissioni

22

LA SFIDA VERDE L’offerta di prodotto delle otto sorelle. «Vuole un camion elettrico? Passi domani»

32

L'ELETTRICO Solo lo 0,2% dei veicoli merci è elettrico o ibrido. Ma adesso ci vuole una scossa

38

L'ELETTRICO Pochi ma in aumento i punti di ricarica. L’anno della colonnina

42

L'ELETTRICO Pantografi, wireless elettrici, rimorchi eolici e dintorni. Come evitare le lungaggini della colonnina

44

L'ELETTRICO Parla Paolo Ferraresi, amministratore delegato di Niinivirta Transport. «Con i camion elettrici giro da sette anni»

L'ELETTRICO Parla Veronica Aneris, direttrice per l’Italia di T&E. 49 « Perché la batteria è meglio per tutti » 50

L'ELETTRICO Parla Dario Albano, managing director Vans di Mercedes-Benz Italia. «Per ora le flotte, poi ci vogliono incentivi»

52

L'ELETTRICO Come decarbonizzare l’ultimo miglio. Amsterdam: dal 2025 consegne solo in elettrico

54

L'IDROGENO Ce ne vuole tanto perché servirà a decarbonizzare anche l’industria pesante. Ma produrlo costa ancora troppo

60

L'IDROGENO Le strategie per la diffusione delle Case costruttrici. Il primo capitolo di una storia da scrivere

62

L'IDROGENO Intervista a Cristina Maggi, direttrice di H2IT. Per l’Europa è strategico

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L'IDROGENO 2020, l’anno dell’accelerazione (fuori dall’Italia). 200 stazioni in Europa, 100 in Germania

66

LA TRANSIZIONE Gli ambiziosi programmi su elettrico, idrogeno e colonnine. Intanto un mix meno inquinante

70

LA TRANSIZIONE Parla Mihai Daderlat, Iveco business director Mercato Italia. La terza via del BioLNG

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LA TRANSIZIONE Il peso delle start up nel trasporto che cambia. Le sette sorelle hanno trovato compagnia

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LA TRANSIZIONE Parla Alessio Torelli, chief mobility officer di Snam. Per ora, un mix di elettrico e GNL

75

LA TRANSIZIONE Biometano, biodiesel, bioetanolo, i combustibili rinnovabili. Chiamami Bio, sarò il tuo carburante

76

CHI PAGA? Il bilancio di guidare elettricamente. Quanto l’uso compensa il maggior costo

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CHI PAGA? Quanto valuta una flotta di veicoli green chi acquista trasporti. «Committente, cosa mi dai in cambio della sostenibilità?»

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CHI PAGA? Dietro la protesta, l’incertezza su un programma di incentivi al rinnovo. Autotrasporto verso l’agitazione

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CHI PAGA? Due alimentazioni a confronto. Diesel Vs elettrici, il gioco vale la candela?

ALL'INTERNO

NON DI SOLO TRASPORTO 89

Voci on the road. 10 domande a… Andrea Laurella

45

L'Agenda del mese

90

Un mese in pillole

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LA SFIDA VERDE

U

na scommessa. Poco più di un anno fa la Commissione ha lanciato il Green Deal europeo con l’intento di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Non sono molti trent’anni di tempo per azzerare le emissioni di CO2, responsabili dell’effetto serra che innalza la temperatura media del pianeta con gravissimi rischi per la stessa umanità. Le istituzioni europee stanno man mano riempiendo di contenuti il loro programma: a dicembre il Consiglio europeo ha fissato un obiettivo intermedio «vincolante» per ridurre del 55% le emissioni di gas effetto serra entro il 2030 rispetto al 1990 e ha predisposto una legge sul clima per agire su tutti i settori, dall’energia che provoca il 75% delle emissioni, agli edifici che assorbono il 40% dei

L’UE VUOLE LA CARBON NEUTRALITY TRA 30 ANNI, L’ACEA: ENTRO IL

consumi energetici, dall’industria che utilizza solo il 12% di materiali riciclati, alla mobilità che produce il 25% delle emissioni. Una legge che dovrà comprendere incentivi e sostegni adeguati per assicurare una transizione, tenendo conto delle diverse situazioni nazionali di partenza. Più o meno nelle stesse ore, alla scommessa comunitaria si è aggiunta quella delle case produttrici di veicoli. Una sorta di rilancio sottoscritto dai costruttori associati all’Acea (European Automobile Manufacturers Association) – cioè DAF, Daimler Trucks, Ford Trucks, CNH Industrial, MAN, Scania e Volvo Group – che si impegnano a far sì che dal 2040 tutti i camion da loro prodotti saranno fossil free, cioè con propulsori che non utilizzeranno più carburanti fossili, in particolare il gasolio che

oggi alimenta in Europa il 98% del circolante medio e pesante. Per farlo, mettono sul tavolo investimenti

94,5% È la quota presidiata nel 2020 dall’alimentazione diesel nel mercato dei veicoli da trasporto sopra le 3,5 ton

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O IL 2040

LA GRANDE SCOMMESSA Che il diesel scompaia è certo. Ma come si muoveranno i camion del futuro? L’elettrico è più vicino e già presente sui leggeri, ma ha ancora scarsa autonomia e difficoltà di ricarica. E costa molto. L’idrogeno è molto lontano, ma non costerà meno. E tutti guardano al governo per capire come finanzierà la trasformazione del parco. E soprattutto gli anni della transizione

di Umberto Cutolo

2016 2017

2018 2019

identificato

Non

TOTALE

%

8.074

14.528

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215.856

4,4

6.779

7.459

56

56.735

1,2

11.652

11.716

29

97.961

2,0

397.737

354.844

4.493

4.549.855

92,3

1.593

2.818

0

7.849

0,2

0

0

0

29

0,0

0

10

618

786

0,0

425.835

391.375

6.926

4.929.071

Anfia-Aci

ENTAZIONE E ANNO DI IMMATRICOLAZIONE (2019)

La tabella è il totale degli Autocarri merci + i Veicoli speciali. Questi ultimi comprendono un’ampia gamma di mezzi, tra i quali i principali sono i veicoli isotermici (146.829) e quelli ecologici (65.566).

fra i 50 e i 100 miliardi di euro, chiedendo, tuttavia, la creazione delle infrastrutture necessarie (colonnine di ricarica, stazioni di rifornimento), una tassazione maggiore sui mezzi inquinanti e sconti sui pedaggi per i veicoli a zero emissioni (e già la modifica della direttiva Eurovignette dovrebbe dimezzarli entro aprile 2023). Perché, se quella dell’Europa è una scommessa, quella dei costruttori è una corsa. La prima – l’obiettivo della carbon neutrality entro il 2050 – non ha efficacia diretta se non come sollecitazione (finanziata) rivolta agli Stati perché legiferino di conseguenza. Un po’ come era il target del dimezzamento dei morti negli incidenti stradali da raggiungere tra il 2001

SUGLI INCENTIVI UNA CERTA FREDDEZZA I veicoli elettrici sono puliti, ma costano e tanto. E quindi per convincere gli autotrasportatori all’acquisto servono incentivi e anche significativi. Ma il governo ha fatto capire che non sarà possibile battere questa strada all’interno del PNRR. Magari in seguito, ma ovviamente con modalità più complicate e da reiterare anno dopo anno.

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LA SFIDA VERDE

L’UNIONE EUROPEA VUOLE LA CARBON NEUTRALITY

fino a 3,5 t. 2020

quota

2019 22.056

oltre le 16 t. quota

TOTALE

diff.

2020

quota

2019

quota

diff.

2020

quota

2019

quota

diff. 1,5

19.096

94,5

94,5

15.510

94,5

17.680

93,1

1,4

34.606

85,6

39.736

84,1

Metano

878

4,3

1.176

5,0

-0,6

731

4,5

993

5,2

-0,8

1.609

4,0

2.169

4,6

-0,6

GNL

174

0,9

313

1,3

-0,5

174

1,1

313

1,6

-0,6

348

0,9

626

1,3

-0,5

Diesel

di cui solo GNL

105

0,5

269

1,1

-0,6

105

0,6

269

1,4

-0,8

210

0,5

538

1,1

-0,6

di cui Diesel-GNL

69

0,3

44

0,2

0,2

69

0,4

44

0,2

0,2

138

0,3

88

0,2

0,2

0,32

0,0

Ibrido (Diesel-Elettrico)

54

0,3

75

0,3

-0,1

0,0

0,0

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54

0,1

75

0,0

11

0,0

8

0,0

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1

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1

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Elettrico

11

0,1

8

0,0

0,0

0,0

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Benzina

1

0,0

1

0,0

0,0

0,0

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TOTALE

20.213

23.628

16.415

18.986

e il 2010. Tant’è che le associazioni ambientaliste (Transport&Environment) ventilano l’ipotesi di un divieto formale che la Commissione europea potrebbe introdurre, fissando una data oltre la quale non sarà più possibile commercializzare veicoli endotermici, come hanno chiesto, del resto, anche nove paesi membri (Malta, Olanda, Lussemburgo, Austria, Grecia, Irlanda, Lituania, Belgio, Danimarca), sull’esempio della California che ha fissato quella data al 2035.

ACEA E T&E INSIEME SULLE COLONNINE

Cii augur auguriamo che la filiera dell’idrogeno d ll’idro si sviluppi velocemente, poi sarà il trasportatore a scegliere secondo le proprie esigenze. g Andrea Manfron, segretario generale e FAI F

Ma è la seconda – la decisione dell’Acea di non produrre più veicoli a benzina o a gasolio dal 2040 – a trasformare la scommessa dell’UE in una corsa contro il tempo, alla quale, però, devono contribuire anche i governi creando le infrastrutture necessarie a far circolare i mezzi a emissioni zero, a cominciare dalle colonnine pubbliche di ricarica dei mezzi elettrici. Non è un caso che – una volta tanto insieme – i costruttori di Acea e gli ambientalisti di T&E abbiano sollecitato alla Commissione di introdurre nella prossima direttiva DAFI (Deployment of alternative fuel infrastructure) sui carburanti alternativi in corso di revisione, l’obiettivo di installare un milione di colonnine di ricarica pubblica entro il 2024, per arrivare a 3 milioni (più mille stazioni di rifornimento di idrogeno) entro il 2029. Una corsa

36.628

Unrae, Osservatorio mercato veicoli industriali 1/2021

IMMATRICOLAZIONI VEICOLI MERCI PER ALIMENTAZIONE (2020)

42.614

nella quale Acea e T&E coinvolgono anche i camion pesanti, per i quali chiedono infrastrutture specifiche più potenti e, nei prossimi quattro anni, 10 mila punti di ricarica in depositi, hub logistici e autostrade.

PARTENZA DA ZERO VIRGOLA Una corsa, però, che da noi parte quasi da zero. Anzi da zero virgola. In Italia, secondo dati Anfia-Aci, a fine 2019 il 92,3% degli autocarri merci e dei veicoli speciali in circolazione (quasi cinque milioni di veicoli) si muoveva a gasolio, il 4,4% a benzina, il 3,2 con alimentazioni miste benzina-metano o benzina-GPL e solo lo 0,2% (7.849 veicoli) con propulsione elettrica o ibrida. E si tratta per la stragrande maggioranza di veicoli sotto le 3,5 ton di portata. Al di sopra sono solo 39 su 713.633 i veicoli registrati alla voce «elettrico-ibrido». Anche le immatricolazioni del 2020 non spostano il quadro, a prescindere dal fatto che la pandemia rende, comunque, i dati dello scorso anno poco affidabili per analizzare un trend. Ma, pur nel calo delle immatricolazioni, i veicoli ad alimentazione ibrido-elettrica perdono addirittura terreno nei segmenti in cui finora erano riusciti a ritagliarsi spazio e cioè sotto le 16 ton (ma con lievi segnali di ripresa a inizio 2021), portata oltre la quale sono del tutto assenti. E incredibilmente, nell’anno della pandemia, è il diesel a recuperare poco più di un punto (anche nei pesi

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LA SFIDA VERDE

L’UNIONE EUROPEA VUOLE LA CARBON NEUTRALITY

SOGNANDO CALIFORNIA La rivoluzione elettrica va accompagnata. Come? La California in tal senso ha le idee chiare e ha stabilito un sistema di quote obbligatorie per la vendita di camion elettrici a batterie o idrogeno, definito Advanced Clean Trucks. Si partirà nel 2024 con obiettivi specifici per i diversi segmenti: van, furgoni e pick-up, camion rigidi e trattori. Le quote minime all’esordio variano tra il 5% (per camion e pick up) fino al 9% per i carri, ma poi, anno dopo anno, si sale fino ad arrivare al 55% per van e pick-up e al 40% per i trattori per lungo raggio. Ovviamente si tratta di un’imposizione

accompagnata da incentivi concreti. Volvo Trucks North America, per esempio, ha ricevuto 21,7 milioni di dollari in sovvenzioni per distribuire 70 camion elettrici VNR nella California meridionale impegnati nella distribuzione e il trasporto merci regionale. Soldi stanziati dalla U.S. Environmental Protection Agency (EPA) a cui si aggiungono quelli che il South Coast Air Quality Management District stanzia per le infrastrutture di ricarica. La consegna dei camion è prevista già da quest’anno e andrà avanti fino al terzo trimestre del 2022.

FULL ELECTRIC O IDROGENO?

durre energia pulita. La strada dell’e-

della sospensione, causa Covid, dei divieti di circolazione per i vei-

Ai vantaggi e agli svantaggi dell’uno

costi molto elevati. Perché alla fine,

coli più inquinanti. Non è, comun-

o dell’altro, K44 Risponde, il video-

batteria al litio o idrogeno, il proble-

que, un bel dato di partenza se

cast di Uomini e Trasporti e Trasporto Europa, ha dedicato tre episodi, raccogliendo testimonianze e opinioni di esperti e operatori della filiera. Ne è venuto fuori che il full electric ha il vantaggio di essere praticamente pronto, ma il peso e l’ingombro della batteria al litio e la lentezza della ricarica lo rendono competitivo, in termini di prestazioni (ma non di prezzo), solo per le automobili e per il trasporto merci più leggero, spesso però in forma ibrida a causa della a scarsità di punti di ricarica. L’idrogeno consente ricariche più raapide e in grado di garantire maggiore autonomia, ma la sua applicazione è ancora lontana, soprattutto per i problemi legati alla sua produzione che, naturalmente, deve essere verde, altrimenti non avrebbe senso consumare energia sporca per pro-

ma principale per entrambe le tipo-

leggeri) probabilmente a causa

si pensa che di tutti questi tipi di alimentazione l’unica non fossile è quella elettrica. Per arrivare a emissioni zero, insomma, bisogna ripartire da zero. Perché l’impegno assunto dall’UE per il 2050 e quello dell’Acea per il 2040 prevede la decarbonizzazione totale del trasporto merci e dunque la scomparsa dalla scena non solo del gasolio, ma anche di metano e GPL. Non resta che la propulsione elettrica in tutte le sue varianti. Che, al momento – escludendo l’ibrido che comunque comporterebbe l’impiego di carburanti fossili – sono sostanzialmente due: quella con batteria (prevalentemente) al litio e quella con la batteria a idrogeno. Con tutti i loro pro e i loro contro. Almeno ad oggi.

lettrolisi è sicuramente green, ma ha

logie è quello del prezzo d’acquisto del veicolo, che solo una diffusa commercializzazione e le conseguenti economie di scala potrà consentire di abbattere. Ma su un punto sono tutti d’accordo: che l’idrogeno è un parente stretto dell’elettrico. Il motore, del resto,

25% È la percentuale di emissioni inquinanti emessa da tutte le modalità e tipologie di trasporto

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è lo stesso, cambia la batteria. «L’idrogeno segue le orme dell’elettrico», ha sintetizzato Paolo Starace, amministratore delegato di DAF Veicoli industriali, «dal tubo di scappamento esce solo vapore acqueo». E Andrea Manfron, segretario generale di FAI, ha concluso: «Ci auguriamo che la filiera dell’idrogeno si sviluppi velocemente, poi sarà il trasportatore a scegliere secondo le proprie esigenze». Stando così le cose sembra facile – almeno oggi – prevedere che l’elettrico si ritaglierà spazio sulle brevi distanze o nella distribuzione urbana con i veicoli leggeri (non a caso i suoi fautori chiedono di privilegiare le colonnine quick – tra 7 e 22 kW – nei centri urbani e quelle fast e ultrafast – oltre 22 kW – nelle strade ad alto scorrimento e nei parcheggi di interscambio), mentre l’idrogeno sarà preferito su lunghe percorrenze e sull’internazionale per i veicoli più pesanti. Ma la scelta la farà il mercato, quando sia elettrico che idrogeno avranno risolto i loro problemi.

L’INTERVENTO PUBBLICO Nel frattempo, il diesel continuerà a essere il carburante preferito nel trasporto merci su strada, magari accompagnato dal metano, che oggi è il secondo tipo di alimentazione scelto dai pesanti (nel 2019 ne sono stati

L’UNIONE EUROPEA VUOLE LA CARBON NEUTRALITY

immatricolati 2.352 oltre le 16 ton), seppur sempre fossile. Proprio per questo sarà determinante l’azione pubblica per indirizzare il mercato. Non si tratta solo di costruire le infrastrutture richieste dalle case, ma anche di agire con la leva incentivi-disincentivi. Il problema è soprattutto sui veicoli elettrici più pesanti che cominciano ad apparire sul mercato, ma sono ancora troppo costosi perché gli incentivi attuali – fino a 20 mila euro per i mezzi oltre le 16 ton – possano allettare i trasportatori. E anche i disincentivi – come una rimodulazione graduale degli sconti sulle accise – sono tutti da verificare. Il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, intende rivisitare i Sussidi ambientalmente dannosi (SAD) per riconvertirli in aiuti a favore di scelte più sostenibili. Ma quali? La realtà è che su questo terreno la mano pubblica è ancora un enorme cantiere su cui si stanno per riversare e i 209 milioni del Next Generation Eu. u. Ma dei 77 miliardi riservati alla trannsizione ecologica quanto finirà – e in che modo – alla trasformazione del parco circolante dell’autotrasporto? o? Perché il Green Deal europeo prevevede interventi in tutti i settori e i trarasporti (non solo i camion, ma anche e auto private, navi, aerei, indirettamente anche treni che consumano

energia elettrica prodotta con carburanti fossili) rappresentano solo il 25% delle emissioni europee. Se è così difficile, lungo e costoso decarbonizzare un quarto della quantità di climalteranti, quanto lo sarà azzerare tutto il resto?

1 milione È il numero di colonnine di ricarica pubblica che Acea e T&E, vale a dire costruttori e ambientalisti uniti, hanno richiesto di installare alla Commissione entro il 2024. Obiettivo da introdurre nella direttiva DAFI sui carburanti alternativi in corso di revisione, dedicandone 10 mila – più potenti e in punti di interesse logistico – ai camion pesanti

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LA SFIDA VERDE

LO STANDARD ALLO STUDIO È IRREALIZZABILE A COSTI COMPE T

L’EFFETTO CONTRARIO DELL’EURO 7 S

embra una partita a poker. La Commissione europea propone la decarbonizzazione totale (anche dei trasporti) entro il 2050; l’Acea, l’associazione europea dei costruttori dell’automotive, rilancia: ce la facciamo entro il 2040; la Commissione rilancia a sua volta: allora introduciamo lo standard Euro 7 dal 2025, portando le emissioni a livelli che i costruttori hanno subito definito «proibitivi». La sequenza temporale non è esattamente questa, ma la sostanza sì. Anche se l’ipotesi di Euro 7 ancora non è stata formalizzata, lo studio preparatorio predisposto dall’Advisory Group on Vehicle Emission Standards ipotizza – per

Ab bbassare con l’Euro 7 bbassa le emissioni emis di NOx a 30 mg/km contro gli 80 dello standard Euro 6d in vigore? In questo modo la Commissione vieterebbe di fatto le auto con motore a combustione dal 2025. Hildegard Müller, presidente resi ente VDA, associazione tedesca tedes sca costruttori di auto

Mentre si punta alla decarbonizzazione con elettrico e idrogeno, l’Unione europea vuole alzare gli standard del diesel che così rischia di sparire dal 2026. Per Starace (Unrae) i costi elevati scoraggeranno gli acquisti di veicoli nuovi e il parco circolante invecchierà ancora. Per Digioia (Uetr) l’autotrasporto rischia il collasso dare un’idea del balzo – di abbassare le emissioni di NOx a 30 mg/km (ma non si esclude di arrivare a 10) contro gli 80 dello standard Euro 6d attualmente in vigore. Valori da rispettare, per di più, anche in situazioni estreme con temperature fra i –10 e i 40 gradi e a quote fino a mille se non a 2 mila metri. «In questo modo», ha subito tuonato Hildegard Müller, presidente dell’associazione tedesca di costruttori di auto VDA, «la Commissione vieterebbe di fatto le auto con motore a combustione dal 2025», perché «vorrebbe che i veicoli siano praticamente privi di emissioni in ogni situazione di guida, per esempio con un rimorchio salendo in montagna o nel lento traffico urbano. Questo però è tecnicamente impossibile e tutti lo sanno». Sulla stessa linea, anche se con toni più dialoganti, l’Acea, che ha parlato di proposte «irrealizzabili e dannose», ha chiesto un confronto trasparente, ha offerto piena colla-

borazione, ma ha sug biare approccio per «g società non sostenga ficati per una legislazi be un impatto minim dell'aria, mentre, d'a nione europea sta gi impostando la sua st mobilità a emissioni z

I RISCHI, SECONDO L’UNR Perché la vera domand ha costringere i costru re su un Euro7 pratica sibile e, comunque, a per le imprese, quando verso l’elettrico e l’idr fase avanzata? Sopra il cui vero limite è la ca di ricarica? «È una sor ambientale», scuote Starace, presidente della sezione veicoli industriali di Unrae, l’associazione dei costruttori di automotive stranieri, intervistato da K44 Risponde. Ed elenca i rischi della proposta: «Il primo è il un prolungamento dell’utilizzo degli attuali veicoli da parte dei trasportatori di fronte a queste tecnologie che non sono alla loro portata economica; il secondo, di conseguenza, è l’aumento dell’anzianità del parco circolante e quindi una frenata nella riduzione delle emissioni (che è esattamente il contrario dell’obiettivo che si vuol raggiungere); il terzo, sono i maggiori costi sulle nostre imprese di autotrasporto a vantaggio della concorrenza dei vettori dei Paesi extraeuropei confinanti». Per non parlare delle risorse che l’industria automobilistica sta investendo (tra i 50 e i 100 miliardi su elettrico e idrogeno) per decarbonizzare il trasporto su gomma. «Investire in nuove tecnologie richiede miliardi di euro e non avere una chiarezza d'indirizzo sullo standard che arriverà è molto pericoloso perché aziende im-

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LA SFIDA VERDE

LO STANDARD ALLO STUDIO È IRREALIZZABILE

ce non ci sono dubbi. «Il 56% del parco circolante italiano sopra le 3,5 ton è rappresentato da veicoli ante Euro 4», ricorda, «parliamo di quasi 700 mila veicoli il cui impatto sull'ambiente e sulla sicurezza è sotto gli occhi di tutti. Di questo passo, cioè con il tasso di sostituzione attuale ci vorrebbero oltre 13 anni per rinnovarlo. E allora, cerchiamo di essere pragmatici. Vogliamo abbattere pesantemente le emissioni? Partiamo dallo svecchiamento del parco. Faccio un paradosso: se per magia potessimo sostituire l'attuale parco circolante con tutti veicoli Euro 6 già saremmo già ben oltre l'obiettivo che ci siamo posti». E conclude, scuotendo la testa: «Le soluzioni si trovano guardando l’intero contesto: scaricare il problema solo sul veicolo industriale chiedendo a noi di sostenere il carico e il peso non solo economico della decarbonizzazione senza guardare l'intera filiera è quanto meno miope».

Ill 56% del parco circolante italiano it alian sopra le 3,5 ton (quasi 700 mila veicoli) è rappresentato da veicoli ante Euro 4. Con il tasso di sostituzione attuale ci vorrebbero oltre 13 anni per rinnovarlo. Vogliamo L’UETR È D’ACCORDO abbattere veramente le E un altro pezzo della filiera – le emissioni? Svecchiamo imprese di autotrasporto – è sulla il parco. Se per magia stessa linea. «Se si interviene solo potessimo sostituire l'attuale sull’ultimo miglio, in pratica sul tubo di scappamento, non va bene», spieparco con tutti veicoli Euro 6 già saremmo già ben oltre ga Marco Digioia, segretario generale della Uetr, l’associazione degli l'obiettivo che ci siamo posti. autotrasportatori europei – anche lu intervistato da K44 Risponde – Paolo A. Starace, presidente dente lui ed entra nello specifico della proposezione VI di Unrae portanti, gruppi storicamente solidi finanziariamente rischiano di buttare a mare tutte le risorse indirizzate su una tecnologia non più coerente con gli indirizzi politici». E, per essere più chiaro: «Arrivare a sviluppare le tecnologie che oggi sono disponibili in concessionaria alle quali l'utente può avere accesso, sono il frutto di investimenti di lunghi anni. Ma gli investimenti devono avere un ritorno e possono averlo solo se i costruttori vendono i loro prodotti alle aziende di trasporto. Perciò è importante che queste siano in grado economicamente di affrontare questa spesa che oggi è ancora assai superiore a quella di un diesel». Qual è allora la soluzione? Per Stara-

sta del nuovo standard Euro 7. «La Commissione», spiega, «sostiene C che, nonostante l’Euro 6, vi è ancora un grosso problema di emissioni a livello urbano, quindi non tanto di trasporto di media e lunga distanza. Ma è poco coerente da una parte dire che l'elettrico andrà molto bene a livello urbano e dall'altra sostenere che per risolvere il problema di emissioni a livello urbano ci vuole l’Euro 7». E butta lì una domanda: «Cosa si pensa di poter ottenere da un nuovo ovo standard oltre l’Euro 6, anche alla luce di tutto quello che sta bollendo o in pentola con la decarbonizzazione al 2050?». Vengono in mente le parole di Pascal Canfin, presidente della Commissione Ambiente del Parlamento europeo. Pur senza fare riferimento

all’Euro 7, Canfin ha annunciato che «la prossima revisione degli standard sulle emissioni dei veicoli leggeri da parte del Parlamento europeo, prevista per giugno 2021, potrebbe rendere impossibile la commercializzazione di veicoli termici dal 2035». Ma se, come previsto, l’Euro 7 scatterà dal 1° gennaio 2026, la scomparsa dei motori a combustione dal mercato sarà anticipata e costringerebbe ad accelerare il processo di decarbonizzazione. È questo l’intento dell’Unione europea? «Voglio pensare che non sia così», replica Digioia, «perché sarebbe una scelta irresponsabile che metterebbe a rischio l’intera catena dell’autotrasporto. Prima di tutto perché mancano ancora le infrastrutture di ricarica per sostenere la circolazione dei mezzi elettrici (ma anche a GNL); poi perché il 90% dei veicoli commerciali è a gasolio e non vedo come si possano buttar via in 4-5 anni un numero così elevato di veicoli; infine, gli operatori piccoli e medi non possono permettersi di cambiare il veicolo nel giro di 2-3 anni senza finanziamenti pubblici. Il rischio è il collasso totale dell’autotrasporto. Che – non dimentichiamolo – deve riprendersi anche dal Covid».

Siiccom il 90% dei veicoli Siccome commerciali c omme è a gasolio, non vedo come si possano buttar via in 4-5 anni un numero così elevato di veicoli. Marco Digioia, segretario etario generale UETR

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COSA C’È PER L’AUTOTRASPORTO NEL PNRR?

ZERO INCENTIVI PER ZERO EMISSIONI

LA A RICH RICHIESTA Bisogna assicurare con le B Bisogn risorse del Recovery Plan una dotazione finanziaria pluriennale adeguata a sostenere gli imponenti investimenti green delle imprese di autotrasporto impegnate a rinnovare i propri mezzi. Amedeo Genedani, presidente di Confartigiana tigian nato

S

e qualcuno pensava che dei 223 miliardi del Recovery fund d qualche spicciolo arrivasse all’autotrasporto per il rinnovo di un parco tra i più vecchi d’Europa, in nome del Green Deal lanciato da Bruxelles, il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, ha pensato bene, già a metà aprile, di sgombrare il campo da illusioni. Partecipando a un dibattito di Radio24, ha detto chiaro e tondo che dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), quello cioè da finanziare con le risorse della Next Generation EU, l’autotrasporto «non può beneficiare di risorse per rinnovare, per esempio, il parco veicolare», anche se ha aggiunto che, però, «potrà appoggiarsi ad altri aiuti», senza peraltro specificare né quali, né quanti. Eppure, l’avevano chiesto in tanti: se

l’Europa vuol togliere dalla circolazione i veicoli a carburanti fossili entro i prossimi trent’anni, quale migliore occasione della Next Generation UE (una settantina di miliardi per la transizione ecologica) per incentivare lo svecchiamento del parco di veicoli pesanti e la loro graduale sostituzione con mezzi a zero emissioni, inserendo la misura nel PNRR? Su questa linea si erano schierati, naturalmente, i costruttori di veicoli. Paolo Scudieri, presidente di Anfia, ha definito la rivoluzione della mobilità «una sfida per cui le aziende necessitano del sostegno di interventi da attuare tramite il Recovery Plan per mantenerne alta la competitività e rendere l’Italia attrattiva per nuovi investitori». Altrettanto naturalmente, il presidente di Unatras, Amedeo Genedani, aveva scritto al presidente del Consiglio, Mario Draghi, per chiedere «di assicurare con le risorse del Recovery Plan una dotazione finanziaria pluriennale adeguata a sostenere gli imponenti investimenti green delle imprese di autotrasporto impegnate a rinnovare i propri mezzi». Scontato anche che lo chiedessero le case produttrici di veicoli. Ma a favore degli incentivi ai camion si erano dichiarati anche i principali operatori della mobilità elettrica in Italia, attraverso la loro associazione, Motus-E, che in un promemoria per il governo prec se entato a gennaio, ha definito «centrale e» il fatto «che la domanda di veicoli M, N (la categoria N è quella del trasporto merci, NdR)) e L a zero e basse emissioni (sotto i 60 grammi di CO2 per km) venga sostenuta e che, in ottica di continuità e certezza degli strumenti, si mantenga la struttura attualmente prevista per l’ecobonus, prorogandone la validità sino al 2025 e mantenendo la forma dell’incentivo diretto all’acquisto». Più o meno quello che chiedeva Unatras. E il presidente dell’Albo degli autotraasportatori, Enrico Finocchi, ha fotografato la situazione con poche parole: «Capiamo che non ci sia spazio nel PNRR per i contributi al rinnovo del parco mezzi, ma – come sottolineato anche dal ministro – ci saranno fondi alternativi, altrimenti non sarà possibile alcuna transizione ecologica dell’autotrasporto che, ricordiamo, muove l’80% delle merci. Ma le imprese hanno bisogno di pro-

grammazione, di un sistem lità o anche di disincentivaz bia un orizzonte pluriennale

LO SHIFT MODALE E allora cosa c’è – per quan trasporti – nel Piano inviato il 30 aprile, dopo un lavo e silenzioso nelle stanze p inaccessibili del governo Dra non hanno partecipato i pi ressati? Quello che emerge fia, riassunta in poche par «Obiettivi strategici» del min vannini, al punto 13.2: «Svilu di trasporto in grado di ridu tivamente le esternalità n emissioni inquinanti, trasf quota del trasporto di me ad altre modalità di traspo mente sostenibili, anche a piena utilizzazione dei fond Tradotto in inglese: lo shift m E colpisce in un altro documento base

LA A RISPO RISPOSTA L’autotrasporto L’a utotra non può beneficiare b fi delle risorse della Next Generation EU per rinnovare, per esempio, il parco veicolare … (ma) potrà appoggiarsi ad altri aiuti… Enrico Giovannini, ministro Infrastruttture

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Il ministro Giovannini assicura che il sostegno ci sarà, ma non sarà finanziato dal Recovery fund. Il che vuol dire ricontrattare ogni anno gli stanziamenti. In più seguirebbero lo stesso itinerario anche Marebonus e Ferrobonus, nonostante siano essenziali per lo shift modale

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COSA C’È PER L’AUTOTRASPORTO NEL PNRR?

impatto ambientale (ma non sono previsti incentivi neppure per questi); quello di lungo raggio – il trasporto di linea – che in gran parte sarà dirottato verso modalità meno inquinanti. Una lettura colta con precisione da I-Com, istituto per la competitività – un think tank fondato nel 2005 da un gruppo di studiosi, professionisti e manager, presieduto dall’economista Stefano Da Empoli – che in un brief dello scorso febbraio («La mobilità si evolve. Quali strade per una più rapida transazione energetica?»), osserva a proposito del Pniec: «In generale, emerge come sia utile promuovere l'integrazione tra le distanze medie e lunghe che debbono essere effettuate su ferro e nave e la distribuzione locale verso imprese, centri distribuzione, aree commerciali e città che deve essere effettuata su gomma con mezzi puliti e a basso impatto ambientale».

LA A REP REPLICA Capiamo C apiam che non ci sia spazio nel PNRR per i contributi al rinnovo del parco mezzi, ma ci saranno fondi alternativi, MAREBONUS altrimenti non sarà possibile E FERROBONUS alcuna transizione ecologica Sia chiaro, gli autotrasportatori non sono affatto contrari a misure come Madell’autotrasporto che, rebonus e Ferrobonus. Solo, vorrebbero ricordiamo, muove l’80% che l’incentivo fosse assegnato a loro – che spostano merci dalla strada al mare delle merci. o alla ferrovia – anziché agli armatori Ma le imprese hanno bisogno e a chi organizza i treni. E, infatti, nella di programmazione, stessa lettera a Draghi, Genedani chiedeva anche di «incentivare lo sviluppo di un sistema di premialità dell’intermodalità marittima e ferroviao anche di disincentivazione ria, prevedendo dei voucher diretti agli che abbia un orizzonte pluriennale. Enrico Finocchi, presidente dell’Albo o degli autotrasportato atori di questa transizione green – il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) – il diverso trattamento per le due strade indicate per l’autotrasporto: l’intermodalità e gli incentivi per il rinnovo del parco. Ma mentre per la prima, citando come strumenti Marebonus e Ferrobonus, il Piano li definisce «misure fondamentali» e afferma che «sarà importante rilanciarli per il periodo 2021-2030», per i secondi si limita a indicare le misure finora adottate senza far cenno né sulla loro utilità, né sulla loro prosecuzione. Ne esce fuori un quadro di prospettiva in cui il trasporto merci su strada si divide in due grandi segmenti: quello di corto raggio – la distribuzione – che sarà indirizzato a veicoli elettrici o a basso

autotrasportatori che sono coloro che compiono la scelta intermodale, tolgono tir dalle strade e riducono notevolmente le emissioni inquinanti». Ma anche questi sono scomparsi dal Piano. Lo ha denunciato il segretario generale di FAI-Conftrasporto, Pasquale Russo, lamentandosene con Giovannini, nel segnalare come nel PNRR non vi sia traccia di politiche di incentivo al trasporto su strada, come il Ferrobonus («ottima iniziativa premiante per le imprese che decidevano di andare sul treno») o il Marebonus («che va riprogrammato come incentivo d’aiuto all’autotrasportatore che sceglie la nave»). Insomma, se anche per gli incentivi all’intermodalità bisognerà ricorrere al bilancio ordinario, sarà ogni volta una lotta dura per reperire i fondi in una fase economica che si preannuncia assai difficile. Una prospettiva che lascia gli autotrasportatori perplessi e con l’amaro in bocca. Come quella frase che Giovannini ha pronunciato a fine dibattito, in risposta all’ennesima richiesta di incentivare il rinnovo del parco: «Manca una filiera italiana per la produzione di mezzi pesanti elettrici o a idrogeno», ha osservato, aggiungendo: «Gli imprenditori sono interessati al cambiamento, ma il rinnovo delle flotte innescherà solo un boom di importazioni, faremo felici altri paesi». Una battuta di cui gli autotrasportatori italiani si stanno ancora chiedendo il significato.

L’INTERMODALITÀ PROMESSA Neanche per l’intermodalità c’è spazio nel PNRR. Ed è strano perché, non essendoci fondi per il rinnovo del parco veicolare, sarebbe stato utile incrementare lo shift modale tramite il ferrobonus e il marebonus. In realtà, è molto probabile che queste misure saranno riproposte, ma all’interno del bilancio ordinario, quindi con modalità di reperimento delle risorse più complicato e anche in modo meno strutturale.

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LA SFIDA VERDE

L’OFFERTA DI PRODOTTO DELLE OTTO SORELLE

«VUOLE UN CAMION

ELETTRICO?

RIPASSI DOMANI» G

uido è un autotrasportatore sensibile alla protezione ambientale e per questo si tiene costante-

vere un passo concreto e a inserire nella

industriali, dai politici e dalle associa-

sua flotta mista, che comprende auto-

zioni di categoria di tutti i soggetti inte-

mezzi da 7,5 ton in su, almeno un mo-

ressati all’autotrasporto, sulla trazione

mente aggiornato sia sulle innovazioni

dello completamente elettrico. Già, ma

elettrica in concreto esiste ancora poco.

tecnologiche dei veicoli industriali, sia

quale? Se nel diesel la scelta è difficile

Lo sanno bene i pionieri come Paolo

sugli incentivi per l’acquisito di camion

vista la grande varietà esistente nell’of-

Ferraresi, titolare della Niinivirta, azien-

a basso impatto ambientale. In partico-

ferta di marchi e modelli, nell’elettrico il

da di autotrasporto che da anni usa

lare, su quei 20 mila euro che può rispar-

vero problema è che, paradossalmente,

solo autocarri medi elettrici (vedi inter-

miare se acquista un automezzo elettri-

ci sono incentivi ma scarseggia il pro-

vista a p. 44)), che deve procurarseli all’e-

co con massa complessiva superiore a 7

dotto. Sì, perché a fronte delle migliaia

stero da aziende specializzate nell’elet-

ton. Così, un giorno si convince a muo-

di parole diffuse dai costruttori di veicoli

trificazione di modelli nati per il diesel.

LOSANGA SPINATA La Losanga è sempre stata una convinta fautrice del motore elettrico. E già dal 2020 propone due veicoli pesanti, il D Z.E. da 16 ton e il D Wide Z.E. da 26 ton, affiancati in catalogo dal più leggero Master Z.E. Ma tempo due anni è pronta a offrire un veicolo per ogni segmento di mercato, compreso un trattore elettrico per trasporti regionali e uno alimentato da celle a combustile per il lungo raggio, così da rendere elettriche il 35% delle vendite entro il 2030. Il prossimo decennio servirà a riorganizzare l’azienda, a stringere partnership mirate e a sfruttare le sinergie interne al Gruppo Volvo. Esemplare sia la partnership sviluppata da Volvo Energy, nuova divisione del Gruppo dedicata a fornitura, seconda vita, riciclo delle batterie e soluzioni per la ricarica, sia l'alleanza strategica con Samsung SDI per lo sviluppo di batterie. Inoltre, entro l’inizio del 2023, sarà realizzato un centro di ricerca e sviluppo a Lione – la X-Tech Arena – con un investimento di 33 milioni di euro.

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L'INTERRUTTORE DELLA STELLA Tra i marchi del gruppo compare Fuso, sempre avanti rispetto alla mobilità verde. L’e-Canter, oggi già commercializzato in una dozzina di paesi europei con una garanzia di circa 100 km di autonomia. Chi ha bisogno di tonnellaggi maggiori deve guardare al Mercedes-Benz eActros, proposto in test per ora a diversi trasportatori. In uno di questi, dal luglio 2019, ha percorso in Germania, in condizioni di reale utilizzo, circa 50.000 km, potendo sfruttare un’autonomia di oltre 200 km. La trazione è assicurata da due motori elettrici con potenza di 171 CV ciascuno e coppia massima di 485 Nm. Le batterie sono da 240 kWh e, a seconda della potenza di carica disponibile, possono essere caricate del tutto in massimo 3 ore sfruttando una potenza di 80 kW. Produzione e commercializzazione sono in programma entro il 2021. Guardando oltre, nel 2024 ci sarà il lancio dell’eActros LongHaul, con 500 km di autonomia e, nella seconda metà del decennio, quello del Mercedes-Benz GenH2 Truck, versione per lungo raggio alimentata a celle combustibile in grado di percorrere oltre 1.000 km con un pieno.

Ma Guido non si perde d’animo e inizia

Entrambi sono giunti alla seconda ge-

a informarsi sulle riviste specializzate

nerazione con batterie più capienti, che

e sul web per individuare quali veicoli

offrono un accumulo da 200 kWh a 400

siano effettivamente disponibili. La pri-

kWh, fornendo un’autonomia che può

ma cosa che scopre è che la ricerca deve

raggiungere i 120 km per il D Wide Z.E.

escludere i trattori stradali, perché – con

e 400 km per il D Z.E. Guido scopre poi

la sola eccezione di DAF – questi mezzi

un altro veterano dell’elettrificazione,

sono ancora in fase di sperimentazione.

il Fuso eCanter, proposto dal marchio

Nel campo degli autotelai cabinati, la

giapponese in orbita Daimler Trucks. È

disponibilità è maggiore, soprattutto

giunto alla terza generazione e si offre

nella classe più leggera. Nota subito la

come «ready to deliver», ossia pronto

gamma di Renault Trucks, perché que-

alla consegna. Appartiene però alla ca-

sto marchio sta attuando in Italia una

tegoria più leggera dei veicoli industria-

campagna pubblicitaria proprio sugli

li, perché ha una massa complessiva di

elettrici. Non sorprende, perché la Lo-

7,5 ton. Per avere qualcosa di più pesan-

sanga è un pioniere della elettrificazio-

te, sempre restando nel Gruppo Daim-

ne, che ha cominciato a sperimentare

ler, Guido si indirizza verso il Mercedes

ben prima che si parlasse di transazione

eActros, presentato nel 2018, ma finora

energetica e dove oggi mette in campo

usato solo in esemplari limitati per la

due autotelai della serie Z.E. Sono il D

sperimentazione operativa.

Z.E. da 16 ton e il D Wide Z.E. da 26 ton.

La sua commercializzazione è stata

Acea ha giocato d’anticipo, indicando il 2040 come data ultima per la produzione dei veicoli diesel. Ergo, da allora in poi si dovrebbero vendere soltanto veicoli elettrici. Per il mondo dei van – come vedremo – appare un obiettivo concreto. E per quello dei camion? Per rispondere ci siamo messi nei panni di un autotrasportatore animato da spirito green. Ma, bussando alle porte delle case, da poche, per ora, ha ottenuto risposta… maggio 2021

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LA SFIDA VERDE

L’OFFERTA DI PRODOTTO DELLE OTTO SORELLE

annunciata entro la fine di quest’anno,

motore da 230 Kw. Soluzione analoga

combinazione raggiungerà i 44 ton e

quindi se il nostro autotrasportatore

è fornita dall’altro costruttore svedese,

l’autonomia sarà mediamente di 300

ne volesse uno dovrebbe pazientare

Volvo Trucks, che dal 2019 propone

km, la distanza massima in Europa per

ancora qualche mese. Scania invece

i modelli più leggeri FL e FE nella ver-

il 45% delle missioni di trasporto.

offre già in vendita una gamma media

sione Electric e che ha annunciato la

Guido scopre che anche l’olandese DAF

elettrica e, sul configuratore del sito

vendita, entro fine 2021, anche dei più

propone due modelli elettrici, delle

web della casa, Guido può scegliere di

pesanti FH, FM e FMX. Quindi per ora

gamme LF e CF.

applicare tale propulsione sui modelli L

anche qui la scelta si potrebbe indiriz-

Il primo è disponibile come autotelaio

(con accesso ribassato) e P.

zare su FL ed FE Electric, rispettivamen-

cabinato 4x2 con massa di 19 ton e bat-

La loro autonomia varia secondo la con-

te di massa complessiva di 16 ton e 27

teria da 282 kWh, che offre un’autono-

figurazione delle batterie e dell’allesti-

ton e con un’autonomia fino a 300 e

mia fino a 280 km. Del più pesante CF,

mento e può raggiungere i 250 km con

fino a 200 km. Per i Volvo FH, FM e FMX

Guido trova anche la versione trattore

quelle da 300 kWh, che alimentano un

Electric, invece, la massa totale della

4x2 che permette una massa totale

GRIFONE ANCHE IBRIDO Scania ha intrapreso l’elettrificazione dei suoi veicoli da tempo e oggi offre già una piccola gamma, declinata anche in versione ibrida. I modelli full electric sono combinati con cabine di serie L e P e dotati di un pacco batterie da 165 o 300 kWh (di 5 o 9 unità, una sistemata al posto del motore termico, le altre sul telaio) e da un motore elettrico da 230 kW, pari a circa 310 CV. L’autonomia arriva a 250 km per singola carica. Le batterie possono essere caricate con 130 kW DC utilizzando un connettore CCS. Il tempo di ricarica è inferiore ai 55 minuti per la versione con 5 batterie e inferiore ai 100 per quella con 9. Anche l’ibrido è disponibile con le stesse cabine e consente di percorrere fino a 60 km in modalità elettrica, anche se, conservando il motore a combustione interna (un 9 litri da 280 a 360 CV), ha spazio per 3 batterie per una capacità installata di 90 kWh e per un motore elettrico da 115 kW per il funzionamento in continuo. Il tempo di ricarica all’80% è di circa 35 minuti.

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LA SFIDA VERDE

L’OFFERTA DI PRODOTTO DELLE OTTO SORELLE

della combinazione di 37 ton. È mossa

esemplari sono usciti dagli stabilimenti

tedesco di Ulm usando la cabina dello

da un motore che eroga una potenza

nel 2018 per iniziare una sperimentazio-

S-Way. A novembre 2020 è stato an-

di picco di 240 kW, alimentato da una

ne operativa presso alcune imprese lo-

nunciato un prototipo e la versione a

batteria da 350 kWh che può fornire

gistiche di mezza Europa e a dicembre

batterie potrebbe apparire già entro

un’autonomia fino a 220 km. In più esi-

2019 è iniziata la produzione in piccola

fine anno. Guido scopre però che nello

ste una versione autotelaio cabinato

serie della versione TGM 26.360 E, che

stabilimento di Brescia Iveco produce

6x2 con massa complessiva di 29 ton,

ha un motore elettrico da 264 kW ali-

una versione senza motore (glider), che

dotata anch’essa di batteria da 350

mentato da batterie che offrono un’au-

fornisce alla società britannica Electra

kWh con autonomia fino a 250 km.

tonomia fino a 200 km.

per realizzare un autotelaio elettrico

Alla ricerca mancano ancora tre marchi

Ford Trucks per ora non prevede la ven-

con massa da 7,5 a 19 ton, equipaggia-

che in Italia vendono veicoli industriali:

dita di modelli elettrici in Europa, anche

to con un motore da 260 kW o 350 kW

MAN, Ford e Iveco.

se dal suo quartier generale italiano ci

alimentato con batterie fino a 287 kWh.

Guido comincia con il costruttore tede-

informano che alcuni veicoli a batteria

Si apre così a Guido un altro panorama,

sco, che ha annunciato la commercia-

sono testati attualmente dalla munici-

ossia quello dei costruttori autonomi di

lizzazione dell’eTGM, versione elettrica

palità di Istanbul.

veicoli industriali che elettrificano mo-

del modello medio, nelle configurazioni

Lo stesso vale per Iveco, che però sta

delli nati per il diesel. Tra questi spicca

di trattore con massa totale della combi-

sviluppando il pesante elettrico con la

l’olandese Emoss, che offre questi vei-

nazione di 32 ton e autotelaio a tre assi

statunitense Nikola. Si chiamerà Nikola

coli già da qualche anno. Può elettrifica-

con massa complessiva di 26 ton. I primi

Tre e sarà prodotto nello stabilimento

re qualsiasi veicolo nel suo stabilimento

(prosegue a p.30)

IL TRATTORE ELETTRICO SOLO QUI La casa olandese propone il CF Electric dal 2020 con la doppia configurazione trattore 4x2 e cabinato 6x2, equipaggiati con motore da 210 kW e coppia da 2.000 Nm. È in grado di percorrere oltre 200 km e, nell’ultima versione, grazie a una nuova generazione di batterie, ha perso 700 kg di peso guadagnati in portata utile. Si offre, oltre che per missioni urbane, per operazioni di distribuzione, fornitura di supermercati e raccolta dei rifiuti. La batteria ha capacità di 350 kWh autonomia fino a 200 km, conservata anche in condizioni climatiche difficili. Da maggio poi è arrivato l’LF in versione cabinato da 19 ton, con passo da 5,3 o 5,85 metri. Il carico utile è di 11.700 kg. Il motore da 250 kW di potenza e 1.200 Nm di coppia nominale (picco di 3.700 Nm). Lo alimenta un gruppo batterie LFP (litioferro-fosfato) da 282 kWh (netto di 254 kWh) che gli conferiscono 280 km di autonomia e sono garantite 6 anni. In più, può essere completato con la e-PTO da 400 V con cui alimentare attrezzature ausiliarie quali un impianto di raffreddamento elettrico o una gru elettroidraulica. È sviluppato con Dana e nasce negli stabilimenti Leyland Trucks, nel Regno Unito.

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LA SFIDA VERDE

L’OFFERTA DI PRODOTTO DELLE OTTO SORELLE

DOPO I MEDI PARTONO I PESANTI I Volvo FE e FL in versione elettrica sono venduti già dal 2019. Parliamo di veicoli di medio carico e pensati soprattutto per utilizzi urbani, in particolare per la distribuzione e la raccolta rifiuti. Il primo dispone di due motori elettrici con potenza di 400 kW e coppia di 850 Nm, abbinato a un cambio a 2 velocità di produzione Volvo. I pacchi di batteria, possibili fino a 4, gli garantiscono un’autonomia fino a 200 km. Il Volvo FL ha un motore appena meno potente (200 kW con coppia di 425 Nm), stesso cambio, ma riesce a ospitare fino a 6 pacchi batteria, con capacità energetica di 66 kWh e di conseguenza l’autonomia sale fino ai 300 km. Poi già a partire da quest’anno inizia la commercializzazione delle gamme elettriche FH, FM, FMX, anche se l’inizio della produzione in serie è previsto per la seconda metà del 2022. In questo modo non soltanto diventerà possibile coprire anche segmenti quali il trasporto regionale pesante o le operazioni in cantiere, ma diventerà possibile, grazie a un’autonomia di 300 km, coprire tutte quelle missioni di trasporto che stanno al di sotto di questa soglia. E in Europa sono il 45%.

I MILLE TEST DEL LEONE Il costruttore di Monaco di Baviera sta testando l’operatività della versione elettrica del TGM in diversi contesti e applicazioni. In Norvegia, per esempio, è utilizzato per i servizi postali di Oslo, nei Paesi Bassi nello sgombero della neve, a Berlino effettua consegne e rifornimenti ai supermercati (e viene anche analizzato nell’ambito di uno studio condotto dall’associazioneTransport&Environment)

dimostrando particolare versatilità e capacità di adattamento a climi diversi. L’eTGM è un veicolo da 26 ton equipaggiato con motore da 360 CV con coppia di 3.100 Nm. Le sue 12 batterie da 185 kWh si ricaricano con presa a corrente alternata da 22 kW in circa 8 ore e con corrente continua fino a 150 kW in un’ora per garantire un’autonomia di 190 km. MAN le garantisce per 6 anni.

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LA SFIDA VERDE

L’OFFERTA DI PRODOTTO DELLE OTTO SORELLE

A ULM SI RICOMINCIA DA “TRE” CNH Industrial ha una quota di poco più del 7% in Nikola. Ma già prima della quotazione aveva investito in questa start up 250 milioni, di cui 150 in asset industriali. Non a caso il modello «Tre» vedrà la luce negli stabilimenti tedeschi di Ulm, dove Iveco aveva prodotto lo Stralis, e prenderà in dote la cabina dell’S-Way. È un camion per distribuzione pesante con autonomia di quasi 500 km, accumulatore con capacità di 750 kW e motore da quasi 650 CV. L’inizio della produzione è previsto per fine anno e la commercializzazione in Europa sarà affidata alla stessa rete Iveco. Ma non finisce qui, perché la versione per lungo raggio del veicolo, con fuel cell al posto della batteria per arrivare a 1.000 km di autonomia, prende maggior forma grazie a una lettera di intenti con cui Iveco e Nikola si alleano

con OGE (società che gestisce oltre 12.000 km di gasdotti tedeschi) per lo sviluppo – inizialmente in Germania – di una rete di distribuzione dell’idrogeno, comprensiva di stazioni di rifornimento per trasporto commerciale. Intanto, dopo la chiusura delle trattative per la vendita di Iveco alla cinese FAW, il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, spiega che «il governo italiano ha seguito con attenzione e attiva discrezione tutta la vicenda perché ritiene la produzione di mezzi pesanti su gomma di interesse strategico nazionale». Prova ne sia che ha aperto un tavolo al Mise proprio a tale scopo. Anche perché, archiviata la partita cinese, l’obiettivo dell’azienda rimane di giungere alla «separazione delle attività On-Highway nella prima parte del 2022».

di Oosterhout, quindi offre un’ampia gamma di configurazioni con massa complessiva da 7 a 75 ton. Potrebbe essere una buona alternativa, ma presenta un inconveniente: il veicolo deve essere omologato in Italia, con costi a carico dell’acquirente e tempi incerti. Si può acquistare immatricolato nei Paesi Bassi a chilometri zero, ma così risulta usato e quindi si perdono gli incentivi italiani, validi solo per i veicoli di prima immatricolazione. Guido è un po’ sconsolato e confuso. Ma su una cosa ha le idee chiare: per imboccare la strada dell’elettrico sarà meglio attendere ancora qualche tempo.

UNA VOGLIA ELETRIZZANTE Ford Trucks è un’entità particolare. Se in questo momento si cercano in Italia camion elettrici non se ne trovano. Si sa di qualche test condotto in Turchia, però si sa pure che, grazie a un investimento superiore ai due miliardi di euro, negli stabilimenti di Ford Otosan a Kocaeli, dove già viene prodotta la gamma Transit e dove vedrà la luce nel 2023 la nuova generazione

completamente elettrica del Ford Transit Custom, è stato anche prodotto questo Ford F-Vision Future Truck, un trattore dotato di motore completamente elettrico e funzionante con guida autonoma di livello 4, realizzato in forma di prototipo per dimostrare che Ford Trucks sta pensando al futuro del settore degli autotrasporti commerciali.

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GARANZIA DI RIMBORSO IN CASO DI MANCATO RISPARMIO DI CARBURANTE

Se Advancer non raggiunge l'obiettivo di risparmio di carburante dopo il primo anno, pagheremo noi il conto

L ' U N I TÀ D I R E F R I G E R A Z I O N E P I Ù E F F I C I E N T E S U L M E R C AT O I N T E R M I N I DI CONSUMO DI CARBURANTE Vai su TKAdvancer.com/fuel e scopri esattamente quanto carburante potresti risparmiare passando ad Advancer.

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L'ELETTRICO SOLO LO 0,2% DEI VEICOLI MERCI È ELETTRICO O IBRIDO

È

una lunga marcia costellata di sigle, quella dell’avvicinamento alla trazione elettrica degli

autoveicoli. Perché il problema non è nel motore – un propulsore non troppo differente da una centrifuga che

trasforma l’energia elettrica in energia meccanica – ma nella batteria, dove accumulare l’energia elettrica necessaria a muovere il veicolo. Dato che di energia ce ne vuole tanta e ci vuole tanto tempo per ricaricare le batterie, gli scienziati si affannano da sempre per trovare soluzioni che consentano agli accumulatori di caricare tanta energia elettrica nel minor tempo possibile, ma senza pesare troppo per non alterare i rapporti peso/motore/freni. Ognuna di queste soluzioni ha una sua sigla: mHEV, sHEV, PHEV, E-REV, BEV. Le prime tre sono ibride in cui la batteria è ricaricata dal motore a combustione che nelle HEV può essere usato in alternativa a quello elettrico (ma nella PHEV entra in funzione quando l’elettrico non ce la fa), la quarta fa lo stesso solo che il motore a combustione è piccolo e serve unicamente a ricaricare la batteria. L’ultima – la BEV, Battery Electric Vehicle – dispone soltanto di motore elettrico, alimentato da batterie (al litio le più diffuse) ricaricabili da una fonte di alimentazione esterna. Ed è questa il target della carbon neutrality voluta dall’Unione europea entro il 2050, perché è l’unica che non ha emissioni di CO2.

Il nostro n piano prevede installazioni in stalla ultra fast all'interno di grandi città. Ma ci stiamo muovendo verso la creazione di vere e proprie stazioni di servizio CRESCONO LE AUTOMOBILI elettrico che devono dare Tutto questo prima di dire che all’inizio un ulteriore miglioramento del 2021 l’Italia ha superato le 100 mila alla tranquillità e alla vetture elettriche in circolazione, con sicurezza della ricarica. una quota tra lo 0,1% e lo 0,2% rispetAugusto Raggi, responsab sponsa abile to a un parco da 40 milioni di unità. Il segnale positivo arriva dalle immatriEnel X Italia colazioni: lo scorso anno, nonostante

0,8% È la quota di veicoli leggeri elettrici immatricolati nei primi due mesi del 2021 (UNRAE) la pandemia, ne sono entrate in circolazione quasi 60 mila (32.500 BEV e 27.375 PHEV), contro le 17.600 del 2019 con un incremento monstre del 251,5%. L’impennata è a fine anno con le BEV che a dicembre hanno superato le PHEV e insieme hanno segnato l’11,4% di un mercato totale che ha ceduto il 15%. E anche questo vuol dire qualcosa. Il fenomeno, però, non si registra nel comparto autocarri. Dato che – come detto – il peso ha una funzione rilevante nel complicare le possibilità di soluzioni tecniche, è comprensibile che i problemi si moltiplichino con l’aumento della portata di un camion. Infatti, stando ai dati Anfia-Aci, se il circolante di autocarri merci al 31 dicembre 2019 riporta alla voce «Elettrico-Ibrido» 7.849 veicoli, solo 39 sono al di sopra delle 3,5 ton. Ma, se passiamo alle immatricolazioni, i dati Unrae (che distinguono tra elettrico e ibrido)

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MA ADESSO CI VUOLE UNA SCOSSA di Umberto Cutolo

Nonostante una leggera tendenza alla crescita, la quota di camion senza motore a combustione è ancora marginale. Le ragioni: costano molto, hanno un’autonomia limitata e i punti di ricarica sono ancora pochi. E c’è chi già gli preferisce l’idrogeno. In attesa di incentivi pubblici rivelano un leggero incremento tra i 16 veicoli BEV immatricolati nel 2019 e i 22 del 2020 (nonostante l’anno nero della pandemia) a scapito degli ibridi. E le ultime rilevazioni Acea, associazione continentale dei costruttori, mostrano che nel 2020 l’Italia ha registrato una

quota di immatricolazioni dei veicoli leggeri minima per l’elettrico puro (0,8% contro l’8,1% della Norvegia), ma è in testa alla classifica europea per ibrido elettrico (3,3%) e per combustibili alternativi (4,5%). Piccole cifre, ma che rivelano una tendenza.

FURGONI BEV DA CITTÀ Ed è quella dell’uso crescente di veicoli a basso impatto ambientale nella distribuzione urbana: i 2.352 leggeri a metano e i 348 a GNL del 2019 pre-Covid sono uno spazio su cui un elettrico sempre più competitivo potrà sicuramente

DOVE VUOI

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Acea

L'ELETTRICO SOLO LO 0,2% DEI VEICOLI MERCI È ELETTRICO O IBRIDO

Elettrico

Norvegia

8,1

Ibrido elettrico

Combustibili alternativi

Benzina

0,0

0,1

0,8

91,0

Diesel

Svezia

6,4

0,3

2,9

1,9

88,5

Islanda

4,9

0,0

0,5

5,3

89,3

Irlanda

3,4

0,1

0,0

0,1

96,3

Germania

3,3

0,4

1,1

3,3

92,0

Olanda

2,8

0,2

2,2

1,3

93,4

Svizzera

2,7

0,4

0,4

7,0

89,4

Francia

2,3

0,6

0,4

3,9

92,8

Danimarca

2,0

1,3

0,0

4,6

92,1

Austria

1,8

0,1

0,3

2,3

95,5

Regno Unito

1,8

0,2

0,0

1,0

97,0

Lussemburgo

1,4

0,0

0,0

1,5

97,0

Finlandia

1,3

0,9

0,5

1,3

96,0

Spagna

1,3

2,0

1,9

3,4

91,4

Portogallo

0,9

0,0

0,0

0,3

98,7

Italia

0,8

3,3

4,5

3,3

88,1

Lettonia

0,7

0,0

0,9

3,8

94,6

Belgio

0,6

0,1

1,4

4,8

93,1

Ungheria

0,6

0,1

0,4

1,3

97,6

Romania

0,6

0,2

0,0

2,7

96,5

0,

0,0

0,4

2,5

96,5

Croazia

0,4

0,0

0,1

2,0

97,4

Estonia

0,4

0,0

0,3

10,3

88,9

Slovacchia

Polonia

0,4

0,0

0,1

5,1

94,4

Rep. Ceca

0,3

0,0

3,6

4,8

91,3

Slovenia

0,3

0,1

0,1

1,8

97,6

Grecia

0,2

0,3

2,7

5,0

91,8

Cipro

0,0

0,0

0,0

16,2

83,8

TOTALE

2,1

0,7

1,1

3,0

93,1

inserirsi. La pandemia ha concesso una tregua ai divieti di circolazione per i veicoli più inquinanti, ma con il ritorno alla normalità torneranno anche i blocchi delle vetture diesel Euro4 (immatricolate tra gennaio 2006 e settembre 2009) in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna, oltre che – con diverse modalità – a Milano, Torino, Venezia, Firenze e Roma, che dal 2024 sarà diesel free. E tornerà la spinta a dotarsi di veicoli ecologici: il furgone BEV da città potrà dire la sua. «Prevediamo una forte penetrazione dei veicoli elettrici nei prossimi vent’anni», ha confermato a K44 in occasione del forum "Il Motore del Duemila40", Augusto Raggi, responsabile Enel X Italia, «specialmente nel trasporto

merci leggero che è già una realtà con gli small van, che sono cresciuti con la pandemia, tanto che ormai si parla dell'ultimo miglio elettrico». Non è un caso che – proprio sotto questo slogan

LE CRITICITÀ: PREZZO, AUTONOMIA E RICARICA Se fra divieti pubblici e sensibilità privata, il veicolo elettrico sembra essere stato accettato, la sua strada verso la sostituzione del parco a combustibili fossili è ancora accidentata. A cominciare dal prezzo: un furgone a gasolio costa intorno ai 15 mila euro, uno elettrico almeno il doppio. «E oltre al prezzo del veicolo», ricorda Andrea Manfron, segretario generale di FAI, «ci sono anche i costi correlati: performance, consumi, affidabilità, manutenzione sono tutti costi che incidono. E non ultimo, la rivendibilità del mezzo sul mercato dell’usato». Come risolvere il problema? «Banalmente», continua Manfron, «con degli incentivi che, però, devono essere mirati. Oppure con una sorta di carbon tax sulla CO2 emessa, da ricavare dalla revisione dell’accisa». Ma non è soltanto questione di costi: la scarsa autonomia dei motori elettrici (intorno ai 300-350 km) e la loro potenza limitata ne precludono (almeno per ora) l’impiego sui veicoli più pesanti nei viaggi di linea internazionali e ne diminuiscono l’appeal anche per le tratte più brevi. Oltretutto il peso della batteria è ancora tale da incidere significativamente sulla portata, riducendo la capacità della merce trasportabile. E, infine, i prolungati tempi di ricarica mal si conciliano con le esigenze di lavoro di un camion che per ammortizzarne i costi e ottimizzarne l’impiego deve essere in continuo movimento: per avere un’idea, un’automobile con batteria da 40kWh, attaccata a una colonnina rapida da 22 kW, deve attendere un paio d’ore per fare il «pieno», mentre una «superbatteria» per camion, da 680 kWh, presentata lo scorso anno sul mercato, richiede circa due ore per caricarsi all’80% da una colonnina da 150 kW.

– la prima a muoversi in questa direzione è Amazon che ha ordinato alla startup statunitense Rivian 100 mila furgoni elettrici con il marchio della freccia (tre diverse dimensioni con batterie adeguate alle diverse lunghezze di percorso) che entreranno in circolazione in tutto il mondo – anche in Italia – entro il 2022. Ma già dalla scorsa estate il gigante dell’e-commerce utilizza per le consegne in Europa 1.800 furgoni elettrici Mercedes-Benz, 600 eVito e oltre 1.200 eSprinter.

5% È la quota di veicoli leggeri ibridi immatricolati nei primi due mesi del 2021 (UNRAE)

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EAFO (European Alternative Fuels Observatory) e ERF (European Unine Road Federation)

L'ELETTRICO

SOLO LO 0,2% DEI VEICOLI MERCI È ELETTRICO O IBRIDO

INFRASTRUTTURE DI RICARICA PUBBLICA IN EUROPA (DICEMBRE 2020) TOTALE

% >22 kW

Punti x100 km

66.664

4

47,9

Lussemburgo

1.063

1

36,8

Norvegia

19.718

28

19,7

Olanda

7.834

15

11,0

Regno Unito

33.470

19

7,9

Germania

44.669

17

6,9

Austria

8.232

16

6,0

Belgio

8.482

6

5,5

Finlandia

3.728

13

4,8

Svezia

10.412

15

4,7

Svizzera

Danimarca Francia Malta Portogallo Islanda

3.254

17

4,4

46.945

9

4,2

101

0

3,5

2.470

20

2,7

386

25

3,0

13.381

9

2,7

Croazia

670

28

2,5

Slovenia

747

18

1,9

Italia

924

29

1,6

Spagna

8.165

26

1,2

Irlanda

1.102

26

1,1

Bulgaria

195

39

1,0

Rep. Ceca

1.200

51

0,9

424

47

0,7

70

34

0,7

Ungheria

1.295

22

0,6

Romania

502

37

0,6

Lettonia

314

75

0,5

Polonia

Slovacchia

Estonia Cipro

1.687

38

0,4

Grecia

334

24

0,3

Lituania

179

56

0,2

EUROPA

286.717

23

4,9

LE INFRASTRUTTURE CARENTI Ma la tecnologia corre e i costruttori sono convinti di poter aumentare l’autonomia dei veicoli, riducendo anche il peso della batteria. Sui tempi di ricarica, però, non bastano i loro sforzi. Per questo si rivolgono ai governi europei per ottenere una rete infrastrutturale in grado di consentire, soprattutto nella fase di transizione, una maggiore frequenza di ricariche, in modo da contenere le dimensioni, la capacità (e il peso) delle batterie e permettere – anche ai veicoli più pesanti – viaggi più lunghi, senza

ricorrere a complicate manovre di sostituzione delle batterie o a programmazioni dei percorsi al centimetro. «Con i nostri clienti», spiega Paolo Starace, amministratore delegato di DAF Veicoli industriali, «prima dell’acquisto, scendiamo nel dettaglio dell’operatività quotidiana, del tipo di territorio, dei punti di ricarica, per capire se il veicolo è adatto a quel trasporto». Per questo, continua, «stiamo facendo grosse pressioni per avere colonnine ad alta velocità di ricarica in interporti, porti, scambi merci, hub, poli logistici. Sulle autostrade sono in rapida evoluzione, però là dove

opera il veicolo industriale mancano completamente». Ma la situazione è in miglioramento. Una norma dell’ultima legge di bilancio ha imposto a tutti i concessionari autostradali di creare stazioni di ricarica ad alta potenza (sopra i 50kW) per veicoli elettrici a distanza non superiore ai 50 km; Autostrade per l’Italia ha inserito nel suo Piano industriale 2020-2023 un programma di installazione di 67 stazioni per quasi 400 punti di ricarica ad alta potenza. E si stanno muovendo anche, Anas, Eni, Enel. «Il nostro piano», spiega Augusto Raggi, responsabile Enel X Italia, «prevede installazioni ultra fast all'interno di grandi città. Ma ci stiamo muovendo verso la creazione di vere e proprie stazioni di servizio elettrico che devono dare un ulteriore miglioramento alla tranquillità e alla sicurezza della ricarica». Chi non è del tutto convinto dei vantaggi dell’elettrico rispetto all’idrogeno sui mezzi pesanti è Alessio Torelli, Chief Mobility Officer di Snam: «Anche una colonnina supercharge», osserva, «non ricarica un camion in due minuti. Ve lo immaginate un interporto con 200 camion in coda ad attendere che il primo truck della fila finisca di ricaricare le batterie, sapendo che ci metterà un paio di ore per ricaricarle a metà prima di lasciare il posto al camion successivo? Di colonnine ne occorrerebbero almeno una cinquantina, ma non so quanti megawatt sarebbero necessari per ricaricare in contemporanea tanti veicoli pesanti: praticamente l’energia di una centrale nucleare». «Ma», ribatte Raggi, «la tecnologia è in rapida evoluzione: la stessa batteria che qualche anno fa caricava in tre ore adesso carica in venti minuti». Insomma, per fare paragoni, bisognerà aspettare che elettrico e idrogeno vadano entrambi a regime. Come dire: ai posteri l’ardua sentenza.

50km È la distanza massima entro cui la legge di bilancio 2021 impone ai concessionari autostradali di creare stazioni di ricarica ad alta potenza (sopra i 50kW) per veicoli elettrici

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Stronger for longer

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L'ELETTRICO

POCHI MA IN AUMENTO I PUNTI DI RICARICA

L'ANNO DELLA COLONNINA S

arebbe rischioso trarre indicazioni da un anno come il 2020, profondamente condizionato dalla pandemia, ma qualcosa tra novembre e dicembre deve essere accaduto nel mondo della trazione elettrica, se accanto ai primi segni di risveglio del mercato, sembra essersi avviata un’impennata anche del numero di stazioni di ricarica elettriche. A dicembre 2020, infatti, l’Italia secondo una rilevazione dell’EAFO (European Alternative Fuels Observatory)) era al 16° posto nella classifica europea delle ricariche pubbliche con solo 2,7 punti per 100 km di strade, contro la media europea di 4,9. In numeri, ce n’erano solo 13.381, contro i 66.664 dell'Olanda, i 46.945 della Francia e i 44.669 della Germania. Per di più solo il 9% (poco più di 1.200) avevano una potenza superiore ai 22 kW. Perché il problema non è soltanto il numero, ma anche la potenza, classificata con quattro livelli: la slow fino a 7 kW, la quick fino a 22 kW, che sono le potenze «standard». Poi ci sono quelle di potenza «elevata»: la fast fino a 50 kW e la ultrafast oltre 50 kW. La situazione era paradossale sul-

le autostrade. Sui quasi 3 mila km di Autostrade per l’Italia, la prima è comparsa cinque anni fa, nell’area di servizio di Frascati Ovest. Nel 2018 l’Autostrada del Brennero ne dichiarava solo quattro (oggi ne ha 12, con 50 colonnine). Nel 2019, l’Anas aveva un solo impianto sul Grande raccordo anulare di Roma (area Selva Candida esterna) e aveva appena avviato i bandi per realizzarne di nuovi sulla Roma-Fiumicino (altri 10), ma anche sulla A19 Palermo-Catania e sulla A2 Salerno-Reggio Calabria, dove lungo i 442 km di autostrada, esiste solo una colonnina a Baronissi Est. Ancora a dicembre 2020 – per una rete autostradale di 7 mila km – di punti di ricarica ce n’erano 107, molti dei quali fuori del casello autostradale e, comunque, assai meno dei 500 previsti entro il 2020 (poi diventati 1.850 entro il 2030) dal Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli elettrici (PNIRE) varato nel 2014 sulla base di una direttiva europea.

stazioni sulla A nel modenese Ovest (direzion la di Flaminia Un risveglio do dei vertici del naria, ma anch legge che ob cessionarie a i ricarica ad alta 50 km. Aspi ha rispost industriale ch l’installazione ultraveloci da servizio (il 31 sulle sue tratte lonnine, che ga za di un impian to saranno poc secondo mom

L’EMENDAMENTO SBLOCCA COLONNINE Poi, a fine 2020, l’annuncio di Aspi sulla prossima apertura di altre due

L’idea di nuova area di servizio di un giovane pugliese

FULLY, UNO SPAZIO DA VIVERE (PER RICARICARE) Se cambia l’alimentazione dei veicoli, se muta la tempistica con cui sono ricaricati, anche i contesti in cui si fa il pieno dovranno adeguarsi al nuovo corso. È questa la riflessione che ha ispirato Donato Piangivino, creativo ventiseienne di Noci (Ba), che dopo aver assunto la gestione di un’area di servizio di famiglia a Gioia del Colle ha provato a guardare avanti. E ha compreso che se il distributore di carburante non è più il luogo in cui ci si ferma per il tempo necessario a rifornire il proprio veicolo, ma un contesto in cui trascorrere il periodo più o meno lungo richiesto dalla ricarica elettrica, tanto vale cambiargli faccia. Via allora i tristi arredi in lamiera, per creare un contesto verde e sostenibile. Ma soprattutto spazio a luoghi in cui vivere esperienze diversificate: consumare un pasto, lavorare (con postazioni modello co-working), organizzare

incontri, vedere un’esposizione e tanto altro. Insomma, un luogo in cui fermarsi perché si ha l’opportunità di fare tante cose e, nel frattempo, se ne approfitta per ricaricare il veicolo. Un progetto di stazione futuristica, chiamato Fully Future Stop, che già muove i primi passi, visto che nell’area di Gioia del Colle sono state installate due postazioni di ricarica da 22 kW, è stata attivata un’attività di ristorazione, realizzate postazioni di lavoro e relax all’aria aperta e sta prendendo le mosse un servizio di sharing di monopattini elettrici. Un modello di gestione partito da poco meno di un anno e che Donato avrebbe ambizione di esportare altrove. Proprio per questo la rivista Forbes lo ha inserito tra i cento under 30 con le migliori idee per il domani.

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69% di aree di servizio sarà coperto, in modo da avere un distanziamento inferiore ai 50 km. Anche le altre concessionarie si muovono, seppure – con l’eccezione della A22 dove già sono in funzione 8 stazioni con 53 colonnine (gratuite), con potenze, però, non superiori ai 150 kW – con una certa timidezza. La A24 Roma-Pescara ha avviato già a fine 2020 l’installazione di due impianti: cinque colonnine fino a 400 kW a Tiburtina Sud e tre da 50 kW a Colle Tasso Nord e Sud. Sulle autostrade tirreniche, Eni (con l’operatore tedesco Ionity) sta lavorando a due impianti in Toscana (Versilia Est e Ovest sulla a 12) e uno in Liguria (Ceriale Sud, sulla A 10), mentre è già in funzione un impianto da 350 kW all’Eni Station di Binasco, a poca distanza dal casello. Anche Anas ha risposto all’appello: a dicembre ha attivato lungo la A2 due nuove stazioni nelle aree di Cosenza Est e Rosarno Est. È la prima tappa di un piano partito agli inizi del 2017, con i primi bandi per l’affidamento

La legge di bilancio 2021 obbliga i concessionari autostradali a installare stazioni di ricarica ad alta potenza ogni 50 chilometri. Autostrade per l’Italia risponde con un piano da 400 ricaricatori, Anas s’impegna a dotarne tutte le sue 41 aree di servizio autostradali. Anche i distributori indipendenti aprono uno spiraglio: accanto alla pompa vedremo la colonnina? delle concessioni delle stazioni di ricarica elettrica con colonnine fast, al termine del quale ognuna delle 41 aree di servizio sarà dotata di un numero di stalli compreso tra 4 e 6, dunque tra le 160 e le 240.

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L'ELETTRICO

POCHI MA IN AUMENTO I PUNTI DI RICARICA

CASA

SLOW

QUICK

FAST

kW

3

7

22

50

100

150

250

350

Minicar

18 kWh

3h00'

2h34'

49'

22'

11'

7'

4'

3'

Auto media/ Furgone

40 kWh

13h20'

5h43'

1h49'

48'

24'

16'

10'

7'

Tesla Model S

100 kWh

33h20'

14h17'

4h33'

2h00'

1h'00

40'

24'

17'

Camion leggero

150 kWh

50h00'

21h26'

6h49'

3h00'

1h30'

1h'00

36'

26'

Camion medio

300 kWh

100h00'

42h51'

13h38

6h00'

3h00'

2h00'

1h12'

51'

Tesla Semi

500 kWh

166H40'

71H26

22H44

10H00'

5H00'

3H20'

2H00'

1H26'

Camion pesante

700 kWh

233H20'

100H00'

31H49

14H00'

7H00'

4H40'

2H48'

2H00'

Rifornimento rapido Meno di 10'

Il tempo di una pausa Tra 11' e 1h

ULTRAFAST

Il tempo di una notte in deposito Tra 1 e 10h

(elaborazione di Uomini e Trasporti)

I TEMPI DI RICARICA, DALLA MINICAR AL CAMION

Oltre 10h

L'orologio della spina

UNA FORMULETTA PER CALCOLARE IL TEMPO DI RICARICA C’è una semplice formula matematica per calcolare quanto tempo s’impiega per ricaricare la batteria di un veicolo elettrico: basta dividere la capacità dell’accumulatore (in kWh) per la capacità di ricarica della colonnina (in kW). La prima dipende dal veicolo e dal peso e dall’autonomia, per cui una minicar da città avrà una batteria di un paio di decine di kWh e si potrà ricaricare con la presa di corrente del garage durante la notte. Per un furgone o un camion i tempi si allungano, anche se va tenuto presente che non conviene mai ricaricare completamente la batteria, perché il tempo che serve per l’ultimo 20% non è molto diverso da quello da 0 a l’80%. Le opzioni sono chiare nella tabella: in verde sono indicati i tempi di rifornimento rapidi; in giallo chiaro quelli al di sotto dell’ora e dunque nel tempo di una pausa di riposo; in giallo limone i tempi fino a 10 ore che presuppongono una ricarica notturna; in rosso le ipotesi non praticabili. È evidente che anche una colonnina fast (che ha una potenza tra i 22 e i 50 kW) richiede più di tre quarti d’ora di fermo a un furgone con una batteria da 40 kWh e dunque per i veicoli commerciali – leggeri e pesanti – le alternative

I DISTRIBUTORI INDIPENDENTI APRONO E si apre uno spiraglio anche sul fronte dei distributori di carburante. Sempre a fine 2020, il segretario generale di Assopetroli-Assoenergia (associazione dei cosiddetti «retasti» indipendenti, titolari del 50% delle 22 mila stazioni di servizio), Sebastiano Gallitelli, pur con qualche riserva tecnica ha aperto alle colonnine. «In città si può pensare di creare stalli nei distributori dove lasciare l’auto a ricaricare mentre si lavora», ha osservato, «ma ancor di più la rete può diventare un asset fondamentale quando si parla

sono due: la ricarica notturna o il rifornimento con i (rari) supercharger da 350 kW. Per i pesanti, che hanno bisogno di batterie più capaci, le opzioni si restringono. Nella tabella sono indicati anche i veicoli Tesla, l’automobile Model S e il camion Semi che si ricaricano su colonnine riservate da 250 kW, ma anche per la casa del visionario imprenditore Elon Musk, il camion ha bisogno di almeno due ore per ricaricarsi sulle sue colonnine dedicate.

dell’ambito extraurbano, dove con le ricariche ultrafast si può ambire a replicare un’esperienza di rifornimento molto vicina a quella delle auto tradizionali». Ma quando il Comune di Milano ha introdotto nel Regolamento per la qualità dell’aria l’obbligo per i distributori di carburante di installare le colonnine di ricarica, la stessa associazione è insorta, parlando di «fuga in avanti» e ricorrendo al TAR. «Si vuole imporre agli operatori un onere sproporzionato», ha dichiarato il presidente Andrea Rossetti, insieme al suo omologo di Grandi reti, Giuseppe Gatti. «Benché l’impianto

carburanti, a tecnologie mature, potrà essere l’infrastruttura ideale per la ricarica veloce dell’auto elettrica, ad oggi non esistono le condizioni tecniche, economiche e perfino regolatorie per giustificare un’iniziativa su scala generalizzata». Il motivo è comprensibile: si tratta di un investimento consistente senza che ci sia ancora un parco circolante per ammortizzare la spesa. Quando circolerà un numero sufficiente di veicoli elettrici, le colonnine spunteranno più facilmente. È l’antico interrogativo: è nato prima l’uovo o la gallina? L’automobile o il distributore?

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L'ELETTRICO

PANTOGRAFI, WIRELESS ELETTRICI, RIMORCHI EOLICI E DINTORNI

COME EVITARE LE LUNGAGGINI DELLA COLONNINA di Sabina Harizaj

Il

tempo di un pieno e di un caffè si può concentrare in una decina di minuti e poi via, si riprende a guidare. Ma come può essere gestito ed eventualmente aggirato il lungo tempo necessario a ricaricare un veicolo elettrico? La modalità più facile e diffusa per alimentare di energia i veicoli, come visto, è la colonnina di ricarica pubblica. Ma esistono anche metodi alternativi: alcuni lavorano sull’infrastruttura, altri si concentrano sulla batteria e in particolare sulla loro standardizzazione, così da ipotizzarne la sostituzione immediata di quella scarica con una carica, altri ancora cercano di assorbire energia solare sfruttando le ampie superfici offerte dal semirimorchio. Andiamo a scoprirle.

IL PANTOGRAFO VOLANTE La prima modalità alternativa alla colonnina è la più famosa e anche la più costosa. Si definisce «pantografo elettrico» ed è stato adottato per la prima volta in Svezia, nel tratto autostradale tra Kungsgarden e Sandviken. Funziona in modo elementare: i mezzi pesanti ricaricano le proprie batterie tramite un pantografo posto dietro la cabina e collegato alle linee aeree di tensione sulla corsia dell’autostrada. Anche in Germania è piaciuta, tanto da essere stata testata sulla A5, vicino Francoforte, sulla A1, vicino a Lubecca, lungo la B462 in Baden-Württemberg. Il sistema di elettrificazione è stato sviluppato da Scania e Siemens e permette, a veicoli dotati di pantografo, di viaggiare a una velocità massima di 90km/h

Non è facile mettere d’accordo ricariche elettriche di ore e ore con i ritmi accelerati del nostro quotidiano o con quelli imposti dalla produttività. Forse anche per questo fioriscono come funghi soluzioni di varia natura per aggirare o minimizzare la sosta. Ecco come funzionano in modalità elettrica. È chiaro che se il veicolo deve abbandonare la corsia elettrificata, per esempio per effettuare un sorpasso o uscire dall’autostrada, a quel punto torna a funzionare grazie al motore a combustione interna. In Italia, la prima autostrada elettrificata è stata la A35 BreBeMi, interessando – tramite una collaborazione tra Scania e il concessionario – sei chilometri nel tratto tra i caselli di Romano di Lombardia e Calcio. Inizialmente questa modalità sembrava poter essere una modalità di trasporto alternativa. In realtà Magnus Höglund, responsabile delle infrastrutture e soluzioni di ricarica di Scania, ha chiarito che «permettono una ricarica funzionale ed efficace durante la guida. Dal punto di vista tecnico è soltanto un’ulteriore modalità per ricaricare i veicoli elettrici, questa soluzione però può essere particolarmente interessante su strade altamente trafficate e contribuisce a preservare le batterie e a ridurre il carico sulle reti di energia elettrica».

Dynamic Wireless Power Transferr – che utilizza la tecnologia induttiva per la ricarica dinamica dei veicoli. In pratica, si sistemano otto centimetri sotto l’asfalto, enormi piastre di rame per la carica a induzione chiamate a comunicare con le piastre inserite al di sotto dei veicoli. I test dicono che lungo un tratto di 200 metri, con un camion da 40 ton dotato di cinque moduli wireless da 20 kW e che viaggia fino a 60 km/h, la velocità di trasferimento media è di 70 kW. Parliamo di camion perché il progetto, anche questo sviluppato in Svezia nel 2019, da marzo 2020 si è concentrato sulla ricarica di autocarri elettrici. A gestirlo è il consorzio Smartroad Gotland, con finanziamenti del ministero dei Trasporti svedese e il supporto tecnologico di ElectReon, azienda israeliana che fornisce la tecnologia di ricarica wireless. Il sistema attualmente funziona su un tratto di 1,65 km sull’isola di Gotland. Il suo limite è il costo: 11 milioni di euro per realizzare 4,1 km. Anche se chi lo ha

IL WIRELESS INTERRATO Un secondo originale metodo di ricarica si chiama «e-road», consente ugualmente di ricaricare il veicolo in movimento tramite un sistema wireless – (DWPT)

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realizzato promette che possa durare almeno 40 anni e che non è condizionato dalle condizioni atmosferiche. Il pregio, invece, è di consentire la ricarica di veicoli pesanti senza farli fermare, ma anche senza doverli caricare di batterie eccessivamente pesanti.

IL RIMORCHIO VERNICIATO DI SOLE

Un’altra alternativa per ottimizzare i tempi di ricarica dei mezzi pesanti è costituita dallo sfruttamento dell’energia solare, sempre in movimento. L’idea è venuta a Sono Motors, start-up tedesca, che per rendere applicabile hanno sostituito il tradizionale processo di verniciatura di un semirimorchio con la tecnologia solare integrata, che a detta dei fondatori dell’azienda, ha il pregio di essere più economica, leggera ed efficiente delle celle solari convenzionali a base di vetro. Idea simile è stata sviluppata, seppure ad altro scopo da Thermo King, equipaggiando i 76 semirimorchi refrigerati di un’azienda belga (ECS), con i pannelli solari ThermoLite, anche se qui l’obiet-

tivo è quello di risparmiare carburante (1.000 litri all’anno per ciascun semirimorchio) e di aumentare la durata delle batterie delle unità refrigerate e di conseguenza i tempi di attività dei mezzi. I pannelli solari, infatti, assicurano che la batteria dell’unità di refrigerazione rimanga costantemente carica, prevenendone tra l’altro il deterioramento e allungandone gli intervalli di manutenzione per la diminuzione delle ore di funzionamento del motore dell’unità. In Svezia, invece, l’azienda Ernst Express ha collaborato con Scania nello sviluppo di un rimorchio ricoperto di pannelli fotovoltaici, la cui energia alimenterà le batterie di un camion ibrido plug-in (PHEV). Sul rimorchio di 18 metri di lunghezza, i pannelli solari, installati su lati e copertura, copriranno un’area di 140 metri quadrati, arrivando a produrre circa 14.000 kWh/anno, così da consentire al veicolo di avere le batterie più cariche e di poter viaggiare più in modalità elettrica e quindi tagliare i consumi di gasolio del 5-10%.

IL PIT STOP DELLE BATTERIE Le ricerche più evolute e forse più pratiche guardano però alla batteria. L’Università di Berlino, per esempio, ha lanciato eHaul, progetto da 6,5 milioni di euro – finanziati dal ministero per gli Affari economici e l’Energia e da aziende private quali Bosch – con cui sviluppare stazioni di servizio in grado di sostituire al volo le batterie ai mezzi pesanti elettrici tramite l’uso di robot, in modo del tutto automatizzato. Nella prima fase, fino al settembre 2023, l’eHaul verrà testato su due ca-

mion in una stazione di cambio a sud di Berlino. Quando i mezzi raggiungeranno la postazione, un robot progettato appositamente si occuperà di prelevare la batteria scarica e di sostituirla con una carica.

RICARICA? GIVE ME FIVE (MINUTES) Fin qui abbiamo visto come evitare o minimizzare il contatto con la colonnina. Esiste anche un lungo filone di ricerca che punta invece a velocizzarlo. Una soluzione ottimale al riguardo è una cella per batterie che, utilizzando grafene e altri nanomateriali, si ricarica in soli cinque minuti. A realizzarla è stata l’israeliana StoreDot, che l’ha messa in disponibilità di un’azienda cinese che dovrebbe utilizzarla per realizzare batterie per veicoli. Il vantaggio di questa soluzione è anche quello di minimizzare il ricorso al litio, un metallo molto invasivo, in quanto richiede grandi quantità di acqua per un’estrazione pura. Il limite è che, almeno al momento attuale, non è stato ancora realizzato un caricatore che possa sopportare la potenza in transito nei cinque minuti di ricarica.

La soluzione ecologica di Thermo King

PANNELLI SALVA BATTERIE Un’idea simile a quella del rimorchio fotovoltaico è stata sviluppata, seppure ad altro scopo da Thermo King, equipaggiando i 76 semirimorchi refrigerati di un’azienda belga (ECS), con i pannelli solari ThermoLite. In questo caso l’obiettivo è quello di risparmiare carburante (1.000 litri all’anno per ciascun semirimorchio) e di aumentare la durata delle batterie delle unità refrigerate e di conseguenza i tempi di attività dei mezzi. I pannelli solari, infatti, assicurano che la batteria dell’unità di refrigerazione rimanga costantemente carica, prevenendone tra l’altro il deterioramento e allungandone gli intervalli di manutenzione per la diminuzione delle ore di funzionamento del motore dell’unità.

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L'ELETTRICO PARLA PAOLO FERRARESI AMMINISTRATORE DI NIINIVIRTA TRANSPORT

«CON I CAMION ELETTRICI GIRO DA SETTE ANNI» S

ul sito aziendale lo esibisce con comprensibile soddisfazione: «Il primo camion interamente elettrico in Italia». A voce aggiunge la data: dal 2014. Sono sette anni, dunque, che Paolo Ferraresi, amministratore e responsabile export e marketing di Niinivirta Trasporti, azienda logistica multimodale di Tribiano (Milano), lavora con camion full electric c «dedicati», spiega, «alla distribuzione di prossimità nei centri cittadini». E in due parole sintetizza con chiarezza opportunità e difficoltà di chi, come lui, ha imboccato la strada dell’elettrico: «Con l’esperienza sviluppata, il nostro giro si sta allargando. Utilizziamo motrici elettriche che hanno la portata massima di 10 ton. Stiamo estendendone l’utilizzo nell'ambito delle province di Milano, Brescia, Bergamo. Di conseguenza i chilometri li facciamo. Il problema è la griglia di ricarica che ancora non ha moltissimi punti, soprattutto di ricariche ad alta potenza, le superfast». Perché si è lanciato in quest'avventura? Quando ha iniziato i camion full electric costavano tantissimo e non c’era ancora nessun incentivo Non è che la storia sia cambiata molto negli anni. Con gli incentivi ancora non ci siamo. Io sono partito da un’intuizione che ho avuto intorno al 2010, guardandomi in giro: lavoro con gli svedesi che sono molto attenti all’ambiente; ho visto l'esempio di Londra dove già da più di 10 anni i veicoli a combustione interna sono proibiti con una carbon tax disincentivante. Difatti il primo veicolo – quello che ho messo in strada a Milano nel 2014 – l’ho acquistato in Inghilterra. Oggi ho 14 camion elettrici con diverse portate: da un furgone da 1.200 kg fino al più grosso – un DAF 18 CF2028 – arrivato nel 2020. Ci è arrivato ad agosto e siamo riusciti a imma-

Il primo lo acquistò in Inghilterra nel 2014. Oggi ne ha 14 di varia portata e lavora in tutto il nord Lombardia, anche se vuole ampliare il raggio d’azione con veicoli fino a 26 ton. Ed è convinto che, acquisto a parte, è più conveniente del diesel. E che, comunque, anche i prezzi caleranno tricolarlo soltanto a metà ottobre, perché la stessa Motorizzazione ancora non è molto pratica con i mezzi elettrici. Ci facciamo anche 350 km, teoricamente da Milano a Firenze e così allarghiamo un po' il mercato. Ma, ripeto, il vero problema è avere un'energia sufficiente per ricaricare le batterie. I caricatori a bordo ci permettono di farlo in 3-4 ore, impiegando l'ora di sosta riusciamo a ricaricare il 25-30% della batteria. Con una batteria da 350 km e una ricarica del 25% è un camion che ha davvero la possibilità di far concorrenza al diesel. Appunto, il diesel. Facciamo un confronto? Il problema principale è il prezzo che oggi è fra le tre e le quattro volte quello di un diesel. Anche se tra quest'anno e il prossimo, mo, con l'ingresso delle major nel settore dei veicoli pesanti ad alimentazione elettri rica, dovrebbe abbassarsi. Ma, superato il proo blema del costo iniziale, i costi di gestione sono assolutamente competitivi, soprattutto se si ha la possibilità di acquistare energia direttamente da un fornitore. Certo, è un investimento a lungo periodo: togliamoci dalla testa di poter recuperare velocemen-

te la differenza tra kW e litro di gasolio, ma nella proiezione di qualche anno l’elettrico è più conveniente. Poi nella mobilità urbana, ormai, è sempre meno un must e sempre di più un obbligo. Allora, in prospettiva sarà ancora più conveniente? In tutto questo tempo, ho seguito lo sviluppo degli accumulatori e di tutto ciò che ha a che vedere con la trazione elettrica. Negli ultimi cinque anni ho visto diminuire dimensioni e pesi delle batterie e aumentare la capacità di accumulo dell'energia. Sono allo studio sistemi di accumulo di energia elettrica che hanno una velocità d'interscambio rapido: in 15-20 minuti si potranno sostituire le batterie scariche con quelle cariche. Questo darà all'elettrico la superiorità rispetto ad altre tecnologie.

Superat il problema del Superato Su costo c osto iniziale, i i costi di gestione sono assolutamente competitivi, soprattutto se si ha la possibilità di acquistare cquistare energia direttamente nte da un fornitore

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SOMMARIO

L'A

l’Agenda di maggio 2021

• Slitta il documento unico di circolazione

• CQC e documentazione di fine corso

• Rimborso accise… ma non agli euro 4

• Contributi per servizi postali

• Decontribuzione Sud e somministrazione

• Novità per l’esame da consulente ADR

• Chiarimenti sulla formazione a distanza

• Proroga regime transitorio per R.T.

• Proroghe per i certificati ADR

A cura di Anna De Rosa

SLITTA IL DOCUMENTO UNICO DI CIRCOLAZIONE D.L. 1.o4.2021 n.45 pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 79 del 1.4.2021 Con questo Decreto legge, il termine di entrata in

riscontrati sulle nuove procedure informatiche di

vigore del documento unico di circolazione e proprietà,

introduzione del documento unico. Allo stato attuale

già previsto alla data del 31 marzo 2021, è stato

tale documento non è previsto che si applichi ai veicoli

prorogato al 30 giugno 2021, per ovviare ai problemi

pesanti.

RIMBORSO ACCISE… MA NON AGLI EURO 4 Agenzia delle Dogane. Nota del 30.3.2021 Con questa nota l’Agenzia comunica la possibilità di presentare

effettuati attraverso le relative fatture di acquisto. Per la

entro aprile 2021 le istanze di rimborso delle accise sul gasolio

fruizione dell’agevolazione con modello F24 va utilizzato to il

relative ai consumi del primo trimestre 2021 (1° gennaio – 31

codice tributo 6740.

marzo). Dal beneficio, che ammonta a 214,18 euro per mille litri

Compensazione. L’Agenzia precisa che i crediti riferiti eriti ai

di gasolio, vengono esclusi (dal 1° ottobre 2020) non soltanto

consumi relativi al 4° trimestre 2020 potranno essere utilizzati izza ati

i veicoli Euro 3 antecedenti, ma anche, a partire dal 1° gennaio

in compensazione entro il 31 dicembre tale data re 2022. Da tal ta

2021, gli euro 4 (anche se di fatto sono abbastanza pochi).

decorre il termine per la presentazione rimborso e dell’istanza ell’istanza nza di rimbo ri

Modalità e software. Ai fini della fruizione del rimborso è

in denaro delle eccedenze non utilizzate compensazione, da zate e in compensazio compensazione compens compen

obbligatoria l’indicazione, nella fattura elettronica, della targa

presentare entro il 30 giugno 2023.

del veicolo rifornito da impianti di distribuzione carburanti.

Modalità

L’Agenzia delle Dogane comunica anche che è disponibile

compilazione della colonna olonna na « «km percorsi» rcorsi» del Quadro

di

4

compilazione.

Nella ella

6

dichiarazione dichiaraz

la

sul sito www.adm.gov.it il software aggiornato per la

A-1 va fatta con attenzione, enzione, in quanto quan q tale indicazione

compilazione e la stampa della apposita dichiarazione.

assume valore fiscalmente nte rilevante nte per la determinazione

Beneficiari e codice tributo. Possono fruire dell’agevolazione

dell’importo massimo rimborsabile.Le borsabile.Le dichiarazioni devono

tutti i soggetti che operano con veicoli di massa complessiva

essere trasmesse all’Ufficio delle Dogane territorialmente

pari o superiore a 7,5 ton, purché diano prova dei consumi

competente.

DECONTRIBUZIONE SUD E SOMMINISTRAZIONE Inps. Messaggio n. 1361 del 31.3.2021 Con

chiarimenti

propria attività lavorativa in unità operative dell’azienda

sull’applicazione dell’esonero contributivo nella misura

questo

utilizzatrice, situate nelle aree svantaggiate, fosse

del 30%, previsto, in favore dei datori di lavoro privati,

inquadrato

dalla normativa d’emergenza Covid-19 («Decontribuzione

ubicata in una regione diversa da quelle ammesse a

Sud»). Più in dettagli l’istituto specifica che le Agenzie

usufruire del beneficio. Solo a seguito di alcuni indirizzi

di somministrazione hanno accesso al beneficio se il

del ministero del Lavoro, l’Istituto afferma ora che, se il

lavoratore è chiamato a svolgere la propria attività in una

lavoratore svolga la propria prestazione lavorativa presso

delle Regioni incentivate. La precisazione è importante

un utilizzatore ubicato nelle regioni del Mezzogiorno, il

perché l’Inps, in precedenza, aveva affermato che tale

beneficio possa essere riconosciuto a prescindere da dove

agevolazione contributiva non fosse applicabile nel caso

effettivamente abbia sede legale o operativa l’Agenzia di

in cui il lavoratore in somministrazione, pur svolgendo la

somministrazione.

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messaggio,

l’Inps

fornisce

presso

un’Agenzia

di

somministrazione

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L'A CHIARIMENTI SULLA ULLA FORMAZIONE A DISTANZA Circolare MIMS 30.3.2021 Con questa circolare, il MIMS - Direzione ezione G Generale per la Motorizzazione – ha modificato una a preced precedente circolare (del 22 dicembre 2020) sulla formazione zione a distanza (FAD), relativamente ai corsi di competenza della st stessa Direzione. Vediamoli in sintesi. Lezioni teoriche conseguimento patenti e certificati di formazione ka e kb. È consentita ta la FA FAD nei corsi di formazione teorica per il conseguimento to delle p patenti di guida e dei CAP nei soli territori previsti nel DPCM 2 m marzo 2021 (art. 33 e 38), potendo sussistere in essi oggettiva ggettiva difficoltà negli spostamenti necessari per raggiungere re la sed sede del soggetto erogatore del corso. L’erogazione e la fruizione dei corsi, i, anche con modalità FAD, non esime il soggetto erogatore e del corso a svolgere comunque la lezione in presenza, presso so la propria sede, nei giorni e negli orari stabiliti. Sono fatte salve disposizioni disposizioni, anche più restrittive, eventualmente adottate da province e città metropolitane o dalle Regioni, nei limiti della competenza territoriale rispetto alla sede dell’autoscuola, ma comunque va considerato che tali disposizioni: • non possono portare a sospendere le attività didattiche, né teoriche né pratiche, in quanto per legge devono effettuarsi entro precise scadenze, registrate nel sistema informatizzato del CED e modificabili solo per legge; • non possono regolamentare in materia di esami teorici o pratici per il conseguimento dei titoli abilitativi alla guida in parola (patenti di tutte le categorie e CAP di tipo KA e KB) che restano di competenza del MIMS. Corsi di qualificazione iniziale e di formazione periodica CQC. Questi corsi restano di esclusiva competenza del MIMS, anche sotto il profilo della vigilanza. Inoltre, in mancanza di docenti medici causa Covid, per la sola durata dell’emergenza in atto o fino a diverse disposizioni, è previsto che la parte di programma di qualificazione iniziale e di formazione periodica di tali docenti possa essere erogata dal docente insegnante di

teoria avvalendosi alendosi di supporti porti audi audiovisivi o multimediali, il cui contenuto o in conformi conformità ai programmi del corso sia attestato dal responsabile nsabile del co corso stesso. Assenze. Se e manca connessione internet, a qualunque causa imputabile, bile, la non part partecipazione alle lezioni in modalità formazione mazione a distanza, viene considerata assenza e se limitata nel el tempo, la stessa varrà com come assenza parziale riferita al/i blocco/blocchi di due (o quand quando consentito tre) ore in cui è suddivisa una lezione giornalier giornaliera. L’erogazione delle lezioni della parte teorica del programma di qualificazione iniziale e di quelle di formazione periodica in modalità FAD, nei limiti su stabiliti, può avvenire esclusivamente attraverso l’utilizzo di piattaforme webinar con modalità atte a garantire almeno l’apprendimento e la partecipazione ad aule virtuali, mentre è vietato l’ utilizzo di piattaforme aperte ad un pubblico indifferenziato come Facebook. ook. Per non vanificare l’attività di vig vigilanza sulla regolarità di corsi da parte arte degli UMC (verifica del delle presenze, l’erogazione e la fruizione dei corsi, anche con m modalità FAD) il soggetto erogatore gatore del corso è tenuto a svolger svolgere comunque la lezione in presenza. Ogni eventuale sospensione delle attività compresa quella relativa agli esami, o di proroga dei termini, può essere disposta esclusivamente con norma di legge. Corsi di conseguimento o rinnovo certificato di formazione professionale C.F.P. Questi corsi spettano solo al MIMS, anche sotto il profilo della vigilanza. Il ricorso alla modalità FAD può avvenire attraverso l’utilizzo di piattaforme webinar, ma non tramite Youtube o Facebook, e non esime il soggetto erogatore del corso a svolgere comunque la lezione in presenza. La circolare in vigore dal 31 marzo 2021 si applica anche ai corsi di qualificazione iniziale e di formazione periodica CQC, nonché di conseguimento o rinnovo di CFP già approvati o avviati previa approvazione dell’Ufficio MOT.

CQC E DOCUMENTAZIONE DI FINE CORSO Circolare MIMS 30.3.2021 La circolare esclude che l’UMC possa imporre all’ente

di assenza o variazioni di calendario o d’indisponibilità

erogatore del corso di produrre nuovamente, alla conclusione

dei docenti. Si tratta di documentazioni funzionali

del corso di qualificazione iniziale, la documentazione già

evidentemente alla rilevazione delle presenze ed alla verifica

inoltrata tempestivamente e secondo le modalità prescritte,

della regolarità e che dunque dovevano essere verificati

relativa ai registri delle presenze, delle comunicazioni

dall’UMC in sede di visite ispettive nei tempi opportuni.

IL TUO FORNITORE DI SERVIZI E SOLUZIONI RIMBORSO IVA E ACCISE | PEDAGGI E TUNNEL | SALARIO MINIMO | PRENOTAZIONI TRAGHETTI E TRENI | CARTE CARBURANTE VIALTIS è un gruppo indipendente dedicato esclusivamente alle società di trasporto internazionale. Dal 1982 abbiamo sviluppato rapporti commerciali di lunga data con piccoli e grandi trasportatori in tutta Europa.

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L'A CONTRIBUTI PER SERVIZI POSTALI Ministero dello Sviluppo Economico, decreto con importi aggiornati

decreto l’importo dei contributi che le imprese titolari di

ANDAMENTO PETROLIO BRENT A 3 MESI

autorizzazioni generali e licenze individuali per i servizi FEBBRAIO

postali devono versare annualmente al MISE. L’ammontare del contributo è pari a 320,00 euro (in precedenza 319,00 euro) indipendentemente dal numero

MARZO

APRILE

70 65

delle filiali dell’impresa, ma fino al 31 luglio si può pagare con

60

un’integrazione dello 0,50 per cento per ogni mese o frazione

55

fino all’effettiva data di versamento. Si prevede che il pagamento venga effettuato con bonifico

PREZZI EXTRARETE

tendenza

bancario o postale (IBAN IT89C0760114500000003338588), NORD

o su conto corrente con bollettino postale (c/c n.3338588

CENTRO

SUD E ISOLE

intestato alla Tesoreria Provinciale dello Stato di Viterbo), specificando che l’importo è a favore del Bilancio dello Stato, capo XVIII, capitolo 2569, art.14 e indicando in causale

GASOLIO EURO/ 000L

min

max

min

max

min

max

1028

1040

1031

1051

1029

1061

“contributo anno 2021 verifica e controlli” con codice fiscale del versante e numero dell’autorizzazione.

LA LA FEBBRE FEBBRE DEL DEL GASOLIO GASOLIO

Il ministero dello Sviluppo Economico ha aggiornato con

rilevazione del 9.4.21

PROROGHE PER I CERTIFICATI ADR Il MIT ha comunicato di aver sottoscritto il 23 marzo scorso gli Accordi multilaterali M333 e M334 in materia di trasporto nazionale e internazionale di merci pericolose su strada (ADR), promossi in ambito internazionale da alcuni Paesi. In particolare, l’accordo M333 sui certificati di formazione del conducente deroga alle disposizioni dell’ADR, stabilendo che tutti i certificati di formazione professionale dei conducenti ADR (patentino ADR) in scadenza tra il 1°marzo 2020 e il 1° settembre 2021 restino validi fino al 30 settembre 2021. Tali certificati possono esser rinnovati per 5 anni se il conducente dà prova di partecipazione ad un corso di aggiornamento e ha superato un esame entro il 1°ottobre 2021. Il nuovo periodo di validità decorre dalla data originaria di scadenza

del documento. L’ accordo è valido fino al 1° ottobre 2021 per i trasporti sui territori delle parti firmatarie dell’Accordo ADR. Se un Paese firmatario revoca prima di tale data l’adesione, l’accordo continua a mantenere validità negli altri Paesi aderenti. L’accordo M334 verte sui certificati per il consulente della sicurezza e, in deroga alle disposizioni dell’ADR, è previsto analogamente al precedente che tali certificati sulla sicurezza del trasporto di merci pericolose in scadenza tra il 1°marzo 2020 e il 1° settembre 2021, restino validi fino al 30 settembre 2021 e possano prorogarsi di 5 anni dalla data della scadenza originaria se i titolari hanno superato un esame prima del 1° ottobre 2021. Tale accordo come il precedente mantiene validità fino al 1° ottobre tra le parti firmatarie.

NOVITÀ PER L’ESAME DA CONSULENTE ADR MIMS. Decreto del capo Dipartimento Trasporti del 4.03.2021 pubblicato in G.U. n. 71 del 23.3. 2021 Questo decreto introduce alcune modifiche all’esame di consulente per il trasporto di merci pericolose in casi di integrazione della specializzazione e di estensione della modalità di trasporto di un certificato di formazione in corso di

validità. Vediamole in dettaglio: • Non è possibile richiedere la specializzazione relativa alle merci individuate con i numeri UN 1202, 1203 e 1223, 3475, e il carburante per aviazione classificato ai n. ONU 1268 o 1863

VIALTIS Italia S.R.L | Via Roma, 317/E | 59100 Prato | T: +39 0574 63 08 43 | italia@vialtis.com | www.vialtis.com

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L'A • merci individuate con i numeri UN 1202, 1203 e 1223, 3475, e il carburante per aviazione classificato ai n. ONU 1268 o 1863 a coloro che sono titolari o richiedono la specializzazione relativa alle merci delle classi 3, 4.1, 4.2, 4.3, 5.1, 5.2, 6.1, 6.2, 8 e 9. • Per chi intende conseguire il certificato di consulente anche per vie d’acqua interne, visto il ridotto numero di richieste, il ministero ha deciso di demandare la competenza alla Commissione operante presso l'Ufficio Motorizzazione Civile di Roma, integrata con esperto della Direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali, le infrastrutture portuali ed il trasporto marittimo e per vie d'acqua interne. Coloro che intendono conseguire o estendere o rinnovare il certificato di consulente alla sicurezza per il trasporto di merci pericolose per vie d'acqua interne, debbono dunque inoltrare domanda alla Commissione all'indirizzo PEC dell'UMC di Roma • Le richieste di ammissione agli esami devono esser redatte secondo il facsimile prescritto, firmate digitalmente o corredate da copia documento di identità valido ed inviate alla Commissione di esame a mezzo PEC, unitamente alla

copia del versamento dell'imposta di bollo sul conto corrente postale 4028, all'indirizzo di posta elettronica certificata degli UMC. La richiesta di esame deve obbligatoriamente contenere l'indirizzo PEC in cui il candidato intende ricevere la convocazione e le comunicazioni. Le ricevute dei versamenti per sostenere l'esame vanno prodotte in originale all'inizio della prova, in assenza il candidato non potrà sostenerla. • La Divisione 3 della Direzione generale per la motorizzazione coordina le attività delle Commissioni di esame e aggiorna la raccolta di quiz e studi dei casi, per le tre modalità di trasporto. Il materiale è disponibile sul sito «ilportaledellautomobilista» per la preparazione alla prova. • Modificato l’esame per candidati già titolari di un certificato di formazione in corso di validità e per quanto riguarda le integrazioni di una o più specializzazioni (diversa da quella per i prodotti petroliferi), e/o l’estensione per una o più modalità di trasporto. È vietato il rinnovo del certificato posseduto in contemporanea all’estensione della sua validità ad altre modalità e/o specializzazioni.

PROROGA REGIME TRANSITORIO PER R.T. Comitato Nazionale Albo gestori ambientali delibera n. 1 del 10.3.2021 Con questa delibera è stato prorogato al 16 ottobre 2022

Il Comitato ha inoltre disposto, in via eccezionale e per

il regime transitorio per i Responsabili Tecnici (RT) per un

un periodo di tempo limitato, che i Responsabili tecnici in

tempo pari alla durata della sospensione delle verifiche di

regime transitorio possano assumere l’incarico per le classi

aggiornamento causa Covid. Tutti gli RT già operanti dalla data

superiori, fermo restando l’obbligo di dimostrare il requisito

del 16 ottobre 2017 potranno continuare ad operare, senza

dell’esperienza professionale maturata, per la classe superiore

sottoporsi alla necessaria verifica di aggiornamento, oltre la

nella quale intendono assumere l’incarico

data del 16 ottobre 2022 e sino al nuovo termine (comunque

Tale previsione si applica dal 10 marzo 2021 e fino ai 6 mesi

successivo al 1° gennaio 2023), che verrà reso noto.

successivi alla ripresa delle verifiche d’idoneità.

CASSONATO |

Trattore + semirimorchio P.T.T. 44 t, prezzo di acquisto € 130.000; consumo 2,9 km/litro. Costi di Gestione (€/km)

Km/ Anno

Totale

Ammortamento

Gasolio (+IVA)

Lubrificanti

Pneumatici

Manutenzione

Collaudi/ tassa di possesso

Assicurazioni

Autostrade

40.000

0,6500

0,4000

0,0250

0,0910

0,0480

0,0210

0,2830

0,1250

60.000

0,4330

0,4000

0,0250

0,0910

0,0320

0,0140

0,1890

80.000

0,3250

0,4000

0,0250

0,0910

0,0240

0,0110

100.000 0,2600

0,4000

0,0250

0,0910

0,0190

0,0080

Costi personale (€/km)

Totale

Autista

Straord Trasf.

1,6430

1,0200

0,2050

2,8680

0,1250

1,3090

0,6800

0,1370

2,1260

0,1420

0,1250

1,1430

0,5100

0,1030

1,7560

0,1130

0,1250

0,0410

0,4080

0,0820

1,5310

COSTI DI GESTIONE MARZO 2021 Il mese di riferimento ha nuovamente presentato un robusto aumento del costo del gasolio, registrato sia in termini assoluti che di media ponderata, il quale sta continuando a caratterizzare l’attuale periodo di inizio primavera

CISTERNATO |

Trattore + semirimorchio P.T.T. 44 T, prezzo di acquisto € 192.000; consumo 3,1 km/litro. Costi di Gestione (€/km)

Km/ Anno

Totale

Ammortamento

Gasolio (+IVA)

Lubrificanti

Pneumatici

Manutenzione

Collaudi/ tassa di possesso

Assicurazioni

Autostrade

40.000

0,8000

0,3740

0,0250

0,0910

0,0720

0,0590

0,3600

0,1340

60.000

0,5330

0,3740

0,0250

0,0910

0,0480

0,0390

0,2400

80.000

0,4000

0,3740

0,0250

0,0910

0,0360

0,0290

100.000 0,3200

0,3740

0,0250

0,0910

0,0290

0,0240

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Costi personale (€/km)

con nuovi preoccupanti incrementi dell’entità totale dei costi. Alcuni

Totale

recenti eventi internazionali (es.

Autista

Straord Trasf.

1,9150

1,1730

0,2050

3,2930

Suez) stanno producendo ulteriori

0,1340

1,4840

0,7820

0,1370

2,4030

tensioni sui mercati internazionali

0,1800

0,1340

1,2690

0,5870

0,1030

1,9590

del greggio. Le altre voci di costo

0,1440

0,1340

1,1410

0,4690

0,0820

1,692

recente incidente nel Canale di

appaiono al momento stabili.

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L'ELETTRICO

PARLA VERONICA ANERIS, DIRETTRICE PER L’ITALIA DI T&E

PERCHÉ LA BATTERIA È MEGLIO PER TUTTI

«D

seconda vita, i materiali rari – minio, cobal-

La tecnologia fa progressi continui e rapidissimi: a medio termine il peso non sarà un problema neppure per i veicoli pesanti. Ma servono infrastrutture ben programmate e comunque l’elettrificazione dei camion richiede meno energie rinnovabili addizionali dell’idrogeno

to, litio – possono e devono essere riciclati,

ubicate e dalla potenza e velocità di ricari-

nei prossimi anni e in tempi abbastanza

producendo valore.

ca. La scorsa estate abbiamo pubblicato

brevi». Mette subito il dito sulla piaga

Le batterie pesano molto e riducono

un primo rapporto su come pensare già da

Veronica Aneris, direttrice per l’Italia di

la capacità di carico. Molti trasporta-

oggi all’infrastruttura necessaria per elettri-

Transport&Environmentt, federazione di

tori si pongono un dilemma: traspor-

ficare il trasporto su brevi distanze e stiamo

associazioni europee che promuovono po-

to batterie o trasporto merci?

per pubblicarne un secondo sulle lunghe

litiche per un trasporto sostenibile e sicuro.

ecarbonizzare richiederà un dispiegamento massiccio di energie rinnovabili

plicazioni di storage e, alla fine di questa

Dobbiamo sempre guardare in prospettiva.

percorrenze. In generale va fatta una pia-

E mette le mani avanti: «E dunque l’ap-

In genere la prima difficoltà è creata dall’in-

nificazione che parte dai flussi del traffico

proccio deve essere quello della minimiz-

gombro più che dalla capacità di carico. Un

merci nei nodi urbani, con ricariche lente

zazione dell’energia elettrica rinnovabile

peso lordo da 50 tonnellate in media in

nei depositi che assorbono la maggior

addizionale. Per questo il veicolo elettrico

Europa lavora al 60% del carico. Secondo

parte dei volumi di traffico. Si passa poi ad

a batteria è preferibile, perché ha un’effi-

le nostre analisi, nel medio termine non vi

aggiungere ricariche pubbliche ad alta po-

cienza doppia rispetto all'idrogeno e tripla

sarà alcun problema sul carico utile, prima

tenza – dal 2025 al 2030 – e dal 2030 in poi

rispetto agli elettro combustibili rinnovabili

di tutto per l'incredibile miglioramento tec-

si possono iniziare a mettere le ricariche

al 100%. Dovendo immaginare l'elettrifica-

nologico: andiamo verso batterie sempre

pubbliche ad alta potenza sulle strade. Ci

zione totale dei camion in Italia, calcoliamo

più leggere a fronte di un'energia erogata

vuole grande collaborazione tra ammini-

che servirebbero 36 terawattora rinnovabili

sempre maggiore. Poi c’è da considerare

strazioni, industria, operatori di ricarica, ma

addizionali nel caso di elettrificazione diret-

il fatto che si sostituisce un motore a com-

soprattutto una visione comune di dove

ta e 77 nel caso dell'idrogeno.

bustione più pesante con uno elettrico più

stiamo andando.

Ma il trasportatore vede prima

leggero. E poi proprio in questa ottica la

di tutto i problemi che lo toccano

direttiva pesi e dimensioni prevede 2 ton-

direttamente. Per esempio,

nellate in più per i veicoli a zero emissioni.

le batterie: quando si esauriscono,

Un’altra obiezione è la scarsa

che ne faccio?

autonomia, limitata a 3-400 km.

Prima di parlare di smaltimento delle bat-

In realtà, in Europa oltre la metà delle mer-

terie, parliamo della loro seconda vita.

ci percorre distanze inferiori ai 300 km. In

E vediamo le cose in prospettiva. Dobbia-

Italia l'81% dei trasporti si svolgono sotto i

mo essere coscienti che già oggi un motore

200 km. Dunque l’81% è già elettrificabile.

elettrico a batteria è tecnologicamente as-

Poi è possibile ricaricare le batterie durante

sai migliore di uno a combustione interna.

il giorno, in deposito, nei centri di destina-

Un’auto diesel nella sua vita brucia in ma-

zione. Il tema delle infrastrutture certamen-

niera irreversibile circa 10 mila litri di gasolio

te richiede una pianificazione mirata, ma

che emettono nell’atmosfera gas climalte-

questa è più semplice per la logistica delle de

ranti, particolato e ossido di azoto, dannosi

merci che non per l’auto privata.

per la salute. Un'auto elettrica sugli stessi

Quale può essere il punto

chilometri in dieci anni utilizza dieci chili di

di equilibrio tra stazioni di ricarica

cobalto che naturalmente va eliminato in

e numero di veicoli?

maniera responsabile. Alla fine della sua

Il numero magico su colonnine – private

prima vita questa batteria ha perso il 20%

e pubbliche – e veicoli elettrici dipende da

di capacità e può essere riutilizzata in ap-

tanti fattori, a cominciare da dove sono

In n Euro Europa oltre la metà delle m merci percorre distanze p inferiori ai 300 km. In Italia l'81% dei trasporti si svo svolgono gono sotto i 200 km. Dunque nque l’8 l’81 81% è già elettrificabile maggio 2021

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L'ELETTRICO

INTERVISTA A DARIO ALBANO, MANAGING DIRECTOR VANS DI MERCE D

«PER ORA LE FLOTTE, POI CI VOGLIONO INCENTIVI» di Umberto Cutolo

things. «Anche attraverso quelle società costituite con Daimler stessa», aggiunge, «che lavorano sul trasporto condiviso – lo sharing – e possono offrire ai Comuni e alle loro municipalizzate delle soluzioni integrative per risolvere i problemi del traffico e della congestione. È la strada che stiamo percorrendo già con alcune municipalità».

D

ario Albano ha pochi dubbi: la vera opportunità per muoversi nelle città del futuro è legata

non solo alla trazione elettrica, ma anche a un impiego diffuso delle tecnologie. Il Managing Director Vans di Mercedes-Benz Italia vede in una prospettiva relativamente lontana i centri storici delle città – grandi o piccole che siano – chiusi al traffico privato e, al loro interno, la mobilità delle persone e delle merci garantita da veicoli elettrici, gestiti con gli strumenti dell’intelligenza artificiale e dell’internet of

Con quali risultati? Stiamo cercando di dialogare con chi è più sensibile a questa modalità futura di trasporto, ma – a essere sincero – devo riconoscere che ci basta lanciare il sasso perché venga subito raccolto. Ci siamo accorti che Comuni e municipalizzate sono consapevoli che devono prendere delle decisioni per la mobilità futura. Magari non hanno ancora capito esattamente quali, ma la loro sensibilità al problema ormai è più che consolidata. Però, rimanendo a oggi, le immatricolazioni BEV di veicoli merci leggeri, anche se in crescita, non sembrano significative, neppure tra gli ibridi, come avviene tra le vetture. Quali sono le ragioni che ne frenano l’aumento? Ci sono due fattori che probabilmente stanno rallentando un po’ la crescita dei numeri, anche se registriamo tra i nostri clienti importanti segnali di in-

cremento e di interesse. Il primo ostacolo è nella possibilità di trovare una ricarica capillare e a portata dei fruitori. Tale disponibilità ancora non c’è e questo introduce anche il secondo fattore, quello culturale. Chi si sta avvicinando maggiormente all’elettrico oggi è il mondo delle flotte, più strutturato e quindi in grado di organizzarsi per risolvere il problema delle ricariche. Il padroncino, invece, è ancora in una fase di studio, ha bisogno di comprendere bene a che cosa va incontro e questo processo richiede i suoi tempi.

Secondo il responsabile dei van della Stella, il futuro della mobilità cittadina è legato alla trazione elettrica, ma anche all’impiego diffuso delle tecnologie. Magari attraverso intese tra industria ed enti locali, come già sta facendo MercedesBenz. Ma ci vogliono punti di ricarica più diffusi ed è fondamentale il sostegno all’acquisto

50 maggio 2021

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E DES-BENZ ITALIA

consentono la stessa portata di un modello endotermico, senza nessun problema neppure dal punto di vista degli ingombri.

Con Co on l’in l’incentivo l’offerta del veicolo veic elettrico diventa molto più appetibile. Dove non c’è l’incentivo, il cliente ha più difficoltà perché la differenza di prezzo rispetto all’endotermico, attestandosi attorno al 50% in più, riduce la disponibilità a effettuare fettuare nuovi investimenti stimen nti Qual è la differenza, nella pratica quotidiana? Di colonnine – e ad alta potenza – c’è comunque bisogno. Le flotte hanno i loro hub, dove si stanno organizzando con impianti interni di ricarica o rifornendosi da società produttrici di energia elettrica o allestendo, per esempio, impianti fotovoltaici per produrne in proprio. Poi programmano la giornata in funzione delle ricariche e in questo modo superano il problema dell’autonomia. Il padroncino non si può permettere tutto questo: i suoi pochi veicoli hanno bisogno di trovare ricariche lungo il tragitto. E allora deve fare due conti per capire quanti e quali viaggi può svolgere nell’arco di una giornata e mettere nel conto anche i benefici che alcuni Comuni offrono, come la circolazione H24 e il parcheggio gratuito, come fanno a Roma. Certamente, però, la ricarica è un tema, perché la tecnologia del veicolo elettrico si potrà diffondere veramente nel momento in cui la ricarica diventerà facilmente reperibile e magari disponibile con modalità di erogazione in corrente continua.

State lavorando anche voi alla creazione di batterie più efficienti, in grado di aumentare l’autonomia e accelerare i tempi di ricarica? Sì. È un tema allo studio. Per adesso la nostra tecnologia, per quanto riguarda i van, permette un’autonomia di 100-150 km, a seconda del mezzo. Nel caso dello eSprinter sono circa 150 km. Sul trasporto persone c’è bisogno di maggiore autonomia e infatti sia l’eVito Tourer, sia l’EQV, hanno un’autonomia di circa 400 km. Ma il tema delle batterie rientra nella normale evoluzione tecnologica che porterà nel tempo verso un’autonomia sempre maggiore. Un elemento importante è anche la possibilità di avere la ricarica in corrente continua c consente, sia su eSprinter che su che E EQV, di ricaricare completamente la batteria in circa un’ora, aumentando notevolmente le possibili percorrenze chilometriche. oC’è il problema del costo del veicomlo: qual è il range tra un van a combustibili fossili e uno elettrico? Sono necessari incentivi pubblici per favorirne la diffusione? In genere, quando il governo desidera imprimere un’accelerazione a una determinata tecnologia – come nel caso della trazione elettrica sia da parte dell’Unione europea, che del governo italiano – l’incentivo è fondamentale. Quello che abbiamo notato è che con l’incentivo l’offerta del veicolo elettrico diventa una proposta molto più appetibile. Dove non c’è l’incentivo, il cliente ha più difficoltà perché la

differenza di prezzo rispetto all’endotermico, attestandosi attorno al 50% in più, riduce, soprattutto in questo momento storico, la disponibilità a effettuare nuovi investimenti. I vostri van elettrici sono offerti anche in noleggio. Quali vantaggi ne trae il cliente? Intanto noi lasciamo il campo aperto alla scelta del cliente. Se lo vuole acquistare o vuole il finanziamento, piuttosto che un noleggio o un leasing, può farlo. Quello che noi raccomandiamo, tuttavia, è il noleggio. E vi ascoltano? Sì, anche perché spieghiamo al cliente che in questo modo non dovrà farsi carico del potenziale cambio di tecnologia che ci potrebbe essere fra 3-4-5 anni. E quindi siamo noi che ci facciamo carico del rientro del mezzo con l’attuale tecnologia, lasciando al cliente la possibilità di accedere a una tecnologia in grado di offrirgli maggiore efficienza, maggior autonomia e minori i tempi di ricarica.

Le fflotte hanno i loro hub, dove si organi o organizzano… Il padroncino non se lo può permettere: i suoi pochi veicoli hanno bisogno di trovare ricariche lungo il tragitto. E allora deve fare due conti per capire quanti e quali viaggi può svolgere nell’arco di una giornata e mettere nel conto anche i benefici che alcuni Comuni offrono, come la circolazione olazione H24 e il parcheggio gratuit gratuito to

Non c’è anche un problema di portata, di ingombri, a causa delle batterie? Posso parlare per i nostri veicoli. Il nostro eSprinter e anche il nostro eVito

maggio 2021

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L'ELETTRICO

COME DECARBONIZZARE L’ULTIMO MIGLIO

AMSTERDAM: DAL 2025 CONSEGNE SOLO IN ELETTRICO e si vogliono avere spunti di innovazione rispetto alle consegne dell’ultimo miglio bisogna guardare ai Paesi Bassi. Il motivo è semplice: già nel 2019 il Paese ha subìto un incremento del 30% di questo tipo di consegne rispetto a soli quattro anni prima, raggiungendo quota 295 milioni di pacchi consegnati. E così è aumentato il numero di furgoni in circolazione con maggiore intasamento delle strade urbane e lievitazione dei tassi di inquinamento. La risposta alla problematica potrebbe trovarsi nel modello attuato dalla città di Amsterdam. «I giorni delle auto diesel e benzina ad Amsterdam sono contati» si legge sul sito della città olandese che dal 2019 ha adottato il piano “Clean Air” con l’obiettivo di soddisfare entro il 2030 le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità riducendo del 9% le emissioni di CO2. Come? Nei prossimi anni si punta a incentivare l’utilizzo dei veicoli elettrici sia per il trasporto privato che pubblico senza dimenticare il trasporto urbano delle merci. Dal 2022, infatti, il traffico merci sarà consentito all’interno della tangenziale A10 (il raccordo anulare della capitale) solo con motore diesel di ultima generazione, mentre a partire dal 2025 le consegne dovranno essere effettuate solo con veicoli dotati di motori a zero emissioni. Un piano attuabile solo grazie a un’estesa rete di ricarica che ad Amsterdam conta già oggi quasi mille punti di ricarica per mezzi elettrici suddivisi in due tipologie: i punti regolari e quelli Flexpower con capacità variabile e che offrono maggiore potenza nelle ore notturne tra le 21 e le 6.30. Una mappa virtuale messa a disposizione dal Comune consente inoltre di visualizzare in tempo reale tutte le infrastrutture di ricarica nelle vicinanze in

Nel 2019, con un’impennata del 30% dell’e-commerce, anche i furgoni in circolazione nella capitale olandese si moltiplicano. Così, il governo cittadino è corso ai ripari, dando il ben servito a diesel e benzina base al tipo di spina e al metodo di ricarica. Non è tutto: i residenti in possesso di un mezzo elettrico possono richiedere una stazione di ricarica nel loro quartiere e, a seconda dell’offerta e della domanda, il Comune garantisce la fornitura di stazioni aggiuntive. Inoltre, le agevolazioni spaziano dalla priorità per parcheggi e spazi di carico a supporti sotto forma di consulenza e sussidi. Heineken, per esempio, già nel 2016 contava una flotta di 220 camion per le consegne dei propri prodotti nei bar e nei negozi delle città olandesi, 28 dei quali operativi sulla città di Amsterdam. L’esperienza dell’azienda olandese produttrice di birra si inseriva all’interno del progetto FREVUE (Freight Electric Vehicles in Urban Europe)) che ha coinvolto otto città europee, nato per dimostrare che, lavorando insieme, autorità locali, produttori di beni, produttori di veicoli e fornitori di servizi logistici possono utilizzare con successo i veicoli elettrici per le consegne in ambienti urbani generando vantaggi per l’ambiente. Poi, dal 2019 gli studenti delle Università di scienze applicate di Rotterdam e Amsterdam hanno dato vita a un progetto di ricerca che prevede la consegna di oltre 32mila kg di bevande a 63 clienti nelle due città, percorrendo oltre 1600 km con tre diversi

Tra i mille punti di ricarica di Amsterdam ci sono anche i Flexpower, dotati di capacità variabile e che offrono maggiore potenza nelle ore notturne tra le 21 e le 6.30. Una mappa virtuale consente di visualizzare in tempo reale tutte le colonnine di ricarica in base al tipo di spina e al metodo di ricarica.

veicoli elettrici. Il quesito di partenza era in che modo la consegna con veicoli elettrici leggeri aumenti l’efficienza, la soddisfazione del cliente e la sostenibilità dell’operazione logistica. La risposta è nei numeri: nel giro di quattro mesi (da settembre 2019 a gennaio 2020) sono stati risparmiati 1349 kg di CO2 nelle due città coinvolte.

(E.B.)

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L’IDROGENO CE NE VUOLE TANTO PERCHÉ SERVIRÀ A DECARBONIZZARE ANCHE L’ I

Il

problema dell’idrogeno ha in una sola parolina, la madre di tutte le domande: «Quando?». Da essa discendono tutti quesiti dalle cui risposte dipende la diffusione di veicoli alimentati dall’energia elettrica prodotta dagli elettroni dell’idrogeno separati dal nucleo attraverso una pila a combustione: la fuel cell. Già questa sintetica descrizione fa capire che l’unico «quando» che non presenta proble-

mi è la tecnologia, studiata addirittura dall’Ottocento e applicata per la prima volta nelle trazioni nel 1956 dalla Allis-Chalmers, una fabbrica statunitense di trattori agricoli che ne realizzò uno alimentato da pile a combustione capaci di generare una potenza di 20 CV. Tant’è che i più ottimisti – come Marco Alverà, amministratore delegato di Snam – scommettono di vedere in circolazione i primi truck a idrogeno già

La prima applicazione IN PRINCIPIO VENNE UN TRATTORE

l’anno prossimo. «Stiamo lavorando con diversi soggetti che producono camion e autobus a idrogeno», ha dichiarato in un’intervista a la Repubblica. «I primi camion possono essere pronti nel 2022-2023». Del resto, già qualche mese fa in Svizzera (dove i veicoli a zero emissioni sono detassati) sono arrivate dieci motrici Hyundai XCient, un modello appena sperimentato in Corea, capace di trainare una combinazione 4x2 da 32 tonnellate con un’autonomia di 400 chilometri e un tempo di ricarica dagli 8 ai 20 minuti. Non a caso è stato presentato come «il primo mezzo pesante elettrico a celle a combustibile prodotto in serie al mondo».

IL PROBLEMA È ECONOMICO Quella all’idrogeno – soprattutto al camion all’idrogeno – è una corsa giustificata dagli indubbi vantaggi del fuel cell nel trasporto pesante che si traducono in un’autonomia anche fino a mille chilometri e in tempi di ricarica simili a quelli del gasolio, proprio le prestazioni che l’elettrico non riesce ancora a fornire. Ma è una corsa rallentata da una serie di ostacoli che – anche qui – si traducono in una sola parola: «costi». Prima di tutto quelli del veicolo, perché la tecnologia ha un prezzo. Degli XCient venduti in Svizzera non se ne conoscono le

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L’ INDUSTRIA PESANTE

MA PRODURLO COSTA ANCORA TROPPO I camion a fuel cell hanno un’autonomia fino a mille km e si ricaricano in pochi minuti, ma i prezzi sono ancora troppo elevati, realizzare l’idrogeno verde ne porta il costo alla pompa fuori mercato. Carta di identità E anche qui mancano le stazioni di rifornimento: COME E COSA ce n’è una sola ed è a Bolzano La prima stazione di ricarica LA SOLITUDINE DEI NUMERI UNO

Questo è il numero uno, quello destinato a diventare – un po’ come i dollari di Paperone – il primo di una lunga serie. È il distributore di idrogeno sulla A22, a Bolzano Sud, in grado di produrre direttamente quanto serve ad alimentare i veicoli e a sviluppare una capacità annua di 1,5 milioni di metri cubi di gas. Anche se bisogna dire che la sua solitudine dura da tempo, dal 2014 esattamente. Chissà se si troverà qualcuno in grado di fargli compagnia?

cifre. Ma devono essere importanti se

buri), con costi che sono ancora troppo

la Hyundai si è associata una società

elevati, sia che si impieghi l’energia so-

svizzera – la H2 Energy – per dare in no-

lare o eolica, sia che si ricorra all’elettro-

leggio le sue motrici in pay-per-use.

lisi. Claudio De Scalzi, amministratore

Ma il problema economico principale

delegato di Eni, ha spiegato all’agenzia

è che l’idrogeno deve essere prodotto

Italpress che per produrre un chilo di

e deve esserlo in modalità ecologica

idrogeno verde ci vogliono 8-10 euro.

per arrivare all’idrogeno verde (e non a

Una tariffa che «non è competitiva».

quello grigio o blu generato da idrocar-

Per di più c’è il consumo d’acqua. «Per

L’idrogeno è elemento chimico più leggero in natura. Si trova nelle emanazioni vulcaniche ma è presente in composti come l’acqua. Può essere utilizzato per alimentare sistemi di trasporto o per la produzione di energia elettrica sostituendo gas e carbone come combustibili. Per ottenerlo bisogna estrarlo dalle sostanze che lo contengono, ma con notevole dispendio di energia. Per questo non è fonte primaria di energia ma vettore energetico. Può produrre energia in due modi: si può bruciare da solo o con altri combustibili oppure facendo reagire l’idrogeno von l’ossigeno ottenendo energia elettrica attraverso un dispositivo chiamato cella a combustile. Allo stato gassoso è un buon combustibile. Se bruciato produce una quantità di calore 2,6 volte superiore a quanto viene bruciato il metano. Se lo si raffredda a -253° diventa liquido e non reagisce più con i metalli. Viene prodotto dall’acqua attraverso un processo di elettrolisi, è più vantaggioso usando idrocarburi ma sporcano. Usare l’idrogeno su vasta scala è difficile, si disperde ed è infiammabile cose che complicano le operazioni di trasporto e lo stoccaggio. Può essere accumulato trasportato in forma liquida, gassosa o assorbito su materiali speciali. Ogni modalità comporta vantaggi e svantaggi, ma comporta in ogni caso investimenti in ricerca e sviluppo. Lo stesso è richiesto per sviluppare una rete di ricarica per autoveicoli.

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L’IDROGENO CE NE VUOLE TANTO Il primo camion prodotto in serie LA PARTENZA DELLO HYUNDAI XCIENT

Ecco la partenza dalla Corea dei primi esemplari dell’XCient Fuel Cell destinati all’Europa, in particolare alla filiale svizzera della Casa. L’obiettivo è di arrivare a esportarne 1.600. Si tratta di una motrice sviluppata in modo indipendente da Hyundai Motor, alimentata da celle a combustibile da 190 kW (due pile da 95 kW) spinta da un motore elettrico da 350 kW e 3.500 Nm e con un’autonomia di circa 400 km garantita dal pieno di sette serbatoi (dotati di capacità totale di circa 32 kg di gas) che richiede tra gli 8 e i 20 minuti.

una tonnellata di idrogeno» ha aggiun-

al chilo nei prossimi cinque anni. «Nel

to De Scalzi, «servono 8-9 tonnellate di

2000 il prezzo dell’idrogeno da rinno-

acqua demineralizzata. E serve elettri-

vabili», ha ricordato l’amministratore

cità, in continuo, che oggi il fotovoltai-

delegato di Snam, «era quaranta volte

co da solo non garantisce: l’elettrolisi

superiore a quello del petrolio, oggi

ha infatti bisogno di continuità».

stimiamo che potrà diventare competi-

Come si giustifica, allora, l’ottimismo di

tivo con alcuni combustibili attuali nel

Alverà? Con il miglioramento delle tec-

giro di cinque anni e soddisfare circa

nologie di produzione che permette-

un quarto della domanda di energia in

rebbero di far scendere il costo a 2 euro

Italia al 2050».

INVESTIMENTI MONDIALI Ma, attenzione, i ragionamenti di Eni e Snam non solo si inseriscono in un mercato mondiale che secondo IHS Market investirà più di un miliardo di dollari entro il 2033, ma soprattutto guardano a un’Europa che – con la filosofia del Green Deal e i finanziamenti del Recovery fund – ha bisogno di ingenti quantità di idrogeno per decarbonizzare interi settori, come l’industria chimica e quella siderurgica, il trasporto ferroviario non elettrificato e lo stesso riscaldamento domestico, oltre al trasporto stradale. Tant’è che l’Unione europea intende realizzare, in due fasi da chiudere entro il 2030, 46 Gigawatt di elettrolizzatori per produrre 11 milioni di idrogeno verde. A questa massiccia domanda, Eni e Snam si candidano per fornire idrogeno prodotto con energia solare in Africa, trasportandolo di lì, attraverso il Mediterraneo, in tutta Europa utilizzando la rete di gasdotti Italgas che – unica in Europa – è interamente digitalizzata e che sperimenterà prossimamente il trasporto dell’idrogeno in Sardegna. È evidente, comunque, che l’interesse dell’Europa per lo sviluppo dell’idrogeno finirà per ricadere anche sul settore dei veicoli pesanti per il trasporto su strada. Che, però, a differenza dell’industria siderurgica o chimica, ha il problema delle stazioni di rifornimento. Non nel senso dei tempi, ma proprio della creazione di una rete. Oggi (dal 2014) esiste un solo distributore di idrogeno,

H2Accelerate promossa da costruttori e aziende petrolifere

INSIEME PER ANDARE PIÙ VELOCI Nella storia della diffusione dell’idrogeno nel trasporto pesante il 15 dicembre 2020 rimarrà una data storica. Perché segna l’atto di nascita di un’alleanza stretta fra tre costruttori di veicoli (Daimler Truck, Iveco e Volvo Group) e due aziende attive nel settore petrolifero (Shell e OMV) per creare le condizioni per un uso di massa dei camion a celle a combustibile. La sfida di H2Accelerate – così si chiama l’alleanza – è proprio quella di creare una nuova filiera dedicata, che comprende stabilimenti per la produzione dell’idrogeno a zero emissioni, una rete di impianti di distribuzione e la produzione in serie dei veicoli. I partecipanti di H2Accelerate mirano a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Il programma prevede una progressiva espansione dell’idrogeno nell’autotrasporto nel prossimo decennio, partendo da un gruppo di utilizzatori disposti a impegnarsi da subito. Nella fase iniziale, i loro veicoli opereranno in cluster regionali e lungo i principali assi stradali europei, in grado

di garantire buona copertura di stazioni di rifornimento. Si parte con una flotta di cento veicoli e una ventina di distributori, ma pian piano i cluster si allargheranno e si connetteranno per creare una rete continentale. In questa fase sarà decisivo il sostegno pubblico e per reperire i relativi fondi collaboreranno tutti i membri dell’alleanza. Nella seconda, poi, dal 2025 al 2030, si punterà a creare un contesto politico favorevole a sostenere una produzione in serie per cercare di mettere in strada circa 10mila veicoli.

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L’IDROGENO CE NE VUOLE TANTO

sulla A22, a Bolzano Sud e su prenotazione. È un impianto all’avanguardia che produce direttamente l’idrogeno e ospita un centro di ricerca in un edificio di 800 metri quadrati con una capacità annua di 1,5 milioni di metri cubi di gas. Lì è stata consegnata due anni fa la prima automobile a idrogeno in Italia, una Hyundai Nexo da 69 milioni di euro.

UNA SOLA STAZIONE Ma è difficile comprare un’auto costosa se poi per fare rifornimento bisogna andare a Bolzano. Per cui appaiono ancora poca cosa le altre quattro stazioni programmate dalla società autostradale del Brennero a Rovereto (con energia prodotta dai pannelli fotovoltaici), al Plessi Museum (idroelettrica o eolico), nei pressi di Verona (eolico e biomassa) e a Campogalliano (biomasse). E non aggiungono molto neppure le altre due annunciate dal’Eni a Milano e a Marghera. Può consolarci il fatto che in tutto il mondo, alla fine del 2019, di stazioni a idrogeno ce n’erano solo 470, di cui 150 in Europa. Ma la pressione dell’Unione verso la decarbonizzazio-

ne induce Hydrogen Europe, l’associazione europea degli industriali della catena dell’idrogeno, a prevedere che entro il 2030 arriveranno 4.500 stazioni, alimentate dalla dorsale europea delle rete di distribuzione, quella alla quale la Snam intende collegare i suoi gasdotti. Se l’intera operazione riuscirà, tra abbassamento dei costi di produzione e ampliamento della rete di distribuzione, la ricaduta sarà positiva anche sul prezzo alla pompa che scenderebbe, diventando competitivo con un Supercharger elettrico. Un confronto oggi è possibile solo con le autovetture. La stazione di Bolzano, attualmente, vende idrogeno verde a 13,8 euro al chilo. Una Hyundai Nexo, dunque, paga 87 euro per un pieno, pari a 13 euro per 100 chilometri. A un modello simile, ma elettrico, la Tesla Model 3 Performance, il pieno a un Supercharger Tesla costa soltanto 22,5 euro, quindi 4 euro per 100 km. L’abbassamento dei costi di produzione previsti da Alverà (2 euro al chilo), farebbe scendere il rifornimento della Nexo a 3 euro, meno della Tesla.

Ma è tutto legato alla velocità con cui saranno realizzati i piani – europei, nazionali, aziendali – per lo sviluppo dell’idrogeno. Quello italiano, preparato su incarico del governo dal comitato MH2IT, che raccoglie i principali operatori del settore, prevede per l’Italia 27 mila veicoli a idrogeno al 2025 che dovrebbero aumentare a 8,5 milioni al 2050, accanto a 23 mila autobus e 5 mila stazioni di rifornimento. Ma quando si tratta di previsioni – anche se documentate – è meglio andare con i piedi di piombo. Quando, nel novembre 2019, l’amministratore delegato della A24, Diego Cattoni, annunciò le nuove quattro stazioni a idrogeno sulla sua autostrada, prevedeva 1.000 automobili a idrogeno in circolazione entro il 2020. Oggi sulle strade italiane ce ne sono solo una decina: sette vendute nel 2019, due nel 2020. Più un’altra: quella regalata dalla Toyota a Papa Francesco.

Joint venture paritetica tra due concorrenti per produrre fuel cell

DAIMLER E VOLVO, UNITI IN UNA CELLA Ma quanto costa vincere la sfida dell’idrogeno? Tanto, forse tantissimo se due società concorrenti, come Daimler Truck e Volvo Group hanno deciso di condividere questo cammino, per unire gli sforzi anche in termini di investimenti. Il tutto si è concretizzato in una joint venture, formalmente siglata la prima settimana di marzo, finalizzata proprio alla produzione di celle a combustibile. Una società paritetica costruita tramite l’acquisizione di Volvo Group del 50% delle azioni di un’azienda attualmente di proprietà della casa tedesca, la Daimler Truck Fuel Cell ma ribattezzata CellCentric, per una somma di circa 0,6 miliardi di euro.

La joint venture svilupperà, produrrà e commercializzerà sistemi di celle a combustibile pronti per la produzione in serie. Il progetto è incentrato soprattutto sull’impiego nei truck pesanti, ma i sistemi saranno disponibili anche per altre applicazioni. Tra gli obiettivi fondamentali di Daimler Truck AG e Volvo Group rientra l’intenzione di iniziare i test con i clienti sui veicoli industriali a celle a combustibile tra circa tre anni. Le aziende prevedono che la produzione in serie inizierà nella seconda metà di questo decennio.

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L’IDROGENO LE STRATEGIE PER LA DIFFUSIONE DELLE CASE COSTRUTTRICI

IL PRIMO CAPITOLO DI UNA STORIA DA SCRIVERE

La

tendenza all’elettrificazione dei veicoli industriali, leggeri e pesanti, si è ormai consolidata, anche se resta da stabilire quanto inciderà nell’autotrasporto e quale sarà il ritmo della sua affermazione. Ma c’è un’altra domanda la cui risposta si cerca già oggi: come avverrà? Questa domanda riguarda soprattutto lo stoccaggio dell’energia sui veicoli, che può avvenire in due modi: in batterie o nell’idrogeno, che è convertito in elettricità dalle celle (o pile) a combustibile. Si stanno già formando due fronti: i sostenitori delle batterie sull’intera gamma di veicoli, che contano sulla loro maggiore efficienza energetica e sull’evoluzione tecnologica che dovrebbe produrre batterie sempre più leggere, capienti ed economiche, e i sostenitori dell’idrogeno, che pur ammettendo la sua minore efficienza sostengono che è l’unico modo per fornire una lunga autonomia ai veicoli pesanti, che altrimenti dovrebbero concedere troppo volume e portata utile al carico.

MOVIMENTI D’INSIEME Questa diatriba mostra per ora un aspetto più teorico che pratico, perché i costruttori di veicoli che puntano sull’elettrico stanno giocando su entrambi i tavoli. Oggi offrono modelli a batteria perché manca una rete per la distribu-

zione dell’idrogeno, ma nello stesso tempo stanno investendo nella progettazione e produzione di celle a combustibile, anche tramite accordi tra loro o con società specializzate nel settore. La collaborazione finora più eclatante è quella tra il Gruppo Daimler e il Gruppo Volvo (vedi box a p. 58)), da cui nascerà la nuova società Cell Centric GmbH che produrrà celle a combustibile per veicoli pesanti a livello globale entro la seconda metà di questo decennio. Ma la via della collaborazione è seguita anche dai produttori di componenti. Ad aprile è nato in Europa il consorzio Immortal con uno stanziamento inizia-

Esiste una sorta di diatriba tra chi propende per l’elettrico con batteria e chi scommette sulle fuel cell. Anche se in realtà i costruttori di veicoli stanno dalla parte dei bottoni e investono – spesso unendo gli sforzi – su entrambi, convinti che l’idrogeno possa risultare congeniale per missioni diverse rispetto al full electric. E da più parti si scorgono anche i primi passi delle reti di distribuzione

GLI OBIETTIVI DEL CONSORZIO IMMORTAL Sviluppare componenti più resistenti per realizzare celle a combustibile destinate ai veicoli pesanti così da farle durare almeno 30.000 ore. È l'obiettivo del consorzio Immortal, che annovera tra i partecipanti Bosch, Johnson Matthey, FPT Industrial e AVL, con il coordinamento del CNRS francese. I partner industriali stanno contribuendo con il loro rispettivo know-how: Johnson Matthey per le membrane, Bosch e AVL per gli stack e FPT Industrial per i test sulle unità a celle a combustibile. Dal punto di vista scientifico, il CNRS Montpellier guiderà il progetto e contribuirà allo sviluppo di nuove membrane, mentre l'IMTEK di Friburgo si concentrerà sulla comprensione dei meccanismi di degradazione utilizzando tecniche chimiche e strutturali. A conti fatti le 30.000 ore di funzionamento potrebbero non essere sufficienti a durare per l’intera vita del veicolo. Con 45 ore di funzionamento a settimana, si arriva a 666 settimane, pari a poco meno di 13 anni. Meno dell’età media dei camion italiani.

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Ecco il Mercedes-Benz GenH2 Truck, vale a dire il camion della Stella declinato in versione fuel cell. Basato sul Mercedes-Benz Actros, vanterà un’autonomia fino a 1.000 km. I test con i clienti partiranno nel 2023 per giungere alla produzione in serie nella seconda metà del decennio. Il veicolo, concepito per il lungo raggio e quindi con massimo peso totale a terra, disporrà di due serbatoi di idrogeno liquido e di un potente sistema di celle a combustibile che renderanno le sue prestazioni paragonabili a quelle di un tradizionale camion diesel.

le di 3,8 milioni di euro, che ha lo scopo di sviluppare e sperimentare nuove tecnologie. Lo compongono Johnson Matthey, Bosch (che intanto ha avviato una joint-venture in Cina con Qingling Motors per muovere con l’idrogeno un milione di camion cinesi entro il 2030), FPT Industrial (controllata da CNH Industrial, che detiene anche Iveco), AVL, CNRS Montpellier, Imtek e Pretexo. L’altro importante elemento è ovviamente l’idrogeno. Con l’ossigeno è il componente più importante della nostra atmosfera nonché l’elemento più diffuso dell’universo. Sarebbe una buona notizia, senonché oggi non è possibile “estrarlo” dall’aria come si estrae il petrolio dalla terra. Bisogna invece crearlo usando energia, con l’inconveniente che per farlo se ne usa più di quella che rilascia. E se vogliamo realmente ridurre l’emissione di gas serra, l’idrogeno va prodotto escludendo fonti fossili (insomma, non “blu”) e usando solo quelle rinnovabili (quindi “verdi”). Per la produzione di idrogeno si stanno muovendo sia i tradizionali produttori di combustibili fossili o di gas industriali.

GLI OBIETTIVI DI SNAM La Snam ha inserito nel Piano 2020-2024 la produzione d’idrogeno verde per il trasporto stradale e ferroviario in quanto ritiene diverrà competitivo in pochi anni grazie alla progressiva riduzione del costo di produzione delle energie rinnovabili, abbinata alla contestuale riduzione del costo degli elettrolizzatori. Nella visione della società il modo più efficiente per trasportarlo è l’infrastruttura gas, anche perché l’esperienza europea dimostra che gli interventi per riconvertirla a idrogeno sono limitati, con costi pari a 10-25% di quelli previsti dalla costruzione di una nuova rete. Per la precisione si valuta che Snam benefici di infrastrutture che sono già al 70% hydrogen ready. Guardando al 2050, la prospettiva è di trasportare gas interamente decarbonizzato per fare dell’Italia un hub europeo dell’idrogeno.

Quindi è un discorso interamente proiettato nel futuro, anche se qualcosa sta già apparendo sulle strade europee. Più precisamente su quelle svizzere, dove da gennaio viaggiano i primi esemplari dello Hyundai Xcient Fuel Cell, ma entro la metà del decennio dovrebbero entrare in gioco anche alcuni costruttori europei – tra cui Iveco con Nikola e Mercedes-Benz – ma anche d’importazione, come la Hyzon, che avvierà la produzione nei Paesi Bassi basandosi su cabine DAF XF. Questa società nasce con la collaborazione tra l’olandese Holthausen Clean Technology, che sta già convertendo camion termici in elettrici alimentati a idrogeno, e la statunitense Hyzon, che a sua volta è controllata da Horizon Fuel Cell di Singapore.

con Air Liquide, che vuole assicurare il rifornimento di un migliaio di camion in un’area che comprende Paesi Bassi, Belgio e Germania occidentale. I porti sono la base ideale per diramare una rete di rifornimento, perché possono ricevere via mare grandi quantità di idrogeno, stoccarlo e rifornire non solo i camion, ma anche equipaggiamenti portuali (a Rotterdam la Terberg sta sperimentando un trattore portuale con celle a combustibile), imbarcazioni per mare e fiumi o locomotori per manovre in aree prive di rete elettrica. Anche in Italia ci sono progetti simili. La Snam ha inserito nel Piano 2020-2024 la produzione d’idrogeno verde per il trasporto stradale e ferroviario e in questo comparto vuole investire 150 mi-

LA LOGICA DELLA RETE DI RIFORNIMENTO

lioni. Sempre nei porti, lo scorso aprile

Si sta lavorando anche alla creazione di una rete di rifornimento, che nella fase iniziale coprirà aree relativamente ristrette e quindi potrà servire solo determinate tipologie di autotrasporto. Prima tra tutte la distribuzione regionale, ma il porto di Rotterdam ha avviato un ambizioso programma per il trasporto di container, in collaborazione

Adriatico Settentrionale ha firmato un

l’Autorità di Sistema Portuale del Mare accordo con Sapio e Hydrogen Park per realizzare a Porto Marghera un impianto di produzione e distribuzione di ammoniaca verde, che serve come base per produrre idrogeno. Tanti piccoli pezzi di una storia che è solo al primo capitolo.

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L’IDROGENO INTERVISTA A CRISTINA MAGGI, DIRETTRICE DI H2IT

PER L’EUROPA È STRATEGICO «L’

idrogeno nella mobilità è qualcosa che esiste già». A chi definisce un’«incognita» la trazione a idrogeno, Cristina Maggi, direttrice di H2IT, l’Associazione Italiana Idrogeno e Celle a Combustibile, nonché componente del comitato scientifico HESE, Hydrogen Energy Summit&Expo, in programma alla fiera di Bologna dal 6 all’8 ottobre, risponde con pacata fermezza. E ricorda che «in Italia abbiamo una stazione di rifornimento pubblica a Bolzano, dove

Ancora sperimentale in Italia, il carburante green non ha problemi di tempi di ricarica, si può produrre nella stessa stazione di rifornimento, ma ha costi di produzione molto alti. E la Commissione Europea sta cercando di abbatterli creando una filiera forte e coesa attualmente circolano delle automobili e degli autobus a cella combustibile ed è sicuramente un progetto di punta a livello europeo per tipo di innovazione» e che «in Germania circolano già treni passeggeri a idrogeno», perché «stiamo vivendo una transizione del settore automotive verso una mobilità a zero emissioni. Questa mobilità sarà caratterizzata da diverse soluzioni. Tra queste c’è

sicuramente quella dell’idrogeno». Il problema sembrano essere i tempi. C’è l’appuntamento del 2040… Parliamo, allora, di commercializzazione: prima i progetti delle case automobilistiche non erano di dimensioni importanti. Attualmente l’obiettivo è di scalare la produzione di veicoli a celle a combustibile alimentate a idrogeno per far sì che diventi una soluzione scelta anche dagli utenti rispetto ad altre alimentazioni più inquinanti. Il costo dell’idrogeno sarà un altro fattore importante nel determinare le tempistiche di adozione di questa tecnologia. Ma l’idrogeno può essere definito un carburante? Assolutamente sì. È ufficialmente un carburante annoverato, tra quelli alternativi. È stato inserito all’interno della direttiva DAFI per lo sviluppo delle infrastrutture per carburanti alternativi recepita in Italia nel 2016 attraverso il decreto legislativo del 16 dicembre 2016, n. 257 nel quale all’allegato III «Quadro Strategico

Scienza e fantascienza

QUANDO IL FUTURO È OGGI Quando si parla di futuro la fantasia si sbizzarrisce. Figuriamoci quando il futuro ce l’abbiamo praticamente dentro casa con le vetturette elettriche che possiamo ricaricare dalla spina del box o anche – se stiamo a pianoterra – da una di quelle della cucina. E per i camion elettrici – come abbiamo già visto (p. 42) – la fantasia si scatena sulla ricarica. Prima gli svedesi – da Borlange al porto di Gavle, sul Baltico – poi i tedeschi – su tre tratte – stanno lavorando alle autostrade elettriche, con una linea di fili sospesi, come quelli dei vecchi filobus, dai quali attraverso un pantografo i camion pesanti elettrici possono alimentarsi e ricaricare le batterie: in due chilometri si ricaricano per farne altri dieci. È cominciata anche la sperimentazione della ricarica automatica, per induzione, attraverso l’asfalto: basta impiantare una serie di bobine pochi centimetri sotto il livello stradale e montare sui veicoli un particolare ricevitore wireless, dedicando una corsia al percorso di ricarica. È talmente semplice che lo sperimentano in tanti, dal Politecnico di Torino all’israeliana Electron. Lo stesso principio dell’induzione potrà essere applicato nei

parcheggi e, addirittura – in futuro – i veicoli potranno scambiarsi energia al semaforo o in un’area di sosta o anche in movimento: il mezzo con la batteria scarica potrà farsela ricaricare da un altro più carico. Il tutto con pagamenti accreditati direttamente sul conto corrente. E anche l’idrogeno a fantasia del futuro non scherza. Una start-up norvegese ha brevettato un marchingegno da montare sui veicoli pesanti per trasformare la pioggia (ma anche i fiocchi di neve) in idrogeno, semplicemente scomponendo la molecola dell’acqua, un’operazione tutto sommato banale, sulla quale l’unico sospetto è la data della presentazione: il 1° aprile. Ma tutto questo non deve meravigliarci. La nostra meraviglia è bene che la riserviamo tutta per Jules Verne che nel 1874 scriveva ne L'isola misteriosa: «L'acqua verrà utilizzata come carburante, in cui l’idrogeno e l'ossigeno di cui è composta, usati singolarmente o insieme, forniranno un'inesauribile fonte di calore e di luce, di un'intensità di cui il carbone non è capace». Non è quello che stiamo facendo oggi? Ci abbiamo messo solo 147 anni

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L’id idrogeno offre il vantaggio van ntagg di poter fare sia operativamente che in termini di tempo - un rifornimento simile a quello del gasolio: lio: è una questione di minu min nuti

quello del gasolio: è una questione di minuti.

come svilupparlo. In natura l’idroge-

È come si trasporta l’idrogeno alla stazione di servizio? Intanto si può anche produrre sul posto idrogeno completamente green da fonti rinnovabili con un elettrolizzatore. Altrimenti può essere trasportato con una logistica che attualmente già esiste, perché l’idrogeno è un vettore energetico largamente utilizzato, per esempio nell’industria chimica o nell’industria petrolifera.

va prodotto, ma può essere prodotto

Per produrre idrogeno nella maniera più green possibile, quali sono gli ostacoli da superare? Sicuramente la produzione di idrogeno verde ha dei problemi. Quest’anno la Commissione Europea ha pubblicato la sua strategia per l’idrogeno che lo pone come vettore energetico chiave per la transizione energetica e suggerisce le linee guida su

no non esiste in forma pura e quindi in maniera green, cioè senza emissioni, per esempio con l’impiego di elettroliti dell’acqua. Il vero problema è il costo di questa produzione dell’idrogeno che impatta sul costo dell’idrogeno alla pompa. L’obiettivo, perciò, è renderne competitiva la produzione. Se prodotto da fonti rinnovabili quel che impatta di più sono sia i costi di investimento per quanto riguarda l’elettrolizzatore, sia i costi operativi per il costo dell’energia elettrica. La Commissione europea sta cercando di far abbassare questi costi di produzione, cercando di scalare le tecnologie in modo da abbattere i costi e di creare una filiera europea forte e coesa che possa essere competitiva a livello internazionale.

UNA CELLA PIENA DI ENERGIA Nazionale, Sezione b, Fornitura d’Idrogeno per il trasporto stradale» è possibile trovare il Piano Strategico Nazionale sulla Mobilità ad Idrogeno redatto con il supporto di H2IT. E come si gestisce la sicurezza sia del veicolo che della stazione di rifornimento? Esiste anche in Italia una regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione delle stazioni di rifornimento idrogeno, contenuta nel decreto legislativo del 23 ottobre 2018 che allinea l’Italia agli standard europei. Questo ci ha permesso anche di inserire l’erogazione alla pressione a 700 bar, cosa che prima non era possibile. La nuova regolamentazione comprende anche un approccio ingegneristico per la costruzione delle stazioni di rifornimento, che permette di adottare tutte le accortezze in termini di sicurezza, senza limitare la funzionalità della stazione. Tecnicamente come avviene il rifornimento di un camion a idrogeno? Come un rifornimento normale. L’idrogeno offre il vantaggio di poter fare – sia operativamente che in termini di tempo – un rifornimento simile a

La cella a combustibile PEM è strutturata come un sandwich. Al centro c’è una sottile pellicola di plastica, la membrana di scambio protonico (o PEM). Questa membrana è rivestita su entrambi i lati da un sottile strato di catalizzatore e da un elettrodo permeabile al gas fatto di carta di grafite. La membrana è circondata da due cosiddette piastre bipolari in cui sono stati fresati dei condotti di gas. Attraverso questi condotti di gas scorre l’idrogeno da un lato e l’ossigeno dall’altro. Diverse di queste celle a combustibile individuali possono essere impilate una dietro l’altra per creare un cosiddetto stack di celle a combustibile, formando così una potente fonte di energia per alimentare il veicolo.

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L’IDROGENO 2020, L’ANNO DELL’ACCELERAZIONE (FUORI DALL’ITALIA) L’avveniristica stazione di rifornimento nei pressi di Monaco, frutto di un investimento di Linde Group. In questo caso, l’azienda ha convertito il suo centro di test e sviluppo presso il sito di produzione di Unterschleissheim (17 km a nord di Monaco) in una stazione pubblica in cui è possibile effettuare rifornimento tutti i giorni feriali dalle 6 alle 22.

I

200 STAZIONI IN EUROPA, 100 IN GERMANIA

n Italia non ce ne siamo accorti, ma il 2020 è stato l’anno del boom delle stazioni di rifornimento di idrogeno.

tutto il mondo erano 533, 107 in più risi trovano in Europa, 72 in Asia 6 in Nord

Lo dicono i dati del 13° report annuale di

America.

H2stations.org: a fine 2020 le stazioni di

Sono quattro i Paesi che hanno dimo-

rifornimento di idrogeno in funzione in

Con 14 stazioni di rifornimento

spetto all’anno precedente. Di queste 29

strato di essere particolarmente attenti al tema: il record di nuove aperture di stazioni è detenuto dal Giappone, con

aperte nel 2020 e altrettanto in arrivo nel 2021 il governo tedesco mostra chiaramente la sua intenzione di diventare

ben 28 nuove stazioni, seguito da Corea (26), Cina (18) e, rivolgendo lo sguardo in Europa, Germania, che solo nel 2020 ha esteso la sua rete con 14 nuove stazioni

tecnologie legate all’idrogeno

e altrettante ne stanno per arrivare. Dato

un centinaio di impianti di rifornimento

che non sorprende se si pensa che a fine

e per fornire contributi per l’acquisto di

2020 il totale delle stazioni di rifornimen-

veicoli industriali alimentati a idrogeno

to di idrogeno in tutta Europa era pari a 200, 100 delle quali solo in Germania. La Strategia nazionale sull’idrogeno approvata dal governo tedesco nel giugno 2020 prevede infatti un imponente piano da 9 miliardi di euro, di cui 2 per le partnership internazionali per l’approvvigionamento e rendere la Germania leader nel mercato sia in termini produttivi che tecnologici incrementando la capacità

533 È il numero di nuove stazioni a idrogeno inaugurate nel 2020. Di queste, 29 si trovano in Europa, 72 in Asia 6 in Nord America.

leader mondiale nelle

fino a un massimo di tre veicoli per impresa. Attualmente, stando alla mappa pa interattiva di H2station.org che riporrta tutte le stazioni di servizio presenti e attive nel mondo, solo in Baviera le stazioni di servizio attive sono tre e si trovano a Monaco. Ma quante stazioni di rifornimento servono alla Germania per coprire l’intero

di elettrolisi a 5.000 megawatt entro il

fabbisogno di idrogeno? Secondo le sti-

2030 e a 10.000 MW entro il 2040.

me del Fraunhofer Institute for System

Tra i territori tedeschi più attivi sul tema

and Innovation, una rete di 140 infra-

c’è soprattutto il Land della Baviera, nel

strutture di servizio entro il 2050 sareb-

sud-est della Germania, dove si è deciso

be sufficiente per coprire l’intero fabbiso-

di puntare sull’autotrasporto elettrico ali-

gno di idrogeno del trasporto su gomma

mentato a idrogeno con un investimento

e garantire così un traffico camionistico

di 50 milioni di euro per la costruzione di

affidabile.

(E.B.)

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Ci mettiamo tutta l'energia che vuoi

ConferenzaGNL

®

Dal 6 all’8 ottobre 2021, a BolognaFiere, Mirumir e In Fieri, due società leader nel mercato dell’ideazione e organizzazione di grandi manifestazioni convegnistiche ed espositive, daranno vita ad un programma di iniziative unico per approfondire le tematiche di rilievo nell’ambito della mobilità sostenibile, dell’energia e dell’innovazione tecnologica. Attraverso la parte espositiva, fra cui spicca, all’interno di Fuels Mobility, la stazione di servizio del futuro, e quella convegnistica, addetti ai lavori e visitatori interessati potranno entrare in contatto con i temi salienti della transizione energetica ed ecologica.

BolognaFiere6/8ottobre2021

www.mirumir.it

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LA TRANSIZIONE

GLI AMBIZIOSI PROGRAMMI GOVERNATIVI SU ELETTRICO, IDRO G

I tre pilastri individuati dalla Commissione UE COME ARRIVARE ALLE EMISSIONI ZERO Rendere più sostenibili tutte le modalità di trasporto ovvero: promuovere anche i carburanti a basse emissioni di carbonio Ampliare il trasporto multimodale ovvero: favorire lo shift modale Adottare «i giusti incentivi» ovvero: far pagare di più chi inquina

D

Il diiesel avrà ancora un ruol importante, poi lo ruolo sostituiremo con combustibili alternativi, soprattutto nel trasporto a lunga distanza. L'elettrico lo vediamo in ottica di trasporto urbano, per gli Small Van da distribuzione. Per le lunghe tratte, infine, nel futuro ci sarà l'idrogeno. g Aldo Celasco senior manage manag ger Technical Affairs s dell’I dell’IR IRU

opo il bagno nel futuro, si scende con i piedi sulla terra. Al di là dei proclami altisonanti di chi si dice pronto (o quasi) a produrre veicoli a emissioni zero, dietro la serena fiducia di chi si affida a una tecnologia sempre più veloce, oltre gli imperativi categorici di chi sentenzia che nel 2040 i veicoli in vendita dovranno essere «tutti» elettrici o a idrogeno, c’è la consapevolezza che per arrivare alla decarbonizzazione del trasporto merci ci vorrà tempo e che prima di tagliare il traguardo si dovrà ricorrere a soluzioni alternative, a tappe di avvicinamento, a riduzioni dell’impatto ambientale con altri tipi di alimentazione che non siano l’elettrico e l’idrogeno. Il dibattito mandato in onda in tre puntate da K44 Risponde e ha confermato che su questo sono sostanzialmente d’accordo tutti gli operatori del settore, dai costruttori di veicoli alle associazioni di autotrasportatori, dai produttori di energie rinnovabili alle associazioni di ambientalisti. E tutti convengono su due punti: che l’elettrico è vicino, soprattutto per i veicoli più leggeri e per le brevi percorrenze (dunque la distribuzione urbana), ma la rete di rifornimento è ancora insufficiente e i costi d’acquisto sono ancora troppo elevati; che l’idrogeno è ancora lontano, ma solo quello potrà garantire autonomia s e rifornimenti veloci per i veicoli pesanti.

INEVITABILE UN MIX E, nel frattempo? «Sarà inevitabile un mix», è convinto Andrea Manfron, segretario generale di Fai. «Nella prima parte del prossimo ventennio i carburanti fossili saranno ancora utilizzati, ma avremo un graduale incremento dei veicoli elettrici, magari ibridi, e poi nella seconda fase l’idrogeno potrebbe prevalere». Più in dettaglio scende Paolo Starace, amministratore delegato di DAF VI. Anche per lui fino al 2030 il diesel «con tutte le sue declinazioni, biodiesel, biogas eccetera, insieme a soluzioni ibride» avrà ancora «un impiego rilevante per il medio e lungo raggio», mentre ci sarà «una componente sempre crescente dell’elettrico nel corto e nel medio raggio – e quindi nell’utilizzo urbano – per poi arrivare al 2040 con l’intera gamma convertita a emissioni zero, in cui l’idrogeno evidentemente si ritaglierà una quota parte». Parole quasi identiche quelle di Aldo Celasco senior manager Technical Affairs dell’IRU, l’associazione mondiale degli autotrasportatori: «Il diesel avrà ancora un ruolo importante, poi lo sostituiremo con i combustibili alternativi, soprattutto nel trasporto a lunga distanza. L’elettrico lo vediamo in ottica di trasporto urbano, con gli Small Van addetti alla distribuzione. La nostra road map, infine, indica l’idrogeno come soluzione per il futuro per il trasporto a lunga percorrenza». Anche Alessio Torelli, Chief Mobility di Snam

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O GENO E COLONNINE

INTANTO UN MIX MENO INQUINANTE In attesa che la tecnologia fornisca soluzioni competitive per la carbon neutrality e che la rete di rifornimento si irrobustisca, il diesel resisterà (almeno all’inizio), poi – soprattutto sui pesanti – si faranno strada gli ibridi, i carburanti alternativi e quelli biologici, a cominciare dal biometano La Road-map verso il green 2020

2030

autoveicoli full electric (BEV)

48.000

4 milioni

autoveicoli plug-in (PHEV)

35.000

2 milioni

punti di ricarica elettrici

19.324

110.000

stazioni di rifornimento GNC

1.451

2.400

stazioni di rifornimento GNL

82

800

autocarri oltre le 6 tonn. a idrogeno

0

40.000

Stima Unrae Giugno 2020

Previsioni PNIEC

Previsioni PNIRE

è convinto che «nel corso del prossimo ventennio gradualmente la quantità di motori diesel e benzina calerà e verranno sostituiti da veicoli elettrici alimentati da batterie PSL (litio-ferro-fosfato) o applicazioni per Heavy Duty/Long Haul (pesanti a lungo raggio) alimentate a idrogeno». Chi traccia, invece, una progressione percentuale è Veronica Aneris, direttrice per l’Italia di Transport&Environment: «Ci attendiamo che il 100% dei veicoli venduti al 2040 sia a emissioni zero, per la maggior parte elettrico, con forse una nicchia di camion a idrogeno. Ma sarà una transizione progressiva. Per arrivare al target, secondo noi è necessario almeno un 10% di penetrazione di mercato di camion elettrici al 2025, per arrivare al-

2040

Previsioni Strategia nazionale idrogeno

2050

carburanti a basse emissioni di carbonio, favorire lo shift modale, far pagare di più chi inquina. E installare 3 milioni di punti di ricarica entro il 2030.

IL PROGRAMMA ITALIANO AL 2030

160.000 Modus-E

meno al 30% nel 2030». Che è un po’ il calendario tracciato dalla stessa Commissione europea che nella sua Sustainable and Smart Mobility Strategy prevede che nel 2030, almeno 30 milioni di veicoli a emissioni zero circolino sulle strade dell’Unione e che 100 città europee (dove evidentemente l’elettrico dovrebbe trovare rapido impiego) siano a impatto climatico zero, per far sì che entro il 2050 quasi tutte le automobili, i furgoni, gli autobus e i veicoli pesanti nuovi siano a emissioni zero. E indica, per sostenere questa strategia, tre «pilastri di azione»: rendere più sostenibili tutte le modalità di trasporto, ampliare il trasporto multimodale e adottare «i giusti incentivi». Più in concreto: promuovere anche i

La declinazione italiana di questo programma è una sommatoria di piani dalle sigle astruse: Pniec, Pnire, Snilgp, che stanno rispettivamente per Piano nazionale integrato per l’Energia e il Clima (2019), Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica 2012, aggiornato nel 2016), Strategia Nazionale Idrogeno Linee Guida Preliminari (2020), in gran

200mila È il numero di van elettrici leggeri da immatricolare ogni anno per sostituire entro il 2040 in Italia tutto il circolante (4,2 milioni, per il 99% alimentati da combustibili fossili) maggio 2021

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LA TRANSIZIONE

GLI AMBIZIOSI PROGRAMMI GOVERNATIVI UN QUADRO OTTIMISTICO

Ci atttendia tendiamo che il 100% dei veicoli ve coli venduti v al 2040 sia a emissioni zero, per la maggior parte elettrico, con forse una nicchia di camion a idrogeno. Ma sarà una transizione progressiva. Per arrivare al target, è necessario almeno un 10% di penetrazione di mercato di camion elettrici al 2025, per arrivare almeno al 30% nel 2030 Veronica Aneris, direttrice per l’Italia a di Transport&Environme ronme ent parte consistenti nella raccolta della normativa emanata in materia. Su queste basi, il Pniec prevede che nel 2030 circolino in Italia sei milioni di veicoli ad alimentazione elettrica, di cui quattro full electric (BEV) e due plug-in (PHEV), traguardo da raggiungere da una parte attraverso incentivi economici per la rottamazione e la sostituzione dei mezzi di trasporto climalternati, dall’altra con la revisione delle imposizioni fiscali sul trasporto (tassa immatricolazione, tassa di possesso, imposte sui carburanti, ecc.) in modo da favorire i veicoli alimentati da combustibili alternativi. Quanto ai punti di ricarica, secondo l’analisi (piuttosto critica) di Motus-E, il Pnire (che si basa sul Pniec) stima il fabbisogno al 2030 di quasi 180 mila punti di ricarica elettrica, ma al massimo da 50kWh e distribuiti prevalentemente lungo le autostrade, con procedure di finanziamento piuttosto farraginose e senza indicare le realizzazioni previste. Previsioni che invece ci sono per le stazioni di rifornimento di GNC (2.400) e di GNL (800), traguardo da cui siamo ancora lontani.

Ma il quadro sembra abbastanza ottimistico. Immettere in circolazione entro la fine del decennio sei milioni di automobili elettriche o plug-in, significa immatricolarne in media 600 mila l’anno, decuplicando, cioè, ogni anno le 60 mila registrate nel 2020 (32.487 BEV e 27.407 PHEV). Un balzo iperuranico, soprattutto se si considerano i quattro milioni di autovetture full electric ipotizzate per il 2030, che significa una media di 396 mila BEV nuove per ogni ogni anno del decennio. Ed è significativo che anche nel gennaio 2021 con incentivi rilevanti alla rottamazione (Decreto Ristori) e un’offerta di modelli più ampia, le auto elettriche sono state ancora quelle con la minor quota di mercato. E parliamo di automobili. Ancor più pesante il quadro per i veicoli commerciali (che nei Piani governativi vengono citati quasi di sfuggita). In Europa solo lo 0,3% dei mezzi sotto le 3,5 ton è elettrico a batteria e lo 0,03 è ibrido; i pesanti sono addirittura rispettivamente lo 0,04% e lo 0,03%. Considerando che l’elettrico (costo a parte) è ormai praticabile per i veicoli più leggeri, sostituire in Italia tutti i furgoni sotto le 3,5 ton in circolazione (che sono 4 4.209.037 al 3 dicembre 2019 e al 99% s sono alimentati da combustibili fossili) significa – se vogliamo rispettare la scadenza Acea del 2040 – immatricolare più di 200 mila furgoni elettrici l’anno e potenziare la rete di ricarica pubblica soprattutto nelle città, prima che lungo le autostrade, come è stato imposto ai gestori dalla legge di bilancio di quest’anno. Quanto ai veicoli più pesanti, la Strategia nazionale sull’idrogeno pubblicata dal ministero per lo Sviluppo economico nel novembre 2020 prevede entro il 2030 la presenza sulle strade italiane di un 2% di camion a idrogeno, che dovrebbero raggiungere l’80% entro il 2050. Vale a dire 40 mila pesanti su un parco intorno ai 200 mila autocarri (senza considerare gli speciali) al di sopra delle 6 ton di portata massima nei prossimi dieci anni.

parte fondamentale nella transizione verde del settore», puntando soprattutto sul biometano e sui biocarburanti di seconda generazione (come il bioetanolo). Attraverso l’incentivazione della produzione di questi carburanti biologici, il governo punta entro il 2030 a ridurre al 3% la quota di biocarburanti di prima generazione e portare all’8% quella dei biocarburanti avanzati (75% biometano) per coprire l’intera domanda (attuale) per i trasporti, pari a 1,1 miliardi di m3 l’anno. Una strada imboccata dal governo già nel marzo del 2018 con un decreto per promuovere la produzione del biogas destinato ai trasporti, stanziando 4,7 miliardi di euro per nuove installazioni e per un contributo di produzione che è stato subito raccolto dall’industria del settore già del resto molto vivace, al punto che l’Italia – secondo produttore europeo e quarto mondiale – che dispone già quasi 1900 impianti di produzione di biogas, ne ha avviato l’apertura di altri 20 mirati al biometano. Ma anche in questo caso, il problema è il rifornimento. I distributori hanno cominciato ad apparire solo negli ultimi mesi, anche se sembrano voler crescere rapidamente. Può essere, anche questa, una soluzione transitoria per abbattere i climalteranti, soprattutto nel segmento dei pesanti, in quanto richiederebbe ai trasportatori investimenti più contenuti (ma pur sempre importanti), in attesa dell’appuntamento del 2040 con i veicoli a zero emissioni. Per i quali, però – quando la tecnologia avrà spremuto tutte le sue risorse e le stazioni di rifornimento cominceranno a essere sufficienti – sarà comunque necessario un intervento pubblico consistente per avvicinarne il costo a quello dei veicoli tradizionali. Perché, per portare a compimento la transizione ambientale, non basta segnare le date su un calendario.

PASSANDO PER I BIOCARBURANTI È evidente che prima di arrivare alla carbon neutrality bisognerà passare, soprattutto per i camion pesanti, attraverso tappe intermedie, come gli ibridi (che però nel trasporto merci sono ancora quasi inesistenti) con i carburanti alternativi come il metano e, soprattutto, con i biocarburanti. Il Pniec attribuisce loro «una

4,7miliardi È lo stanziamento concesso dal governo nel 2018 per promuovere la produzione del biogas destinato ai trasporti

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LA TRANSIZIONE

PARLA MIHAI DADERLAT, IVECO BUSINESS DIRECTOR MERCATO I

LA TERZA VIA DEL BIO-LNG

«È

un percorso a ostacoli molto intenso. Per raggiungere l’obiettivo bisogna giocare su tutti i fronti, in quanto non c’è una sola tecnologia capace di soddisfare tutti i requisiti richiesti e tutte le esigenze del settore dei trasporti che sono legati alla sua mission e anche alla sostenibilità economica». È una fotografia quella con cui, in poche parole, Mihai Daderlat, Iveco Business Director Mercato Italia, ritrae la complessità del doppio impegno assunto dall’Unione europea con il suo New Green Deal per raggiungere la carbon neutralityy nel 2050 e per ridurre di almeno il 55% il livello di emissioni di CO2 entro il 2030. E spiega: «Pertanto i nostri sforzi andranno in parallelo sullo sviluppo di veicoli elettrici – full electric o elettrici con fuel celll a idrogeno – e nello stesso tempo sui veicoli con trazione a metano – CNG o LNG – il cui effetto positivo nella riduzione delle emissioni è già concreto e sarà potenziato ulteriormente dall’impiego di Bio-LNG». Qualche previsione in termini numerici? Guardando indietro, al2019, quando in Europa c’era solo un 2% di veicoli a trazione alternativa, credo che già nel 2025 potremo registrarne una presenza di circa il 16% sulle nuove immatricolazioni: un 1011% a metano e un 5-6% elettrici. Nel 2019 Iveco era già attiva sul mercato, con il 19%

di trazioni alternative commercializzate in Europa contro l’81% di diesel. Nel 2025 prevediamo di vendere solo il 50-53% di veicoli pesanti diesel e, per il resto, un 40% di metano e un 7% di veicoli elettrici. Spingiamoci più avanti. Nel 2030? Vedremo sul mercato un numero sempre più importante di veicoli elettrici e a idrogeno che potranno rappresentare, nel 2030, circa il 20% delle nuove immatricolazioni, accanto a un altro 10% di veicoli a Bio-LNG, per cui il diesel al 2030 dovrebbe restare intorno al 70%. Il passo potrebbe essere anche più accelerato, certo è che lo sviluppo delle trazioni alternative dipenderà moltissimo non solo dai pro-

Per raggiungere la carbon neutrality bisogna giocare su tutti i fronti. I costruttori si muovono anche con partnership per risolvere i problemi tecnologici, ma i governi devono incentivare non solo l’acquisto dei nuovi veicoli, ma anche il lavoro e la sostenibilità delle imprese

20 progetti che vedranno la luce entro un anno potranno assicurare una produzione di circa 160 tonnellate al giorno e alimentare più di 2mila veicoli al 100% Bio-LNG. Quindi il 40-50% delle flotte di veicoli LNG oggi circolanti potranno raggiungere subito il traguardo europeo di neutralità del CO2 fissato per il 2030.

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O ITALIA

È corrretto rricordare l’origine fossile foss le dei carburanti CNG o LNG. Ma la sostenibilità ambientale della nuova tecnologia si è fatta apprezzare perché abbatte il 95% del particolato e il 90% di diossido di azoto, oltre a ridurre rre tra il 5% e il 10% del CO O2 . duttori, ma anche da tutti gli stakeholders e dai governi europei che dovranno agevolare lo sviluppo di tutto il sistema di produzione e delle infrastrutture per la distribuzione capillare di idrogeno, così come di energia elettrica. Non sarà facile, ma siamo sulla buona strada. L’ LNG però non sarebbe in grado di accompagnarci nei prossimi decenni, perché è di origine fossile. È corretto ricordare l’origine fossile dei carburanti CNG o LNG. Ma la sostenibilità ambientale della nuova tecnologia si è fatta apprezzare perché abbatte il 95% del particolato – uno dei componenti più dannosi delle emissioni dei nostri veicoli – e il 90% di diossido di azoto, oltre a ridurre tra il 5% e il 10% del CO2, che è la mission principale. Quindi, nonostante l’origine fossile, questi carburanti rappresentano una soluzione concreta per salvaguardare l’ambiente e la sostenibilità del trasporto. Ma la vera dimensione virtuosa nel futuro del metano sta nella possibilità di impiegare nei nostri mezzi il biometano che, a questo punto, diventerebbe una risorsa che arriva da una filiera circolare, e dunque non più di origine fossile. Questo rende il biometano e il Bio-LNG la soluzione più concreta per raggiungere la carbon neutrality, considerando chiaramente l’intero ciclo, dalla fonte di energia alla ruota, come una vera economia circolare che porta a una riduzione del CO2 del 90-95%. Ma a che punto siamo con il Bio-LNG? In Europa e in Italia oggi il 17% del metano utilizzato per il trasporto è già bio, in Italia siamo protagonisti di questa transizione. Sappiamo di almeno 20 progetti di produzione e di liquefazione del metano che vedranno la luce entro un anno e che potranno assicurare una produzione di circa 160 tonnellate al giorno. Ciò significa poter alimentare più di 2mila veicoli al 100% Bio-LNG, quindi il 40-50% delle flot-

te di veicoli LNG oggi circolanti potranno raggiungere subito il traguardo europeo di neutralità del CO2 fissato per il 2030. Dunque, il Bio-LNG è una risorsa molto preziosa per il trasporto sostenibile. Quali sono, invece, le prospettive dell’alimentazione elettrica? Bisogna vedere gli sviluppi della tecnologia dei veicoli elettrici per ottenere un risultato altrettanto vincente. Dobbiamo distinguere tra i veicoli leggeri elettrici, che già oggi sono una soluzione ideale per la distribuzione urbana – parcel delivery, e-commerce – e contribuiscono a raggiungere la carbon neutrality anche nelle grandi metropoli. Per quanto riguarda i veicoli pesanti, l’alimentazione elettrica avrà un ruolo molto importante, nell’ambito di un’autonomia che, ai livelli tecnologici attuali e futuri, si prospetta tra i 400-500 km, quindi idonei a mission di medio e corto raggio: distribuzione urbana e regionale. Ma poi ci sarà l’idrogeno… Veicoli con propulsione elettrica, ma con fuel cell a idrogeno, potranno andare fino a 1000km nei percorsi a medio e lungo raggio. La diffusione di questi veicoli è legata a un modello di business che possa rendere accessibile un prodotto che, per il contenuto altamente tecnologico, avrà dei costi considerati fuori scala rispetto alle esigenze di un trasporto che deve essere sostenibile anche dal punto di vista economico. Probabilmente, da oggi ai prossimi dieci anni, dovranno cambiare i paradigmi di calcolo. Non parleremo più di costo, ma solo di costo di esercizio, il TCO , ragioneremo sul costo per chilometro e noi costruttori dovremo offrire delle soluzioni pay-per-use che siano accessibili a tutti i trasportatori. E il governo? Come può intervenire per riequilibrare i costi nella fase di transizione? Bisognerebbe intervenire sugli incentivi

sia sul piano nazionale sia sul piano europeo. Per esempio, Iveco è parte del consorzio H2 Accelerate, una partnership strategica con Daimler Truck, Volvo Blu e Shell, per lavorare in sinergia, sviluppando la rete infrastrutturale, la nascita di stabilimenti di produzione di idrogeno, le reti di distribuzione ad alta capacità per idrogeno liquido e gassoso. Ma tutto questo non basta senza un supporto fattivo degli enti di governo, che hanno il compito di attuare politiche coerenti con il Green New Deal. L’elettricità, il metano, l’idrogeno, le fonti rinnovabili sono soluzioni idonee per raggiungere l’obiettivo, ma la sostenibilità economica richiede un grande impegno di sinergia di tutta la filiera dalle istituzioni europee, nazionali, regionali per attuare politiche di incentivazione economica ma anche di semplificazione normativa. In questa situazione, se lei potesse gestire un pezzo del Recovery plan, da cosa comincerebbe? Il Recovery Plan è una misura molto attesa e necessaria per ripartire. Non sappiamo ancora esattamente tempi e modi in cui i fondi saranno impiegati. Ma dal momento che gli obiettivi sono stati già fissati dalla Green New Deal, bisogna allinearsi. Risulta necessario intervenire sul piano fiscale per sostenere gli investimenti degli operatori del traporto, per rinnovare il parco circolante, ma anche per promuovere i nuovi carburanti e le nuove tecnologie verso le alimentazioni alternative al fine di favorire l’abbandono di quelle convenzionali. Serve un’agevolazione immediata per l’accesso al prodotto, ma anche per il supporto all’utilizzo delle nuove tecnologie. Il problema non è soltanto acquistare il mezzo, ma anche consentire un equilibrio dei costi di gestione.

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LA TRANSIZIONE

IL PESO DELLE START UP NEL TRASPORTO CHE CAMBIA

LE SETTE SORELLE HANNO TROVATO COMPAGNIA L’’

evoluzione tecnologica e l’introduzione di limiti sempre più severi alle emissioni inquinanti dei motori diesel hanno da tempo chiuso il cancello all’ingresso di concorrenti nella produzione di veicoli industriali pesanti, che in Europa da almeno trent’anni si è ristretta alle “sette sorelle”, ossia Daf, Iveco, Man, Mercedes, Renault Trucks, Scania e Volvo. L’unico spiraglio si è aperto per Ford Trucks, che comunque nasce dalla collaborazione tra un costruttore statunitense con un passato nel camion e da uno turco che i camion li produce da anni. Restiamo quindi sempre in una ristretta famiglia formata da soli “nonni”, che possono investire centinaia di milioni di euro nell’evoluzione dei motori a gasolio.

I DUE FATTORI PER L’ACCESSO Ora però l’elettrificazione dell’autotrasporto spinta dalla necessità di ridurre i combustibili fossili sta forzando questo cancello e una schiera di “nipoti” vuole dividere il ricco mercato della conversione del parco dal diesel all’elettrico. E può sperare di farlo grazie a due fattori: • l’abbassamento della soglia d’ingresso per nuove imprese dovuto ai minori costi di sviluppo della trazione elettrica; • un sistema finanziario globale disposto a investire, seppure con elevati rischi, nell’innovazione tecnologica.

TESLA, NIKOLA E GLI ALTRI Ciò non significa che sviluppare un camion elettrico e soprattutto produrlo in ampia scala sia una passeggiata e neppure che i costruttori tradizionali vogliano permettere

ai nuovi arrivati di conquistare spazio. Se n’è accorto il marchio nuovo più importante sorto nell’elettrificazione delle vetture, la Tesla di Elon Musk, che annunciò negli Stati Uniti un trattore stradale di Classe 8 (quella più pesante per lunghe distanze) nel novembre 2017 e nel 2019 affermò che la produzione sarebbe iniziata alla fine del 2020, salvo dover ammettere, lo scorso gennaio, il rinvio della produzione alla fine del 2021. Nonostante il Semi Tesla (nella foto di apertura n.d.)) sia ancora in fase di prototipo e alcuni analisti abbiamo espresso dubbi sull’ottimismo espresso dai vertici aziendali, soprattutto sulla versione per il trasporto sulle lunghe distanze, Tesla ha raccolto oltre duemila pre-ordini. Numeri mai raggiunti da un veicolo industriale diesel alla stessa fase di sviluppo. Ancora più giovane di Tesla è Nikola (che condivide con questa il riferimento all’inventore Nikola Tesla), che si è dedicata dall’ini-

zio ai veicoli industriali. Anche lei ha in fase di sperimentazione un camion pesante, annunciato nel 2016, e a differenza di Tesla

C’era una volta un mercato chiuso. Dove, almeno in Europa in trent’anni i marchi storici non hanno mai dovuto misurarsi con nuovi concorrenti. Ma una rivoluzione tecnologica è come una finestra che si apre. E magari un domani quando gli autotrasportatori dovranno valutare quale veicolo acquistare avranno davanti un’offerta molto più allargata

BOSCH: SISTEMI DI PROPULSIONE eDISTANCETRUCK Come riuscire a percorrere più di 1.000 km con un veicolo pesante elettrico? Per Bosch, la chiave è nei sistemi di propulsione eDistanceTruck, che comprendono l’idrogeno e le trazioni ibride. Più in particolare la multinazionale tedesca offre varie soluzioni di sistemi fuel cell, alcune relativa alla pila, altre ai singoli componenti. Tutte soluzioni facilmente integrabili nelle piattaforme veicolo esistenti. Per esempio, grazie alla collaborazione con la startup Powercell intende sviluppare la tecnologia fuel cell e renderla disponibile in serie. Nel 2022 è già pronta per iniziare la produzione su vasta scala delle pile a combustibile per poi passare, nel 2023, all’intero sistema fuel cell. Ma non si ferma qui perché, nell'ambito del progetto H2Haul finanziato dalla UE, Bosch sta collaborando con altre aziende per creare una piccola flotta di autocarri a celle a combustibile e per metterli su strada. Difficile domani chiamarlo ancora un «componentista»

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ha scelto di collaborare con i costruttori tradizionali, facendo entrare nel capitale CNH Industrial (Iveco) e General Motors. Grazie a questi accordi, la società conta di vendere i primi camion elettrici (che in Europa useranno la cabina dell’Iveco S-Way) nella seconda metà del 2023. Questi sono i nomi più noti, ma nell’arena del camion elettrico sono scesi altri candidati, come la statunitense Xos e la canadese Lion Electric e, per quanto riguarda i veicoli di classe media, la svedese Einride.

I COMPONENTI PRONTI A ENTRARE Di fronte a questo assalto i costruttori tradizionali non stanno a guardare e hanno già stanziato miliardi, contando sul vantaggio di avere già modelli pronti da elettrificare, impianti produttivi che si possono convertire, una rete di vendita e di assistenza capillari. I tedeschi Daimler e Volkswagen (che controlla MAN e Scania) e la francese Renault Trucks sono stati i primi a partire, ma anche gli altri marchi si stanno muovendo sia progettando sistemi in modo autonomo, sia (Iveco) alleandosi con una start-up. La corsa al camion elettrico coinvolge pure i produttori tradizionali statunitensi e asiatici. Questi ultimi approfittano dell’elettrificazione per creare una testa di ponte in Europa, dove finora non sono riusciti a entrare nel segmento dei pesanti, come sta facendo la Hyundai, che ha introdotto in Svizzera i primi veicoli a idrogeno. Il panorama è quindi ricco e articolato e oggi

VOLTA TRUCKS RIPARTE DA… ZERO Volta Trucks è una start up anglo-svedese molto originale che ha cercato di individuare un segmento di compromesso, a metà tra il van da città e il camion da distribuzione. Volta Zero, la sua creatura che troverà una casa produttiva a Barcellona, negli ex stabilimenti Nissan, è un urban truck elettrico (con autonomia di circa 200 km) con massa totale di massimo 16 ton, concepito per distribuire merci in ambito urbano e suburbano. Ma soprattutto è un camion che parte da zero e disegnato rimettendo in dubbio ogni soluzione. Ecco quindi che il sedile di guida è stato spostato in posizione centrale e ribassata per garantire una visuale panoramica. Il cruscotto si personalizza tramite touch screen e il conducente ha a disposizione un sistema di monitoraggio delle condizioni del veicolo basato sull'intelligenza artificiale. Originale pure la soluzione di fare a meno dell’albero di trasmissione, per affidare la trazione all’assale posteriore e-Axle che nasconde all’interno il motore elettrico. La batteria è al litio-fosfato di ferro con capacità dai 160 ai 200 kWh, mentre la carrozzeria è realizzata con pannelli di lino naturale e resina biodegradabile. Così non soltanto si ricicla come un rifiuto, ma se si spezza non crea pericolosi angoli vivi.

è impossibile prevedere quali saranno gli effetti della selezione. Ma i protagonisti di questa sfida non sono soltanto i produttori di veicoli interi, perché l’elettrificazione porta in primo piano quelli dei componenti, che possono venderli a diversi marchi. Infatti, la sfida tecnologica, con i relativi investimenti, si sposta dal motore alle parti elettroniche, al software e alle batterie. Possiamo paragonare questi soggetti a chi durante la corsa dell’oro vendeva picconi e vettovaglie ai cercatori, guadagnando spesso più di questi ultimi. Qua troviamo nomi noti, come Continental, Bosch e Magneti Marelli, ma possono entrare altri produttori di motori elettrici provenienti da settori diversi, come quello industriale, colossi del rango di ABB, Siemens e Parker. Per ora restano a guardare, ma se troveranno buone opportunità potranno entrare nell’arena. Un altro campo di sfida è quello delle batterie, elemento strategico dei camion elettrici perché ne determinano non solo l’autonomia, ma anche

la tara e il costo. Un’alternativa è la cella a combustibile, alimentata da idrogeno. In questo caso sono alcuni costruttori automobilistici che stanno entrando nel cortile dei produttori tradizionali. Nella produzione autarchica delle batterie sono avvantaggiati i marchi che producono anche autovetture, che beneficiano delle economie di scala nella produzione tramite la realizzazione di enormi impianti che forniscono migliaia di autovetture, furgoni e camion. Così, su questo piano si sono già mossi Daimler e Volkswagen. Progettisti di motori, componenti elettronici, batterie e celle a combustibile possono formare collaborazioni con le start-up per affrontare la sfida con i marchi tradizionali, che a loro volta stanno creando un’autonomia nell’intera filiera elettrica. I prossimi anni, quindi, saranno quelli decisivi per delineare il nuovo mosaico della produzione di veicoli industriali.

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LA TRANSIZIONE PARLA ALESSIO TORELLI CHIEF MOBILITY OFFICER DI SNAM Quando l’idrogeno sarà competitivo, lo si potrà produrre a costi più bassi in Africa, sfruttando l’energia solare, e trasportarlo in Italia con le pipeline già esistenti. Ma oggi il Gas naturale liquefatto è il carburante meno inquinante e più economico, soprattutto per le lunghe distanze

PER ORA, UN MIX DI ELETTRICO E GNL E

in attesa che arrivi l’idrogeno? O, se preferite l’elettrico, in attesa che la tecnologia risolva tutti i problemi di autonomia e di ricarica? Alessio Torelli, Chief Mobility Officer di Snam non ha dubbi: «Il gas naturale liquefatto (GNL) è oggi il prodotto più avanzato in termini di riduzione di emissioni inquinanti e quindi di percorso verso la transizione energetica ed

Aii trasportatori traspo che vogliono realmente re almen iniziare a decarbonizzare, consiglio un mix di elettrico e di GNL: il primo per i viaggi inferiori ai 200 km con consegne sempre negli stessi punti e con il rientro pianificabile, senza ricorrere a hit charger in ore notturne, il secondo per tutto ciò che richiede lunghe percorrenze e potenze elevate. Alessio Torelli, Chief Mobility y Officer di Snam

è quello anche economicamente più sostenibile».

su un percorso a saliscendi hanno un’ulteriore forte riduzione dell’autonomia.

Ma l’elettrico, oggi, è già una realtà… Che il passaggio dell’elettrone prelevato dalla rete e caricato nella batteria sia più efficiente rispetto all’idrogeno è vero. Ma una stazione a idrogeno può rifornire da sola migliaia di veicoli, in un tempo infinitamente inferiore rispetto a quello necessario a ricaricare una batteria a elettroni.

E l’idrogeno? Fra l’altro vuoi avete dei progetti per distribuirlo… L’idrogeno si può produrre direttamente sul posto, con una catena molto corta con pannelli fotovoltaici ed elettrolizzatori. Il problema è che per garantire i quantitativi necessari a una transizione che abbia un senso, la superficie disponibile in Europa non sarebbe sufficiente per installare tutto quel fotovoltaico. Per cui una strategia di medio e lungo termine potrebbe consistere nel produrre idrogeno in grandissima quantità in Nord Africa, attraverso delle solar farm m di dimensioni macroscopiche, in modo da abbatterne largamente i costi unitari, massimare la produzione grazie al fatto che in quelle aree la resa dei pannelli solari è elevatissima, produrre l’idrogeno attraverso elettrolizzatori e importarlo in Italia tramite le pipeline che già ci collegano al Nord Africa: è la soluzione in assoluto più economica che consentirà di distribuire idrogeno lungo la penisola a un costo inferiore a un euro al chilo. Non c’è altra tecnologia al momento con costi più bassi, anche perché sono infrastrutture già esistenti e richiedono solo qualche adeguamento.

Detta così, lei sembra contrario l’elettrico? Niente affatto. Sono favorevole, ma bisogna promuoverlo con intelligenza. Oggi si spingono le auto ibride, ma il 99% di questi veicoli non vedono mai una colonnina e vanno a benzina tutti i giorni. È vero che mancano le colonnine, ma c’è anche l’inconveniente di una batteria che ti fa fare poche decine di chilometri dopo che l’hai caricata per un’ora e mezza. C’è, insomma, una grande differenza tra l’obiettivo a cui si vuole puntare e la reale operatività e praticità delle tecnologie che vengono offerte. E allora in questa fase di transizione, su quale alimentazione si devono orientare gli autotrasportatori? Ai trasportatori che vogliono realmente iniziare a decarbonizzare, consiglio un mix di elettrico e di GNL: impiegare l’elettrico per i viaggi inferiori ai 200 km con consegne sempre negli stessi punti e con il rientro pianificabile, senza perciò dover ricorrere a hit chargerr in ore notturne, mentre operare con il GNL – anche perché è disponibile, ha già una propria filiera e sarà sempre più utilizzato anche in forma bio – per tutto ciò che richiede lunghe percorrenze e potenze elevate, perché oltretutto i mezzi elettrici

Per l’ultimo miglio l’idrogeno avrà uno spazio? Probabilmente ha più senso, anche dal punto di vista energetico, un full electric, ma è chiaro che quando saranno disponibili le stazioni di rifornimento anche per l’idrogeno, l’utente comincerà a trovarsi di fronte alla scelta se acquistare un veicolo a idrogeno o a batterie. Cioè se rifornirsi in pochi secondi o se lasciare il veicolo collegato per ore a una colonnina.

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LA TRANSIZIONE BIOMETANO, BIODIESEL, BIETANOLO, COMBUSTIBILI RINNOVABILI provenienza

riduzione CO2

caratteristiche

combinazione di un biocarburante e di elettricità

fino al 92%

zero emissioni e zero rumore in città

Biometano

liquami o rifiuti locali

fino al 90%

produzione poco costosa

Bioetanolo

canna da zucchero, grano, mais, zucchine

fino al 90%

disponbile in grandi quantità

olio vegetale idrotrattato, da oli usati e grassi animali

fino al 90%

può essere usato su motori diesel

semi di colza, piante e olio di cucina usato

fino al 66%

può essere usato su motori diesel

Bioibrido

HVO Biodiesel

C

he le emissioni zero non siano dietro l’angolo lo riconoscono pure – implicitamente – i corposi Piani nazionali per l’energia e il clima, quando prevedono un aumento delle stazioni di rifornimento per metano liquido o compresso e aprono ai biocarburanti anche per la trazione: la CO2 non sarà azzerata, ma almeno fortemente ridotta in attesa di elettrico e idrogeno. Ma dato che CNG e GNL sono di origine fossile e abbattono l’anidride carbonica solo del 20%, sarà bene considerare i biocarburanti e lo stesso biodiesel, che la abbatte fino al 66% e che potrebbe diventare neutro, stando agli studi dell’università inglese di Exeter, con l’utilizzo di batteri geneticamente modificati. E addirittura è possibile accoppiare trazione elettrica con quella bio, per un bio-ibrido che abbatte ancor più le emissioni e le limita ai percorsi extraurbani. Insomma, per trovare risposte alla produzione di energia verde, il settore dei biocarburanti è diventato un immenso laboratorio.

BIOMETANO Chi sta già alle prime applicazioni è il biometano, principale figlio dei biogas tratti dalla «digestione anaerobica» di rifiuti, scarti agricoli e liquami zootecnici, in cui le sostanze organiche sono elaborate da batteri e trasformate in combustibile volatile. Offre vantaggi non trascurabili, soprattutto per il trasporto pesante: è utilizzabile direttamente nei tanti motori a metano in circolazione, offre ampia autonomia, ce n’è grande disponibilità a basso costo e abbatte la CO2 del 90%. Per contro, ha meno contenuto energetico del gasolio, il che vuol dire che con un litro si fanno meno chilometri, ma la sua economicità compen-

sa abbondantemente i maggiori consumi e anche, in tempi medi, il costo iniziale superiore di un 20-25% a quello di un diesel analogo. Il problema è il solito: una rete di distribuzione agli inizi e che soltanto negli ultimi mesi vede i primi impianti: a Rimini voluto da Vulcangas; a Torino, a ridosso della sede di CNH Industrial che l’ha voluto; all’autoporto di Sadobre sull’autostrada del Brennero. Altri sei sono stati annunciati dalla 2LNG, società controllata dal gruppo Holdim, e altri otto sono previsti dal progetto Bio-LNG4Italy (da 23,5 milioni) lanciato da Snam. A Sud di Melzo è prevista una stazione da 11.400 mq, a breve distanza dai siti di produzione.

Il settore bio è un laboratorio in fermento in tutto il mondo. In Italia il più avanzato è il biometano, nato da rifiuti e liquami, sostenuto da una norma di tre anni fa che ne ha incentivato la produzione e sta facendo sorgere i primi impianti di distribuzione (realizzato usando idrogeno come catalizzatore), utilizzabile nei motori a gasolio esistenti e con performance migliori di gasolio e biodiesel. Seppure riconosciuto

BIOETANOLO

dai costruttori, è in vendita solo in stazioni

Alla vivacità della ricerca sul biogas, si aggiungono altri carburanti a bassissima produzione di CO2. Anche il bioetanolo, una specie di alcool prodotto dalla fermentazione di prodotti agricoli ricchi di zucchero, molto usato nei trasporti, ma non in Italia. In realtà la sua efficienza energetica è inferiore del 31% rispetto ai carburanti fossili, ma il progetto Bioethanol for Sustainable Transport (BEST), supportato dalla Commissione Ue e da altri sei paesi, sta cercando di dimostrare la fattibilità della sostituzione di benzina e diesel con il bioetanolo. In Italia il progetto ha come sede La Spezia dove è prevista la costruzione delle prime 3 stazioni di rifornimento.

di rifornimento selezionate soprattutto in

duzione di biodiesel è dispendiosa anche

HVO

riale lignocellulosico, attraverso la tecnica

La sigla sta per Hydrogenated Vegetable Oil, cioè olio vegetale idrotrattato, che può essere ricavato da olio usato, olio di semi di colza, olio di palma e grassi animali, per produrre una sorta di diesel rinnovabile

della pirolisi, la coltivazione del miscanto,

Scandinavia e negli Stati baltici.

BIOCARBURANTI DI 2a GENERAZIONE I biocarburanti sono accusati di ridurre la disponibilità di derrate alimentari e di aumentare la fame nel mondo. E la prodal punto di vista idrico: per un litro di carburante servono 4 mila litri di acqua per irrigare le colture e per il processo chimico di trasformazione. Per questo stanno nascendo i cosiddetti «biocarburanti di seconda generazione», ottenuti con altri procedimenti, come la lavorazione di mate-

chiamata anche erba elefantina, per le dimensioni dei suoi cespugli o delle alghe. Il laboratorio va avanti. Ma i motori sono ancora lontani.

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CHI PAGA? IL BILANCIO DI GUIDARE ELETTRICAMENTE

La

sfida è lanciata fissando una data precisa per decarbonizzare il trasporto. L’offerta commerciale da parte dei costruttori di veicoli è già delineata rispetto ai van e nel corso del 2021 inizierà a prendere forma anche rispetto ai camion. Poi, tempo qualche altro anno all’elettrico con batteria si affiancherà quello alimentato tramite fuel cell. Il problema più grande a questo punto risponde essenzialmente a una domanda: chi paga? Chi e come, cioè, sarà disposto a spendere il 60% in più per acquistare un e-van e circa

il doppio per un e-truck rispetto alle corrispondenti versioni diesel? Per carità, per l’ambiente e per il pianeta si fa tutto, ma forse proprio per questo andrebbe spalmato su tutti. Anche perché qui gli acquirenti dei veicoli elettrici da trasporto non sono privati che scelgono in base a fattori emotivi, ma aziende che a fine anno devono per forza far quadrare i bilanci, compensando eventuali maggiori costi di acquisto con minori spese o maggiori entrate. È vero, si tratta di un problema temporalmente limitato alla fase di transizione, in quanto è prevedibile

che, un po’ per costanti miglioramenti tecnologici, un po’ per economie di scala generate dalla crescita dei volumi, in circa venti o trent’anni i prezzi si riallineeranno a quelli attuali dei veicoli diesel. Ma intanto il problema esiste ed è esponenziale, in quanto se tante aziende trovano troppo conveniente rimanere attaccate al gasolio, la rivoluzione energetica rischia di incepparsi. Perché è evidente che l’intero disegno evolutivo funziona come un grande puzzle in cui tutto trova forma se ogni tessera ha il suo posto e ogni attore gioca la sua parte: se esiste

Ecco quando gli elettrici saranno competitivi in termini di costi

BATTERIE A 100 DOLLARI PER KWH, MAGARI SENZA COBALTO Il veicolo elettrico costa molto. Ma domani sarà ancora così? Probabilmente no. Sia perché la crescente commercializzazione creerà economie di scala maggiori, sia perché la tecnologia ha ancora tanto da dire su questi mezzi. Anche se qualcosa ha già detto. Prendiamo per esempio le batterie agli ioni di litio: nel 2010 costavano più di 1.100 dollari per kWh, nel 2020 sono arrivate a 137, con una discesa dell'89%. E gli osservatori più attenti – BNEF (Bloomberg New Energy Finance) – prevedono che toccherà i simbolici 100 dollari/kWh già entro il 2023. E comunque già con gli attuali costi, il direttore della comunicazione di Energy Innovation, Silvio Marcacci, ha scritto su Forbes che un camion elettrico di classe 8 – quelli a lungo raggio più pesanti – che viaggia una media di 300 miglia al giorno (circa 500 km), costerebbe il 13% in meno di un camion diesel convenzionale. Il camion elettrico in questo scenario, con una gamma di 375 miglia (600 km), si ripagherebbe in meno di tre anni, facendo risparmiare al proprietario circa 165 mila euro nel corso della sua vita.

E parliamo di un prezzo di 135 dollari per kWh. Anche se già oggi in Cina alcuni autobus circolano con un costo vicino ai 100 dollari ricorrendo a batterie LFP (litio-ferro-fosfato), che costano meno perché fanno a meno del prezioso e più raro cobalto. Prova ne sia che, anche nel mondo delle vetture, si guarda con interesse a tale soluzione. Il n.1 di Renault, Luca De Meo, ha dichiarato che per la R5, attesa per il 2023, sta valutando l’utilizzo di batterie LFP allo scopo di abbattere il prezzo dei listini di circa 5 mila euro. Che su una vettura possono rappresentare un risparmio di circa il 15% sul prezzo di acquisto finale. Insomma, tra volumi e tecnologia tutto lascia prevedere che per il 2030 i prezzi medi delle batterie toccheranno i 60 dollari per kWh. A quel punto non soltanto il prezzo di acquisto di van e truck elettrici scenderebbe, ma più in generale il costo chilometrico di questi mezzi si assesterebbe a circa il 50% in meno rispetto a un analogo veicolo diesel. Ma sono ovviamente previsioni. E non bastano, per ora, a chiudere un bilancio.

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QUANTO L’USO COMPENSA IL MAGGIOR COSTO L’acquisto di un veicolo elettrico è clamorosamente più alto rispetto a uno diesel. Il doppio per un camion, il 60% in più per un van. Ma quanto si spende poi per installare un impianto di ricarica? E quanto costa l’energia rispetto al gasolio? E manutenzione e assicurazione sono più o meno onerose? Abbiamo provato a fare due conti un’offerta di veicoli elettrici bisogna che ci siano colonnine o impianti privati per ricaricarli, ma serve pure che ci sia qualcuno che li acquisti. Se manca un singolo tassello la rivoluzione si inceppa, con buona pace delle ragioni dell’ambiente.

A OGNI ATTORE LA SUA PARTE Per capire se la tessera corrispondente all’acquisto dei veicoli trovi il suo posto, vale a dire per compensare il maggior costo di un mezzo elettrico esistono ten-

Questo veicolo è prodotto da BYD, costruttore cinese che sta sostituendo 15 mila camion diesel in uso alla municipalità cittadina con altrettanti elettrici. Ma già prima negli ultimi tre anni aveva introdotto nel traffico cittadino 60.000 camion leggeri e furgoni elettrici. A oggi il 35% della flotta totale di veicoli per le consegne urbane di Shenzhen è elettrica.

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denzialmente quattro strade obbligate, che chiamano in causa altrettante figure: l’ente pubblico, la committenza privata (o se si preferisce la domanda di trasporti), il costruttore di veicoli e la stessa azienda di autotrasporto e, più in particolare, la sua capacità gestionale. Detto sinteticamente (e rispettivamente) servono: • incentivi all’acquisto o all’operatività diretta o indiretta che rendono più leggero il costo iniziale o lo minimizzino tramite incremento di produttività, generato per esempio dalla possibilità di fare ingresso in aree urbane altrimenti inaccessibili, di caricare e scaricare in momenti della giornata preclusi agli altri veicoli (per esempio la notte), di versare meno tasse e tributi, di ottenere sconti sui pedaggi, ecc. Tutte misure che possono adottare soltanto lo Stato, ma anche singole Regioni, se non singole città; • miglioramenti relazionali con la committenza, vale a dire – con meno pleonasmo – tariffe di trasporto maggiorate, contratti più lunghi, barriere di ingresso con cui trasformare alcuni settori merceologici particolari in una sorta di riserva in cui possono accedere soltanto aziende operanti con veicoli a zero emissioni; • una maggiore prossimità del costruttore di veicoli a fornire sia formule di finanziamento o di noleggio peculiari, sia una fornitura di servizi aggiuntivi, che contemplino anche la problematica più allargata del rifornimento di energia del veicolo, senza il quale, evidentemente, tutti si guarderanno bene dall’acquistarlo; • esperienze gestionali da parte dell’azienda di autotrasporto nell’utilizzo di un veicolo elettrico. Nel senso cioè che

sostituire il gasolio con l’energia elettrica non significa soltanto trasformare un serbatoio in una batteria. Ma comporta capire e ottimizzare la realizzazione di un impianto di ricarica aziendale, l’acquisto più conveniente dell’energia, prolungare la vita delle batterie anche dopo il loro distacco dal veicolo, approfittare degli altri risparmi che possono derivare dal ricorso alla mobilità elettrica e tanto altro. Iniziamo allora con il prendere in considerazione questo terzo momento, facendo una ricognizione di tutti i costi che la comparsa di un veicolo elettrico finisce per condizionare.

VANTAGGI DEL NOLEGGIO Il primo problema è l’acquisto del veicolo: costa di più e questo lo abbiamo già detto. Ma siccome parliamo di una tecnologia ad alto tasso evolutivo, in grado cioè di rendere obsoleto domani le conquiste ottenute appena oggi, qualche costruttore preferisce tutelare l’acquirente dall’obsolescenza precoce proponendo alternative alla semplice compravendita. Volete qualche esempio? Renault, per esempio, già in anni passati ha optato per il noleggio esclusivo della batteria, basato su un canone da pagare in relazione al chilometraggio previsto e comprensiva di servizio di assistenza H24 e di sostituzione in caso di malfunzionamento o di calo delle performance. Mercedes-Benz Vans va oltre, nel senso che evolve il suo ruolo di costruttore/venditore in una sorta di consulente in grado di suggerire soluzioni calibrate sulle singole esigenze del caso. Rispetto all’acquisto, per esempio, spinge sempre di più sul noleggio, andando a definire una rata in cui

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CHI PAGA? IL BILANCIO DI GUIDARE ELETTRICAMENTE

(International Council on Clean Transportation)

*Il consumo di energia elettrica varia leggermente a causa della modalità di ricarica

COSTI DI RICARICA: CONFRONTO TRA UNA FLOTTA DI 10 E UNA DI 20 VEICOLI Costi Solo deposito Deposito + ricarica* notturna

spesa elettricità

costi rete

(euro)

(euro)

Totale

Totale

(euro)

(Ct/kWh)

34.000

18.300

52.300

5,3

44.800

49.800 50.200

94.600 95.000

6.7 - 6.8

10 CAMION Deposito e opportunità di ricarica *

46.500

34.010

80.500

5,8

Deposito e ricarica notturna*

44.720

50.222

95.000

6,8

20 CAMION Deposito e opportunità di ricarica *

59,090

53,641

112,731

6.3

Deposito e ricarica notturna*

55,049

86,256

141,304

7.9

includere oltre al prezzo del veicolo anche ulteriori servizi di cui il trasportatore necessita e che servono soprattutto a consentire al trasportatore un utilizzo più proficuo del veicolo. Una rata magari un po’ più alta, se comparata a quella di un equivalente modello con motore endotermico, seppure qui c’è il vantaggio di non avere un anticipo iniziale. In più, è anche possibile capitalizzare eventuali incentivi pubblici all’acquisto, utilizzati per contenere il valore della rata.

COSTI (MINIMI E MASSIMI) DELL’ENERGIA Quando si imbocca la strada dell’elettrificazione, però, l’acquisto del veicolo è soltanto un momento. Poi c’è tutto ciò che serve per farlo effettivamente viaggiare, vale a dire avere a disposizione l’infrastruttura per ricaricarlo di energia. E anche questo rappresenta un costo. Attenzione, non parliamo del rifornimento puro e semplice, quanto della necessità, soprattutto per chi dispone di una flotta di veicoli, di avere un’infrastruttura in grado di garantirlo. Vale a dire un impianto aziendale che, quando

l’ufficio traffico ha assegnato un viaggio a quel determinato mezzo, riesca ad assicurargli un’autonomia sufficiente a portarlo a termine. O eventualmente un software in grado di individuare e organizzare temporalmente gli eventuali “rabbocchi” energetici. Non a caso sempre di più i costruttori di veicoli si preoccupano di fornire consulenze in tal senso. Renault Trucks, tanto per fare un esempio, ha creato al riguardo una nuova entità, chiamata proprio a sviluppare progetti di mobilità elettrica, a stringere relazione con fornitori di energia o con enti pubblici, a costruire una formula di servizi tagliati sulle esigenze del cliente e che includono appunto l’installazione degli impianti di ricarica all’interno dell’azienda, ma anche l’ottimizzazione nell’uso dell’energia, la gestione delle batterie, fino ai più tradizionali finanziamento e assistenza. Anche perché – va detto – almeno al momento attuale se questi servizi non li forniscono i costruttori di veicoli difficilmente si riescono a trovare sul mercato. Per i van in realtà esiste già molto, per i camion siamo praticamente all’anno zero. Abbiamo pro-

vato a inviare una richiesta di preventivo per un impianto aziendale di ricarica per una flotta di venti camion, ma nessuno è stato in grado di rispondere. E così, siamo stati costretti a ricorrere agli studi elaborati da altri, soprattutto fuori dall’Italia. In particolare a quello (Electrifying city logistics in the European Union: optimising charging saves cost) realizzato dall’International Council on Clean Transportation insieme al Regulatory Assistance Project, in cui si stima il fabbisogno energetico e i costi di ricarica di una ipotetica flotta composta da 10 e da 20 camion pesanti. La ricerca, basata sull’operatività reale di un’azienda di logistica tedesca, serve a capire come gestire gli acquisti di energia. Ma può essere utile anche per quantificare tali acquisti, comparandoli con quelli relativi al gasolio. Rispetto, per esempio, alla flotta di 20 veicoli, ognuno dei quali percorre mediamente ogni giorno sui 70-80 km, si arriva a una spesa massima per un anno di 141.000 euro. Circa 25.000 euro in più di quanto spenderebbe la stessa flotta dovendo comprare 155.000 litri di gasolio. Lo studio però evidenzia che un risparmio più corposo, quantificato in circa 30.000 euro all’anno o il 10-15% dei costi energetici, potrebbe essere ottenuto ottimizzando le modalità di ricarica, bilanciando al meglio due componenti: il costo dell’elettricità e quello della rete, inteso quale prezzo per la consegna dell’elettricità al deposito. Restano a parte i costi per l’installazione dei carica-batterie e le imposte che variano in base alla quantità di elettricità consumata, ma non in base al tempo di ricarica del veicolo. Cosa vuol dire ottimizzare? Lo si deduce guardando la tabella in alto, in cui è evidente che la ricarica dei camion solo in ore notturne costa di più rispetto a quella effettuata sfruttando altre opportunità di ricarica durante il giorno. E questo perché quando si mettono in carica tutti i camion insieme si raggiunge un picco di domanda (circa 500 kW) che fa aumentare significa-

CRASH TEST DI UN CAMION ELETTRICO: PER SCANIA È SUPERATO Come si effettua un crash test per un camion elettrico e soprattutto per verificare cosa? Scania si è posta la domanda e ne ha organizzati di molto severi prima di mettere in vendita i propri modelli con la scossa, al fine di garantire il massimo della sicurezza. Il fine principale del test è stato quello di verificare la resistenza del pacco batteria in caso d’impatto laterale con un’auto. E proprio per rendere più realistico il tutto si è utilizzata un’auto reale, piuttosto che un carrello di prova come si fa di solito. L’esito è stato positivo, in quanto l’energia dell’impatto è stata distribuita su tutta la struttura che circonda la batteria salvaguardando l’elemento più delicato.

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L’inizio della produzione in serie dell’e-Actros è questione di pochi mesi. Molti meno delle aziende di trasporto che lo hanno testato nel corso degli ultimi tre anni. Complessivamente sono stati una ventina, suddivisi in due fasi testando rispettivamente la versione da 18 e quella da 25 ton per un anno intero. Nel caso di questo veicolo, in uso alla società logistica Rigterink, specializzata in forniture alla grande distribuzione, il camion full electric è stato impiegato soprattutto per trasportare generi alimentari nel traffico cittadino di varie città. In genere le versioni di maggiore tonnellaggio si sono misurate su missioni di circa 200 km, sfruttando quindi l’intera carica e destinando alla ricarica – che a 150 kW avviene in circa due ore – le ore serali o notturne.

MANUTENZIONE LEGGERA, MA CON L’INCOGNITA PNEUMATICI

Per avere un’ulteriore prova rispetto alla bontà di queste valutazioni è stato necessario, in mancanza di analisi nazionali, accedere al sito americano della Peterbilt Motors Company, marchio del gruppo Paccar

Infine, ci sono i valori relativi ad assicurazione e valore residuo. Rispetto al primo, il veicolo elettrico non costa di più rispetto ad altri. Almeno rispetto al premio per una

COSTI COMPARATI DI UN PETERBILT MODEL 220* DIESEL E UNO ELETTRICO $ 1,09/miglio

$ 1,45/miglio

ELETTRICO

DIESEL

$2

$1

0

Costi del carburante

Costi dell’attrezzatura

Costi di manutenzione

Salari e benefici del conducente

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Altro

è un brand Paccar, così come DAF. Il Model 220 è il gemello americano del DAF LF

DIESEL VS ELETTRICO: COSTO CHILOMETRICO A CONFRONTO

L’ASSICURAZIONE E IL VALORE RESIDUO

RCA auto. Ovviamente quello per la polizza incendio e furto, essendo rapportata al valore del veicolo, diventa conseguentemente maggiore. Il valore residuo, invece, è una voce più complessa. Nel senso che al momento attuale ancora non esiste un mercato che consenta di fare paragoni. Però esiste la logica: nel momento in cui si fissa sul calendario una data di fine vita per la produzione dei veicoli diesel e quindi la loro circolazione tenderà sempre di più a essere scoraggiata, tutto lascia presupporre che il loro valore in termini di usato andrà scemando. D’altro canto, esiste per gli elettrici il ricordato effetto obsolescenza. A frenarlo potrebbe essere l’elemento garanzia. Se si considera per esempio il nuovo E-Ducato di Fiat Professional ci sono 8 anni o 160.000 km di garanzia per la batteria da 47 kWh e ben 10 anni o 220.000 km per la batteria da 79 kWh, che peraltro sta diventando quella verso cui si orientano sempre più potenziali clienti. E questo significa che se anche il veicolo fosse venduto prima – mettiamo dopo 4 o 5 anni – si porterebbe dietro la garanzia che funzionerebbe sicuramente come un elemento conservativo del valore.

*Peterbilt

La manutenzione di un veicolo elettrico sulla carta costa tendenzialmente il 15-20% in meno. Per una ragione semplice: dispone di meno parti in movimento e quindi crea minore usura nel tempo. I modelli Tesla, tanto per rendere l’idea, hanno solo circa 20 parti mobili rispetto alle 2.000 in media di un veicolo con motore endotermico. Forse, l’unico costo che potrebbe essere soggetto a rialzo è quello relativo agli pneumatici. Perché comunque ai costruttori in questo caso viene richiesto un lavoro extra: quello di realizzare pneumatici che riescano: a garantire una ridotta resistenza al rotolamento; a contenere il più possibile il rumore, visto che il propulsore non ne produce; a realizzare una struttura capace di resistere a un’elevata forza motrice espressa da un motore dotato di coppia subito scaricata a terra. Niente di complicato, ma è chiaro che se le gomme di un mezzo elettrico non presentano in particolare la prima caratteristica l’autonomia scema e con essa la produttività; se difettano della terza si usureranno più velocemente e quindi faranno aumentare la spesa relativa.

(lo stesso di cui fa parte, in Europa, DAF) e testare il calcolatore dei costi operativi specifico per veicoli elettrici e compararli con quelli di un corrispondente modello diesel. Per ovvie ragioni abbiamo tralasciato i musoni per stabilire invece una comparazione rispetto al Model 220 (che nella versione elettrica integra la sigla EV) in quanto è il cugino americano del DAF LF, peraltro proposto in versione elettrica anche in Europa proprio nelle scorse settimane. Ebbene, a fine comparazione (che ognuno può andare a fare a proprio piacimento) il dato finale è stato questo: il Model 220 diesel ha un costo chilometrico di 1,45 dollari al miglio (pari a a 1,60934 km), in pratica circa 90 centesimi al km, mentre la versione elettrica si ferma a 1,09 al miglio, circa 0,68 centesimi al km. E se non ci credere potete provare direttamente voi: www.peterbilt.com/operating-cost-calculator#/.

Costi per 1000

tivamente i costi in bolletta. In ogni caso, la modalità di ricarica notturna in deposito resta l’opzione preferibile se i tempi di ricarica sono scaglionati, gestendo cioè i picchi e beneficiando del minor costo dell’elettricità in orari notturni. Tradotto in cifre la flotta di 20 camion elettrici che con la sola ricarica notturna spende 141.304 euro, se aggiunge ricariche giornaliere arresta la spesa a 112.731.

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CHI PAGA?

QUANTO VALUTA UNA FLOTTA DI VEICOLI GREEN CHI ACQUISTA TRASP O

«COMMITTENTE, COSA MI DAI IN CAMBIO DELLA SOSTENIBILITÀ?»

di Elisa Bianchi

L’’

nnovazione fa bene all’ambiente, ma rappresenta inevitabilmente un costo per le aziende di trasporto che,

a fronte degli importanti investimenti che

sono chiamate a sopportare per garantire flotte più green e sostenibili, devono intravedere all’orizzonte pure dei benefici, non solo in termini ambientali ma anche economici, per bilanciare i costi sostenuti e fare il passo decisivo verso le energie alternative. Benefici che già nel 2017 l’Osservatorio Contract Logistics “Gino Marchet” del Politecnico di Milano aveva rilevato soprattutto in termini di miglioramento continuo del contratto tra committenza e fornitori di servizi logistici (25% dei casi presi in analisi dall’Osservatorio) con un prolungamento della durata media dei contratti da 2,2 a 3,8 anni. Il mercato dell’agroalimentare parrebbe essere quello più attento a garantire elevati

teresse superiore a concedere qualcosa, se non sotto forma di aumenti tariffari, almeno dal punto di vista della fidelizzazione e della continuità contrattuale» raccontava a Uomini e Trasporti Claudio Golinelli, titolare della Golinelli Trasporti, azienda mantovana che già nel 2019 aveva investito nella prima motrice con cisterna alimentata a metano liquido per la distribuzione del latte sul lungo raggio. L’input all’innovazione, dunque, arriva sempre più spesso dalla committenza, attenta agli aspetti di sostenibilità anche nella scelta dei propri fornitori logistici, come spiega Gianluigi Mason, responsabile della logistica Italia per Barilla: «Gli aspetti di sostenibilità del nostro business sono un aspetto essenziale della mission aziendale, che ovviamente abbraccia anche le operazioni logistiche. A livello di trasporti noi tendiamo a preferire

vettori che siano proprietari di flotta e possano garantire elevate percentuali di mezzi Euro6d o LNG. Siamo inoltre attivi nell’aumentare la quota di trasporti multimodali sia in Italia che all’estero; i progetti che abbiamo avviato nel 2020 e nel 2021 porteranno ad aumentare la quota di trasporti intermodali di oltre 10.000 spedizioni all’anno». A ben guardare, quindi, fare della sostenibilità un valore garantisce molto di più di un beneficio in termini di miglioramento e prolungamento del rapporto contrattuale tra committenza e fornitori di servizi logistici, ma rappresenta un vero e proprio prerequisito senza il quale non si può più pensare di essere competitivi sul mercato, soprattutto in alcuni segmenti come – appunto – l’agroalimentare. «Sempre di più negli ultimi anni i nostri clienti richiedono uno standard di prerequisiti ambientali molto alto» conferma ai

standard di sostenibilità: «Qui esiste una sensibilità maggiore e quindi anche un in-

Nell mercat mercato dell’agroalimentare esiste es iste un una sensibilità maggiore e un interesse superiore a concedere qualcosa, se non sotto forma di aumenti tariffari, almeno dal punto di vista della fidelizzazione e della continuità contrattuale.

Claudio Golin Golinelli, elli, titolare Golinelli Traspo Trasporti 80 maggio 2021

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P ORTI Sem empre di più negli ultimi anni nni i n nostri clienti richiedono uno standard di prerequisiti ambientali molto alto. E per poter accedere alle gare o ai tender è necessario avere questi requisiti.

Sheela Bellina, responsabile divisione visione commerciale di Italtran taltran ns

I nos stri clienti sono molto atttenti al attenti all’impatto ambientale dei mezzi di trasporto delle loro merci e ormai da qualche anno la richiesta è sempre più spesso orientata verso veicoli che siano il più possibile ecosostenibili.

Pietro o Sciu Sciuto, uto, amm. delegato ato di LCT L microfoni di K44 Risponde Sheela Bellina, responsabile della divisione commerciale di Italtrans, azienda bergamasca attiva nel trasporto refrigerato e della grande distribuzione organizzata. «Per poter accedere alle gare o ai tender – continua Bellina – è necessario avere questi requisiti, soprattutto nell’ambito del trasporto dove i nostri committenti sono attenti al contenimento delle emissioni di CO2 e alla riduzione dei chilometri a vuoto. Il nostro obiettivo è quello di offrire un

servizio su misura al cliente e soddisfarne le esigenze e devo dire che questo dalla committenza ci viene riconosciuto». Va in questa direzione anche il rapporto sempre più stretto tra un importante player della GDO come Lidl e la LC3 Trasporti, che proprio in aprile ha ampliato la sua flotta con 35 nuovi Iveco S-Way alimentati a Bio-LNG, ulteriori rispetto agli Stralis CNG consegnati nel 2020 e impiegati nelle piattaforme logistiche di Somaglia (LO) e Arcole (VR) per rifornire quindi i punti vendita lombardi e veneti. Una relazione consolidata proprio nel segno della sostenibilità, valutata come una priorità per entrambe le aziende, tanto che Luca Ros, direttore logistica Lidl Italia, considera il ricorso a una flotta a Bio-LNG proprio «un passo in avanti verso quell’obiettivo a lungo termine che è la decarbonizzazione dei trasporti». Come a dire che un’azienda di autotrasporto che non dispone di veicoli in grado di abbattere – come in questo caso – l’N02 del 90, il PM del 95% e la CO2 del 95%, non ha le carte in regola per poter diventare fornitore del colosso tedesco della GDO. La sostenibilità, cioè, funziona come una sorta di barriera all’ingresso che consente l’accesso in alcuni mercato soltanto a chi dispone di una credibile patente ambientale. Trend confermato anche dalla catanese Luigi Cozza Trasporti (LCT): «I nostri clienti sono molto attenti all’impatto ambientale dei mezzi di trasporto delle loro merci e ormai da qualche anno la richiesta è sempre più spesso orientata verso veicoli che siano il più possibile ecosostenibili. LCT è stata tra

Di tariffe maggiorate ovviamente non ne parla nessuno. Però, in almeno un caso su quattro il vettore che dimostra al proprio cliente un’impronta ecologica migliore ottiene in cambio un allungamento del rapporto contrattuale. Mentre in alcune filiere, come l’agroalimentare, un parco veicolare a emissioni ridotte diventa un prerequisito necessario per l’accesso le prime società di trasporti ad attrezzarsi di una flotta costituita anche da veicoli alimentati a LNG diventando la terza flotta in Italia per numero di questo tipo di mezzi che, tra l’altro, è in continua crescita. Attualmente abbiamo in progetto per i nostri clienti l’utilizzo di mezzi alimentati a Bio-LNG, un gas derivato dagli scarti agricoli, e l’acquisto di mezzi elettrici. Per favorire lo sviluppo della logistica intermodale sostenibile la committenza è disposta ad investire in maggior misura sul trasporto merci che utilizza veicoli che rispettano il più possibile l’ambiente e possiamo affermare con orgoglio di essere una tra le flotte italiane più efficienti e all’avanguardia in questo senso».

Gli as aspetti spetti d di sostenibilità del nostro nostro business sono un aspetto essenziale della mission aziendale, che abbraccia anche le operazioni logistiche. A livello di trasporti tendiamo a preferire vettori che siano proprietari di flotta e possano garantire elevate percentuali di mezzi Euro6d o LNG.

Gianluigi Mason, resp. esp. logistica Italia per Barill Barilla la maggio 2021

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CHI PAGA? DIETRO LA PROTESTA L’INCERTEZZA SU UN PROGRAMMA DI INCENTIVI

AUTOTRASPORTO VERSO L’AGITAZIONE P

er rimanere nel vocabolario trasportistico, è come se mancasse l’ultimo miglio. Come se un prodotto, uscito dalla fabbrica, venisse trasferito a una piattaforma logistica, di qui a un centro intermodale, poi a un deposito periferico, infine a un magazzino di zona. E qui si fermasse perché non c’è nessuno che copre l’ultimo tratto per raggiungere quello che in gergo – con una spolverata di fatalismo – si chiama «destino». Serve a poco, cioè, finanziare tutta la transizione green dell’intera rete a monte (ricerca tecnologica, produzione d’energia verde, rete di distribuzione) e poi far mancare all’autotrasporto gli incentivi – programmati e adeguati – per comprare i veicoli a emissioni zero, tratto finale e ineludibile per rendere il parco circolante dei

14:46 È l’ora in cui, il 1° ottobre, si sono esaurite le risorse previste per l’acquisto di veicoli Euro 6 con relativa rottamazione, aperte esattamente lo stesso giorno. Quelle per i veicoli elettrici, ibridi e a metano si sono spalmante per molto più tempo

camion pesanti – uno dei più obsoleti d’Europa: età media 13,5 anni secondo le stime Unrae – più giovane e meno inquinante. In due parole: senza sostegni appare assai difficile tagliare il traguardo della carbon neutrality nel 2050, soprattutto nell’autotrasporto.

LA LETTERA DI UNATRAS La scomparsa degli incentivi dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, preannunciata dallo stesso ministro per le Infrastrutture e la Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, del resto, è andata di traverso alle associazioni dell’autotrasporto che speravano di poter inserire il rinnovo del parco in un programma coerente e consistente che li accompagnasse nella transizione green. Ed è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Già indispettita dalla mancanza di un confronto reale (nei due incontri online con il ministro erano presenti interi comparti e gli interventi erano limitati a pochi minuti), Unatras ha delegato il suo presidente, Amedeo Genedani, a scrivere una lettera dalla forma garbata, ma dal tono palesemente irritato: le tematiche dell’autotrasporto «non possono essere affrontate in riunioni aperte a una pletora di soggetti e con uno spazio di intervento di tre minuti»: il settore «ha dimostrato di essere determinante e per questo ha necessità di avere la giusta attenzione»; alla lettera inviata al ministro il 22 marzo scorso «non è seguito nessun riscontro». E – qui casca l’asino – «nel frattempo è emerso che il PNRR non è lo strumento adatto per assicurare un’adeguata dotazione finanziaria costante e duratura per incentivare

La reazione delle associazioni all’assenza del settore nel Piano di rilancio è stata vibrata. Conftrasporto ha chiesto lo stato d’agitazione e non ha escluso il fermo. Unatras ha scritto al ministro Giovannini chiedendo un confronto serio per dare certezze al futuro del settore la transizione ecologica del settore». Visto che ci si trovava, Genedani ha ricordato anche altre questioni in sospeso: «È stata rigettata al mittente la richiesta, indirizzata anche a lei, con cui si chiedeva almeno una proroga dell’iniquo balzello che l’Autorità

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AL RINNOVO rinnovare gradualmente i veicoli a carburanti fossili, si continuerà nell’estenuante dialettica interministeriale, che ogni anno porta a uno stanziamento largamente insufficiente a sostenere gli ambiziosi programmi del Green Deal europeo.

230 Sono gli anni necessari per rinnovare l’intero parco veicolare sopra le 3,5 ton con veicoli elettrici, anche destinando tutti i 120 milioni all’acquisto di tali mezzi, che a conti fatti sarebbero stati sufficienti a rinnovarne 3 mila. Divisi per il circolante di 690 mila mezzi si arriva appunto a 230 anni. di Regolazione dei Trasporti ha esteso anche al nostro settore»; l’autotrasporto ha bisogno di «garanzie per il futuro», sia per quanto riguarda i Sussidi ambientalmente dannosi (SAD) e cioè gli sconti sulle accise («ricordiamo che tale rimborso è erogato agli operatori del trasporto in ragione del costo più alto del gasolio» in Italia rispetto all’Europa a 27), sia per quanto riguarda «la riproposizione per il prossimo triennio del fondo per l’autotrasporto». E qui ricasca l’asino. Perché, per quanto Giovannini abbia fatto capire che lo sconto sull’accisa potrebbe essere sostituito da un alleggerimento dei contributi sul costo del lavoro (ma bisogna capirne l’entità, perché la misura comunque favorirebbe la distribuzione – che ha molto personale – e danneggerebbe l’autotrasporto di linea – che consuma molto gasolio) e abbia assicurato che incentivi per il rinnovo del parco verranno da altre voci di bilancio, ciò significa che, anziché avere un percorso privilegiato – sotto l’egida dell’Unione europea – per

GLI INCENTIVI IN CORSO Per capire meglio, l’unico incentivo rimasto in vigore per quest’anno è la seconda tranche dei circa 120 milioni stanziati alla fine di un complesso itinerario contabile per il bilancio triennale 2019-2021. Ai 25 milioni annui destinati agli investimenti all’interno del pacchetto di risorse assegnate annualmente all’autotrasporto, infatti, nel corso del triennio è stata aggiunta un’ulteriore dotazione proprio per accelerare il rinnovo del parco. I finanziamenti sono stati concessi – fino a esaurimento dei fondi disponibili – per acquisto o locazione finanziaria di veicoli oltre le 3,5 ton ad alimentazione CNG, LNG, elettrica o ibrida (punto a del decreto attuativo) e (punto b) di veicoli Euro6 con relativa rottamazione, oltre che (punti c e d) per rimorchi e casse mobili. Le domande per la tranche dello scorso anno si erano aperte il 1° ottobre del 2020 ed è significativo rilevare – dal prospetto di Rete autostrade mediterranee (RAM), la società in house dell’ex ministero dei Trasporti che istruisce le pratiche – che le richieste per il punto a (elettrico, ibrido, metano) si sono spalmate per tutto il periodo, mentre quelle per il punto b (Euro 6) hanno esaurito le risorse previste alle 14:46 dello stesso 1° ottobre, nonostante l’incentivo (oltre le 16 ton) per le alimentazioni alternative arrivasse a 20 mila euro e si fermasse invece a 8 mila per i diesel di ultima generazione. Segno che il contributo pubblico a fondo perduto è ritenuto insufficiente a compensare le problematiche che ancora accompagnano la penetrazione di veicoli alternativi al diesel soprattutto tra i mezzi pesanti. Per la tranche 2021 è probabile che lo scenario si replichi. Ma la notizia offre il destro per capire che il vero problema è l’entità dello stanziamento. Se anche tutti i 120 milioni fossero andati all’acquisto di veicoli elettrici (peraltro al momento quasi inesistenti sul mercato e, comunque, gravati da una differenza di prezzo rispetto i diesel assai superiore a 20 mila euro), ne sarebbero stati sostituiti soltanto 6 mila nel biennio: 3 mila l’anno. A questo ritmo (ottimistico) con un parco di 690 mila mezzi oltre le 3,5 ton (stime Unrae), ci vorrebbero, non 30, ma 230 anni, per rinnovarlo completamente e far sparire dalla circolazione i veicoli pesanti a carburanti fossili.

VERSO LO STATO DI AGITAZIONE In tale situazione, nell’incertezza sull’entità, sul consolidamento, sull’inserimento in un progetto comune e sulla stessa prosecuzione degli incentivi per il rinnovo del parco, a fronte di una pressione che nei prossimi anni rischia di mettere completamente fuori gioco i veicoli attuali, non stupisce che nell’autotrasporto si cominci a parlare di protesta. L’assemblea di FAI-Conftrasporto si è detta pronta «a proclamare lo stato di agitazione», per di più «senza escludere l’ipotesi del fermo», perché «il malcontento è forte». Il documento finale elenca, nell’ordine: «Non è previsto alcun tipo di finanziamento nel Piano nazionale di ripresa e resilienza; non c’è alcuna chiarezza sui trasferimenti per il settore, indispensabili alle imprese per stare sul mercato; non c’è stato un passo avanti sulla questione delle limitazioni ai Tir al Brennero, nonostante la violazione del principio di libera circolazione sancito dall’Unione Europea; non è stata risolta la drammatica inefficienza delle Motorizzazioni civili» e, invece, «si è alzato il livello di tassazione, con clamorose forzature e paradossi, come: l’introduzione del contributo aggiuntivo a favore dell’ART» e «la tassazione dei ristori riconosciuti agli autotrasportatori per i disagi conseguenti al crollo del ponte Morandi». E il presidente, Paolo Uggè, rincara la dose: «Senza un confronto, la protesta sarà inevitabile». E non sembra una vicenda solo italiana. In Francia, dove il governo ha annunciato una spolverata di incentivi in cambio della graduale eliminazione delle agevolazioni sulle accise, i sindacati sono già scesi sul piede di guerra. E lo schema del governo italiano sembra essere analogo a quello di Parigi. Viene da chiedersi che fine hanno fatto tutti quelli che soltanto un anno fa additavano gli autotrasportatori come «gli eroi della pandemia».

Serrve a poco Serve p finanziare la transizione tra sizio green dell’intera rete a monte e poi far mancare all’autotrasporto gli incentivi per comprare veicoli a emissioni zero, tratto ineludibile per rendere meno inquinante uno dei parchi circolanti più obsoleti eti d’Eu d’Eur uropa maggio 2021

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CHI PAGA? DUE ALIMENTAZIONI A CONFRONTO

DIESEL VS ELETTRICI, IL G I di Luca Regazzi

I van elettrici continuano ad avere costi elevati. Ma quanto elevati? Li abbiamo confrontati con quelli base dei modelli diesel ed è venuto fuori che effettivamente la differenza viaggia sempre oltre il 50%. Ragion per cui, almeno le aziende più piccole, continuano a preferire alimentazioni tradizionali. Forse incentivi mirati potrebbero stimolare il mercato dell’elettrico e aiutare la transizione ecologica della mobilità merci

N

el settore del trasporto merci il futuro è – anche – elettrico. Anzi, per i veicoli commerciali pure il presente lo è, con un’offerta di mercato sempre più ricca e diversificata. Ma la transizione non potrà essere indolore. Siamo andati a comparare vari modelli dei principali produttori di van ed è palese che la scelta full electric comporta un costo di partenza maggiore di un terzo o addirittura doppio rispetto al diesel. Si afferma che questa spesa in più possa essere ammortizzata in pochi anni con un intenso impiego del

mezzo e un alto chilometraggio, che abbasserebbero il TCO del veicolo. Ma si tratta di obiettivi non sempre semplici da raggiungere, soprattutto se trasportati – letteralmente – dalle parole ai fatti. Del resto, mentre gli incentivi per veicoli non elettrici si esauriscono in un attimo, quelli per gli elettrici sono utilizzati solo in minima parte e mentre gli ibridi venduti arrivano al 5%, gli elettrici rimangono allo 0,8%. Tra le aziende di trasporto prevale dunque la prudenza e per cambiare la situazione servirebbero stimoli che hanno un nome

preciso: incentivi. Solo con fondi governativi si potrà infatti promuovere un mercato – di elettrici e non solo – che oggi appare statico. A fine 2020 il parco italiano dei veicoli commerciali – stime Unrae – su un totale di 4.025.000 unità circolanti, presentava ancora una quota del 46% di ante Euro 4. E per rinnovarlo con tempistiche normali occorrerebbe più di un decennio. Ci vuole insomma la spinta giusta per smuovere la situazione. Invocare la sostenibilità non può essere sufficiente.

I modi per recuperare il maggior costo di acquisto

TUTTI I CASI IN CUI ELETTRICO VUOL DIRE RISPARMIO L’offerta di furgoni ormai è una realtà e lo sarà sempre di più nei prossimi mesi. La tecnologia è molto progredita, la capacità della batteria è maggiore, i motori sono più potenti, il software e gli altri sistemi telematici possono aiutare non poco a ottimizzare i loro percorsi. In termini di capacità di carico, inoltre, la posizione delle batterie, disposte sul telaio, non fa perdere nemmeno un centimetro di spazio. Ma soprattutto – e questo è il discorso che qui ci interessa – consentono non poche economie, che aiutano a compensare il maggior prezzo iniziale del veicolo. La manutenzione da questo punto di vista è la voce che più aiuta a risparmiare, sia per un numero inferiori di parti in movimento, sia perché la frenata rigenerativa (che ricicla l'energia che altrimenti va perduta quando si solleva l'acceleratore) fa contenere i costi delle pastiglie. Dire quale percentuale di risparmio si ottiene è difficile. Può essere utile al riguardo quanto calcolato da Fiat Professional nel momento del lancio del nuovo E-Ducato: il prezzo di partenza è di 42.700 euro più IVA in caso di rottamazione e con il programma Top Care by Mopar, comprensiva di manutenzione ordinaria e garanzia estesa fino a 5 anni o 120.000 Km. Ora, se si considera – stando ai calcoli del costruttore – che i costi di manutenzione sono più bassi di circa il 40% rispetto a un veicolo a gasolio, la parità con un equivalente modello diesel si raggiunge in circa 48 mesi, anche se si percorrono soltanto 20mila km l’anno. In caso di percorrenze superiori – come può essere normale – tutto di guadagnato per il trasportatore. Ma non è tutto. Perché risparmi consistenti si presentano sotto forma di mancata tassazione. L'accisa sui veicoli o

la tassa di circolazione è pari a zero per i furgoni elettrici. Anche se bisogna specificare che i veicoli elettrici godono dell'esenzione totale per i primi cinque anni di tassa di possesso. E se è vero che Lombardia e Piemonte hanno prolungato all’intera vita del veicolo tale esenzione, bisogna comunque riscontrare che anche nelle altre regioni dopo i primi cinque anni si passa comunque a una tassa agevolata, pari a un quarto di un corrispondente veicolo a motore endotermico. Poi esiste tutta una pletora di incentivi e disincentivi difficili da riferire in dettaglio perché possono variare molto in base ai contesti. Già il bollo, come detto, cambia da Regione a Regione. Poi ci sono incentivi spesso concessi a livello regionale, sui quali bisogna sempre informarsi (anche perché cambiano nel tempo e nello spazio). Poi c’è l’opportunità di entrare liberamente all’interno delle ZTL. E qui l’elenco delle città è veramente lungo e completo, contemplando una cinquantina di comuni da Aosta a Catania, da Udine a Brindisi. Peraltro, molti di questi stessi comuni (non tutti) concedono ai veicoli elettrici anche la possibilità di parcheggiare gratuitamente sulle strisce blu. Inoltre, può capitare, almeno per qualche stagione, di trovare colonnine che consentono la ricarica gratuita. Se si è un’impresa e conviene quindi crearsi un impianto di ricarica in azienda, in modo da poter accedere a un prezzo dell’energia più conveniente (soprattutto in ore notturne), bisogna tenere presente che questi impianti non sono in regalo, ma che esistono diverse forme di incentivo. Bisogna informarsi.

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G IOCO VALE LA CANDELA? Mercedes eSprinter La prossima generazione dell’eSprinter sarà prodotta nei tre impianti di Charleston (South Carolina, USA), Düsseldorf e Ludwigsfelde a partire dalla seconda metà del 2023. (Il test su strada del veicolo è stato pubblicato sul numero di aprile, n. 366).

MAN eTGE L’eTGE, lungo quasi 6 m e gemello del Volkswagen e-Crafter, è disponibile con passo standard e tetto alto, ha un carico utile da 950 a 1.700 kg e un’autonomia di 115 km.

Peugeot e-Expert L’e-Expert ha il cambio a rapporto unico e l’abitacolo preriscaldabile collegandolo alla colonnina di ricarica. L’autonomia è di 230 o 330 km (batteria da 50 o 75 kWh).

Fiat E-Ducato Primo van totalmente elettrico del brand, arriva dopo un lungo periodo di studio (in particolare in partnership con DHL) in cui sono state analizzate tutte le esigenze della clientela. Accanto al prodotto, costruito per cercare di avvicinare il costo totale di esercizio a quello delle versioni diesel, sono stati messi a disposizione tutti i più avanzati sistemi di connettività grazie alla Mopar Connect di serie, soluzioni di noleggio e di finanziamento dedicate ed è stato creato un sito e una app gratuita per consentire all’utente di configurare la composizione ideale della flotta elettrica individuando le versioni più congeniali alle missioni di trasporto. Da segnalare le due diverse configurazioni di batterie, da 47 (autonomia di 235 km in ciclo urbano e garanzia di 8 anni) e da 79 kWh (autonomia di 370 km e garanzia di 10 anni) e quattro tipi di modalità di ricarica. Inoltre, in condizione di bassa ricarica si attiva la Turtle Mode, limitando la performance del veicolo e garantendo un’estensione della carica dell’8-10%. Il Recovery Mode, invece, interviene se un modulo batteria non funziona, consentendo agli altri di continuare a funzionare. Per tutto il resto, salvaguardia l’identità e i punti di forza del gemello diesel. maggio 2021

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CHI PAGA? DUE ALIMENTAZIONI A CONFRONTO Ford E-Transit Il lancio effettivo sul mercato è previsto per l’inizio del prossimo anno, ma Ford ha già svelato molti dettagli del suo nuovo van elettrico. L’E-Transit promette di percorrere 350 km con una sola ricarica, grazie a una batteria da 67 kWh che alimenta motori fino a 198 kW (269 CV) di potenza. Il suo punto di forza sarà la varietà dell’offerta: sono previste infatti fino a 25 versioni diverse per carrozzeria, passo, altezza e massa totale, con un volume di carico massimo intorno ai 15.1 mc e pesi massimi compresi tra 1.616 kg e 1.967 kg. Oltre ad avere la stessa capacità di carico della versione diesel, il Ford E-Transit è dotato di una ricca serie di soluzioni tecnologiche e di connettività. Il modem FordPass Connect fornisce tutta la connettività necessaria a ottimizzare l’efficienza della flotta. Il Pro Power Onboard consente di alimentare strumenti e attrezzature esterne con potenza elettrica fino a 2,3 kW.

Citroen ë-Berlingo L’ë-Berlingo, in arrivo tra pochi mesi, è offerto nelle taglie M e XL, con batteria da 50 kWh per un’autonomia di 280 km. La capacità di carico è di 4,4 mc (portata 800 kg).

Kangoo E-Tech Electric Il van E-Tech Electric, successore del Kangoo Z.E., è atteso per fine 2021 e avrà un’autonomia di 265 km.

Volkswagen e-Crafter L’e-Crafter è proposto nella taglia XXL, lunga quasi 6 m, con vano di carico di 10,7 mc e portata utile di quasi 1 ton. Nel 2022 arriverà anche l’Id. Buzz, ispirato al Bulli. Va ricordato però che entro l’anno dovrebbe uscire anche il Transporter T7, che sarà assemblato per la prima volta su piattaforma MQB. Inoltre, contemplerà anche una versione ibrida plug-in basata su un benzina TSI da 1,4 che, con l’aiuto del motore elettrico e della batteria, dovrebbe erogare più di 200 CV, accoppiato al cambio automatico a doppia frizione DSG a sei rapporti, e consentire di percorrere a zero emissioni qualche decina di chilometri. Inoltre, sarà di nuovo disponibile in più varianti del passo, con trazione anteriore e integrale e avrà un’evoluzione estetica, con sbalzo anteriore più lungo rispetto all’attuale. In alcuni punti potrebbe fare sue alcune linee del Budd-e-Concept.

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VAN ELETTRICI E VAN DIESEL: COSTI A CONFRONTO Potenza (kw)

Prezzo (Iva esclusa)*

Sprinter 314 37/35

105

35.137 euro

Leasing

eSprinter 3 batterie

85

54.145 euro

Noleggio

Vito Furgone 116 Long

120

32.476 euro

Leasing

eVito Furgone Long

85

42.549 euro

Noleggio

Crafter Furgone 2.0 TDI MA 35 L3H3N

103

36.660 euro

Leasing e noleggio

E-Crafter 35 L3H3

100

69.500 euro

Leasing e noleggio

Ducato Furgone lastrato 35Q MH2 2.3 Multijet

104

31.700 euro

Noleggio

Ducato elettrico Furgone lastrato 35Q MH1

90

60.800 euro*

Noleggio

Transit Van V365 EcoBlue

105

24.250 euro

Leasing e noleggio

E-Transit

198

non disponibile

_

TGE Furgone

75

27.510 euro

Leasing

eTGE

100

53.990 euro

Noleggio

Expert

66

21.620 euro

Leasing e noleggio

e-Expert

100

32.600 euro

Leasing e noleggio

Partner

72

17.980 euro

Leasing e noleggio

Partner elettrico

100

33.000 euro

Leasing e noleggio

Master furgone grande

99

26.760 euro

Leasing e noleggio

Master E-Tech Electric

57

68.442 euro

Leasing e noleggio

Kangoo Express

70

18.350 euro

Leasing e noleggio

Kangoo E-Tech Electric

44

37.764 euro

Leasing e noleggio

Master Red Van FWD 3T5 E6 – L1H1

135

28.640 euro

Leasing e noleggio

Master Z.E. Van FWD 3T5 - L1H1

57

69.000 euro

Leasing e noleggio

Proace

66

23.580 euro

Leasing

Proace elettrico

100

34.450 euro

Leasing

Jumpy Blue Hdi 100

70

22.200 euro

Leasing

E-Jumpy

100

32.155 euro

Leasing

Berlingo Van

75

14.289 euro

Leasing

67

27.630 euro

Leasing

NV250 1.5

95

18.250 euro

Leasing

e-NV200

109

31.955 euro

Leasing

Vivaro Essentia 1.5 Diesel

75

22.420 euro

Leasing e noleggio

Vivaro-e Essentia

100

33.305 euro

Leasing e noleggio

Modelli

Produttori

(uscirà nel 2022)

e-Berlingo Van

(uscita 2° semestre 2021)

Formula di vendita**

* i prezzi riportati per i diesel si riferiscono alla versione più economica, senza considerare eventuali promozioni **oltre alla vendita chiavi in mano o mediante finanziamento classico

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CHI PAGA? DUE ALIMENTAZIONI A CONFRONTO

Renault Trucks Master Z.E. Dal 2023 l’offerta Renault Trucks sarà 100% elettrica per distribuzione, costruzione e lungo raggio. Oltre al Master Z.E., D Z.E. e D Wide Z.E. verrà commercializzato un trattore Z.E. (Un approfondimento con impressioni di guida lo troverete sul numero di giugno, n. 368).

Nissan e NV200 L’e-Nv200 presenta tetto rialzato e pianale allungato. Ha una una capacità di carico di 8 mc. La batteria ad alta capacità da 40 kWh garantisce 300 km di percorrenza.

Toyota Proace Elettrico Il Toyota Proace Elettrico è disponibile in due versioni differenti per lunghezza e capacità di carico (fino a 1 ton). L’autonomia è di 230 o 330 km (batteria da 50 o 75 kWh).

Opel Vivaro-e Il Vivaro-e è l’unico veicolo elettrificato nel segmento di un produttore automotive equipaggiabile con un gancio traino. La capacità di rimorchio massima è di 1.000 kg.

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CARTA D’IDENTITÀ

Hai ereditato da qualcuno la passione per il camion?

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La passione per il camion l’ho ereditata da mio padre. Ha fatto sempre il camionista in vita sua ed è andato da poco in pensione. Lui avrebbe preferito non facessi questa vita ma io ero troppo innamorato dei camion e così, volente o nolente è diventato anche il mio mestiere.

6

7

Hai fatto diverse esperienze nel mondo dei trasporti? Ho trasportato un po’ di tutto dal bestiame vivo alle farine per uso alimentare umano. Dalla centina al frigo. Attualmente lavoro per la ACS Compagnone, un’azienda di Arce, in provincia di Frosinone, specializzata nel trasporto frigo nazionale ed estero.

Cavallo Pazzo

Età

48 anni

Stato civile

Sposato

Punto di partenza

Benevento

Anzianità di servizio

30 anni

Settori di attività

Trasporto frigo

Sicuramente quando mi fermo la notte a Bologna dal mio amico fornaio Luca Acri. Appena posso vado a trovarlo. Sforna sempre cose deliziose da mangiare e ci facciamo un sacco di risate. Con il tempo è nata anche una bella amicizia.

Adoro i musoni americani. Mi piacerebbe tantissimo un giorno o l’altro trovarmi alla guida di un Perterbilt o di un Kenworth. Ma tra i camion europei il mio cuore batte solo per gli Scania. Da 11 anni a questa parte ho guidato solo Grifoni. Prima tutti V8, solo da un paio di anni mi è stato assegnato un nuovo S 500 a sei cilindri. Macchina estremamente comoda. Motore brillante. Grandi prestazioni, ma il rombo del V8 mi manca tanto.

Quando mi sono ribaltato all’altezza di Senigallia con una motrice Renault R365 carica di galline vive. Ero ancora giovane, incosciente e inesperto. Sono partito senza aver dormito troppo. Così mi ha preso un colpo di sonno e mi sono ritrovato con il camion per cappello! Me la sono cavata con la frattura della scapola e qualche punto di sutura qua e la. Ma la cosa incredibile è stata la reazione della gente accorsa sul posto: invece di vedere come stava l’autista, si è scatenata una vera e propria caccia alla gallina! Passi molte notti fuori, è un problema per te?

8

Il camion della vita?

4

Laurella

Soprannome

Il giorno più brutto della tua vita da camionista?

A 18 anni ho preso la patente B. Era il 1991 e iniziai a lavorare come trasportatore guidando un Fiat Ducato. Portavo le mozzarelle Boiano da Campobasso a Como. Poi nel ‘92 ho preso la patente C e iniziai a lavorare da camionista con una motrice. Nel ’94, dopo aver preso la E ho iniziato a lavorare con il bilico.

3

Andrea

Cognome

La sosta più gradevole?

Quando hai iniziato a guidare il camion?

2

Nome

Per me non è mai stato un problema, anzi. È capitato che passassi fuori anche due o tre settimane di fila. Durante il primo lockdown per esempio, per mia scelta, sono stato fuori casa per ben 75 giorni. Fa parte della mia indole da zingaro. Perchè “Cavallo Pazzo”?

9

Perché quando ero giovane non mi fermavo mai. Stavo sempre sul camion e correvo come un matto senza guardare in faccia nessuno. Ero come drogato dal camion. Così i colleghi mi hanno assegnato questo soprannome che mi è rimasto. La famiglia cosa dice e cosa pensa del tuo lavoro?

Musica in cabina, cosa ti piace ascoltare?

5

Dipende molto dall’umore ma in genere ascolto dal pop al rock, dall’house all’hard rock. Ma niente di romantico e sdolcinato! Mi fanno dormire le canzoni smielate!

Un Unservizio serviziocompleto completo Un servizio completo per perlalatua tuaazienda! azienda! per la tua azienda!

10

Ricostruzione Ricostruzione Ricostruzione

Beh, ovviamente quando suono fuori gli manco: sia a mia moglie Carmela che ai miei tre figli, Giovanni di 17 anni, Francesco di 15 e Nicola di 13. Però lo sanno che lo faccio per loro. Per farli vivere bene. Ormai sono abituati.

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UN MESE IN PILLOLE

APRILE 2021

POLTRONE E POLTRONCINE Mauro Bonaretti è stato nominato Capo del Dipartimento per i trasporti e la navigazione del ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili. Daniela Marchesi è stata nominata Capo del Dipartimento per la programmazione, le infrastrutture di trasporto a rete e i sistemi informativi. Le nomine sono state formalizzate il 31 marzo dal Consiglio dei ministri su proposta del ministro Enrico Giovannini.

È SUCCESSO QUESTO... 29 marzo. Il governo tedesco elimina l’obbligo di certificazione di negatività alla Covid-19 per gli autisti di veicoli industriali che entrano nel Paese dal Tirolo austriaco.

1 aprile. Il governo decide di rinviare al 30 giugno, su richiesta di Unasca, Anfia, Aniasa, Assilea, Federauto e Unrae, l’entrata in vigore del Documento unico di circolazione.

IN Elena Botto, senatrice genovese del M5S, ha presentato un emendamento al decreto Sostegni per detassare le provvidenze agli autotrasportatori danneggiati dal crollo del Ponte Morandi, per le deviazioni e la forzata percorrenza dei tratti autostradali alternativi.

PENSIERI DA TIR

L’Iveco non sarà più venduta ai cinesi. Andrà direttamente in Superlega

OUT Dario Nardella, sindaco della città metropolitana di Firenze, non ha risposto alle richieste di chiarimento sulle multe agli autotrasportatori (con un danno di 100 mila euro) da parte di due autovelox lungo la FI-PI-LI, proprio durante il periodo del primo lockdown nazionale.

8 aprile. L’ART, nel tentativo di aprire un dialogo con l’autotrasporto, riduce a un terzo la prima tranche del contributo da versare entro aprile.

SEMBRA OGGI: MAGGIO 2001 La Fita esce dall’Unione trasportatori Con una lettera del suo presidente Franco Coppelli, la Fita ha annun-

15 aprile. Il prezzo medio alla ciato la sua separazione dall’Unione trasportatori italiani, l’ampio

.

...MA ANCHE QUESTO

schieramento nato nel 1999 dalla fusione tra Una e Unatras (ma Confartigianato non aveva aderito). All’origine della separazione, la mancata adesione delle altre associazioni al fermo di due giorni proclamato da Fita a giugno del 2000.

GIRA SUL WEB

Con il Covid in aumento i furti di tir In Italia spariscono duecento camion al mese. Lo afferma un rapporto di Viasat: nel 2020 i casi sono stati 2.453, quasi la metà dei quali in Puglia (541), seguita da Lombardia (331), Campania (282) e Lazio (272). Il fenomeno è aumentato con la pandemia. Solo poco meno del 50% degli automezzi viene ritrovato: nel 2019 la percentuale è stata del 47%.

visto su http://facciabuco.com

pompa del gasolio comunicato dal Mims per i costi d’esercizio dell’autotrasporto mostra il valore più alto dell’ultimo anno, arrivando a 1.435,78 euro per mille litri

COME NASCE UN CAMIONISTA

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