Uomini e Trasporti n. 398 Agosto/ Settembre

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UN MANIFESTO FUTURISTA

LA RICARICA DI UN CAMION ELETTRICO

RICHIEDE TROPPO TEMPO

Scania garantisce un’elevata velocità di ricarica: fino a 280 km di autonomia aggiuntiva in una sola ora. Inoltre con la ricarica di nuova generazione (MCS) ad 1 Megawatt gli attuali tempi di ricarica saranno più che dimezzati.

Dimentica i miti e ascolta gli esperti. il futuro è anche elettrico.

NON CI SONO SUFFICIENTI STAZIONI DI RICARICA

L’infrastruttura di ricarica pubblica non è l’unica soluzione. Secondo Scania, fino all’80% del fabbisogno energetico dei veicoli elettrici può essere coperto dalla ricarica in deposito o a destinazione. Tuttavia, lo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica pubblica avanza. Ne è un esempio il progetto Milence che prevede 1.700 punti di ricarica adatti a veicoli pesanti in tutta Europa entro il 2027.

Mensile di informazione politica e tecnica. Pubblicazione dell’Associazione professionale di categoria Organo del Gruppo Federtrasporti - gruppofedertrasporti.it

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Anno XLIII - agosto/settembre 2024

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EDITORIALE

LA LOGISTICA SPIEGATA DAI PM

di Daniele Di Ubaldo

Quando tra qualche decennio gli studiosi delle dinamiche del mondo del lavoro si troveranno ad analizzare i dati occupazionali degli anni Venti del ventunesimo secolo faranno un balzo sulla sedia. Ad alimentare il loro stupore saranno in particolare quei 14 mila lavoratori che, senza apparenti ragioni congiunturali, nell’arco di una breve stagione entrarono nel trasporto e nella logistica tramite regolare contratto di assunzione.

A rendere difficile in prospettiva la lettura del fenomeno sarà l’origine di questo salto occupazionale, da rintracciare non tanto nelle dinamiche del mercato del lavoro, ma in una serie di inchieste con cui la procura di Milano ipotizzò che tanti importanti operatori del settore – da DHL a BRT, da GLS a Schenker Italiana, da UPS a GXO – utilizzavano regolarmente manodopera mal pagata, reperita da consorzi e cooperative capaci di contenere il costo del lavoro tramite l’evasione dell’Iva e dei contributi previdenziali. Ancora più difficile sarà rintracciare la responsabilità, perché per i pm milanesi questa si muove lungo la filiera e quindi non va riferita soltanto in chi viola le norme e sfrutta la forza lavoro, ma si espande anche a chi di fatto la utilizza. Un’applicazione pratica di quel principio introdotto nell’autotrasporto con il decreto legislativo 286/2005, mai sufficientemente applicato nei fatti. Qui, invece, i beneficiari finali del malaffare non soltanto hanno subito il sequestro preventivo di beni per compensare le contribuzioni evase, ma sono stati indotti ad assumere quelle 14 mila persone spuntate all’improvviso nelle statistiche. Tutta questa vicenda, a maggior ragione se osservata a posteriori, suscita diverse riflessioni. La prima è generata dalla reiterazione del modello: lo schema taglia-costi a cui tutte le società ricorrono è sempre il medesimo. La qualcosa potrebbe indurre, soprattutto chi osserverà il fenomeno con distanza temporale, a pensare che la logistica nei primi decenni del Duemila sia stato un settore incapace di creare marginalità e che quindi fosse costretto, pur di sopravvivere, a sotterfugi di varia illegalità. L’indizio principe per provare tale deficit va ricercato nelle dimensioni delle imprese, perché se a essere costrette ai sotterfugi ricordati erano realtà di grosso calibro, già avvantaggiate nei fatti dall’opportunità di stabilire relazioni privilegiate con la committenza e dal poter acquistare strumenti di lavoro a condizioni ottimali, non si capisce come potessero sopravvivere società prive di tali benefici e costrette – tanto per fare un esempio – a pagare un camion il 20-30 per cento in più. La seconda riflessione esaspera la prospettiva storica. Perché se lo studioso del 2050 andasse ancora più a ritroso rispetto ai nostri anni Venti, scoprirebbe che la logistica inizia un processo di terziarizzazione negli anni Ottanta del Novecento, quando pezzi importanti di industria e commercio tentano di rendere meno gravosa la movimentazione dei materiali affidandone la cura a società esterne specializzate, dotate di adeguate competenze professionali. La speranza era cioè che l’efficienza e l’alleggerimento degli oneri finanziari fosse conseguenza della fluidificazione dei flussi; scoprire che in realtà si conquistava per lo più con il ricorso sfrontato al lavoro di tanti disperati costringe a riconsiderare il processo e le modalità con cui viene attuato.

La terza riflessione riguarda Amazon Italia Transport, coinvolta nel filone soltanto nello scorso luglio, in quanto rappresenta l’evoluzione moderna del medesimo schema. Per i giudici milanesi, infatti, nel caso della società di e-commerce non serve risalire la filiera per spalmare responsabilità sorte altrove, in quanto a dimostrare l’esistenza di un suo potere direttivo nei riguardi di lavoratori dipendenti da altre realtà, sarebbe sufficiente il ricorso a un algoritmo in grado di monitorarli e di indirizzarli. E quindi ad assumere di fatto le vesti del datore di lavoro. In più, l’inchiesta milanese aiuta una volta per tutte a rettificare quella convinzione diffusa che il trasporto di quanto acquistato on line sia sempre gratis. Dietro quelle consegne c’è comunque un costo: fino a ieri si poteva pensare che a volte per conquistare mercato se ne facesse carico la società venditrice, oggi appuriamo che lo si può distribuire in piccole parti sulle spalle di migliaia di invisibili lavoratori, a cui ora rende giustizia non un’organizzazione sindacale, ma un pubblico ministero. Una sostituzione di ruoli difficile da comprendere, non soltanto per gli studiosi di domani.

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EDITORIALE La logistica spiegata dai PM

10

RESHORING Anche le imprese di autotrasporto stanno rientrando in Italia. Si torna all’ovile, in punta di piedi

14 RESHORING Le agevolazioni per chi trasferisce attività da Paesi extra-Ue. Incentivi per il rinnovo

15 RESHORING L’ottimizzazione delle filiere incide sull’immobiliare. In aumento la domanda di magazzini

16 PORTI Le proteste dei camionisti per le lunghe attese ai terminal degli scali marittimi. Container bollenti

20 QUI GENOVA La congestion fee ha avviato un confronto sul tema delle attese. Mediazione d’autorità

23 QUI NAPOLI Dopo l’aumento applicato dai trasportatori. Due tavoli per un problema

24 ATTESE Attivi da luglio i PCS, ma solo per i servizi base. La digitalizzazione? Tutto rimandato all’autunno

24 32

DOPOLAVORO PRODOTTO PROFESSIONESOMMARIO

26 TRASPORTI Mentre la crisi di Suez rallenta il traffico di container. Attenti al ro-ro

28 FRENI INTERMODALI Nel mirino dell’Europa gli aiuti di Stato alle divisioni cargo degli ex-monopolisti. Previsto un freddo inverno per l’intermodalità ferroviaria

30 FRENI INTERMODALI A colloquio con Sabrina De Filippis, AD di Mercitalia Logistics

32 FRENI INTERMODALI Parla Simon Valvassori, AD Giezendanner Italy

38 LA TESI DI LAURA Storie di strada che valgono un Master. Una proposta rivoluzionaria: diventiamo camionisti gentili

40 LOGISTICA Intervista all’AD Europa meridionale Massimo Marsili. XPO Logistics, oltre al Tour c’è di più

42 A PROVA DI LAURA Mercedes-Benz eActros 600. Un manifesto futurista 2.0

46 A PROVA DI LAURA La nuova gamma di Volvo Trucks. Se il camion veste Aero

50 ESPERIENZE DI GUIDA In Norvegia al volante di uno Scania Electric. Una ricca eredità

54 FORD TRUCKS Il piccolo pesante dell’Ovale Blu si fa in tre. Nuovo F-Line, uno e trino

56 MAN TRUCK & BUS Cosa si vedrà allo IAA 2024. Il giusto equilibrio per la transizione

58 DAF Novità nel programma «Plug & Play». Allestimenti ancora più facili

59 COMPONENTI In visita alla fabbrica Reman. Come rinasce un motore

60 ALLESTIMENTI Cosa esporrà Kraker all’IAA. Un gestionale innovativo

62 RECENSIONI È uscito il volume sulla vita di Paolo Uggè. Una valigia per l’autotrasporto

LE RISPOSTE DEGLI ESPERTI

6 Ministeri & co

8 Intorno all’azienda

9 Sicuri e certificati

NON DI SOLO TRASPORTO

37 Il salvagente

Online. La rivista è presente anche sul web attraverso il sito www.uominietrasporti.it. Ogni giorno vengono pubblicate notizie e approfondimenti, accompagnate da podcast e video, fornendo ai lettori un'informazione puntuale e immediata su quanto accade nel settore. Seguici anche sui Social 42

66 L’importante è la salute

64 Me l’ha detto un camionista: Trattoria Pizzeria Al Vecchio Casello

65 Voci on the road. 10 domande a…Vincenzo Viola

ALL'INTERNO

33 L'Agenda del mese. Novità normative

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di Clara Ricozzi ex direttore di dipartimento c/o ministero Trasporti

AREE DI SOSTA: LE LACUNE DA COLMARE NEL PIANO DI RISTRUTTURAZIONE

Ho letto che il nuovo decreto del Ministero dei Trasporti sulla riqualificazione della rete delle aree di servizio prevede un miglioramento della qualità generale delle stesse, ma non contiene indicazioni per la sosta degli autotrasportatori. Semplice svista o precisa scelta del legislatore?

Francesco F_Piacenza

Poco più di un anno fa, nell’affrontare il tema delle aree di sosta sicure e protette dedicate ai mezzi pesanti, abbiamo citato il regolamento delegato della Commissione UE n. 1012 del 7 aprile 2022, il quale ha disposto che le aree siano realizzate almeno ogni 100 km, ne ha fissato i quattro livelli di sicurezza (in ordine crescente, bronzo, argento, oro e platino), relativi al perimetro, ai punti di ingresso/uscita, e ha stabilito che un’area di parcheggio sicura e protetta deve anche garantire che i conducenti abbiano accesso a tutti i servizi necessari, come docce, servizi igienici, strutture per l’acquisto di cibo e bevande e connessione a Internet. Va, quindi, salutata con favore la recente iniziativa del Comitato centrale per l’Albo degli autotrasportatori, che ha messo in cantiere un bando per l’ammissione al cofinanziamento, per un importo totale pari a circa 12 milioni di euro, di progetti di nuova realizzazione o di upgrade, almeno a livello «bronzo», di aree di sosta e parcheggio sicure e protette per veicoli che effettuano trasporto di merci o viaggiatori ai sensi del Regolamento (UE) 2006/561 e del Regolamento delegato (UE) 2022/1012.

Sul fronte internazionale, ricordiamo che Esporg, l’organizzazione europea delle aree di sosta sicure, a dimostrazione della volontà di mettere in atto le prescrizioni adottate in materia a livello comunitario, ha premiato come migliori parcheggi per camion nel 2024 una struttura francese e una spagnola.

La stessa Esporg, insieme con la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) e l’Unione internazionale dei trasporti stradali (IRU), ha recentemente richiamato l’attenzione della Commissione europea sull’esigenza di continuare il finanziamento di aree di parcheggio sicure e protette per il periodo 2025-2027, sottolineando, tra l’altro, che la creazione di tali aree costituisce anche una rispo-

Se si vuole evitare che il Piano oggi vigente rappresenti un’occasione perduta, non si può non auspicare che, nell’ambito dell’interlocuzione con le autorità del MIT, le organizzazioni associative delle imprese di autotrasporto rilevino le criticità e presentino proposte adeguate di integrazione del Piano stesso

sta strategica per affrontare la carenza di autisti nell’Unione europea, rendendo la professione più attraente e praticabile per i conducenti attuali e per quelli potenziali.

Appare, perciò, quanto meno singolare che, mentre perdura la carenza di strutture dedicate alla sosta e al ristoro degli autotrasportatori sulla rete autostradale italiana, il nuovo Piano di ristrutturazione della rete delle aree di servizio (in tutto 463), da affidare mediante procedure concorsuali, che è stato approvato con decreto interministeriale MIT/MASE del 5 luglio scorso, ed è incentrato sul miglioramento della qualità del servizio, l’offerta di prezzi ragionevoli, la creazione di aree attrezzate e l’attuazione di misure ecologicamente sostenibili, non includa, nella normativa di riferimento, il citato Regolamento delegato, e non faccia cenno, né negli obiettivi di riqualificazione del settore, né nella disciplina dei rapporti di subconcessione relativi ai servizi offerti (affidata all’Autorità di Regolazione dei Trasporti), al comparto del trasporto effettuato con mezzi pesanti, che pure incide in misura assolutamente rilevante sull’intero traffico autostradale. Basterebbe ricordare, al riguardo, che le soste dei veicoli pesanti sono strettamente connesse alle regole sui tempi di guida e di riposo fissate dal Regolamento (UE) 2006/561, e che la maggior parte delle

infrazioni riscontrate in sede di controlli riguarda proprio il mancato rispetto dei tempi di guida con evidenti rischi per la sicurezza stradale.

Come sappiamo, il Piano di ristrutturazione della rete delle aree di servizio va aggiornato con cadenza quinquennale, ma lo stesso può essere sottoposto a revisione straordinaria, su richiesta motivata delle parti interessate: pertanto, se si vuole evitare che il Piano oggi vigente rappresenti un’occasione perduta per dare esecuzione al Regolamento (UE) 2022/1012, non si può non auspicare che, nell’ambito della interlocuzione con le autorità del MIT, le organizzazioni associative delle imprese di autotrasporto rilevino questa criticità e presentino proposte adeguate di integrazione del Piano stesso, che tengano conto sia del numero e della dislocazione di aree di sosta per i mezzi pesanti necessarie sul territorio, sia dell’esigenza di rendere le aree esistenti più rispondenti ai livelli di sicurezza fissati da detto Regolamento, con un focus specifico sui veicoli adibiti al trasporto delle merci particolarmente sensibili per il traffico stradale, come quelle trasportate in regime ADR.

NOVITÀ PER LA DICHIARAZIONE DEI REDDITI 2024

Arriva quel momento dell’anno in cui bisogna far di conto dei propri redditi percepiti. Quali sono le agevolazioni fiscali previste?

Ètempo di dichiarazione dei redditi ed è importante conoscere alcune novità che possono permettere una significativa riduzione del carico fiscale. In un precedente articolo vi avevo parlato del concordato preventivo biennale (numero 394 di Uomini e Trasporti, febbraio 2024), ovvero un accordo con il Fisco con cui le imprese definiscono preventivamente il reddito su cui pagare le tasse per il biennio 2024-2025. Possono accedere a questo strumento di compliance volto a favorire l’adempimento spontaneo degli obblighi dichiarativi, società, ditte individuali e professionisti che applicano gli ISA (Indicatori di Affidabilità Fiscale). In quale frangente avevo sottolineato l’importanza per l’azienda di adottare strumenti di pianificazione e controllo per prevedere l’andamento della gestione e poter aderire o meno in maniera consapevole al concordato.

Ora, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato, sul proprio sito, il software di calcolo sia per le ditte in regime fiscale ordinario, sia per quelle che applicano il regime forfettario. Accedendo al sito dell’Agenzia Entrate (www.agenziaentrate.it), nella sezione Imprese/Agevolazioni/Regimi opzionali è possibile accedere alle pagine del Concordato Preventivo Biennale (CPB), sia per i contribuenti ISA, sia per i contribuenti forfettari.

Attraverso l’utilizzo del software «Il tuo ISA 2024 CPB» ciascuna impresa può calcolare in autonomia la propria proposta per la definizione biennale del reddito. Per la compilazione, il software richiede i dati rilevanti per l’applicazione degli ISA e altri dati più specifici per il CPB. Il software, nel calcolare il reddito imponibile proposto,

Un’importante novità che può permettere un notevole risparmio fiscale è la flat tax incrementale, prevista, per il momento, solo per l’anno 2023. Questa agevolazione riguarda, però, solo ditte individuali e professionisti che hanno incrementato nel 2023 il proprio reddito rispetto al precedente triennio 2020-2022

terrà conto anche di possibili eventi straordinari occorsi durante il primo anno di applicazione, dichiarati dal contribuente in un apposito campo. A questo proposito è bene sapere che il concordato cessa di avere efficacia se si verificano situazioni in grado di modificare in modo significativo i presupposti sulla base dei quali era stato stipulato l’accordo tra Fisco e contribuente. Si tratta, in particolare, delle seguenti ipotesi:

• cessazione dell’attività

• modifica dell’attività svolta nel corso del biennio;

• presenza di circostanze eccezionali, individuate con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Per aderire al concordato preventivo biennale c’è tempo fino al 31 ottobre, data ultima di trasmissione telematica delle dichiarazioni dei redditi. Invece, il primo versamento per il concordato preventivo sarà entro il 30 novembre, ossia entro la scadenza per il secondo acconto.

Un’altra importante novità che può permettere un notevole risparmio fiscale è la flat tax incrementale, prevista, per il momento, solo per l’anno 2023. Questa agevolazione riguarda, però, solo ditte individuali e profes-

sionisti che hanno incrementato nel 2023 il proprio reddito rispetto al precedente triennio 2020-2022. In cosa consiste questa agevolazione?

Sulla differenza tra il reddito del 2023 e il maggiore tra i redditi del triennio 2020-2022 (incrementato del 5%), viene applicata l’aliquota del 15%. Pertanto, una quota di reddito, anziché essere tassata in modo incrementale per scaglioni, è tassata separatamente. Il reddito massimo agevolato non può essere, comunque, non superiore a 40.000 euro. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che non è necessario che l’attività sia stata esercitata per tutti e tre gli anni 2020-2022. Possono accedere all’agevolazione imprenditori e professionisti che hanno esercitato l’attività per almeno un intero anno nel triennio di riferimento.

di Marco Mancini

LICENZE COMUNITARIE E COPIE CONFORMI: FACCIAMO CHIAREZZA

Durante lo svolgimento di un trasporto su una tratta stradale percorsa esclusivamente in Italia, è obbligatorio tenere comunque sempre a bordo la copia conforme della licenza comunitaria? Bisogna, cioè, rispondere agli stessi obblighi di un trasporto internazionale? Cosa dice la legge in merito?

Iltrasporto internazionale di merci è regolato da diverse disposizioni normative, convenzioni e accordi. Tra queste spiccano, almeno per gli aspetti generali, autorizzativi e contrattuali, il Reg. CE 1072/2009 (norme comuni per l’accesso al mercato internazionale del trasporto di merci su strada con la licenza comunitaria), le autorizzazioni Cemt, gli accordi Bilaterali e la convenzione CMR (contratto di trasporto internazionale di merci su strada) a cui si aggiungono tutti gli accordi che definiscono i cosiddetti termini di resa.

In ambito nazionale, alle suddette norme si unisce la Legge 298/1974 che, oltre a definire il regime conto proprio e conto terzi, le tariffe a forcella oramai abrogate e il trasporto abusivo, stabilisce anche le sanzioni da applicare per le infrazioni scaturenti nel trasporto internazionale. Per restare in ambito UE, il Reg. 1072 definisce il trasporto internazionale come gli spostamenti dei veicoli a carico o a vuoto i cui punti di partenza e arrivo sono situati in due Stati membri diversi con o senza transito in uno o più Stati membri o Paesi terzi. La definizione comprende altresì gli spostamenti da Stato membro a Paese terzo (o viceversa) e gli spostamenti tra Paesi terzi ma con transito in UE. L’autorizzazione principe per il trasporto internazionale secondo definizione è la Licenza Comunitaria rilasciata dall’Autorità Competente di ogni Stato (In Italia dal MIT) all’impresa di trasporto che ne faccia richiesta e in regola con i requisiti per l’accesso alla professione di trasportatore su strada in ambito nazionale ed internazionale. Questa licenza, rilasciata in un unico esemplare all’impresa, rappresenta il titolo per essere considerato «vettore internazionale in ambito UE» e prevede che, per la circolazione, ogni veicolo disponga a bordo della copia conforme emessa su richiesta da UMC in rapporto ai veicoli in disponibilità. Il «trasporto internazionale» in ambito na-

Le imprese di trasporto che svolgono solo la parte nazionale di un trasporto internazionale devono disporre della copia conforme della licenza comunitaria, in quanto la sola tratta nazionale è nell’ambito di un trasporto internazionale come del resto è indicato dal documento di trasporto (ddt o lettura di vettura)

zionale è caratterizzato dall’uso di diverse imprese di trasporto che spesso svolgono solo tratte ridotte ed esclusivamente su territorio italiano per ritiro, consegna in magazzino e per i successivi rilanci nella catena logistica. Questo tragitto è considerato spesso, in maniera errata, come un semplice trasporto nazionale ma invece rientra nell’ambito del trasporto internazionale e pertanto i vettori nazionali devono disporre della licenza comunitaria come chiarito dalla circolare del Ministero degli Interni del 22.11.2022 emessa a seguito di una sentenza della Cassazione. In sostanza è chiarito che le imprese di trasporto che svolgono solo la parte nazionale di un trasporto internazionale devono disporre della copia conforme della licenza comunitaria, in quanto la sola tratta nazionale è nell’ambito di un trasporto internazionale come del resto è indicato dal documento di trasporto (ddt o lettura di vettura). Le informazioni inserite nei documenti di trasporto ricoprono quindi primaria importanza in fase di accertamento sia del contesto (ambito nazionale/internazionale) che dei soggetti (committente, caricatore, trasportatore) per l’individuazione delle responsabilità e delle conseguenti sanzioni.

La sanzione è prevista, come detto in precedenza, non dal CdS bensì dall’art. 46 delle Legge 298/74 che prevede, in caso di

trasporto senza licenza comunitaria oppure senza copia conforme a bordo del veicolo (perché mai ottenute o scadute), la sanzione pecuniaria di 4.130 euro e con la sanzione accessoria del fermo del veicolo per tre mesi. Oltre all’impresa di trasporto è sanzionato anche il committente, per affidamento a trasportatore abusivo, con una sanzione pari a 3.098 euro. In questa seconda ipotesi ricade quindi il committente italiano che affida la merce a vettore straniero privo della Licenza Comunitaria. La norma prevede anche casi di reiterazione che, oltre a un sensibile aumento della sanzione pecuniaria, comporta il sequestro del veicolo ai fini della confisca. Per i veicoli immatricolati all’estero si applicano le disposizioni dell’art. 207 del CdS ovvero la contestazione direttamente al conducente e il pagamento immediato in misura ridotta oppure a titolo di cauzione. Solo in mancanza del suddetto pagamento è previsto il fermo del veicolo per massimo 60 giorni. Quindi risulta molto importante accertarsi, in caso di affidamento a vettori/ subvettori, del possesso e validità dei necessari titoli di guida senza tralasciare il contenuto dei documenti di trasporto.

Lasbornia è finita Le imprese di autotrasporto italiane che avevano dato vita nel primo ventennio del secolo alla cosiddetta «delocalizzazione selvaggia» sono spesso rientrate all’ovile e continuano a farlo. In silenzio, in punta di piedi, senza fanfara, perché è sempre bene che gli affari di famiglia siano lavati a casa. E anche i pochi di cui si è saputo ne parlano malvolentieri. «Non è un processo di grandi dimensioni», fa notare Patrizio Ricci, presidente di CNA-Fita, «ma è vero che un po’ alla volta chi aveva delocalizzato è rientrato»

Tranne i più strutturati. «Bisogna distinguere», fa osservare Giuseppina

Della Pepa, segretario generale della confindustriale Anita. «Quelli che hanno avviato processi di internazionalizzazione, aprendo all’estero sedi operative per entrare in nuovi mercati, hanno consolidato nel tempo la loro presenza in tali Paesi. Coloro che hanno delocalizzato solo per abbattere i costi, si sono spesso dovuti ricredere e molti di loro sono rientrati in Italia»

QUINDIC I ANNI FA

L’ESOD O

Quanti? Per azzardare qualche nu-

mero bisog na risalire all’inizio del fenomeno. L’allargamento all’Est dell’Unione europea, con l’ingresso di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Slovacchia e Slovenia (2004), poi di Bulgaria e Romania (2007), quindi della Croazia (2007), tutti Stati con costi del lavoro, fiscalità, contribuzioni molto più basse rispetto a quelle italiane, sembrava un’occasione succulenta per molte imprese nazionali di autotrasporto. E in pochi anni filiali e sedi spuntarono come funghi in quei paesi

Secondo uno studio GIPA (realizzato per Unrae nel 2016), il fenomeno si è concentrato tra il 2012 e il 2013, con il 37% delle aperture di filiali all’estero e con il 10% delle flotte intervistate che aveva aperto sedi in Romania, Slovenia, Polonia, Ungheria

Comunque, un grave danno per l’erario e per i posti di lavoro del nostro paese. Sempre GIPA nel 2015 aveva quantificato in 26 mila il numero di veicoli sopra le 3,5 tonnellate «sottratti» al fisco fra il 2008 e il 2013, con una perdita, tra imposte, accise e oneri sociali, di 10,4 miliardi di euro. Di questi 26 mila, 22 mila erano provenienti da imprese con più di 50 mezzi e 4.000 da aziende tra i 6 e i 49 mezzi.

QUALCHE CENTINAIO

DI IMPRES E

Questi dati forniscono un’indicazione per capire, sia pure a spanne, in quanti scelsero la delocalizzazione. Intanto è significativo che l’indagine non tocchi i padroncini, impossibilitati dalle ridotte dimensioni a poter ambire ad aprire sedi all’estero. La seconda osservazione è che al di sopra dei 50 veicoli (all’Albo oggi ne sono iscritte 2.500) si tratta di aziende strutturate, spesso interessate ad ampliare l’orizzonte di attività

Restano quei 4 mila veicoli per le imprese tra i 6 e i 49 mezzi. A spanne dovrebbero essere qualche centinaio, in linea con le 850 stimate dal Centro studi Confindustria per valutare il reshoring di tutte le attività merceologiche. Ed è lì che vanno colte le ragioni della partenza e quelle del rientro. Che sono, poi, le stesse al contrario. GiPA attribuisce il 48% degli esodi ai costi di gestione, dal lavoro al carburante, il 40% alla pressione fiscale e il 32% alle difficoltà burocratiche, mentre solo il 13% aveva dichiarato di aver aperto all’estero per espandere il mercato Qualche cifra? Il costo lordo di un autista in Italia era di 60.200 euro annui, superiore ai 26 mila di media dei paesi

di Umberto Cutolo

SI TORNA ALL’OVILE, IN PUNTA DI PIEDI

iate le condizioni che avevano spinto ad aprire sedi all’estero. esi dell’Est si avvicinano a quelli dell’Ovest; il Pacchetto mobilità dei paletti che riducono i vantaggi per le aziende fuori sede; no stroncate con maggiore efficacia. E anche il fisco si avvicina…

dell’Est, ma anche ai 40.500 dell’Ovest. La pressione fiscale seguiva lo stesso andamento: in Italia il 66%, nell’Est il 31%, nell’Ovest il 53%. Burocrazia? Fatto 100 le difficoltà delle scartoffie italiane, le imprese intervi-

Il costo del lavoro più basso

L’inferiore pressione fiscale

La carenza di autisti

La crescita dei costi aziendali

L’adozione del pacchetto mobilità

state valutavano quelle all’estero pari al 56%, di cui il 52% nell’Est e il 68% nell’Ovest.

UN MONDO DIVERSO

Paradossalmente, a leggere questi numeri c’è da chiedersi come mai le

aziende fuggite all’estero siano state così poche. Ma forse c’entra anche la lungimiranza. Oggi quel mondo è totalmente cambiato. Il costo del lavoro medio (fonte Eurostat, 2023) in Italia è di 29,8 euro l’ora, ancora maggiore

LE RAGIONI DEL RITORNO A CASA

Un autista in Italia percepiva 60.200 euro annui a fronte dei 26 mila di media dei paesi dell'Est

In Italia si attestava al 66%, a fronte del 31% che si registrava all'Est

10-15 anni fa trovare autisti nei paesi dell’Est era facile. Perché gli ex impiegati nelle aziende di Stato, rimasti senza lavoro trovavano nell’autotrasporto una facile attività

Fare impresa un tempo all’Est non costava quasi nulla. E anche la burocrazia era molto più leggera che in Italia

Chi aveva delocalizzato per aggirare il fisco spesso creava sedi di facciata (letter box company) o aggirava le normative. In particolare, quelle sul cabotaggio

In Italia il costo orario è di 29,8 euro, vicino a quello che si registra in tanti paesi dell’Est: in Slovenia è di 25,5 euro (a fronte dei 16,8 di sette anni fa), in Romania è 11,0 (era 5,3), in Croazia 14,4 (era 9,5), in Bulgaria 9,3 (era 4,5 euro)

Dati Eurostat danno l’aliquota fiscale dell’Italia al 43%, inferiore a quella della Slovenia (50%), vicina a quella della Polonia (32%), ma ancora più alta di quella della Slovacchia (25%)

Dal 1992 al 2022 il tasso di crescita della Polonia è stato del 4,1% medio annuo. La maggiore ricchezza ha creato più opportunità di lavoro, a scapito di professioni più impegnative, come gli autisti di camion

Negli ultimi anni alcuni costi delle imprese dell’Est, come gasolio e pedaggi, sono lievitati creando difficoltà anche a imprese locali di autotrasporto

Il pacchetto mobilità ha posto varie regole per frenare la concorrenza sleale, ma ha reso più complicata l’attività e meno conveniente restare all’Est

rispetto all’Est, anche se in questi paesi dal 2016 la crescita è stata esponenziale: la Slovenia ci ha quasi raggiunto con 25,5 euro, contro i 16,8 di sette anni prima; la Romania è a 11, ma ha più che raddoppiato dai 5,3 del 2016; la Croazia è cresciuta del 30% da 9,5 a 14,4 euro, come cresce anche la Bulgaria, che partiva da 4,5 euro ed è arrivata a 9,3. Fin dove saliranno tra qualche anno?

Oltretutto il miglioramento del tenore di vita ha allontanato dal mestiere quei conducenti che accettavano i disagi del mestiere pur di ottenere un lavoro. Ecco perché oggi la sempre più spasmodica ricerca di autisti si sposta ancora più a Est, in Ucraina e in Uzbeki-

stan. Un’associazione di autotrasportatori della Romania – dove secondo l’IRU mancano 71 mila conducenti di camion – fa pressioni sul governo di Bucarest per agevolare visti e patenti per gli autisti ucraini. Così come la Svizzera ha alleggerito le prove dell’esame di guida per gli ucraini, accettando la presenza di un interprete. A quelli uzbechi guarda invece la Lituania – una potenza nell’autotrasporto europeo – che punta ad assumerne 30 mila, chiedendo un più rapido rilascio dei visti di lavoro.

I COSTI ESTERNI

Poi ci sono gli aumenti dei costi esterni. A gennaio in Romania gli autotra-

sportatori sono scesi in piazza per protestare contro gli aumenti dei premi di assicurazione. In fermento anche l’autotrasporto polacco, cresciuto a scapito di quello tedesco, ma incapace, con la sua miriade di piccole aziende, di affrontare le innovazioni del Pacchetto Mobilità e messo in ginocchio dalla guerra in Ucraina. «La sostituzione obbligatoria dei tachigrafi entro la fine dell’anno», ha affermato Waldemar Jaszczur, presidente del Comitato per la difesa dei trasportatori e dei datori di lavoro polacchi (KOPiPT), «è pura assurdità. Il costo di 4.000 zloty (circa 1.000 euro) per l’intervento non è sostenibile. La mia azienda ha 50 veicoli, il che significa che dovrà affrontare una spe-

«LE PRODUZIONI SI SI MUOVONO SU

l valore diiù regionali o i trasporti scenario che el reshoring, oduzioni e/o ng, dell’avviivi e approvorigine. «Si to – racconta rofessore di estionale al di Milano e un gruppo di fenomeno –già prima del che la pana ha però elerato». In tre parole, e aziende hanno reaizzato che i grandi vanaggi delle roduzioni in si del lontate venivano mente ridotumento del

costo del lavoro e dei trasporti e dalle impennate dei noli. Così si è messo in moto un processo inverso: alcune produzioni sono state riportate a casa, con vantaggi economici e di immagine, ma soprattutto le catene logistiche delle forniture si sono accorciate con l’ingaggio – quando possibile – di partner più prossimi

Dalla vostra ricerca risulta che l’Italia è il secondo paese in Europa (dopo la Francia) in cui si ritorna.

Cosa comporta per il sistema produttivo?

Non abbiamo considerato solo la produzione di beni, ma anche la fornitura, ovvero chi aveva un fornitore in Cina o in Romania e decide di tornare in Italia oppure in un paese vicino. In sintesi, abbiamo visto che nel periodo 20162021 un’impresa su cinque – quindi circa il 20% – ha riavvicinato le forniture.

Questo rientro si deve allo shock della pandemia?

Riteniamo che la riconfigurazione del valore abbia cominciato a prendere forma ben prima del Covid a seguito di tre fenomeni: le tensioni geopolitiche che già c’erano tra Cina e Stati Uniti; la tra-

MILANO

sa di 200mila zloty (50mila euro)». E ha minacciato di portare in piazza migliaia di mezzi. Proteste anche in Bulgaria, dove i veicoli industriali fino a 12 tonnellate devono ora pagare dieci centesimi di lev al chilometro di pedaggio (un lev vale circa mezzo euro) contro i precedenti sei e quelli più pesanti subiscono un aumento da 16 a 26 centesimi lev al chilometro. Non proprio il clima ideale per tenere in piedi un ufficietto e strappare lavoro alle imprese locali.

PACCHETTO MOBILITÀ E FISCO

Poi c’è il Pacchetto Mobilità con le sue regole più rigorose in materia di cabo-

taggio, tempi di guida e dumping sociale. «Ci siamo resi conto che alcune di quelle regole hanno di fatto ridotto la capacità di carico delle nostre rotte», conferma in anonimo un dirigente di una delle imprese rientrate, «e la decisione più naturale è stata quella di riportare i mezzi in Italia e di adottare una massiva riorganizzazione di tutti i processi per tenere sotto controllo i costi».

Ma anche i vantaggi fiscali cominciano a mostrare la corda. È vero che la pressione in Italia è tra le più alte d’Europa, arrivando al 42,6% del PIL (Eurostat 2020), ma la Slovenia ha raggiunto il 37,7%, la Croazia arriva addirittura al 38,7%, mentre Ungheria e Repubblica

Ceca sono attestate rispettivamente al 36,5 e al 36,1%.

Senza considerare i benefici che il governo nazionale eroga all’autotrasporto. Che con la pandemia sono diventati una torta allettante. «Non c’è nessun mestiere», ricorda Ricci, «che al tempo del Covid ha avuto più di un miliardo di benefici fiscali. In quel periodo, credo che solo in Italia e solo il mondo dell’autotrasporto ha portato a casa tanto». Il presidente di CNA-Fita e vicepresidente dell’Albo degli autotrasportatori non lo dice esplicitamente, ma dal sorriso che accompagna le sue parole traspare la soddisfazione di chi quel risultato ha contributo a ottenerlo.

AVVICINANO E STRADA E FERROVIA»

sformazione digitale; l’enfasi sulla sostenibilità. Tutti fenomeni che si sono verificati negli ultimi anni e hanno spinto a una diversificazione geografica e strutturale delle catene. Il Covid ha solo accelerato i processi di backshoring e nearshoring.

Questo interessa le forniture di tutte filiere?

Alcune restano globali perché ci sono settori in cui è molto difficile ridurre le distanze, come quelli che includono i semiconduttori e le automobili.

Invece, cosa sta succedendo sul fronte delle produzioni?

Per le produzioni il fenomeno è un po’ più limitato perché ci sono una serie di costi da affrontare; quindi, è appannaggio solo di grandi realtà che possono permettersi di chiudere stabilimenti e riaprirne di nuovi più vicini. Non c’è dubbio, comunque, che le catene del valore stiano diventando sempre più regionali. Diverso è il ragionamento a valle della produzione, quello per l’export, che rimane di ampio respiro con l’internazionalizzazione dei mercati.

Quindi cambiano i flussi. Come incide questa riorganizzazione sulla logistica e sul trasporto merci?

Dal momento che la logistica è un settore di servizio al manifatturiero, quando le catene del valore si accorciano, almeno dal lato della produzione, sicuramente il settore dovrebbe adattarsi al mutamento di queste condizioni. La creazione di catene regionali probabilmente favorirà soprattutto lo scambio di merci a livello europeo, quindi su strada e ferrovia. La globalizzazione sta rallentando e si sta andando verso catene macro-regionali, non necessariamente limitate dai confini nazionali. Dobbiamo guardare all’Unione Europea, anche perché si sta andando sempre di più verso la riduzione delle dipendenze strategiche nelle politiche industriali. Un orientamento che, sono sicuro, verrà confermato anche dalla nuova Commissione europea. Mentre sul fronte dell’export ci saranno ancora flussi intercontinentali, almeno con gli Stati Uniti, con cui siamo geopoliticamente vicini, o con paesi asiatici con i quali si dovrebbero mantenere relazioni internazionali: non credo che la Cina

intenda chiudere completamente i rapporti con l’Europa che è comunque un mercato rilevante. Quindi, non mi sento di dire che verranno completamente abbandonati gli investimenti nei paesi extraUe, ma sicuramente aumenteranno gli investimenti nell’Unione Europea.

Quandolecatenedel valoresiaccorciano, almenodallatodella produzione,sicuramente ilsettoredovrebbe adattarsialmutamento diquestecondizioni. Lacreazionedicatene regionaliprobabilmente favoriràsoprattuttolo scambiodimercialivello europeo,quindisustrada eferrovia

INCENTIVI PER IL RITORNO

Un decreto legislativo ha introdotto un’agevolazione che consiste nell’escludere dalla base imponibile IRES e IRAP il 50% dei redditi derivanti da attività d’impresa trasferite in Italia. Ma serve il via libera della Commissione UE. Che tarda ad arrivare…

Negli ultimi anni, numerose aziende italiane hanno trasferito all’estero la sede delle loro attività, attratti da una tassazione e da un costo del lavoro inferiori rispetto a quelli italiani. Ora, si sta verificando un’inversione di tendenza, intercettata dal Governo con l’art. 6 del D.Lgs. 209/2023, che introduce un nuovo regime agevolativo per incentivare il ritorno in Italia di attività economiche svolte in precedenza in Paesi estranei all’Unione Europea o allo Spazio Economico Europeo

L’efficacia del nuovo regime agevolativo, teoricamente in vigore dal 2024 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, dipende comunque dall’autorizzazione della Commissione Europea – richiesta dall’art. 108, par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione relativo agli aiuti di Stato – al momento non ancora approvata

L’agevolazione, finalizzata a «promuovere lo svolgimento nel territorio dello Stato italiano di attività economiche», esclude dalla base imponibile IRES e IRAP il 50% dei redditi derivanti da attività d’impresa trasferite in Italia da Paesi extra UE, per il periodo d’imposta in cui avviene il trasferimento e per i cinque periodi d’imposta successivi

L’espressione «attività economiche» dovrebbe comprendere ogni tipo di attività qualificabile tale, incluse quelle di produzione e scambio di beni e servizi,

indipendentemente dal fatto che il soggetto che le esercita agisca con o senza scopo di lucro.

Per accedere all’incentivo è necessario trasferire «attività economiche», siano esse produttive o commerciali, aziende o rami di azienda. È però necessario che il trasferimento abbia per oggetto un complesso organizzato di beni e non invece «singoli beni», quali partecipazioni, beni materiali o immateriali, crediti, ecc Considerato che la norma mira a incentivare lo svolgimento effettivo di attività di impresa in Italia, non sembra si possa riconoscere l’agevolazione al trasferimento di holding statiche, mentre non dovrebbero emergere problemi per le holding dinamiche. Al riguardo, la circolare Assonime 23.2.2024 n. 4 ha fornito chiarimenti puntuali

Con riferimento alle società holding di partecipazione, Assonime delinea due criteri per stabilire se tali attività possano rientrare nell’agevolazione:

1. secondo un primo criterio, basato sulla nozione d’impresa rilevante per gli aiuti di Stato, si dovrebbe verificare se l’attività di gestione è di tipo attivo o statico, cioè se la holding interferisce nell’attività d’impresa delle società partecipate;

2. in base a un secondo criterio, si dovrebbe verificare se l’attività svolta in Italia da tali società, senza un trasfe-

rimento di residenza, configurerebbe una stabile organizzazione, superando la soglia della presenza fisica

In assenza di specificazioni, l’agevolazione spetterebbe nel caso di trasferimento di residenza e di trasferimento tramite operazioni straordinarie, come fusioni, scissioni o conferimenti.

L’attività rimpatriata può costituire l’unica attività di una nuova società o confluire in una esistente; in tal caso, il reddito agevolabile va determinato sulla base di contabilità separate. Per affrontare la spinosa questione della separazione dei costi promiscui, si può essere ricorrere al metodo previsto dalla risoluzione 47/E del 1999, ovvero il ragguaglio ai ricavi riferiti alle diverse attività È previsto un meccanismo di recapture, che comporta la perdita dell’agevolazione e il recupero delle imposte non pagate e degli interessi (senza applicazione di sanzioni), laddove, nei cinque anni successivi alla fine dell’agevolazione (dieci per le grandi imprese), le attività trasferite in Italia siano nuovamente trasferite all’estero, in paesi sia UE che extra UE.

Sebbene al momento in cui scriviamo (fine luglio) l’autorizzazione della Commissione – come detto – non sia ancora arrivata, il modello dichiarativo Redditi 2024 prevede già un campo per l’indicazione dell’importo agevolato al rigo RF 50.

di Valentina Camorani Scarpa*
* Dottore commercialista
e revisore legale – Studio Gnudi

IN AUMENTO LA DOMANDA DI MAGAZZINI

Cresce del 20% la richiesta di spazi per la logistica, con un trend di crescita del 15% annuo fino al 2025. Chi torna chiede storage di qualità, tecnologici e green di Deborah Appolloni

Tra i mega trend evidenziati nel mercato della logistica immobiliare c’è anche quello del reshoring: il rientro delle attività produttive ha inciso sulla domanda di spazi. E dopo la fiammata registrata nei due anni post-covid, quella attuale è ritenuta uno sviluppo destinato a restare costante nei prossimi anni. L’analisi è di Colliers Italia, realtà attiva nel real estate in 69 paesi nel mondo. «Nel 2023 in Italia il reshoring ha contribuito a un incremento del 20% della domanda di spazi logistici rispetto al 2022 – spiega Faustino Musicco, Head of Logistics, Last Mile & Data Centers per Italia ed Emea – mentre in Europa è stato del 18%, con un aumento significativo degli investimenti in Germania e Francia. Questo trend sta spingendo lo sviluppo nel settore immobiliare logistico, con una previsione di crescita del 15% annuo fino al 2025».

Tuttavia, la logistica immobiliare appare in una fase di stabilizzazione, con investimenti in leggero calo. Come si spiega?

La leggera diminuzione degli investimenti rispetto al 2023 può essere attribuita a vari fattori. Secondo il nostro ul-

timo report, gli investimenti globali in immobili logistici sono diminuiti del 6% nel primo semestre 2024. La riduzione è dovuta principalmente all’incertezza economica globale, con un rallentamento della crescita economica nei principali mercati e l’aumento dei costi di costruzione dell’8% rispetto al 2023. Inoltre, il rialzo dei tassi di interesse ha reso i finanziamenti più costosi, con un aumento medio del costo del capitale dell’1,8%. Tuttavia, la stabilizzazione del mercato suggerisce che gli investitori stiano adottando un approccio più cauto e selettivo, concentrandosi su progetti di alta qualità e localizzazioni strategiche

Cresce invece il rendimento degli investimenti. Quali prodotti chiede il mercato e chi sono gli investitori? Il mercato chiede principalmente immobili di alta qualità, come magazzini moderni e centri di distribuzione ben localizzati. Nel nostro report sul primo semestre 2024 si nota che i rendimenti degli investimenti immobiliari logistici sono cresciuti del 7% nel 2023, con una particolare domanda per immobili ESG-compliant e tecnologicamente avanzati. Gli investitori principali inclu-

dono fondi di investimento istituzionali che rappresentano il 48%, fondi pensione (27%) e investitori privati (18%). Sono tutti attratti dalla solidità del settore logistico e dalla sua importanza crescente nell’economia globale, con una previsione di aumento del volume degli investimenti del 9% nel 2024.

Quindi, cresce la domanda di spazi per i grandi operatori logistici: anche questo dato anticipa un trend?

Sì, il ritorno della crescita della domanda di spazi da parte dei grandi operatori logistici è un indicatore significativo. Nel 2023 questa domanda è aumentata del 12%, trainata dall’espansione del commercio elettronico, sostenuto da un incremento delle vendite online del 18%. Questo fenomeno può anticipare un trend di lungo periodo, dovuto alla necessità di spazi più ampi e tecnologicamente avanzati per gestire operazioni logistiche complesse. Le previsioni indicano che la domanda di spazi logistici crescerà del 13% annuo fino al 2026, riflettendo la strategia di molte aziende di consolidare e ottimizzare le loro reti per migliorare l’efficienza e ridurre i costi operativi.

CONTAINER BOLLENTI

In crisi sono soprattutto i porti tirrenici, dove si scarica la maggior parte dei cassoni. Prima dell’estate gli autotrasportatori esasperati per i ritardi hanno applicato a Genova e a Napoli una tassa sulla congestione. I committenti l’hanno respinta e le Autorità portuali mediano in attesa che arrivi la digitalizzazione con i Port Community System

«Picchi di arrivi nave, schedule nave sistematicamente disattese, spicchi di contenitori ai piazzali, picchi di arrivi ai gates portuali, disfunzioni del sistema telematico nazionale con blocchi operativi». Le parole che descrivono la crisi della movimentazione dei container nel porto di Genova non sono di un autotrasportatore esasperato dalle attese, né di un giornalista alla ricerca di scoop Le ha pronunciate Giampaolo Botta, direttore generale di Spediporto, principale rappresentanza degli spedizionieri marittimi, per descrivere davanti all’Autorità di sistema, i problemi del principale porto container italiano, dove 4-5 ore di attesa ai varchi dei terminal più trafficati sono considerate – per così dire – la normalità dei picchi

SALTANO I SECONDI VIAGGI

«Per così dire», perché quantificare i ritardi è difficile. «Se facciamo la media del pollo, come fanno i terminal», precisa Giuseppe Tagnochetti, storico rappresentante di TrasportoUnito in Liguria, «i picchi di carico e scarico non si vedono perché vengono nascosti nei numeri generali che ovviamente registrano tempi più bassi quando i terminal sono vuoti. Ma le 4-5 ore di attesa sono quelle dei giorni di difficoltà e sono certificate E durante la settimana di giornate così ce ne sono parecchie» È da notare che le punte d’attesa ai terminal, di cui parlano i rappresentanti degli autotrasportatori, siano molto vicine a quelle censite all’inizio di quest’anno da Districò, portale di servizi di Federtrasporti, che ha calcolato l’arco d’im-

pegno reale de fissando le atte

Ma la question si annoia o che lici, bensì che q «normali» son rilevante. «Il p Tagnochetti, «è che con 4-5 ore di attesa non posso andare in consegna e per ripartire devo aspettare la mattina dopo, quando però avrei altri viaggi. Fino a qualche anno fa si facevano due viaggi al giorno, con la congestione di questi giorni siamo arrivati a fare un viaggio ogni due giorni e le tariffe sono sempre le stesse»

Senza considerare che spesso gli autisti a causa delle attese sono costretti a sforare le ore di guida, oltre che diventare un rischio per la circolazione. «Dopo che l’autista ha fatto un viaggio a Roma o in Puglia», spiega Attilio Musella, segretario di CNA-Fita Campania, «arriva e deve stare 4 o 5 ore in fila per fare una semplice operazione di scarico o ritiro del contenitore: questo può diventare un pericolo per la viabilità stradale»

PORTI TIRRENICI IN CRISI

Benvenuti nel mondo dei porti gateway, quelli che scaricano ai loro terminal i container provenienti da tutto il mondo e destinati all’Italia e al centro Europa.

Nei nostri porti ogni anno ne sbarcano circa 7 milioni (non contando quelli che fanno transhipment, che proseguono via mare e spesso si conteggiano in entrata in altro porto) che all’85-88%, cioè intorno ai 6 milioni (stime Confetra) proseguono a bordo di tir.

Ciò che colpisce è la sproporzione tra traffico adriatico e tirrenico: il primo scarica meno di due milioni di TEU, il secondo quasi sei, concentrati nell’arco ligure fino a Livorno con 4,5 milioni di cassoni e per il resto quasi tutti tra Napoli e Salerno con un altro milione di pezzi. Non è un caso, allora, che i disagi si concentrino in queste due aree, che lì si segnalino i ritardi più gravi e il maggior danno per le imprese di autotrasporto. Non è un caso che ai primi di giugno, stanchi di doverci rimettere in proprio perdendo viaggi, gli autotrasportatori di Genova – subito imitati da quelli di Napoli – abbiano applicato una tassa sul traffico, una congestion fee, tra i 120 e i 180 euro a container, aggiungendola alla fattura

per i committenti, a risarcimento dei danni subiti.

LA CONGESTION FEE

Scattata il 3 giugno a Genova e il 15 a Napoli, la tassa ha incontrato subito la decisa opposizione dei committenti, rappresentati da Fedespedi e Spediporto (in pratica le associazioni degli spedizionieri) che hanno chiesto la sospensione della misura (richiesta respinta dai trasportatori) e l’intervento dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale che ha aperto un tavolo di confronto (come pure a Napoli) per tentare di risolvere il problema. Ma Spediporto ha anche lanciato una ciambella agli autotrasportatori. Nell’incontro con l’Autorità, Botta ha riconosciuto la necessità di «cambiare i modelli operativi e la politica delle soste e detention per favorire un decongestionamento della situazione e una nuova impostazione delle politiche di ritiro e consegna dei contenitori» e chiedendo una «carta

dei servizi», con «regole chiare e penalità per chi non le rispetta». Insomma, disponibili a discutere su come migliorare la situazione, ma niente sovrattassa. Con una stoccatina finale: il passo avanti «potrà avvenire se tutte le parti in causa si presenteranno con serietà e voglia di trovare soluzioni concrete, senza che si debba agitare lo spauracchio del congestion». Dove quel «tutti» chiama in causa gli altri due protagonisti del quadrato portuale: compagnie di navigazione e terminalisti.

TERMINALISTI SOTTO ACCUSA

Soprattutto i terminalisti. Perché è su di loro che gli autotrasportatori puntano il dito. «Il disservizio è reale», denuncia Patrizio Loffarelli, responsabile portualità di Assotir, «e il trasporto continua a pagare l’inefficienza dei concessionari. Lo dico più chiaramente: sono i terminalisti che provocano le attese». Come? Organizzando le operazioni di carico e scarico esclusivamente in base alle loro esigenze, per esempio di turnazione del personale. «Chiaramente», osserva Loffarelli, «non pagando le soste hanno meno attenzione al piazzale e non offrono una programmazione adeguata: gli autotrasportatori hanno tre fasce standard di carico e scarico, ma non sono distribuite per tutti i quattro turni di lavoro, bensì sono la mattina presto, a ora di pranzo e in tarda serata. Ma se non c’è personale sufficiente suc-

cede come al supermercato, puoi anche avere cento casse, ma se tutti vanno a far spesa a mezzogiorno, l’intasamento è inevitabile».

Il problema è che i lati del quadrato portuale non sempre s’incontrano, dal momento che non c’è una relazione economica che li leghi tutti insieme: il committente ha rapporti commerciali con tutti gli altri, la compagnia di navigazione e il terminalista li hanno tra di loro e con il committente, ma non con il trasportatore che stabilisce relazioni soltanto con il committente. Dunque può chiedere i danni solo a lui, che però potrebbe rivalersi sul terminalista. «Ma non lo fa», scuote la testa Loffarelli, «perché non gli interessa».

Dal 2011 esiste, in realtà, una norma che prevede un indennizzo di 40 euro per ogni ora di attesa oltre le prime due, ma è poco applicata e soprattutto non è rivendicata in virtù del principio che l’autotrasportatore non fa causa al com-

mittente per timore di perdere il lavoro. Figuriamoci in una situazione con tanti interlocutori come quella dei gateway portuali.

ASPETTANDO I PCS

Per questo, tutti guardano alle 16 Autorità di sistema che dovrebbero fissare le regole e farle rispettare. Ma le Autorità preferiscono mediare anziché imporre. «Ci vorrebbe una legge come in Spagna», protesta ancora Loffarelli, «e allora le Autorità portuali sarebbero costrette a prendere posizione, a organizzare». Ma è una strada che non sembra portare da nessuna parte. «Autotrasporto e committenza», ricorda Tagnochetti «hanno scritto almeno tre lettere agli ultimi tre ministri dei Trasporti, chiedendo un incontro in cui discutere la questione, allargandolo ad autorità portuali, terminalisti e chiunque il ministero volesse invitare, per discutere di questo problema. Non se ne è fatto nulla. Non

resta che prendere la strada della mediazione, che è efficace dove i problemi sono semplici, non certo in quei porti tirrenici congestionati di container. Lì la questione s’ingarbuglia».

La speranza, allora, è in quei Port Community System che dovranno diventare la piattaforma comune della digitalizzazione del trasporto merci in tutti gli scali portuali italiani collegandosi con le Amministrazioni pubbliche coinvolte e con la Piattaforma logistica digitale nazionale, ma soprattutto con le imprese di trasporto e di logistica che con i porti lavorano. Finanziati con i fondi del PNRR, sono stati assegnati lo scorso novembre, con un «avviso pubblico» nella misura di un milione per ciascuna delle 16 Autorità portuali italiane, sono tutti pronti e attendono che si allineino interporti e imprese, per le quali è in preparazione un bando di cofinanziamento da 175 milioni. Quando tutto sarà a regime, finalmente, si potranno evitare tan-

L’indennizzo legale per le attese

QUEI 40 EURO ALL'ORA CHE NESSUNO RISPETTA

Eppure un rimborso per le attese è previsto. Fu introdotto con la riforma del 2005, ma divenne legge solo nel 2011, grazie a una tormentata delibera della Consulta della Logistica, presieduta dal sottosegretario Bartolomeo Giachino, che sfociò in un decreto attuativo dirigenziale. Disponeva che, per ogni ora di attesa, oltre le prime due, al trasportatore fosse riconosciuta un'indennità di 40 euro.

La misura teneva a colpire in particolare le attese nei piazzali della GDO, dove il facchinaggio, cui spettava il lavoro di carico e scarico, è tutto affidato a cooperative esterne. Nessuno pensò, allora, che la situazione fosse analoga a quella dei porti, dove al posto delle cooperative di facchinaggio ci sono i terminalisti a farsi carico delle operazioni e a decidere sui loro tempi. Ma ci fu chi, già allora, contestò che la norma non indicava con precisione su chi ricadeva la responsabilità delle attese. Fatto sta che, in mancanza di una responsabilità indicata

con precisione e di una procedibilità d'ufficio, quei 40 euro sono rimasti lettera morta. Eppure le cifre possono diventare importanti. Qualche anno fa un'azienda pugliese fece il conto di quanto avrebbe ottenuto come indennizzo per tutte le attese sopportate dai suoi camion e scoprì di aver rinunciato alla bellezza di 400 mila euro. Non fece causa, ma lo fece presente al proprio committente per raggiungere un accordo.

E quella del tacito accordo è, in realtà, la strada più seguita nell'autotrasporto di linea, soprattutto nei settori più specializzati – come chimico o petrolifero –dove le indennità spesso non c'è bisogno di chiederle e a volte superano i 40 euro l'ora. Anche perché quella cifra venne calcolata sull'utilizzo di un autista che all'epoca costava 45 mila euro l'anno. Nel frattempo, ci sono stati due rinnovi contrattuali e un terzo è in corso, dunque quella somma dovrebbe essere adeguata. Tanto non la paga nessuno.

QUATTRO PER UNO, UNO PER TUTTI

Quella delle attese degli autotrasportatori ai terminal container è una partita a quattro: l'armatore, il terminalista, il committente, il vettore. Una specie di poker. A volte al tavolo si siede anche l'Autorità portuale, ma fa solo il mazziere e allora diventa una partita di Texas Hold'em. Ma le regole sono comunque diverse: mentre armatore, terminalista e committente giocano una partita a tre, l'autotrasportatore gioca solo con il committente. Per il resto della partita non può puntare, né rilanciare, nè bluffare: può soltanto guardar giocare gli altri tre. Come se solo lui dei quattro giocatori avesse tutte le carte scoperte sul tavolo. Ma il panorama del trasporto mondiale sta cambiando e spesso capita che armatore e terminalista siano lo stesso soggetto o appartengano allo stesso gruppo. E la partita, già squilibrata all'origine, lo diventa ancora di più. È il caso della MSC dello stabiese Gianluigi Aponte, trapiantato a Ginevra, leader mondiale del trasporto marittimo container con 24,5 milioni di TEU movimentati su 830 navi e una capacità di stiva che copre il 20% del traffico globale: quasi 6 milioni di TEU su poco più di 30 totali. Ma quando si siede a quell'ipotetico tavolo di poker questo gigante si trova accanto un amico per la pelle. Perché, tramite il Gruppo TIL, MSC controlla oltre 70 terminal container in 31 paesi di tutti i cinque i continenti: in Italia, per fare un esempio, ha segnato il destino di Gioia Tauro sul cui terminal MCT indirizza tutti i container trasportati dalla sua flotta che hanno bisogno di transhipment. Ma nei porti gateway, terminal di casa MSC ci sono a Genova (Bettolo), Napoli

ti passaggi burocratici ancora affidati alla documentazione cartacea, snellendo le operazioni e permettendo di organizzare meglio le operazioni di carico e scarico. Ma attenzione: «meglio» non è «ottimo». «Certamente con i PCS si farà un grande passo avanti. Funzioneranno meglio, per esempio, le prenotazioni degli slot», spiega Loffarelli. «Il camionista potrà trasmettere tempestivamente al terminalista l’orario d’arrivo previsto; ma se il terminalista a quell’ora è pieno

(Conateco), Civitavecchia (Roma Container Terminal), Livorno (Terminal Darsena Toscana e al 50% nel Terminal Lorenzini), La Spezia (40% della Spezia Container Terminal), Ancona (45% di Adriatic Container Terminal), Venezia (50% di Terminal Intermodale Venezia) e Trieste (80% di Trieste Marine Terminal).

Ma non basta. Il Gruppo MSC è anche da quasi dieci anni socio (di minoranza con il 23% del capitale) di Savino Del Bene, la principale società italiana di logistica per fatturato (circa 3 miliardi di euro nel 2021), specializzata proprio in spedizioni marittime: in pratica un committente. E così anche tra di loro è presente in qualche modo il gruppo di Aponte.

Restano fuori solo gli autotrasportatori, allora? Macché. Le associazioni dei vettori che siedono a quel tavolo rappresentano anche una società di autotrasporto del Gruppo MSC, creata da due anni tramite una joint venture tra la sua Medlog (80%) e la Vincenzo Miele Trasporti (20%). Un'espansione talmente continua –passata anche attraverso i carri ferroviari di Wartsila e l'ingresso nella compagnia ferroviaria Italo (vogliamo parlare di intermodalità?) – al punto che molti nella sigla MSC hanno sostituito «shipping» con «shopping»: Mediterranean shopping company.

Allora la domanda è: cosa accadrà quando a un tavolo si siederanno quattro soggetti che in direttamente o indirettamente fanno capo al Gruppo di Aponte?

E soprattutto, a quel tavolo chi sarà, veramente, il mazziere?

e gli risponde che lo slot si aprirà il giorno dopo, il camionista l’attesa la farà a casa. Il che è più comodo: eviterà il congestionamento, ma l’attesa rimarrà la stessa. Il servizio, invece, deve essere ottimizzato, utilizzando la tecnologia per restringere i tempi, non soltanto per migliorare la circolazione».

Se ne sono resi conto anche gli spedizionieri. A fine giugno Botta ha scritto una lunga lettera di conciliazione agli autotrasportatori, dove si legge una

frase assai significativa: «Abbiamo ben compreso che per rendere un porto efficiente non bastano solo poderosi investimenti in infrastrutture materiali (banchine, dighe, strade, ferrovie, ecc..) ma servono servizi, procedure, personale e infrastrutture tecnologiche in grado di sostenere logiche e volumi profondamente diversi da quelli di 20 anni fa. Altrimenti rischiamo seriamente di costruire cattedrali nel deserto».

La partita a poker sulle attese e lo strano giocatore chiamato MCS

Ilporto di Genova è il più grande scalo marittimo italiano. Occupa 22 chilometri lineari di costa, coprendo una superficie di 6 milioni di metri quadrati, dove operano 25 terminal attrezzati per accogliere ogni tipo di nave per ogni tipo di merce. In particolare, i container: ogni anno ne arrivano poco meno di tre milioni, un terzo dell’intero traffico dei porti gateway italiani. Eppure, solo nel Mediterraneo occidentale, meglio di Genova fanno gli scali spagnoli di Valencia e Algeciras (oltre 5 milioni di TEU l’anno), per non parlare del più centrale Pireo che, in mano ai cinesi della Cosco, ha superato i 5 milioni di contenitori, o di Tangeri, in Marocco, che sia pure prevalentemente scalo di transhipment, con soli quattro terminal container ne movimenta più di 7 milioni.

Cos’è che non funziona? Un’infrastrutturazione portuale (fondali, banchine, moli) che fatica ad adeguarsi al nuovo traffico di mega carrier; una burocrazia che impiega giorni a sdoganare le merci; un sistema di comunicazioni stradali e ferroviarie che, schiacciato tra la montagna e il mare, non riesce a smaltire il traffico commerciale insieme a quello privato.

CONGESTIONAMENTO CONTINUO

Ma, mentre sui porti si sta lavorando da anni (a Vado Ligure il fondale è stato già portato a 17,5 metri e a Genova la diga foranea sarà profonda 50) e mentre

I PORTI CONTAINER IN ITALIA

MEDIAZIONE D’AUTORITÀ

Attese di ore, soprattutto ai terminal principali, dove si è registrata anche una punta d’attesa di otto ore. Per i trasportatori è un problema di organizzazione prima che di tecnologie o infrastrutture. I committenti non accettano il sovrapprezzo e chiedono l’intervento dell’Autorità, ma si dicono d’accordo sulla necessità di rivedere il sistema

E IO VADO A LA SPEZIA

Nel braccio di ferro tra spedizionieri e trasportatori genovesi a guadagnarci potrebbe essere il porto di La Spezia. In pieno conflitto sulla congestion fee, il direttore generale di Spediporto, Giampaolo Botta, ha buttato lì una frase che non è passata inosservata. Secondo Botta il sovrapprezzo causerà l’allontanamento della merce del porto di Genova, favorendo La Spezia. E ha aggiunto di avere notizia di aziende lombarde che si stanno organizzando con servizi intermodali per il porto spezzino, proprio per eludere il sovrapprezzo applicato a Genova.

Difficile capire se la minaccia sia concreta o se non sia invece un ballon d'essai gettato nel calderone della polemica. In ogni caso La Spezia si trova a 100 km in linea d'aria dal capoluogo ligure e – con due soli terminal e un pescaggio di 14 metri che può ospitare le mega carrier –riceve ogni anno più di un milione di TEU, quanto basta per essere il secondo porto italiano per container. Un terzo dei quali, però, prosegue per ferrovia, ma l'obiettivo è di portare questa quota al 50%. E forse anche per questo Botta ha sollevato la polemica.

Sull'altro versante, tuttavia, gli autotrasportatori non vedono più La Spezia come un modello da seguire,

ma come una delusione. «È vero, all'inizio era un sito all'avanguardia. Poi, però, anche lì», ricorda Giuseppe Tagnochetti, responsabile di TrasportoUnito Liguria, «bisognava varare un programma per stabilire chi pagava per le attese, che alla fine è naufragato». In effetti, tre anni fa, appena insediato, il presidente dell'Autorità, Mario Sommariva, aveva emanato un'ordinanza che limitava (in via sperimentale) a due ore l'attesa per i camion nell'area pre-doganale e aveva avviato un sistema di tracciamento e l'automazione dei varchi. Sembrava un buon inizio. Ma dopo pochi mesi l'organismo di partenariato del porto, con i voti contrari di terminalisti e armatori bloccò l'ordinanza. Per i trasportatori fu una doccia fredda e da allora sono stati vani i tentativi per normalizzare i flussi. Ancora un anno fa Giuliana Vatteroni, CNA Fita della Spezia, denunciava che «nonostante i traffici ridotti, basta l'arrivo di una sola nave, di medie dimensioni, per far andare in tilt la circolazione e creare code di 140 camion». Anche perché le aree retroportuali sono occupate dai vuoti della MSC e i camion devono fare su e giù con l'hub di Santo Stefano Magra. E allora, siamo sicuri che i container in fuga da Genova, troverebbero spazio a La Spezia?

La provocazione di Giampaolo Botta di Spediporto

QUI GENOVA

le scartoffie saranno presto messe in soffitta con il Port Community System che digitalizza tutta la documentazione cartacea (salvo, almeno per ora, i controlli veterinari), sul versante del traffico terrestre il ritardo è tutto da recuperare. Bloccata per anni la Gronda che avrebbe alleggerito la circolazione di attraversamento del capoluogo, ripartiti da troppo poco tempo anche gli investimenti sul sistema ferroviario che oggi copre solo il 10% del traffico merci, le vie stradali di accesso e di uscita dai varchi portuali sono soffocate da un congestionamento continuo, aggravato dai lavori autostradali di ammodernamento e, d’estate, dal traffico vacanziero.

Altro che diga foranea. Per le mille imprese di autotrasporto che ogni giorno tentano di far raggiungere il porto ai loro 4 mila camion sono vere e proprie dighe di metallo che costringono a restare in coda per ore. Quando, poi, arrivano al terminal, i camion sono costretti ad attendere altre ore – in genere 4 o 5 – per un cambio di turno del personale o perché ci sono più navi che scaricano contemporaneamente o per altre difficoltà organizzative. «E in uno scalo come quello di Genova», spiega Giuseppe Tagnochetti, responsabile TrasportoUnito Liguria, «in cui i terminal non sono lontani l’uno dall’altro, succede anche che se si crea un blocco al di fuori di un terminal, spesso si paralizza l’intero bacino portuale fino ai varchi di transito».

CAMIONISTI ESASPERATI

Sotto accusa soprattutto i terminal container principali: il PSA di Voltri-Pra’, il SECH e il Bettolo di Sampierdarena, dove di recente c’è stata una punta d’attesa di otto ore. Esasperati, il 3 giugno scorso, gli autotrasportatori hanno deciso di applicare ai committenti un sovrapprezzo: una congestion fee dai 120 ai 180 euro a cassone. Una decisione unilaterale che è stata immediatamente respinta dai committenti e riconfermata dai vettori, ma ha ottenuto due risultati: il primo di aprire un confronto sulla questione delle attese tra l’Autorità di sistema portuale e tutti i soggetti in causa; il secondo di dare il via a una sorta di psicodramma tra le parti che sta facendo venire alla luce la complessità dei problemi che affliggono il più grande scalo marittimo italiano.

Spediporto e Fedespedi – i committenti – si sono detti pronti a trattare, ma senza lo «spauracchio» della congestion fee». E si sono stracciati le vesti: anche loro già pagano per i ritardi del sistema, poi c’è la crisi di Suez e la guerra in Ucraina, poi ci sono i cantieri stradali. E quelli ferroviari per il terzo valico che aprirebbe al collegamento con il Gottardo, ma che rischiano di creare altro congestionamento. In sintesi sono anche loro parte lesa e un costo ulteriore rischia di penalizzare la competitività del porto di Genova: una velata minaccia di trasferire i carichi su scali meno onerosi. Le associazioni (Trasportounito, Aliai, Anita, Cna Fita, Confartigianato Trasporti, Fai, Fiap, Lega Cooperative ecc) hanno replicato che costi aggiuntivi di 120/180 euro per 26 mila quintali di merce (il contenuto di un contenitore) sono irrisori, ricordando la crescita dei noli marittimi arrivati a 6.500 dollari per TEU (ma li incassano gli armatori); che i danni causati all’imprese dal congestionamento per la perdita di viaggi ha già avuto un impatto negativo sui bilanci e dunque di sospendere il sovrapprezzo non se ne parla. Anche perché – hanno osservato – il confronto con l’Autorità portuale «non porterà, nel breve periodo, soluzioni definitive per tutte le criticità e inefficienze operative che l’autotrasporto sta affrontando da mesi».

LA PALLA ALL’AUTORITÀ PORTUALE

Ma che il clima, dopo un mese di convulsioni, tenda a rasserenarsi lo conferma il riconoscimento di tutto il cluster portuale – compagnie marittime, spedizionieri, terminal – che, sostiene una nota di TrasportoUnito, «ha condiviso l’analisi sull’oggettiva gravità degli extra costi che le imprese di autotrasporto stanno sostenendo e quindi la necessità di intervenire urgentemente sul modello complessivo portuale, in primis per garantire il flusso regolare dei traffici camionistici e di servizio alla merce». Ora tocca all’Autorità Portuale il compito di tracciare il percorso verso questo obiettivo, condividerlo con le parti, trovare un accordo (una Carta dei Servizi?) e farlo rispettare. È la strada della mediazione, appunto. Ci riuscirà?

Il porto nei giudizi in rete degli autisti

TERMINAL GOOGLATI

Basta andare su Google, digitare il nome del terminal e leggere sulla destra i commenti degli utilizzatori. Abbiamo spulciato le recensioni (attenzione: non verificate) dei tre terminal principali di Genova. C'è di che divertirsi.

SECH

594 recensioni, ha un voto medio di 3,6 stelle, ma quelle positive sono firmate da turisti, lavoratori interni o stagisti. Una stella da quasi tutti i trasportatori, che non le mandano a dire. Ecco le più recenti.

• Map 850 un mese fa: «Se non vi rendete conto della vita che fate fare ai trasportatori, con il sistema del video all'help desk per l'attesa del loro turno, allora siete degli incompetenti».

• Ire.casa07 3 settimane fa: «Se andate lì non ne uscite più, sempre peggio nel corso del tempo».

• Noi Ikhir 3 mesi fa: «E meglio che cambiano mestiere, proprio la voglia di lavorare non l’ha nessuno».

• Massimo Pellegrini un mese fa: «Siete vergognosi, dopo 3 ore per la posizione, 2 ore per il carico».

BETTOLO

150 recensioni, ha una media di 3,8 stelle. Valgono le considerazioni espresse per il precedente.

• Canea Ionel 2 settimane fa: «Il porto peggiore di Genova… i lavoratori peggiori di tutti da più di 2 ore per prendere un vuoto e mi danno uno tutto rotto per caricare alimentari poi il carrellista mi ride in faccia e dice che lui va a casa. chi se ne frega!!!».

• Chris Vasile 2 mesi fa: «A qualsiasi ora c'è una pausa per creare kilometri di coda...».

PSA GENOVA PRA'

1.004 recensioni, ha una media di 3,4 stelle. Valgono le considerazioni espresse per i precedenti.

• Ire.casa07 3 settimane fa: «Postaccio... Una volta che entri non si sa quando esci».

• Laurentiu Maga (Liviu) 2 mesi fa: «Una bella storia d'amore tra voi e noi autotrasportatori. Ci amate così tanto che noi dobbiamo aspettare ore e ore per lasciare o prendere un container».

• silvana amico 2 mesi fa: «E anche oggi nel terminal più efficiente del mondo ci sono almeno 3 aree bloccate…».

• Am.E 4 mesi fa: «Porto gestito male attese lunghe...Fanno anche perdere tempo per i loro cambi turno che durano un’ora o più».

DUE TAVOLI PER UN PROBLEMA

Dopo un fermo a metà maggio, l’annuncio della congestion fee ha portato all’apertura di due sedi di confronto. I terminalisti si sarebbero dichiarati disposti a creare spazi di retroporto per evitare la congestione, ma il problema resta la gestione dei flussi. E si spera nella digitalizzazione

Napoli come Genova? Nonostante le dimensioni ridotte rispetto allo scalo ligure (12 km di costa e tre terminal container per un traffico di 600 mila TEU nel 2023), i problemi delle attese per gli autotrasportatori sembrano gli stessi. Come a Genova, sono periodicamente ricorrenti e, come a Genova, i vettori li addebitano alla disorganizzazione del sistema

CODE DI CENTO CAMION

A metà maggio per parecchie giornate si sono create code di oltre cento camion, rimasti bloccati per ore al terminal Conateco (Consorzio napoletano terminal container, controllato da MSC), quello che movimenta l’80% delle merci del porto. «I nostri autisti», lamenta Attilio Musella, segretario di CNA-Fita Campania, «sono costretti a fare orari stressanti e lunghissimi. I nostri camion fanno ore e ore di fila, sia per il ritiro che per la consegna del container. Si provoca un danno economico alle aziende perché le ore di attesa non vengono pagate, ma anche un danno sociale e ambientale considerando che ci sono centinaia di camion in fila in attesa di effettuare operazioni di carico e scarico». E come a Genova, i trasportatori hanno scritto all’Autorità portuale, alla Capitaneria, alla Guardia di Finanza e alla stessa Conateco, evidenziando «le falle e la scarsa operatività», aggiunge Musella. Invano. E il 13 maggio è scattato un fermo dell’autotrasporto di container

nel porto, per chiedere un intervento contro l’intasamento al carico dei veicoli pesanti, che ha portato a un incontro altrettanto infruttuoso

In questo clima, la notizia della congestion fee applicata ai committenti dagli autotrasportatori genovesi è diventata un modello da imitare e il 15 giugno è scattata la procedura anche per iniziativa delle associazioni campane. Il risultato non si è fatto attendere. «Ora sono aperti due tavoli permanenti», spiega Ciro Russo segretario FAI di Napoli, «che hanno come attori tutta la filiera portuale: agenti marittimi, spedizionieri, Guardia di Finanza, Autorità portuale. E anche prefettura, che significa che la questione riguarda anche l’ordine pubblico»

RETROPORTO

E DIGITALIZZAZIONE

Di fronte a questo vasta platea, secondo Assospena, associazione degli spedizionieri doganali, i terminalisti si sarebbero dichiarati pronti a realizzare un retroporto per destinare i contenitori export. Soprattutto il terminale Flavio Gioia, che sembra già operativo, anche se restano ancora da definire le regole per l’utilizzo degli spazi. «Ma il problema», obietta Russo, «non è la normalizzazione degli spazi, bensì il modo in cui vengono gestite le richieste e soprattutto il flusso da parte dell’armamento». Per questo sono anche emerse proposte, riferisce sempre Assospena, «per

migliorare la gestione dei tempi di apertura nave, booking e documenti, oltre a ottenere informazioni in tempo reale sui flussi di traffico in porto, consentendo di scegliere orari meno congestionati. Per quanto riguarda l’import, sarà necessario regolare il flusso dei grandi lotti, utilizzando anche orari notturni». Insomma, anche a Napoli si guarda al Port community System. Anche Russo ritiene che con la tecnologia la situazione migliorerà. «Ma attenzione, la digitalizzazione serve solo per uscire dal porto, quando io già ho ritirato il container. Il paradosso è che io sono costretto a fare due file. Dopo tre-quattro ore, quando ho preso il container dal terminal automatico, devo uscire dal varco doganale e lì devo essere sottoposto a un altro controllo. Quindi non è che si migliora molto»

Ilproblemanonèla normalizzazionedegli spazi,bensìilmodoincui vengonogestitelerichiestee soprattuttoilflussodaparte dell'armamento

Ciro Russo, segretario FAI di Napoli

LA DIGITALIZZAZIONE?

In arrivo un bando da 175 milioni di euro a sostegno degli investimenti delle aziende di autotrasporto in tecnologie in grado di accedere al sistema nazionale. Ma la PNL ancora non decolla: si attendono le interfacce tecniche dall’Europa che deve attuare il regolamento eFTI, il cosiddetto Spid delle merci di Deborah Appolloni

aL«PRONTA LA TELEMATICA

PER LA LOGISTICA. ATTENDIAMO I CODICI PER COLLEGARE LE AZIENDE AI PORTI»

Il mercato italiano deve crescere. Le aziende devono accedere a servizi più sofisticati che la telematica può offrire volti alla gestione dei costi e dei tempi. L’analisi arriva da Franco Viganò, director, strategic channel & Italy country manager di Geotab, multinazionale del trasporto connesso presente in 160 paesi con 4,3 milioni di mezzi in rete.

Il bando per la digitalizzazione delle imprese di autotrasporto è atteso per l’autunno. Quali sono le tecnologie che permetteranno di dialogare con i porti per ridurre i tempi di attesa?

Il nostro sistema, definito MyGeotab, è già in grado di misurare i tempi di attesa, come è in grado di fare molte altre cose: monitorare i consumi, lo stile di guida degli autisti, la sicurezza. Si tratta di un dispositivo a bordo del mezzo in grado di connetterlo e integrarlo con altre realtà. Attualmente abbiamo l’interfaccia ad uso delle aziende, l’App per i drivers e un’altra per l’integrazione e siamo in grado di

veicolare moltissime informazioni che vanno dal monitoraggio delle fuel card per sventare le truffe del carburante alla localizzazione delle colonnine di ricarica. Solo per dare un’idea, il monitoraggio telematico dello stile di guida incide sul risparmio del carburante fino al 10% dei consumi annui.

Attualmente riuscite a dialogare con i sistemi portuali?

Il sistema è concepito per essere integrato. Per questo passaggio stiamo aspettando le specifiche tecniche: appena i codici saranno disponibili attiveremo il modulo. Cosa vi aspettate dal mercato italiano?

La penetrazione della telematica nel mercato italiano è molto alta: arriva al 60-70 per cento ed è conseguenza dell’adozione del tachigrafo digitale imposto per legge, ma si tratta di una adozione ancora basica. Le aziende, in particolare le piccole e medie, devono ancora scoprire i vantaggi di essere collegati.

ricetta per a attese ai va per una par magica quanto abusata: zione. La sospirata Piatta stica nazionale (PNL), ide primi anni del secolo con «Uirnet», ora gestita da RA in house del ministero de potrebbe concretizzarsi (f nei prossimi mesi, decisiv alla logistica una propria nessioni. In primis è atteso anno un bando da 175 mil volto a sostenere gli investimenti in tecnologia delle aziende di autotrasporto. È un altro step della dotazione di 250 milioni di euro messi a disposizione dal PNRR proprio per la digitalizzazione della logistica, di cui 16 sono andati alle Autorità portuali per implementare i PCS (Port community systems), 10 sono stati già allocati per il collegamento digitale degli interporti e 30 sono a disposizione per l’attivazione della PNL. Ma alla grande rete immateriale chiamata ad abbracciare i nodi più importanti del trasporto merci nazionale, permettendo lo scambio di dati tra amministrazioni e aziende, manca un tassello fondamentale: le interfacce tecniche, ovvero i codici che dovrebbero permettere ai vari segmenti di dialogare per lo scambio delle informazioni

«Stiamo aspettando i decreti operativi dell’eFTI – ci ha spiegato Francesco Benevolo, direttore generale di RAM – che sono in ritardo in quanto il regolamento, che riconosce da agosto 2024 in tutta Europa i documenti digitali, il cosiddetto Spid delle merci, prevede specifiche tecniche di interoperabilità per i trasporti internazionali. Noi abbiamo deciso di adeguare la PNL a queste specifiche per collegarci all’Europa». E fin quando l’Europa non detterà i codici, l’Italia va avanti “accendendo” i diversi step del sistema globale

IL DIG ITALE IN P ORTO

Dallo scorso 1° luglio tutti i porti italiani hanno attivato i servizi base attra-

Tre domande a Franco Viganò di Geotab

TUTTO RIMANDATO ALL’AUTUNNO

verso i PCS, ovvero la digitalizzazione dei varchi di ingresso, la localizzazione dei parcheggi e delle piattaforme.

Tra i PCS più longevi troviamo Genova, Civitavecchia e Ravenna che hanno attivato il sistema proposto dal ministero delle Infrastrutture attraverso la PLN. Trieste ha avviato da tempo un suo sistema a cui hanno attinto Catania, Palermo e Ancona, mentre Livorno condividerà la tecnologia con 9 porti sardi, Napoli e Salerno. Venezia ha attuato l’adeguamento e il potenziamento dei sistemi, come Bari e Brindisi. La scommessa è attivare soluzioni più sofisticate e personalizzate per gli operatori. «Anche solo rendendo operativi gli interventi sulla digitalizzazione, già previsti a livello di PNRR – è intervenuta Confetra – dando piena attuazione al SUDOCO (Sportello Unico Doganale e dei Controlli), alle ZLS (Zone Logistiche Semplificate), alla ZES unica (Zona economica speciale per il Mezzogiorno) e alla Piattaforma Logistica Nazionale, si riuscirebbe a migliorare l’efficienza dei nostri porti, a ridurre i costi e a favorire l’interoperabilità tra i diversi attori coinvolti».

IL DIGITALE PER LE AZIENDE

DI AUTOTRASPORTO

Ma per questo passaggio sono necessari altri step. In primis, il collegamento delle aziende con le piattaforme portuali. A tal proposito RAM sta lavorando a un bando da 175 milioni volto a sostenere fino al 40% la spe-

sa delle aziende di autotrasporto per l’implementazione dei sistemi in grado di collegarle alla rete nazionale, compresa la formazione degli addetti. «I beneficiari saranno tutte le aziende di trasporto e logistica – ha assicurato Benevolo – e gli interventi finanziabili i più vari: sistemi per l’interfaccia con le piattaforme pubbliche, tra privati, gestione delle flotte e formazione».

IL DIGITALE DALL’EUROPA

Il bando arriverà prima di fine 2024, garantiscono da RAM, orgogliosi di tagliare il traguardo con 6 mesi di anticipo sulla tabella di marcia del PNRR, ma dovrà necessariamente attendere i decreti attuativi del regolamento europeo eFTI (1056/2020) relativo alle informazioni elettroniche sul trasporto merci (eFreight Transport Information) con l’adeguamento dei controlli su tutta la rete europea. Il regolamento, in vigore dal 21 agosto 2024, obbliga gli Stati membri a riconoscere entro il 2026 i documenti digitali di trasporto. La votazione dell’atto di esecuzione per l’accesso alle informazioni è stata calendarizzata già lo scorso dicembre, ma non è stato ancora ratificato. Si tratta del tassello che manca anche all’Italia per scrivere i codici di comunicazione tra i vari attori della filiera: solo così la supply chain sarà veramente digitalizzata.

Il VBS di DBA Group IL SOFTWARE DEL PORTO CHE CONNETTE L’AUTOTRASPORTO

Tra i big delle tecnologie per la connessione dei porti figura DBA Group, sviluppatore del software VBS (Vehicle Booking System) applicabile alle piattaforme PCS (Port Community System). Il sistema consente all’Autorità portuale di gestire le prenotazioni degli autotrasportatori per l’accesso dei camion e della merce all’interno degli spazi portuali, mitigando gli effetti dei colli di bottiglia. Gli autotrasportatori, collegati con il modulo VBS tramite software TMS, possono ottenere informazioni aggiornate sullo stato di consegna/ritiro dei container, di avvisare i terminal sul tempo effettivo di arrivo per effettuare le operazioni di deposito e prelievo. Infine, anche il terminalista può organizzare le operazioni di deposito e ritiro dei container su prenotazione, scambiare con gli autotrasportatori informazioni sulle operazioni del terminal, sull’effettivo sbarco dei container in ritiro, sullo svincolo doganale della merce e pagamento dei noli.

ATTENTI AL RO-RO

L’allungamento delle rotte dal Far East per evitare gli attacchi terroristici, fa aumentare tempi e costi e allontana le portacontainer dai porti italiani, proprio mentre cominciano a sentirsi gli effetti degli investimenti per ospitare le mega carrier. Una situazione che favorisce il traffico Ro-Ro, più adatto ai trasporti di breve media distanza

Ese il congestionamento dei terminal container nei porti italiani lo risolvesse la crisi di Suez? È un paradosso, ma le difficoltà incontrate dal traffico container da quando a fine 2023 i ribelli Houthi infestano la rotta del Mar Rosso, stanno incidendo negativamente sull’afflusso di cassoni verso i nostri porti. Da una parte, infatti, i noli sono schizzati verso l’alto (per l’allungamento del tragitto con la più sicura rotta sudafricana), dall’altra i container sbarcati in Italia hanno subito una flessione, perché una volta in Atlantico le portacontainer puntano dirette verso il Northern Range o scaricano sui porti mediterranei spagnoli: Barcellona, Valencia e Algeciras

MEDITERRANEO

PENALIZZATO

Per fare qualche cifra (dati Fedespedi) i principali porti container italiani, nel primo trimestre 2024, hanno perso il 3,2% dei TEU, mentre hanno guadagnato quelli del Nord Europa (+4,5%) e i tre porti spagnoli più vicini a Gibilterra: Barcellona (+22,9%), Valencia (+12,1%) e Algeciras (+4,6%). Quanto ai costi, un allungamento di 5 mila km sulla rotta Shanghai-Genova (8.670 km via Suez e 13.619 km via Capo di Buona Speranza), ha comportato un incremento dei noli che a febbraio 2024 aveva raggiunto l’83% rispetto ai valori medi del 2023. Il paradosso è che nella terza settimana di giugno, sulla Shangai-Rotterdam spedire un TEU costava mediamente 6.867 dollari e sulla Shanghai-Genova 7.029 dollari (WCI). Difficoltà in grado di frenare un’attività avanzata fino ad allora con il vento in poppa. Dal 2016 al 2022 (dati Assoporti) i container sbarcati in Italia sono cresciuti da 10,5 a 11.5

milioni, superando quel tetto degli 11 milioni di TEU, divenuta una soglia psicologica. Un incremento concentrato nei porti gateway, aumentati di un milione di container, da 6,4 a 7.3 milioni

MA DOVE SONO QUESTI

CONTAINER?

È stato anche il risultato di una serie di investimenti nelle aree portuali che hanno aumentato la profondità dei fondali, creato banchine, ampliato piazzali, allungato moli, tirato su frangionde: tutto per ospitare le sempre più diffuse superportacontainer. Ma c’è chi comincia a chiedersi se tutto questo fervore d’opere non sia troppo. È il presidente dei terminalisti italiani, Luca Becce, a gettare il sasso nello stagno in un’intervista a la Repubblica di fine giugno: «Già oggi, tanto per restare in Liguria – ha detto – il sistema Genova-Savona ha un’offerta superiore alla domanda. Cosa succederà domani, quando ci sarà la Bettolo pienamente operativa, quando Sampierdarena avrà completato i suoi tombamenti, Prà avrà più spazi operativi? E poi la piattaforma di Vado e ancora La Spezia e Livorno potenziate. Ma dove sono tutti questi container?». E ha fatto notare che «negli ultimi 11-12 anni abbiamo assistito a una vera e propria inversione di tendenza: il commercio full container intercontinentale è in discesa, lieve, ma in discesa, sostituito da traffici intracontinentali o, per parlare di Genova, intramediterranei».

IL BOOM DEL RO-RO

Dunque, le portacontainer potrebbero lasciar posto alle navi Ro-Ro, camion e autista a bordo. Che negli ultimi dieci anni (dati SRM) hanno segnato una

progressione del +56% (a fronte di una crescita media del settore del 3%) e nel 2023 hanno raggiunto una quota di mercato del 26%. Più nel dettaglio, i dati di Assoporti confermano una crescita da 4,5 a 6,5 milioni di unità Ro-Ro dal 2016 al 2022. Oltre tutto, nel traffico Ro-Ro i nostri porti sono tra i primi in Europa, con sei scali nella classifica dei primi venti. E sono leader nel Mediterraneo, dove l’unica vera alternativa è Barcellona.

Dati su cui riflettere. Quanto durerà la crisi di Suez? E il rallentamento del traffico container dipende solo dagli Houthi? E i futuri equilibri geopolitici come cambieranno il traffico globale? Bisogna pensarci in tempo, altrimenti, per i camionisti finirà per essere solo uno spostamento della coda: dai terminal container agli imbarchi.

3,2%

È la flessione in TEU registrata nel primo trimestre 2024 dai principali porti italiani. Quelli del Nord Europa hanno guadagnato al contrario il 4,5%, mentre sono schizzati Barcellona (+22,9%), Valencia (+12,1%) e Algeciras (+4,6%)

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PREVISTO UN FREDDO IN PER L’INTERMODALITÀ F

L’Europa che corre verso la sostenibilità frena l’intermodalità ferroviaria. Una delle contraddizioni del Vecchio Continente appare evidente dai numeri. Il trasporto delle merci su rotaia è bloccato sotto il 20%, ma negli ultimi anni è in caduta libera attestandosi nel 2022 (ultimo anno disponibile nel database Eurostat) con una media europea del 17,1%. La strada ringrazia e cresce, raggiungendo valori vicini all’80% (si vedano i grafici in pagina). È la concorrenza, bellezza! E qui l’apertura del mercato del cargo ferroviario racconta una storia di smantellamenti che, seppure fatti a fin di bene per ampliare il mercato, non stanno aggiungendo altro che desolazione per le merci sui binari. A partire dalla Francia fino alla Germania. Il prossimo autunno sarà decisivo e il 2025 potrebbe essere l’anno della tempesta perfetta per

l’intermodalità ferroviaria in Europa Sui boulevard di Parigi sono scesi in campo già diverse volte – l’ultima lo scorso giugno – i ferrovieri francesi furibondi per la liquidazione di Fret Sncf che dal 1° gennaio lascerà il posto a due società, una per il cargo e l’altra per la manutenzione, ma completamente ridimensionate in quanto il gruppo ha dovuto cedere alla concorrenza il 30% del traffico e 62 locomotive. La stessa mazzata potrebbe arrivare sulla Germania dove, a seguito dell’indagine avviata dalla Commissione europea, la DB cargo, la più grande ferrovia merci d’Europa con circa 2.500 locomotive e oltre 80.000 carri, potrebbe essere costretta a cedere capacità di traffico. E già si intravedono i primi segnali di inversione di marcia, con il ritiro del gigante dai collegamenti meno redditizi, o addirittura in perdita. Insomma, la

LA PERCENTUALE DEL CARGO FERROVIARIO

Trasporto merci interno tonn-km

storia si ripete, con la Germania pronta a seguire lo stesso copione francese, seppure qui le conseguenze per l’intermodalità ferroviaria del continente potrebbero essere ben più gravi Il cargo ferroviario sì sa, stenta a essere remunerativo. Così i bilanci dei grandi gruppi europei, spesso in sofferenza, venivano ripianati dalla casa madre, ex-monopolista impiegata anche nel (molto remunerativo) business dei passeggeri e dell’Alta velocità. Finché l’Antitrust europeo non ha messo gli occhi proprio su quei bilanci

LA DISFATTA FRANCESE

Tutto inizia nel 2020 quando la Commissione Europea contesta alla Francia aiuti di Stato per 5,3 miliardi di euro nei confronti di Fret Sncf, accusata di aver ripianato e quindi cancellato un debito a bilancio del 2019 con fondi della ca-

VERNO ERROVIARIA UE

società con il 30% di traffico in meno, ceduto alla concorrenza. A Parigi i sindacati sono già scesi nei boulevard per protestare. La stessa cosa potrebbe succedere in Germania, già sotto la lente di Bruxelles, dove DB Cargo ha fatto sapere che non sosterrà più i collegamenti non remunerativi o in perdita. Così l’Europa sostenibile deve fare i conti con la perdita di capacità per il trasporto ferroviario delle merci

pogruppo a controllo pubblico. Ma siccome la restituzione del debito avrebbe fatto fallire la società, viene trovato un accordo in un piano di ristrutturazione in cui si prevede la scissione in due società distinte – una per i servizi cargo, l’altra per la gestione dei mezzi – e la cessione di 23 relazioni ad altri operatori con un ridimensionamento del traffico del 30%, coinvolgendo in tale riassetto anche operatori intermodali attivi con Fret Sncf, come Naviland Cargo, Viia e Forwardis. In tale scenario, il gruppo tedesco DB gioca la parte del leone, coprendo diverse direttrici sia tramite la controllata attiva sul mercato francese, DB Cargo France, sia con la filiale di Deutsche Bahn. Anche Mercitalia Logistics nel 2023 entra nel mercato francese delle merci avviando una serie di relazioni, tra cui Parigi-Catania, Parigi-Bari e Parigi-Marcianise. Ora siamo agli sgoccioli: dal 1° gennaio 2025 Fret Sncf non esisterà più. I sindacati sono sul piede di guerra per «la catastrofe ambientale e sociale» che si abbatterà sul cargo ferroviario francese, chiedendo una moratoria sulla discontinuità

imposta a Fret Sncf. «Le 23 linee da abbandonare – dicono in un comunicato – compreso il treno Perpignan-Rungis, rappresentano circa il 20% del fatturato di Fret Sncf e riguardano il 10% degli attuali 5.000 agenti. Anche se la direzione della Sncf fuga ogni ipotesi di licenziamenti, i sindacati restano scettici». Inoltre, gli stessi sindacati si dicono convinti che la nuova società si concentrerà sui vagoni singoli, attività che consente alle aziende di condividere un treno per le proprie merci, trascurata però fin dall’apertura del mercato e difficilmente recuperabile nell’organizzazione logistica delle aziende.

LA TEMPESTA TEDESCA

L’occhio vigile dell’Antitrust UE non si è fermato a Parigi. A inizio 2022 la Commissione europea ha acceso un faro anche sulla Germania per verificare eventuali aiuti di Stato alla divisione cargo della DB. L’indagine, ancora in corso, potrebbe portare il cargo ferroviario tedesco a ripercorrere la stessa strada di quello francese con lo scorporo di settori aziendali esposti alla

LA PERCENTUALE DEL TRASPORTO STRADALE

Trasporto merci interno tonn-km

concorrenza e collegamenti da cedere ad altri operatori. Intanto il colosso tedesco sembrerebbe orientato a ritirarsi dai collegamenti meno redditizi o addirittura in perdita. Il management DB, in questo modo, metterebbe in salvo i conti, con il rischio però di interrompere i collegamenti più periferici, come quelli con Polonia, Paesi Baltici e Scandinavia, che non raggiungono l’utile nel bilancio, ma rappresentano una valida alternativa al tutto strada a beneficio dell’ambiente. Preoccupazioni in tal senso sono state già espresse da Kombiverkehr, colosso del combinato strada-rotaia che, insieme ad Hupac, detiene la quasi totalità dei servizi intermodali in Germania. «Nonostante le dichiarazioni contrarie, il governo tedesco continua ad allontanarsi dai suoi obiettivi di protezione del clima nel settore dei trasporti – si legge nel comunicato di Kombiverkerhr per la presentazione del bilancio 2023 – Il costante aumento dei prezzi delle tracce ferroviarie, la sospensione del sussidio e il rifiuto del governo federale di pagare i costi aggiuntivi associati al potenziamento dei corridoi dell’alta velocità sono tossici per gli obiettivi di trasferimento modale» e avrebbero già innescato un calo del 15,9% dei volumi intermodali.

Senza considerare che in Francia la DB ha giocato un ruolo di sostegno, mentre in Germania la situazione si prospetta più difficile da gestire e quindi potrebbe portare a un’immediata impennata delle tariffe dell’intermodale e a una perdita di competitività o a conseguenze sull’inflazione in diversi Stati. Insomma, per l’intermodalità ferrovia in Europa tutto lascia presupporre che sarà un inverno letteralmente gelido.

«PRONTI A DIVENTARE PLAYER EUROPEO DELLA LOGISTICA INTEGRATA»

Peril momento i lavori di potenziamento della rete legati ai finanziamenti del PNRR stanno mettendo in difficoltà il sistema con una diminuzione di capacità fino al 60%, ma saranno il pilastro del futuro. La visione di Sabrina De Filippis, AD di Mercitalia Logistics, è ottimistica e poggia sulla recente acquisizione di Exploris che ha permesso il consolidamento sul mercato tedesco, fino a diventare il secondo operatore dopo DB Cargo. Guarda anche ad altri mercati per offrire collegamenti intermodali completi, anche grazie al “cantiere della logistica, un mix di azioni strategiche necessarie per essere pronti a sfruttare le opportunità date dalle nuove infrastrutture appena saranno rese disponibili”

L’intermodalità in Europa vive una stagione incerta. Mercitalia Logistics ha investito anche all’estero Come procedono queste attività?

Le numerose interruzioni per lavori di potenziamento della rete in tutta Europa, ci porteranno benefici nel lungo periodo, ma al momento comportano delle difficoltà oggettive nella circolazione dei nostri treni. Si stima che solo in Italia le interruzioni alla circolazione ferroviaria, programmate fino al 2026, comportano una diminuzione di capacità fino al 60% per i traffici ferroviari

delle merci. A queste si aggiungono gli eventi straordinari, come quelli che stanno interessando i valichi: per esempio in Francia solo il blocco del Frejus sta determinando per il Polo Logistica un mancato ricavo mensile di circa 1 milione di euro. In un momento come questo, è necessario rafforzare l’efficienza, la competitività e la resilienza degli attori coinvolti nella catena della logistica. Il nostro piano industriale è la risposta concreta con il quale stiamo affrontando queste sfide, rafforzando il network delle partnership di valore e sviluppando progetti infrastrutturali che permetteranno di collegare asset strategici con porti, interporti e terminali multimodali.

Quali sono al momento i mercati più promettenti?

In questi ultimi mesi abbiamo puntato a rafforzare i collegamenti europei grazie all’acquisizione di Exploris. Un’operazione che ha consolidato la nostra presenza in Germania, portandoci al 2° posto nella graduatoria delle imprese ferroviarie nel Paese dopo DB Cargo, oltre ad estendere la nostra forza diretta in Belgio, Polonia e Repubblica Ceca. I collegamenti ferroviari internazionali di Exploris, fortemente orientati ai trasporti est-ovest, vanno a completare la rete di TX Logistik, già molto presente lungo l’asse nord-sud Europa. Il Polo Logistica del Gruppo FS si propone come opera-

tore di sistema, puntando a espandere il network in tutta Europa anche attraverso partnership e collaborazioni con l’obiettivo di diventare il player europeo della logistica integrata, compreso il raccordo con il primo e l’ultimo miglio, con la gestione dei terminali e delle piattaforme logistiche per consentire una piena intermodalità con la gomma e con il mare. In Europa siamo presenti in 12 Paesi, sia sull’asse nord-sud che est-ovest, con collegamenti giornalieri da e per l’Italia a vantaggio dei servizi di import ed export a sostegno del made in Italy

Cosa servirebbe davvero in Europa per potenziare il trasporto ferroviario delle merci e l’intermodalità?

Nuove acquisizioni, sinergie con operatori e partner, investimenti in digitalizzazione e innovazione, in particolare nei terminal. È questa la ricetta con cui Mercitalia Logistics, capofila del Polo Logistica del Gruppo FS, punta a rafforzare il proprio network per integrare sempre più il trasporto su rotaia, su strada e via mare

Sicuramente i numerosi progetti PNRR e delle reti Ten-t dedicati al mondo infrastrutturale in corso permetteranno di specializzare le vocazioni per il trasporto merci e per quello passeggeri delle varie opere, aumentando la capacità delle infrastrutture e di conseguenza la qualità. Il settore della logistica vedrà un nuovo slancio che saremo pronti a sfruttare grazie al completamento del nostro piano di investimenti. In questo contesto è fondamentale sottolineare la strategicità dell’Italia, con la sua posizione al centro del Mediterraneo e connessa alle principali infrastrutture e corridoi europei che garantiscono al Paese un ruolo essenziale nel mercato della logistica internazionale, rendendolo fortemente attrattivo.

Come Polo Logistica del Gruppo FS stiamo lavorando al cosiddetto “cantiere della logistica”, un mix di azioni stra-

tegiche necessarie per essere pronti a sfruttare le opportunità date dalle nuove infrastrutture appena saranno rese disponibili. Tra queste azioni saranno fondamentali quelle dedicate all’innovazione e alla digitalizzazione, soprattutto all’interno dei terminal. Il nostro piano industriale prevede investimenti dedicati alla digitalizzazione, anche grazie a progetti innovativi. Per esempio, siamo i primi in Italia a supportare il sistema digitale DAC, Digital Automatic Coupling, che consente l’accoppiamento dei carri in modo automatico e smart. Il DAC deve diventare un impegno prioritario per tutto il settore, supportato dalle istituzioni italiane ed europee, perché eleva ulteriormente i livelli di sicurezza e si pone come uno dei fattori abilitanti per il rilancio qualitativo della mobilità delle merci in ottica multimodale.

ComePoloLogisticadel GruppoFSstiamolavorando al cosiddetto “cantiere della logistica”,unmixdiazioni strategichenecessarieper essereprontiasfruttare leopportunitàdatedalle nuoveinfrastruttureappena sarannoresedisponibili.

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«TARIFFE ALLE STELLE

E CLIENTI IN FUGA»

La crisi tedesca rischia di generare un contraccolpo sull’intermodalità ferroviaria europea.

L’impennata delle tariffe espone infatti il settore a derive inflattive, oltre che a renderlo più fragile in termini di competitività rispetto alla strada

«Seil Governo tedesco non interverrà, le tariffe aumenteranno con ripercussioni sulle economie di quasi tutti gli Stati membri fino all’aumento dell’inflazione a danno dei consumatori». L’analisi è di Simon Valvassori, amministratore delegato di Giezendanner Italy e Sales Europe per la grande realtà svizzera attiva nell’intermodalitàindiversipaesieuropei, Germania compresa, al quale abbiamo chiesto di aiutarci a capire gli effetti delle scelte in Europa

Quali saranno le conseguenze dello scossone tedesco sull’intermodalità ferroviaria in Europa?

Quello che sta succedendo in Europa significa molte cose. In primis, si allontana l’obiettivo della Commissione di spostare merce dalla strada alla rotaia. È chiaro che se vogliamo trasportare merci dalla zona della Ruhr, da Colonia a Milano, non c’è il rischio di perdere tracce, ma una concreta possibilità che le tariffe aumentino a causa dell’assenza di disponibilità dell’operatore principale. È come se alla Lufthansa dicessero di non usare più i Boeing, ma solo gli Airbus. Viene a mancare un 50% della flotta. Nella situazione tedesca il 70% dei treni usati dagli operatori intermodali sono di DB Cargo: perdendo il fornitore principale di mezzi, aumenteranno i costi e quindi le tariffe

Avete idea d i quanto aumenteranno?

Attualmente è impossibile stimare quali siano gli effetti concreti sulle tariffe ferroviarie. E comunque mi stupirei se gli aumenti fossero inferiori al 10 per cento. Me li aspetto più consistenti sulle tracce meno comuni, come quelle per i Paesi dell’Est o per i Paesi Baltici, ma faccio fatica a ipotizzare numeri precisi. Potrei stimare una forbice tra il 10 e il 20 per cento. Si tratta di un grande shock che pone l’intermodale in una condizione di inferiorità rispetto alla strada. Se poi consideriamo il fatto che l’intermodale vive un momento drammatico a causa delle criticità del servizio, tutto lascia presupporre un 2025 molto difficile.

Di cosa avrebbe bisogno l’intermodalità ferroviaria per invertire il trend negativo?

Non sono un ministro per poter rispondere. Fatto sta che il Ministro delle Finanze tedesco non ha ricevuto gli operatori intermodali in cerca di soluzioni per ovviare all’impasse causata dalla chiusura dei contratti da parte di DB Cargo dopo l’apertura dell’indagine della Commissione europea.

Giezendanner può essere avvantaggiata da questo passaggio verso la modalità stradale?

Assolutamente no: il nostro gruppo na-

sce e opera come realtà intermodale. Abbiamo 250 camion e usiamo la strada solo per movimentare i tank container dallo scarico alle stazioni d’imbarco o di arrivo. Noi siamo tra i primi 25 trasportatori intermodali di chimica in Europa, presenti anche nel capitale di Kombiverkehr. Siamo fornitori di logistica di grandi clienti, quali Basf, Ineos, KLK, Brenntag, Helm, solo per citarne alcuni

Quali saranno le conseguenze per il mercato italiano?

Se il Governo tedesco non interviene per impedire la deriva dell’intermodale, l’aumento delle tariffe si ripercuoterà sui prezzi delle materie chimiche, producendo un aumento a cascata che investirà in primis la macroeconomia, per poi arrivare alle tasche dei consumatori finali, incidendo anche sull’inflazione.

L'A L'A L’Agenda

di agosto/settembre 2024

A cura di Anna De Rosa

SOMMARIO

• Incentivi per ricariche

• Dichiarazioni sostitutive per cambi veicoli

• Deroghe ADR, ma non per l’Italia

• Sistemi per angolo-cieco: a Milano ritornano

INCENTIVI PER RICARICHE

• Prorogata presentazione dell’E-Das

• La CO2 dei veicoli pesanti: le regole Ue

• Aspettando il Rentri: parte Ambiente Demo

• Chiarimenti sull’uso della targa prova

rgetica. pubblica

sito del MASE

Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica. Avvisi pubblicati sul sito del MASE

i avvisi, i promosso, ne la realizzazio ani st

Con la pubblicazione di due avvisi, il Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica ha promosso, nell’ambito del PNRR, la presentazione di progetti per la realizzazione di infrastrutture di ricarica elettrica nei centri urbani e sulle strade extraurbane. Vediamo i principali punti.

nistero dell’Ambiente mbito di infrastrutture di ricarica e extraurbane

ono rivolti al gruppamenti ture di ricaric blico o su are ornimento ca utoeconomic

mprese poranei (RTI) che intendocalizzate ivate

Destinatari. Gli avvisi sono rivolti alle imprese di qualsiasi dimensione e settore, ai raggruppamenti temporanei (RTI) che intendono realizzare infrastrutture di ricarica localizzate presso parcheggi esistenti sul suolo pubblico o su aree private ad accesso pubblico, o presso stazioni di rifornimento carburanti.

pre-

Contributo. Il contributo economico è a fondo perduto ed è previsto per un importo pari al massimo del 40% delle spese ammissibili. In particolare:

• per ogni infrastruttura di ricarica sulle strade extraurbane sono

ammesse spese fino a un massimo di 121.500 euro

ammesse spes

• ciascun messe sp Termin in funz Soggetto ges store della misura, omanda

• per ciascuna infrastruttura di ricarica nei centri urbani sono ammesse spese fino a un massimo di 65.000 euro.

Termini e obiettivi. Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, mira a completare la messa in opera delle infrastrutture entro il 31 dicembre 2025, data in cui dovrebbero esser entrati in funzione almeno 21.255 punti ultra-fast.

Soggetto gestore della misura. Il GSE svolgerà le funzioni di gestore della misura, assicurando un’attività di supporto tecnico-operativo al MASE e la possibilità per gli interessati di presentare la domanda nell’area clienti. Le istanze di ammissione al beneficio devono essere presentate sulla piattaforma predisposta dal GSE fino alla data del 7 ottobre 2024 ad ore 21,59.

fino a un massimo di 121.500 euro nfrastruttura di ricarica nei centri urbani sono amse fino a un massimo di 65.000 euro. dell’Ambiente e della Sicurezza tica, opera tro entr e almeno 21.2 re della m gerà le funz sicurando suppor ossibilità per enti. ammis no 21

DICHIARAZIONI SOSTITUTIVE PER CAMBI VEICOLI

Albo gestori ambientali. Deliberazione n. 2 del 28.06.2024

Con questa Deliberazione, il Comitato nazionale Albo gestori è intervenuto sulla validità delle dichiarazioni sostitutive relative alla variazione delle dotazione di veicoli, considerata la scadenza del mandato di 5 anni e dunque la pendenza della fase di rinnovo delle Sezioni regionali.

La Deliberazione al fine di tutelare le imprese iscritte, ha stabilito che «per tutte le istanze di variazione per incremento della dotazione dei veicoli trasmesse dal 27 marzo 2024 e per le quali non sia stato ancora emesso il provvedimento definitivo, la du-

a ’allegato tesa,

rata della validità dell’accettazione dell’atto di notorietà”(di cui all’allegato “A” alla deliberazione n. 5 del 3 settembre 2014) è estesa, in via eccezionale e temporanea, ad un periodo massimo di 180 giorni a decorrere dalla data di accettazione della dichiarazione stessa.

Dal 1° novembre 2024, torna dunque ad applicarsi il termine massimo di 60 giorni, come previsto da precedente deliberazione (n. 5 del 3 settembre 2014).

essa. bre rni, e

DEROGHE ADR, MA NON PER L’ITALIA

Comm. UE. Decisione di esecuzione (UE) 2024/1762 del 5.06.2024, pubblicata sulla GUUE serie L del 28 .06.2024

Con questa decisione è stata modificata la direttiva 2008/68/ CE - allegati I, II e III- relativa al trasporto interno di merci pericolose. La Commissione UE ha autorizzato alcuni Stati mem-

bri ad applicare le deroghe previste per il trasporto di merci pericolose all’interno del loro territorio, ma le deroghe autorizzate non riguardano comunque l’Italia.

SISTEMI PER ANGOLO-CIECO: A MILANO RITORNANO

A seguito della sentenza del Consiglio di Stato, pubblicata il 26 febbraio 2024, il Comune di Milano ha ripristinato le norme sull’obbligo dei dispositivi di rilevamento dell’angolo cieco sui mezzi pesanti. Il Consiglio di Stato ha infatti accolto il ricorso presentato dallo stesso Comune contro la sentenza del TAR Lombardia, che aveva annullato la delibera n. 971 dell’11 luglio 2023, istitutiva del divieto di circolazione nella ZTL (area B e area C) dei veicoli di categoria M2, M3, N2 e N3 sprovvisti di un appo-

sito adesivo di segnalazione dell’angolo cieco e di sistemi per il rilevamento di pedoni e ciclisti. Il Comune di Milano ha attualmente già riattivato e pubblicato sul proprio sito, il divieto di accesso e circolazione per i veicoli sprovvisti dei sistemi di rilevazione dell’angolo cieco. Inoltre ha reso pubblica a metà maggio la Determina dirigenziale n.3869 conferendole efficacia immediata. Con questa Determina è stato approvato il Disciplinare dei sistemi di comunicazione e di

A seguito della sentenza del Consiglio di Stato, pubblicata il 26 febbraio 2024, il Comune di Milano ha ripristinato le norme sull’obbligo dei dispositivi di rilevamento dell’angolo cieco sui mezzi pesanti. Il Consiglio di Stato ha infatti accolto il ricorso presentato dallo stesso Comune contro la sentenza del TAR Lombardia, che aveva annullato la delibera n. 971 dell’11 luglio 2023, istitutiva del divieto di circolazione nella ZTL (area B e area C) dei veicoli di categoria M2, M3, N2 e N3 sprovvisti di un apposito adesivo di segnalazione dell’angolo cieco e di sistemi per il rilevamento di pedoni e ciclisti.

Il Comune di Milano ha attualmente già riattivato e pubblicato sul proprio sito, il divieto di accesso e circolazione per i veicoli sprovvisti dei sistemi di rilevazione dell’angolo cieco. Inoltre ha reso pubblica a metà maggio la Determina dirigenziale n.3869 conferendole efficacia immediata. Con questa Determina è stato approvato il Disciplinare dei sistemi di comunicazione e di registrazione della targa per l’accesso dei veicoli nella ZTL Low Emission Zone – Area B.

Sono dunque rinnovate tutte le precedenti disposizioni e le tempistiche per adempiere all’obbligo di installazione dei dispositivi di rilevazione dell’angelo cieco.

Si prevede che in ZTL Area B, i veicoli di categoria N3 muniti di adesivi per angoli ciechi dal 1° ottobre 2023 possano circolare se i proprietari sono in possesso di un contratto di acquisto relativo a sistemi avanzati capaci di rilevare la presenza di pedoni e ciclisti in prossimità sia della parte anteriore del veicolo sia del lato del marciapiede e di emettere un segnale di allerta, fino all’installazione del dispositivo e comunque non oltre il 31 dicembre 2024.

Per provare il contratto di acquisto, l’interessato deve conservare a bordo del veicolo la copia della documentazione che attesta l’ordine di acquisto, con indicati il numero di kit ordinati, marca e modello.

Per poter usufruire della deroga, gli interessati devono registrarsi al servizio online Area B accessibile dal Portale Internet del Comune di Milano (www.comune.milano.it/areab). Questa registrazione consente infatti all’utente di inserire la targa del veicolo e la relativa deroga.

La richiesta di deroga deve essere completata prima dell’accesso alla ZTL dalla funzione Richiesta permessi e corredata dalla

seguente documentazione:

• carta di circolazione;

• dichiarazione dell’installatore datata e timbrata con l’indicazione della marca e del modello di sensori utilizzati, del numero di targa e di telaio del veicolo sul quale sono installati, oppure, nel caso di veicoli che sono dotati dei sistemi al momento dell’acquisto, dichiarazione rilasciata dal produttore, attestante la dotazione dei dispositivi, con l’indicazione della marca e del modello di sensori, del numero di targa e di telaio del veicolo sul quale sono stati installati. In attesa di installare il sistema, l’utente deve caricare una serie di documenti:

• copia fronte e retro del libretto di circolazione;

• copia dell’ordine di acquisto indicante il numero di kit ordinati, marca e modello.

Riepilogando:

1. Dal 1° ottobre 2023 possono circolare in ZTL Area B, veicoli di categoria N2 muniti di adesivo per angolo cieco. Per poter usufruire della deroga, analogamente ai veicoli di categoria N3, gli interessati devono registrarsi al servizio online Area B accessibile dal Portale Internet del Comune di Milano (www.comune.milano.it/areab). La richiesta di deroga deve essere completata prima dell’accesso alla ZTL dalla funzione “Richiesta permessi” allegando la seguente documentazione:

• carta di circolazione;

• carta identità dichiarante;

• auto dichiarazione che il veicolo è munito di adesivo di segnalazione angolo cieco.

2. Dal 1° ottobre 2024 possono circolare nella ZTL Area B i veicoli N2 - i cui proprietari risultino in possesso di un contratto di acquisto relativo a sistemi avanzati capaci di rilevare la presenza di pedoni e ciclisti in prossimità sia della parte anteriore del veicolo sia del lato del marciapiede e di emettere un segnale di allerta - fino all’installazione del dispositivo e comunque non oltre il 31 dicembre 2025.

3. La procedura di registrazione è la medesima dei veicoli di categoria N3 sopra descritta.

PROROGATA PRESENTAZIONE DELL’E-DAS

Con questa determinazione direttoriale, l’Agenzia delle Dogane ha prorogato al 1° novembre 2025 l’obbligo di presentazione dei documenti elettronici di trasporto per determinati prodotti energetici in forma esclusivamente telematica dell’eDAS nazionale. Vediamo sinteticamente la disciplina.

Oggetto. Si tratta dei trasferimenti nel territorio dello Stato dei prodotti assoggettati, diversi da quelli previsti da precedente determinazione direttoriale (determinazione direttoriale protocollo

n. 285111/RU del 27 giugno 2022), nonché dei prodotti assoggettati condizionati.

Termini. La decorrenza dell’obbligo di presentazione in forma esclusivamente telematica del documento di accompagnamento previsto per la circolazione in sospensione dei prodotti soggetti alle altre imposizioni indirette previste dal TUA (oli lubrificanti e bitumi) è prorogata al 1° novembre 2025.

Agenzia delle Dogane. Determinazione Direttoriale dell’11.06.2024

LA CO2 DEI VEICOLI PESANTI: LE REGOLE UE

Regolamento UE 2024/1610 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale UE del 6.06.2024 - Serie L

cazione Re conten abroga

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Con la pubblicazione di questo Regolamento UE 2024/1610 vengono modificate le disposizioni contenute in precedenti regolamenti europei (regolamento (UE) 2018/858 e abrogazione del regolamento (UE) 2018/956). L’obiettivo dell’UE è quello di rafforzare i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi e integrare gli obblighi di comunicazione, nonché di estendere il campo di applicazione ad una quota maggiore di veicoli pesanti ricomprendendo in questo modo il 91% delle emissioni delle CO2, considerato che gli standard attualmente vigenti si applicano unicamente ai veicoli responsabili del 69% delle emissioni. Vediamo i principali aspetti del nuovo Regolamento UE Ambito di applicazione. La nuova normativa si applica a tutti gli autocarri sopra le 5 tonnellate, compresi i veicoli professionali, tra cui gli autocarri per rifiuti, a cassone ribaltabile o miscelatori per calcestruzzo (a partire dal 2035), agli autobus urbani e quelli a lunga percorrenza (oltre le 7,5 tonnellate), nonché ai rimorchi. Nel 2027 ( ex art 3-quater), la Commissione deciderà se applicare l’ampliamento dell’ambito di applicazione anche agli autocarri con peso inferiore alle 5 ton e ad altri veicoli professionali. Deroghe. Il Regolamento ( art 3bis ) prevede deroghe per alcune tipologie di veicoli, quali i mezzi utilizzati dai servizi di protezione civile, dai servizi antincendio, dai servizi responsabili del mantenimento dell’ordine pubblico, dai servizi di assistenza medica d’urgenza e tutti quelli utilizzati a livello militare. In totale i veicoli esentati rappresentano il 13% delle vendite di veicoli pesanti e il 7% delle emissioni della flotta totale.

Obiettivi riduzione emissioni. Le norme pubblicate hanno confermato gli obiettivi proposti dalla Commissione per una riduzione delle emissioni rispetto al 2019:

• del 45% a partire dal 2030;

• del 65% a partire dal 2035;

• del 90% a partire dal 2040.

Per il 2025 resta valido, invece, l’obiettivo vigente che impone una riduzione delle emissioni del 15% per veicoli di peso superiore alle 16 tonnellate. I costruttori dei veicoli, per raggiungere tali obiettivi di riduzione delle emissioni, possono optare tra più alternative: elettrificazione, celle a combustibile a idrogeno o idrogeno nei veicoli a combustione interna. In particolare, è stata introdotta nel regolamento l’apertura verso l’utilizzo dei carburanti rinnovabili in un’ottica di decarbonizzazione del trasporto stradale.

Per questo è stata inserita in Regolamento una clausola di revisione che permetterà di verificare l’efficacia e l’impatto del regolamento nel 2027 (art. 15). Si propone di sviluppare una metodologia comune per la valutazione e la rendicontazione delle emissioni di CO2 dell’intero ciclo di vita dei nuovi veicoli pesanti, di valutare il ruolo di un fattore di correzione del carbonio (CCF) nella transizione del settore verso una mobilità a zero emissioni nonché di valutare una metodologia per la registrazione dei mezzi pesanti alimentati esclusivamente con carburanti “carbon neutral”.

I temi al vaglio dell’UE sono essenzialmente:

1. Metodologia di calcolo: in discussione se passare da una valutazione «well to thank» a una «well to wheel». Con l’analisi «dal pozzo

alla ruota» estesa all’intero ciclo di vita del veicolo (LCA, Life Cycle Assessment) si vorrebbe includere il contributo delle emissioni nelle varie fasi, partendo dalla produzione di un mezzo, al suo utilizzo e infine allo smaltimento finale di tutti i suoi componenti, come le batterie che sono altamente inquinanti.

2. Carburanti alternativi: entro il 31 dicembre 2025 la Commissione deve fare una relazione sulla necessità di incentivare la diffusione dei biocarburanti avanzati, del biogas e dei combustibili rinnovabili di origine non biologica nel settore dei veicoli pesanti e un adeguato quadro di misure per realizzare tale diffusione, compresi incentivi finanziari.

alla ruota» estesa Assessment t le varie e infine allo smaltimento finale di tutti i suoi batterie che sono inquinanti. Carburanti alternativi: entro il Commissione una combustibili compresi incentivi finanziari

Apposita norma (art. 3ter) prevede inoltre la valutazione sui veicoli retrofittati, ovvero dei veicoli convenzionali convertiti in Zero Emission Vehicles, per cui la Commissione UE dovrà valutare entro il 2025, la necessità di agevolare la diffusione sul mercato dei veicoli pesanti modificati, attraverso norme armonizzate di approvazione.

Rimorchi. Le Istituzioni europee hanno concordato di fissare gli obiettivi 2030 per i rimorchi al 7,5% e per i semirimorchi al 10% rispetto al 2025, hanno introdotto la definizione di “e-trailer” per assicurare chiarezza giuridica e intendono adattare la normativa esistente agli sviluppi tecnici della nuova tipologia di rimorchi, tenuto conto del potenziale contributo alla decarbonizzazione del comparto di questi mezzi. E’ stata anche data una precisa definizione di rimorchio elettronico, inteso come: “qualsiasi tipo di rimorchio in grado di contribuire alla propulsione della e combinazione del veicolo utilizzando il proprio gruppo propulsore elettrico e che non può essere utilizzato su strade pubbliche senza essere trainato attivamente da un veicolo a motore”. Il regolamento è già in vigore, ma si applicherà dal 1° luglio 2025.

ovvero dei veicoli convenzionali convertiti in Zero Emission diffusione ortano il flotta ato e intendono adattare la normativa alla una precisa gruppopropulsoreelettricoechenonpuòessereutilizzatosustrade ata anche data un eso ti ulsione della e combinazi ropulsore senza essere trainato a nto m

ANDAMENTO PETROLIO BRENT A 3 MESI

ASPETTANDO IL RENTRI:PARTE AMBIENTE DEMO

Sul sito RENTRI (www.rentri.gov.it/demo) è attiva una nuova area Ambiente Demo destinata agli utenti che vogliono partecipare alla fase di sperimentazione delle procedure e degli adempimenti del Registro nazionale di tracciabilità dei rifiuti, prima dell’avvio del nuovo sistema.

In particolare, l’area DEMO permette agli utenti di svolgere le seguenti operazioni:

• analizzare le informazioni da trasmettere in sede di registrazione;

• verificare le funzionalità offerte dai servizi di supporto messi a disposizione dal RENTRI per la tenuta dei registri cronologici di carico e scarico in formato digitale;

• verificare le funzionalità offerte dai servizi di supporto messi a disposizione dal RENTRI per la vidimazione e emissione dei nuovi formulari di identificazione del rifiuto

in formato cartaceo;

• testare le regole e le procedure per l’interoperabilità tra i sistemi informativi degli utenti e RENTRI.

L’accesso a tale area richiede obbligatoriamente il possesso dei seguenti strumenti digitali di autenticazione:

• SPID per persona fisica

• SPID per persona giuridica

• Carta Nazionale dei Servizi (CNS)

• Carta di Identità Elettronica (CIE)

E’stato predisposto un manuale a disposizione degli operatori dove consultare le istruzioni per l’accesso e l’iscrizione al REN-

TRI in ambiente DEMO (www.rentri.gov.it/demo)

Il manuale verrà periodicamente svuotato dei dati inseriti dagli utenti, ma rimarrà comunque sempre accessibile, anche dopo la piena operatività del RENTRI fissata al 15 dicembre 2024.

CHIARIMENTI SULL’USO DELLA TARGA PROVA

Con questa circolare, la Direzione centrale della Polstrada ha dato chiarimenti in riferimento alle disposizioni del MIT contenute nella circolare 2 maggio 2024, aventi ad oggetto la circolazione di prova dei veicoli.

Viene precisato che in caso di circolazione di veicolo non immatricolato con autorizzazione di prova scaduta di validità ricorrono le violazioni del Codice della Strada, in particolare dell’art. 93 CDS, per mancanza di immatricolazione e dell’art.193 CDS per mancanza di copertura assicurativa.

Pertanto, l’impiego dell’autorizzazione in corso di validità:

• per esigenze diverse da quelle indicate nel DL n. 121/2021 o

• da parte di soggetti autorizzati – non ricompresi nell’elenco

dell’art.1 del DPR 474/2021 – vale a dire costruttori di veicoli, carrozzerie e pneumatici, sistemi o dispositivi di equipaggiamento e loro rappresentanti, commercianti di veicoli, imprese che trasferiscono su strada i veicoli, officine di riparazione, comporta l’applicazione delle sole sanzioni per la “circolazione di prova” per un uso diverso da quello prescritto (art.98 del CDS).

In questa norma si prevede una sanzione amministrativa da 87 a 344 euro; nel caso di più di 3 violazioni, la sanzione pecuniaria va da 173 a 694 euro e scatta la sanzione accessoria della confisca del veicolo.

COSTIDIGESTIONE GIUGNO 2024

Nel periodo preso in considerazione, si è registrata una ripresa della volatilità delle quotazioni internazionali, con conseguente ripartenza della dinamica ascendente del prezzo dei carburanti, registrata per ora come crescita in termini assoluti, ma non ancora sulla media ponderata. In sintesi, si chiude un semestre che ha ancora prodotto un aumento dei costi che, seppure al momento non appare dirompente nelle percentuali, ha comunque avuto riflessi negativi nelle gestioni delle imprese di autotrasporto; altre preoccupazioni derivano da difficoltà riscontrate da alcuni settori merceologici oltre che dalla congiuntura economica internazionale, ancora incerta. Al momento, non presentano cambiamenti le altre voci di costo.

Ministero interno. Circolare Direzione centrale Polstrada

TUTTE LE ANOMALIE DELL’ECOBONUS

Come mai le risorse dell’Ecobonus per i veicoli commerciali leggeri elettrici si sono esauriti così rapidamente, mentre quelli per le alimentazioni termiche sono state utilizzate solo per metà?

Francesco C _Bari

Con la pubblicazione del DPCM 20/05/2024 «Rimodulazione degli incentivi per l’acquisto di veicoli a basse emissioni inquinanti» e la relativa attivazione della Piattaforma di prenotazione gestita da Invitalia, a partire dal 3 giugno è finalmente in funzione l’Ecobonus 2024, il dispositivo di incentivazione per il rinnovo del parco N1 e N2 fino a 7,2 ton (oltre che per le auto e i motocicli) dedicato alle PMI in conto terzi e in conto proprio, con una disponibilità pari a 53 milioni di euro, di cui circa 13,5 milioni (25%) riservato ai veicoli elettrici BEV. Come anticipato in precedenti articoli della nostra rubrica, il nuovo Ecobonus supera in larga misura le controversie attuative del precedente Ecobonus N1/N2, prevedendo un incentivo (con rottamazione obbligatoria di veicoli =<Euro 4/IV) anche per i veicoli commerciali termici di ultima generazione (benzina/diesel, ibridi, CNG e GPL) e consentendo l’accesso alle agevolazioni anche alle persone giuridiche che svolgono attività di noleggio, seppur limitatamente ai veicoli commerciali elettrici. Avevamo facilmente previsto che con tale nuova configurazione – abbinata a un incremento consistente delle intensità di aiuto – l’appetibilità per investimenti sui veicoli commerciali elettrici BEV sarebbe aumentata considerevolmente. E così è stato…

Ma sarebbe stato troppo bello mettere a disposizione del mercato un dispositivo chiaramente fruibile e non predisposto ad abusi e fenomeni di accaparramento indesiderato. I problemi si sono infatti manifestati già dopo poche ore dall’avvio della Piattaforma Ecobonus 2024, gestito da Invitalia, con un anomalo repentino esaurimento delle risorse riservate ai veicoli BEV, le uniche accessibili dalle società di noleggio. Queste ultime sono state indicate da tutti coloro che conoscono bene il comparto come le «persone

giuridiche» che hanno fatto man bassa delle risorse disponibili, approfittando di una sostanziale anomalia del dispositivo, che non prevede di inserire obbligatoriamente il contratto stipulato con la PMI beneficiaria del bonus già in fase di prenotazione, consentendo alle società di noleggio di prenotare le risorse (per un BEV N1 da 3,5 ton l’incentivo unitario è di 14mila euro, senza rottamazione, quasi il doppio del precedente Ecobonus) senza indicarne il beneficiario, ripromettendosi di ultimare in qualche modo il processo entro i 270 giorni previsti per la rendicontazione finale.

Da quanto abbiamo appreso dalle Associazioni Federauto e Anfia, il Ministero del Made-in-Italy – MIMIT – su questa criticità intenderebbe correre ai ripari, rendendosi conto dell’anomalia che viola la «ratio» stessa che è alla base del provvedimento, finalizzato a sostenere le PMI nel processo di transizione ecologica del parco. Infatti, il MIMIT ha dato disposizioni ad Invitalia di trasmettere una PEC a tutte le persone giuridiche che hanno effettuato la prenotazione per investire sugli N1 (e N2 fino a 7,2 ton) ad alimentazione elettrica, dando tempo alcune settimane per trasmettere i relativi contratti con le PMI beneficiarie. Al momento della redazione dell’articolo, questo passaggio non risulta ancora effettuato. Si tratta in ogni caso di un atto dovuto ed essenziale per correggere una grave anomalia del nuovo Ecobonus 2024, che rischia di incentivare – sulla categoria più innovativa, ossia sull’elettrico – chi non ne ha bisogno (le società di rent), anziché i soggetti a cui è destinato (le PMI).

Un’altra anomalia che sta condizionando l’andamento delle prenotazioni è certamente rappresentata dalle residue limitazioni ereditate dall’Ecobonus 2022-23 relativamente alle categorie termiche, il cui fondo dedicato, pari a

39 milioni circa, non è accessibile per le grandi imprese, richiedono inoltre la rottamazione obbligatoria di un veicolo commerciale di classe uguale o inferiore a Euro 4/IV ed esclude le società di noleggio. Si tratta di limitazioni che – messe tutte insieme – stanno rendendo non agevole l’accesso agli incentivi per chi vuole modernizzare il parco acquistando un veicolo commerciale diesel o CNG di ultima generazione (si ricorda, ad esempio, che l’agevolazione è pari a 3500 euro per un N1 diesel Euro 6/E da 3,5 ton). E anche su questa anomalia, il MIMIT ha provato a metterci la caratteristica «pezza», consentendo di utilizzare le risorse residue su indicate anche per l’acquisto di veicoli commerciali BEV (noleggiatori inclusi), nella speranza che sia davvero verificabile e verificata la stipula di contratti con le PMI beneficiarie.

Che fare per il futuro al fine di evitare i soliti pasticci «all’italiana»? Basterebbe clusterizzare le risorse disponibili su più categorie di beneficiari, con plafond separati e distinti: ad esempio, prevedendo un riparto adeguato delle risorse per il rinnovo dei veicoli commerciali – con intensità d’aiuto differenziati in base alle tecnologie – tra le grandi imprese, le PMI e le società di noleggio. In questo modo, il supporto per la transizione ecologica dei veicoli N1/N2 sarebbe a più ampio spettro, generando benefici in tutti gli ambiti della nostra economia, senza correre il rischio di promuovere una competizione tra «persone giuridiche» che non serve a nessuno, tanto meno alla sostenibilità del sistema dei trasporti.

UNA PROPOSTA R DIVENTIAMO CA

Da sempre la persona al volante del camion viene vista brutta, arrogante, ingombrante. Cosa fare per cambiare questa visione? Si potrebbe mettere al servizio di chi va per strada la competenza che noi autisti abbiamo accumulato in tale contesto. Magari, usando tutto il garbo possibile. E se poi non dovesse funzionare, pazienza: vi aiuterà comunque a stare meglio con voi stessi

Padova, giugno: nulla di nuovo all’orizzonte.

Sto percorrendo la solita tratta autostradale verso Treviso con tappa a Castelfranco. Per me significa uscire a Padova est. E qui, nonostante la presenza di Ikea, il clima di questo giugno è più siciliano che svedese.

Come accade spesso ai caselli, c’è una vettura che sbaglia corsia e, malgrado in entrata avesse preso il ticket, in uscita imbocca le corsie del Telepass, bloccando il traffico.

Nulla di nuovo, se non la solita impercettibile orticaria che monta in noi autisti: ci possiamo abituare a tutto, ma non capiremo mai come si riesca sistematicamente a incasinarci ai caselli, malgrado siano muniti di disegnini semplici come le istruzioni dei mobili Ikea.

Dopo una decina di minuti di attesa, diventa evidente che l’automobilista bloccato al casello ha qualche difficoltà: allungo il collo per superare con lo

Quantopocoèbastato persollevarequellafamiglia daundisagio.Quantopoco èbastatopersentirmiuna bravapersonaegoderedi un’euforiaincredibileper tuttoilgiorno.Esefosse questal’immagineconcui ridisegnarenoiautisti? Nonsarebbetuttopiù belloesemplice?

sguardo le macchine davanti e scorgo una targa straniera.

«Non ce la faremo mai», penso. È cosa nota che gli altoparlanti gracchianti dei caselli sono in grado di distorcere talmente tanto le parole che anche un messaggio elementare – del tipo «è tutto ok, vada» – diventi un codice crittografato. Figuriamoci poi cosa riesca a capire uno sloveno, per di più messo in ansia dalla fila alle sue spalle. Dall’auto vedo scendere qualcuno: è una donna con un neonato in braccio. La vedo persa mentre, in mezzo al rumore delle auto, continua a saltellare per cullare il bimbo, senza immaginare che lui è di certo più tranquillo di lei. Aspetto qualche secondo e intanto penso: «La persona nella macchina dietro la aiuterà». Invece, nessuno si muove.

Così scendo io dal veicolo e, con inglese biascicato, dico alla ragazza di risalire in auto, di non rimanere con un bimbo esposta al caldo e allo smog.

Aspetto nuovamente la risposta del casellante che mi dice di aver già invitato la famiglia a procedere tranquillamente. Gli faccio notare che sono stranieri e che, probabilmente, complice anche il traffico, non avevano capito. Così, tutto si risolve con un «grazie» e con un sorriso. Qualche attimo dopo la fila riparte.

Mentre torno indietro il conducente della macchina dietro di me mi ringrazia. E mentre salgo su camion, sento i suoi occhi addosso e mi piace pensare che quella gratitudine si intrecci con la mia professione.

DARE POCO PER OTTENERE TANTO

Quanto poco è bastato per sollevare quella famiglia da un disagio. Quanto poco è bastato per sentirmi una brava persona e godere di un’euforia incredibile per tutto il giorno. E se fosse questa l’immagine con cui ridisegnare noi autisti?

IVOLUZIONARIA: MIONISTI GENTILI

Non sarebbe tutto più bello e semplice?

Siamo visti come brutti, arroganti, ingombranti e sporchi. E se, invece, ci mostrassimo come guardiani delle strade? Del resto, il nostro lavoro ci porta a conoscere meglio di altri le dinamiche stradali, il funzionamento di un casello, le difficoltà che si possono trovare. Il nostro lavoro ci espone alla maleducazione altrui e spesso diventiamo bersaglio di frustrazioni con cui non abbiamo nulla in comune. Sappiamo quanto faccia male e, allora, perché replicare?

Quella piccola accortezza ha contribuito a instillare un pensiero diverso in chi guardava, a convincere qualcuno che non tutti gli autisti sono brutti e cattivi. E allora credo che se ci facessimo carico di questo ruolo di giganti gentili, pronti

ad aiutare gli altri e a mostrare gentilezza, potremmo ottenere maggior rispetto. Sia per strada che negli angoli del nostro lavoro.

LA GENTILEZZA

INCREMENTA

IL BUON UMORE

La gentilezza è una rivoluzione silenziosa, che inizia in solitudine e poi diventa contagiosa.

Non credo che un gesto gentile renda deboli, anzi. Penso che possa aprire le porte a una nuova storia per noi camionisti fatta di reciprocità e di rispetto.

Se rimaniamo chiusi in cabina a imprecare e ad azzardare manovre, anche se siamo nella ragione, finiamo per comunicare l’opposto. È un esercizio a una ribellione verso un’immagine che ci

hanno sempre affibbiato.

Mario Calabresi, in un podcast (che consiglio) sul tema, sostiene che «l’aggressività, la maleducazione e l’attivismo, cioè il contrario di quello che con un insulto viene definito buonismo, abbiano le gambe corte». Funzionano sulla breve distanza, anzi sull’immediato. Sono un combustibile che brucia in fretta. Invece la gentilezza ha un passo lungo, non esclude né la tenacia, né la determinazione. Anzi, le rafforza. È una virtù rivoluzionaria. E poi ho una certezza: le persone poco gentili invecchiano peggio, finiscono per essere ciniche, risentite, rabbiose. Essere gentili, al contrario, alimenta il buon umore e la speranza. Qualche volta dà persino coraggio e aiuta a vivere meglio. E noi, di speranza e buon umore abbiamo davvero bisogno.

Necessitiamo di carburanti efficienti in grado di rendere al meglio. Abbiamo un passo lungo e dobbiamo lavorare molto. Tanto vale vivere meglio. Tanto vale essere gentili.

Buon Viaggio!

XPO LOGISTICS, OLTRE

La complessa organizzazione logistica della Grande Boucle è affidata da 44 anni alla filiale europea del colosso leader nella supply chain innovativa. 59 camion alimentati con HVO trasportano durante la gara 800 tonnellate di materiali che, per ogni tappa, vanno montati nel giro di 4-5 ore. Ma XPO è anche tanto altro, specie in tema di multimodalità: nove rotte europee con 130 semirimorchi strada-rotaia P400 per un risparmio di 10 milioni di kg di CO2

Anche chi non è appassionato di ciclismo subisce il fascino del Tour de France. E quest’anno l’evento ha avuto un impatto ancor più significativo sull’Italia, dato che le prime quattro tappe si sono svolte su suolo tricolore. Ma dietro la corsa si muove un’imponente macchina organizzativa, messa in moto molti mesi prima che tutto abbia inizio. In questo contesto è fondamentale il ruolo della logistica, affidata da 44 anni a XPO Logistics, un colosso che fattura 7 miliardi a livello mondiale e 3 in Europa. Tuttavia, XPO non è solo Tour, ma svolge importanti attività declinandolo in multimodalità. Di questo e altro abbiamo parlato con Massimo Marsili, amministratore delegato di XPO Logistics per l’Europa meridionale (Italia, Spagna e Portogallo) e Marocco.

Da oltre quattro decenni XPO si occupa della complessa logistica del Tour de France. Potrebbe raccontarci come affrontate questa sfida?

Nonostante l’esperienza maturata in tutto questo tempo, l’organizzazione di una manifestazione di questo livello presenta sempre delle complessità che vanno affrontate in tempo reale. I percorsi e i Paesi variano di anno in anno: ad esempio l’anno scorso abbiamo cominciato a Bilbao e quest’anno a Firenze, situazioni diverse che andavano affrontate in modo differente. Dietro le quinte della corsa – e questo forse il pubblico non lo sa – c’è un lavoro logistico incredibile per preparare la “scena” dell’evento È insomma una logistica su misura che ogni anno è eterogenea, così come è differente ogni tappa Quali sono gli step che dovete affrontare?

Innanzitutto, analizziamo percorso e contesto in cui andiamo a operare, perché si tratta di una quantità notevole di camion che circolano sulle strade e che quindi – specie in certi contesti particolarmente difficoltosi, come nelle località di montagna – vanno gestiti e monitorati con attenzione. Quindi elaboriamo i piani di trasporto, sempre a stretto contatto con la gestione corsa in modo che questa proceda senza alcun intoppo nelle 21 tappe previste, rispettando le scadenze.

Il tutto preparando e rispettando rigorosamente i protocolli di sicurezza.

Quindi siete una struttura parallela che fiancheggia il Tour?

Esattamente. Accompagniamo la corsa per oltre 3.490 km e tutto deve sempre funzionare alla perfezione. Su questa distanza operano i nostri 59 autisti trasportando quasi 800 tonnellate di merce. È chiaro che, per quanto ormai abbiamo sviluppato procedure consolidate e approcci sicuri, la complessità ogni volta cambia e dobbiamo farci trovare pronti

Ma come si dipana la procedura operativa?

Le merci che movimentiamo sono per la maggior parte attrezzature per il villaggio di partenza (podi, vernici, traguardo e altro ancora). Per ciascuna tappa il team impiega 4 ore in media per allestire i villaggi di partenza e le linee di arrivo, 3 ore per i punti sportivi e altre 3-4 ore per ogni operazione di montaggio. Per ognuno di questi lavori esistono due squadre di montaggio, separate e che lavorano in parallelo e in appoggio reciproco, che garantiscono l’efficienza e la fluidità della logistica. Le tempistiche vanno rispettate al meglio e i camion devono sempre essere efficienti, tanto che ci portiamo con noi i meccanici per risolvere ogni possibile problema. Anzi, abbiamo addirittura un coordinatore remoto per la manutenzione. Se succede qualcosa, ad esempio, che non possiamo risolvere, il coordinatore entra in campo per trovare la soluzione. Poi ci sono una serie di persone che monitorano lo stato dell’arte dei lavori Voglio rimarcare che siamo una squadra forte e consolidata, che ha energia e passione in quello che fa e questo fa indubbiamente la differenza

C’è modo in tutto questo di preoccuparsi anche della sostenibilità ambientale?

La flotta che impieghiamo nel Tour –come l’anno scorso – è totalmente sostenibile, in quanto utilizza 50 mila litri di HVO, biocarburante che può ridurre le emissioni di CO2 del 90%. Non solo, anche l’inquinamento da polvere sottili e NOx viene diminuito fino al 30%. È una soluzione alternativa efficace che non

necessita di fare modifiche ai motori, c rimangono quelli diesel: un approcc che è particolarmente piaciuto all’org nizzazione francese. Comunque, la n stra flotta è comunque Euro 6 e tutti autisti hanno ricevuto una formazio sulla guida ecologica, quindi su come frena, si accelera e si conduce il veico per ridurre l’impronta carbonica.

E per quanto i veicoli elet

Ne facciamo de uso. L’a scorso ne a vamo già c un centinaio quest’anno c preremo altr commerciali

La flotta che impieghiamo nel Tour è totalmente sostenibile, in quanto utilizza 50 mila litri di HVO, biocarburante che può ridurre le emissioni di CO2 del 90%.

AL TOUR C’È DI PIÙ

teria, un investimento notevole per quanto riguarda questa tipologia di mezzi. Si tratta di veicoli da 9 a 16 tonnellate, la maggior parte Renault, che hanno un’autonomia di circa 250 km e che usiamo per le consegne sull’ultimo miglio. Nell’ultima tratta del Tour a Nizza ne abbiamo appunto impiegato uno.

Qui in Italia com’è stata l’interfaccia con popolazione e autorità locali?

Il Tour è un evento grande – ha un seguito di pubblico secondo soltanto ai Mondiali di calcio e alle Olimpiadi – ed emozionante e in questo senso siamo favoriti, perché elimina qualunque blocco mentale di qualsiasi persona. La collaborazione

Non solo, anche l'inquinamento da polvere sottili e NOx viene diminuito fino al 30%.

è sempre all’ordine del giorno ed eventuali difficoltà si possono superare senza troppi problemi. C’è tanto amore che gira intorno a questa manifestazione.

Anche per voi «intermodalità» fa rima con «sostenibilità»?

Come azienda market leader a livello globale perseguiamo una sostenibilità frutto di tante soluzioni. Ai clienti offriamo soluzioni multimodali per una maggiore capacità di trasporto, mantenendo l’ecosostenibilità e l’innovazione in primo piano. Gli autisti in Europa – è noto – cominciano a scarseggiare e quindi occorrono altre soluzioni, come appunto l’uso di vettori alternativi alla gomma. Nell’ultimo anno abbiamo implementato diverse soluzioni che combinano la distribuzione delle merci su strada, su rotaia e via mare. Attualmente abbiamo nove rotte multimodali che collegano l’Europa: Barcellona-Bettemburg (Lussemburgo); Barcellona-Duisburg (Germania); Barcellona-Savona; Bilbao-Bruges (Belgio); Valencia-Savona; Santander-Liverpool (Inghilterra); Perpignan-Valenton (a sud di Parigi); Le Boulou-Calais (Francia); Novara-Duisburg.

Quanto è strategica l’Italia in tutto questo?

Le rotte multimodali tricolori sono per XPO la chiave che apre le porte dell’azienda al mercato europeo. Prova ne sia che un terzo delle nostre rotte multimodali sono da o per l’Italia. Tramite queste iniziative XPO contribuisce ad aumentare il peso del trasporto merci su rotaia in Eu-

ropa e a ridurre l’impronta di carbonio del settore della logistica e dei trasporti. Per esempio, sul percorso Barcellona-Savona, con Amazon come cliente principale, effettuiamo circa 90 viaggi andata-ritorno al mese, cioè 180 viaggi a tratta (metà in andata e metà al ritorno). Attualmente abbiamo in circolazione 130 semirimorchi strada-rotaia P400 per ampliare i servizi multimodali offerti dalla penisola iberica ad altri Paesi europei (e abbiamo in programma di espandere la flotta). La flotta specializzata ci consentirà di ridurre le emissioni annuali di CO2 di 10 milioni di kg, effettuando fino a 10.000 viaggi aggiuntivi che combinano strada e ferrovia dalla penisola iberica alle aree chiave in Europa.

La committenza mostra interesse per le soluzioni green?

Sicuramente c’è un’evoluzione di sensibilità sull’ambiente sempre più marcata e i nostri investimenti in questo senso lo provano. Naturalmente a seconda della situazione e dei prodotti c’è una domanda più o meno forte. La scelta dell’HVO, ad esempio, sta avendo molto successo e viene ben accettata dai clienti che pretendono di poterlo utilizzare, così come grossi player come Amazon chiedono sempre più soluzioni multimodali. D’altra parte ci sono realtà che pensano che l’intermodale debba costare come il trasporto su gomma, il che al momento non è realistico. Quindi dobbiamo far capire i vantaggi e le opportunità di questa strada, di una visione globale del trasporto da punto a punto. agosto/settembre

UN MANIFESTO FUTURISTA 2.0

Non è più un fatto di alimentazione e neppure di emissioni. Il primo pesante elettrico a raggiungere i 500 chilometri di autonomia, propone un design, uno stile di guida, un’efficienza che costringe a guardare avanti.

A prescindere dalla sostenibilità

Perun attimo sembra di essere tornati al XX secolo, negli anni del manifesto futurista che interpretava con dinamicità e velocità le grandi trasformazioni culturali e sociali. In quegli anni, infatti, le scoperte tecnologiche di comunicazione (telegrafo senza fili, radio, aeroplani e cineprese, ecc.), cambiarono completamente la percezione delle distanze e del tempo. Qualcosa di analogo a quanto sta accadendo oggi con i nuovi media digitali, tecnologie sempre più avanzate che, a velocità incredibile, stanno rivoluzionando il modo di approcciarsi alle cose. Oggi, davanti al nuovo eActros 600 di

Mercedes Benz Trucks, leggo a chiare lettere un manifesto del futurismo 2.0 applicato al mondo dei veicoli. Più che con un camion, il mio viaggio sarà in compagnia di un artista d’avanguardia, capace di utilizzare le sue espressioni come lo strumento con cui esaltare l’ottimismo dell’era della transizione energetica, la bellezza, l’imprescindibilità della tecnologia e della tecnica, la fluidità delle nuove propulsioni. Questa, dunque, è la prima reazione che ispira il mio compagno di viaggio: un’interruzione netta con il passato e una proiezione diretta e veloce verso il futuro. Così come appaiono evidenti i suoi tratti caratteriali: tenace, anticon-

formista e, senza alcun

dubbio,

dirompente.

PROGETTARE

IN MODO NUOVO

Lo guardi eActros e cogli subito quanto sia segnato dall’aerodinamica, in maniera analoga a un’opera di Boccioni (ai curiosi la sculuniche della continuità

consiglio la scultura: «Forme nello spazio»).

Con le linee dinamiche, fluide e proiettate in avanti, questa espressione dell’innovazione targata Mercedes-Benz fa percepire subito la volontà di integrare spazio (nel senso dello spazio fisico del camion) e il tempo che stiamo vivendo, quello che ci richiede di anticipare il fu-

Il nuovo eActros 600 genera una potenza continua di 400 kw (equivalente a 544 cv) e una potenza di picco pari a 600 kw (circa 815 cv), risultando adatto a tantissime tipologie di trasporto ed esigenze di guida. Al riguardo si possono

impostare tre modalità di guida: «Range», per esempio, significa limitazione della potenza del motore al 70% e 82 km/h; «Economy» arriva all’85% e a 85 km/h, «Power» al 100% e 90 km/h.

turo e di iniziare a concepire come nuovi standard gli obiettivi di sostenibilità, di efficienza e anche di inedita percezione del mestiere. Il patto che eActros decide di rompere è quello con una transizione indulgente, morbida e impercettibile. E quindi spezza il legame di continuità con il passato (che altre case, invece, hanno deciso di conservare come tratto di tradizione) e arriva a gamba tesa con il cambiamento addosso.

Sì, perché eActros è progettato esclusivamente per la trazione elettrica. Il motore sparisce dalla posizione sotto la cabina e si integra nell’eAxle – dove si sposa anche con il cambio a 4 marce – mentre il telaio ospita le batterie centralmente, abbandonando la vecchia concezione della driveline e riducendo gli spazi. Non il peso, invece, che purtroppo per ora rimane alto a causa del gravame delle batterie. Sperando che la tecnologia prima o poi le metta a dieta…

LA CABINA

ELETTROPENSATA

Anche la cabina è immaginata, studiata

e prodotta per l’elettromobilità. Anzi, per la prima volta sarà l’elettrico a dare in prestito qualcosa alla combustione interna: la Procabin – così è stata ribattezzata – la vedremo anche sui veicoli a gasolio. E questo è un altro aspetto della sua personalità da sottolineare: è vero che eActros sia poco indulgente con il passato, ma anche generoso. E se il design della sua cabina indica il futuro, al tempo stesso sottolinea come ciò che siamo abituati a proiettare in avanti – l’elettromobilità, appunto – in realtà è applicabile anche oggi. Ecco perché il suo valore, oltre che estetico, incide in modo diretto sull’aerodina-

mica. D’altra parte, nel contesto di una sfida dichiarata per giungere a tagliare il record dei 500 km (111 le/h x 100 km) di autonomia per un camion elettrico, agire su tutte le componenti del veicolo è più che doveroso. Necessario.

COME SI COMPORTA IN GUIDA

Anche la guida segue le forme dell’esterno: dinamica, fluida e tecnologica. Priva di attriti meccanici (e quindi con un rendimento energetico che arriva a essere più del doppio rispetto a un veicolo endotermico), l’involucro dell’eActros annulla i rumori di sottofondo lasciando solo il piacere di navigazione. Già, la percezione è quella di veleggiare su un mare piatto e calmo e di es-

sere cullati dal rumore dell’aria, unica e soffusa compagna dell’autista. Così, i cambi di marcia non si percepiscono e le interruzioni di coppia non sono pervenute. Tutto è immediato, diretto, progressivo. O progressista, se preferite.

UNICITÀ DI SPAZIO E… TEMPOMAT

Poi, come era inevitabile, ti ritrovi mentre guidi a tu per tu con la tecnologia di bordo. Estremamente precisa e anche tanto personalizzabile. E quindi anche qui ti lasci trasportare, mettendo da parte – cosa fino a ieri mai avvenuta – la pretesa dell’uomo al volante di essere sempre e comunque superiore. Sì, certo, a lui rimane comunque

(e per fortuna) l’ultima parola su tutto, compresa l’interpretazione autentica delle variabili a seconda delle situazioni, però l’interazione uomo-macchina viene rivista. E soprattutto va riconosciuta alla macchina una velocità di calcolo e una precisione nell’interpretare la strada che noi umani non potremmo mai avere.

La tecnologia Predictive Powetrain Control tiene conto della topografia della strada e dei segnali stradali, ma integra anche il sistema di navigazione per poter visualizzare il percorso tenendo conto degli eventi più imminenti. In questo modo, si adotta una guida più preventiva, ma anche più confortevole e sostenibile.

Vi sembra troppo? Non lo è, anche perché eActros, come detto, è generoso e tramite la funzione Tempomat ci lasciare gestire il tracciato e ci consente di personalizzare ogni fase critica della guida. Due esempi: tolleranza di velocità in salita e discesa e riduzione della velocità stessa in avvicinamento a una curva o in presenza di cartelli di stop, precedenza o rotatorie. E così tutto funziona.

L’eActros ha stretto un legame forte con l’aerodinamica, anche perché non ha i vincoli delle cabine realizzate in funzione dei motori endotermici. Quindi, oltre alle forme completamente piane, monta uno spoiler anteriore supplementare sul tetto, i deflettori dei montanti attorno ai finestrini laterali, un frontale dilatato di 80 mm, un paraurti segnato da piccole fessure da cui far accedere l’aria di raffreddamento e un inedito rivestimento per il sottoscocca.

LA RIGENERAZIONE

DELLA MATERIA

eActros 600 è silente. Parla poco, ma con i fatti esprime più di tante parole. Io gli spiego che secondo me questo tipo di alimentazione non sarà la panacea di tutti i mali, né diventerà da subito l’unica soluzione possibile. Lui per convincermi mi mostra una sua dote originale: dispone dell’unica tecnologia in grado di ricreare l’energia che consuma. Con la frenata rigenerativa, che ha la stessa funzione del freno motore, l’energia dissipata viene riconvertita alla trazione, facendo in modo di poter au-

Si sta comodi all’interno del pesante elettrico per lungo raggio. Merito del riscaldamento ottimizzato dei sedili, dei rivestimenti in tessuto di qualità, della struttura a doghe e del materasso PremiumComfort di cui si compone il letto, del doppio frigo, della presa da 230 V. Molto facilitato è anche l’utilizzo del Multimedia Cockpit interactive 2 con nuovo design del menu, comandi vocali e arricchita di nuove applicazioni come il Connected Traffic Warnings. Dice tutto sul livello di carica delle batterie, sull’autonomia residua e sul consumo di energia attuale e medio in kWh per 100 km.

mentare l’autonomia tramite un buono stile di guida. «Nulla si disperde e tutto si ricrea». Non è esattamente il primo principio della termodinamica, né c’entra molto con il futurismo. Però, suonava così bene!

SOSTENIBILE?

TANTO DI PIÙ

È stato molto interessante affrontare un viaggio insieme al pesante elettrico della Stella per il lungo raggio. Perché è un tipo iconico, molto d’avanguardia e soprattutto in grado di elevare i suoi valori a manifesto dirompente. eActros mi ha mostrato un nuovo modo

La ricarica CCS con una potenza massima di 400 kW ricarica le batterie in circa 2 ore, mentre in futuro sarà possibile utilizzare un megawatt (MCS) garantendo una ricarica dal 20 all’80% in circa 30 minuti. Le batterie, con tecnologia litio-ferro-fosfato, sono tre da 207 kW per una capacità complessiva installata di 621kWh.

di concepire il camion, dove la materia viene plasmata e trasformata a favore di nuove direzioni. Per la prima volta, però, ho avuto la percezione di guardare a questo nuovo ecosistema come a qualcosa di emozionante, che rimuove gli schemi endotermici non soltanto perché ci sono emissioni da tagliare, ma perché guidare elettrico può essere bello a prescindere. E quindi – sembra dire eActros – chi sceglierà di farlo non deve temere di rimanere affetto dalla nostalgia del passato. Una tale consapevolezza in una professione tradizionalista come l’autotrasporto, in cui quanto accaduto ieri è sempre l’età dell’oro, può sembrare dirompente, ma in realtà è qualcosa di diverso. È il sintomo di un futurismo gentile, educato, non chiassoso e caotico, che invita tutti a guardare con convinzione in una inedita direzione per conferire alla transizione energetica una nuova spinta.

SE IL CAMION VESTE AERO

È la Grecia il luogo scelto per incontrare un compagno di viaggio che, in realtà, è una vecchia conoscenza, dotato ora di un nuovo stile più sobrio, snello e privo di fronzoli. È una rivoluzione esteriore, in grado di condizionare favorevolmente il conto dei consumi. Perché interiormente, poi, rimane sempre quello: rilassante e molto affidabile. Anche se il suo cuore, di fronte a grandi sfide, diventa grande. Che più grande non si può…

Èun tiepido pomeriggio di marzo, i colori della Grecia sono ancora tenui e mi trovo in una location perfetta più per una sfilata che per un test drive.

In attesa della conferenza stampa, mentre il sole inizia a fare la sua danza di saluto e il chiacchiericcio di sottofondo si mescola alla musica, attendo il mio prossimo compagno di viaggio.

È sempre un momento delicato incontrare qualcuno: da un lato sei carico di aspettative e di domande, ti sei fatto un’idea preliminare tramite il curriculum

vitae (la scheda tecnica dei veicoli), ma sai che dovrai sperimentarlo sul campo per capire se può essere un alleato valido per il tuo lavoro.

Davanti a te sfilano (per l’appunto) dodici camion in attesa di un tuo giudizio. Loro sono pronti, ma io?

UN VESTITO CHE SA DI VENTO D’ESTATE

La linea di Volvo Aero è disponibile in tutte le versioni dei veicoli già noti: FM, FH I-Save, LNG e Electric. In questo modo tutta la gamma può diventare più efficiente di un ulteriore 5% di carburante o energia elettrica.

Il design aerodinamico del Volvo FH16 Aero unito al potente motore D17, aumenta le prestazioni, senza gravare sui consumi. Il D17 è un motore a sei cilindri in linea da 17 litri, dal peso ridotto e dall’efficienza elevata. È proposto in tre tarature, da 600, 700 e 780 CV. Quest’ultima, in particolare, è attualmente il propulsore più potente sul mercato dei veicoli pesanti. Per ridurre le tue emissioni di CO2, tutte le versioni sono alimentate a diesel o HVO. La versione da 700 CV è disponibile anche per il biodiesel.

Un ordine di 1.500 veicoli

Volvo Aero si staglia dirompente nel paesaggio greco, scegliendo con cura un 1.500 veicoli. A tanto ammonta l’ordine sottoscritto da Valter Lannutti, CEO dell’omonima società di trasporto e logistica con sede a Cuneo, con Roger Alm, Presidente di Volvo Trucks. L’accordo prevede la consegna dei camion, tutti della gamma FH Aero, tra il 2024 e il 2025. La maggior parte dei veicoli sarà alimentata da HVO, carburante che può essere ottenuto da prodotti di scarto, riducendo le emissioni di CO2 fino al 90%. A convincere Lannutti all’acquisto pare siano state proprio le peculiarità del veicolo. «Il principio di rinnovamento della nostra flotta – ha spiegato – è quello di dare priorità ai veicoli a basse emissioni, offrendo al tempo stesso un elevato livello di

comfort e sicurezza ai nostri autisti, proteggendo loro e tutti gli altri utenti della strada. Oltre alla tecnologia I-Save per il risparmio di carburante, già adottata al 100% nella flotta, ora puntiamo a cogliere i vantaggi derivanti dal Camera Monitor System e dal miglioramento del design aerodinamico. Questa partnership con Volvo ci permetterà di continuare il nostro percorso verso le emissioni zero». Roger Alm ha visto nell’acquisto di Lannutti la prova «che abbiamo fatto la scelta giusta con il nuovo Volvo FH Aero. Non solo aiuta i nostri clienti a ridurre i costi del carburante e le emissioni di CO2, ma è anche uno dei modelli di camion più sicuri per i loro autisti».

LA VOGLIA DI AERO DI LANNUTTI

Il Camera Monitor System comprende fino a tre telecamere: una sul lato guida, una sul lato passeggero e una angolare opzionale sul lato passeggero anteriore. Le telecamere forniscono la vista posteriore principale e quella grandangolare. In caso di freddo, gli obiettivi delle telecamere si riscaldano automaticamente per sciogliere neve o ghiaccio e rimuovere appannamento e umidità.

abito dai colori tenui, perfettamente bilanciato con il blu intenso e il verde olivastro dello scenario, facendoti subito capire quanto dia importanza ai dettagli.

Annuncia che anche lui ha scelto di cambiare aspetto, di vestire con uno stile più snello e mostrare il fascino del mento pronunciato, quello che rese celebre la dinastia asburgica.

Appare sicuro e concreto, in quell’eleganza minimal che lo caratterizza da sempre, nonostante la decisa proiezione in avanti, verso un domani già presente. A tale scopo, infatti, sfrutta i nuovi limiti di massa e dimensioni e allunga di 24 centimetri l’anteriore per sfruttare meglio l’aerodinamica, sostituisce gli specchi con le Mirror Cam, cambia anche i fari dell’insegna, il mascherone e il suo gradino (più ampio rispetto all’edizione precedente) e, come ogni gentleman sa fare, abbina con accuratezza anche il fiore all’occhiello: il nuovo Ironmark spostato più in basso.

Il nuovo look di Aero è come un vento d’estate, da sfruttare a proprio favore in ogni condizione.

LE POCHE NOVITÀ

ALL’INTERNO

Se esternamente cambia leggermen-

te, internamente, invece, ancora non c’è un nuovo concept che riprogetta lo spazio, a meno che non ci si sposti sulla già esistente XXL, utilizzabile però soltanto in abbinata a rimorchi più corti, mentre ora si accoppia anche con quelli standard. Ma in questo contesto è stato preferito non presentarla e sinceramente non ne capisco la ragione, visto che la gestione dello spazio, ormai, è requisito fondamentale sempre più ricercato durante la scelta di un collaboratore.

Volvo comunque rimane fedele al suo indiscusso comfort di guida e alla tradizionale plancia molto essenziale, apportando soltanto qualche miglioria, come un nuovo impianto stereo, il microonde di serie e una nuance total black degli interni (solo sul D17), rivelandosi uno in grado di avere le giuste cortesie per gli ospiti e di offrire la giusta convivialità, anche sul posto di lavoro.

Atteggiamento perfettamente in linea con il carattere svedese e che si dimostra utile per favorire un ambiente di lavoro più rilassato e piacevole.

IL NUOVO D17

Tradizionale anche in guida, considerato che non è cambiato in alcun modo: preciso, morbido e rassicurante. Volvo Aero è esattamente come te lo ricordavi. Bravissimo a condurre le danze, ti accompagna in ogni movimento anche se sei una principiante, senza farti provare imbarazzo. E se poi cambia il ritmo, tu neanche lo percepisci, grazie al suo I-Shift ineccepibile.

Quello che aggiunge è un numero in più, il motore da 16 litri passa a 17, rag-

giungendo la potenza di 780 CV (disponibile anche con potenze da 600 e 700 CV) e una coppia che arriva a 3800 Nm dichiarandosi la più alta della categoria. Un motore, però, che è indicato per chi svolge lavori particolarmente gravosi visto che eroga la coppia massima in un ristretto numero di giri (da 1000 a 1200) e la potenza massima di tutti i 780 CV la troviamo solo intorno ai 1700 giri.

Se l’impegno è gravoso, ma non così tanto da fare cava pesante o montagne altissime, allora si può scendere anche su potenze come il 600 o il 700 CV che hanno una coppia più bassa, ma erogata in un range di giri più ampio (dai 900 ai 1400) e anche la potenza si gestisce più in basso, in modo da avere un ottimo rapporto consumo/prestazioni.

Probabilmente, però, il più indicato in questa fase di transizione, rimane ancora l’I-Save sul D13 da 500CV – con una coppia di 2800 Nm presente già a bassissimi giri e una potenza che si sprigiona a 1200 giri – di fatto il motore perfetto per la stragrande maggioranza dei lavori.

Aero veste poi di nuovo anche l’elettrico permettendo di alleggerire il carico del coefficiente aerodinamico e quindi di risparmiare energia e di gestire meglio i suoi 300 km di autonomia sui motori da 490 Kw (circa 666 cv). Un’autonomia che sembra poca, ma che in realtà, stando alle statistiche, è in grado di coprire quasi il 50% delle missioni di trasporto. In elettrico Volvo non perde carattere, facendoci percepire subito la coppia immediata (tipico di questo tipo di alimentazione) e una silenziosità impagabile per chi deve vivere in cabina almeno due terzi delle sue giornate. In sintesi, un tipo da «un diavolo per Kw».

MIRROR CAM E PILOT

ASSIST: GLI ACCESSORI GIUSTI

Una scelta di stile anche per poter abbinare al meglio i giusti accessori tecnologici. Le Mirror Cam (CMS - camera Monitor System per la precisione) si presentano molto buone, nitide e piuttosto precise.

Dotate di «panning» (il sistema di telecamere dotato di una funzione di panoramica automatica per seguire il rimorchio in curva), consentono al conducente di avere sempre la migliore visuale dell’allestimento alle sue spalle in

tutte le fasi di manovra e di «Blind Spot Warning», cioè l’allarme in caso di affiancamento di un altro veicolo durante uno spostamento laterale.

Colgo soltanto una lacuna: avrei preferito vedere i nuovi Aero completi di Corner View e non con lo specchio frontale, visto che è una tecnologia presente da qualche anno in casa svedese.

Aero è un camion dalla visione chiara e precisa, non solo perché ritaglia una visuale nitida in tutte le condizioni meteorologiche, ma anche perché è in grado di assistere preventivamente il conducente nei punti più pericolosi della strada.

L’ACC (Adaptive Cruise Control) è disponibile anche con il Pilot Assit, un’integrazione che permette al veicolo, grazie alla già conosciuta tecnologia I-See, di

rallentare prima di rotonde, svincoli e incroci pericolosi e mantenere la traiettoria ideale anche in curva.

L’irrinunciabile accessorio però è la funzione di emergenza: nel caso in cui non ci sia interazione del conducente, il veicolo ne richiama l’attenzione prima con una spia luminosa, poi con un allarme sonoro e al terzo tentativo (a intervalli di 15 secondi l’uno dall’altro), arresta il veicolo, accende le luci di emergenza e quelle in cabina e sblocca le porte per permettere i soccorsi.

CONCLUSIONI

Il futuro non è ancora ben chiaro, soprattutto quando si parla di veicoli e propulsioni, non si sa bene nemmeno che tipologie di veicoli ci accompagne-

ranno nel nostro lavoro tra qualche decennio.

Allora, in attesa di rotte più definite, la scelta più saggia è quella di affidarsi a collaboratori in grado di essere quanto più versatili ed efficienti, con la giusta attenzione ai dettagli e al benessere di ambiente e conducente.

In una fase di metamorfosi, in cui persino l’amore è sempre più liquido, forse dovremmo arrenderci all’inevitabile: anche la coppia autista-camion dovrà strutturarsi in modo diverso, senza lasciare il comando a uno o all’altro, ma sfilando affiancati in un rapporto di rispetto reciproco e dove il collante, ciò che rende la relazione stabile sono i valori condivisi.

Aspettando Hannover

L’AERO PROTAGONISTA ALL’IAA

Settembre è tempo di IAA 2024, la più grande fiera europea dedicata al mondo del trasporto commerciale, che si terrà ad Hannover dal 17 al 22. Volvo Trucks sarà presente con una serie di veicoli con propulsori elettrici a batteria, celle a combustibile e carburanti rinnovabili nei motori a combustione. In particolare, lo schieramento Volvo alla IAA (padiglione 21, stand B01), sarà composto da otto camion. Grande protagonista sarà la gamma Volvo FH Aero con varianti elettriche e a biocarburante. Nel dettaglio i veicoli saranno:

• Volvo FH Aero Electric 4×2 con Camera Monitor System (CMS)

• Volvo FH16 Aero 4×2 con carburante HVO, cabina XXL e CMS

• Volvo FMX Electric 6×4 con cassone ribaltabile trilaterale

• Volvo FM Low Entry 6×2 con cassone ribaltabile (ovvero il primo camion Volvo sviluppato esclusivamente con un gruppo propulsore a batteria e una grande visibilità per il conducente, per una maggiore sicurezza nell’ambiente cittadino)

• Volvo FM 4×2 a gas con CMS

• Volvo FE Elettrico 4×2 con multibenna

• Volvo VNL 860, con specifiche complete

• Volvo a celle combustibili (Test truck)

Volvo Trucks mostrerà anche la tecnologia e-axle, creata su misura per i camion elettrici a batteria e a celle a combustibile di prossima generazione, per acquisire maggiore autonomia e guidabilità ottimizzata.

Inoltre, molti dei camion Volvo presenti all’IAA saranno dotati del nuovo Camera Monitor System (CMS) di Volvo, che offre vantaggi sia in termini di risparmio di carburante grazie a una migliore aerodinamica, sia di maggiore sicurezza grazie a una migliore visibilità.

UNA RICCA EREDITÀ

Nonposso definire puntualmente un «nuovo incontro» quello vissuto in Norvegia con Scania, perché la percezione che ho avuto è di aver conosciuto l’ultimo rampollo della dinastia del Grifone che, come tradizione regale impone, prima di entrare in società una volta diventato maggiorenne, viene mostrato a una cerchia ristretta di ospiti per metterne in mostra virtù e per esprimere promesse. Scania Electric, in tale ottica, è stata una debuttante perfetta. E la declinazione al femminile si giustifica tramite la cabina, quella qualificata come «Cassiopea» (già incontrata due volte) e quindi con un nome da donna. È stata lei, infatti, ad accompagnarmi in una danza lunga quasi 200 chilometri, tra paesaggi mozzafiato e a tratti surreali, mostrando orgogliosamente la sua capacità di gestire al meglio le energie con sofisticata e silenziosa eleganza. Immaginiamo quindi questa ragazza di bianco vestita muoversi a ritmo di Love Story di Indila e mostrarsi con tutta la forza e la decisione di cui è capace, apparendo mai ribelle, ma rispettosa di ciò che la circonda e di chi la conduce.

LEI È… UN AUTOTRENO

Lei, infatti, è anche un autotreno di Asko (la ditta norvegese leader nella

distribuzione nazionale del food and beverage, partner di Scania da anni e intenzionata a conventire la flotta al total green entro il 2026) e viaggia totalmente in elettrico. E già a un primo sguardo scardina tantissimi preconcetti sul tema dell’elettromobilità pesante, raccontata come non adatta a veicoli di certe dimensioni e relegata solo a quelli più piccoli.

Lei, invece, porta con leggiadria le sue

40 tonnellate, affrontando salite e discese, come anche le strade tortuose tipiche delle montagne norvegesi.

Un dislivello di più di 400 metri si percepisce a malapena, tanta è la spinta di una coppia impressa sull’asfalto, corrispondente (730 CV) a quella di uno dei colleghi a gasolio più potenti.

Una presenza elegante, connotata da un portamento sinuoso e silenzioso –vista pure la totale assenza di rumore

Quando la ricarica in sede non basta

IL SERVIZIO SCANIA PER LA RICARICA SU STRADA

Scania charging assist è un servizio concepito per poter garantire l’individuazione e l’accesso alla rete di ricarica da parte di chi guida un veicolo elettrico del Grifone in 12 paesi europei. L’aspetto innovativo è che per usufruire del servizio non bisogna pagare costi di iscrizione, ma si riceve a posteriori una singola fattura, comprensiva di tutte le ricariche effettuate, a prescindere dal loro numero. E soprattutto con prezzi trasparenti.

Capita di andare in uno dei paesi in cui l’elettromobilità gode di un livello di diffusione più avanzato. E capita pure di mettersi al volante non di un veicolo messo a disposizione dalla casa costruttrice, ma di uno di quelli presenti nella flotta di una grande azienda di retail che ha scelto di trasportare con questa nuova alimentazione. E capita che alla fine non porti a casa soltanto impressioni di guida, ma una visione inedita della mobilità elettrica, capace di conquistare chi fino a ieri guardava l’autotrasporto con diffidenza

e l’impercettibilità dei cambi marcia – ma anche fortemente indipendente. Per dire la sua non le servono cavalli, in quanto nei fatti il veicolo elettrico non teme né peso, né asperità, né sfide. L’unica cosa di cui potrebbe avere timore è un partner incapace di capirla e di apprezzarla o che le prosciughi le energie vitali. Per stare in sua compagnia, infatti, serve una guida delicata,

che sappia ascoltare, pronta a modificarsi in caso di necessità e serve anche qualcuno che sappia programmare per lei dei cicli di ricarica per evitarle il burn-out da stress. Cassiopea Electric pretende un partner affidabile, premuroso, capace di renderla partecipe della propria programmazione. Solo così potrà dare il meglio di sé.

IN CASA, IL 70% DELLA RICARICA

In un’epoca in cui tutto è liquido e in continuo mutamento, in cui ogni convenzione sociale perde la propria solidità, la nostra vera responsabilità non è di voler contenere un nuovo flusso o di voler cambiare lo stato delle cose, quanto di accogliere, comprendere e fare nostre queste novità il più possibile. Trovare nuovi modi per stare nel nostro tempo e rendere la convivenza (e la metamorfosi) piacevole.

Scania ha mostrato esattamente questo. Prima di presentare al pubblico la nuova versione elettrica è passata per l’ibrido (che abbiamo provato nel numero di ottobre 2022 di UeT) e per un test durato un anno su 100 veicoli e 30 strade diverse, così da capire quali esigenze poteva avere la nuova generazione rispetto al lavoro di tutti.

Equilibrio, alternanza e accessibilità sono le parole che guidano le previsioni per il futuro. Per gestire un trasporto in

elettrico, infatti, la componente principale è la ricarica, quella che crea più dubbi quando si affronta il tema, ma Scania dimostra che il 70% della flotta può essere ricaricata in sede (quindi, un lavoratore può stare il 70% delle volte a casa) e grazie alla programmazione delle ricariche si può evitare di sovraccaricare la fonte di energia. Il restante 30% si divide tra il 20% delle ricariche che avvengono a destinazione – esemplare, questo dato, per comprendere quanto oggi conti la collaborazione più che la competizione – e il 10% sfruttando la rete pubblica. E qui viene in aiuto anche il servizio Scania access che garantisce accessibilità tramite un’unica tessera (e fatturazione) e anche la garanzia di avere prezzi trasparenti e bloccati.

SCOPERTE E CONFERME

Scania trasla tutti i valori della “New Generation” di lavoratori nella sua bussola e ne fa un nuovo manifesto che potrebbe essere d’esempio per l’intero settore.

A questo aggiunge una sostenibilità di qualità producendosi in casa le batterie (acquista solo le celle Northworth, le più sostenibili ed efficienti sul mercato, specifiche per veicoli pesanti) per garantire anche una certa flessibilità nell’allestimento (quello che Scania chiama «modulare» e lo indica come il suo fiore

agosto/settembre 2024 51

Un leader della distribuzione alimentare

Asko è l’azienda norvegese leader nella distribuzione alimentare. Ed è convinta che si possa svolgere una tale missione inquinando il meno possibile. Ecco perché dopo aver acquistato un’ottantina di camion Scania elettrici, adesso sta pianificando di arrivare a trasportare merci senza dover ricorrere a energie fossili entro il 2026, anche se già a fine 2024 questo obiettivo potreb-

all’occhiello). Esattamente ciò che ci si aspetta da una brava danzatrice. L’aspetto interessante dell’incontro, dunque, risiede nella prospettiva che ha

be essere raggiunto nella regione di Oslo. Ovviamente, in questo calcolo si tiene anche conto del fatto che la Norvegia genera la maggior parte della sua energia da fonte idroelettrica. Gli ultimi 45R consegnati da Scania ad Asko servono in particolare per distribuire prodotti alimentare ai canali commerciali, ma anche a quelli turistici e di ristorazione.

offerto, rendendo il mio viaggio in Norvegia una scoperta e una conferma. Il progresso non è più mero sfruttamento delle risorse che abbiamo a disposi-

zione per trarne il massimo profitto, ma è ciò che si integra perfettamente con le esigenze dell’ambiente che ci circonda e con le persone che lo abitano.

L’elettromobilità non è un ostacolo, la novità imposta a cui dovremo far fronte con fatica, ma un’opportunità di imparare ad accogliere, ascoltare e rimodulare ciò che è sempre «stato fatto così».

NUOVI VEICOLI

PER NUOVI AUTISTI

Questa nuova sfida (e Scania lo ha dimostrato con i suoi casi studio) ci permette di allenare la mente e trovare nuove soluzioni, ma soprattutto ci offre la possibilità di ridisegnare il trasporto, di renderlo di certo più sostenibile, ma anche più vicino alle esigenze di una nuova generazione di possibili autisti che non si avvicinava al settore perché non si rispecchiava nei vecchi valori. Il camion non è più machismo, forza bruta, carattere forte. È anche programmazione, flessibilità di pensiero e collaborazione tra utente e costruttore, ma anche tra vettore e committente. E così anche il settore dell’autotrasporto potrà diventare più inclusivo e pronto finalmente a decostruire gli stereotipi. E non può che essere un bene.

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IL SENSO DI ASKO PER L’AMBIENTE

NUOVO F-LINE, UNO E TRINO

Presentato lo scorso giugno all’Autodromo di Vairano, l’ultimo arrivato in casa Ford Trucks affianca il fratello maggiore F-Max, caratterizzandosi per il massimo comfort, tanta tecnologia e possibilità di personalizzazione. Grande novità è la triplicazione della gamma, perché alla versione trattore in taglia ridotta si aggiungono le motrici per applicazioni stradali e quelle per cava/cantiere

Dopo il debutto in anteprima al Solutrans di Lione nel 2023, Ford Trucks ha presentato ufficialmente al mercato italiano la nuova gamma F-Line che, insieme all’F-Max, completa la visione dell’Ovale blu: avere una gamma in grado di coprire più segmenti di mercato e iniziare l’ascesa verso la competitività. Rispetto al veicolo che lo precedeva, cioè il Legacy, dichiarato definitivamente in pensione, l’F-Line ha una cabina più stretta (2,30 metri), ma ha anche la struttura tipica di quei veicoli pensati per lavori giorna-

LINEE DI PRODOTTO

lieri, ovvero con la presenza del vano motore che riduce l’altezza interna.

TRE VERSIONI

Ma la principale novità è la diversificazione della gamma. F-Line si presenta infatti in tre versioni: trattore, motrice per le applicazioni stradali e, per la prima volta, motrice construction (dedicata al cava-cantiere). Due sono i motori disponibili, entrambi «made in Ford»: il 9 litri, con una potenza di 330 CV, e il 13 litri, con potenze dai 420 CV (per motrici e trattori), 450 CV (per trattori

Il nuovo F-Line è declinato in tre versioni per soddisfare al meglio ogni esigenza operativa. La serie «Trattori» è caratterizzata da una cabina più compatta per le diverse necessità di trasporto; quella «Motrici Road» è studiata per integrarsi con i più vari allestimenti, dall’ecologia agli impianti scarrabili; infine, quella «Motrici Construction» è destinata al cava/cantiere.

e costruzioni) e 480 CV (solo per le costruzioni). Tutte le versioni dei veicoli offrono diverse possibilità di personalizzazione, in modo da essere quanto

Siamo andati a conoscere

F-Line da vicino e, qui in video, potete trovare le nostre prime impressioni.

All’esterno la griglia, il paraurti, i fari, le porte e i gradini di accesso ridisegnati combinano nuovo stile ed ergonomia, facilitando le operazioni di salita e discesa dal veicolo.

LE NOVITÀ ALL’INTERNO CABINA

• Sistema multimediale touchscreen

• Interfaccia con Android Auto e Apple Car Play

• Porte USB di tipo A e C

• Volante multifunzione

• Pulsanti di controllo per gestire funzioni dell’allestimento o del semirimorchio

• Nuovo design dei sedili

più adatti possibili alle proprie esigenze di trasporto. I veicoli dispongono sia del cambio manuale che dell’automatico. Per quanto riguarda quest’ultimo, è disponibile solo sul 13 litri e anche in questo caso è stato sviluppato in casa Ford. Si tratta dell’Ecotorq a 16 rapporti: una trasmissione in grado di dialogare perfettamente tra le varie componenti e garantire una marcia e una cambiata decisamente più confortevoli e efficienti.

NUOVO DESIGN

A livello estetico, il nuovo F-Line richiama le linee del fratello maggiore F-Max, pur mantenendo la scocca del «vecchio» Legacy, storicamente apprezzata dai trasportatori per la sua robustezza. Tre le disponibilità di cabina: a giorno, con cuccetta e tetto basso o sempre con lettino e tetto alto. Agli interni, l’ergonomia è stata ottimizzata attraverso un nuovo design che include un display multimediale da 9 pollici e pulsanti di controllo che permettono al conducente di gestire diverse funzioni senza spostarsi dalla propria postazione. I materiali dei sedili sono stati rinnovati per offrire un comfort superiore, mentre il nuovo volante e le modifiche esterne –come la griglia, il paraurti, i fari, le porte

e le modanature degli specchi – migliorano l’estetica e l’ergonomia del veicolo, rendendo più facile salire e scendere dal mezzo.

CONNETTIVITÀ E SICUREZZA DI ULTIMA

GENERAZIONE

Altra importante novità presente sull’F-Line è l’integrazione del sistema telematico ConnecTruck, già apprezzato sul modello F-Max. Il sistema permette la geolocalizzazione, la diagnosi da remoto, la gestione dei dati relativi al carico, al conducente e al veicolo (come il consumo di carburante, il peso e lo stile di guida, solo per citarne alcuni). Infine, capitolo sicurezza. Oltre ai sistemi Adas obbligatori secondo le più recenti regolamentazioni europee, Ford Trucks ha incluso opzioni avanzate come il sistema di assistenza pre-collisione con rilevamento dei pedoni, il controllo automatico della velocità adattivo con funzione Stop&Go e i fari abbaglianti automatici. Questi sistemi utilizzano tecnologie avanzate per rilevare situazioni di pericolo e assistere il conducente nel mantenere il veicolo sulla strada, prevenendo collisioni e migliorando la sicurezza complessiva.

IL GIUSTO EQUILIBRIO PER LA TRANSIZIONE

In vista della più grande fiera europea dedicata al mondo del trasporto commerciale, che si terrà ad Hannover dal 17 al 22 settembre prossimi, MAN scalda i motori anticipando le più interessanti novità che metterà in mostra sul palcoscenico della fiera tedesca. Tra queste, il MAN hTGX: un veicolo con motore a combustione interna alimentato a idrogeno

Unfuturo pieno di soluzioni: dal diesel «ottimizzato» alla propulsione elettrica, passando per le nuove frontiere dell’idrogeno. È la strategia che MAN Truck & Bus ha svelato in un evento dedicato alla stampa internazionale che si è tenuto dall’1 al 2 luglio scorsi a Saalfelden, in Austria. L’evento è stato l’occasione per mostrare in anteprima tutta la line-up di veicoli che la casa tedesca esporrà allo IAA 2024, in programma a settembre ad Hannover, ma anche per condividere con la stampa la sua visione sul futuro dei veicoli industriali, concentrandosi in particolare sulla tecnologia di trazione fino al 2030.

FIDUCIA NELL’ELETTROMOBILITÀ

In particolare, la logica con cui MAN «vede» il trasporto del domani segue

un approccio multi-energico, nel senso che per affrontare la transizione è necessario sfruttare le potenzialità di tutte le tecnologie attualmente disponibili o in fase di sviluppo, come la combustione interna a idrogeno. Lo ha confermato lo stesso Alexander Vlaskamp, Ceo di MAN Truck & Bus, nel corso dell’evento, sostenendo che «la nostra attenzione è chiaramente rivolta all’elettromobilità come principale soluzione», ma allo stesso tempo «il motore a combustione di idrogeno può essere un’utile aggiunta per applicazioni speciali, come anche la trazione con celle a combustibile, attualmente in fase di sviluppo. Inoltre, la propulsione diesel continuerà a svolgere un ruolo importante durante tutta la trasformazione fino alla sua completa sostituzione». Vlaskamp ha anche sottolineato come in futuro il costruttore tedesco produrrà camion con

motori a combustione interna ed elettrici sulla stessa linea di produzione.

Il prototipo del MAN hTGX: camion a combustione di idrogeno da 600 km di autonomia che sarà consegnato in una piccola serie di 200 unità a partire dal 2025

di Gennaro Speranza

Ciò servirà a «reagire in modo flessibile allo spostamento della domanda verso i camion elettrici». La previsione è che entro il 2030 un camion MAN su due immatricolato in Europa sarà elettrico a batteria.

UN PORTAFOGLIO

COMPLETO DI TRAZIONI

PULITE ED EFFICIENTI

Venendo alla panoramica di veicoli mostrati, a rubare la scena sono stati proprio gli e-truck, per i quali il costruttore ha annunciato di aver ricevuto già 2.000 ordini, inclusa un’importante commessa dalla Francia di 100 veicoli. La gamma elettrica, composta dalle varianti eTGX ed eTGS, presenta numerose configurazioni grazie a un design modulare ed è predisposta per il nuovo standard di ricarica megawatt (MCS), che eroga fino a 1.000 kW, consentendo la ricarica rapida e permettendo un’autonomia giornaliera fino a 800 chilometri, sufficiente per ogni applicazione a lungo raggio. Accanto alle soluzioni puramente elettriche, MAN ha inoltre presentato il prototipo di un autocarro a combustione di idrogeno, che a partire dal 2025 sarà consegnato con il nome di MAN hTGX in una serie di 200 unità a clienti in Germania, Paesi Bassi, Norvegia, Islanda e alcuni Paesi extraeuropei. Si tratta di una soluzione complementare al processo di elettrificazione ed è stata pensata per applicazioni speciali (es. trasporti di carichi molto pesanti)

L’impegno di MAN per l’infrastruttura di ricarica

IL PROGETTO MILENCE ENTRA IN AZIONE IN ITALIA

MAN crede molto nello sviluppo dell’elettromobilità pesante. Tuttavia, affinché la rivoluzione abbia successo, l’ampliamento dell’infrastruttura di ricarica deve essere una priorità assoluta. Ed è per questo che si sta impegnando anche su questo fronte, partecipando al progetto Milence: una joint venture nata nel 2022 tra il Gruppo Traton (di cui MAN fa parte), Daimler Truck e Volvo Group che prevede l’installazione di 1.700 nuovi punti di ricarica entro il 2027 lungo le arterie di traffico principali in Europa, al fine di rispondere alla crescente domanda di trasporto pesante

100% elettrico. Dopo l’apertura di vari punti di ricarica in Benelux, Francia, Germania e Svezia, proprio di recente è stata annunciata la realizzazione della prima stazione di ricarica Milence in Italia, precisamente a Bagnolo San Vito, in provincia di Mantova. Sorgerà nel terzo trimestre del 2024 e sarà dotata di quattro colonnine di ricarica da 400 kW per camion elettrici. Più avanti saranno installate anche colonnine di ricarica Megawatt Charging System (MCS), cioè colonnine che sposano il nuovo standard che consente di ricaricare i camion fino a una potenza di 1.000 kW.

che richiedono zione del telaio che non lascia

spazio al pacco batterie. Il veicolo, dotato di propulsori basati sulla variante diesel D38 e che prevedono un sistema di iniezione diretta dell’idrogeno nei cilindri, è equipaggiato con serbatoi da 56 kg di capacità, rifornibili a 700 bar, che consentono di effettuare il pieno di carburante in soli 15 minuti e promettono percorrenze medie di 600 km. Rispetto alle alimentazioni tradizionali, MAN ha esposto una nuova generazione dei trattori delle serie MAN TGX e TGS con la nuova Power Lion e con il motore D30, ottimizzati in termini di efficienza e di consumi con una riduzione del 3,7% anche delle emissioni di CO2, grazie anche al nuovo cambio MAN TipMatic 14, alla nuova generazione dei freni e alle soluzioni aerodinamiche. A completare il quadro, infine, la nuova versione del furgone MAN TGE «Next Level», di recente presentato al Transpotec 2024, ottimizzato sul fronte della sicurezza con undici nuovi sistemi di assistenza alla guida.

ALLESTIMENTI ANCORA PIÙ FACILI

Il costruttore olandese ha ampliato e migliorato la versatilità di allestimento dei veicoli del suo segmento carri, introducendo nel software nuove opzioni per lo schema dei fori nelle guide del telaio e per il controllo delle attrezzature dalla cabina

Ladelicatezza dell’allestimento è un aspetto operativo fondamentale per le aziende di autotrasporto. Lo sa bene DAF, che nel 2023, in concomitanza con il lancio dei nuovi XFC e XDC destinati al cava-cantiere, ha rafforzato la collaborazione con i produttori di allestimenti lanciando il servizio «Plug & Play»: un programma che consente a concessionario, allestitore e utilizzatore finale di selezionare congiuntamente le opzioni di allestimento predefinite e personalizzate direttamente nel sistema di ordinazione Daf, in modo da rendere la connessione tra allestimento e telaio la più semplice possibile. Il programma, progettato in stretta collaborazione con 25 allestitori leader in Europa, è nato dunque con un obiettivo ben preciso: ottimizzare i processi di richiesta, ordinazione e allestimento di veicoli cabinati. Se infatti arriva un mezzo non allestito correttamente, con predisposizioni elettriche sbagliate o con fori a telaio errati, gli allestitori possono perdere tra le due e le tre settimane. Con un sistema di questo tipo si può quindi risparmiare tempo prezioso.

PLUG & PLAY PER TUTTI

E adesso, a un anno esatto dal lancio, DAF ha annunciato l’ampliamento del suo programma Plug & Play con ulteriori possibilità configurative. L’ampliamento include una serie di predisposizioni universali per tutti gli altri allestitori, oltre ai 25 che stanno già partecipando al progetto. Queste opzioni sono disponibili per il montaggio di cinque applicazioni dedicate: sollevatori a gancio, gru, cassoni ribaltabili, betoniere e multibenne. Inoltre,

nel programma vengono offerte nuove opzioni per lo schema dei fori nelle guide del telaio: in DAF solitamente prevedono una lunghezza di 60 mm, ma adesso, proprio per soddisfare i requisiti tecnici più disparati, è disponibile uno schema da 50 mm per l’intera lunghezza del telaio. Tra l’altro, è possibile anche modificare il posizionamento dell’intero schema per soddisfare le esigenze di un allestitore specifico, anche quando i fori devono passare

fino all’estremità posteriore del telaio. In più, la posizione di quasi tutti i componenti del telaio può essere personalizzata in base alle esigenze del proprietario del veicolo o dell’allestitore, che può anche indicare quale dei moduli di fissaggio è necessario installare in fabbrica e in quale posizione precisa. Un allestimento può quindi essere montato in modo rapido ed efficiente sul telaio, riducendo i costi e garantendo una rapida messa in servizio.

La casa orange offre numerose opzioni per il controllo dell’allestimento e delle attrezzature dalla cabina. Viceversa, tramite sistemi analogici o con la speciale rete Bus CAN dell’allestitore, è possibile trasmettere segnali e avvertenze alla cabina e di proiettarli chiaramente sul grande display digitale. In totale sono disponibili 51 icone e 31 blocchi

di testo (in verde, giallo e rosso), che possono essere accompagnati da vari segnali acustici di attenzione o di avvertenza. È inoltre disponibile una gamma completa di interruttori Mux programmabili post-vendita per il controllo della sovrastruttura, che possono essere posizionati e raggruppati in base alle preferenze del conducente.

COME RINASCE UN MOTORE

Nello stabilimento francese di Garchizy, FTP (azienda del Gruppo Iveco) rigenera le carcasse dei propulsori – leggeri e pesanti – della casa torinese. I vantaggi sono ambientali, economici e di tempo: un rigenerato costa il 30% in meno di un propulsore nuovo e risparmia l’80% dell’energia di produzione

Visiete mai chiesti come i motori di un veicolo, ormai consunti e fuori uso, vengono rigenerati per poi tornare a nuova (e a volte migliore) vita? È un processo tanto complesso quanto affascinante, dove a fare la differenza sono l’alto livello di know-how dei tecnici, la sistematica integrazione delle specifiche di ingegneria e il continuo aggiornamento tecnologico degli addetti. A illustrarcelo è stata direttamente FTP, azienda del gruppo Iveco, in una visita organizzata presso lo stabilimento francese di Garchizy, dove vengono stoccate le carcasse dei propulsori per veicoli leggeri e pesanti della casa torinese.

COME AVVIENE

LA RIGENERAZIONE

In pratica, i componenti principali del motore vengono sottoposti a rigorosi e ripetuti processi ispettivi, oltre che a fasi di pre-lavaggio e lavaggio dopo lo smontaggio completo della carcassa nella prima area dell’impianto, da cui partono due linee, una per i motori dei veicoli leggeri e una per quelli dei veicoli pesanti. Dopodiché si procede alla fase di controllo e lavorazione vera e propria, dove vengono valutate piccole crepe, difetti o cavità di ogni singolo elemento. I cilindri, ad esempio, vengono ricoperti con un liquido di rilevamento fluorescente ai raggi ultravioletti e poi levigati, mentre l’albero motore, se necessario, viene rilavorato. C’è poi la fase di controllo delle bielle (diametri, spaziature, piegature) e di ispezione di altre parti (tubi, supporto filtro, coperchio volano) per capire se sono utilizzabili. Le componenti vengono quindi rimontate e testate a lungo a caldo su un banco prova specifico (45 minuti, quando solo il 3% dei

L’impianto produttivo di Reman ha una lunga storia. Realizzato all’inizio del Novecento, a partire dagli anni venne adibito alla produzione della Vespa Piaggio. Le attività di Iveco Reman (che sta per «remanufactured») risalgono al 1989, mentre l’ingresso di FPT con il focus sui motori per veicoli industriali «on» e «off» road avviene nel 2006. Oggi lo stabilimento occupa un’area complessiva di circa

motori nuovi viene provato e per soli 360 secondi) per vedere che tutto sia a posto. In particolare, vengono monitorate coppia, potenza, pressione dell’olio e consumo di carburante. Infine, i motori dei pesanti vengono verniciati e imballati per il trasporto. Alla fine, esce un motore come nuovo che verrà reimmesso sul mercato.

I VANTAGGI DEL RIGENERATO

Ma quali sono i vantaggi della rigenerazione? Innanzitutto, i ricostruiti Reman costa-

46.000 metri quadrati, 26.000 dei quali coperti. In dieci turni settimanali, lo stabilimento Reman è in grado di rigenerare fino a 9.200 motori leggeri e 3.400 motori pesanti l’anno, oltre a 700 cambi e altri 22.000 componenti come turbo, iniettori o Egr. I motori per applicazioni on-road – destinati in gran parte, ma non solo, a veicoli Iveco – impegnano circa il 67% della capacità produttiva della fabbrica.

no in media il 30% in meno rispetto a un motore nuovo, mantenendo alta qualità e ottime prestazioni. Inoltre, i propulsori hanno una garanzia di tre anni e possono avere anche due vite. Poi la rigenerazione consente in media di risparmiare l’80% dell’energia che sarebbe stata utilizzata per produrre un pezzo nuovo, con una riduzione delle emissioni di 28 milioni di tonnellate. Infine, i ricambi originali Reman Parts, pronti per essere montati, contribuiscono a ridurre i tempi di fermo macchina.

UN GESTIONALE INNOVATIVO

Il Gruppo olandese, da anni importato in Italia dalla Multitrax di Cremona, ha presentato nuove gamme di piani mobili e un nuovo sistema di monitoraggio dei trailer, facendo anche il punto sul settore e sulla propria produzione

Jan de Kraker, titolare dell’omonima azienda olandese di allestimenti, stima che quest’anno il mercato europeo dei piani mobili raggiungerà i 6.600 veicoli ed entro il 2026 supererà i 7.100 mezzi. «La domanda – afferma – sta crescendo più velocemente nel segmento dei veicoli per il trasporto dei rifiuti. E per noi sta aumentando in tutta Europa con un picco in Polonia, dove abbiamo una nuova entità produttiva, Trailer Tac Polska, che monta anche rimorchi per il mercato locale, ovviamente con la medesima qualità rispetto ai veicoli consegnati dalla sede principale di Axel, in Olanda».

La Kraker impiega 140 persone e produce quasi 1.000 rimorchi all’anno. Per la stragrande maggioranza appartengono alla gamma K-Force, declinata nelle versioni: 2.0, Agri, UK, Waste, Steered, Hupac e Tuttoporte. «Accanto ai rimorchi standard, offriamo anche veicoli altamente individualizzati», prosegue de Kraker. «L’elenco delle opzioni di fabbrica comprende 150 possibilità, ma su richieste speciali è possibile aggiungere

altre attrezzature». In Italia (dati Anfia) i piani mobili nel 2023 sono stati 320, in calo sui 460 del 2022. Nei primi 6 mesi del 2024 l’immatricolato si assesta sui 70 esemplari, ancora in calo rispetto ai 160 registrati nello stesso periodo del 2022. E Alberto Maggi, Ceo di Multitrax, aggiunge che, «pur nel contesto di un calo generalizzato del mercato trainati italiano, Kraker ha continuato nel suo processo di crescita diventando in questi primi mesi del 2024 il primo marchio straniero di piani mobili per numero di immatricolazioni. Questi risultati premiano l’innovazione, la qualità del prodotto e il lavoro di Multitrax nella fase di service al cliente e nella consulenza utile a individuare la configurazione più adatta».

IL SISTEMA MOVING SMART

Insieme ai veicoli, Kraker offre Moving Smart, un nuovo sistema telematico di telemetria che raccoglie dati tramite sensori Smart su tutti i parametri fondamentali del rimorchio, fornendo preziose informazioni sulle prestazioni e sul

funzionamento del rimorchio con piano mobile. I dati raccolti sono inviati tramite rete 5G a una piattaforma sviluppata internamente a cui i trasportatori possono accedere per monitorare i rimorchi in tempo reale, mentre gli avvisi Smart li allertano di qualsiasi problema rilevato. I dati rilevati dai sensori Smart includono: carico utile, distribuzione del carico, posizione del veicolo/rimorchio, chilometraggio, uso del piano mobile (frequenza e tempo di attività totale), usura delle assi del pavimento, pressione e temperatura dell’olio nel sistema a

di Massimiliano Barberis

piano mobile, pressione degli pneumatici del rimorchio e usura dei freni del rimorchio.

Il monitoraggio in tempo reale di tali parametri aiuta a evitare il rischio di guasti ai componenti e di fermi macchina, aumentando i livelli di sicurezza, riducendo le emissioni e tagliando i costi di manutenzione. Inoltre, la capacità di monitorare condizioni e prestazioni di un rimorchio da remoto rende più semplice, per le società di noleggio e leasing, di introdurre modelli di pagamento riferiti all’uso, ponendo Kraker in una posizione di vantaggio sul mercato. «Vengono anche raccolti dati su pressione, temperatura e resistenza della presa di forza e del sistema di azionamento del pavimento, con avvisi inviati in automatico all’operatore per segnalare la necessità di pulizia o manutenzione. L’usura delle assi del pavimento è monitorata dai sensori intelligenti del sistema con una precisione di 0,1 mm, consentendo di ruotare le assi secondo le necessità, evitando danni ai componenti e prolungando la vita del pavi-

SCHEDA TECNICA

DEL KRAKER TUTTOPORTE

Volume 88 m3

Tara 8.300 kg

Altezza ralla 1.150 mm

Lunghezza 14.010 mm

Larghezza 2.550 mm

Altezza 4.000 mm

Altezza int. post. 2.632 mm

Altezza int. ant. 2.632 mm

Lunghezza int. 13.535 mm

Larghezza porte?? 6.285 mm

Larghezza porte?? 1.475 mm

Altezza porte 2.496 mm

Le travi del telaio a forma di «Z» forniscono una solida base per il rimorchio, ma se fossero realizzate in alluminio sarebbe necessaria una struttura più pesante per essere anche forte. La soluzione dei K-Force è una trave posteriore in acciaio maggiormente solida e più resistente all’usura

LE EVOLUZIONI DEL K-FORCE

Nel piano mobile K-Force è stato utilizzato l’acciaio dove era necessario e l’alluminio laddove possibile. Combinando questi materiali in modo equilibrato, si è ottenuto un notevole risparmio di peso, visto che, a seconda della versione, pesa circa 7 tonnellate. Inoltre, tramite la costruzione modulare, si contengono i tempi di riparazione, garantendo alta qualità di riparazione.

L’alluminio garantisce una tara di peso contenuto, ma in alcune aree del veicolo l’acciaio è migliore per assorbire le sollecitazioni di picco senza crepe. I giunti dei rivetti, per esempio, consentono di utilizzare una combinazione di alluminio e acciaio, non si rompono mai e sono più adatti a resistere a carichi elevati e torsioni.

Le travi del telaio a forma di «Z» forniscono una solida base per il rimorchio, ma se fossero realizzate in alluminio sarebbe necessaria una struttura molto più pesante per essere anche forte. Il fascione posteriore è soggetto a carichi pesanti e il pavimento in coda alla fine si consuma di più, perché questo è il punto in cui si scarica l’intero carico. La soluzione dei K-Force è una trave posteriore in acciaio più forte e più resistente all’usura. Un ulteriore vantaggio è che il rimorchio mantiene la sua forma, il che impedisce un’usura esponenziale.

La perdita di forma del rimorchio a causa di crepe e fessure fa sì che una quantità crescente di prodotto entri sotto le assi del pavimento. I blocchi antisolle-

vamento brevettati K-Force assicurano che il pavimento rimanga in posizione migliore rispetto alle strutture dei pavimenti convenzionali.

K-Force monta un pavimento con speciali blocchi guida antisollevamento che forniscono resistenza inferiore durante lo scorrimento. E meno resistenza equivale a usura inferiore del pavimento. I blocchi guida hanno anche una superficie antiusura più spessa e trattengono meglio in sede le assi del pavimento. L’antisollevamento è due volte più forte. Ciò riduce la quantità di sporco sotto le assi del pavimento, con conseguente minore usura del pavimento. I blocchi guida, quindi, dureranno quanto il veicolo.

Il secondo punto più sensibile all’usura in un pavimento a doghe è sopra gli assali e per questo i K-Force hanno, in corrispondenza del tridem, travi e piastre di rinforzo extra. Questa combinazione fornisce una robusta struttura al pavimento e permette alle sollecitazioni di picco di essere distribuite su un’area più ampia quando si entra in una curva. Infine, i mezzi montano un paraurti ripiegabile che offre una altezza libera di 15 cm in più e permette di proteggere le luci posteriori. Il blocco si aziona manualmente con un pulsante laterale, come quello che sblocca le porte posteriori. Le porte dei K-Force hanno un sistema di chiusura a 4 punti con sistema di bloccaggio pneumatico che garantisce un’apertura sicura ed elimina il gioco che si crea con le sollecitazioni stradali.

«L’uomo con la valigia » è invendita esclusivamente su Amazon. Il ricavato netto sarà donato tramite la FAI a Progetto Itaca, associazione che supporta le persone fragili e le loro famiglie in un percorso di recupero

«L’uomo con la valigia – 50 anni di storia dell’autotrasporto raccontati da un protagonista», a firma di Massimo De Donato e Antonella Vicini, ricostruisce la storia del settore attraverso i viaggi, le battaglie e l’impegno di Uggè – sindacalista, deputato, sottosegretario –e la sua tensione costante a tenere unito il più possibile l’autotrasporto italiano

UNA VALIGIA

PER L’AUTOTRASPORTO

Paolo Uggè è un monumento dell’autotrasporto italiano. Lo era già prima di compiere, lo scorso 24 ottobre, i suoi 76 anni. Anche chi lo ha criticato, osteggiato, contrastato, chi insomma si è trovato o si trova su una sponda diversa dalla sua in quella complessa, intricata (e, forse, insolubile) vicenda che è il mondo del trasporto merci su strada, gli riconosce di avervi ricoperto nell’ultimo mezzo secolo, con intelligenza, competenza, impegno e lungimiranza un ruolo da protagonista assoluto: segretario generale della FAI, sottosegretario ai Trasporti e presidente della Consulta, deputato, fondatore di Conftrasporto, vice presidente di Confcommercio, componente del CNEL e, da ultimo, presidente di Unatras, l’associazione di secondo livello che proprio lui aveva battezzato nel 1992.

Una vita così andava raccontata. Ci hanno pensato Massimo De Donato e Antonella Vicini con il volume «Paolo Uggè: l’uomo con la valigia - 50 anni di storia dell’autotrasporto raccontati da un protagonista», che rivela anche aspetti meno noti di Uggè, come i trascorsi giovanili da cantante e chitarrista del cabarettismo milanese alla riscoperta, secondo la moda dell’epoca, delle canzoni popolari e la collabora-

zione con Roberto Brivio, del famoso gruppo musicale dei Gufi.

Collaborazione breve, tuttavia, perché «l’uomo con la valigia» era già in partenza, prima per la Cisl e poi, rispondendo a un’offerta di lavoro pubblicata dal Corriere della Sera, per la FAI, dove entrò nel 1979, per diventarne dopo solo cinque anni segretario nazionale. E quella valigia cominciò a fare su e giù tra Roma e Milano.

Accompagnato da una puntigliosa ricerca storica sui giornali di settore dell’epoca, arricchito da testimonianze di amici e collaboratori (da Fabrizio Palenzona a Pasquale Russo, da Antonio Petrogalli a Rocco Giordano e Clara Ricozzi) e alternato tra narrazione in terza persona e brani di mano dello stesso Uggè, il volume è anche una storia degli ultimi cinquant’anni del nostro autotrasporto, attraverso le battaglie che hanno segnato il settore e che hanno visto Uggè sempre in prima linea: dai grandi fermi degli anni Ottanta al braccio di ferro con l’Austria – tuttora attuale – prima per gli ecopunti, poi per il contingentamento dei nostri camion in transito, fino alla riforma dell’autotrasporto del 2002 che, voluta proprio da Uggè, abolì le tariffe a forcella – inapplicate e abbandonate in tutta Europa – e aprì alla «liberaliz-

zazione regolata» del settore.Ma, sia dalla sponda delle associazioni che da quella del governo, il protagonista ha sempre inseguito quello che viene definito il «sogno unitario» e il libro ricostruisce gli sforzi continui, l’impegno tenace, la costanza incessante nel perseguire questo obiettivo strategico. L’unione di una categoria divisa da troppi interessi divergenti, da troppe differenze di dimensioni, da troppe segmentazioni tecniche, sembra tuttavia più che un «sogno unitario», un «sogno politico», tant’è che l’intera categoria si è compattata poche volte su temi condivisi, ma ha anche sofferto scissioni, scontri, espulsioni come quelle che segnarono, nel 1997, la crisi proprio di quell’Unatras per cui Uggè aveva lavorato e che richiese degli anni per poter essere recuperata. Un’ultima annotazione rende ancor più apprezzabile questo volume, in vendita su Amazon. Sono le parole con cui Paolo Uggè apre il libro e che riportiamo testualmente: «Il ricavato netto sarà donato tramite la FAI a Progetto Itaca, associazione che si occupa di supportare le persone fragili e le loro famiglie nel percorso di recupero del benessere e della pienezza della vita».

A TUA MISURA

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PAOLO GANDELLI CONSIGLIA…

Bentornati alla rubrica più seguita dai «truck driver» tricolori. Visto che al momento in cui scrivo la calura estiva regna sovrana, decido di sentirmi con un amico camionista per farmi consigliare una buona locanda in un posto dove il caldo sia secco e meno fastidioso. Il mio «informatore» si chiama Paolo Gandelli e fa il camionista da ormai 26 anni. Nato a Fiorenzuola d’Arda (Piacenza), 50 anni d’età, Paolo lavora per la ditta Mirko Trasporti che fa movimentazione di merci varie lungo la penisola italiana e non solo. E in questi suoi lunghi viaggi – e anche attraverso il passaparola con i suoi colleghi – ha scoperto

TRATTORIA PIZZERIA AL VECCHIO CASELLO

la trattoria pizzeria «Al vecchio casello» a Cerignola (Foggia). «Oggi per lavoro mi capita spesso e volentieri di scendere giù fino in Puglia – mi racconta – e lì mi fermo di buon grado perché mi sono sempre trovato bene. Il cibo è buono, il servizio gentilissimo e sostare a cena dopo una lunga giornata di lavoro è un piacere rinfrancante. La famiglia Cirillo, che gestisce la trattoria, è molto alla mano e con loro ho instaurato un rapporto solido e amichevole». Al tavolo Gandelli predilige le orecchiette al forno o il capocollo alla brace, «due prelibatezze, ma la scelta è veramente ampia. Per questo mi sento di consigliarlo senza se e senza ma».

Ispirato dalla bella recensione di Paolo, contatto Simone Cirillo, uno dei due figli del proprietario Pasquale che, insieme al fratello Francesco, aiutano il padre a portare avanti la trattoria. «Il locale lo gestiamo dal 2003 – mi spiega - e prende il nome dal fatto che precedentemente qui c’era un casello ferroviario. I nostri clienti sono principalmente autisti e autotrasportatori di passaggio, anche perché ci troviamo a 500 m dall’autostrada». La struttura peraltro non è soltanto un luogo dove mangiare, perché è presente anche una rivendita di sott’oli regionali prodotti dai Cirillo che, anzi, è un’attività

precedente al ristorante vero e proprio (2001). Inoltre, ci sono bar, tabacchi e anche camere in bed and breakfast Un servizio completo, insomma. Ma torniamo al cibo. Simone mi dice che il costo media di un menu è sui 20-25 euro, con una scelta ampia di piatti (7 primi e 7 secondi): «Quelli che vanno per la maggiore – mi confessa – sono le tipiche orecchiette pugliesi, che noi serviamo classicamente con le cime di rapa, oppure nella nostra ricetta ‘al vecchio casello’, con peperoni e salsiccia».

Dal punto di vista del parcheggio il ristorante è copertissimo, visto che ce ne sono due, custoditi con telecamere e parcheggiatore: il primo, di circa 4.000 mq, tiene 30-35 camion; il secondo, di 15.000 mq, può contenere circa 60 veicoli. Lieta la sorpresa per quanto riguarda la doccia che, come i servizi igienici, è gratuitaper chi pranza o cena ed è inoltre aperta 24 ore su 24. «Con i camionisti abbiamo veramente un bel rapporto – mi sottolinea Simone – perché sappiamo cosa vuol dire fare

quel mestiere. Mio padre, infatti, per un periodo di tempo ha guidato il camion, trasportando i prodotti che vendiamo. Questo ci ha aiutati a capire meglio i camionisti, cosa gli serve, che esigenze hanno, e quindi ad avvicinarci anche dal punto di vista umano. Quando vengono da noi non si sentono mai degli estranei, trovano un’accoglienza familiare, non è un rapporto gestore-cliente, ma qualcosa di più stretto e confortevole. Per loro è un plus, per noi una bella sensazione».

TRATTORIAPIZZERIA

AL VECCHIO CASELLO Via Manfredonia, 3 71042 Cerignola (FO)

Tel. 0885.441088

Fascia di prezzo: 20 - 25 euro

Parcheggio: due parking, 90 posti Giorno chiusura: domenica

Tipo cucina: tradizionale, pugliese

Orari: da lunedì a venerdì ore 6.00-23.00 sabato ore 6.00-15.00

Cosa ti ha spinto a fare questo mestiere?

In primis la passione. Ho sempre amato il mondo dei camion e poi mi piace viaggiare, stare in continuo movimento, lavorare da solo. Un altro elemento che mi ha spinto è il senso di utilità sociale che offre questo lavoro. Sentirmi utile per le persone, trasportando beni di prima necessità, è per me una fonte di grande soddisfazione.

Di cosa ti occupi in particolare?

Sono un autista dipendente di un’azienda che trasporta prodotti alimentari dalla Sicilia verso l’Italia continentale e l’Europa. Trasportiamo tutto ciò che offre questa bellissima terra: uva, pomodoro, arance, zucchine, melanzane, ecc. E nei viaggi di ritorno scendiamo carichi, sempre con prodotti alimentari.

Come organizzi i tuoi viaggi?

Solitamente parto da Ragusa per arrivare al porto di Messina. Qui imbarco il camion sulla nave in direzione Salerno e da lì, una volta sbarcato, riprendo il viaggio via strada per dirigermi verso i mercati del nord Italia oppure, dopo aver fatto ovviamente una pausa, all’estero (soprattutto Francia e Germania).

Quindi hai un’anima «intermodale»…

Esatto. La nostra azienda non pratica il tutto-strada e ha scelto l’intermodalità. È sicuramente una modalità di trasporto interessante per chi vuole migliorare la propria efficienza e competitività.

Ponte sullo Stretto: è utile o no all’autotrasporto?

CARTA D’IDENTITÀ

Nome Vincenzo

Cognome Viola

5 10 6 1 2 3 4

Il Ponte sarebbe utile solo nel momento in cui si vanno a creare, nelle immediate vicinanze, delle strutture adeguate alla sosta dei camionisti. Parlo di nuove piazzole, parcheggi, aree attrezzate per dormire di notte. E altrettanto utile sarebbe migliorare le strade locali..

7 8 9

Soprannome Il Corvo

Età 34 anni

Stato civile Coniugato

Punto di partenza Ragusa

Anzianità di servizio 8 anni

Settori di attività Trasporti alimentari

Parliamo di attese al carico: com’è la situazione in Sicilia?

Qualcosa sta cambiando in positivo con l’avvento degli slot di prenotazione. Tuttavia, persistono alcune criticità. Ci sono giornate, infatti, dove c’è una grande concentrazione di prenotazioni e alla fine ti ritrovi comunque ad aspettare. In estate poi, con il caldo, è ancora più stressante. La vera differenza la fa l’organizzazione delle piattaforme logistiche: c’è bisogno di avere più ribalte, con più metri quadrati e personale di magazzino in più. E magari allargare le finestre orarie di carico/scarico.

E all’estero?

Funziona diversamente. In Germania, ad esempio, le attese non sono un problema proprio perché in media ci sono molte più ribalte.

Una cosa che cambieresti del tuo settore?

Vorrei che fossero riconosciute in busta paga anche le ore di impegno. Perché tra tempi di guida e di riposo io totalizzo circa 15 ore al giorno, ma mi vengono riconosciute solo quelle 8-9 ore di guida. E il resto delle ore? Tra l’altro, quando sono fermo, sono anche responsabile della sorveglianza del veicolo e della merce che trasporto. Questo è un aspetto che non viene rimarcato abbastanza. In sostanza, noi autisti siamo controllati (giustamente) per le ore di guida che dobbiamo rispettare, ma non su quanto dovremmo essere effettivamente retribuiti.

Cosa fai nel tempo libero?

Stando spesso fuori per via del lavoro, è difficile coltivare hobby o interessi. Cerco di trascorrere il più tempo possibile con la famiglia, in particolare con le tre donne della mia vita: mia figlia, mia moglie, mia mamma.

Come mai quel soprannome?

Mi chiamavano così da ragazzino, perché avevo una moto con un corvo disegnato e poi perché mi vestivo sempre di nero.

Dip. medicina clinica

ricercatore

Univ. Bologna

UNA SCELTA OCULATA

Ho voglia di comprami un nuovo occhiale da sole ma sono molto indeciso su come meglio sceglierlo. Bandite le bancarelle perché immagino che propongano lenti di scarsa qualità, mi sono rivolto all’ottico ma qui l’indecisione è aumentata. Mi può fare chiarezza?

Maurizio C_Bologna

Mettersi gli occhiali da sole non serve solo ad avere «più carisma e fantomatico mistero», come cantava Battiato, ma è un gesto indispensabile per difendere la salute di occhi e vista. La scelta del modello, dunque, non deve essere dettata esclusivamente da criteri estetici o modaioli, in quanto gli occhiali da sole, «se indossati in modo corretto e utilizzati per il fine previsto», sono «dispositivi di protezione individuale». Lo dice l’Unione Europea che ne ha stabilito gli standard di sicurezza e qualità in una direttiva comunitaria recepita in Italia con decreto legislativo.

In condizioni di luce solare molto intensa, gli occhi reagiscono in automatico mettendo in atto sistemi di protezione naturali capaci di filtrare e di ridurre la quantità di raggi che arrivano all’interno dell’occhio. Tuttavia, soprattutto in caso di esposizione prolungata, è consigliabile proteggere occhi e vista dall’eccessiva luminosità ambientale, dall’abbagliamento e dalle radiazioni non visibili che alla lunga potrebbero causare invecchiamento precoce e patologie quali cataratta e alterazioni retiniche. Con tali premesse, quando si è alla guida l’occhiale da sole diventa un alleato prezioso. Purché sia a norma. Per essere conforme ai requisiti di sicurezza previsti dalla legge un occhiale deve avere sempre sia il marchio «CE» impresso sulla montatura in maniera visibile, leggibile e indelebile, sia una nota informativa di accompagnamento redatta in italiano dal fabbricante contenente specifiche tecniche quali, tra l’altro, caratteristiche delle lenti, indicazione del grado di protezione dai raggi solari (categoria e tipo di filtro solare) ed eventuali limitazioni d’uso. Circa la scelta delle lenti occorre sfatare l’idea che «più sono scure e meglio è». Il colore delle lenti non influenza in nessun modo il potere di difesa dai raggi che

Le lenti devono essere sempre di buona qualità per garantire un buon livello di contrasto e una buona resistenza, devono essere fedeli ai colori e non subire variazioni di forma e colore nel corso del tempo

invece dipende dalla categoria del filtro solare:

categoria 0-1: filtro trasparente, molto chiaro o chiaro adatto a locali chiusi e giornate con poca luce; categoria 2: filtro medio, da usare in giornate nuvolose con illuminazione media;

categoria 3: filtro scuro consigliato in pieno sole;

categoria 4: filtro molto scuro per forti illuminazioni, alta montagna, superfici riverberanti.

Le lenti di categoria 4 non sono idonee alla guida di autoveicoli. A tal proposito i filtri non conformi ai requisiti per l’uso su strada andrebbero sempre corredati dall’avvertimento «non idoneo alla guida» o da un simbolo apposito. Le lenti consigliate durante la guida sono quelle di categoria 2, dato che i cristalli del parabrezza rappresentano già una prima efficace barriera contro i raggi diretti e filtrano parzialmente la luce. Un occhiale troppo scuro limiterebbe la visibilità soprattutto nei passaggi rapidi da pieno sole a zone d’ombra. Bisogna poi distinguere le lenti in: fotocromatiche: si scuriscono al sole e si schiariscono all’ombra adattandosi quindi a condizioni di luminosità variabili;

polarizzate o polarizzanti: filtrano anche i riflessi e migliorano la visibilità; degradanti: più scure nella parte alta, consentono una notevole attenuazione della luce.

Tutte queste tipologie di lenti possono essere colorate a piacimento e/o specchiate. Le più adatte alla guida sono le degradanti perché essendo più chiare in basso e più scure in alto permettono di vedere bene la strada, i segnali e gli ostacoli anche in piena luce e, al tempo stesso, di avere sotto controllo la strumentazione di bordo. Sono invece sconsigliate le fotocromatiche perché all’interno dell’abitacolo in realtà non si scuriscono mai del tutto, così come le lenti specchiate perché minimizzano troppo i contrasti e allungano i tempi di reazione. Quando si è al volante inoltre bisogna evitare tutto quanto possa ridurre il campo visivo laterale come, per esempio, i cosiddetti «paraocchi» oppure montature con aste laterali troppo alte e ingombranti. Qualche ultimo accorgimento: le lenti devono essere sempre di buona qualità per garantire un buon livello di contrasto e una buona resistenza, devono essere fedeli ai colori e non subire variazioni di forma e colore nel corso del tempo. Gli occhiali, infine, non dovrebbero mai essere lasciati nel veicolo per troppo tempo: temperature troppo alte o anche sbalzi termici potrebbero danneggiare le lenti e comprometterne la qualità visiva.

Buon viaggio!

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