Varesefocus 1/2018 - Gennaio

Page 1

ANNO XIX · N.1

GENNAIO 2018

VARESEFOCUS Il valore della cultura

Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% LO/VA


www.teamwork-eu.it

Servizio di manutenzione ascensori.

EFFICACE, TEMPESTIVO, AFFIDABILE. Per tutte le marche di elevatori, 365 giorni su 365.

www.amcaelevatori.com 24 ORE SU 24

365 GIORNI L’ANNO


EDITORIALE

L’industria della cultura Riccardo Comerio

Q

uando si tratta il tema della cultura per cercare di capirne il valore economico e le potenziali capacità di traino del benessere di un territorio o di un Paese, è fin troppo semplice cedere all’irresistibile tentazione di citare la famosa frase dell’allora Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, quando, lapidario, affermò: “Con la cultura non si mangia”. Un giudizio ancora oggi, probabilmente condiviso da molti, ma che non sembra poter essere preso alla lettera. A provare a dare una misura di quanto la cultura valga per il Pil dell’Italia è una ricerca che ogni anno viene redatta da Fondazione Symbola. È da qui che Varesefocus è voluto partire: dal Rapporto 2017 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”. Un primo spunto di analisi che ha dato il pretesto alla nostra redazione di svolgere, nelle pagine del “Focus”, un’inchiesta sul valore che ha oggi la cultura a livello di produzione di valore aggiunto, di indotto, di creazione di imprese e posti di lavoro. Sia sul piano nazionale, sia locale. Come nostro uso, abbiamo fatto questo viaggio, non solo attraverso numeri e statistiche, ma anche con le storie esemplari e i progetti e le ambizioni che stanno nascendo sul territorio. Siamo andati a curiosare nel dietro le quinte del Premio Chiara, abbiamo cercato di capire le necessità che una città come Busto Arsizio ha per il rilancio del proprio patrimonio artistico. Andando poi avanti con la lettura, oltre al “Focus”, nelle pagine di “Arte” diamo conto dei record di biglietti strappati nel 2017 da Villa Panza e di una nuova rassegna di prestigio ospitata al Ma*Ga di Gallarate che dà spazio ad un Jack Kerouac inedito: non lo scrittore, ma l’artista. Abbiamo, inoltre, voluto raccontare come l’impresa, anche quella più industriale, possa essere essa stessa cultura, attraverso la realtà dei musei aziendali che stanno cambiando profondamente veste, trasformandosi da mere vetrine dell’evoluzione storica di una realtà produttiva, a strumento chiave dello storytelling per la valorizzazione del brand e della fidelizzazione dei clienti. In questo è interessante proprio un passaggio della ricerca di Fondazione Symbola, quando sostiene che “le aree geografiche dove maggiore è il fatturato della cultura sono anche quelle dove è più forte la vocazione manifatturiera”. Come un connubio indissolubile. I due sistemi economici, quello industriale e quello culturale,

non sono alternativi, ma anzi si alimentano e sostengono a vicenda. Lo conferma anche la ricerca “Esportare la Dolce Vita” del Centro Studi Confindustria, di cui davamo conto qualche numero fa (Varesefocus n. 5/2017), che ha analizzato il potenziale del “bello” e soprattutto del “ben fatto” italiano sui mercati e dove, nelle conclusioni, si afferma esplicitamente che “la cultura è il primo motore di successo del made in Italy nel mondo”. Perché quando uno straniero compra un nostro prodotto, includendo quindi anche un bene industriale non solo quello classico legato al fashion o all’alimentare, lo fa altresì con l’intento di arricchirsi un po’ del nostro patrimonio culturale che la sua percezione lega, almeno in parte, alle nostre imprese e alle proprie competenze. Non è forse dunque un caso che la Lombardia, la più importante regione industriale d’Italia, sia anche la prima per numero di case editrici (in valore 352, ossia il 40% di quelle di tutto il Paese) e per il valore che rappresenta il proprio sistema culturale: il 26% del totale italiano, contro il 16,4% del Lazio, seconda in classifica. Parliamo, in pratica, di un settore che a livello lombardo, trainato anche dai 163 luoghi del Fai e dai suoi 400 musei, dà lavoro a 345mila persone. Come si spiegano questi numeri, poco conosciuti dai più? Con il fatto che quello nella nostra bellezza è un investimento nell’immagine che le imprese sono capaci di proiettare sui mercati. Un passaggio che è molto più diretto e impattante nella nostra quotidianità di quanto si pensi. L‘investimento culturale può assumere sia caratteri etici legati a un nuovo modo di vivere la cittadinanza, sia tentativi di respingere un degrado artistico che rischierebbe di minare l’identità e le capacità competitive del nostro stesso sistema produttivo.

1




ANNO XIX · N.1

GENNAIO 2018

VARESEFOCUS Il valore della cultura

Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% LO/VA

S O M 6

Periodico di economia, politica, società, costume, arte e natura in provincia di Varese. Presidente Riccardo Comerio Direttore editoriale Vittorio Gandini Direttore responsabile Davide Cionfrini Direzione, redazione, amministrazione Piazza Monte Grappa, 5 21100 Varese T. 0332 251.000 - F. 0332 285.565 M. info@varesefocus.it reg. n. 618 del 16/11/1991 - Trib. Varese

Richiedi il tuo abbonamento gratuito online collegandoti al sito

www.varesefocus.it Progetto grafico e impaginazione Paolo Marchetti Fotolito e stampa Roto3 srl Via per Turbigo 11/B 20025 Castano Primo (Mi) T. 0331 889.601 Gestione editoriale Servizi & Promozioni Industriali srl Via Vittorio Veneto, 8/E 21013 Gallarate (VA) - T. 0331 774.345

FOCUS

ECONOMIA

6 9

18 Il tempo del lusso 20 La rivoluzione sensibile al volante 22 Le nuove minacce per il credito alle imprese

Quanto vale la cultura? La “dipendenza” culturale del made in Italy 11 Dietro le quinte del Premio Chiara 13 Mecenati cercasi per un nuovo Rinascimento 15 L’evoluzione dei musei aziendali

INCHIESTA 25 L’economia di domani è BIO

PUBBLICITÀ Servizi & Promozioni Industriali srl M. commerciale@spi-web.it T. 0331 774.345 Questo numero è stato chiuso il 19 gennaio 2018. Il prossimo numero sarà in edicola con Ilsole24Ore il 19 marzo 2018. “Varesefocus” ospita articoli e opinioni che possono anche non coincidere con le posizioni ufficiali dell’Unione Industriali della Provincia di Varese. Valore di abbonamento annuo Euro 20,00 (nell’ambito dei servizi istituzionali dell’Editore).

Interventi e contributi di: Luigi Bignami, Giornalista; Mario Chiodetti, Giornalista; Andrea Della Bella, Giornalista; Andrea Ferretti, Docente Universitario; Mariangela Gerletti, Giornalista; Michele Mancino, Giornalista; Luisa Negri, Giornalista; Daniele Pozzi, Docente Universitario; Paola Provenzano, Giornalista; Sergio Redaelli, Giornalista; Verena Vanetti. In redazione: Cristina Cannarozzo, Davide Cionfrini, Silvia Giovannini, Paola Margnini, Chiara Mazzetti, Maria Postiglione. Segreteria di redazione: Barbara Brambilla, Viviana Maccecchini. Fotografie di: Archivio Reuters, Davide Cionfrini, Mauro Luoni.


M A R I O LAVORO

FOTO DAL MONDO

28 Dove si lavora (e insegna) meglio

46 Corsa di cavalli a Ballyheigue in Irlanda

▶ Arte 61 Non solo scrittore: ecco il Kerouac artista

FORMAZIONE SCIENZA 31 #PmiDayVarese 2017: il viaggio continua

31

48 La mappa del rischio vulcano

48 61 64 Villa Panza da record 66 Il profumo della realtà aumentata 68 Mostre e appuntamenti

35 Occupati con la meccatronica

TERRITORIO

UNIVERSITÀ

50 Gli alieni sono tra noi

38 È nata la LIUC Business School

RUBRICHE

▶ Sport 71 Il pattinaggio su ghiaccio a Varese

▶ Provincia da scoprire 53 Nelle “firme” dei pellegrini

▶ Motori 74 Il mercato attende la nuova BMW X2

▶ Gita a... 56 Un fine settimana lungo il fiume Ticino

▶ In libreria 77 Come un’agenda nuova

VITA ASSOCIATIVA 41 L’industria 4.0 avanza a suon di investimenti 44 La “pancia” dell’industria varesina


FOCUS

Quanto vale la cultura? Un valore aggiunto prodotto di 89,9 miliardi che a sua volta genera un effetto moltiplicatore nel Paese in grado di arrivare fino a 250 miliardi di euro, dando lavoro a 1,5 milioni di persone. Ecco i numeri della filiera culturale italiana, che vede Varese al dodicesimo posto per l’impatto del comparto sul totale dell’economia locale L’Ultima Cena di Leonardo a Milano

culturale e della creatività è uno dei motori trainanti dell’eco-

Paola Provenzano nomia italiana e un fattore di competitività del made in Italy. E

S

embrano trascorsi decenni e invece sono passati solo sette anni da quando, all’allora Ministro Giulio Tremonti, fu attribuita la battuta “con la cultura non si mangia”, rivolta al collega Sandro Bondi, che lamentava i tagli operati a danno del suo dicastero alla Cultura. Oggi scopriamo invece che con la cultura non solo è possibile mangiare, ma si mangia anche bene. Dati alla mano l’industria

6

mentre Varese e la Lombardia non stanno certo a guardare, ci apprestiamo anche a vivere - in questo 2018 - l’anno europeo del patrimonio culturale: un’occasione in più per riflettere sulla ricchezza del nostro Paese. Inoltre se il punto di partenza è quello dei numeri, non possiamo non considerare che le imprese di questo settore parlano anche di innovazione tecnologica e sociale, di recupero di centri urbani e spazi dismessi e spostano l’attenzione sulla dimensione dello sviluppo e della qualità di vita.


Lombardia e Varese Secondo i dati del rapporto Symbola la Lombardia è seconda solo al Lazio per peso del settore sia in termini di imprese attive (7,2%) che di occupati. La cultura è sotto la lente anche di Lombardia Speciale, sistema di comunicazione web di Regione Lombardia, che ci dice che il sistema culturale lombardo vale un quarto di quello nazionale. La cultura pesa per 23,4 miliardi di euro nella nostra regione e conta 345mila addetti (pari al 23%

Quello culturale e creativo è un sistema in crescita: nel 2016 il suo valore aggiunto ha messo a segno un +1,8% e l’occupazione un +1,5%. Trend leggermente superiori alla media nazionale

FOCUS

La fotografia Villa Panza a Varese I numeri per raccontare il settore arrivano dal Rapporto 2017 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere, con la collaborazione e il sostegno della Regione Marche e di Sida Group. Come si legge nel rapporto, il sistema produttivo culturale e creativo, fatto da imprese, Pubblica Amministrazione e non profit, genera 89,9 miliardi di euro e dà lavoro a 1,5 milioni di persone (quasi 22mila unità in più del 2015), che rappresentano il 6% del totale degli occupati in Italia. Esso inoltre “attiva” altri comparti: il suo effetto moltiplicatore sul resto dell’economia è pari a 1,8: in altre parole, per ogni euro prodotto in ambito culturale, se ne attivano 1,8 in altri settori. Ciò significa che gli 89,9 miliardi generati dalle attività culturali italiane ne “stimolano” altri 160, per arrivare a quei 250 miliardi prodotti dall’intera filiera, il 16,7% del valore aggiunto nazionale, col turismo come principale beneficiario di questo effetto volano. Inoltre nel complesso quello produttivo culturale e creativo è un sistema con il segno più: nel 2016 ha prodotto un valore aggiunto superiore rispetto all’anno precedente (+1,8%), sostenuto da un analogo aumento dell’occupazione (+1,5%). Crescite lievemente superiori a quelle relative al complesso dell’economia (+1,5% di valore aggiunto e +1,3% di occupazione).

degli occupati totali). Il 29 maggio 2017 Regione Lombardia ha dato avvio inoltre all’anno della cultura che si chiuderà il 29 maggio di quest’anno: nell’arco di questi 12 mesi si è snodato un ricco programma di manifestazioni, mostre, festival, eventi e iniziative: il tutto è stato pensato come opportunità per i cittadini e i turisti di scoprire l’ampia offerta culturale lombarda e per gli operatori del settore di collaborare con le istituzioni per creare sinergie per lo sviluppo dei territori. Varese in tutto questo dove si colloca? Al dodicesimo posto a livello nazionale per il ruolo del settore rispetto al sistema produttivo locale. Altri dettagli ce li danno i dati elaborati dall’Ufficio studi e statistica della Camera di Commercio di Varese partendo da un rapporto Unioncamere: il sistema cultura&creatività targato Varese rappresenta il 7,3% del tessuto produttivo locale e conta 5.441 imprese, per un valore aggiunto pari a oltre un miliardo di euro. Un mondo ricco, complesso e innovativo Ma cosa sta dentro all’insieme delle imprese culturali e creative? Guardandole da vicino ci si rende conto che esse comprendono tutte le attività economiche che producono beni e servizi culturali, ma anche le attività che non producono beni o servizi strettamente culturali e che però utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti. Gli esperti parlano di cinque macro settori: le industrie creative (architettura, comunicazione, design), le industrie culturali propriamente dette (cinema, editoria, videogiochi, software, musica e stampa), il patrimonio storico-artistico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), le performing arts e arti visive a cui si aggiungono le imprese creative-driven ovvero quelle che utilizzano in maniera strutturale professioni culturali e creative, come la manifattura evoluta e l’artigianato artistico. Un insieme eterogeneo e complesso che al suo interno racchiude poi aspetti e attenzioni differenti. 7


FOCUS

Basti pensare al solo patrimonio storico-artistico La sede della Feltrinelli a Milano dove alle attività di conservazione si affiancano quelle della fruizione, ma anche a tutto il complesso mondo del design che è trasversale a tanti altri settori produttivi. In tutti i casi si tratta di ambiti nei quali l’utilizzo delle tecnologie, e quindi l’innovazione, giocano oggi un ruolo di primissimo piano: basti pensare a come è cambiata e sta cambiando ancora la fruizione di spazi museali, mostre e aree espositive grazie all’utilizzo della tecnologia, ma anche al ruolo che essa gioca nel campo dell’editoria e del cinema. E poi non mancano esempi in cui l’azione di imprese culturali si è legata al recupero di spazi dismessi e alla creazione di luoghi che siano punto di incontro per i cittadini: un esempio su tutti è quello della Fondazione Feltrinelli a Milano, Il sistema cultura&creatività che tra i suoi obiettivi ha la realizzazione di un nuovo centro cultargato Varese rappresenta il 7,3% turale urbano e di aggregazione culturale della comunità. Bastano queste caratteristiche, di innovazione e socializzazione, del tessuto produttivo locale a far comprendere come il settore rappresenti un grandissimo e conta 5.441 imprese, per un patrimonio non solo dal punto di vista economico. Laddove le iniziative culturali si moltiplicano, crescono anche le possibilità valore aggiunto pari a oltre di creare relazioni, offrire occasioni di socializzazione alle diun miliardo di euro verse fasce di età e contribuire a garantire una maggiore qualità della vita.

Il 2018 è l’anno europeo del patrimonio culturale Anche le istituzioni europee guardano con interesse alle industrie culturali e creative, non solo perché considerate un fattore di competitività, ma anche per il loro potenziale in termini di creazione di occupazione e di forte legame con l’innovazione. Una prova di ciò arriva dal Libro Verde dedicato proprio a questo settore e messo nero su bianco nel 2010 con lo scopo di stimolare un dibattito sulle condizioni che possono accrescere lo sviluppo di questo tipo di imprese. L’attenzione è stata richiamata su diversi fronti, che vanno dalla formazione di figure professionali ad hoc fino alla questione dell’accesso al credito. Sotto quest’ultimo profilo una risposta è data dai programmi europei di finanziamento che - durante il periodo di programmazione 2014-2020 - potranno contribuire allo sviluppo dell’industria creativa. Si tratta di Europa Creativa, Erasmus+, Horizon 2020, Cosme a cui si aggiungono gli interventi realizzabili mediante i Fondi strutturali. Inoltre la Commissione europea e il Fondo europeo per gli investimenti (Fei) hanno lanciato, un sistema di garanzia di 121 milioni di euro per sostenere le piccole e medie imprese nei settori culturali e creativi. Ma la cultura non è solo una questione economica ed è per questo che il 2018 è stato proclamato Anno europeo del patrimonio culturale con l’obiettivo, come si legge nelle motivazioni, di “mettere in luce la ricchezza del patrimonio culturale europeo, dimostrando il suo ruolo nel promuovere un senso condiviso d’identità e nel costruire il futuro dell’Europa”.

8


FOCUS

La “dipendenza” culturale del made in Italy “Chiunque faccia impresa in Italia deve essere consapevole che un pezzo del proprio successo è legato alla cultura di questo Paese”: parola di Renzo Iorio, Presidente del Gruppo Tecnico Sviluppo e Cultura di Confindustria Chiara Mazzetti

Renzo Iorio

C

on il temine “mecenatismo” si definisce il sostegno e la promozione di attività artistiche e culturali e, più nello specifico, degli stessi artisti coinvolti in suddette attività. Ma nel XXI secolo i moderni mecenati, a differenza dei predecessori romani del 60 a.C., non si “limitano” a promuovere, favorire e sovvenzionare “uomini di cultura”. Nel corso dei secoli, il mecenate ha finito per assumere aspetti e connotazioni differenti. Negli ultimi anni, si è sempre più identificato nella figura dell’imprenditore che sponsorizza eventi, manifestazioni e organizzazioni artistiche o culturali. Fino ad arrivare ai cosiddetti “mecenati d’impresa”, finanziatori di iniziative imprenditoriali con caratteristiche innovative e rischiose. Chi sono, dunque, i moderni mecenati? Ma soprattutto quanto conta la cultura come volano per lo sviluppo di benessere? A dare un quadro dell’industria culturale italiana è Renzo Iorio, Presidente del Gruppo Tecnico Sviluppo e Cultura di Confindustria, che ha risposto ad alcune domande e a qualche piccola provocazione.

“Il 40% dei viaggiatori internazionali che vengono in Italia per una motivazione di cultura, ha una spesa media una volta e mezzo superiore a quella di chi arriva in visita spinto da altre ragioni”

Quanto è importante la cultura come strumento di sviluppo e creazione di benessere? Fondamentale. I dati che confermano questa percezione sono gli indicatori di consumo culturale nazionale, ovvero quanto la popolazione acquista libri, va a teatro, visita musei. Se confrontiamo le cifre italiane con la crescita del Pil, il principale indicatore dello sviluppo di un paese, notiamo una netta correlazione tra i valori di sviluppo e i consumi culturali. La capacità di innovare che un paese ha è figlia del livello culturale della popolazione che vi risiede. È anche vero che, in genere, i consumi culturali sono più forti ed accentuati dove queste risorse sono più scarsamente presenti. In altre parole: più un patrimonio è raro e più è apprezzato e, di conseguenza, valorizzato. Paesi come l’Italia, in cui la ricchezza culturale è diffusa ed è percepibile, finiscono per avere una minore consapevolezza diffusa di quanto questa sia importante. Soprattutto perché viene considerata come un dato di fatto e non una necessità da conquistare. Di contro vivere in mezzo alla cultura 9


FOCUS

e assorbire questa creatività credo siano una parte estremamente importante del successo e della qualità del Made in Italy. Quanto fa da traino la cultura in termini non solo di Pil ma di appeal per il made in Italy? Credo che tutti i prodotti del made in Italy tradizionale, dall’arredo alla moda, debbano parte del loro successo sui mercati internazionali ad un contributo decisivo della cultura italiana. Nessuno si sogna di spostare dalla penisola italica e dai suoi elementi culturali, marchi e sedi produttive. Il nostro vantaggio è una cultura molto diffusa, nella quale anche paesaggio e cibo sono parte integrante di un ampio tessuto che rende l’Italia attrattiva. Questo è l’aspetto che fa da motore. Lo dimostra il fatto che il 40% dei viaggiatori internazionali che vengono nel nostro Paese per una motivazione di cultura, abbia una spesa media una volta e mezzo superiore a quella di chi viene in visita per altri motivi. Quando la cultura diventa uno strumento di crescita e sviluppo economico del territorio? Quando è cultura originale, che ha radici in quel territorio e riesce ad esserne l’espressione e a rappresentarlo. Trovo interessante l’esempio del settore della moda, in cui inizialmente la fama di un marchio era legate allo stilista. Ora, dopo il fenomeno introdotto da Brunello Cucinelli (casa di moda italiana fondata dall’omonimo imprenditore, nota per la produzione di maglieria in cashmere, nata nel borgo di Solomeo ndr.), risulta essere più importante l’elemento del legame con il territorio. Lezione incoraggiante per un Paese come il nostro, che si deve porre il tema della prospettiva di crescita economica attraverso un modello diverso dall’industrializzazione post bellica. Oggi il modello di crescita è molto più diffuso sui territori. L’Italia investe abbastanza in cultura? No, nel senso che ci sono scarsa consapevolezza e insufficienti consumi culturali. Questo è un dato oggettivo, reso noto dal Bilancio dello Stato dedicato alla cultura. Si tratta di valori in crescita, ma comunque bassi se paragonati ad altri paesi come la Francia. L’Italia è un territorio ricco di patrimonio artistico e culturale in senso lato, votato alla conservazione e alla valorizzazione, ma la creazione di cultura resta una chimera. Quindi oggi destinazioni che investono molto in creatività come Berli-

“Tutti i prodotti del Made in Italy devono parte del loro successo sui mercati internazionali ad un contributo decisivo della cultura italiana e alla capacità di attrazione che essa ha nel mondo”

Il Pantheon a Roma

no o il Regno Unito risultano essere più interessanti e vive. La dimensione del creare è importante perché una cultura vitale è in grado di rendere la società più fertile, vivace ed attrattiva. Qual è il ruolo di imprenditori ed imprese in questo panorama? Più che ruolo si tratta di un dovere di consapevolezza. Chi fa impresa in Italia deve essere consapevole che un pezzo del suo successo è legato alla cultura di questo Paese. La chiave che spinge imprenditori e aziende a cercare di includere i valori di questa cultura nei propri prodotti. Non per forza adottando un monumento, ma, per esempio, armonizzando la propria impresa con il paesaggio circostante. Essere responsabili verso la cultura del territorio passa anche da operazioni di questo genere. Il Paese in assoluto credo dovrebbe avere maggior consapevolezza di quanto la cultura sia un elemento di competitività per i mercati mondiali. Chi sono i moderni mecenati? Sdoganerei la definizione classica di mecenate. D’altra parte l’intervento di un imprenditore sulla cultura non è per forza mecenatismo. Svincoliamo questa figura per tornare a concetti che stavano dietro ai veri mecenati. La funzionalità dell’investimento in cultura credo vada riconosciuta. Investire in cultura, conservazione e creazione del patrimonio culturale è qualcosa di cui andare fieri e rendere noto alla propria comunità di lavoratori di impresa. L’idea è superare il mecenatismo come pura donazione, in favore di una visione in cui il sostegno alla conservazione del patrimonio culturale possa essere, a pieno titolo, integrata nella produzione.

10


Quanto costa dar vita ogni anno al Festival del Racconto che rappresenta una delle manifestazioni culturali più importanti del territorio? Come funziona la macchina organizzativa? Come si catturano gli sponsor? Quali le ricadute economiche? Mario Chiodetti

I

l Premio Chiara non è soltanto letteratura, musica, fotografia, seminari di scrittura, personaggi importanti che si alternano sul palco a ricevere onori, ma un articolato laboratorio di idee che richiede una lunga preparazione e un’attenta amministrazione. Nel 2018 ricorrerà il trentennale del premio letterario, assegnato nel corso degli anni a scrittori del calibro di Giampaolo Rugarli, Laura Pariani, Andrea Vitali, Francesco Piccolo, Gianni Celati, Giuseppe Pederiali, Andrej Longo, Gianrico Carofiglio e Antonio Manzini, nel segno di una qualità costante e di un’inesausta voglia di fare e proporre idee sempre nuove e stimolanti. Ma quanto costa organizzare il Festival del Racconto? Come funziona il meccanismo interno del premio? Come si catturano gli sponsor e quale ricaduta economica ha un’operazione culturale di questo genere? Lo abbiamo chiesto a Bambi Bianchi Lazzati, che con Romano Oldrini, presidente degli Amici di Piero Chiara, condivide ogni anno l’avventura di un Premio conosciuto a livello nazionale e transfrontaliero. “Innanzitutto occorre citare gli Amici di Piero Chiara, associazione che raccoglie un’ottantina di soci attivi. Per iscriversi occorre versare la quota di 25 euro, ma accogliamo volentieri anche eventuali soci sostenitori. Poi mi aiutano parecchio Mauro Gervasini per il cinema, Matteo Inzaghi ed Eileen ed Emilio Ghiggini, oltre a Ferruccio Zuccaro, memoria storica di Varese. Il discorso delle sponsorizzazioni è piuttosto complesso: noi ricerchiamo partner che siano vicini allo

FOCUS

Dietro le quinte del Premio Chiara Bambi Bianchi Lazzati: “L’intero pacchetto del ‘Chiara’ vale 80 mila euro all’anno e in 30 anni di storia finora ce l’abbiamo sempre fatta a coprire i costi” spirito del Premio, che è quello dell’attenzione verso la cultura e il territorio. Un esempio in questo senso è stato Luigi Orrigoni. La cultura rende allo sponsor in immagine, e poi i contributi sono detraibili dalle tasse”. Quali sono gli sponsor che sostengono il Premio Chiara? In percentuale sono più i privati oppure vincono comuni e Provincia? “Purtroppo le banche hanno sempre meno fondi da destinare ai prodotti culturali. Oggi sponsorizzano eventi più popolari e a noi arrivano contributi minimi, nell’ordine dei 1000-2000 euro. Lo scorso anno, per fortuna, la A destra, Bambi Lazzati Fondazione Bpu ci ha garane, a sinistra, tito un contributo un po’ più Mariachiara Mascarin alto. In percentuale vincono i privati, poco superiori al 50% del totale. Ci danno una mano i comuni di Luino, Azzate, Tradate, Gallarate e Varese, ma a loro vogliamo chiedere una convenzione di almeno due anni. Speriamo che la Provincia possa avere un portafoglio, mentre abbiamo il sostegno della Comunità montana Valli del Verbano e la Camera di Commercio di Varese ci concede gratuitamente le sale di

11


FOCUS

Organizzatori e promotori del Premio Chiara 2017

“Ogni anno arrivano 80-90 volumi dalle diverse case editrici, la prima selezione la fanno i due o tre componenti della Giuria dei Grandi lettori. Si arriva a 50 titoli letti da tutti i giurati fino ai dieci finali” Ville Ponti. Siamo alla ricerca di un main sponsor che sostenga il premio letterario, il ‘Chiara’, per intenderci”. Nell’ufficio di viale Belforte, Bambi Lazzati è coadiuvata da Mariachiara Mascarin, assunta part time e da stagisti provenienti dalla facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università dell’Insubria. “Non possiamo permetterci di avere una persona a contratto a tempo pieno, il solo ufficio ci costa 25 mila euro all’anno. Tutta la parte di comunicazione, con locandine, manifesti e programmi è parecchio costosa, poi ci sono gli eventi come il Premio Chiara e il Premio alla Carriera, che costa 12 mila euro, 1.500 dei quali vanno al premiato, a cui paghiamo viaggio e alloggio al Palace Hotel, altri a chi presenta e agli ospiti sul palco. L’intero pacchetto del “Chiara” vale 80 mila euro all’anno, finora ce l’abbiamo sempre fatta a coprire i costi, e siamo intenzionati a continuare il cammino, anche se trent’anni sono tanti e la fatica si sente. Però per il 2018 ho in mente una bella cosa riguardante proprio lo scrittore Piero Chiara. Federico Roncoroni, che ‘sovraintende’ a ogni nostra iniziativa, ha già dato il consenso”. 12

Il Premio Chiara acquista ogni anno 450 volumi da regalare ai 150 membri della giuria popolare, con costi che lievitano per la confezione e la spedizione dei pacchi ai singoli giurati. “Gianrico Carofiglio, che lo ha vinto nel 2010, ha dichiarato recentemente al Maga di Gallarate che il ‘Chiara’ è un premio serio che funziona benissimo, e la cosa ci inorgoglisce. Ogni anno arrivano 80-90 volumi dalle diverse case editrici, la prima selezione la fanno due o tre componenti della Giuria dei Grandi lettori. Si arriva a 50 titoli letti da tutti i giurati fino ai dieci finali. Da qui in avanti la giuria si riunisce a discutere per decretare la cinquina da cui uscirà la terna dei finalisti destinata al responso della Giuria Popolare, che comprende anche i gruppi di lettura di otto persone. Invito chi ama leggere a farsi avanti per partecipare alla giuria popolare, che di tanto in tanto va rinnovata”. Bambi Lazzati dichiara che la voglia di continuare la battaglia le viene soprattutto dal Premio Chiara Giovani, che ha lanciato talenti come Andrea Fazioli. “È stimolante il lavoro che facciamo nelle scuole, dove contiamo su un insegnante ‘ambasciatore’ che prepara i ragazzi e li invoglia a scrivere. Poi il Premio ‘Riccardo Prina’ per il racconto fotografico che ci ha portato per quattro anni alla Triennale di Milano, il premio ‘Le Parole della Musica’ consegnato a Conte, Guccini, Ligabue, Gianna Nannini, De Gregori e Vecchioni, e quello alla Carriera che ha visto al teatro di Luino nomi quali Camilleri, Franca Valeri, Paolo Villaggio, Ermanno Olmi. Riuscire a mantenere tutto ciò è il nostro sogno nel cassetto. Il Premio Chiara non muove l’economia, ma certo la cultura, i vincitori hanno molta visibilità e una nutrita rassegna stampa. Purtroppo le librerie non ci supportano come vorremmo, non allestiscono una vetrina in occasione della finale del premio e non incentivano i loro lettori a far parte magari della nostra giuria popolare. Ma noi andiamo avanti, c’è ancora moltissimo da fare”.


FOCUS

Mecenati cercasi per un nuovo Rinascimento Sponsorizzazioni pure, accordi di programma, sponsor tecnici: ecco come nuove forme di alleanza pubblico-privato potrebbero rendere finanziariamente sostenibile la valorizzazione della cultura in città come Busto Arsizio dove il legame tra imprenditoria e patrimonio artistico è sempre stato molto forte artistico e culturale ha con la propria imprenditoria”. Manuela

Davide Cionfrini Maffioli è da pochi mesi Assessore alla Cultura di una città che

‘‘B

usto Arsizio ha bisogno di un nuovo Rinascimento basato su un rinnovato mecenatismo in grado di rinsaldare quel legame che il nostro patrimonio

forse più di altre nella sua storia ha visto crescere il proprio humus culturale in maniera proporzionale alla crescita economica e manifatturiera delle imprese dell’area. Forse è anche per questo che Maffioli nel suo assessorato incorpora le deleghe all’identità, al

Il Museo del Tessile di Busto Arsizio

13


FOCUS

commercio, all’industria e all’artigianato. Attività imprenditoriali da una parte, quelle artistiche e culturali dall’altra. Come a dire: tutto a Busto Arsizio nasce dall’industria e all’industria riporta. Ne è un esempio quel Museo del Tessile che dimostra come il rumore dei telai abbia scandito ogni aspetto della vita bustocca. Anche quella legata ai monumenti. “La struttura, però, - racconta Maffioli - non ha un sistema di allarme esterno, né un sistema di videocamere interno”. Ecco dunque un esempio concreto di come l’imprenditoria potrebbe essere utile nella pratica alla crescita culturale. “Non chiediamo per forza risorse finanziarie o donazioni. Ma si potrebbe pensare ad una partnership con un’azienda produttrice di tali sistemi di sicurezza che potrebbe dotare il nostro Museo del Tessile della rete di allarme necessaria, a cui daremmo evidenza con la giusta comunicazione e visibilità”. Un intervento a fondo perduto, che va sotto la definizione di sponsor tecnico e che potrebbe togliere il freno alla possibilità della struttura di accogliere eventi e mostre di prestigio. “Ad oggi questo - spiega l’Assessore - non è possibile. Senza un sistema di sorveglianza come possiamo ospitare opere importanti da mettere in mostra? E, anche qualora ci riuscissimo, i premi assicurativi da pagare sarebbero altissimi e renderebbero diseconomica qualsiasi iniziativa”. In questo modo l’intervento privato di uno sponsor tecnico risolverebbe sia il problema contingente della mancanza di un sistema di protezione del patrimonio artistico e storico, sia quello di lungo periodo legato ai costi di gestione. La situazione del Museo del Tessile è in parte condivisa anche da Palazzo Marliani-Cicogna sede della biblioteca comunale e delle civiche raccolte d’arte, “dotato sì, di un impianto di videosorveglianza interno, ma con un sistema di allarme non funzionante, sul quale non riusciamo a intervenire, in assenza di risorse”, spiega l’assessore. Il problema sta proprio qui: rendere finanziariamente sostenibile la cultura e lo sfruttamento dell’arte. Trasformando la cultura in un settore capace di fare da leva di sviluppo per la città. Per riuscirci servono iniziative di qualità, recuperi di veri e propri gioielli architettonici (spesso legati al liberty), creazione di spazi moderni adatti alle nuove tecnologie di fruizione dell’arte.

Palazzo Marliani-Cicogna

14

Tra le priorità c’è quella di dotare il Museo del Tessile e Palazzo Marliani-Cicogna di sistemi di allarme e videosorveglianza in grado di ridimensionare i costi dell’organizzazione di eventi tramite l’abbassamento dei premi assicurativi La sfida è ardua. E a budget la cultura può contare a Busto Arsizio, sesta città della Lombardia, su risorse per centinaia di migliaia di euro all’anno. Evidente che per alzare l’asticella delle ambizioni serva un’alleanza pubblico-privata. “Potremmo fare grandi cose”, racconta ancora Manuela Maffioli: “Pensiamo solo al liberty bustocco, degno per valore dei più grandi centri europei. Il recupero di veri e propri gioielli della città ci permetterebbe di entrare in un progetto Ue di valorizzazione del liberty capace di creare un vero e proprio indotto turistico”. Le potenzialità, insomma ci sono. “Gli interventi che richiedono idee come questa, però, sono progettualità dall’investimento a sei zeri”. La scommessa, dunque, non può che essere quella di mettere intorno ad un tavolo più soggetti e creare una sorta di alleanza pubblico-privata. Le forme possono essere le più varie. Sponsorizzazioni tecniche, appunto. Ma anche sponsor puri o accordi di programma. “Oggi per un’Amministrazione come la nostra è impensabile impostare una politica ambiziosa di rilancio culturale senza le giuste sinergie col mondo imprenditoriale. Le risorse su cui possiamo contare da soli sul nostro bilancio non sono più quelle di 15 anni fa. E la cultura non è la sola voce a cui dobbiamo pensare soprattutto di fronte alle difficoltà sociali emerse dopo anni di crisi economica”. Quello che però Maffioli chiede al sistema delle imprese non è un puro gesto di carità: “L’investimento nella cultura non è un vuoto a perdere. Ciò su cui dobbiamo lavorare è un progetto in grado di fare da motore di sviluppo per tutta la città. Che crei posti di lavoro nel breve con gli interventi edilizi necessari e un vero e proprio indotto con basi solide nel lungo periodo”. L’appello, così come la sfida, è dunque lanciato. Un banco di prova che Busto Arsizio condivide con altre realtà della provincia. A partire dalla vicina Gallarate: “Le corse solitarie non pagano. Per questo stiamo ragionando insieme all’Amministrazione gallaratese sulle possibili sinergie da mettere in rete. Il Ma*Ga (Museo d’Arte Moderna di Gallarate) da una parte e il Baff (Busto Arsizio Film Festival) dall’altra, per esempio”. Di fronte alla scarsità di risorse l’unica opzione è fare sistema, con alleanze sovra-comunali. Con la consapevolezza, chiosa l’Assessore Maffioli, che “investire nella cultura vuol dire innanzitutto combattere il degrado”. Non solo delle menti.


Sono nati come dei semplici mausolei autocelebrativi, ma sempre di più gli spazi espositivi delle aziende si stanno trasformando in luoghi di partecipazione esperienziale e di condivisione di valori e storytelling in grado di coinvolgere i visitatori-consumatori nel corporate heritage

FOCUS

L’evoluzione dei musei aziendali Daniele Pozzi (*)

I

primi musei aziendali aperti al pubblico vennero creati a inizio del Novecento negli Stati Uniti, un Paese che, per sua natura, identifica buona parte della propria storia con l’età industriale. In Europa, uno dei primi casi fu, nel 1906, quello del produttore di ceramiche inglese Josiah Wedgwood & Sons – attivo dalla metà del 1700 – e della casa automobilistica Daimler-Motoren-Gesellschaft, istituito nel 1911. Per questi pionieri il museo aziendale sorgeva imitando il modello del tradizionale museo d’arte: questi ultimi erano nati dalle collezioni con cui famiglie aristocratiche o nazioni mostravano la propria grandezza, esponendo all’ammirazione del pubblico oggetti unici e straordinari. Allo stesso modo, le prime aziende che istituirono delle esposizioni museali intendevano mostrare cimeli (ad esempio oggetti appartenuti al fondatore), oppure dei propri prodotti ritenuti notevoli in quanto unici, rari o preziosi. In questa prospettiva, le raccolte di manufatti industriali avevano un consistente svantaggio rispetto a quelle di opere d’arte, non solo per il maggior prestigio che a queste ultime veniva riconosciuto dalla cultura “alta”. In primo luogo, gli strumenti della produzione e i prodotti dell’industria diventano “vecchi”

Il corporate heritage è oggi visto dalle imprese come una risorsa da valorizzare e da trasformare in vantaggio competitivo, attraverso operazioni che uniscono finalità culturali ed economiche

prima di diventare “antichi”, quindi è molto facile che vengano sostituiti e dimenticati, prima di iniziare a essere considerati qualcosa che sia rilevante conservare per le future generazioni. Inoltre l’industria crea, per sua natura, oggetti standardizzati, prodotti in serie: risulta quindi particolarmente difficile riconoscere in essi quei criteri di “unicità” che, nella prospettiva tradizionale, devono caratterizzare un oggetto degno di far parte di una raccolta museale. Bisogna infine dire che gli oggetti industriali destinati alla produzione o al consumo, “tradiscono” in parte la loro natura, una volta che vengono posti su un piedistallo – talvolta letteralmente – per essere trasformati in monumento. In anni recenti, tuttavia, la museologia ha adottato una prospettiva più complessa e oggi il museo è sempre meno un luogo in cui gli oggetti vengono semplicemente preservati ed esposti come se fossero “congelati” in una bacheca. Se laboratori, percorsi esperienziali, strumenti multimediali (*) Docente LIUC – Università Cattaneo, insegna nei corsi di Storia economica e di Economia delle Pmi

15


FOCUS

Il MAP (Museo Arte Plastica) di Castiglione Olona. Nella pagina precedente, il Museo Agusta a Cascina Costa

interattivi fanno ormai parte a pieno diritto dell’offerta dei musei che espongono manufatti artistici, è facile capire come questa maggiore ricchezza di strumenti e di linguaggi porti beneficio anche a entità meno convenzionali, come i musei industriali e d’impresa. Oggi, inoltre, si è compreso che anche la dimensione della produzione e quella dell’impresa fanno parte dell’identità culturale di un Paese, quindi protagonista del museo non è più esclusivamente il manufatto eccezionale, ma l’intera vicenda di un’azienda o di un brand. Diventano così possibili musei che raccontano l’evoluzione storica di un marchio attraverso l’esposizione di oggetti fabbricati in serie e presenti anche nelle case dei visitatori (come il Museo Kartell), o addirittura che ruotano attorno a prodotti abitualmente disponibili nei supermercati (come nel caso della Galleria Campari); inoltre il percorso di visita al museo si integra con la visita all’impianto produttivo, oppure con eventi che radunano club di appassionati di un marchio o di un prodotto, come avviene – in realtà diversissime – nel caso del Museo Ducati e nel Museo della Grappa di Poli Distillerie. Se i linguaggi e le funzioni delle esposizioni museali sono maturati, è cambiata anche la sensibilità dell’impresa, che ha capito l’importanza di sostituire il paradigma del museo-mausoleo con quello della partecipazione esperienziale e dello storytelling condiviso con i consumatori-visitatori. Il corporate heritage – cioè l’eredità unica e non imitabile che ogni impresa riceve dal suo passato – è oggi visto come una risorsa da valorizzare e da trasformare in vantaggio competitivo, attraverso operazioni che uniscano finalità culturali ed economiche. Questo cambio di prospettiva, tuttavia, richiede investimenti ingenti: recupera16

re cimeli della storia aziendale, creare uno spazio in cui esporli, renderlo accessibile al pubblico: questi sono solo i primi passi del processo, benché già di per sé molto costosi. Un museo aziendale deve infatti essere tenuto vivo, con la creazione di un archivio storico, un flusso costante di nuove ricerche e la promozione di eventi. Molte imprese si fermano ancora oggi alle prime fasi, accontentandosi di un museo-monumento tradizionale, un problema che affligge soprattutto le piccole e medie imprese che non dispongono di molte risorse da dedicare ad attività esterne al core business. Fortunatamente la nuova sensibilità ha portato alla creazione e alla diffusione di realtà associative - come l’A ssociazione italiana per il patrimonio industriale (AIPAI), fondata nel 1997 e Museimpresa, creata nel 2001 - a un maggiore coinvolgimento del mondo dell’Università e della ricerca, così da gettare anche in Italia le basi per lo sviluppo di un approccio più maturo e diffuso al corporate heritage.

Laboratori, percorsi esperienziali, strumenti multimediali: il museo è sempre meno un luogo in cui gli oggetti vengono semplicemente preservati ed esposti come se fossero “congelati” in una bacheca


Il Welfare Aziendale fa crescere l’Impresa Le imprese al centro del nuovo Welfare L’importanza crescente del welfare aziendale è legata alle trasformazioni sociali in corso, che coinvolgono economia e mondo del lavoro e sono accompagnate dalla riduzione del welfare pubblico a fronte dell’emergere di nuovi bisogni di protezione. Ăˆ in un contesto di cambiamento e crisi cicliche che, negli anni 90, le politiche di riforma insieme all’iniziativa delle forze sociali hanno promosso lo sviluppo di un secondo pilastro complementare al welfare pubblico, modellato sulle grandi comunitĂ del lavoro, focalizzato sulle aree della previdenza pensionistica e assistenziale – sanitaria. Il cambiamento epocale generato dalla crisi degli anni 2000 ha segnato l’ingresso in una fase nuova per l’economia e per l’evoluzione della societĂ . Il tema centrale oggi, non è tanto la contrazione del welfare pubblico quanto il cambiamento del mercato del lavoro e della famiglia. Oggi infatti il welfare aziendale appare molto piĂš che una componente supplementare del welfare pubblico o del welfare previsto dai contratti nazionali, anche se certamente ha una funzione ad essi integrativa. Le imprese sono chiamate ad avere un ruolo centrale per rispondere sĂŹ nuovi bisogni sociali emergenti ma anche per sostenere la mobilitĂ del mercato del lavoro. In altre parole, le pratiche di welfare aziendale oggi devono rispondere anche a nuovi bisogni di protezione come ad esempio: gestire l’invecchiamento e la tutela GHOOH SHUVRQH FRQWUR OD QRQ DXWRVXIžFLHQ]D FRQFLOLDUH gli impegni di lavoro con le esigenze famigliari, promuovere la partecipazione al lavoro delle donne, facilitare la JHVWLRQH GHL žJOL TXDOLžFDUH OH FRPSHWHQ]H H VRVWHQHUH la mobilitĂ professionale.

I tuoi dipendenti e la loro tutela in primo piano, una protezione attiva, sicura e completa. Ăˆ bello avere la certezza che qualcuno si prenda cura di te e dei tuoi cari nel momento del bisogno, qualcuno che consideri il tuo lavoro importante e contribuisca a crearti un futuro piĂš sereno. Questo è quello che puoi offrire ai tuoi collaboratori, semplicemente scegliendo le soluzioni assicurative di Generali Italia per la tutela e la protezione di chi lavora con te e per te. 8Q EHQHžW LPSRUWDQWH FKH DXPHQWHUj OD žGHOL]]D]LRQH dei dipendenti nei confronti dell’Azienda.

"b 7;Cmbv1; );Ѳ=-u; -ÂŒb;m7-Ѳ; Ѳĝbmvb;l; 7b |†‚; Ѳ; -ÂŒbomb 1_; Ѳĝ lru;v- r;uv;]†; r;u -†l;m|-u; bѲ 0;m;vv;u; 7;b ruorub 7br;m7;m࢟Ĝ 7;ѲѲ; Ѳouo =-lb]Ѳb; ; 7;Ѳ |;uub|ouboĸ Quali sono i vantaggi per l’Azienda? Le aziende attive avranno la possibilitĂ di aumentare la produttivitĂ grazie a un maggior engagement dei dipenGHQWL H GL ULGXUUH L FRVWL RWWLPL]]DQGR LO YDQWDJJLR žVFDOH É SRVVLELOH LQIDWWL EHQHžFLDUH GHOOH LPSRUWDQWL DJHYROD]LRQL žVFDOL H FRQWULEXWLYH GHOLQHDWH GDOOD /HJJH GL 6WDELlitĂ del 2016 e dalla Legge di Bilancio del 2017. L’Agenzia Generale Saronno San Giuseppe è DO YRVWUR žDQFR QHOOD programmazione del welfare aziendale. FRQWDWWDFL info@generalisaronno.it tel 02/96700365 ZZZ HQULFRFDQWXDVVLFXUD]LRQL LW

associata

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

SARONNO SAN GIUSEPPE

enricocantĂš = 4 4 < 6 = 8


ECONOMIA

Il tempo del lusso Dagli attici sul Tamigi, agli alberghi a cinque stelle. Dai castelli della Loira, alle ville di Miami. Ecco dove fa mostra di sé il made in Italy delle lancette da muro e da tavolo della Meccaniche Orologi Milano di Lonate Pozzolo. Da poco entrata nell’Olimpo degli orologiai del mondo “I nostri concorrenti nel mondo si contano sulle dita di una

Davide Cionfrini mano”, spiega Emanuela. E in questa frase c’è anche uno dei

C

ome tutte le storie di imprese di successo, anche questa inizia nel modo più classico: nel solito garage, incubatore di grandi idee e intraprendenza. In una cantina, per l’esattezza. Quella di casa Rigotto, dove Pierangelo, nel 1973 comincia l’attività familiare di produzione meccanica. Una ditta che nel 1989 prende poi il nome di Remal, trasferendosi negli attuali capannoni di Lonate Pozzolo. Il finale di questa storia è ancora da scrivere, ma è nell’aprile del 2013 che la trama prende un risvolto del tutto inaspettato. L’azienda, infatti, che produce per conto terzi pezzi di meccanica di precisione, vende per la prima volta al salone del mobile di Milano un proprio prodotto progettato e realizzato dalla A alla Z: un orologio a muro. Da qui nasce una nuova avventura imprenditoriale. Uno spin-off verrebbe da dire, anche se in questo caso il termine non rende bene l’idea. I tre figli di Pierangelo, ossia Emanuela, Alessandro e Alberto, decidono, infatti, di affiancare al lavoro della Remal anche quello di un’altra azienda che viene fondata nel 2016: la Meccaniche Orologi Milano. “Un’impresa sorella di Remal, ma ad essa parallela. Con un proprio brand, una propria comunicazione, una propria attività di marketing”, racconta oggi Alessandro Rigotto. Il core business è quello degli orologi da muro e da tavolo. Non degli orologi qualunque. Ma dei veri e propri oggetti che si inseriscono nella fascia del lusso made in Italy. Design moderno e innovativo, rispetto e valorizzazione della tradizione meccanica orologiaia, ingranaggi in bella vista, totale trasparenza, margini di personalizzazione in base alle esigenze e richieste del cliente: quelli che la Meccaniche Orologi Milano di Lonate Pozzolo realizza sono pezzi che vanno dal valore di 22mila a 40mila euro. A comprarli sono gli alberghi di lusso e architetti che arredano i castelli della Loira, gli attici che, nel pieno centro di Londra, si affacciano sul Tamigi; le case degli emiri arabi; le ville di Miami; gli appartamenti dei rampanti manager russi. Solo per fare alcuni esempi di chi in questi anni ha comprato un orologio della famiglia Rigotto Sono 25 i pezzi venduti mediamente ogni anno.

18

motivi che ha spinto lei e i suoi fratelli a imbarcarsi in questa nuova avventura da affiancare alla storica attività della Remal “che continuiamo comunque a portare avanti con la stessa passione”. Proprio il know-how accumulato negli anni dalla Remal sul fronte della meccanica di precisione applicata agli oggetti di alto design come i famosi biliardini (anche questi made in Varese) della Teckell di Gallarate, unito alla passione per gli strumenti della misurazione del tempo di Alessandro Rigotto, sono alla base della scelta di impegnarsi nella produzione di orologi. “Dopo anni di attività in conto terzi, sentivamo il bisogno di affacciarci sul mercato con un nostro brand, con prodotti da poter realizzare in casa dall’inizio alla fine”, racconta Alessandro: “Nel pieno della crisi ci sentivamo ad un bivio. Continuare a fare quello che facevamo investendo sull’automazione e l’industria 4.0. Oppure puntare sull’artigianalità made in Italy e su un prodotto in grado di competere nella fascia del lusso”. Ha vinto la seconda opzione. Ma perché, tra le tante lavorazioni meccaniche possibili, puntare proprio sugli orologi? “Un po’ per una mia passione e poi sulla base di un’analisi di mercato”, spiega Alessandro. La Meccaniche Orologi Milano, infatti, nasce per coprire un vero e proprio vuoto. “Gli orologi da polso hanno da tempo seguito la moda e ad essa si sono adattati, fino a diventare dei gioielli da mettere in mostra, più che dei quadranti per leggere l’ora. Per quelli da muro o da tavolo, questo non è avvenuto. Il pendolo classico, pur evolvendo in oggetti di indiscusso valore, ha sempre e comunque puntato sullo stile classico. Non ha seguito l’evoluzione del design e degli arredamenti moderni”. Di fronte ad un orologio made in Lonate Pozzolo si capisce cosa intende Alessandro Rigotto: quelli della Meccaniche Orologi Milano sembrano fatti e finiti per adeguarsi agli stili più di avanguardia. Oggetti di un’eleganza contemporanea. “Siamo nati per rispondere alle esigenze degli architetti che devono arredare alberghi e case di lusso dallo stile innovativo”. Dietro le lancette il meccanismo di funzionamento è ben visibile e osservabile nel suo movimento ipnotico di misurazione


Alessandro Rigotto, fondatore dell’azienda insieme alla sorella Emanuela e al fratello Alberto, è stato accettato come candidato all’Horological Academy of Independent Creators in Svizzera

ECONOMIA

del tempo. I pochi concorrenti di questo segmento di mercato utilizzano tutto un altro stile. Da qui i margini di crescita che i fratelli Rigotto hanno intravisto, facendo una scommessa. Che sembra ben avviata per essere vinta. La Orologi Meccaniche Milano è riuscita a entrare nei circuiti giusti. Quelli che contano. Primo fra tutti l’accademia di fama internazionale A.H.C.I. (Horological Academy of Independent Creators) di Morges in Svizzera, nella quale Alessadro Rigotto è stato accettato come candidato nel 2017. Il che equivale ad entrare in una sorta di elite degli orologiai, composta da non più di 38 componenti nel mondo. Una specie di Olimpo delle lancette e, più prosaicamente, una chiave che ha permesso all’azienda di partecipare insieme ad altre realtà di prestigio agli stand delle fiere internazionali più importanti del settore. “Da soli non ce l’avremmo mai fatta”, racconta Emanuela. L’immagine, nel lusso, è tutto. In questa direzione va anche la recente apertura di un’esposizione dei propri orologi all’interno dello spazio Behouse (The Bespoke House), in pieno quadrilatero della moda di Milano. “Siamo la sintesi – afferma ancora Alessandro – di un made in Italy che nasce dalla vocazione industriale del territorio. Nel nostro caso, quello della meccanica”. Che i fratelli Rigotto non intendono abbandonare.

Perché di fronte a quel bivio tra industria 4.0 e artigianalità, è vero che è nata la “startup” Meccaniche Orologi Milano. Ma è anche vero che nei reparti di quella Remal da cui tutto è partito e all’interno dei quali ci accompagna Alberto Rigotto, c’è pure tanta automazione, “sulla quale abbiamo investito, anche di recente con l’acquisto di nuovi macchinari”. Da una parte l’entusiasmo per il nuovo business. Dall’altra l’intenzione di non arretrare di un millimetro dalle proprie origini. Dal garage, al design di lusso. Un filo conduttore comunque c’è: il made in Italy.

Una delle creazioni della Meccaniche Orologi Milano

19


ECONOMIA

La rivoluzione sensibile al volante Sono due i progetti più innovativi che sta portando avanti la Nardi di Tradate. Un’azienda storica che con lo sviluppo di nuovi sistemi è in grado di cambiare radicalmente il nostro modo di guidare. Con vantaggi per la sicurezza e anche per i disabili montare l’airbag nel volante”.

Mariangela Gerletti Mentre “presidia” un segmento di mercato fortemente ancorato

U

na nicchia di mercato preziosa, la consapevolezza e l’orgoglio di un passato importante e lo sguardo sempre aperto al futuro e all’innovazione. Sono queste le certezze che guidano Lorenzo Cerofolini, Amministratore Delegato della Nardi, storica azienda specializzata nella produzione di volanti e accessori per auto. Nardi Torino ha conservato il suo nome storico, anche se oggi ha sede a Tradate, nel cuore di Abbiate Guazzone, e proprio come conserva il suo primo nome, resta fortemente ancorata ad un segmento di produzione che ha nella storia la sua forza. “Abbiamo ben presente cosa ha rappresentato Nardi nella storia dell’industria automobilistica – spiega Cerofolini, che ha rilevato la società quindici anni fa –. Un’azienda nata nel 1921, che ha realizzato volanti per le più importanti case automobilistiche del mondo, arrivando a produrre milioni di pezzi all’anno. Quando l’abbiamo rilevata abbiamo scelto di posizionarci e rafforzarci su un mercato diverso, in cui siamo un’eccellenza riconosciuta nel mondo, quello delle auto storiche, del tuning e delle auto di lusso nei mercati dove non vige l’obbligo di

20

alla tradizione, la Nardi lavora guardando al futuro, con due progetti dalle grandi potenzialità. Il primo è una sorta di rivoluzione del volante, si chiama Two Spokes e ad un primo sguardo appare come un incrocio tra un volante ed un manubrio, richiamando anche le cloches degli aerei. “È un brevetto di proprietà Nardi decisamente rivoluzionario, tanto da aver ricevuto nel 2006 tre premi al SemaShow di Las Vegas per l’innovazione tecnologica”, dice Lorenzo Cerofolini: “Un nuovo modo di guidare che offre parecchi vantaggi rispetto al volante tradizionale: innanzitutto in termini di sicurezza, perché la presa è molto salda, si è portati a guidare con entrambe le mani e ad impugnare il ‘volante’ nella posizione più corretta, a ‘ore 9 e 15’. Inoltre si controlla con gli avambracci e non con le spalle, e questo offre vantaggi sia in termini di comfort della guida, perché non si affaticano le spalle e la parte superiore del corpo, sia in termini di spazio e visibilità, perché il volante, non avendo la corona, non va a nascondere la strumentazione posta di fronte al guidatore”. Per la sua modalità di guida, il Two Spokes si presta inoltre a rispondere alle esigenze di diverse tipologie di disabilità che richie-


ECONOMIA

Il volante Two Spokes

dono spazio nell’abitacolo e un controllo dell’auto tutto concentrato sul volante. “Su questo stiamo lavorando da tempo, cercando collaborazioni per sviluppare questa idea. Di sicuro ci vorrebbe più supporto da parte degli organi addetti alle omologazioni per far sì che questi dispositivi innovativi possano essere presi in considerazione e sviluppare tutto il loro potenziale, nell’interesse degli utenti finali, di chi si occupa delle trasformazioni di veicoli destinati al mondo della disabilità e anche delle case automobilistiche, che da qualche tempo guardano con interesse ai nuovi sistemi di guida a cloche”. Ha un aspetto tradizionale ma un cuore ad altissimo contenuto tecnologico, il secondo progetto a cui Cerofolini sta lavorando con il suo staff di ricerca. Si chiama Ips – acronimo di Instinct Pressure System – ed è un “volante sensibile”. “Anche quando si guida, ad ogni azione corrisponde una reazione – spiega l’Ad di Nardi Torino –. I riflessi spontanei sono la prima difesa involontaria del nostro corpo nel momento in cui si presenta una situazione improvvisa di pericolo. Ed ecco che di fronte ad un ostacolo o ad un evento inatteso, d’istinto stringiamo le mani sul volante. Il sistema Ips installato sotto la copertura del volante cattura, registra ed elabora questi movimenti improvvisi grazie a sensori e ad una componente di intelligenza artificiale, che traducono questa pressione involontaria in un comando per l’auto, inducendo ad esempio una segnalazione acustica e/o luminosa fino ad arrivare, volendo, a prevedere una frenata o altre funzioni per le quali sia stato programmato”. Il volante diventa dunque una sorta di sentinella, sempre in costante

ascolto della presenza e della pressione delle mani del guidatore e sempre pronto ad attivare istantaneamente i dispositivi a bordo, con l’obiettivo di limitare, e dove è possibile di evitare, incidenti stradali. Il pedone che attraversa improvvisamente la strada o la macchina davanti che frena di colpo sono i primi esempi che possono venire in mente, ma il volante Ips è in grado anche di accorgersi se stiamo per avere un colpo di sonno, “sentendo” se la pressione delle nostre mani sul volante si allenta o si fa incostante Ips va anche oltre. Non registra solo le reazioni istintive: lo stile di guida, le condizioni ambientali, le caratteristiche fisiche dei guidatori sono prese in considerazione da questo volante intelligente, in grado di adattarsi e modificarsi secondo le abitudini dell’utilizzatore, con infinite possibilità di calibrazioni personalizzate. “È un progetto in cui crediamo molto e che ci potrà dare grandi soddisfazioni perché è davvero innovativo – conclude Cerofolini –. E dove l’innovazione si sposa con obiettivi importanti come quello della sicurezza c’è sicuramente l’interesse da parte di produttori e consumatori”.

Two Spokes somiglia alla cloche di un aereo e si presta a rispondere alle esigenze di diverse tipologie di disabilità 21


ECONOMIA

Le nuove minacce per il credito alle imprese Da una parte le proposte della Vigilanza europea per diminuire lo stock di credito deteriorato. Dall’altra le pressioni tedesche per porre un limite ai Titoli di Stato in pancia alle banche. Ecco i rischi da tenere d’occhio per tutto il 2018 che potrebbero far diminuire il flusso di nuova finanza alle aziende potrebbero riguardarci direttamente. Partendo dall’Italia, emerge

Andrea Ferretti (*) chiaramente come, pur a fronte di una ripresa più lenta rispetto

F

orse è opportuno iniziare il 2018 dando uno sguardo di insieme alla situazione economico – finanziaria europea anche nel tentativo di individuare eventuali minacce che

Il grattacielo della BCE a Francoforte

22

a quella dei partner europei, il nostro meccanismo economico inizi a dare segnali di vita finalmente palpabili. Infatti, i dati Eurostat relativi al terzo trimestre 2017 mostrano come il nostro Pil abbia inanellato rispetto al 2016 un +1,7%, percentuale inferiore


La prima minaccia: il credito deteriorato Oggi, dunque, lo scenario è molto diverso, tuttavia sul futuro economico-finanziario dell’Europa e, in particolare, dell’Italia, incombono almeno due minacce da non sottovalutare in quanto tra loro correlate. La prima di queste minacce è costituita dalle proposte di recente elaborate dalla Vigilanza volte ad un rapido smaltimento del credito deteriorato. In estrema sintesi queste proposte, contenute in un documento detto Addendum, prevedono che i Non Performing Loans – Npl, qualora garantiti, debbano essere totalmente coperti dalle banche con accantonamenti entro 7 anni dalla loro entrata nello status di credito deteriorato. Parallelamente, i crediti non garantiti dovrebbero, invece, essere totalmente coperti da accantonamenti entro il termine, decisamente breve, di 2 anni. Da evidenziare, per correttezza, che l’Addendum non interviene sulla copertura dello stock di Npl oggi in essere, ma sulle esposizioni, presenti e future, che dovessero assumere lo status di credito deteriorato dopo il 1° gennaio 2018. Il punto è che queste proposte presentano importanti criticità. Innanzitutto, in una fase economica caratterizzata da un moderato rischio di crisi sistemica ma, al contempo, da una crescita ancora fragile, brusche accelerazioni nella regolamentazione dei crediti deteriorati possono frenare la possibilità per i sistemi bancari dei Paesi più in affanno di supportare il tessuto industriale. Infatti, automatismi quali quelli proposti dalla vigilanza possono comportare per le banche ulteriori accantonamenti e ulteriori richieste di patrimonializzazione. Il problema è che, nel medio-lungo periodo, queste richieste della Vigilanza possono anche rendere il sistema nel suo complesso più solido, ma nel breve periodo tendono ad incidere negativamente sui flussi creditizi diretti alle aziende, sia in termini di quantità che di costo del credito. La conseguenza immediata è un rallentamento del processo di ripresa post crisi. La seconda minaccia: i Titoli di Stato in pancia alle banche La seconda minaccia è strettamente connessa alla enorme mole del nostro debito pubblico che ormai ha raggiunto la vetta dei

2.300 miliardi. Qui il grosso problema per l’Italia non è costituito solo dalle dimensioni del debito, ma anche dal fatto che circa 320 miliardi di Btp sono saldamente detenuti nelle pance delle nostre banche. Da evidenziare, tuttavia, che è semplicistico incolpare i nostri istituti di aver approfittato dei momenti di tensione per fare il pieno di titoli ad alto rendimento incuranti del rischio connesso. In realtà, il nostro sistema bancario ha raddoppiato la quota di Titoli di Stato tra il 2011 ed il 2012 (da 200 a 400 miliardi circa) perché in quei momenti drammatici era indispensabile fugare ogni minima incertezza sulla capacità dell’Italia di onorare puntualmente le scadenze previste sul proprio debito pubblico. Il punto è che oggi questa massa di Btp detenuta dal sistema creditizio italiano si sta trasformando da ancora di salvataggio in un boomerang che potrebbe colpire il nostro sistema bancario impedendogli di supportare al meglio il sistema produttivo. Infatti, la Germania ed i suoi accoliti sono tornati a puntare l’indice contro le banche “mediterranee” (in particolare italiane e spagnole) colpevoli di essere troppo vulnerabili al connubio rischio banca - rischio sovrano. In realtà il problema era stato affrontato già nel 2016 quando un rapporto della Presidenza di turno olandese aveva ipotizzato anche la possibilità di imporre agli istituti un tetto fisso alla detenzione di titoli sovrani (si era parlato del 25% del patrimonio della banca). Tanto per dare un’idea delle conseguenze della proposta, Mediobanca Securities stimò allora che, applicando questo tetto, le principali banche italiane avrebbero dovuto scaricare circa 150 miliardi di Titoli di Stato con forti ripercussioni sulla solidità patrimoniale degli istituti stessi. Allora la minaccia fu fermata, ma oggi le pressioni tedesche si sono di nuovo rafforzate. Da evidenziare, a questo riguardo, che la grande attenzione dei tedeschi sul problema in esame, come accade spesso, non ha solamente motivazioni economiche, ma anche politiche. Infatti, persiste in Germania la necessità di tranquillizzare quegli elettori spaventati dalla prevista introduzione di una garanzia unica europea sui depositi bancari in presenza di banche “mediterranee” legate a doppio filo al rischio sovrano del proprio Paese. La conseguenza di tutto questo è che nei prossimi stress test previsti dall’Eba (European Banking Authority) sulle principali banche europee (fra cui Unicredit, Intesa Sanpolo, Banco Bpm ed Ubi), sarà dedicata particolare attenzione alla massa di Titoli di Stato detenuti nel portafoglio. Più in particolare, verranno applicati shock al portafoglio titoli sovrani (ad esempio picco dei tassi e conseguente crollo dei prezzi dei titoli pubblici detenuti) per verificare la capacita della banca sotto esame di assorbire eventuali perdite con il patrimonio a disposizione. Ma il vero rischio è che si tratti solo dell’inizio di una nuova offensiva che, in abbinamento alle proposte contenute nell’Addendum, possa ancora una volta colpire in particolar modo i sistemi bancari mediterranei con pesanti ripercussioni sulle imprese e su una crescita ancora troppo fragile.

ECONOMIA

alla media dell’Eurozona, ma comunque di tutto rispetto. Questo dato positivo appare, inoltre, sostanzialmente confermato sia dalle previsioni del Fondo Monetario che stima per l’Italia una crescita dell’1,5% nel 2017, sia dalle previsioni della Commissione Ue per il 2018 che indicano un incremento del Pil italiano intorno all’1,3%. Certo, niente a che vedere con le belve dell’Est Europa molto legate all’economia tedesca (Polonia +5,5%, Romania +8,6%, Repubblica Ceca +5%), tuttavia i nostri indicatori di crescita sembrano avere ormai abbandonato la zona dello “zero virgola” per attestarsi in media intorno ad un più confortante 1,5%. E, comunque, qualora qualcuno nutrisse dubbi sull’attuale miglioramento complessivo della nostra situazione, forse dovrebbe tornare con la mente al novembre 2011. Allora, in presenza di una generale sfiducia nella capacità dell’Italia di gestire il delicatissimo momento, la situazione rischiò davvero di avvitarsi trascinata dal tasso sui Btp salito oltre la soglia del 7% e dallo spread sul Bund balzato oltre i 570 punti base.

(*) Docente Corso di Gestione delle Imprese Familiari, Università di Verona

23


INE ONLO VO IL NU

CON NOI IL PULITO HA SEMPRE IL VERDE!

SITO

Magica Servizi è una realtà attiva nella vendita e distribuzione di macchine per la pulizia sul territorio di Milano, Como, Novara, Varese e Canton Ticino. Nel punto vendita di Varese sono esposte decine di macchine per la pulizia, selezionate per garantire il massimo in termini di TIVJSQERGI I HYVEXE 1E RSWXVE VIXI HM GSQQIVGMEPM I PE ǼSXXE HM mezzi di proprietà ci consente di raggiungere il cliente direttamente nella sede aziendale GSR RSXIZSPM ZERXEKKM WSXXS MP TVSǻPS HIM GSWXM I HIPPI XIQTMWXMGLI SǺVIRHS ERGLI WIVZM^M HM assistenza e manutenzione ordinaria e straordinaria. Per conoscerci meglio e visionare l’intera gamma di macchine vi invitiamo a visitare il nuovo sito web dedicato www.macchinepulizie.com

24)*114 .5( (8ȁȉ

24)*114 .5( Ȧȉȍȉ

Tel. ȉȴȴȶ ȶȁȰ ȁȦȉ I info@magicaservizi.com I www.magicaservizi.com

SUL SITO E IN NEGOZIO TANTI ALTRI MODELLI ADATTI A OGNI ESIGENZA!


Le ricerche sulla lignina, gli insetti come strumento per la riconversione dei rifiuti, i progetti di economia circolare, i principi di origine ittica per la cosmesi: ecco alcuni filoni su cui stanno lavorando il mondo delle imprese e della ricerca scientifica

INCHIESTA

L’economia di domani è BIO

25


INCHIESTA

Silvia Giovannini

I

l petrolio del futuro? La lignina. Gli scarti di plastica? Se li mangeranno gli insetti. Visioni di futuro nemmeno troppo lontano che partono da presupposti, economici, sociali e scientifici, molto presenti e concreti. Sono alcuni tra gli spunti emersi al convegno “Bioeconomy dialogues, progetti green dal territorio e oltre” dedicato a raccontare le eccellenze varesine e non solo e ad aprire appunto un dialogo tra queste. Un convegno organizzato nella sede di Saronno dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese (che da tempo ha attivato un ambizioso progetto di economia circolare denominato Life M3P con lo scopo di aumentare la re-immissione nel ciclo produttivo locale degli scarti industriali) insieme all’Università degli Studi dell’Insubria (che vanta alcuni progetti scientifici altamente innovativi in tema di bioeconomia) e al Cluster Regionale della Chimica Verde. Un incontro per fare rete e mappare alcune iniziative e idee che anche l’opinione pubblica, oltre alla comunità delle imprese e quella scientifica, dovrebbe conoscere: sul tavolo la questione

Tra le realtà più attive in tema di bioeconomy c’è il Lombardy Green Chemistry: uno strumento operativo nato per creare una catena del valore, attraverso l’incontro del sistema produttivo con i laboratori di ricerca 26

del futuro eco-sostenibile di ciascuno. Una considerazione su tutte: l’economia circolare per l’Unione Europea è una priorità non in ambito scientifico ma in tema di ricerca e sviluppo. Non tutti sanno però che il territorio varesino e lombardo vantano iniziative innovative in merito. Si pensi ad esempio al Cluster della chimica verde. “Il Lombardy Green Chemistry - spiega il Presidente Diego Bosco - è una realtà nata per fare formazione, informazione e networking: uno strumento operativo per creare una catena del valore della filiera finalizzata a produrre innovazione”. In pratica uno strumento per fare rete tra imprese e comunità scientifica. Si pensi in questo senso anche alla partecipazione della Regione Lombardia a un progetto Interreg come Circe che punta a mettere in rete le iniziative internazionali e che accanto alla nostra Regione, come capofila, vede coinvolte realtà territoriali di Spagna, Polonia, Olanda, Regno Unito, Francia, Bulgaria e Slovenia. E per quanto riguarda la ricerca? “La nostra Università - racconta Flavia Marinelli, Presidente del Corso di Laurea in Biotecnologie all’Università degli Studi dell’Insubria - si pone di fronte alle sfide scientifiche con tre iniziative molto lungimiranti e ambiziose. Una ricerca sulla lignina come risorsa fino a ieri impensabile, ma sempre più indispensabile, condotta da Loredano Pollegioni; la valorizzazione della frazione organica del rifiuto (obbligo oppure opportunità?) affrontata da Vincenzo Torretta e la bioconversione di rifiuti mediata da insetti con Gianluca Tettamanti”. Tema sempre più di tendenza quest’ultimo in un momento in cui si ipotizza l’uso alimentare degli insetti anche sulle nostre tavole. Le idee sono molteplici: da quella di ridurre lo spreco alimentare (secondo i dati FAO 1,3 miliardi di tonnellate) usando gli insetti mangia rifiuti per la riconversione: sfruttandoli come mangime ricco per gli animali da allevamento o valorizzandone i grassi come basi per prodotti vari dalla cosmetica ai fertilizzanti. Infine, un uso davvero affascinante è quello del “bruco mangia plastica” per il polietilene o, secondo una sperimentazione cinese, quello “mangia polistirolo”. Altro tema di grande impatto è quello della lignina attualmente considerata molto povera e sprecata ma che in realtà rappresenta un polimero organico dalle enormi potenzialità. Tra gli usi, l’ambizione è quella di farne il petrolio del futuro, ma allo stato attuale le tecnologie non sono sufficientemente sviluppate per un uso ottimale e, soprattutto, in grande scala dell’elemento. E per quanto riguarda le imprese? Le stesse realtà aziendali del territorio si stanno attivando: si va dall’incubatore Fondazione Istituto Insubrico di Ricerca per la Vita ad iniziative focalizzate sui microorganismi come quella di Actygea, l’esperienza legata ai funghi di Micologica a quella di Chemo Biosynthesis. Curiosa, in particolare, è la storia di Kalichem, realtà del Gruppo Lamberti che ha studiato un principio attivo di origine ittica come base per la cosmetica di altissima qualità (vedi box).“Per quanto ci riguarda


Del pesce non si butta via nulla. È proprio il caso di dirlo. Il progetto è di quelli che piacerà a molti ma che conquisterà letteralmente un pubblico di over 40. L’idea è quella di Kalichem, divisione del Gruppo Lamberti, che ha studiato un principio attivo di origine ittica come base per i prodotti cosmetici antirughe. Protagonista è lo storione, un pesce che è tra i più grandi di acqua dolce e salmastra diffuso in Europa, Russia e America, un ingrediente raffinato della cucina di alto livello sia per le pregiate carni che per le sue famosissime uova. Ma cosa succede al resto del pesce? Si scarta, come per la maggior parte dei prodotti. E qui interviene il progetto green. Dalle gonadi di storione maschio, infatti, è possibile ricavare, tramite un processo di biotecnologia, il desossiribonucleato di sodio. Per i comuni mortali si tratta, in estrema semplificazione, di un processo di estrazione e lavorazione del dna e lavorazione con il sodio. Ma a cosa serve questo principio? L’idea prende spunto da studi degli anni ‘50 e da esperimenti compiuti in Russia già quarant’anni fa per sviluppare trattamenti nelle patologie indotte da radiazioni ionizzanti: le prime rilevazioni funzionali, infatti, si hanno nel 1986 per far fronte alle conseguenze di Chernobyl. Negli anni successivi, numerosi test clinici finalizzati al trattamento di lesioni e affezioni cutanee ne confermano l’efficacia mettendo in luce effetti secondari: tra questi, il rallentamento della comparsa di rughe cutanee che spinge agli studi su quest’attività come principio attivo anti-age. Nasce quindi Kalinat (per i patiti dell’Inci: Sodium Dna), definizione commerciale del desossiribonucleato di sodio. I test in laboratorio e su un campione di soggetti di questo principio confermano un aumento di elasticità e idratazione, diminuzione della rugosità e capacità di resistere allo stress da raggi Uva. Questo lo rende ingrediente perfetto per creme anti-età e antirughe ma anche per prodotti solari, per bambini, per il trattamento di pelli secche e danneggiate, ad esempio per le smagliature. (S. G.)

- spiega invece Luisa Minoli Responsabile dell’Area Innovazione dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese - crediamo nell’economia circolare come leva di sviluppo e stiamo portando avanti un ambizioso progetto che si chiama Life M3P (vedi focus del numero 3/2017 di Varesefocus). Il metodo è semplice: fare in modo che lo scarto di un’impresa diventi la risorsa di un’altra.

INCHIESTA

Lo storione di bellezza

A fronte di questa semplicità teorica, naturalmente si tratta di un progetto molto impegnativo, in particolare perché serve far incontrare le giuste imprese, ma siamo convinti che sviluppare un sistema di valorizzazione dei rifiuti industriali sia una grande leva di sviluppo per le il sistema produttivo oltre che un beneficio per tutta la collettività”.

27


LAVORO

Dove si lavora (e insegna) meglio Formazione per le nuove generazioni d’industria, progetti di integrazione tra impresa e scuola, ambienti di lavoro, ritenuti dagli stessi collaboratori, i migliori d’Italia. In BTicino, Rettificatrici Ghiringhelli e Tenova è bello non solo lavorare, ma anche orientare i giovani Chiara Mazzetti

T

ra oltre 2.000 aziende e quasi 15.000 dipendenti intervistati, la varesina BTicino, capofila del Gruppo Legrand in Italia, è risultata essere una delle imprese italiane in cui si lavora meglio. “Siamo molto fieri di questo riconoscimento, che è il risultato della testimonianza diretta dei nostri collaboratori. Il senso di appartenenza e l’engagement del capitale umano sono il primo motore per dinamizzare un’azienda innovativa e votata alla crescita”, afferma Lucio Tubaro, Direttore Risorse Umane di BTicino. Il riconoscimento andato all’impresa specializzata nella realizzazione di infrastrutture elettriche e digitali dell’edificio è il frutto del suo inserimento nella classifica “Le Aziende dove si lavora meglio in Italia”, stilata dall’istituto internazionale Statista, società tedesca specializzata nelle ricerche di mercato e nella creazione di classifiche per importanti riviste, e pubblicata dal magazine Panorama. Unica fra le imprese della Provincia di Varese ad essere annoverata tra le realtà in cui è più piacevole lavorare, per la BTicino quello assegnato dal settimanale della Mondadori non è stato l’unico premio ricevuto negli ultimi mesi. L’azienda ha collezionato altre rilevanti segnalazioni. Come l’iscrizione nell’Albo Nazionale delle “Imprese amiche della scuola”, nell’ambito del Premio Orientagiovani di Confindustria. Una menzione che BTicino ha condiviso, questa volta, con altre imprese del Varesotto: la Rettificatrici Ghiringhelli Spa di Luino e la Tenova Spa di Castellanza. Il riconoscimento conferito a queste tre imprese del territorio premia le realtà che si sono distinte per la loro attività di orien-

28

BTicino è, secondo una classifica stilata dall’istituto internazionale Statista e pubblicata da Panorama, una delle aziende in Italia dove è più bello lavorare tamento verso i giovani, grazie a collaborazioni attivate con scuole, Università ed Its (Istituti Tecnici Superiori). L’Albo delle “Imprese amiche della scuola”, infatti, raccoglie per ogni anno scolastico le aziende in prima linea per il loro impegno a favore dei giovani in diversi campi. Nello specifico BTicino, Rettificatrici Ghiringhelli e Tenova hanno realizzato tre progetti differenti e complementari tra loro. BTicino, con il programma “BTicino in cattedra” ha organizzato una serie di iniziative rivolte ad alunni e docenti. Come visite aziendali, formazione su tematiche tecniche, incontri di orientamento al colloquio di selezione, mappatura delle competenze dei ruoli professionali più richiesti. Rettificatrici Ghiringhelli con il progetto “Meccatronica 15.0” ha portato 10 alunni in azienda, che, al termine del percorso, hanno ricevuto una certificazione spendibile per il loro futuro lavorativo o universitario. Tenova, infine, ha “adottato” 22 ragazzi per un’esperienza di alternanza scuola-lavoro. Il progetto “Adotta una classe” si è svolto in parte in aula e in parte in officina, per un totale di 28 ore.



SCEGLI DI VIVERE UP! Scegli un appartamento unico per metratura e bellezza, con un bellissimo panorama su Milano ad un prezzo eccezionale. Chiama 02 45 43 51 96 F Ä TTB VO BQQVOUBNFOUP QFS TDPQSJSF le opportunitĂ UPTOWN 6Ć‹DJP WFOEJUB WJB 1JFS 1BPMP 1BTPMJOJ .JMBOP

Online: VQUPXO NJMBOP JU P J


il viaggio continua

FORMAZIONE

#PmiDayVarese 2017: Prosegue con una seconda puntata il percorso alla scoperta delle realtà imprenditoriali del Varesotto, viste attraverso gli occhi dei 3.700 studenti di terza media che hanno partecipato alle 160 visite aziendali organizzate dalla Piccola Industria di Univa per avvicinare i ragazzi al mondo del lavoro. Con esso continua anche il reportage di Varesefocus che illustra come la manifattura locale abbia saputo raccontarsi ai più giovani, in tutte le sue forme e le sue molteplici sfaccettature. Un puzzle fatto anche di immagini dei ragazzi attenti e stupiti oppure articoli e video-servizi di approfondimento più tecnico. Qui di seguito è possibile trovare un assaggio di quanto prodotto, realizzato e pubblicato in versione integrale sul blog varesefocus.it Simplas, dove le domande non sono mai stupide “Ragazzi abbiate dubbi. Non abbiate paura di fare domande stupide perché le domande non lo sono mai e forse sono le persone che ritengono insensati i vostri interrogativi ad esserlo realmente”. Così Michele Graglia accompagna i ragazzi della terza media della scuola Bossi di Arcisate alla scoperta della sua impresa, la Simplas. Non facilissimo spiegare a ragazzi di 13 anni di cosa si occupi, ma tra un “chips d’acciaio” e un “cioccolatone di metallo”, Graglia racconta un affascinante mondo di meccanica di precisione che progetta, realizza e vende teste piane e teste per film: in pratica, componenti per la lavorazione di materie plastiche che danno vita a elementi di uso comune, dalla pellicola per gli alimenti alle lastre, dai piatti di plastica alle etichette delle bottiglie. “Non importa cosa farete – aggiunge l’imprenditore ai ragazzi –. Qualsiasi lavoro portato avanti con coscienza e impegno ha valore. Bisogna però che capiate che ci sono tanti mestieri, come tante applicazioni nel mondo del lavoro. E non credete a chi vi dice che la tecnologia sostituirà l’uomo: l’innovazione non toglie lavoro alle persone ma permette di affidare lavori meno nobili alle macchine. Voi userete al meglio la tecnologia progettando, usando, perfezionando. Ma la vostra testa farà sempre la differenza”.

Besani, il tessile che fa storia “Nati nel 1969 da tre soci fondatori: Besani Pietro, Riva Alberto e Tresoldi Antonio. Partiti da Gallarate con una piccolissima realtà nel centro storico e poi trasferiti nell’attuale sede di Besnate nel 1996”. A parlare è Stefania Tresoldi, della Besani Srl che quasi da 50 anni produce tessuti a maglia tinti e mercerizzati in filo 100% cotone Makò Filodiscozia. Con oltre 135 colori base per lo sviluppo dei disegni, un ampio magazzino e collaborazioni

31


FORMAZIONE

con i più famosi marchi di moda italiana e non solo, la Besani ha scelto di aprire le porte agli studenti di terza media della scuola Alessandro Manzoni per l’ottava edizione del Pmi Day. Obiettivo? “Dare un’opportunità ai ragazzi di ampliare le loro conoscenze e vedere una realtà industriale in via di estinzione nella provincia di Varese”, prosegue Tresoldi che, insieme ad Alberto Riva, ha guidato gli studenti alla scoperta dell’azienda di famiglia. Insomma un salto nel mondo di nicchia del tessile varesino, che potrebbe, almeno nei desideri dell’impresa di Besnate, far conoscere ed apprezzare ai più giovani, in procinto di scegliere a quale scuola superiore iscriversi, una realtà tanto importante per il territorio. Aurobindo: i farmaci equivalenti made in Saronno Ad aprire le porte alla 3D della Scuola Bascapé dell’Istituto Comprensivo Ignoto Militi di Saronno è stata Aurobindo Pharma Italia, una delle prime dieci aziende di produzione e distribuzione di farmaci equivalenti nel nostro Paese. Il team che ha guidato gli studenti anche con momenti interattivi e quiz, ha illustrato quali possano essere le professionalità coinvolte da un’azienda farmaceutica. Si va dal management che deve “guidare” le varie fasi di sviluppo aziendale, ai biostatistici, dagli esperti in affari regolatori a quelli nell’area medica, che sono in massima parte proprio medici, farmacisti o farmacologi, che Vibram decidono di dedicarsi all’area del farmaco. Da non dimenticare, poi, l’impressionante slancio che il mondo delle nuove tecnologie sta offrendo al settore della farmaceutica, dai big data alla robotica applicata agli ambienti di produzione, che nel mondo del farmaco hanno raggiunto livelli di robotizzazione e sicurezza davvero impressionanti. Uno dei momenti più elet-

32

trizzanti per i giovani ospiti dell’azienda saronnese è stato, di sicuro, scoprire uno degli ultimi prodotti di Aurobindo: un multivitaminico per i più piccoli che viene proposto con un pack ufficiale brandizzato Paw Patrol, uno dei cartoni animati più amati dai giovanissimi.

Centro Style, perché anche l’occhio vuole la sua parte Come nasce un occhiale? Quali sono le competenze per lavorare nel settore dell’occhialeria? Quali gli studi da intraprendere? La Centro Style di Vedano Olona ha spiegato tutto questo e molto altro ancora agli studenti della Vidoletti di Varese, in visita per il Pmi Day 2017. “Presente da oltre 40 anni sul mercato, distribuiamo e commercializziamo prodotti per negozi di ottica, in circa 10mila punti vendita in Italia e in 80 paesi al Mondo. Per Centro Style è molto importante la realizzazione del prodotto, confacente con le esigenze dell’utente finale”, racconta il Direttore Alberto Sala. Tra domande sul futuro e robot meccanici. “Il nostro magazzino è completamente automatizzato ed è il primo in Europa ad avere queste tipologie di sistemi robotizzati – prosegue Sala –. All’interno del magazzino ci sono 8 robot che prelevano il prodotto e provvedono a renderlo disponibile per la spedizione”. Ma per progettare, programmare e riparare macchinari così complessi e complicati, la preparazione è fondamentale. Fin dalla giovane età. “Ci sembra interessante poter coinvolgere i giovani per farli avvicinare al mondo del lavoro ed iniziare a sensibilizzarli sul fatto che entrare a far parte di un’azienda significa anche comprendere gli aspetti dell’universo lavorativo. E in questo senso ritengo fondamentale il legame tra impresa e scuola”.


Yanmar

Openjobmetis

Alla scoperta del sapone con La Nordica Affascinante viaggio alla scoperta del mondo del sapone per i ragazzi della 3B della scuola media Passerini di Induno Olona. L’occasione, la visita a La Nordica di Arcisate, nota ai consumatori con il marchio White Castle: nome che da 50 anni rappresenta un prodotto di altissima qualità nel settore del benessere, dalle sapo-

nette ai doccia schiuma, dai detergenti ai sali da bagno. “Abbiamo deciso di aderire a questa iniziativa – spiega Paola Santini, Cfo dell’impresa – perché pensiamo che voi giovani siate super connessi, ma vi serva un po’ di esperienza e questa è una prima buona occasione per permettervi di farla. E poi noi sentiamo fortemente il legame con il territorio. Ricordatevi che in una piccola impresa

quello che conta di più sono proprio le persone e il legame tra loro: chiunque passi di qui, lascia un’impronta”. Per i ragazzi c’è il racconto di una realtà che ha iniziato con la produzione e vendita di “semplici” saponette e che oggi offre una vasta gamma di prodotti per tutti i gusti. Un inedito viaggio tra aromi, profumi fino ad arrivare a regolamenti, scelte di mercato, sicurezza, comunicazione e ruoli professionali in azienda. Un percorso terminato con la parte pratica: come nasce un sapone? Industria 4.0 all’opera davanti a ragazzi affascinati dalla produzione in corso. Rodolfo Comerio: studiare apre la mente “Ragazzi, ascoltate gli adulti perché vogliono prepararvi ad affrontare la vita. Ora vi sembra tutto lontano e forse vi parrà addirittura impossibile che io abbia avuto la vostra età ma ci tengo a darvi questo consiglio”, spiega così, con entusiasmo, la sua storia insieme a quella dell’impresa, Nicola Fedele all’attenta platea dei ragazzi di terza media dell’istituto Sally Mayer di Cairate, che hanno visitato la Rodolfo Comerio per il #PmiDayVarese. “Ricordatevi che niente vi viene regalato: le cose ve le dovete sudare, ma ascoltare i consigli è fondamentale, vi possono aiutare”. Un viaggio in 140 anni di storia di un’impresa nata da una famiglia e che del sentirsi famiglia fa il suo punto di forza: un’azienda meccanica che produce macchine complesse, calandre e attrezzature per l’estrusione di plastica e gomma. Da una presentazione in inglese ad un simpatico saluto in cinese, dalla visita nella parte produttiva all’incontro con un giovanissimo appena uscito dalla scuola di meccatronica, gli studenti hanno potuto scoprire la complessità di una realtà leader nel settore. “Imparate a capire la cultura degli altri – spiega Fedele–. Voi che siete nuove generazioni dovete apprendere come diventare migliori e non dimenticare mai di studiare”. La prima puntata del reportage #PmiDayVarese è consultabile sul numero di dicembre 2017 di Varesefocus (7/2017)

33


IL TUO BUSINESS SI IMPIGLIA NELLA RETE? LIBERA LA SUA CONNESSIONE CON EOLO. CHIAMA GRATUITAMENTE IL NUMERO 800.95.00.99 O VISITA IL SITO EOLO.IT


Goglio, Whirlpool, Ficep e Comerio Ercole: queste sono solo alcune delle imprese partner del nuovo corso biennale post-diploma che forma una nuova figura professionale, quella di Tecnico Superiore Meccatronico per l’Industria 4.0 Meccanica e Aeronautica, sempre piÚ richiesta dal sistema produttivo

FORMAZIONE

Occupati con la meccatronica

35


FORMAZIONE

Silvia Giovannini

P

er i Meccatronici 4.0 è suonata la prima campanella. È partito infatti il 27 novembre 2017 a Somma Lombardo il nuovo corso biennale Tecnico Superiore Meccatronico per l’Industria 4.0 Meccanica e Aeronautica che si avvia a formare tecnici altamente specializzati, fortemente richiesti dal mondo dell’impresa. “I percorsi di Istruzione Tecnica Superiore, i cosiddetti Its, sono una delle corsie preferenziali per entrare nel mondo del lavoro”, spiega Riccardo Comerio, Presidente dell’Unione Industriali degli Industriali della Provincia di Varese che dall’inizio - cioè dal 2010 quando si cominciò a progettare per la prima volta in Italia questo tipo di iter formativo - ne sostiene fattivamente lo sviluppo e l’organizzazione. “Il perché è semplice: questi corsi post diploma permettono, in maniera unica, l’acquisizione di competenze tecniche e tecnologiche strategiche richieste dalle imprese. Tra queste la meccatronica è una delle leve essenziali per un’industria che voglia essere realmente 4.0”. I numeri parlano chiaro: il 79,1% degli studenti che frequenta un corso di questo tipo, trova impiego entro un anno, ma andando a guardare le singole eccellenze del nostro territorio, si scopre che addirittura il 97% dei tecnici superiori manutentori di aeromobili, solo per fare un esempio, inizia a lavorare nel settore in due settimane. È proprio questa fame di competenze del mondo aziendale a dare la spinta alla nascita degli Its. In questo scenario si inserisce il progetto Tecnico Superiore Meccatronico: un tema quello dell’industria 4.0 su cui le imprese e i professionisti stessi si stanno sempre più misurando. Un progetto, nato dall’esperienza dell’Isis Ponti di Gallarate e sostenuto dai grandi numeri: 1.800 ore di formazione in 2 anni, 388 ore di esercitazioni nel nuovo laboratorio territoriale Idea.lab, 720 di tirocinio nelle imprese. Tra queste, Goglio, Whirlpool, Ficep e Comerio Ercole. Il profilo pensato è quello di Tecnico Superiore Meccatronico per l’Industria 4.0 Meccanica e Aeronautica. Un ruolo estrema-

Angelo Candiani: “Parliamo di professioni di cui c’è un bisogno enorme. Le imprese si contendono i ragazzi. Il segreto sta proprio in questo rapporto: i percorsi vengono realizzati con la partecipazione diretta delle aziende” mente innovativo, nato dalla fusione di tre figure professionali: tecnico per l’automazione industriale, elettronico e informatico. Una nuova professionalità fortemente in linea con le competenze richieste dall’industria 4.0, che integra conoscenze legate all’automazione, Internet delle cose, analisi dei Big Data, robotica industriale, tecnologie dell’informazione e della comunicazione sviluppando una serie di “soft skills” legate alla risoluzione di problemi e al lavoro di squadra. “Una figura pensata a partire dall’aerospazio, ma che si integra bene in tutti i contesti lavorativi 4.0. Durante il percorso infatti si acquisiscono competenze trasversali a tutti i settori manifatturieri”, spiega Antonio Perrucci, insegnante dell’Isis Ponti sostenitore del progetto. Insieme a lui, impossibile non ricordare il ruolo decisivo della dirigente Anna Scaltritti, mancata prematuramente pochi mesi fa. Un impegno, quello della scuola, che, come spiega l’insegnante, “nasce, in primis, dal fatto che ci crediamo e proprio per questo abbiamo dato vita ad un laboratorio ad hoc, ma anche dal fatto che ogni giorno riceviamo dalle imprese una richiesta di profili di questo tipo: abbiamo semplicemente fatto 2+2. Il nostro compito quindi è diventato anche quello di pensatoio e progettazione, insieme alle imprese, agli enti coinvolti e all’Unione Industriali”. “Le lezioni sono appena partite ma è solo l’inizio: abbiamo già dei colloqui in corso con altri ragazzi interessati”, racconta Angelo Candiani, presidente della Fondazione e della capofila cooperativa Aslam. “L’ambizione è quella di raggiungere gli ottimi risultati in termini sia formativi che occupazionali degli altri corsi (Tecnico Superiore per la manutenzione degli aeromobili; Tecnico Superiore per la progettazione ed il montaggio nelle costruzioni aeronautiche; Tecnico Superiore in Supply Chain & Operations Management). Parliamo di professioni di cui c’è un bisogno enorme. Le imprese si contendono i ragazzi e dopo averli assunti ci mandano i complimenti. Il segreto, però, è proprio in questo rapporto: la figura professionale e il percorso sono pensati, progettati e realizzati con la collaborazione e la partecipazione diretta delle aziende”.

36



UNIVERSITÀ 38

È nata la LIUC Business School La ricerca applicata e l’affiancamento alle imprese. Il fiore all’occhiello del master executive MBA. Il fronte avanzato de “L’eandustry 4.0”. Ecco come la nuova scuola dell’Università di Castellanza si prefigge di trasformare le aziende italiane in “agenti del cambiamento”


Michele Mancino

Professore, che cosa differenzia la vostra Business School dalle altre? Sia per quanto riguarda il corpo docente che per le relazioni c’è un elemento di continuità con il dna della LIUC che nasce come Università vicina alle imprese. È un’identità molto forte al punto tale che la core faculty è composta da 45 docenti di cui oltre l’80% opera all’interno dell’Università. La nostra principale caratteristica è la capacità di lavorare con le imprese e per le imprese. Però non tutte le Business School nascono all’interno di Università. È vero, e spesso sono iniziative che non hanno una faculty costituita da docenti universitari. Senza nulla togliere ai professionisti, credo invece che avere docenti universitari sia un grandissimo valore perché hanno rigore e metodo nell’insegnamento. Nel nostro caso spesso hanno maturato esperienze all’interno delle aziende, nel ruolo di imprenditore, manager o consulente. Quindi ciò che ci qualifica è una commistione positiva tra metodo scientifico, rigore accademico ed esperienza sul campo.

Il Direttore Raffaele Secchi: “Sia per quanto riguarda il corpo docente che per le relazioni c’è un elemento di continuità con il dna della LIUC che nasce come Università vicina alle imprese”

UNIVERSITÀ

T

utte le cose di questo mondo hanno un archetipo, anche le Business School. Quella di Harvard negli Stati Uniti è il modello di riferimento perché è stata tra le prime, agli inizi del ‘900, a proporre una specializzazione postlaurea in materie economiche, manageriali e finanziarie. Il suo nome, insieme a quello della London Business School, non manca mai tra le prime posizioni delle classifiche stilate dal “Financial Times” e da “Bloomberg Businessweek”. Negli ultimi anni però lo strapotere degli atenei di matrice anglosassone nella formazione dei manager, ha dovuto fare i conti con la scalata di posizioni di diverse scuole europee, tra cui anche quelle italiane. Nel 2015 la LIUC - Università Cattaneo di Castellanza ha realizzato al proprio interno il primo centro di ricerca italiano sui temi della competitività affiliato al network di Michael Porter, professore della Harvard Business School, e due anni dopo ha inaugurato la sua Business School sotto la direzione del professor Raffaele Secchi.

Raffaele Secchi, direttore LIUC Business School

Qual è la proposta formativa della vostra Business School? Ci muoviamo intorno a quattro aree di attività. La ricerca applicata e i servizi di affiancamento alle imprese, dove svolgiamo una serie di attività come advisory, assessment, piani di riorganizzazione e miglioramento dei processi che aiutano le imprese ad affrontare alcune tematiche specifiche. È una ricerca che non va confusa con quella scientifica che viene svolta all’interno dell’Università, anche se c’è una fortissima interazione tra le due in quanto la ricerca scientifica è il primo mattone di conoscenza su cui costruire quella applicata. La formazione a catalogo, con cui offriamo alle aziende più di 25 iniziative formative. Il nostro fiore all’occhiello è il master executive MBA, rivolto a persone che hanno già una significativa esperienza aziendale e ricoprono ruoli importanti. Inoltre segnalerei il corso “L’eandustry 4.0”, una proposta relativa al tema dell’industria 4.0 che abbiamo abbinato alla lean manufacturing. Poi c’è la formazione su misura, cioè fuori catalogo, che ci permette di progettare percorsi formativi in partnership con le aziende. Infine proponiamo nove Master universitari che rilasciano un titolo di studio con valore legale. A queste quattro aree si aggiunge l’attività di 6 centri di ricerca dove docenti e ricercatori sviluppano conoscenze e competenze sui principali temi di management. Spesso si accusano le imprese italiane di soffrire di “nanismo” e al tempo stesso si sottolinea l’importanza di sviluppare un ecosistema industriale che sia coerente con la dimensione della piccola impresa. In questa dinamica un po’ strabica qual è il ruolo e il contributo che può dare una Business School come la vostra? La Business School è un elemento importante all’interno dell’ecosistema che è formato da imprese, istituzioni e associazioni. La priorità non è necessariamente la crescita dimensionale, ci sono centinaia di esempi di nostre realtà mediopiccole molto attive sui mercati internazionali che però non fanno notizia. Credo invece che la priorità sia la crescita delle competenze all’interno delle nostre imprese e la Business School serve a questo, cioè a dare linfa vitale alle aziende in 39


UNIVERSITÀ

termini di competenze manageriali. È una missione sociale nel senso che la Business School si deve porre come un elemento propulsivo all’interno della nostra società. Se riusciamo a fare bene il nostro lavoro e a formare giovani appena laureati e persone che sono già all’interno delle aziende, dando loro strumenti, metodi e visione, non solo li aiutiamo nei percorsi professionali, ma trasformiamo le loro aziende in agenti di cambiamento, cosa di cui l’Italia ha molto bisogno. Quali sono le vostre sfide? Ce ne sono almeno tre: sviluppare le relazioni internazionali, innovare la metodologia didattica e aumentare la nostra visibilità. Per quanto riguarda la prima, alcune relazioni, come quella con il gruppo di Michael Porter e alcuni colleghi della London Business School, sono già consolidate. Altre si stanno concretizzando. Per esempio nella terza edizione dell’executive MBA, i partecipanti potranno seguire due moduli presso la IESEG School of Management di Parigi, tra le più prestigiose in Europa, arricchendo in questo modo il valore del programma. Sulla didattica vogliamo garantire sempre più esperienzialità dei momenti formativi perché le persone, oltre a seguire le lezioni frontali, sono sempre più abituate a “sporcarsi le mani” e credo che in questo processo di apprendimento il nostro I-Fab sia un esempio molto interessante. La terza sfida è aumentare la nostra visibilità perché nonostante il nostro radicamento ho l’impressione che molte imprese del territorio non conoscano ancora tutti i servizi che offre la Business School e quindi dobbiamo lavorare per farci conoscere. Occorre infine uscire dai confini territoriali perché la vocazione in prima battuta non può che essere nazionale.

40

Che cosa fa la LIUC Business School La Business School della LIUC - Università Cattaneo ha quattro aree di attività principali: la ricerca applicata e i servizi di affiancamento alle imprese, la formazione a catalogo, la formazione su misura in partnership con le aziende e Master universitari che rilasciano un titolo di studio con valore legale. All’interno della Business School sono attivi sei centri di ricerca che sviluppano conoscenze e competenze sui principali temi di management. In particolare: sulle operations, la logistica e il supply chain management, sull’imprenditorialità e la competitività, sul cambiamento, la leadership e il people management, sulla finanza per lo sviluppo e l’innovazione, sull’economia e il management nella sanità e nel sociale, sullo sviluppo dei territori e dei settori. Per info: www.liucbs.it


VITA ASSOCIATIVA

L’industria 4.0 avanza a suon di investimenti L’aumento degli acquisti di nuovi macchinari, l’intenzione nel 68% delle imprese di puntare su nuove iniziative di formazione, la richiesta alla politica di non toccare il Piano Nazionale e di rilanciare l’Istruzione Tecnica Superiore: ecco come la digitalizzazione delle fabbriche sta cambiando il volto del sistema produttivo italiano e varesino milioni di euro di Berlino, ai 4,5 miliardi di Washington. Chi,

Davide Cionfrini invece, come l’Italia punta sulla leva degli sgravi fiscali alle im-

C’

è chi, come la Germania, il Giappone e gli Stati Uniti, punta a finanziare progetti in grado di stringere legami tra mondo delle imprese e quello dei centri di ricerca universitari, mettendo sul piatto risorse che vanno dai 450

prese, con un impegno pubblico di oltre 20 miliardi per i prossimi quattro anni. Quale sia la formula adottata, in tutto il mondo avanzato, e non solo, l’obiettivo è, comunque, sempre lo stesso: incentivare l’avanzata dell’industria 4.0 e della digitalizzazione del sistema manifatturiero.

41


VITA ASSOCIATIVA Il Piano Nazionale Industria 4.0 Quello italiano prende il nome di Piano Nazionale Industria 4.0, partito a gennaio 2017. Con un avvio che è stato positivo. A dirlo sono i numeri elaborati da Kpmg, insieme a Confindustria. Proiezioni che hanno messo in luce come gli investimenti fissi lordi delle imprese del Bel Paese siano aumentati del 9% nel primo semestre del 2017 rispetto ai livelli dello stesso periodo del 2016. I dati sono emersi durante il primo incontro del nuovo ciclo di appuntamenti “Le Frontiere dell’Innovazione” (vedi box) riproposto dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese per approfondire i temi della trasformazione digitale. Proprio quel traghettamento verso l’industria 4.0 che il cosiddetto Piano Calenda, dal nome del Ministro dello Sviluppo Economico che lo ha ideato e promosso, sta riuscendo a quanto pare ad ottenere. Le stesse elaborazioni del Mise su dati Istat-Confindustria mettono in evidenza come gli investimenti fissi lordi in macchinari ed apparecchi siano in aumento dell’11,6%, mentre quelli in apparecchiature elettriche ed elettroniche del 10,7%. Le imprese che si stanno avvalendo del Piano Nazionale 42

Industria 4.0 registrano una crescita media delle spese in ricerca e sviluppo tra il 10 e il 15%. “Gli interventi di riforma - commenta Alessandro Trojan, partner di Kpmg - si sono inseriti in un contesto economico in espansione, ed è dunque presto per analizzare i nessi di causa/effetto, rimane il fatto però che da quando il Piano Industria 4.0 è partito l’occupazione industriale italiana è aumentata dello 0,3%, contro il -0,3% medio registrato in Germania, Francia e Gran Bretagna”. Non solo, fatto 100 la produzione industriale a gennaio 2016, “in Italia si è arrivati a luglio 2017 a quota 103, contro il 102 di Stati Uniti o Giappone”. Meno prudente nell’analisi di questi dati è il Presidente dell’Unione Industriali varesina, Riccardo Comerio: “Il Piano funziona e proprio per questo non va toccato, anzi deve essere reso strutturale. Si tratta di una di quelle riforme che, come imprenditori, ci auguriamo non siano sacrificate sull’altare della campagna elettorale alle porte”. D’altronde altri numeri parlano chiaro: le imprese del settore industriale, senza gli incentivi introdotti dal Governo, non avrebbero investito (5,6% del campione analizzato da Kpmg e Confindustria)


o avrebbero investito in misura minore (47,9%). Gli imprenditori, insomma, ci credono. Il 73,2% prevede che l’impatto nei prossimi 3 anni del Piano Industria 4.0 sarà medio/alto. Con punte dell’84,6% nelle aziende con più di 250 addetti, che scendono al 56,5% in quelle tra 1 e 10 addetti. Un efficientamento produttivo è atteso nel 62,4% dei casi, l’incremento del valore aggiunto prodotto nel 48,4%, nel 38% ci si attende un miglioramento delle relazioni con i clienti e nel 16,4% con i fornitori. “La conoscenza del Piano Industria 4.0 è diffusa tra le imprese italiane e un ruolo positivo lo stanno assumendo proprio le associazioni datoriali”, afferma Trojan. Con quali risultati in termini di utilizzo dei vari incentivi fiscali? Nel 43,8% si tratta di accessi all’iperammortamento, nel 51,4% al superammortamento, nel 29,2% di sfruttamento del credito d’imposta. L’importanza della formazione “Ma il Piano non è costituito solo da incentivi fiscali”, avvisa il partner di Kpmg: “Tanto è vero che il 68% delle imprese attuerà iniziative specifiche di formazione professionale per la sua implementazione”. Ed è qui che sta la vera chiave di volta. Trojan non ha dubbi: “Il Piano Calenda sta aiutando le imprese, le tecnologie sono a disposizione, ma il successo dell’implementazione dell’industria 4.0 si gioca sulla capacità di dar vita a nuovi modelli organizzativi e di distribuzione. E questo è compito degli imprenditori. Non basta investire nei macchinari. Occorre investire sulle risorse umane”. Comerio va oltre e indica anche dove mettere le risorse: “Dobbiamo puntare sugli Its, sugli Istituti Tecnici Superiori. Sono una formula vincente. Il 98% dei ragazzi che esce da questi percorsi post-diploma trova un impiego nel giro di due settimane. Il gap competitivo con i nostri competitor stranieri sta, però, nei numeri: sono 9.500 gli iscritti agli Its italiani, in Germania sono più di 600mila”. Da qui la critica alle istituzioni: “Non è concepibile che nell’ultima Legge di Stabilità si sia deciso di investire sugli Its solo una decina di milioni di euro”. Il fattore connettività Fondamentali per lo sviluppo della manifattura 4.0 sono anche le condizioni del contesto digitale nel quale le imprese operano. Non ultime quelle legate alla connettività. In questa voce la provincia di Varese, nella classifica nazionale, arriva terza per copertura di banda larga. Ciò anche grazie alla presenza sul territorio di operatori come Eolo Spa: “Portare l’accesso a Internet ad alta velocità fuori

Ripartono “Le Frontiere dell’Innovazione” La parola d’ordine delle imprese è puntare sulle persone: “Il vero fattore abilitante dell’industria 4.0 non è la tecnologia, tra l’altro facilmente reperibile, ma il fattore umano, figure con i giusti skill”. Ne è convinto il Coordinatore delle Aree Economiche dell’Unione Industriali, Marco De Battista. Proprio per questo l’associazione datoriale rilancia un nuovo ciclo di appuntamenti nell’ambito di “Le Frontiere dell’Innovazione”. Seminari che avranno come focus le strutture organizzative, con un approccio empirico basato sull’analisi di casi concreti, nel contesto produttivo del nostro territorio. Data-driven business (un’opportunità di crescita per le imprese e non solo un asset da proteggere), intelligence workplace (come cambiano i processi all’interno dell’impresa intelligente), people care & people strategy (le persone come cardine attorno al quale costruire una strategia digitale): questi i temi che verranno trattati nei prossimi incontri spalmati su tutto il 2018. Per rimanere aggiornati su date e appuntamenti: www.univa.va.it.

VITA ASSOCIATIVA

Riccardo Comerio: “Il gap competitivo con i nostri competitor stranieri sta nei numeri della formazione: sono 9.500 gli iscritti agli Its italiani, in Germania sono più di 600mila”

dai grandi centri urbani - spiega il Ceo Luca Spada - è da sempre la nostra maggiore sfida. Il Governo sta spingendo sull’acceleratore con il Piano Industria 4.0 che aiuterà le imprese ad essere sempre più competitive, innescando un circolo virtuoso di produttività, investimenti e capacità di rispondere meglio ai mercati. È una necessità imprescindibile, e un bisogno sentito non solo dalle aziende, ma anche dalle famiglie: con più di 10mila nuovi clienti al mese, avviciniamo famiglie, imprese, artigiani al mondo”. C’è, però, un problema in Italia che Spada definisce il digital divide dei piccoli centri urbani, quelli dove ha spesso sede la spina dorsale della manifattura made in Italy composta dalle Pmi: “Lo speed divide rischia di compromettere la capacità competitiva del Paese, soprattutto se consideriamo che la stragrande maggioranza delle imprese ha sedi e stabilimenti in comuni con meno di 20mila abitanti. Pensando a loro abbiamo messo a punto la tecnologia 100 Mega che ci permetterà di aiutare aziende e interi distretti ad essere più competitivi. È una rivoluzione che parte da Varese ma che arriverà in tutte le regioni in cui operiamo”. In pratica la promessa che Spada fa è quella di “permettere alle imprese della Valcuvia o della Valganna di poter contare su una velocità di connessione uguale a quella delle imprese alle porte di Milano”.

43


VITA ASSOCIATIVA

La “pancia� dell’industria varesina

Le imprese metalmeccaniche non rappresentano nel loro insieme solo il piÚ importante settore manifatturiero dell’economia all’ombra delle Prealpi, ma una delle realtà produttiva a volte da primato anche a livello europeo Paola Margnini (*)

F

acile dire meccanica. Meno facile capire cosa questo significhi veramente per un territorio come quello della provincia di Varese. Un territorio multi-distretto, come si diceva una volta, o multi-filiera, come è di moda dire oggi, in cui una persona su due, tra quelle che lavorano nell’industria, è occupata in un’impresa metalmeccanica. Tradotto significa che contribuisce a fabbricare aerei, elicotteri, elettrodomestici, macchinari per tutti i settori, macchine utensili, moto, impiantistica, valvole, caldaie, meccanismi, ingranaggi, componenti, sistemi meccanici e meccatronici, chiavi inglesi, ascensori, lavorazioni meccaniche di precisione, fusioni, forgiature, stampaggi. Un elenco lungo, ma non esaustivo, che potrebbe essere ancora piĂš esteso. PerchĂŠ la metalmeccanica, nel Varesotto, è un insieme integrato di tutti questi prodotti ed anche molto di piĂš. PerchĂŠ parlare di

Le statistiche di #UnivaStudi Con questo articolo Varesefocus, attraverso le indagini statistiche dell’Ufficio Studi dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, apre un ciclo di approfondimenti sui settori manifatturieri piĂš importanti dell’economia locale. Un racconto per infografiche che è possibile seguire anche sui social network legati all’Unione Industriali e attraverso gli hashtag #UnivaStudi.

settore metalmeccanico significa parlare della “pancia� dell’economia locale all’ombra delle Prealpi. Capace di generare da

METALMECCANICO VARESE: LA DINAMICA DEL COMMERCIO ESTERO &ŽŜƚĞ͗ ĞůĂÄ?Ĺ˝ĆŒÄ‚ÇŒĹ?ŽŜĹ? hĨĨĹ?Ä?Ĺ?Ĺ˝ ^ƚƾĚĹ? hĹśĹ?ŽŜÄž ĚĞĹ?ĹŻĹ? /ŜĚƾĆ?ĆšĆŒĹ?Ä‚ĹŻĹ? ĚĞůůĂ WĆŒĹ˝Ç€Ĺ?ĹśÄ?Ĺ?Ä‚ ÄšĹ? sÄ‚ĆŒÄžĆ?Äž Ć?Ćľ ĚĂƚĹ? /Ć?ƚĂƚ ĎŽĎŹĎŹĎł Í´ ώϏϭϲ

EXPORT (mln â‚Ź a valori correnti)

EXPORT: DESTINAZIONI TOP 5 SHVR VX WRWDOH H[SRUW 9DUHVH VHWWRUH PHWDOPHFFDQLFR

44

SHVR VX WRWDOH H[SRUW 9DUHVH VHWWRUH PHWDOPHFFDQLFR

)UDQFLD

Äš *HUPDQLD

*HUPDQLD

Äť )UDQFLD

6WDWL 8QLWL

Äš 5HJQR 8QLWR

6YL]]HUD

Äť 6WDWL 8QLWL

5HJQR 8QLWR

Äš &LQD


3.167

43.572

5.669 9

VITA ASSOCIATIVA

per numero di addetti), nell’ aerospazio (2a provincia dietro Torino), negli apparecchi per UNA VISIONE D’INSIEME uso domestico (3a provincia in Fonte: elaborazioni Ufficio Studi Unione degli Industriali della Provincia di Varese su dati Istat 2015 (unità locali e addetti) 2016 (export) Italia). A queste, si affianca una massiccia base produttiva di mln € beni di investimento, di tutta ADDETTI UNITA’ LOCALI EXPORT la componentistica connessa e della lavorazione dei materiali a 8^Provincia in Italia per unità locali, addetti ed export monte. Una produzione, questa, I PRODOTTI meno visibile ai più, ma che ci Fonte: elaborazioni Ufficio Studi Unione degli Industriali della Provincia di Varese su dati Istat-ASIA 2015 – 2007 (addetti) caratterizza e alimenta la nostra fama nel mondo. Quanti di noi sanno, per esempio, che con circa 13.000 addetti il comparto dei macchinari, quello che assorbe più manodopera nell’economia provinciale nel metalmeccanico, rappresenta circa la metà del numero degli addetti dello stesso comparto impiegati in Catalogna e circa un terzo di quelli del Rhồnes Alpes (due reLEGENDA gioni, non provincie, inquadrate I dati in rosso sono relativi al 2015 vs i dati in blu sono relativi al 2007 tra i quattro Motori d’Europa)? Peso sul totale degli addetti italiani nel comparto Una realtà, quella della mecca*Altri mezzi di trasporto = nella Provincia di Varese, essenzialmente aerospazio (solo parte alta filiera) e motocicli. nica varesina, che non solo è da classificare dunque, tra i primi LE NICCHIE DELL’EXPORT posti in Europa, ma che è anche Fonte: elaborazioni Ufficio Studi Unione degli Industriali della Provincia di Varese su dati Istat 2007 – 2016 (per le merci top 5, sono stati considerati gli Ateco 3 digit) stata in grado di tenere in questo EXPORT: MERCI TOP 5 Peso % nicchia su totale export Varese del settore metalmeccanico decennio di crisi, aumentando il proprio peso specifico a livelĹ Aeromobili, veicoli spaziali e relativi dispositivi. 2016 = 20,27% vs 2007 = 17,03% lo italiano. Passato dal 2,7 % del Ĺ Altre macchine per impieghi speciali, tra cui: macchine per la metallurgia, da miniera, cava e cantiere, 2007 al 3% del 2015. per l’industria alimentare. 2016 = 13,19% vs 2007 = 12,59% Possono sembrare numeri coĹ Altre macchine di impiego generale, tra cui: forni, apparecchi di sollevamento, utensili portatili a motore, struiti solo per fornire una proattrezzature di uso non domestico per la refrigerazione e la ventilazione. 2016 = 11,32% vs 2007 = 9,60% va muscolare dell’economia Ĺ Macchine di impiego generale, tra cui: motori a combustione interna, turbine e turboalternatori, pompe e del Varesotto. Non di questo, compressori, valvole. 2016 = 8,90% vs 2007 = 7,77% però, si tratta. La questione sta, Ļ Apparecchi per uso domestico. 2016 = 8,20% vs 2007 = 13,09% piuttosto, nel capire se ci siano i presupposti per accompagnare l’evoluzione verso l’industria del #UnivaStudi #impresedivarese futuro, se il sistema-Varese abbia solo circa il 60% delle esportazioni varesine ed il 3% di quelle gli anticorpi per resistere ad un processo di radicale trasformaitaliane del settore e di alimentare flussi produttivi e di scambi zione delle competenze che inevitabilmente toccherà gli assetti capillarmente distribuiti. competitivi internazionali. I numeri raccolti sono altrettanti inDietro la parola meccanica a Varese si celano realtà che ope- dizi dell’esistenza di un largo e competitivo sistema produttivo, rano su molteplici filiere produttive e produzioni trasversali. un sistema che sinora ha dimostrato di saper reagire ed ha in Realtà che fanno sì che una provincia molto piccola, quale potenza le capacità per cogliere le nuove possibilità di sviluppo in fondo è quella varesina, riesca ad essere l’ottava in Italia per legate all’Industry 4.0. Trasformare queste potenzialità in realtà. numero di addetti del settore, raggiungendo i primi posti in È questa la sfida. What else? termini di specializzazione in nicchie di eccellenza assolute ad esempio nei generatori di vapore (1a provincia in Italia (*) Responsabile dell’Ufficio Studi Univa

METALMECCANICO IN PROVINCIA DI VARESE

45


FOTO DAL MONDO 46

La corsa di cavalli sulla spiaggia disputata a Ballyheigue in Irlanda subito dopo Natale. REUTERS/Clodagh Kilcoyne


47

FOTO DAL MONDO


SCIENZA

La mappa del rischio vulcano L’eruzione di quello di Agung sull’Isola di Bali ha riacceso i riflettori sulle zone rosse del pianeta dove il magma non smette di minacciare ampie comunità. Ma la facile associazione in Italia con l’Etna e il Vesuvio non deve far perdere di vista la minaccia dei Campi Flegrei Luigi Bignami

F

iumi di ceneri miste ad acqua, eruzioni di polveri che si innalzano anche per migliaia di metri verso il cielo, aria irrespirabile: è questo il mondo che si è creato attorno al vulcano Agung sull’Isola di Bali, in Indonesia, che con i suoi 3.142 metri co-

Sotto, il vulcano Agung a Bali. A destra, i Campi Flegrei

48

stituisce anche il punto più alto dell’isola. Su uno dei suoi versanti, circa 2.000 metri più in basso dalla cima, sorge uno dei templi più importanti dell’isola, il Tempio Madre di Besakih. Difficile dire fin quando l’eruzione continuerà e quanto diverrà imponente, quel che è certo purtroppo è il fatto che oltre 140.000 persone hanno dovuto lasciare le loro case e i loro beni senza sapere quando potranno tornare e soprattutto se ritroveranno ciò che hanno costruito oppure


La caldera (avvallamento del suolo che si verifica quando un vulcano ha emesso grandi quantità di lava) dei Campi Flegrei è inquieta da oltre 65 anni, un periodo durante il quale sono stati registrati numerosi sollevamenti e abbassamenti del suolo e terremoti locali

SCIENZA

se le polveri e le ceneri avranno coperto il tutto. Bali ci sembra lontana e l’eruzione fa notizia solo quando diventa imponente, poi, per noi tutti, i riflettori si spengono. Eppure quel che sta succedendo laggiù non è un fatto unico e del tutto lontano dalla nostra realtà. Agung è solo uno delle decine di vulcani attivi o pronti per entrare in attività del nostro pianeta. Dall’Islanda all’Africa Centrale, dall’America meridionale all’Indonesia, a far da crocevia ci sono anche i vulcani italiani che sono considerati tra i più pericolosi al mondo. A tutti viene in mente il Vesuvio, ma se questi fa paura ancora peggio sono i Campi Flegrei. Recenti ricerche hanno dimostrato che sono ricoperti da uno strato di rocce che possiede uno spessore di circa 1 o 2 chilometri. Questo tappo fa si che il magma sottostante, nel costante tentativo di risalire verso l’esterno, si sia spostato lateralmente ed ora si troverebbe sotto la città di Pozzuoli ad una profondità di circa 4 chilometri. Ma non è escluso che altre camere magmatiche si trovino da altre parti, magari anche proprio sotto Napoli. A questa conclusione è giunto un gruppo di ricerca che fa capo a Luca De Siena dell’Università di Aberdeen, con il quale hanno collaborato l’Osservatorio Vesuviano Ingv, il laboratorio Rissc dell’Università degli Studi di Napoli e l’Università del Texas ad Austin. Per capire cosa significhi tutto questo dobbiamo fare un passo indietro. È noto che la caldera (una caldera è un avvallamento del suolo che si verifica quando un vulcano ha emesso grandi quantità di lave e altro materiale) dei Campi Flegrei è inquieta da oltre 65 anni, un periodo durante il quale sono stati registrati numerosi sollevamenti e abbassamenti del suolo e terremoti locali. I primi movimenti di questa fase si ebbero negli anni ‘50, poi negli anni ‘70 e ‘80, quando i fenomeni furono particolarmente intensi, tanto che nel 1970 e nel 1983 si arrivò a evacuare decine di migliaia di persone. Recentemente il vulcano è stato dichiarato in “allerta giallo”, una situazione che richiede una particolare attenzione da parte dei ricercatori che ne studiano il comportamento. Ma al momento manca un dato importante: dove si trova esattamente la camera magmatica? È proprio sotto la caldera principale o si trova da qualche altra parte? Il lavoro di De Siena risponde, almeno in parte, alla domanda: la camera magmatica si trova sotto Pozzuoli perché lo spessore di rocce sottostanti la caldera ha fatto sfogare gli stress del magma lateralmente ad essa. “La camera magmatica che abbiamo messo in luce però, potrebbe non essere la principale - spiega il vulcanologo - in quanto un’altra di maggiori dimensioni potrebbe trovarsi a maggiore profondità”. De Siena paragona la situazione sotto i Campi Flegrei ad una pentola in ebollizione, dove le bolle potrebbero esplo-

dere qua e là. Certo è che se una camera magmatica trovasse sfogo verso l’alto, il numero di persone da evacuare non si conterebbero a centinaia di migliaia, ma a milioni e solo questo sarebbe una vera catastrofe. Ma al di là dell’Italia, c’è il Giappone in apprensione per il vulcano Sakurajima, già in eruzione, ma che potrebbe dare vita a esplosioni catastrofiche per la regione circostante. E poi il Monte Merapi, in Indonesia, che presenta segni di prossima attività, dove attorno ad esso vivono migliaia di persone. Ma c’è anche il Nyiragongo, in Congo, dove all’interno del cono vulcanico c’è un vero lago di magma e il Galeras in Colombia, il più attivo del Paese e così imprevedibile che durante l’eruzione del 1993 morirono sei vulcanologi che lo tenevano sotto controllo. E si potrebbe continuare a lungo, ma forse vale la pena concludere con l’allarme dato dai vulcanologi per il Bardarbunga, un vulcano islandese. Ha iniziato a dare segni di attività con lunghi sciami di terremoti a partire dal 2015 e secondo Páll Einarsson, geologo dell’Università dell’Islanda, i terremoti sono il sintomo di un progressivo accumulo di pressione nella sua camera magmatica. Anche se non è possibile dire con precisione quando entrerà in attività, un’eruzione sembra scontata. È un vulcano che si trova sotto i ghiacci e questo porta alla memoria quel che avvenne nel 2010 quando entrò in attività l’Eyjafjallajökull, un altro vulcano subglaciale, la cui eruzione mise in ginocchio il traffico aereo dell’intera Europa. E insieme al Bardarbunga ci sono anche il Grímsvötn, l’Hekla e il Katla, a far impensierire i vulcanologi, in quanto stanno tutti manifestando tremori. C’è un volto positivo in tutto questo però, il fatto che se un pianeta possiede vulcani attivi significa che il pianeta stesso è vivo. Mondi dove i vulcani sono spenti, come Marte o Mercurio sono pianeti morti dove non esiste vita evoluta.

49


TERRITORIO

Gli alieni sono tra noi Lo scoiattolo grigio, il gambero rosso della Louisiana, i pesci gambusie, la cimice asiatica. Perfino la robinia. Una mostra ai Musei Civici di Varese racconta come animali e piante, se introdotti dall’uomo in ambienti diversi da quelli di origine, possano danneggiare l’ecosistema stesso. È successo e succede ancora, infatti, che alcune specie

Luigi Bignami viventi siano state fatte entrare in ecosistemi non loro e in poco

L

a natura è stupenda, soprattutto quella vivente. Ci emoziona, ci stupisce, a volte ci commuove. Ma talora l’uomo ci mette lo zampino, anche inconsciamente, e ne altera gli equilibri arrecandole gravi danni che poi si ripercuotono su se La mostra “Alieni” allestita ai Musei Civici di Varese

50

tempo siano riuscite a cacciare specie simili che avevano vissuto in quelli che sono stati i loro habitat per millenni, con conseguenze drammatiche per l’ambiente. Per capire cosa stia succedendo in Italia attorno a questa problematica, a Varese è stata pensata e allestita una mostra ai Mu-


sei Civici di Villa Mirabello con un titolo che non può lasciare indifferenti: “Alieni. La conquista dell’Italia da parte di piante e animali introdotti dall’uomo”. Già, “alieni”, perché quando una specie di un’area lontana viene introdotta in un luogo diverso è di per sé un alieno, in quanto i danni che può portare potrebbero non essere molto differenti da quelli arrecati da vere specie di altri mondi che dovessero arrivare sulla Terra. L’introduzione di specie aliene in ambienti non loro è quasi sempre legata a ignoranza da parte dell’uomo, il quale, a volte, agisce addirittura con fini che crede benevoli. Ne è un esempio l’inserimento dello scoiattolo grigio in Italia, che avvenne quando Giuseppe Casimiro Simonis di Vallario che si trovava negli Stati Uniti a metà del secolo scorso, lo notò girare libero per i parchi delle città e così ne volle una coppia per la sua villa che si trovava nei pressi di Torino. Oggi questa specie sta soppiantando l’autoctono scoiattolo rosso. A volte però le specie aliene arrivano via nave, oppure sfruttando vie di comunicazione aperte dall’uomo che la natura non aveva creato, come il Canale di Suez, che ha permesso a specie di mondi tropicali di spingersi nel Mediterraneo e qui rimanervi. Tra l’altro il riscaldamento globale ha reso il Mar Mediterraneo molto simile ai mari tropicali per le elevate temperature che si registrano per la maggior parte dell’anno. Oggi sono circa 12.000 le specie aliene giunte in Europa e di queste ben 3.000 hanno fatto ingresso in Italia e il 15% di esse sono risultate fortemente invasive. Spiega Adriano Martinoli, dell’Università degli Studi dell’Insubria: “Gli ambienti naturali sono una preziosità importantissima da conservare e valorizzare, ma è necessario andare oltre l’approccio estetico della natura: un ambiente esteticamente ‘bello’ non sempre è anche sano. Tra le molte forme di alterazione dell’ambiente messe in atto dall’uomo, l’introduzione di specie aliene ha avuto negli ultimi due secoli un ruolo determinante, che però è stato sottovalutato per molti decenni”. Oggi si parla di “inquinamento biologico” e deve essere affrontato sia con mezzi pratici, ma anche promuovendo un cambiamento culturale che possa permettere di avere coscienza del problema e di “bloccare la macchina” che continua ad alimentarlo. La Mostra di Varese permette di prendere visione di alcuni animali che hanno creato impatti negativi sull’ambiente in cui sono stati introdotti. Tra gli esempi più significativi vi è quello del gambero rosso della Louisiana. In Italia fu importato da quello Stato degli Usa in Toscana da un’azienda di Massarosa,

TERRITORIO

Oggi sono circa 12.000 le specie aliene giunte in Europa e di queste ben 3.000 hanno fatto ingresso in Italia e il 15% di esse sono risultate fortemente invasive

vicino al Lago di Massaciuccoli, per un tentativo di commercializzazione. Complice anche l’irresponsabilità degli allevatori e la mancanza di politiche di gestione ordinata dell’immissione di nuove specie sul territorio nazionale, i gamberi sono sfuggiti dal controllo degli allevatori che li avevano importati e così si sono diffusi in quasi tutta Italia, fino a raggiungere la Sicilia e la Sardegna. Un altro esempio sono le gambusie, pesci nativi del bacino del Golfo del Messico e che vivono sia in acque dolci che salmastre. Sono stati importanti in mezzo mondo, tra cui l’Italia perché si pensava che potessero combattere le zanzare, anche quelle portatrici di malaria, ma hanno fatto ben poco a tal fine, mentre hanno alterato profondamente gli ecosistemi dove ora vivono. E poi ci sono insetti alloctoni (ossia arrivati da altri luoghi) che stanno allargando i loro confini in Italia arrecando gravi danni anche all’agricoltura. Un esempio è la temuta cimice asiatica, la quale, dai paesi d’origine (Cina, Giappone e Taiwan), è arrivata dapprima negli Stati Uniti, attorno al 1998, poi anche in Europa, raggiungendo nel 2012 l’Italia. I danni alle coltivazioni di frutta si sono già fatti sentire. Ma anche i vegetali possono essere fortemente infestanti: la robinia, oggi quasi un simbolo della Pianura Padana, è un caso molto evidente. Importata dal Nord America all’inizio del 1600, ha modificato fortemente il paesaggio italiano, alterando boschi e conseguentemente la fauna delle aree di pianura. Secondo il Ministero dell’Ambiente oggi vi sono in Italia 49 specie dannose per i nostri ecosistemi e dunque è stato necessario redigere un Regolamento che stabilisce misure di rilevamento precoce e di eradicazione rapida per impedire che si propaghino sempre più. Ma a questo si deve aggiungere un forte impegno da parte di tutti per conoscere il problema e sapere come affrontarlo. La mostra è un importante mezzo.

La mostra “Alieni” La conquista dell’Italia da parte di piante e animali introdotti dall’uomo” consiste nell’esposizione di piante, microcosmi, animali vivi e storie fotografiche, ed è promossa dall’Università degli Studi dell’Insubria e dal Comune di Varese, con la collaborazione dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e il Progetto LIFE ASAP (Alien Species Awareness Program, LIFE15 GIE/ IT/001039). È allestita a Varese ai Musei Civici di Villa Mirabello, piazza della Motta n. 4. Rimarrà aperta fino al 27 maggio 2018.

51



▶ PROVINCIA DA SCOPRIRE RUBRICHE

Nelle “firme” dei pellegrini il racconto

del Sacro Monte Ripercorrere la storia di secoli di devozione attraverso i graffiti spontanei lasciati dai fedeli nella cripta del Borgo Sacro tra il XV e l’inizio del XX secolo: questo l’obiettivo di una ricerca svolta dal 30enne Riccardo Valente, e finanziata da Regione Lombardia in un’ottica di valorizzazione dei siti Unesco Nel graffito si distingue la data 1536

53


RUBRICHE

Questo segno fu lasciato nel 1564. A destra, incisioni risalenti al Quattrocento

ro Giuliana Puricelli e Benedetta Biumi e con l’autorizzazione di

Sergio Redaelli Sisto IV, il Papa che diede il nome alla Cappella Sistina, presero il

I

n prevalenza laici di sesso maschile, credenti che non appartenevano allo stato ecclesiastico, raramente donne, soltanto un paio si qualificano come sacerdoti, ciascuno attratto dalla sacralità del luogo e ansioso di lasciare “accanto alla Madonna” un segno di sé, del proprio passaggio, della propria devozione. É l’identikit del pellegrino-tipo tracciato da Riccardo Valente, autore della ricerca sui graffiti spontanei che i visitatori hanno inciso nella cripta e negli ambienti sottostanti il santuario di S. Maria del Monte tra il XV e il XX secolo. Firme di presenza, date e nomi spesso graffiati sull’intonaco o sulla superficie dipinta, ricoperta dagli affreschi: “Oggi sarebbero bollati come atti di vandalismo spiega Valente - ma il giudizio dipende dalle convinzioni culturali della nostra epoca. Non sempre, in passato, i muri dipinti erano considerati intoccabili. Forse l’incisione rovina la pellicola pittorica dal punto di vista tecnico ed estetico, ma aggiunge qualcosa sul piano storico”. All’inizio del quindicesimo secolo la montagna sopra Velate era fitta di boschi e di crepacci. I pellegrini salivano alla chiesa di S. Maria del Monte per disagevoli e pericolosi sentieri incontrando, talvolta, piccole comunità femminili di spontaneo monachesimo. Ad esse, vincendo l’opposizione del parentado, si unì la giovane Caterina Moriggi ma la comunità fu falcidiata da un’epidemia di peste e Caterina dovette ritornare a Pallanza da dove era giunta. Il 24 aprile 1452 salì definitivamente all’eremo dove la raggiunse-

54

velo il 10 agosto 1476. Il letterato Domenico della Bella di Maccagno (per questo detto Il Macaneo), descrive la chiesa di S. Maria del Monte nel 1490 adorna d’oro e d’argento, i ceri sospesi alla volta o esposti sulle pareti e gli ex-voto degli ammalati, risanati con la preghiera da piaghe e cancrene. Le processioni salgono dalle antiche strade di accesso. Sono carrettieri e pellegrini a piedi e a cavallo e portano doni e masserizie. La via principale esce dalla porta S. Martino a nord di Varese, passa dalla bettola nuova, un complesso quattrocentesco oggi demolito e sale a Sant’Ambrogio, Fogliaro, Oronco e Cascina Moroni. L’alternativa per chi proviene dalla valle dell’Olona è la via dei mulini. Il percorso è punteggiato da taverne e osterie che

“I graffiti sono un’espressione storica, sociale, devozionale e culturale di quegli anni lontani e sono parte integrante del patrimonio come gli affreschi con grafie e scritture arcaiche in latino e in italiano volgare”


Chi ha inciso i muri lasciando i segni che oggi proviamo a interpretare, camminò e osservò luoghi nel frattempo cambiati o scomparsi e salì al monte seguendo itinerari diversi da quelli odierni

RUBRICHE

offrono ristoro ai viaggiatori. Raggiunto il santuario, c’è chi non rinuncia a lasciare un segno di sé. “I graffiti più antichi risalgono agli anni sessanta del millequattrocento, ci sono le date a testimoniarlo - conferma lo storico - Per gli altri siamo in grado di fare solo delle stime. Nomi noti? Personaggi celebri? Un’incisione dalla grafia arcaica riporta il nome di “baldesar de lampugnano”. Potrebbe trattarsi del rettore dell’ospizio di S. Erasmo a Legnano che visse effettivamente in quegli anni. Oppure di un omonimo. Il fenomeno era frequente quando i nomi si ripetevano anche all’interno della stessa famiglia”. Chi poteva entrare nella cripta? Il luogo era agibile a tutti per pregare o limitato alle celebrazioni? Un graffito fornisce indizi di chi e perché visitasse il monte. Fu inciso sull’affresco della Madonna in trono, nella prima stanza a cui si accede dal portico della basilica in direzione della cripta. È firmato “petrus de bossis” e segnala che con Pietro c’era la moglie “franscina”. Allora era la regola che i fedeli chiedessero la grazia per una gravidanza o si sdebitassero con la Vergine per un parto avvenuto senza complicazioni. La presenza della moglie di Pietro Bossi sottolinea la devozione femminile. Dai segni lasciati sui muri - nomi, date, croci e il disegno di una colomba appoggiata su un ramo - non emergono rivelazioni sui mestieri svolti dai pellegrini. Né sulle sepolture, molto più antiche, addossate all’esterno della navata del santuario (tra gli altri, un loculo dipinto in rosso con i resti scheletrici di due individui adulti che è allo studio dei tecnici dell’Università dell’Insubria). In totale sono un’ottantina di graffiti, di cui sessantacinque anteriori al XVIII secolo quando la chiesa romanica era già ridotta a cripta. Alcuni incisi sui muri esterni, quando quei tratti erano a cielo aperto. Riccardo Valente, 30 anni, di Monza, laureato in archeologia e in storia dell’arte all’Università Cattolica di Milano con un dottorato di ricerca al Politecnico, collabora con entrambi gli atenei. É stato incaricato di eseguire l’esame dei graffiti dalla Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese e dalla parrocchia di S. Maria del Monte. Il progetto è finanziato dalla Regione Lombardia nell’ambito degli interventi per le attività culturali nelle aree archeologiche e nei siti iscritti o candidati alla lista Unesco. Per la tesi di laurea, Valente si era già occupato di studiare le scritte antiche nel battistero di Castiglione Olona e l’indagine era confluita in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Aevum. “Lo studio delle incisioni nella cripta di S. Maria del Monte sarà oggetto di una pubblicazione che uscirà nel 2018 - spiega -. Il valore dell’indagine sta nell’aver analizzato un luogo di importante stratificazione archeologica, architettonica e spirituale. Si parte dalle origini remote del cristianesimo e si arriva ai giorni nostri con una sequenza di edifici che insistono negli stessi luoghi. Graffiti risalenti al XV secolo non sono così

frequenti da trovare e ci riportano ad un periodo in cui il Sacro Monte era molto diverso da come lo conosciamo oggi. Se il santuario a fine Quattrocento aveva già l’impianto odierno, pochi anni prima c’era ancora la vecchia struttura romanica”. Quindi, chi ha inciso i muri lasciando i segni che oggi proviamo a interpretare, camminò e osservò luoghi nel frattempo cambiati o scomparsi e salì al monte seguendo itinerari diversi da quelli odierni. “Tutto questo - aggiunge Valente - conferma la frequentazione ininterrotta dei fedeli a S. Maria del Monte nel corso dei secoli. I graffiti sono un’espressione storica, sociale, devozionale e culturale di quegli anni lontani e sono parte integrante del patrimonio come gli affreschi con grafie e scritture arcaiche in latino e in italiano volgare. Possiamo leggere ‘mazo’ al posto di maggio e verificare che molte date cinquecentesche sono scritte con i numeri arabi”. Anche i graffiti più recenti sono oggetto di studio. Molti scritti a matita, eredità di fine Ottocento e primo Novecento quando si saliva al monte con i cavalitt de Sant’Ambroeus e con le carrozze trainate da due o quattro buoi - i cosiddetti tram dei buoi - in partenza dalla Prima Cappella. O ancora prima quando i pellegrini più abbienti viaggiavano sulle portantine a uno o due posti, con o senza baldacchino. Ma il lavoro non è ancora finito. Restano da indagare i graffiti che i fedeli hanno lasciato in quattro secoli di salite devozionali lungo il percorso delle cappelle del rosario. Valente è sicuro: “Sarà un altro lavoro appassionante”.

55


RUBRICHE

▶ GITA A

Un fine settimana lungo il fiume Ticino Dal Castello Visconti di San Vito a Somma Lombardo, al “campo dei miracoli” di Arsago Seprio, passando per la Palude Pollini. Varesefocus inizia con questo numero un tour alla scoperta dei luoghi legati al secondo fiume in Italia per portata d’acqua Il Castello Visconti di San Vito a Somma Lombardo

56


I

l nostro tour nella zona del fiume Ticino parte da Somma Lombardo dove si trova il Castello Visconti di San Vito. Esso rappresenta un esempio di architettura fortificata lombarda che ha conservato le sue tipiche caratteristiche “castellane”. È nato a scopi difensivi ed è sorto sulla strada che metteva in comunicazione Milano con il Lago Maggiore. Si presenta costituito da edifici con cortili e ingressi indipendenti che si sono aggiunti rispettando una certa unità di stile fino a formare l’attuale pianta quadrilatera del complesso. I Visconti vi abitano già dalla metà del 1200. Il nucleo più antico è costituito dal cortile degli armigeri che presenta un portico ad archi acuti, sostenuto da pilastri con capitelli recanti gli emblemi viscontei. Quando a Milano nel 1448 si instaura la Repubblica Ambrosiana, i fratelli Guido e Francesco Visconti lasciano la città e si ritirano nella loro proprietà di Somma. A questo periodo risalgono i lavori di costruzione e di ampliamento del castello, e con tali interventi viene aggiunta una nuova parte a oriente dell’originaria struttura, collegata ad essa, ma al tempo stesso autonoma e con un ingresso proprio; è inoltre scavato un fossato (ancora oggi visibile), munito di ponti levatoi e con portoni di accesso. Nel 1473 i due fratelli dividono le proprietà di famiglia: a Francesco, da cui discenderanno i Visconti di San Vito, tocca la parte rinnovata del castello e la parte superiore di Somma; a Guido, capostipite dei Visconti di Modrone, la parte antica dell’edificio e la parte bassa del Borgo. Tra Cinque e Seicento avviene la decorazione degli ambienti interni della nuova ala (scalone monumentale e sale del piano nobile) con affreschi di carattere allegorico e profano, attribuiti ad artisti della scuola di Procaccini. Intorno agli anni ‘50 del secolo scorso il castello è stato riunito sotto la proprietà del marchese don Alberto Visconti di San Vito ed aperto al pubblico nel 1996 per volontà del figlio Gabrio Visconti. Oltre agli affreschi della Sala delle Feste e ai preziosi mobili e arredi seicenteschi della Camera Reale, al castello si ammirano varie collezioni. Nella Sala delle Stagioni si trova la raccolta di piatti da barba con più di 500 pezzi provenienti da tutto il mondo, realizzati con materiali diversi, dalla porcellana all’argento, dall’alabastro al legno. Altre sale custodiscono una collezione ornitologica composta da 360 uccelli impagliati e una raccolta di armi e armature spagnole del Cinquecento. Un ambiente è dedicato alle urne cinerarie della civiltà di Golasecca (IX sec. a.C.): in parte regalata ai Visconti dall’abate Giani e in parte scoperta da Ermes Visconti nei terreni di sua proprietà, vicino a Somma. Alcune sale sono dedicate a personaggi in qualche modo sono stati legati alla famiglia da vincoli di parentela, come Papa Gregorio XIV (5 dicembre 1590), che qui è nato l’11 febbraio 1535 e Gabrio Casati, patriota e uomo politico del Risorgimento. Infine la Biblioteca con i suoi 30.000 volumi e la Cappella consacrata alla Vergine con la pala del Cerano l’Apparizione dell’Angelo a Maria. L’itinerario continua alla volta di Arsago Seprio con il suo pic-

Intorno agli anni ‘50 del secolo scorso il castello di Somma Lombardo è stato riunito sotto la proprietà del marchese don Alberto Visconti di San Vito ed aperto al pubblico nel 1996 per volontà del figlio Gabrio Visconti

RUBRICHE

Verena Vanetti

L’affresco della Natività nel cortile del Castello

colo “campo dei miracoli”: la Basilica di San Vittore, il Battistero di San Giovanni e la Torre Campanaria costituiscono infatti uno dei più importanti complessi romanici della Lombardia. La Basilica di San Vittore, databile tra il IX ed il XII secolo e costruita su un più antico edificio paleocristiano, ha una facciata a salienti sulla cui sommità si trova la decorazione ad archetti ciechi che circonda l’intero edificio. A pianta rettangolare, l’interno, con copertura a capriate lignee, è a tre navate, scandite da pilastri e colonne romane di recupero, terminando con tre absidi. Nell’abside centrale si trova l’altare settecentesco disegnato da Biagio Bellotti. Il Battistero dedicato a San Giovanni Evangelista si trova davanti alla facciata della chiesa e presenta due ingressi sui lati meridionale e settentrionale. 57


RUBRICHE

Il battistero dedicato a San Giovanni Evangelista ad Arsago Seprio

Risale al XII secolo, ha forma ottagonale ed è sormontato da un tiburio a sedici lati solcati da profondi archi ciechi. Entrando, al centro, il fonte battesimale, circondato al piano terra da una serie di nicchie, mentre nella parte superiore corre il matroneo con l’ampia cupola. La torre campanaria si erge massiccia, costruita con conci di pietra ben lavorati e materiale di recupero di età romana. Ha la particolarità di essere pendente in maniera abbastanza visibile, e conserva le campane in cima al terrazzo dopo che la cella campanaria è stata murata a fine Ottocento. Poco lontano, presso la scuola media statale, si trova il Civico Museo Archeologico dove sono conservate le più significative e monumentali tombe della necropoli longobarda (VII secolo) scoperta ad Arsago negli anni Settanta. La sezione preistorica è dedicata in special modo all’età del Bronzo con gli oggetti della vita quotidiana e le armature dei galli insubri. La sezione romana presenta corredi funebri con oggetti in terracotta, fibbie, fibule, coltelli, pugnali e monete. Di particolare importanza e pregio sono le testimonianze del mondo longobardo e franco: armi, cinture, corredi maschili e femminili. Chi ama la natura e desidera scattare qualche foto al paesaggio che circonda il Parco del Ticino può visitare la Palude Pollini. Nota anche come “Bozza di Rügn” è una zona umida di elevato interesse biologi58

co. Alimentata naturalmente per mezzo di piccoli canali anche sotterranei e da un laghetto, è ricchissima in biodiversità per le essenze erbacee, arboree e gli animali che la popolano, tra cui il raro e protetto pelobate fosco (un piccolo rospo senza coda lungo 4 cm).

Come arrivare Il Castello Visconti di San Vito è in Piazza Scipione Publio Cornelio, 2 – 21019 Somma Lombardo (VA). Telefono 0331/256337; e-mail castellovisconti@libero.it; www.castelloviscontidisanvito.it. Come arrivare: autostrada laghi A8, uscita Sesto Calende-Vergiate in direzione Somma Lombardo. Il complesso romanico di Arsago Seprio si trova nel centro abitato in Via San Vittore – 21010 Arsago Seprio (VA).




▶ ARTE RUBRICHE

Non solo scrittore: ecco il Kerouac artista Al MA*GA, un’eccezionale mostra svela le opere inedite e la vita spericolata dell’autore di “On the Road”, il massimo esponente della Beat Generation Luisa Negri

Jack Kerouac, Senza titolo, N.D., pennarello e inchiostro su carta

K

erouac non fu solamente un poeta e un grande scrittore, l’autore immortale di “On the Road”, amato e tradotto anche in Italia dalla nostra, e sua, amica e traduttrice Fernanda Pivano, nonché l’esponente riconosciuto - dagli altri più che da se stesso - della Beat Generation, cioè l’amico di Allen Ginsberg e William S. Burroughs, di Ferlinghetti e di tanti altri. É stato anche, pochi lo sanno, soprattutto un innamorato dell’arte: che amava disegnare e dipingere. Aveva coltivato sempre, fin da bambino - all’età di nove anni aveva fatto il suo primo autoritratto - il sogno di diventare un grande artista. Sarebbero stati l’arte, il disegno, la pittura, la musica, secondo i suoi desideri, o meglio ancora, i suoi sogni, a farne un uomo felice e, in definitiva, libero dal pensiero - troppo angosciante, per un individuo orgoglioso che in sostanza sapeva fare tutto - di dover provvedere al pane quotidiano con chissà quale noioso lavoro. “Dipingo solo delle belle cose. Uso vernici da pareti e colla, uso il pennello e le punta delle dita. In pochi minuti potrei diventare un pittore di primo piano. Se lo voglio. E quando potrò vendere i miei dipinti potrò comperarmi un pianoforte e comporre musica. Perché la vita è una noia”, scriveva a Mexico City nel 1956. Per Jack Kerouac (1922-1969) - nato a Lowell (Massachusetts) da un emigrato franco-canadese - (vero nome Jean Louis), non andò esattamente come avrebbe desiderato. Ma si guadagnò pur sempre la pagnotta, la fama e l’interesse del mondo attraverso la scrittura. Era stato ugualmente bravo a usare la matita come un pennello, ad agganciare treni di sillabe quasi fossero accorpamenti di note o grumi di colore, a raccontare paesaggi e spazi di vita vissuta, fissandoli in quadri o grandi affreschi. La pittura, che aveva frequentato dalla seconda metà degli anni Cinquanta anche attraverso i maestri della scuola di New York,

l’aveva insomma trasfusa nelle parole, consegnata alle pagine bianche dei suoi scritti, incastonandovi colori e trasparenze, ombre e sprazzi di luce, ritratti umani e immagini di luoghi, inventati o davvero incontrati, nei lunghi viaggi alla ricerca di sé. 61


RUBRICHE

Jack Kerouac, Truman Capote, 1959, olio su tela

Andava a cercare le antiche radici bretoni dei suoi avi - i de Kerouac, progenitori del padre tipografo, ai quali attribuiva una sempre inseguita patente di aristocrazia - ma anche le attuali ragioni del suo essere cittadino di un sogno americano, infinito almeno quanto lo erano le scorribande di viaggiatore assetato di incontri umani. Se anche voi volete fare un incontro con Kerouac, andate al MA*GA di Gallarate. Cercatelo lì, se desiderate avvicinarlo per sentirne la voce che vi accompagnerà dall’inizio fino alla fine della mostra, e spiare - dentro un vecchio film in bianco e nero, Pull my Daisy , sceneggiato e diretto dallo stesso Kerouac - la sua casa: dove radunava gli amici artisti e, tra musica e discussioni sulla poesia, fumi e alcool, sfangava la disordinata giornata di uomo libero. A raccontarlo, senza l’impossibile pretesa di esaurire la vita borderline di un grande - nel bene, e nel male che non schivò - sono un’ottantina di opere pittoriche e disegni, accanto a libri, oggetti personali e indumenti accostati con elegante casualità. E le foto del fotografo Sottsass, compagno della Pivano e, la bella intervista di lei realizzata per la Rai, nel 1966. Ci sono anche le sue scarpe da tennis e i pantaloni corti delle estati roventi, la cintura intrecciata e la borraccia ricoperta di paglia, 62

il berretto color caki e la camicia bianca con motivi tabacco che accompagnarono il cammino “coast to coast” di Jack, la “scrittura” spontanea - come quella di “On the Road” - delle sue orme nella polvere. L’entusiasmo incontenibile e la competenza della Presidente Sandrina Bandera, di Alessandro Castiglioni, del direttore Emma Zanella, di tutto lo staff del MA*GA, nonché l’appoggio dell’Amministrazione di Gallarate, in testa l’assessore alla cultura Isabella Peroni e il sindaco Andrea Castelli, sempre più innamorato del suo museo - realtà tanto cara a tutti i gallaratesi - hanno fatto il miracolo di portare in mostra, con un appuntamento di livello e interesse internazionale, un’ottantina di opere d’arte di Kerouac, in Italia mai viste, che lo raccontano al meglio. Con la sua vita spericolata, le coerenti amicizie, la sua cultura niente affatto abborracciata, ma nutrita da un ottimo percorso scolastico e buone letture, e da una ricerca di verità e di vita spesso disperata, fino alla fine distruttiva. Il tutto corredato da una scrupolosa ricerca scientifica, che porta nuova luce, raccontata in un ampio catalogo (Skira). Vanno viste tutte le sue opere, quelle colorate e dipinte coi polpastrelli delle dita che sembrano persino riportare alla gioia di Ma-


Altri spartiacque. Quelli del fallimento della vita di coppia, la negazione delle paternità attribuitegli dalle compagne (forse il timore, la paura dell’incapacità di affrontare altri possibili dolori?) e la conoscenza, fatale, di amici che lo avrebbero avviato all’uso delle peggiori tra le droghe, segnandone la fine precoce. Insomma tutta la vita di Kerouac è passata da qui, da queste opere, da quei tratti di matita e dalle pennellate che non lo hanno saputo salvare. È proprio nella vita artistica di Kerouac, ha sottolineato Sandrina Bandera, che si legge il segno di “un’inesauribile tristezza”. E questo “pervadente sentimento” ben trapela, a detta della stessa curatrice, da un pensiero di “On the Road”: “Mi resi conto che quelle erano le uniche istantanee che i nostri figli avrebbero guardato un giorno (...) senza nemmeno immaginare l’aspra follia e ribellione della nostra esistenza reale, della nostra notte, l’inferno, l’insensata strada d’incubo ”.

KEROUAC - BEAT PAINTING 3 dicembre 2017 - 22 aprile 2018 Museo MA*GA Gallarate, via E. de Magri 1 Tel. 0331 706011- info@museomaga.it www.museomaga.it martedì venerdì 9.30/12.30-14.30/18.30 sabato e domenica 11.00/19.00

ASSOCIATA

LE INFORMAZIONI SONO IMPORTANTI. DIFENDILE DA ORECCHIE INDISCRETE!

Utilizziamo PI TMÄ QSHIVRI ETTEVIGGLMEXYVI TIV PI FSRMǻGLI HE microspie, telefoniche e telematiche, rinnoviamo costantemente la formazione dei nostri tecnici e ci dotiamo di strumenti idonei a fronteggiare un “nemico” sempre agguerrito ed aggiornatissimo. Operiamo su tutto il territorio nazionale sempre e solo con nostri tecnici WIR^E QEM EǽHEVI E XIV^M M RSWXVM WIVZM^M KEVERXIRHS MP massimo della riservatezza.

Contattaci al numero

331 455 53 75

o visita il nostro sito.

Stopmicrospie.it è un brand della DDS di Dominik Di Spirito

RUBRICHE

tisse, vanno visti i suoi disegni a matita - bellissimi - che ricordano la mano sicura e il pensiero geniale, anche le ossessioni, di Picasso. Né passa inosservato - tra i ritratti di Joan Crawford, Truman Capote, Dody Muller - quello tanto particolare di Montini, allora cardinale. L’autore ne inquadra, in un corpo di secondaria fisicità, due particolari preziosi: gli occhi luminosi e penetranti e il copricapo coloratissimo che pare quasi un bouquet di fiori, prendendo spunto dall’istantanea di una rivista illustrata. Il personaggio lo aveva colpito, e il suo alto destino - nella sensibilità di Jack, così attenta ai destini di ogni incontro - lo scrittore e artista aveva presagito da quello scatto premonitorio, scelto come punto di partenza dell’opera. Il suo mondo, il mondo di Jack, ė raccontato qui per esteso: ci sono anche gli spartiacque della vita privata, quelli della morte del fratello Gerard di febbre reumatica, una tragedia che lui, bambino di appena quattro anni, mai si perdonò - “perché lui e non io”? filtrata dagli umori di un genitore etilista e di una madre, austera e bigotta, da cui mai, nonostante le tante fughe, si separerà. E che, a sua volta, gli rimarrà sempre al fianco. Si vedano al proposito i disegni di bambini malati, vegliati da angeli, dove Jean Louis ha rappresentato la speranza del miracolo che non avvenne. E sul quale, come dimostra una sezione della mostra, Visioni di Jack, con simbologie di angeli e crocifissi, intraprese la sua ricerca, anche grafica e pittorica, tra buddismo e cattolicesimo, tra sacro e beat (termine che lui tradusse come “beato”).


▶ ARTE RUBRICHE

Villa Panza da record La collezione d’arte moderna di Varese, patrimonio del Fai, ha superato quest’anno le 70mila visite. Un successo di pubblico e critica trainato dalla mostra di Robert Wilson e dall’attenzione che ha raccolto la raffinata esposizione “Amori di Isella” mo, ha suscitato l’entusiasmo dei varesini già affezionati alla

Luisa Negri villa e di tutti coloro che tengono all’immagine del museo

L

a mostra “Robert Wilson per Villa Panza.Tales”, curata da Anna Bernardini e da Noah Khoshbin (ne avevamo raccontato da queste pagine lo scorso gennaio) è stata prorogata fino al 4 marzo e dunque sarà possibile, per chi non l’avesse ancora visitata, recarvisi per ammirare le ultime novità della Collezione Guggenheim di Biumo. Va detto che, ancor prima della pausa natalizia, le visite avevano già superato il numero di 70.000 registrando un enorme successo di pubblico, ma anche di critica. A sottolinearne l’eccellenza del risultato é stato di recente non solo il direttore Anna Bernardini, ma anche lo sponsor di Villa Panza, la Jti ( Japan Tobacco International), munifico esempio di imprenditoria votata al bene e al bello, che sulla villa (ma non solo qui) sta investendo da anni, permettendo tra l’altro la realizzazione di percorsi strutturati, destinati a quanti, per varie disabilità, potrebbero incontrare difficoltà nel visitare il percorso museale, ideato dal Fai (Fondo Ambiente Italiano). L’artista, scrittore, attore e regista Bob Wilson, che all’inaugurazione della mostra aveva già aggiunto alla collezione di opere la piccola casa in larice “A House for Giuseppe Panza”, omaggio al padrone, collocata nel parco, ha concesso tempo fa un ulteriore regalo: un’opera site specific, illustrante la favola di Calvino dedicata alla volpe e al lupo. È proprio questa la più recente novità dell’intero percorso della villa. Che si potrà ammirare, accanto ai suggestivi Video Portraits, impersonati da Lady Gaga, ancora qui fino a marzo, già presentati anche al Louvre e ispirati fedelmente a Ingres, Louis David e Andrea Solari. Il recente successo di pubblico per la mostra di Wilson, sottolineato anche da Marco Magnifico, vicedirettore esecutivo Fai, che da sempre tiene particolarmente alla proprietà di Biu-

64

quale punto d’eccellenza artistica, rinomato in campo internazionale. Ma la novità, che ancora più scalda i cuori, è venuta all’atten-

All’interno dell’esposizione “Amori di Isella”, anche questa immagine che ritrae Dante Isella e Renato Guttuso a Velate, fine anni Cinquanta


I giardini di Villa Panza

zione di tutti in occasione della recente, raffinata mostra “Amori di Isella, Arte Letteratura Milano Varese”, realizzata nello spazio delle carrozze della villa: un primo, seppur contenuto, omaggio al filologo varesino Dante Isella, allievo di Contini, a dieci anni dalla morte. Nel corso della presentazione sono state rievocate tante care figure di varesini illustri - quali Chiara, Guttuso, Tavernari - uomini di spicco della cultura, non solo locale, che col notaio Bepi Bortoluzzi, presente all’inaugurazione, avevano veleggiato insieme nell’avventura del Portico e delle grandi mostre di scultura allestite nei giardini di Villa Mirabello, iniziativa che chissà mai un giorno qualcuno abbia voglia di replicare (il nostro è sempre stato, e continua ad essere, un territorio di picasass, e di diffusa e grande scultura). La rassegna, realizzata a tempo di record da Anna Bernardini e da Giovanni Agosti, spronati e sorretti dall’entusiasmo per il personaggio - e che ha fornito l’occasione per osservare opere secentesche del Cerano, di Morazzone, di Guadenzio

L’artista, scrittore, attore e regista Bob Wilson ha concesso un ulteriore regalo: un’opera site specific, illustrante la favola di Calvino dedicata alla volpe e al lupo. È proprio questa la più recente novità dell’intero percorso della villa di Biumo

RUBRICHE

Ferrari, collezionate dallo stesso Isella - ha visto la collaborazione congiunta del Fai e del Comune di Varese. Nel nome dello studioso varesino si è dunque rafforzata quella fondamentale liaison tra Villa Panza e la Città, già avviata in occasione della settimana dedicata in settembre a Nature Urbane: non è un caso che il racconto del Barone rampante, iniziatosi nel felice scenario del parco di Biumo, fosse stato concluso dalla viva voce di Gioele Dix, in una magica serata conclusasi ai Giardini Estensi. Questa volta si è invece riportato in auge un nome, accanto ad altri nomi importanti - e un mondo - del quale non si parlava più da anni. Bello che tale concreto “azzardo” di memoria sia partito da un luogo di arte contemporanea, amatissimo da molti, ma poco frequentato da altri che, a torto, ritengono di non riuscire a condividere un’arte che sembra a volte lontana e difficile da capire, per di più inserita in un circuito collezionistico, quello del Guggenheim, che dall’Italia porta fino in America. Soprattutto si sono aperte nuove intese tra la municipalità, il Fai e il maggior luogo d’eccellenza artistica e culturale del nostro territorio. La strada verso il colle biumense sembra insomma meno erta, e il sogno del conte collezionista, scopritore di talenti americani - portare la sua arte a sempre più visitatori - si sta concretizzando in pieno, a dimostrazione che nei sogni bisogna sempre credere. Varesefocus fin dal 2000, anno della sua nascita - ma anche dell’apertura della villa al pubblico - ne ha seguito passo passo la bella avventura. Ci sia dunque consentito un particolare entusiasmo, dovuto al cammino percorso insieme, oltre che al godimento del senso di pace e armonia che dalle sale s’irradia nel cuore di chi la visita. Ora che anche i varesini se ne sentono partecipi, e possono figurarsi nuovi progetti e nuove intese tra Villa Panza e Palazzo Estense, il pensiero corre a un’importante realtà culturale del nostro territorio, appena fuori porta. Parliamo del MA*GA, luogo dell’anima per chi ama l’arte contemporanea, e altra punta di eccellenza, con una splendida mostra di inediti di Kerouac in corso che guarda, anche qui, all’America. L’America di Kerouac, dello scrittore ma soprattutto dell’artista, quello che Jack avrebbe voluto essere e di cui raccontiamo sempre da queste pagine. Tutto questo a significare che il percorso dell’arte e della cultura può, e deve essere, infinito incontro e abbraccio verso il sogno di qualcuno che per primo l’ha inseguito.

65


RUBRICHE

▶ ARTE

Il profumo della realtà aumentata Le tecnologie digitali stanno rivoluzionando il modo di vivere l’arte e la cultura offrendo nuove e, fino a ieri, inaspettate possibilità. L’esperienza di Smart, il progetto per promuovere i tesori di VareseMusei sostenuto da Nomos Edizioni di Busto Arsizio chicca delle pubblicazioni sul mondo della cucina, ricercate e

Silvia Giovannini inedite. A contraddistinguere il catalogo una ricercatezza este-

D

alla carta al web. È una di quelle espressioni clichè ormai persino datata! - che si usano per descrivere il cambiamento epocale che abbiamo vissuto e stiamo vivendo. La digitalizzazione interessa in maniera decisiva ogni aspetto delle nostre vite e, inevitabilmente, ha rivoluzionato in pieno il settore dell’editoria, con buona pace di quelli che “il profumo della carta è meglio”. Ma fin qui non diciamo nulla di nuovo. Abbandoniamo i luoghi comuni: oggi non si tratta più di affrontare uno scontro anche generazionale tra chi ama perdersi in una libreria, annusando pagine, e digital addicted che leggono solo romanzi su wattpadd. Oggi la sfida, lungimirante, ambiziosa, futuristica per chi si occupa di comunicazione, non è più accettare e adottare nuove forme ma creare nuovi contenuti. Lo racconta in maniera lucida ed esemplare Nomos Edizioni di Busto Arsizio una casa editrice indipendente nata nel 1997, animata dalla passione per i libri e per l’arte in particolare. Una preziosità del territorio con una produzione raffinata e originale: dal ricco catalogo di volumi d’arte e fotografici alla saggistica, dalla collana di poesia scelta, ai libri sull’“arte del vivere” con la

Ai visitatori digitali viene data la possibilità di essere accolti da una guida d’eccezione, un personaggio legato al luogo e alla sua storia, che fornirà informazioni e dettagli sulla propria figura 66

tica che non passa inosservata anche all’occhio meno attento. Ma qual è la novità del momento che riguarda in particolar modo il mondo dell’arte ma non solo? Accanto alla tradizionale produzione che continua nel solco tracciato della ricercatezza, la proposta attuale dell’impresa “aumenta”, ci si passi il gioco di parole. È la realtà aumentata, infatti, la chiave di volta, unita ad una buona dose di passione per il mestiere. “Il nostro progetto è nato circa un anno fa”, spiega Emanuele Tosi, che insieme alla sorella Benedetta è alla guida della casa editrice. “Alla base di Smart, società che nasce dalla nostra collaborazione con Marco Pucci e Rataplan, c’è l’idea di applicare le nuove tecnologie (in particolare Realtà Aumentata e Realtà Virtuale) ai beni culturali, rendendo dunque i nostri contenuti fruibili ad un pubblico sempre più ampio grazie a questi nuovi strumenti. Ma non solo: la versatilità della tecnologia ci permette di spaziare e aprire anche al campo del design e della comunicazione aziendale in generale, mantenendo l’alto livello di contenuti che da sempre caratterizza la nostra produzione”. Un esempio per tutti è il percorso che promuove i tesori di VareseMusei, la rete cittadina che, grazie ad un bando della Regione per la valorizzazione dei sistemi museali locali è stata la prima realtà del genere in Italia a dotarsi di contenuti di realtà aumentata per promuovere collezioni e territorio. Un progetto pilota, sostenuto da Nomos, concepito per essere gradualmente implementato e costituito da speciali contenuti che consentiranno a tutti i visitatori di guardare con occhi diversi al patrimonio storico-artistico della città. Il Museo del Castello di Masnago, i Musei Civici di Villa Mirabello, il Museo Baroffio e del Santuario del Sacro Monte, la Casa Museo Pogliaghi, il Museo Castiglioni e il Centro Espositivo Monsignor Macchi offriranno, ai loro visitatori, la possibilità di essere accolti da una guida d’eccezione, un personaggio legato al luogo e alla sua storia, che


fornirà informazioni e dettagli sulla propria figura, su quanto si potrà ammirare all’interno del museo e suggerirà possibili itinerari di scoperta. Un modo nuovo e suggestivo dunque di insegnare l’arte e la cultura, forse difficile in questo particolare momento storico. “Dobbiamo creare un percorso fruibile e piacevole”, chiarisce Tosi. “Il nostro prodotto vuole essere affascinante, per fruitori di ogni genere ed età, e non invasivo, nel rispetto anche dei luoghi museali in cui si andrà ad inserire, integrando i percorsi di visita che già ci sono”. Ma come si sposa questo progetto con il percorso tradizionale della casa editrice? “Il dato di fatto è che l’editoria si evolve. Il nostro core è produrre contenuti: per noi è ‘indifferente’ il linguaggio. Per questo stiamo incrociando strade, certi che tutto si fonda: la stampa di vario tipo, il digitale, la realtà aumentata. Non abbandoniamo il settore tradizionale, ma anzi continuiamo con una produzione che ci distingue dagli altri, anche se questo ovviamente comporta delle scelte e dei rischi. Dall’altra parte la tecnologia smart apre grandi scenari, con una velocità evidente. In questo contesto diventa essenziale avere i contenuti e averne di qualità: qui ci posizioniamo noi, questo è il nostro campo. Le potenzialità di questa tecnologia sono infinite. Un esempio recente è il restauro della Villa Borromeo di Arcore. Grazie alla realtà aumentata i visitatori possono vivere le fasi del restauro realizzato da Italiana Costruzioni, interagendo con la

RUBRICHE

Ecco un esempio pratico di realtà aumentata: da Play Store o Apple Store scaricate la app TECASMART e puntate questa immagine. Sullo smartphone si aprirà una una teca di tipo museale con una scultura e un effetto di luce, il tutto in 3D.

Emanuele Tosi: “L’obiettivo è raccontare le nostre competenze nel campo dell’arte e della cultura con un prodotto nuovo: noi abbiamo il contenuto ma dobbiamo renderlo fruibile grazie alla tecnologia” responsabile dei restauri. Un altro esempio affascinante è quello del progetto sul Quarto Stato (ricorderete il nostro volume dedicato): l’opera, conservata al Museo del Novecento a Milano, potrà essere scoperta anche grazie alla realtà aumentata, accessibile direttamente dal proprio smartphone o tablet”. Un lavoro che promette sorprese: i lettori ci perdoneranno per lo spoiler, se anticipiamo che il celeberrimo Uomo col cappello, al centro del dipinto, uscirà virtualmente dal quadro, dando la possibilità ai visitatori di fare un selfie con il protagonista! Del resto, conclude Tosi, “far vedere quello che non c’è e oltre quello che c’è: questo è plus della realtà aumentata”.

www.smart-ac.it 67


M O S T R E

E

A P P U N T A M E N T I

RUBRICHE

IL FASCINO DISCRETO DI UNA PROVINCIA CHIAMATA DI VARESE “Forme e colori che parlano, si lasciano osservare e stimolano emozioni e pensieri….” L’intento è quello di valorizzare i luoghi storici e naturalistici della Provincia di Varese, con il fine di far aumentare la consapevolezza verso la valorizzazione turistico e culturale del territorio facendo rivivere la memoria del proprio passato, che può rappresentare anche una chiave di arricchimento per il nostro futuro. Ciascun artista coinvolto, attraverso la propria capacità espressiva, ha voluto rappresentare e così far conoscere aspetti, scorci incantevoli ed interessanti dei vari comuni conosciuti e meno conosciuti, proponendo installazioni scultoree, proposte per murales, affreschi, bassorilievi e rotonde stradali.

QUANDO: Fino al 4 febbraio DOVE: Villa Pomini Via Don Luigi Testori, 14 - Castellanza (VA) Orari: venerdì, sabato, domenica 15-19. Domenica 10-12.30. Informazioni: cultura@comune.castellanza.va.it - tel. 0331-526263 segreteria@comitato-culturale-ccr.eu - tel. 0332-789764 circolodegliartisti@gmail.com

WELCOME TO THE FINAL SHOW Nascere in una terra contaminata può portare alla resa o all’impegno: Jernej Forbici ha scelto la seconda via. Nato nel 1980 in Slovenia, vicino a Kidričevo, una cittadina industriale in cui si produce alluminio e oggi circondata dalle discariche di rifiuti tossici, Forbici ha deciso di usare la pittura come forma di denuncia, narrando su tela la lotta di resistenza che la natura compie per rigenerarsi ed esser vitale.

QUANDO: Fino al 17 febbraio DOVE: PUNTO SULL’ARTE Viale Sant’Antonio 59/61 - Varese Orari: martedì - sabato 10-13 e 15-19 Informazioni: 0332 320990 info@puntosullarte.it

68


M O S T R E

E

A P P U N T A M E N T I a cura di Maria Postiglione RUBRICHE

SAN VALENTINO CON IL Monastero di Torba Il giorno di San Valentino, il Monastero di Torba apre eccezionalmente le porte per un romantico appuntamento dedicato a tutti gli innamorati. Con l’occasione si potrà scoprire il bene in una luce inedita, con percorso in notturna a lume di candela. Le coppie saranno accolte a partire dalle 19.00 per un brindisi di benvenuto nel portico e un suggestivo percorso tra gli ambienti del complesso monastico; a seguire, visita guidata serale. Alle 20.30 sarà servita la cena presso il ristorante interno “La Cucina del Sole”. Ingresso, brindisi e visita guidata: Iscritti FAI e residenti Gornate Olona: € 4,00; Intero: € 10,00. Ingresso, brindisi, visita guidata e cena: Iscritti FAI e residenti Gornate Olona: € 40,00; Intero: € 45,00. Su prenotazione, fino ad esaurimento posti Informazioni: faitorba@fondoambiente.it - 328 8377206 - www.fondoambiente.it

Villa Della Porta Bozzolo In occasione di San Valentino, Villa Della Porta Bozzolo apre le porte a tutte le coppie di innamorati per una serata romantica e raffinata. Alle ore 19.00 una speciale visita guidata tra le sale settecentesche della nobile dimora e alle 20.30 un’elegante cena presso il ristorante interno “La Cucina di Casa”. Ingresso e visita guidata: Iscritti FAI e residenti Casalzuigno: € 5,00; Intero: € 12,00. Ingresso, visita guidata e cena: Iscritti FAI e residenti Casalzuigno: € 55,00 Intero: € 62,00. Informazioni: faibozzolo@fondoambiente.it - www.fondoambiente.it

I PROSSIMI CONCERTI Ecco le date di alcuni appuntamenti musicali che faranno tappa in provincia di Varese in questi primi mesi del 2018. Si parte con il concerto del cantante calabrese Brunori Sas: l’appuntamento è per il primo marzo 2018 al Teatro di Varese con il suo tour “Canzoni e monologhi sull’incertezza”. Il 23 febbraio, alle 21, al PalaYamamay di Busto Arsizio, un altro appuntamento molto atteso con Caparezza e sempre a Busto Arsizio il 17 marzo, al teatro Sociale c’è Antonella Ruggiero in concerto. La sua intensa voce porterà in scena vecchi e nuovi brani. In concomitanza, il 17 marzo, il pianista Giovanni Allevi farà tappa a Varese al teatro di Piazza Repubblica per una sua esibizione al pianoforte.

69


M O S T R E

E

A P P U N T A M E N T I

RUBRICHE

PAINTINGS, DRAWINGS, SCULPTURES AND MUCH... MOORE La selezionata e prestigiosa antologica, con lavori inediti provenienti da collezioni private, presenta al pubblico l’opera e i giorni di un grande protagonista delle arti dell’epoca contemporanea: Sir John Drake-Moore. Tra dipinti, bozzetti, sculture, realizzazioni di puro design e disegni per scenografie teatrali, si squaderna allo spettatore il percorso creativo ed inventivo dell’artista.

QUANDO: Fino al 4 febbraio DOVE: Civico Museo Parisi Valle Via L. Giampaolo 1 - Maccagno con Pino e Veddasca (VA) Orari: venerdì dalle 14.30 alle 18.30. Sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 14.30 alle 18.30. Informazioni: ufficio.stampa@museoparisivalle.it

MUTAZIONI Manifesti strappati, vecchi poster pubblicitari, slogan scoloriti… Una serie di scatti urbani ‘rubati’ in giro per il mondo dal varesino Maurizio Fantoni Minnella, regista e scrittore, poeta/profeta della visione, un cacciatore di fantasmi, che espone il suo ricco carniere di immagini nella nota Sala Veratti, nel centro storico diVares

QUANDO: Fino all’11 febbraio DOVE: Sala Veratti Via Carlo Giuseppe Veratti, 20 - Varese Orari: da venerdì a domenica, dalle 10 alle 12.30; alle 14.30 alle 18. Informazioni: www.fantoniminnelladoc.org

BENVENUTI A TEATRO! Primi appuntamenti della stagione teatrale 2018 del Comune di Besozzo che si svolgerà nel Teatro Duse. 3 FEBBRAIO 2018: 2 DESTINI Intrecci teatrali di Roberto Anglisani, Andrea Gosetti - Regia Roberto Anglisani - con Massimo Testa e Andrea Gosetti 17 FEBBRAIO 2018: LO ZOO DI VETRO Compagnia Fiori blu elettrico di Tennessee Williams - regia Nicola Tosi - con Celeste Casarotto,Eugenia Marcolli, Michael Ponta, Nicola Tosi

10 MARZO 2018: Al mond de la’ gh’e’ nagott de porta’ Amici del Teatro di Leggiuno - Spettacolo dialettale, regia Marco Rodari - con Guido Brunella,Tiziana Gianella, Manuela Cappello, Alessandro Grilli, Maria Grazia Conte, Paolo Rossoni, Tiziana Contini, Francangelo Gianella, Rita Contini, Maurizio Amodei, Giangi Parmigiani 24 MARZO 2018: FRIDA K Tratta dagli scritti di Frida Kahlo Regia: Serena Nardi Con: Sarah Collu e Serena Nardi Ingresso: 12 Euro Informazioni: https://teatrodusedibesozzo.com

70


▶ SPORT RUBRICHE

Il pattinaggio su ghiaccio a Varese Tre società, tante opportunità e molte campionesse. La realtà dello sport con le “lame ai piedi” sul territorio è in pieno fermento e punta in alto. Ma l’aspetto agonistico non è tutto. I consigli ai genitori di allenatori e istruttori Andrea Della Bella vogliamo arrivare in alto, ma senza esasperare l’aspetto agonisti-

U

na pista, un palazzetto e tante società. Il ghiaccio a Varese è tutt’altro che desolato e freddo, vista la passione e le diverse realtà con le “lame ai piedi”. Sono ben tre le società varesine di pattinaggio su ghiaccio e per coloro che vogliono provare a praticare questo sport non resta che andare al palaghiaccio di via Albani, conoscere queste realtà e poi scegliere con quale iniziare. C’è la Pattinatori Ghiaccio Varese fondata nel 1982; la Icesport Varese, nata nel 1990 e specializzata nel pattinaggio di figura e la Varese ghiaccio, nata nel 2002 e che ha chiuso la stagione 2016 – 2017 centrando due ottimi risultati con Ginevra Negrello, campionessa italiana Elite nella categoria Principianti e Francesca Poletti, vicecampionessa italiana, sempre nell’Elite, ma nella categoria Novice. Il poker delle giovani pattinatrici sulle quali la Varese ghiaccio punta molto è poi completato da Chiara Balen e da Greta Viskare. “Siamo molto contenti dei risultati ottenuti, anche perché è gratificante vedere che le nostre atlete possono competere con pattinatrici di società più importanti come quelle alto atesine, o di società di Milano o Torino. Uno stimolo per loro, ma anche un’ottima occasione per crescere – spiega la presidente della società Maria Donati –. La nostra mission però non cambia. I successi, infatti, sono importanti, danno prestigio e soddisfazioni, ma ciò che conta è il percorso che seguiamo insieme alle nostre pattinatrici. Noi partiamo sempre dal fatto che il pattinaggio è una cosa seria, ma deve essere anche piacevole, divertente e soprattutto vogliamo che le nostre atlete, accanto all’attività sportiva, continuino a vivere la propria vita anche fuori dal palazzetto. Insomma

co”. E per comprendere come la Varese ghiaccio riesce a tradurre in pratica questi concetti basta osservare la composizione dello staff, composto da: un responsabile tecnico, Alessandra Buzzi; un coreografo, Giancarlo Semplicini; un preparatore atletico, Matteo

Francesca Poletti e Ginevra Negrello

71


RUBRICHE

L’“iceberg” di Oggiona con S. Stefano

Ginevra Negrello in azione

Ghiringhelli e una insegnante di danza, Sara Sereno. Oltre a un gruppo di allenatori e istruttori che seguono sia la parte agonistica, sia quella dedicata all’avviamento di questo sport affascinante, elegante, ma assai articolato. “Il pattinaggio è uno sport che richiede la padronanza di molte discipline - spiega Mirko Antolini, vice responsabile tecnico della Varese ghiaccio -. Occorrono rapidità, agilità e reattività. Poi bisogna lavorare molto sulla danza e sulla musica, ma anche curare la parte atletica e la coreografia. Quando si pattina a livello agonistico ci si allena tre ore al giorno e ogni seduta prevede una parte in pista, una in sala dove si lavora sulla danza, oltre all’aspetto atletico e coreografico”. Certo non tutto arriva subito, anche se la cosa importante è iniziare presto. Molto presto: “L’età giusta per provare questa disciplina è tra i 3 e i 4 anni – continua Antolini –. All’inizio l’allenamento è settimanale e le lezioni puntano molto sull’aspetto ludico. Al ghiaccio ci si deve abituare gradualmente e per aumentare la familiarità con questo ambiente il gioco diventa il mezzo migliore. Poi è la passione che fa scattare la molla e solo a quel punto iniziamo a introdurre in maniera più organica l’aspetto tecnico”.

72

La Ice emotion di Oggiona Santo Stefano è un po’ come un iceberg, che sei anni fa si è staccato dalla “banchisa” madre, per dare vita a una nuova avventura sportiva sempre sul ghiaccio, sempre sulle lame “e – come spiega Federico Finazzi, allenatore e fondatore di questa società – per dare il nostro contributo a diffondere la cultura del pattinaggio, uno sport bellissimo”, che vanta anche nella nostra provincia più praticanti di quanto si possa immaginare, ma che in genere conquista visibilità solo nelle grandi occasioni sportive. “Varese era ormai diventata una realtà satura – dice Finazzi – e con un gruppo di genitori e appassionati di questo sport abbiamo deciso di tentare questa scommessa”. E anche la scelta di Oggiona con Santo Stefano non è casuale: a quel tempo, infatti, si guardava con trepidazione alla nascita di un palaghiaccio a Busto Arsizio. Sogno per ora rimasto congelato, ma che ha dato di fatto una vision più allargata: “Abbiamo scelto un luogo in posizione baricentrica così da poter essere punto di riferimento comodo da raggiungere anche per chi abita nella parte più a sud della provincia”. Ma senza ghiaccio non si pattina. E allora, visto che di piste a disposizione non ce n’erano, la Ice emotion se l’è costruita da sé. O meglio, ha trovato una società privata pronta a investire sul progetto e realizzare la struttura: “Un campo di allenamento che non ha le dimensioni regolari richieste – racconta Finazzi – ma dove pratichiamo attività agonistica”. Con ottimi risultati, poiché la Ice emotion, in pochissimi anni di attività, può annoverare di aver allenato due pattinatrici della nazionale lituana che hanno partecipato a due tappe di Coppa del Mondo Junior e di aver vinto un campionato giovanile federale nella disciplina “Danza”. Sono circa 250 gli iscritti a questa società, dove si pratica anche il pattinaggio artistico e si fa attività amatoriale e federale e sono una trentina le atlete che gareggiano negli appuntamenti federali. “Ora che abbiamo dimostrato che si può pattinare anche a Oggiona – conclude Finazzi, che ha alle spalle una carriera di pattinatore e che alla fine degli anni Novanta è stato nel giro delle nazionali giovanili – il nostro obiettivo è quello di far crescere e consolidare l’organizzazione societaria”. (ADB)


La cultura

al tuo servizio Valorizzare eccellenze e professionalità per renderle maggiormente fruibili.

B

uona cucina, prodotti del territorio e stagionalità sono gli ingredienti che si trovano nei servizi della FERRANTE Catering&Banqueting e che MP XMXSPEVI )SREXIPPS WM MQTSRI HM SǺVMVI HE SPXVI YR HIGIRRMS Viviamo in un Paese ricchissimo di eccellenze e di professionalità che vanno valorizzate in modo da renderle fruibili da un pubblico sempre più ZEWXS ZSKPMEQS HMǺSRHIVI PE ricchezza della nostra cultura enogastronomica attraverso passione e impegno costanti. L’enogastronomia è un fenomeno culturale e sociale: riteniamo, pertanto, fondamentale alimentare la cultura in cucina non solo nella ricerca di prodotti, ma anche nello studio delle migliori tecniche di lavorazione e TVIWIRXE^MSRI XYXXS GM½ EǽRGL² SKRM TMEXXS TSWWE IWWIVI TMIREQIRXI godibile. Questi sono i motivi per cui la FERRANTE Catering&Banqueting WM HMǺIrenzia in un mercato fortemente competitivo e dinamico e da anni è scelta per eventi aziendali e privati, degustazioni, manifestazioni e ogni qualvolta si voglia organizzare un momento di incontro.

Conoscenza, disponibilità, passione e amore per il nostro lavoro sono, per noi, i migliori biglietti da visita. Fornitore accreditato circuito SINTEL

ȇȈȄ ȈȄȄ ȆȆ ȊȆ ȄȇȇȆ ȉȆȇȇȍȄ INFO@FERRANTECATERING.COM FERRANTECATERING FERRANTEBANQUETING

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA


▶ MOTORI RUBRICHE

Il mercato attende la nuova BMW X2 Interni di elevata qualità e numerose tecnologie innovative per la nuova BMW X2, l’ultima arrivata della famiglia X, nei concessionari a partire da marzo 2018

C

on la sua marcata vocazione sportiva, la nuova nata della casa automobilistica di Monaco, offre dinamismo e prestazioni mai viste in questa categoria. Con l’atletica linea di spalla e il tettuccio delicatamente spiovente, il look dinamico della BMW X2 esprime un carattere in stile coupé, particolarmente esaltato dalla versione in Galvanic Gold metallic. Costruita sulla piattaforma UKL, la stessa della nuova Mini Countryman e soprattutto della BMW X1, la X2 è lunga 436 cm, larga 182 e alta 152. Le proporzioni da suvcoupé sono salve, insomma così come salva è la praticità: dietro il portellone si nasconde infatti un bagagliaio che va da 470 a 1335 litri di capienza massima. La vettura ideale per chi vuole partire alla ricerca di luoghi inesplorati. Grazie agli innovativi servizi BMW Connected+ dell’app

74

BMW Connected nella BMW X2, la connessione tra smartphone e vettura risulta sempre ottimale. Potete pianificare percorsi e appuntamenti e inviarli direttamente al sistema di navigazione, condividere la vostra posizione in tempo reale con altri utenti o visualizzare sullo smartphone il tragitto a piedi per arrivare a destinazione una volta parcheggiata la vettura. Motori potenti. Sterzo diretto. Assetto sportivo M disponibile come optional. In fase di lancio la BMW X2 sarà proposta in tre motorizzazioni: sDrive 201i da 192 cv, xDrive 20d da 190 cv e xDrive 25d da 231 cv. Per i diesel è previsto il cambio Steptronic a 8 rapporti di serie, il benzina farà invece coppia con il doppia frizione Steptronic a 7 marce. Per prenotarla e vederla in anteprima è possibile visitare la concessionaria Nuova Trebicar di Viale Aguggiari 138 a Varese.


il

buon

gioco vicino a te

18 +


L’impresa di raccontare

UN NUOVO MODO DI COMUNICARE.

www.univa.va.it www.varesefocus.it varesefocus

Qualsiasi sia il tuo strumento UNIVA e Varesefocus sono sempre con te. Nuovi contenuti, nuova forma, nuovi mezzi di comunicazione. Varesefocus da oggi è molto più multimediale, con la presenza di articoli, fotografie e video per dare vita a un’informazione diversa. Vogliamo raccontare storie di imprese, fenomeni dell’economia e del territorio che ci circonda. Anche il sito dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese è più ricco, pronto per accompagnare le imprese verso i nuovi scenari dell’industria 4.0.

generazionedindustria

@univa_stampa


“L’obiettivo di un nuovo anno non è avere un nuovo anno. È che dovremmo avere una nuova anima e un nuovo naso; piedi nuovi, una nuova spina dorsale, nuove orecchie e occhi nuovi” (G.K. Chesterton)

¬ MARZO Luigi Stucchi PER LA VITA, SEMPRE Marna, 2017 “Se non si è decisi a difendere comunque la vita, che cosa si è disposti a difendere?” Un interrogativo alto. A ciascuno la risposta del proprio cuore, ogni giorno. A quanti stimano il Vescovo lombardo farà piacere questa selezione dei suoi scritti tra il ‘73 e l’86 quando fu direttore de“Il Resegone”. L’allora “don” Luigi aveva raggiunto

IN LIBRERIA

Come un’agenda nuova

dalla grintosa Amelia Giusti, pm del Tribunale di Varese, iniziano le indagini con l’aiuto di Guido Lanfranchi, giornalaio filosofo e padrone di Laviolette. E le cose si complicano ulteriormente...

Un consiglio di lettura al mese per augurare ai nostri lettori un buon 2018! Silvia Giovannini

¬ GENNAIO VITTORE FRATTINI Nomos, 2017 Cominciamo l’anno con l’arte meravigliosa e unica di Frattini raccolta in un volume prezioso presentato in occasione dell’80esimo compleanno dell’artista. Nulla dies sine linea: che il monito di Philippe Daverio, preso in

prestito da Plinio il Vecchio sia anche il vostro. Nessun giorno passi senza esercitare il vostro talento.

¬ FEBBRAIO Angela Borghi CHE DOMENICA BESTIALE Robin Ed., 2017 Voglia di un buon romanzo per scaldare una fredda domenica d’inverno? Eccolo. È’ una mattina come le altre per il Commissario Laviolette, un labrador nero come la notte. La sua routine è interrotta dal ritrovamento del cadavere mutilato di una giovane. Da quel momento nel paese vicino al Lago Maggiore gli avvenimenti incalzano. I carabinieri, guidati

come giornalista una singolare notorietà, per la vivacità della sua penna e la combattività del pensiero, specie su temi quali la difesa della vita, la testimonianza cristiana in politica, la promozione dei valori religiosi a livello sociale. Uno stile che ha mantenuto anche da Vescovo e che sottolinea l’attualità delle sue riflessioni.

¬ APRILE Fausto Bonoldi CARTOLINE DA VARESE Pietro Macchione Ed., 2017 C’era una volta... è l’inizio di tutte le 77


IN LIBRERIA

L’autore lascia il segno con un nuovo libretto di racconti, reso ancora più accattivante da copertina e disegni di Franco Matticchio e con l’introduzione di Claudio Calzana. Mondi di ieri e di oggi, intermezzi gatteschi e divagazioni musicali, noir e sorrisi: per il lettore un viaggio guidato dalla superba penna del “nostro” Chiodetti.

¬ GIUGNO

favole e la favola in questione è quella di Varese. Come in tutte le storie c’è, oltre alla luce, il lato oscuro e la complessità della vita: tanti stimoli visivi e un po’ di nostalgia che corre dalla carta a frequentatissimi gruppi a tema su facebook. Molti spunti di riflessione, oltre la semplice – e sanissima – curiosità. Una preziosa antologia della memoria. Cartoline per la primavera e non soltanto.

¬ MAGGIO Mario Chiodetti IL DISCO DELLA FOUGEZ E ALTRE PICCOLE STORIE Menta e Rosmarino, 2017

Paolo Jorio e Rossella Vodret IL MISTERO DELL’ANGELO PERDUTO Skira, 2017 Berlino, Olimpiadi 1936: Olia, Vika e Helmut, due donne e un uomo con storie e destini differenti, si incontrano sullo sfondo della drammatica ascesa del nazismo. Studiosi e amanti dell’arte, verranno coinvolti dalla loro passione per Caravaggio e per il suo capolavoro San Matteo e l’angelo in un intrigo che si dipana tra Italia, Francia, Germania e Urss. In questo intreccio denso di avvenimenti, ad emergere sono le umane scelte che fanno la storia. Il quadro risulta distrutto nell’incendio berlinese del 1945: sarà vero? LUGLIO

Sergio Scipioni L’AGENDA IN PELLE Ed. dEste, 2017 In un’afosa domenica di luglio del 1980, il caldo appiccica la divisa addosso e in caserma sono di turno il maresciallo Speroni e il finanziere Careddu, detto Nòcciolo. Una visita inaspettata interrompe la monotonia. Una donna bellissima consegna a Speroni un’agenda in pelle dove il marito, affermato chirurgo estetico, annota i 78

pagamenti che riscuote in nero. Inizia così l’indagine della Guardia di Finanza per dipanare l’intricato groviglio che si cela fra le righe di quei clandestini appunti. Dietro quel “nero” c’è ancor più nero. Solo 26 anni dopo, in una altrettanto torrida estate, anche le radici più profonde della vicenda saranno quasi completamente portate alla luce. Quasi.

¬ AGOSTO Giorgio Pajetta GUIDO PAJETTA VIAGGIO AL TERMINE DELLA PITTURA Scalpendi, 2017 Guido Pajetta (1898 - 1987) attraversa con la sua pittura quasi interamente il Novecento, interpretandone l’ansia di rinnovamento e le contraddizioni: conosce i movimenti e gli artisti del secolo, senza legarsi a nessuno. Diventa un caso isolato e difficile da interpretare, ferma restando l’altissima qualità della sua arte, riconosciuta dai critici più importanti. Ora è la volta del


¬ SETTEMBRE Federico Morlacchi, Davide Di Giuseppe NATO PER L’ACQUA

1976). Un illustre diplomatico vaticano cittadino. Un lavoro che ha l’obiettivo di tramandare il ricordo di un gallaratese speciale per chi non ha avuto la possibilità di conoscerlo. Una nuova pagina nel percorso di impegno di questa collana nel valorizzare il passato per una rilettura più profonda del presente.

¬ NOVEMBRE Barbara Boggio PER TENTATIVI ED ERRORI 2017 Una “mother” e i suoi figli, la scuola, la spesa, le vacanze e il cinema, un diario, un racconto in divenire. Uno sguardo profondo, insieme affettuoso e ironico, sulla normalità del Lastaria Edizioni, 2017 Rio 2016: con un oro e tre argenti olimpici, Federico Morlacchi raggiunge la vetta del nuoto paralimpico mondiale. Dopo aver conquistato i Mondiali di Montreal e fatto incetta di ori agli Europei di Eindhoven e a quelli di Funchal. A soli 23 anni, si può considerare a pieno titolo uno dei più grandi nuotatori italiani. La sua, tuttavia, non è solo una storia di gloria: il libro narra la vicenda di un bambino che non si lascia abbattere e affronta con coraggio la sfida più grande, quella di diventare un uomo. La bella ed educativa storia di un varesino d’oro.

raccontano una normalità condivisa e un’attenzione ai dettagli delle interazioni umane. Un libro che nasce da un blog: la condivisione della normalità ha restituito un inimmaginabile flusso di domande, richieste di consigli, gratitudine per aver raccontato una realtà di molti.

¬ DICEMBRE Giacobbe Scurto IL MIO PRIMO GIORNO Eternity Books, 2017 “Ognuno ha un suo primo giorno. Quel momento in cui sei alle prese con la vita, senza che nessuno ti abbia consegnato un manuale di istruzioni. Quando tutto è una scoperta, e nulla ti lascia indifferente”, così scrive l’autore. Un romanzo tratto da una storia vera. Un uomo e una donna, e poi lui, Nathan: la coppia sta per avere un bambino, ma non sempre quei 9 mesi sono come te li aspetti. Le circostanze mettono in subbuglio e il protagonista lo racconta dando voce ai suoi pensieri e alle sue emozioni. Quelle di un padre che affronta a nuoto un oceano con onde troppo grandi; quelle di chi solo nuotando, affondando e riemergendo, si rende conto che alla fine solo tre cose rimangono: fiducia, speranza e amore.

IN LIBRERIA

figlio Giorgio (Milano 1942), che in questa intervista immaginaria, in cui le immagini della pittura si mescolano a quelle della vita, offre un grande e nitido affresco di un’epoca e di un uomo straordinario.

¬ OTTOBRE Lorenzo Filippo Guenzani IL CARDINALE EFREM FORNI Colana Galerate, 2017 Il Cardinale Efrem Forni (1889 –

quotidiano, sul mondo. Una riflessione pedagogica, tra le fatiche e le gioie della genitorialità. Brevi storie da leggere tutte insieme o una alla volta, che 79


RUBRICHE

▶ DAL WEB

Inizio d’anno con l’influencer Le ultime notizie dal web e dai social network sulle #ImpresediVarese

solo su

varesefocus.it #TechMission2018

50 imprenditori alla scoperta dell’America (tecnologica). L’Unione degli Industriali della Provincia di Varese in collaborazione con i Giovani Imprenditori di Confindustria Lombardia, ha organizzato la quinta missione (in poco più di tre anni) del sistema imprenditoriale varesino e lombardo negli Stati Uniti. Tra le mete, tappa al CES - Consumer Electronics Show 2018 di Las Vegas e agli headquarter di Amazon e Microsoft. Un tour che Varesefocus ha raccontato andando alla scoperta dell’ecosistema imprenditoriale della Weast Coast americana.

Sanofi investe nel Maalox 4.0

Più di 100 dipendenti e collaboratori; 7,1 milioni di euro di investimenti nel corso dell’anno; 33,7 milioni di confezioni di prodotto finito: sono questi i numeri a Origgio della multinazionale francese del farmaco Sanofi. Una presenza destinata ad aumentare. A sostenere l’ulteriore crescita sarà una nuova linea di confezionamento ad alta automazione per le nuove bottiglie di Maalox® sospensione orale realizzata con un investimento pari a 2 milioni di euro. L’inaugurazione del nuovo impianto è avvenuta a metà dicembre 2017.

solo su

univa.va.it Industria varesina: podio in 7 nicchie

Terza provincia in Italia per numero di addetti nel settore gomma e materie plastiche, quarta nel chimico e farmaceutico (terza solo nel chimico), ottava nel tessile, abbigliamento e moda (quarta solo nel tessile) e ottava anche nel metalmeccanico. Queste alcune delle classifiche nelle quali l’industria varesina riesce a primeggiare a livello nazionale. A fare il punto della situazione è un’elaborazione dell’Ufficio Studi dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese sugli ultimi dati Istat-Asia 2015 disponibili riguardo le unità locali e le forze lavoro in Italia. 80

dai social


SALUTE DELLE CAROTIDI

La malattia aterosclerotica carotidea

e le sue possibili conseguenze rappresentano uno dei principali problemi sanitari nelle nazioni più sviluppate. Abbiamo chiesto al Dr. Alfredo Goddi, Direttore Sanitario del Centro Medico SME - Diagnostica per Immagini, di illustrare le modalità di diagnosi avanzata per lo studio delle carotidi. Dr. Goddi quali sono le principali cause dell’arteriosclerosi? Obesità, ipertensione, ipercolesterole-

Il Centro Medico SME - Diagnostica per Immagini di Varese è una struttura sanitaria di eccellenza che opera in campo diagnostico da oltre 30 anni, utilizzando tecnologie d’avanguardia.

mia, diabete, fumo e predisposizione genetica sono i principali fattori di rischio. Va anche considerata la turbolenza del flusso, dovuta alla geometria della biforcazione carotidea, quale causa della formazione di placche.

Che problemi comporta l’arteriosclerosi e che prospettive di cura esistono? L’arteriosclerosi riduce il lume vasale e il passaggio del sangue; alcune placche si possono rompere generando emboli: entrambe le situazioni sono a rischio di ictus. Un’accurata diagnosi precoce può far cambiare stile di vita o assumere farmaci per limitare lo sviluppo dell’ateromasia. Eventuali stenosi critiche sono trattate chirurgicamente.

Che ruolo ha la Diagnostica per Immagini?

Qual’è l’esame diagnostico di primo livello? L’eco-color Doppler basato su ultrasuoni, pertanto innocuo: misura lo spessore degli strati parietali per valutare l’accumulo di colesterolo, espressione di rischio-cardiovascolare; rileva le placche quantificando il grado di stenosi; visualizza il flusso intravasale e ne misura la velocità. Le apparecchiature più sofisticate calcolano anche l’elasticità delle carotidi determinando il rischio cardio-vascolare.

E’ essenziale per lo studio delle carotidi;

Che ruolo ha il Vector Flow?

dispone di varie modalità di imaging:

Il Vector Flow è una tecnica a ultrasuoni innovativa per l’analisi del flusso: calcola i veri vettori di velocità e realizza una mappa emodinamica vettoriale che con-

Eco-color Doppler, Vector Flow, Angio-TC e Angio-RM, da utilizzare in base alle necessità.

CENTRO MEDICO SME Diagnostica per Immagini

sente la stima multidirezionale dei flussi turbolenti; permette la misura dello stress tangenziale sulle pareti vasali nelle aree di flusso anomalo. Le sue peculiarità identificano i soggetti a maggior rischio di ateromasia, aprendo nuove prospettive nella diagnosi precoce.

Quando si ricorre ad Angio-TC e Angio-RM? Angio-TC e Angio-RM sono riservate ai casi di stenosi carotidea emodinamicamente significativa rilevati con eco-color Doppler. Generano una rappresentazione 3D delle carotidi e quantificano obiettivamente il grado di stenosi per un eventuale trattamento; esaminano inoltre i vasi intracranici, non adeguatamente studiabili con le metodiche a ultrasuoni.

Via L. Pirandello, 31 - Varese Tel. 0332 224758 www.sme-diagnosticaperimmagini.it


Concessionaria per Varese e Provincia. Seguici su:


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.