VARESEFOCUS 2/2024 - marzo

Page 1

’economia

LE VERE DOMANDE da porsi

Roberto Grassi

Presidente Confindustria Varese

Dopo gli ultimi due numeri dedicati a temi di una nuova modernità d’impresa, torniamo al tradizionale. All’economia pura fatta di dati e trend. Così, dopo l’uscita di dicembre 2023 in cui abbiamo approfondito il rapporto tra arte e impresa e quella di febbraio caratterizzata dall’inchiesta sull’inclusività, in questa nuova edizione di Varesefocus facciamo il punto su quale sia lo scenario globale in cui si stanno muovendo le nostre imprese.

Livelli produttivi, andamento degli ordini, propensione agli investimenti, variazioni nei flussi di export, stock del credito, media degli stipendi. Con il fondamentale contributo delle analisi del Centro Studi di Confindustria Varese abbiamo voluto scattare una fotografia minuziosa di tutti quegli aspetti attraverso i quali misurare, non tanto lo stato di salute del sistema produttivo locale, ma piuttosto la sua capacità di posizionarsi nella complessità di un mondo in forte trasformazione.

micro delle singole aziende di vari settori.

Lo abbiamo fatto, come sempre, nel nostro stile. Affiancando all’illustrazione di percentuali, valori assoluti e tendenze, anche singole storie di imprese che possano aiutare il lettore a capire come l’orientamento macro viene affrontato nell’ambiente

Ne emerge un quadro difficilmente riassumibile con un unico titolo. Possiamo sicuramente dire che il cruscotto di tutte le principali variabili economiche abbia chiuso il 2023 indicando una sostanziale tenuta delle varie voci, prima fra tutte quella della produzione che, a seconda dei comparti, o ha tenuto o è aumentata. Ciò che, però, preoccupa di più le imprese è l’incertezza che caratterizza l’avvio di questi primi mesi del 2024, in cui gli ordini sembrano rallentare e in cui la percezione è di una generale preoccupazione per il futuro. Parliamo di percezione non a caso. Difficile dire se le previsioni per i prossimi mesi, non così ottimistiche rispetto alla chiusura del 2023, si concretizzeranno veramente in un arretramento economico. Di certo una manifattura come quella varesina che in gran parte (per oltre il 40%) dipende dall’export non può che guardare con apprensione alle crescenti tensioni geopolitiche che caratterizzano il contesto mondiale. Il fatto è che più che congiunturale questa è una situazione tendenziale. Per dirla meno da economisti: è da tempo che viviamo in questa incertezza e a tale situazione di navigazione a vista, senza porti sicuri all’orizzonte, dobbiamo abituarci. Troppe le variabili fuori controllo nello scenario internazionale. A cui si devono aggiungere quelle transizioni

tecnologiche, sociali e ambientali di cui più volte ci siamo occupati su queste pagine e che stanno cambiando i fattori di competitività con cui le aziende devono confrontarsi. È questione di saper interpretare i tempi. Le imprese ci provano ogni giorno, con l’unica formula vincente che conoscono: quella di continuare a investire. Non è un caso che la gran parte delle aziende del territorio stiano continuando a farlo, come registrano gli esperti del Centro Studi di Confindustria Varese. Lo fanno non con incoscienza, ma mettendo le risorse lì dove si giocano le leve del cambiamento. Cercano di dare risposte concrete alle domande che anche la politica si dovrebbe porre: dove concentrare le attenzioni per dare opportunità di crescita ai nostri territori? Come compensare il crescente gap di competenze che si riscontra nel mercato del lavoro?

Come affrontare il tema di aumentare la produttività in uno scenario dove la competizione è globale?

Come posizionare le nostre imprese all’interno del Green Deal europeo? Quali strategie logistiche adottare per rispondere alle esigenze delle nuove supply chain in formazione? Domande che si pongono le imprese, che ci poniamo nelle pagine seguenti e su cui auspichiamo si concentrerà la campagna elettorale per il nuovo Parlamento Europeo. Abbiamo bisogno di una classe politica pronta ad assumersi un ruolo di primo piano a Bruxelles e Strasburgo. Tanto del nostro futuro dipende da questo. Molto più di quanto pensi mediamente l’opinione pubblica. Ma di questo ci occuperemo in maniera approfondita sul prossimo numero di Varesefocus che uscirà a maggio, a ridosso del voto per la nuova legislatura europea.

EDITORIALE

Ottimizzare la mobilità SENZA COMPROMESSI

Il noleggio a lungo termine di veicoli sta diventando sempre più popolare perchè offre numerosi vantaggi sia per le imprese sia per i privati, rendendo l’esperienza di guida più conveniente, flessibile ed efficiente. Ma quali sono nel dettaglio questi vantaggi?

COSTI GESTIBILI E PREVEDIBILI

Con il noleggio a lungo termine, si paga una quota fissa mensile che include una serie di servizi come manutenzione, assicurazione e assistenza stradale. Questo elimina di fatto le spese impre viste legate alla manutenzione e alla ripa razione del veicolo, consentendo una migliore pianificazione finanzia ria. Inoltre la gestione contabile diventa più semplice con singola fattura mensile garantisce trasparenza e fa cilità di gestione.

chiede spesso un investimento iniziale significativo, il noleggio a lungo termine non prevede anticipi. Questo consente alle aziende di preservare il capitale per altri investimenti o necessità operative.

capita

impreripa-una che fa-

AGGIORNAMENTO

COSTANTE

DELLA FLOTTA

Privati e aziende possono usufruire regolarmente di veicoli nuovi, dotati delle più moderne tecnologie e caratte ristiche di sicurezza senza doversi preoccupare dell’invecchiamento e, di conseguenza, della svalutazione del proprio veicolo.

BASSO INVESTIMENTO INIZIALE

A differenza dell’acquisto di un veicolo, che ri-

DETRAZIONE FISCALE

Il noleggio a lungo termine prevede la medesima detrazione fiscale della proprietà: quindi anche da questo punto di vista può essere un’ottima opportunità per le aziende.

Visti i numerosi vantaggi del noleggio a lungo termine, ExecutiveLease propone agli associati di Confindustria Varese una convenzione per avere questo servizio a un costo davvero competitivo. Oltre a un prezzo di noleggio scontato rispetto alle tariffe standard, ExecutiveLease aggiunge un BUONO CARBURANTE DI 500 EURO oppure uno SCONTO IN FATTURA dello stesso importo per ogni ordine del 2024. Inoltre mette a disposizione degli associati un consulente dedicato per tutto l’iter del noleggio.

FLESSIBILITÀ E

PERSONALIZZAZIONE ExecutiveLease offre un alto grado di flessibilità, consentendo ai conducenti di scegliere il tipo di veicolo, la durata del contratto e i chilometri inclusi. Questo permette di adattare il contratto alle necessità specifiche di ciascun cliente, garantendo sempre un’esperienza veramente su misura.

disposizio

Inoltre ExecutiveLease mette a disposizioteam di specialisti che aiutano a scegliere il veicolo più adatto alle esigenze del cliente, sia che si tratti di configurazioni standard sia di allestimenti speciali, sia per auto sia per furgoni.

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA
info@allavellilegal.com +39 0331 15 41 423 Gallarate (VA) Via Marsala 36 L’Intelligenza Umana del Diritto del Lavoro Milano | Gallarate | Lugano allavellilegal.com

SOMMARIO

FOCUS

Presidente : Roberto Grassi

Direttore editoriale: Silvia Pagani

Direttore responsabile: Davide Cionfrini

Direzione, redazione, amministrazione:

Piazza Monte Grappa, 5 21100 Varese

T. 0332 251.000 - F. 0332 285.565

M. info@varesefocus.it

reg. n. 618 del 16/11/1991 - Trib. Varese

Progetto grafico e impaginazione:

Paolo Marchetti

Fotolito e stampa: Roto3 Srl

Via per Turbigo 11/B - 20025 Castano Primo (Mi) T. 0331 889.601

Gestione editoriale:

Servizi Confindustria Varese Srl

Via Vittorio Veneto, 8/E 21013 Gallarate (VA) - T. 0331 774.345

Pubblicità:

Servizi Confindustria Varese Srl M. commerciale@servizi.confindustriavarese.it T. 0331 774.345

Il numero è stato chiuso il 13 marzo. Il prossimo numero sarà in edicola con Il Sole 24 Ore il 13 maggio 2024. “Varesefocus” ospita articoli e opinioni che possono anche non coincidere con le posizioni ufficiali di Confindustria Varese. Valore di abbonamento annuo Euro 20,00 (nell’ambito dei servizi istituzionali dell’Editore).

Questa testata è associata a

I tre scenari da tenere sotto controllo L’industria guarda con prudenza al futuro Quanto e su cosa investono le imprese La mappa degli stipendi L’impatto della geopolitica sulle imprese La geografia dell’export varesino

INCHIESTA

A Varese turismo da record Gli alberghi del Nord puntano sull’emozione Nel Sud i pernottamenti “fast and business”

ECONOMIA

Le pettorine verdi della Brevetti Montolit L’intermodale “porta a porta” di Ambrogio Trasporti Anche la pulizia è un’impresa

STARTUP

La sanificazione di Retta Via

FORMAZIONE Cosa cambia con la riforma “4+2”

Il gioco di carte che forma i manager 5.0 UNIVERSITÀ

Varese si mette in gioco

sull’economia circolare

SCIENZA &

Una vita da biohacker

RUBRICHE SU

LUOGHI E BELLEZZA

Come nascono

le macchine per “fare il freddo”

Sospesi nel blu

Il Patto per le Arti

Le proposte poliedriche del Maga

Se i mondi si danno la mano

105 anni di Pro Patria

RUBRICHE

TECNOLOGIA
SU CULTURA E DIGITALE Terza pagina In libreria Dal web Comunicare 90 92 95 96 8 12 15 19 22 26 31 35 38 52 56 Foto di copertina, generata con IA © Kanisorn/stock.adobe.com 41 44 48 64 68 72 74 77 80 50 58 60

ILLECITI IN AZIENDA?

Possiamo aiutarti con professionalità e discrezione.

FOCUS di Varese

I tre scenari DA TENERE SOTTO CONTROLLO

L’andamento del Pil, le dinamiche demografiche, la rete degli scambi globali. Il quadro internazionale ha un forte impatto su sistemi produttivi locali come quello varesino, più di altri aperto al mondo. Le geografie economiche sono in profonda trasformazione con inevitabili conseguenze sulle imprese. Non solo per via dei conflitti, del postpandemia e dei blocchi logistici. È anche una questione di saper pesare, con i giusti metri di misura, i blocchi continentali in competizione tra di loro. Una partita il cui risultato finale molto dipenderà dal ruolo che vorrà e potrà giocare l’Europa, alle cui sorti è legata l’industria di Varese

Il nuovo anno si apre all’insegna della variabilità delle prospettive su base intercontinentale. Negli ultimi anni si sono manifestati numerosi eventi (pandemia, blocchi logistici, rialzo delle materie prime energetiche, apertura di fronti di guerra, diversificazione delle alleanze geopolitiche) che hanno agito da “trigger” (fattori scatenanti) di nuovi equilibri geoeconomici a livello mondiale, cambiando schemi di alleanze e conseguentemente flussi commerciali e produttivi.

Diventa quindi sempre più complesso disegnare un unico scenario economico globale senza

88
FOCUS
PH. RYOJI IWATA / UNSPLASH

tener conto delle tensioni e della perenne ricerca di nuovi equilibri che caratterizzano i tempi. La globalizzazione, in queste condizioni, appare sempre più frammentata nella sua dimensione estesa (mondiale) e viene invece praticata all’interno di ciascun blocco geoeconomico di appartenenza (“globalizzazione intraarea o parziale”). I flussi economici tengono sempre più conto non solo dell’ottimizzazione dei costi, ma anche dei parametri di affinità culturale. E qui si ridisegnano le geografie economiche.

In queste condizioni è utile ragionare non su uno, ma su una molteplicità di scenari cercando di interpretare correttamente i dati che

si differenziano molto tra le varie aree geografiche. Mettere a confronto i tassi di crescita del Nord America con quelli dell’Europa e del Sud-Est asiatico non basta per orientarsi in uno scenario di prospettiva. Stabilire che l’economia Usa nel 2024 terrà, anche sulla scorta del ciclo economico che sempre accompagna quello elettorale; capire quanto la Cina abbia rallentato nell’ultimo periodo e perché; tracciare il disegno strategico con cui le produzioni manifatturiere si stanno trasferendo nelle economie asiatiche vicine a quella di Pechino; saper prevedere quale sarà l’Europa dei prossimi anni e se uscirà rafforzata o frammentata dal rinnovo elettorale del Parlamento di Strasburgo ormai

MAPPA 1 – PIL 2023, TRILIONI DI DOLLARI (PREZZI CORRENTI)

Fonte IMF – Elaborazione Centro Studi Confindustria Varese

alle porte: questi sono tutti elementi importanti per le imprese, quanto saper indovinare l’andamento del tasso di cambio o del prezzo del petrolio.

Lo scenario in cui si affacciano le aziende varesine va interpretato alla luce di tutte le varie dinamiche in atto, ma anche alla luce degli spostamenti di equilibrio internazionali. Proprio perché quella varesina è una delle economie manifatturiere italiane tra le più aperte internazionalmente, essa non può fare a meno di confrontarsi anche con questi temi alti. Solo apparentemente lontani, ma dal forte e immediato impatto locale.

Quindi, prima ancora di considerare i dati di congiuntura è opportuno “guardare” le mappe del peso assoluto tra blocchi mondiali. Da lì si intuiscono tante cose. Capire ciò aiuta ad avere una visione lunga ed un orientamento per interpretare ciò che viene nel breve periodo.

Sono tre le mappe che ci aiutano a cogliere, anzi ad intuire visivamente, cosa potrà accadere ad un territorio come quello varesino: altamente manifatturiero, molto aperto agli scambi commerciali, con catene di componentisti ad elevata specializzazione che, però, spesso non hanno uno sbocco diretto sul mercato. Un territorio con aziende portatrici sane di innovazione di processo, ma meno portate a brevettazione di prodotto. Imprese che hanno nelle loro caratteristiche distintive la capacità di fare lavorazioni tailor made e molto personalizzate, che soffrono davanti all’affermarsi delle piattaforme, che hanno difficoltà a valorizzare la differente qualità delle produzioni e che comparano asetticamente i prezzi. Un profilo di alta qualità e specializzazione che deve trovare la sua collocazione competitiva in un mondo a blocchi in cui la produzione e la generazione di ricchezza avviene in maniera molto differenziata.

La mappa del Pil

La prima mappa da osservare è quella del Pil, in cui emergono

99

FOCUS GLI SCENARI

MAPPA 2 – POPOLAZIONE 2023

i pesi economici del mondo (vedi mappa n. 1). Che la Cina sia cresciuta enormemente dal 2004 quando è entrata ufficialmente nel Wto (World Trade Organization) è una percezione condivisa. L’abbiamo vista salire rapidamente nel ranking dei Paesi sviluppati arrivando ad essere nella parte più alta della classifica mondiale se considerata singolarmente; diverso è invece esaminare la sua posizione non solo come singola, ma come elemento trainante di un blocco asiatico che nel complesso genera la parte più consistente del Pil mondiale (32,4%), pari a 33,4 trilioni di dollari.

Il blocco del Nord e Centro America è poco al di sotto, con il 30,4% di peso relativo nella generazione del Pil mondiale e 31,5 trilioni di dollari.

L’Europa pesa complessivamente circa un quarto del Pil mondiale (24,6%), generando 25,6 trilioni di dollari.

Prima considerazione: i due blocchi asiatico e americano sono caratterizzati dalla presenza di “Paesi faro” molto forti singolarmente (Cina ed Usa) che fungono da traino. L’Europa si presenta invece molto frammentata, anche visivamente, al proprio interno, sia nella produzione del Pil, sia nelle regole di funzionamento. Nell’Europa continentale, geograficamente intesa, si deve considerare anche la Russia e quindi alla divisione dimensionale, tipica dell’Unione Europea, si aggiunge anche la profonda cesura geopolitica apertasi con il conflitto ucraino. Ci sono importanti linee di faglia interne e dimensionamenti di

impresa differenti e specializzazioni molto differenziate (dai settori del made in Italy alle alte tecnologie della chimica tedesca) che richiedono politiche industriali e tutele differenziate che vanno negoziate in sede europea.

Facendo poi un calcolo approssimativo sulla capacità di generare valore, la Cina da sola riesce a produrre un Pil come quello dell’intera Unione Europea. Se poi al Pil cinese si applicassero le previsioni di crescita del World Economic Outlook dell’Ocse, che per il 2024 ammontano al 4,6%, vedremmo che si aggiungerebbe una quota di 0,8 trilioni di dollari (a prezzi costanti) contro un aumento in Ue di 0,2 trilioni di dollari a fronte di una crescita media prevista di appena l’1,2% e di 0,6 trilioni di dollari degli Stati Uniti con un aumento previsto del 2,1%.

La mappa della popolazione

La mappa del Pil si accompagna poi a quella della popolazione che aiuta a relativizzare alcune dinamiche e molto ci dice sugli equilibri non solo economici, ma anche umani (vedi mappa n. 2). Rimane ed anzi si ingrandisce la preponderanza del continente asiatico dove accanto alla Cina questa volta spicca l’India, perdono di peso Europa e Nord – Centro America a vantaggio dell’Africa che da sola vale come tutte le Americhe e più dell’Europa continentale e del Medio Oriente.

La mappa degli scambi

La terza ed ultima mappa che è interessante esaminare è quella degli scambi internazionali, in cui ancora una volta la frammentazione europea emerge in maniera evidente, così come spicca il ruolo di forza della Germania nei flussi di esportazione internazionale (vedi mappa n. 3). Principalmente da lì parte il flusso di esportazioni extra-Ue. È quella la piattaforma che dobbiamo tracciare ed è per questo motivo

1010
Fonte Worldometer – Elaborazione Centro Studi Confindustria Varese

che il rallentamento degli scorsi mesi ed il suo indebolimento nel posizionamento di alcuni mercati del futuro (ad esempio quello dell’auto elettrica) getta un’ombra anche sullo scenario di Paesi che strutturalmente ospitano le catene di fornitura.

Come uscirne? Molto dipenderà dalla capacità dell’Europa che andremo a disegnare di cogliere gli stimoli di cambiamento e di saper ritagliarsi un ruolo nella mappa competitiva mondiale. Certo è che sia l’Europa delle istituzioni, sia l’Europa delle imprese avranno davanti a loro la sfida di saper raggiungere una “taglia competitiva” adeguata a competere in un’economia a blocchi. Allora guardiamo con attenzione ed interesse a

quanto emerge dalla congiuntura economica, ma anche all’analisi degli investimenti in capacità produttiva, in digitalizzazione ed Intelligenza Artificiale ed in tecnologie

MAPPA 3 – RETE DEGLI SCAMBI GLOBALI

Fonte Elaborazione Centro Studi Confindustria Varese

compatibili con i parametri Esg (vedi articoli che seguono nel focus). Da lì si inizia a misurare la capacità di cambiare che ancora una volta detterà il ritmo del nostro futuro.

1111
MacroareaPopolazione (2023)Peso % Popolazione PIL (trilioni dollari, 2023) Peso % PIL Africa 1.309.883.644 17,4% 2,7 2,6% Asia 4.035.093.388 53,7% 33,4 32,2% Europa 758.365.687 10,1% 25,6 24,6% Medio Oriente 340.446.441 4,5%4,5 4,3% Nord + CentroAmerica 589.689.288 7,8% 31,5 30,4% Oceania 42.104.915 0,6% 2,0 1,9% Sud-America 439.509.340 5,8% 4,1 4,0%

L’INDUSTRIA GUARDA CON PRUDENZA al futuro

Tenuta, ma con tendenza al miglioramento, per il metalmeccanico. Prospettive di crescita per la gomma-plastica. Timori di un raffreddamento nella chimica e farmaceutica. Alti e bassi nel tessile e abbigliamento. Il 2024 del sistema manifatturiero varesino si è aperto nell’incertezza. Pesa soprattutto lo scenario internazionale in subbuglio. Parola del Centro Studi di Confindustria Varese

Per le imprese del settore metalmeccanico le aspettative sono “di tenuta della base produttiva con outlook in miglioramento”. Nella moda, invece, le prospettive sono “pessimiste”. Il chimico-farmaceutico è di fronte a un “raffreddamento della filiera”. Mentre nelle attività manifatturiere della gomma-plastica l’aumento della domanda “impatta positivamente anche sulle previsioni” riguardanti i livelli produttivi. È questo il 2024 che attende, almeno per i primi mesi dell’anno, l’industria varesina. C’è chi sale e c’è chi scende. Ma soprattutto c’è chi rimane in mezzo al guado della stabilità produttiva.

È quanto emerge dagli ultimi dati elaborati dal Centro Studi di

Confindustria Varese attraverso l’indagine congiunturale sull’ultimo trimestre del 2023. Un’analisi che parte da una premessa: “Nonostante il progressivo calo dell’inflazione, aumentano le incertezze legate al commercio internazionale e rallenta la produzione industriale di importanti Paesi partner (come la Germania) in settori chiave, con un effetto

tangibile sui livelli degli ordinativi interni ed esteri”, in calo negli ultimi mesi del 2023. È per questo che il 2024 si è aperto all’insegna della prudenza. In un’economia fortemente internazionalizzata come quella varesina il contesto globale in subbuglio non aiuta. E così nel settore dell’industria tessile e dell’abbigliamento le imprese registrano sì un quadro di prevalente stabilità, ma su livelli negativi rispetto al trimestre estivo. Risultato: il saldo delle risposte tra chi ha una domanda estera in aumento e chi in diminuzione risulta essere negativo per -33,9 punti percentuali. E dire, però, che il 2023 per la filiera della moda varesina si era chiuso con quello che il Centro Studi della Confindustria locale ha definito “un tono congiunturale in ripresa”, andato ben oltre le aspettative dei precedenti mesi estivi. Tanto che la produzione è risultata in aumento nel 45,3% delle imprese. Il settore, però, è destinato in questa fase a degli alti e bassi. Fatto sta che nei primi tre mesi del 2024 la produzione rimarrà stabile nel 50,4% degli stabilimenti e in calo nel restante 49,6%. Nessuno la migliorerà.

1212 FOCUS
PH. WINNIEVINZENCE / STOCK.ADOBE.COM

Almeno stando alle previsioni.

Gli ordinativi esteri non aumentano nemmeno nel settore più importante, a livello di numero di imprese e addetti, per la provincia di Varese: il metalmeccanico. Qui il saldo percentuale delle risposte sulla domanda da oltre frontiera è negativo per -0,9 punti percentuali. Con la conseguenza che il 50,2% delle aziende si aspetta un primo trimestre 2024 all’insegna della stabilità e il 35,5% in aumento. Solo il 14,2% si aspetta un segno meno a fine marzo. Un po’ come si era chiuso il 2023 d’altronde.

Stop and go, invece, per l’industria chimica e della farmaceutica del Varesotto. O meglio, prima go e poi stop. Se il 2023 si era chiuso per le imprese del comparto con una “netta ripresa produttiva per la quasi totalità del campione” analizzato, il 2024, invece, partirà, secondo le previsioni, con il 57,1% delle attività produttive in rallentamento. Complice, anche in questo caso, un calo degli ordinativi,

sia interni sia esteri.

Positivo era a fine 2023 e positivo sembra rimanere lo scenario per l’industria della gomma e della plastica, anche in questo primo scorcio del 2024. Se a chiusura dell’anno scorso, infatti, le imprese che dichiaravano una ripresa dei livelli produttivi erano pari al 63,9%, la stessa percentuale rimane elevata anche nelle previsioni di questi primi mesi che sono all’insegna della crescita nel 44,2% delle aziende. Il restante 55,8% prevede una stabilità. Nessuno è pessimista. Anche qui a fare la differenza sono gli ordinativi sia quelli complessivi, sia quelli del solo spaccato estero, entrambi in aumento.

Questa, dunque, la fotografia degli umori dell’industria varesina nei suoi principali comparti. Cautela e stabilizzazione sono le parole d’ordine che fanno da chiavi di lettura di un 2024 che nel suo avvio vedrà, in generale, una produzione sugli stessi livelli di dicembre 2023 nel 46,7% dei casi e in aumento nel 31,1%.

La palla di cristallo, scientifica e statistica, intendiamoci, del Centro Studi di Confindustria Varese fa intravvedere come i cali produttivi rimarranno limitati in una schiera minoritaria di capannoni. Eppure, la parola ottimismo non si intravede mai, nemmeno in filigrana, nelle rilevazioni sull’economia locale varesina. La prudenza predomina, forse proprio perché per svuotare la parte piena del bicchiere (che ad oggi va ben oltre la metà) potrebbe bastare poco. Una ulteriore dilazione nel calo dei tassi. Un acuirsi della tensione internazionale. Un nuovo focolaio di guerra. Un ulteriore calo dei passaggi dal canale di Suez a causa degli attacchi dei ribelli Huthi dello Yemen alle navi cargo, con conseguenti ripercussioni su organizzazione, tempi, costi della logistica delle filiere produttive. Il mondo è dentro la gran parte degli stabilimenti produttivi del Varesotto più di quanto pensi l’opinione pubblica. Ed è proprio lo sguardo sullo scenario

1313
STOCK.ADOBE.COM
PH. AMILA (AI) /

LE MONTAGNE RUSSE DELLA CLERICI

“Mi ricordo mio padre quando girava per questi stabilimenti con il suo camice nero e, nella tasca, il quaderno con gli ordini. Quando avevamo lavoro per 90 giorni, il giudizio era netto: troppo poco. Ora viaggiamo intorno ad una programmazione di 25 giorni, a volte anche 10. È cambiato il mondo”. Nel tessile, ma non solo, a dominare è ormai la gestione del just in time. Mario Montonati è Amministratore insieme con il cugino Filippo Clerici e con il proprio figlio Alberto della storica azienda di Gallarate Giovanni Clerici & Figli Spa. Più di 150 anni di storia nella tintoria e preparazione di tessuti per conto terzi. “Gli indici di produttività di un’azienda come la nostra – racconta Montonati di fronte ad uno schermo del computer con tutta una serie di statistiche – se legati alla quantità di tessuto lavorato sono in calo. Ma sono, viceversa, in aumento se li rapportiamo al fatturato”.

internazionale che porta a non stappare bottiglie di bollicine di fronte ad analisi congiunturali che, comunque, non si possono di certo definire negative. Basta guardare al mercato del lavoro. Il termometro locale, in questo caso, è dato dal ricorso delle imprese alle ore di

Cosa significa? “Che nobilitiamo meno tessuto, ma sempre più di qualità”. Poco più di 50 dipendenti e 7,5 milioni di tessuto lavorato all’anno: i tempi in cui negli impianti gallaratesi della Clerici venivano trattati 25 milioni di metri di prodotto (“in due anni il giro dell’equatore”, precisa Montonati) sono lontani. Ma non il record storico di fatturato: “Quello lo abbiamo messo a segno nel 2022. L’anno più entusiasmante forse dell’ultimo decennio in termini di ordini, metri lavorati e produttività. Ci sono stati dei mesi in cui abbiamo dovuto organizzarci in tre turni, 24 ore su 24, per 6 giorni a settimana per far fronte alla domanda”. Anche se il gioco forse non valeva la candela: “Non certo in termini economici. Ma è stata una scelta etica, di rispetto di consegne e fidelizzazione dei clienti”. A fare da contraltare, i costi energetici e di alcune materie: “Abbiamo aumentato i listini,

cassa integrazione. E linee di febbre non se ne vedono: guardando al totale 2023 di cassa ordinaria e straordinaria i livelli sono in calo del -6% rispetto al 2022. Anche per questo il tasso di utilizzo degli impianti industriali varesini rimane buono: 74%.

ma il fatturato senza precedenti non ha evitato un utile negativo altrettanto record. D’altronde siamo passati da una bolletta del gas metano di 500mila euro a una di 1,9 milioni. La soda caustica per il candeggio, che nel 2021 avevamo pagato 186mila euro, è passata a 476mila”. Montonati le definisce “montagne russe”.

Gli alti e bassi registrati dal Centro Studi di Confindustria Varese nell’industria tessile sono confermati dal vissuto della Clerici: “Il 2023 è partito con un normale rallentamento rispetto ai ritmi forsennati del 2022. Un inizio tranquillo, ma non preoccupante. Ciò che ci ha un po’ deluso è che il secondo semestre, seppur migliore e con diverse ore di lavoro straordinario, non ha avuto quel picco che ci aspettavamo”. Risultato: “Abbiamo chiuso l’anno con un fatturato in linea con il 2022: 7 milioni di euro, inferiore solo del tre virgola qualcosa rispetto al precedente”. Ma è con l’inizio del 2024 che la Clerici ha cominciato a registrare “un grande rallentamento”, racconta Montonati: “Abbiamo già richiesto l’autorizzazione alla cassa integrazione. Per il momento non l’abbiamo ancora sfruttata, ma le macchine hanno bisogno di un aumento della domanda per continuare a lavorare a pieno regime”. Il motivo della frenata sta “nell’inquietudine dei nostri clienti di fronte allo scenario internazionale e l’incertezza nella logistica e sui noli. Il tessile più di altri settori è sensibile al contesto”. Non solo quello geopolitico, anche il meteo fa la sua parte: “Se continua a fare caldo d’inverno e freddo d’estate perdiamo due stagioni all’anno”. La strategia di fronte a queste complessità? “Continuare a investire come stiamo facendo: in nuovi macchinari, in pannelli solari ed in generale nel risparmio energetico. L’importante è non fermarsi. Su questo non c’è scelta”.

Situazione che dovrebbe rimanere tale anche nei prossimi mesi. Potenze mondiali permettendo. Ed è forse sulla capacità dei governi di far fronte alla complessità che si concentrano i maggiori dubbi e timori del sistema produttivo.

1414
FOCUS L’INDAGINE CONGIUNTURALE
Impianto Clerici a Gallarate

Quanto e su cosa INVESTONO LE IMPRESE

Qual è la percentuale di aziende manifatturiere varesine che nel corso del 2023 ha investito? In quali ambiti? Quali sono le previsioni per l’anno in corso? A rivelarlo è un’indagine del Centro Studi di Confindustria Varese che sottolinea, tra luci ed ombre, la capacità di un sistema produttivo come quello all’ombra delle Prealpi di affrontare crisi congiunturali e geopolitiche, con lo sguardo sempre rivolto al futuro. Tra progetti sostenibili, tanta digitalizzazione e difficoltà a reperire risorse finanziarie e personale qualificato

1515
FOCUS PH. OLRAT / STOCK.ADOBE.COM
Sede Bce a Francoforte

Promessa mantenuta: la maggioranza delle imprese all’ombra delle Prealpi, per l’esattezza il 76%, ha investito nel corso del 2023, confermando le previsioni dell’anno precedente. Questo il quadro che restituiscono i dati elaborati dal Centro Studi di Confindustria Varese, nell’annuale indagine sugli investimenti, sottoposta ad un campione rappresentativo dell’industria varesina. Nella maggior parte dei casi (51%) gli investimenti si sono rivelati superiori, nel 26% uguali e nel restante 23% inferiori rispetto all’anno precedente. Ma a cosa sono stati destinati i piani di investimento delle imprese di Varese? Al primo posto, in aumento se paragonati ai dati del 2022 (81% contro 62%) si confermano la sostituzione e l’ammodernamento di impianti aziendali, seguono l’ampliamento delle capacità produttive (46%) e gli investimenti immateriali, ad esempio destinati alla ricerca e sviluppo e ai brevetti (31%).

Fino a qui tutto bene. Un primo campanello di allarme arriva, però, dalle previsioni per l’anno in corso: a scendere in maniera significativa è, infatti, la percentuale di aziende che dichiara di avere intenzione di investire nel 2024 (68%). Gli ostacoli più grandi? L’incertezza per il futuro (46%) e la difficoltà nel reperire personale qualificato (37%). Meno preoccupanti rispetto agli ultimi anni, ma sempre d’importanza rilevante, i costi energetici (27%), seguiti dalle complessità amministrative e burocratiche (18%) e dalla difficoltà nel reperire risorse finanziarie alla luce del maggiore costo del denaro (17%).

In altre parole, non è tutto oro quello che luccica e a confermarlo, ancora una volta, sono i numeri. Stando, infatti, all’ultima rilevazione sull’andamento del credito, effettuata sempre dal Centro Studi della Confindustria varesina, i prestiti alle imprese industriali del Varesotto sono risultati in forte calo sul finire dello

QUANTE IMPRESE HANNO INVESTITO NEL 2023

Fonte Centro Studi Confindustria Varese

TIPOLOGIE DI INVESTIMENTI

Fonte Centro Studi Confindustria Varese

scorso anno. Lo stock del credito concesso al settore manifatturiero locale dal sistema bancario a settembre 2023 risultava pari a 3,4 miliardi di euro, in diminuzione del -10,9% rispetto allo stesso periodo del 2022 (in cui i prestiti si attestavano sui 3,8 miliardi). Le sofferenze, sempre a settembre 2023, erano in salita rispetto al trimestre precedente, ma su livelli del tutto fisiologici: 51 milioni di euro, in pratica solo l’1,5% del totale dei prestiti erogati alle imprese. Le cause di questi andamenti? A detta del Centro Studi sarebbero da attribuire, principalmente, ad una minore domanda di credito da parte delle aziende, a seguito dell’aumento del livello generale dei tassi di interesse e ad una maggiore rigidità del settore bancario sui criteri di offerta dei prestiti.

Lasciando da parte le ombre che l’industria varesina sta attraversando in un contesto geopolitico sempre più complesso e sfidante, è significativo porre attenzione alle tre macroaree in cui si sono concentrati gli investimenti del 2023: la digitalizzazione, gli strumenti del Nuovo Piano Transizione 4.0 e la sostenibilità. Per quanto riguarda il primo ambito, il

1616
FOCUS L’INDAGINE INVESTIMENTI

51% delle imprese intervistate ha affermato di aver realizzato almeno un’azione di digitalizzazione, per la maggior parte nei sistemi informativi

PIANI DI INVESTIMENTO 2024

Fonte Centro Studi Confindustria Varese

e nella sicurezza informatica (69%) e nell’area di contabilità, finanza e processi decisionali, in quella vendite e clienti e della manutenzione dispostivi, impianti e macchine (37%).

Centrali nei piani di investimento delle aziende della provincia di Varese, anche nel 2023, gli strumenti del Nuovo Piano Transizione 4.0, con il 66% delle imprese investitrici del campione che ha utilizzato almeno

un’agevolazione. Il credito d’imposta su beni strumentali, anche nella nuova forma esclusivamente 4.0, è stata ancora una volta la misura più diffusa (79%), seguita dal credito d’imposta R&S, innovazione e design, in crescita rispetto alle precedenti rilevazioni (40%), la Nuova Sabatini (30%) e il Nuovo Patent Box (11%).

D’importanza sempre più crescente, infine, sono state le tematiche legate alla sostenibilità, ambito soggetto ad una sempre maggiore attenzione da parte dell’industria del Varesotto. Sono state, infatti, il 46% le realtà che hanno portato a segno investimenti sostenibili nel 2023, dato in aumento di 3 punti percentuali (49%) se si considerano le previsioni per l’anno in corso, che stimano un forte interesse per la rendicontazione di sostenibilità ambientale, sociale e di governance

1717
PH.
CAMPAIGN CREATORS / UNSPLASH

(Esg), indicata dal 34% del campione come futuro possibile ambito di investimento del 2024.

I capitali investiti in sostenibilità nel 2023, invece, hanno riguardato per la maggior parte un miglioramento nei processi aziendali (55%) e negli investimenti in tecnologie (50%). Il 23% delle aziende si è concentrato sul prodotto e il 48%, ad esempio, sull’installazione di

pannelli fotovoltaici, sulla diagnosi energetica, sulle certificazioni Iso 14001, sulla Carbon Footprint e la Life Cycle Analysis. Complessivamente, il giudizio sulla strategicità degli investimenti in sostenibilità è risultato medio-alto: il 38% delle imprese intervistate ha dato un giudizio medio (3 in una scala da 1 a 5) e la percentuale di coloro che hanno assegnato una valutazione medio-alta è

stata del 48% (sommando le risposte 4 e 5 nella scala valutativa).

Cosa emerge quindi da questa indagine? Un sistema industriale provinciale che, nonostante le difficoltà, dimostra di essere resiliente di fronte alle sfide della congiuntura attuale e del futuro. E che dev’essere messa nelle condizioni di continuare a proseguire in questa direzione. Costo del denaro permettendo.

GLI IMBALLAGGI SOSTENIBILI DI GOGLIO

Tra le aziende varesine che hanno scelto, lo scorso anno, di puntare sulla sostenibilità (e proseguiranno nella medesima direzione anche nel 2024), spicca l’esempio di Goglio Spa, multinazionale con oltre 170 anni di storia alle spalle e con una presenza internazionale in Europa, America e Asia, attiva nella fabbricazione di imballaggi flessibili per i settori del caffè, dell’alimentare, del pet food, della detergenza e dell’healthcare. Goglio, che nella sede di Daverio dà lavoro a oltre 700 persone, anche nel 2023 ha portato a termine importanti investimenti per efficientare le linee di produzione, molto spesso sviluppate direttamente in house, sempre con un occhio puntato alle tematiche green, come spiega il

Direttore HSE e Ingegneria Impianti, Giorgio Soldarini: “Tra i vari interventi, abbiamo sostituito un intero impianto, dedicato al trasporto dei granuli del reparto estrusione, riducendo così del 20% i consumi energetici e automatizzando la gestione di queste materie. Un elemento distintivo del sito di Daverio è proprio la grande attenzione rivolta, da sempre, al rispetto dell’ambiente: pensate che il primo impianto che consente il recupero e il riutilizzo dei solventi impiegati nei processi di stampa è stato sviluppato proprio qui, a metà degli anni ‘70”.

E il desiderio di innovare i prodotti, così come la gestione degli impianti, ha portato Goglio ad avvicinarsi sempre di più al mondo Esg: “Da ormai un paio di

anni siamo impegnati in quello che noi definiamo un vero e proprio esercizio di sostanza e stile, ovvero la stesura di un Bilancio di sostenibilità – spiega di nuovo Soldarini –. Per noi si tratta di un lavoro puntuale di contabilità e verifica, ad esempio, delle emissioni di anidride carbonica, che portiamo avanti per arrivare ad una certificazione reale di questi numeri o alle iniziative nel welfare aziendale. Lo scopo ultimo è poter fornire informazioni verificate ed accessibili a chiunque. Abbiamo, inoltre, certificato nel nostro Bilancio di sostenibilità una riduzione del 40% dei consumi di energia termica, che corrispondono a circa 20 GWh/anno, insieme ad una diminuzione del 40% del consumo dell’acqua di pozzo, nell’ultimo biennio”.

Per Goglio sostenibilità non è solo sinonimo di attenzione verso l’ambiente, ma anche e soprattutto verso le proprie persone e la comunità. Come dimostra l’adesione al Programma WHP – Workplace Health Promotion, promosso anche da Confindustria Varese: “Abbiamo sviluppato, insieme ad ATS Varese, programmi di welfare per i nostri collaboratori, partendo da suggerimenti alimentari per una dieta più bilanciata, fino ad arrivare a percorsi pensati specificatamente per combattere alcune dipendenze, come quella da fumo e da alcol. Per noi l’attenzione verso i nostri dipendenti e nei confronti del territorio è fondamentale”, racconta il Direttore HSE aziendale.

1818
FOCUS L’INDAGINE INVESTIMENTI
Impianto Goglio a Daverio

LA MAPPA DEGLI stipendi

Essere una provincia di frontiera aiuta. Così come la composizione di un tessuto produttivo fatto di Pmi dalla grande propensione all’export e di unità locali (spesso anche di headquarter) di importanti multinazionali. Ecco alcuni fattori che permettono a Varese di poter contare su buste paga più alte rispetto a quelle di altri territori. Questo uno dei dati che emerge dall’indagine retributiva svolta dalle Associazioni Territoriali confindustriali del Centro-Nord

In tempi di grandi incertezze nello scenario economico, la pressione competitiva sulle imprese si fa ancora più forte dell’ordinario. E la competitività si gioca, soprattutto, su come valorizzare e trattenere le proprie risorse umane. Su questo fronte, a fornire un importante supporto a imprenditori ed Hr manager è l’indagine retributiva svolta ogni anno dal Centro Studi di Confindustria Varese, in partnership metodologica con OD&M Consulting e insieme alle più importanti Associazioni Territoriali confindustriali del Centro-Nord.

Tra queste, Confindustria Bergamo, Confindustria Como, Assolombarda, Unione Industriali Torino,

PER AVERE MAGGIORI INFORMAZIONI SULL’INDAGINE RETRIBUTIVA

Confindustria Cuneo, Confindustria Veneto Est, Confindustria Vicenza, Confindustria Verona, Confindustria Emilia Area Centro, Unione degli Industriali di Reggio Emilia, Confindustria Firenze e Confindustria Ancona.

I risultati dell’ultima edizione dell’indagine (luglio-settembre 2023) sono raccolti nel rapporto “La Mappa degli Stipendi 2023”, che si compone di due parti.

La prima parte, richiedibile gratuitamente da tutte le imprese associate a Confindustria

Varese scrivendo a survey@ confindustriavarese.it, contiene analisi sui fattori che stanno alla base dei differenziali retributivi. Queste analisi sono riferite all’intero campione, il Centro-Nord, per un totale di 1.000 imprese con 100.000 dipendenti, per 85.000 dei quali sono state fornite dettagliate informazioni utili all’analisi. Oltre all’inquadramento professionale, il Ccnl applicato, l’età, l’anzianità di servizio e il grado di scolarizzazione, in questa edizione sono analizzati le differenze che emergono a livello territoriale.

Per tutto il Centro-Nord, emerge infatti come le politiche di “compensation” delle imprese siano influenzate da: localizzazione geografica, ossia la pressione competitiva dei territori limitrofi e dei rispettivi mercati del lavoro; internazionalizzazione dell’azienda, che favorisce dinamiche premiali sulle figure professionali più richieste per

1919
FOCUS

gestire i clienti esteri; specializzazioni produttive più concentrate sul territorio, che innalzano la domanda di determinate professionalità; l’effetto “shortage”, ossia l’effetto sulle “compensation” dato dalla difficoltà di reperimento di profili fortemente richiesti.

Nei fatti, Varese si inserisce in una posizione strategica: siamo una provincia di “frontiera” con il Mitteleuropa, connotata dalla presenza di importanti Pmi ma anche di grandi imprese internazionalizzate, con headquarter e unità locali di importanti multinazionali e con una forte vocazione all’export. E ci posizioniamo come una zona con importanti differenziali su tutti i profili professionali, specialmente per quei profili con competenze tecnicoproduttive, informatiche, di logistica, di controllo qualità e di sicurezza. Un dato meglio di altri spiega il posizionamento di Varese: figure professionali fortemente ricercate

in determinati cluster radicati sul territorio (come il progettista prodotto, il tecnico di manutenzione) o essenziali per la posizione pivot del territorio (come lo specialista di logistica) registrano mediamente differenziali retributivi dal +20% al +30% rispetto agli altri territori indagati nella ricerca (con anche outlier per alcune figure di management).

A tal proposito, un altro elemento ad avere un effetto rilevante sulle compensation è la digitalizzazione. L’indagine retributiva 2023 ha identificato 9 figure professionali con competenze digitali, 3 delle quali sono nuove professioni nate dall’evoluzione tecnologica: specialista di media digitali, specialista sicurezza Ict (Information and Communication Technologies) e data scientist. Le altre 6 figure rappresentano un’evoluzione di profili professionali tradizionali: progettista di prodotto, responsabile di produzione, tecnico di manutenzione, responsabile assistenza tecnica,

specialista di logistica e specialista del controllo di gestione. Sul fronte dei differenziali retributivi, l’indagine mostra che in media nel Centro-Nord i lavoratori con “competenze 4.0” guadagnano stipendi leggermente superiori (circa il +6%) rispetto ai colleghi con job description tradizionale, con picchi del +9% per i tecnici di manutenzione.

Tuttavia, il dato si fa più interessante se restringiamo il campione agli under 35, fascia in cui l’effetto dell’anzianità professionale è trascurabile: il differenziale retributivo medio per i lavoratori under 35 con competenze digitali è del +8%, con picchi fino al +14% per i tecnici di manutenzione. In sintesi, per i giovani lavoratori, le competenze digitali si traducono in un vantaggio economico ancor più tangibile.

La seconda parte del rapporto (ottenibile invece a pagamento) mostra ulteriori approfondimenti con le schede di analisi retributiva

2020
FOCUS MAPPA DEGLI STIPENDI PH. GPOINTSTUDIO / STOCK.ADOBE.COM

di 54 profili professionali a livello varesino. I dati sono riferiti al 2023 e sono differenziati per classe di età, anzianità professionale, genere e qualifica dei dipendenti. Oltre alla retribuzione, viene analizzata anche la dimensione del welfare con la diffusione dei principali benefit, nonché i differenziali retributivi per dimensione, settore (industria vs servizi) e grado di internazionalizzazione (aziende nazionali vs multinazionali) delle imprese; lo scostamento della

retribuzione totale effettivamente percepita dal target. Senza spoilerare troppo, dal rapporto emerge come, ad influenzare positivamente i livelli retributivi, non siano necessariamente classe di età, anzianità professionale o qualifica, ma anche l’internazionalizzazione, la dimensione d’impresa e le dinamiche del settore specifico: basti pensare al progettista di prodotto menzionato prima, che nelle internazionalizzate arriva ad avere una retribuzione totale mediamente superiore del +19,9%

OLTRE LA RAL C’È DI PIÙ

Gli stipendi sono argomento di comprensibile interesse ed estremamente dibattuto, sebbene spesso senza la scientificità e sistematicità che occorrerebbe. Tema sfaccettato e complesso, soprattutto per le imprese: non fanno eccezione quelle grandi, strutturate e con una storia alle spalle. A confermarlo anche Luisa Gecchele, HR manager di Fives Intralogistics di Lonate Pozzolo, realtà del gruppo internazionale Fives che si occupa di logistica. Un’impresa che fornisce tutti i sistemi per la movimentazione di oggetti ad alta velocità che permettono ai principali attori dell’e-commerce mondiale (poste, corrieri e nomi di riferimento del settore) di garantire le consegne con l’efficienza che tutti conosciamo.

“Anche in una realtà strutturata come la nostra e con professionalità diverse per età e per competenze è opportuna una costante riflessione e un confronto con il contesto di riferimento, il mercato e le altre aziende. Una mappatura degli stipendi, come quella realizzata dal Centro Studi della Confindustria varesina, è quindi un importante strumento di riferimento e di lavoro – spiega Gecchele –. I contesti cambiano, così come le competenze delle persone: in azienda la crescita in termini professionali, è naturalmente legata alla crescita economica ed è importante avere dei parametri solidi”. Che però non

rispetto alle imprese nazionali e del +27,3% nelle medie-grandi imprese rispetto alle piccole.

Per 9 profili con caratteristiche digitali (di cui i 6 doppi menzionati prima), è inoltre proposta un’analisi ad hoc che esamina come sono valorizzate le competenze digitali in termini retributivi (con un campione allargato all’intero Centro-Nord). È possibile acquistare il rapporto completo o le singole schede di profili professionali d’interesse attraverso Servizi Confindustria Varese.

si riferiscono solo alla busta paga. “Oggi ci sono nuovi strumenti e sensibilità, nate anche per fare fronte ad un sistema della tassazione penalizzante, che danno valore alla vita lavorativa di una persona nella sua complessità. Non c’è solo la Ral (Retribuzione Annua Lorda) nella politica retributiva. Pensiamo a tutto il sistema del welfare, ma anche ai progetti di benessere in azienda che rappresentano benefit da non sottovalutare all’interno di una progettualità complessiva. Poi c’è il tema delle competenze: in Fives abbiamo un percorso di Academy interna che accompagna le persone nella crescita

Impianto Fives

a Lonate Pozzolo

professionale e, quindi, anche retributiva. C’è poi tutta un’altra serie di variabili più legate alla tipicità del luogo di lavoro. Noi, ad esempio, lavoriamo molto su un tema che sembra di dettaglio ma non lo è in un’azienda in cui il personale viaggia molto, quello delle trasferte, adeguando le indennità e i rimborsi spese ai reali tenori delle specifiche località in cui si effettuano le missioni”. Un tema che Gecchele ha affrontato nel podcast “Vita d’impresa” realizzato da Confindustria Varese per fare luce su argomenti fondamentali, appunto, nel quotidiano delle aziende.

2121

L’IMPATTO DELLA GEOPOLITICA sulle imprese

Risposte a cura di Ispi – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

Domande di Filippo Villani e Davide Cionfrini

Come si stanno riorganizzando le filiere produttive manifatturiere di fronte ad uno scenario internazionale sempre più complesso e conflittuale?

Quale ruolo gioca il Sud-Est asiatico in questo riposizionamento?

In quali produzioni strategiche sono più esposte l’Italia e l’Europa?

E se alla Casa Bianca tornasse Trump? Da una parte le domande che si pongono le aziende industriali. Dall’altra le risposte degli esperiti dell’Ispi – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

Molte province italiane hanno un’industria manifatturiera fortemente internazionalizzata e orientata all’export. Quali sono le opportunità e i rischi per le nostre filiere produttive in un nuovo mondo multipolare, in cui la globalizzazione cambia forma e ragiona più a “blocchi regionali”?

Il mutamento del paradigma della globalizzazione, con l’accentuazione degli scambi e nuove geografie economiche soprattutto nei settori strategici tra Paesi “like-minded”, che condividono, cioè, determinati valori, strategie e interessi, avrà probabilmente conseguenze di duplice segno per le filiere produttive europee e quindi anche italiane. In primo luogo, il

de-risking, con l’accorciamento e la diversificazione delle filiere, potrà garantire una maggiore sicurezza degli approvvigionamenti, riducendo progressivamente i rischi che shock esogeni ripetuti, come crisi geopolitiche o disastri naturali, possano determinare gravi impatti, fino alla paralisi, di interi settori produttivi. D’altra parte, ciò potrà anche determinare un aumento dei costi degli approvvigionamenti, con un possibile aumento dei prezzi finali per i consumatori. Resta da vedere l’impatto sulla logistica: filiere più corte potrebbero anche significare minori costi di trasporto, ma questo non è un assunto automatico.

A tal proposito, quale può essere il punto di equilibrio in termini di

cooperazione tra il nostro sistema economico e quello di potenze in forte contrapposizione (Usa vs. Cina)? Che ruolo può giocare l’industria italiana in uno scenario geopolitico sempre più frammentato?

In uno scenario del genere il sistema economico italiano è fortemente legato all’andamento dell’industria europea e di quella tedesca. L’Europa sta cercando di “difendere” la propria base manufatturiera dagli investimenti di politica industriale americani e cinesi con una propria politica industriale e riflettendo sulle limitazioni alle auto cinesi. Infatti, il settore maggiormente sotto stress è l’automotive tedesco legato a doppio filo a quello italiano. Se fino a pochi anni fa la Cina era il mercato di destinazione di maggior rilievo, oggi è diventata il primo

2222
FOCUS

Paese per export di autoveicoli a livello globale. L’Europa ha così la doppia sfida di proteggere la propria produzione e trovare nuovi mercati di sbocco e di produzione. Un ruolo significativo lo svolgeranno i Paesi del Sud-Est asiatico che rappresentano un’opportunità per costi e qualità della produzione a cui si aggiunge una vicinanza politica di fondo. L’Italia può giocare un ruolo se si inserisce per tempo in queste dinamiche di evoluzione, investendo sui settori di maggiore tecnologia, soprattutto nel caso della componentistica, e stabilendo per prima delle relazioni solide con le nuove sedi di produzione globale.

La manifattura italiana ed europea si sta già in qualche modo

riposizionando di fronte al timore di un conflitto per Taiwan?

Il caso di Taiwan è certamente un rischio estremamente sentito dall’opinione pubblica, ma, al momento, e per fortuna, di difficile realizzazione. Pur considerando il timore di essere smentiti, un eventuale conflitto a Taiwan avrebbe il potenziale di impattare tutta l’economia mondiale non soltanto il perimetro regionale. In discussione non ci sarebbero solo le relazioni commerciali con l’isola e la logistica nello Stretto, ma le relazioni economiche con la Cina nella loro interezza, tanto che alcuni azzardano un costo di 10.000 miliardi di dollari per l’economia mondiale in caso di invasione da parte di Pechino. Detto ciò, non vuol dire che non si debba prevenire tale rischio, ma andrebbe

considerato come esigenza generale di diversificazione, non solo legata a un conflitto relativo a Taipei. L’attenzione per il Sud-Est Asiatico va in questa direzione, ovvero quella di ridurre la dipendenza da Pechino, un fattore di debolezza nel caso in cui le relazioni nello Stretto di Taiwan dovessero precipitare.

In termini di interdipendenze strategiche (fonti energetiche e materie prime), a cosa dobbiamo porre più attenzione come tessuto produttivo (sfide su batterie, semiconduttori, gas, rinnovabili)? In quali settori siamo più esposti? Dove invece siamo più al sicuro nelle possibili interruzioni di flussi negli scambi commerciali?

Sicuramente bisogna ragionare sempre più su un piano europeo. La nuova politica industriale Ue, centrata in particolare su clean tech e semiconduttori, pone importanti obiettivi di autonomia strategica e di diversificazione. Ad esempio, per i semiconduttori lo Eu Chips Act fissa obiettivi di produzione interna pari al 20% del totale mondiale entro il 2030; nell’ambito del clean tech, il Net Zero Industry Act ha individuato alcuni settori strategici, tra cui batterie, turbine eoliche, pannelli fotovoltaici, elettrolizzatori per la produzione di idrogeno, tecnologie per le reti elettriche, in cui l’Ue dovrebbe raggiungere una produzione domestica del 40% entro il 2030. Per quanto riguarda gli stessi minerali critici, attraverso il Critical Raw Materials Act, si pongono obiettivi di produzione interna, di riciclo, si prevede lo sviluppo di nuove tecnologie che permettano l’individuazione progressiva di materiali sempre più circolari. Un ulteriore elemento di criticità è dato dai mercati energetici. L’Europa ha già fatto molto per la diversificazione degli approvvigionamenti, con un ruolo sempre minore della Russia per la fornitura del gas naturale e del petrolio. L’integrazione tra i mercati

2323
PH.
SUPERJOSEPH / STOCK.ADOBE.COM
PH.
KROPIC / STOCK.ADOBE.COM
Piazza Tienanmen a Pechino. Sopra, la Casa Bianca a Washington

Ue è sempre più necessaria, in un contesto di progressivo sviluppo delle rinnovabili che, per loro natura, sono intermittenti. Ciò garantirebbe una maggiore stabilità del sistema europeo, facilitando l’incontro tra picchi di domanda e offerta dei diversi Paesi, riducendo al tempo stesso sempre più la dipendenza da fonti fossili e con un ruolo sempre più centrale anche dell’energia nucleare come stabilizzatore dei picchi. Sono tutti obiettivi ambiziosi, che si scontrano con il fatto che anche gli altri Paesi non stanno a guardare. Gli Stati Uniti, ad esempio, hanno lanciato nel 2022 l’Inflation Reduction Act e lo Us Chips and Science Act, con forti sussidi per la produzione domestica nei settori dei semiconduttori e del clean tech. L’Inflation Reduction Act, in particolare, prevede dei requisiti di produzione nel territorio del Nord America per poter accedere ai sussidi dei veicoli elettrici, provocando distorsioni di mercato e una competizione in termini di maggiore attrattività rispetto all’alleato europeo. E la Cina, naturalmente, non rimane a guardare.

In un mondo sempre più complesso e a geometrie variabili, l’epicentro della conflittualità geopolitica si sta spostando sempre più verso Est, fino all’Indo-pacifico. Quali opportunità e rischi per l’industria italiana di fronte a questo scenario?

Il rischio principale è di perdere tempo e non restare al passo con cambiamenti estremamente rapidi. Nella percezione generale, spesso alcuni paesi dell’Asean vengono visti soltanto come aree “in via di sviluppo”, ma un paese come l’Indonesia, con i suoi 280 milioni di abitanti, viene salutata dal Financial Times come una “nuova superpotenza economica” e nel 2027 potrebbe essere la sesta economia al mondo, ragionando a parità di potere d’acquisto. Se queste sono le premesse, si capisce come sia fondamentale comportarsi da “first mover” verso la regione per forgiare stabili relazioni

finché sarà ancora conveniente. Allo stesso modo, l’ascesa di nuovi poli della manifattura porterà alla creazione di nuovi campioni industriali che potranno essere altamente concorrenziali in termini di costi e tecnologie con le aziende italiane.

L’Europa è fortemente impegnata nelle politiche legate nelle transizioni green: transizione energetica, lotta al cambiamento climatico. Plastic tax, normativa sul packaging, abbandono della plastica monouso, messa al bando del motore endotermico. Provvedimenti che si spingono molto più in là rispetto a quelli adottati da altre economie nel mondo. Con obiettivi quantitativi e temporali ben precisi e ambiziosi. Quali le implicazioni sia dal punto di vista della competitività sia dei costi sia dei benefici per le economie europee, come quella italiana, più manifatturiere?

Si tratta di obiettivi estremamente ambiziosi, sia dal punto di vista industriale sia dal punto di vista climatico. A tali obiettivi non corrisponde tuttavia una dotazione di risorse finanziarie adeguate. E non si tratta di obiettivi climatici solo europei. Anche gli Usa hanno obiettivi analoghi al 2050 e la Cina al 2060. È una partita climatica, ma al tempo stesso e soprattutto industriale. La Cina investe nei settori della transizione con un impegno finanziario imparagonabile. Come risultato, alcuni prodotti cinesi, si veda l’auto elettrica, hanno una competitività molto maggiore. Ciò si è tradotto in una progressiva invasione di veicoli elettrici cinesi in Europa, grazie a costi del 30% inferiori. L’Ue potrebbe reagire a difesa dei produttori continentali prefigurando nuovi strumenti di natura protezionistica, come risultato del recente avvio dell’indagine della Commissione sui sussidi della Cina in sostegno dei propri produttori. A ciò si aggiunge anche il lancio del Carbon Border Adjustment Mechanism, che partendo da alcuni settori produttivi e con una

progressiva espansione ad altri, mira ad evitare che si possa determinare un carbon leakage e quindi che la produzione si trasferisca in Paesi con regole meno stringenti per quanto riguarda le emissioni. Maggiori regole, maggiore protezione si traducono inevitabilmente in maggiori costi nel breve periodo. Resta da vedere se nel lungo periodo ciò potrà favorire la creazione di economie di scala interne all’Ue e la riduzione dei costi. Ma è certo che siamo entrati nell’era della sicurezza economica, dove l’efficienza economica e la competitività si devono coniugare sempre più ad obiettivi di sicurezza, soprattutto nei settori critici per l’economia del futuro.

E se alle elezioni presidenziali Usa vincesse Trump? Un’affermazione del tycoon come scompaginerebbe lo scenario internazionale? Con quali eventuali ulteriori sfide per le nostre imprese nel riposizionamento delle filiere produttive?

In caso di vittoria di Trump è possibile che aumenti la pressione sull’Europa sia in termini di competizione industriale, sia per quanto riguarda i costi aggiuntivi che gli Stati dovrebbero dedicare a comparti come quello della difesa, riducendo le già scarse risorse esistenti. Nei fatti, non si tratterebbe tanto di una modifica dello scenario appena descritto, quanto di una estremizzazione di quelle tendenze, tanto che l’ex Presidente in campagna elettorale ha minacciato un dazio al 60% per tutte le importazioni dalla Cina e del 10% per quelle dal resto del mondo. In questo quadro le aziende italiane hanno una motivazione maggiore per diversificare e mettere in sicurezza le filiere produttive. Nei casi più estremi, ma si tratta di politiche non ancora adottate, è possibile pensare di produrre direttamente nel mercato di destinazione per quello specifico mercato. È già quanto avviene con la Cina e con i dazi di Trump potrebbe essere anche il caso degli Usa.

2424
FOCUS GEOPOLITICA E IMPRESE C M Y CM MY CY CMY K

La geografia DELL’EXPORT VARESINO

Davide Cionfrini in collaborazione con Filippo Villani

Negli ultimi 8 anni è successo di tutto nel mondo. Stravolgimenti, però, che “nel momento in cui scriviamo” poco o nulla hanno inciso sulla “top ten” delle destinazioni delle esportazioni made in Varese. Germania, Francia e Usa rimangono i nostri primi partner commerciali. La Cina è salda all’ottavo posto. Mentre “c’era una volta” la Russia, parte di un passato ormai lontano

‘‘N

el momento in cui scriviamo...”

Il più classico degli incipit giornalistici ha il sapore spesso del “c’era una volta” delle fiabe. Come un argine che cerca di orientare subito il lettore su uno scenario preciso. C’era una volta, come dire: siamo nella fantasia. Nel momento in cui scriviamo, come dire: da qui, alla stampa, alla distribuzione del magazine potrebbe essere avvenuto di tutto e di più e, quindi, non siamo sicuri che quando leggerete questo articolo la realtà sarà ancora quella qui descritta.

Ci proviamo comunque. E, dunque, di fronte alla domanda di come stiano andando le cose per le esportazioni dell’industria varesina in uno scenario geopolitico sempre più conflittuale e complesso, cercheremo di ancorarci alle certezze delle dinamiche storiche che garantiscono un quadro più attendibile del racconto congiunturale trimestre su trimestre.

Partiamo, però, proprio da qui:

Quasi scomparsa dai radar la Russia, che a fine 2022 valeva per l’export varesino 98 milioni di euro, contro i 156 milioni del 2021 (-37,1%)

2626
FOCUS PH. ARTUR (AI) / STOCK.ADOBE.COM

capacità di esportazione delle sue imprese. Lo dimostra il fatto che, come rilevato da Prometeia su dati 2022, il Varesotto può contare su un export che vale il 43,6% del valore aggiunto prodotto. Basti pensare che la media nazionale è pari al 33,1%. Per valori assoluti Varese è saldamente piazzata nelle prime 20 province esportatrici d’Italia. Posizione confermata anche nel 2022.

Da qui in avanti nella nostra analisi sull’internazionalizzazione dell’economia varesina è questo l’anno di riferimento, l’ultimo di cui abbiamo i dati relativi ad un intero ciclo di 12 mesi. Nel momento in cui scriviamo, s’intende.

partner commerciali, sia per l’import, sia per l’export è sempre stato la Germania. Paese che oggi rappresenta da solo il 13% delle vendite all’estero dall’ultimo dato disponibile (altra frase furbescamente prudente, che sta per “speriamo sia ancora così quando appoggeremo la penna e daremo alle stampe la rivista”). L’ultima rilevazione sull’export della provincia di Varese è quella effettuata dal Centro Studi di Confindustria Varese sui primi 9 mesi del 2023, da gennaio a settembre. Il dato era positivo, con un incremento delle esportazioni del +2,4% rispetto allo stesso periodo del 2022. Nonostante tutto la manifattura varesina, dunque, è riuscita ad essere fedele a se stessa e al suo tradizionale punto di forza. Il commercio estero, appunto, che da sempre tiene in piedi le sorti del sistema produttivo all’ombra delle Prealpi, anche nei momenti di crisi più profonda. L’economia varesina, d’altronde, più di altre ha legato le proprie sorti alla

E così, sempre dati del Centro Studi di Confindustria Varese alla mano, è possibile mettere il punto sulla prima certezza: negli ultimi 14 anni il primo

L’economia varesina più di altre ha legato le proprie sorti alla capacità di esportazione delle proprie imprese. Le vendite all’estero valgono il 43,6% del valore aggiunto prodotto. Varese è tra le

prime 20 province esportatrici d’Italia

2727
PH.
CREATIVE TOUCH (AI) / STOCK.ADOBE.COM

dell’industria varesina, per un valore di oltre 1,5 miliardi di euro nel 2022. Ecco perché gli occhi degli imprenditori sono spesso puntati verso Berlino. Ed ecco perché nella analisi e nelle proiezioni l’ultimo dato riguardante la produzione industriale tedesca del -4,8% a novembre 2023 è la prima fonte di preoccupazione e di incertezza nel cammino di crescita della manifattura locale. Una recessione in Germania rischia di contagiare l’industria varesina. Anche solo uno starnuto crea attenzione. Ma è un po’ tutta la classifica delle destinazioni top ten dell’export varesino a non essere cambiata di molto negli ultimi 8 anni. Un periodo nel quale è successo di tutto. Pandemia, guerre, stravolgimenti geopolitici, Brexit non hanno, però, intaccato molto i nostri flussi di vendite all’estero. Nel 2014 Germania e Francia erano i nostri principali mercati di sbocco e tali si confermano secondo i dati del

Tra i primi 10 mercati di riferimento di Varese ci sono anche Regno Unito (che regge in quarta posizione nonostante la Brexit), Spagna (che scavalca Berna al quinto posto), Svizzera, Polonia, Cina, Paesi Bassi, Belgio

2022. La prima piazza di destinazione extra-Ue rimane quella degli Stati Uniti (terzi nella graduatoria generale). Un Paese nel quale il made in Varese si continua a rafforzare. Basta guardare al +40% messo a segno tra il 2021 e il 2022, superando quota 1 miliardo (il doppio del 2014). Questo il podio delle esportazioni varesine. Ma anche

dietro ci sono sempre i soliti: Regno Unito (che regge in quarta posizione nonostante la Brexit), Spagna (che scavalca il mercato elvetico al quinto posto), Svizzera (che perde appunto una posizione). E poi ancora: Polonia, Cina, Paesi Bassi. Anche loro presenti nei primi 10 partner commerciali varesini da 8 anni a questa parte, cambiano solo alcune posizioni. Unica differenza l’uscita della Turchia e l’entrata del Belgio (anche se, a dire il vero, sempre nel momento in cui scriviamo, dobbiamo registrare, nel terzo trimestre 2023, il controsorpasso di Ankara).

E per quanto riguarda il resto del mondo? Il recente vertice ItaliaAfrica organizzato dal Governo per la presentazione del Piano Mattei ha permesso di puntare i riflettori anche sui rapporti che l’industria varesina ha con quel continente. Che, per la verità, rappresenta ancora un mercato di nicchia dal valore, sempre nel 2022,

FOCUS L’EXPORT VARESINO
PH. LUKAS GOJDA / STOCK.ADOBE.COM 28

di 358,4 milioni. Più o meno i livelli di vendite nel solo mercato dei Paesi Bassi, nono partner commerciale. Il 63,4% delle esportazioni varesine in Africa, inoltre, si concentra nel Nord del Sahara. Con i primi due mercati di sbocco rappresentati da Tunisia (87 milioni) ed Egitto (68 milioni).

Gradino più basso del podio il Sud Africa.

Quasi scomparsa dai radar la Russia, che a fine 2022 valeva per l’export varesino 98 milioni di euro, contro i 156 milioni del 2021 (-37,1%). Effetto sanzioni, ovviamente. E pensare che nel 2019, in un’indagine

L’INVESTIMENTO IN VIETNAM DELLA MOLINA

“Abbiamo aperto a dicembre un nuovo stabilimento produttivo in Vietnam per seguire la filiera produttiva dei nostri principali clienti statunitensi”. Così dopo essersi insediata prima a Taiwan (nel 2015) e poi in Cina (nel 2019) ora la A. Molina & C. Spa ha, in Oriente, una terza sede aperta nell’ambito della joint venture asiatica M & H Innovation, di cui detiene la maggioranza. La recente storia dell’azienda di Cairate famosa per la produzione, sin dal 1890, di imbottiture in piume d’oca e, più di recente, in poliestere, è l’esempio lampante di come le dinamiche geopolitiche possano incidere sulle scelte strategiche anche di quelle imprese italiane definite “multinazionali tascabili”.

Certo, l’inaugurazione dei nuovi capannoni vietnamiti di Haiphong è motivata anche, come racconta il Presidente e

Amministratore Delegato dell’azienda, Agostino Molina, “dalla dinamica di un costo del lavoro più basso rispetto a quello crescente cinese e dalla necessità di aumentare la produzione per far fronte ad una domanda asiatica in forte espansione”. Ma non solo: “Dietro questa scelta c’è a anche la consapevolezza e la richiesta dei nostri clienti americani di creare una sorta di backup industriale qualora le tensioni tra Cina e Taiwan arrivassero fino all’ipotesi, estrema certo, ma non così irreale, di un conflitto”. L’obiettivo è garantire indipendenza industriale dalla Cina e continuità operativa di fronte a qualsiasi scenario. “In Vietnam realizzeremo 250 tonnellate di prodotto, mentre in tutto il mondo siamo arrivati a quota 2.500”. Imbottiture, quelle della Molina, destinate a capi di abbigliamento per i brand più

sull’internazionalizzazione del made in Italy, il primo Paese indicato dalle imprese lombarde come il più interessante per lo sviluppo di futuri rapporti commerciali era proprio la Russia. Tutta un’altra realtà che ci riporta allo scenario del “c’era una volta...”

famosi della moda. E poi ancora: divani, poltrone, cuscini, piumini da letto, guanciali, trapunte, topper. “Ciò che produciamo nei siti che abbiamo in Asia è destinato ai prodotti dei brand americani, europei e cinesi che rimangono in quei mercati”, precisa Molina. “Il mercato europeo e quello americano sono riforniti dalla nostra produzione qui in Italia”. In questa geografia il Vietnam “rappresenta un’ulteriore testa di ponte per la nostra espansione in mercati sempre più interessanti come il Myanmar e il Bangladesh”. Ma lo sguardo dei prossimi investimenti è rivolto anche a Ovest: “Stiamo lavorando all’apertura di uno stabilimento in Nord America”, spoilera Molina. Data prevista per il taglio del nastro: primo trimestre 2025.

Un’altra tappa di un’internazionalizzazione di vecchia data, con la prima joint venture aperta nel 1992 in Siberia e poi una seconda nel 2000 in Brasile. Realtà ancora operative, ma da cui la Molina è uscita. “Anche in questo caso abbiamo dovuto seguire nel tempo la geopolitica”. Nel frattempo, c’è però da fare i conti con un presente dalle crescenti difficoltà logistiche. La crisi del canale di Suez si fa sentire: “Abbiamo 23 container in ritardo di un mese”, racconta Agostino Molina che registra anche un rialzo del costo del noleggio degli stessi: “Nel 2019 eravamo sui livelli di 2.500 euro. Poi l’impennata post-Covid fino a 18.000 euro a container. In seguito, la discesa fino ai 1.000 euro di questo novembre e ora la risalita fino a 3.000 o, per certi operatori, anche 5.000 euro”. (D.C.)

2929
Inaugurazione delle sede vietnamita di M & H Innovation

A VARESE TURISMO da record

Francesca Cisotto

Dopo i numeri senza precedenti di pernottamenti raggiunti nel 2019, il 2023 torna a registrare un’altra vetta grazie ad un aumento di circa 100mila turisti che, superata la pandemia, hanno scelto di alloggiare nella provincia di Varese, tra hotel, alberghi e b&b, ma anche campeggi, case vacanze e alloggi agrituristici. Numeri che , secondo le stime elaborate dalla Camera di Commercio, tenderanno a salire anche nel 2024. A fare da traino: gli eventi sportivi sul territorio, ma anche le attrazioni paesaggistiche e culturali con sette laghi, quattro siti Unesco e oltre 2mila strutture ricettive

3131
INCHIESTA
Santa Caterina del Sasso

Il turismo in provincia di Varese supera i livelli preCovid e tocca un nuovo record con oltre 2 milioni e 300mila pernottamenti, contro il precedente primato di 2,2 milioni del 2019. Questi i numeri registrati da gennaio a novembre 2023: tra 1 milione e mezzo di stranieri e 800mila italiani che hanno scelto di alloggiare all’ombra delle Prealpi, 1 milione e 700mila persone hanno optato per delle strutture alberghiere, mentre 600mila risultano aver preferito quelle extralberghiere, come, ad esempio, bed & breakfast, campeggi, case vacanze e alloggi agrituristici.

Un insieme di strutture ricettive, questo, rivolto a un sempre più variegato target di pubblico, con una permanenza media che cresce,

toccando, in media, i 3,5 giorni nell’area dei laghi prealpini e i 3,8 nelle vallate del Nord della provincia. Mentre rimangono stabili più a Sud del territorio varesino, dove il turismo ruota attorno alla necessità di pernottare prima o dopo un viaggio aereo, con una media di permanenza di 1,5 giorni. Questi i dati finora elaborati dall’Ufficio Studi e Statistica della Camera di Commercio di Varese. Un

bilancio a cui si affianca anche una previsione: il trend turistico è destinato a migliorare ulteriormente nel 2024 con una proiezione che supera quota 2 milioni e 400mila pernottamenti. “Si tratta di cifre importanti che scattano la fotografia del forte impegno degli operatori del settore – tiene a sottolineare il Presidente della Camera di Commercio, Mauro Vitiello –. A loro

MAGRINI: “DOBBIAMO VALORIZZARE LE DIVERSE ANIME DELLA PROVINCIA”

“La provincia è composta da almeno tre zone con conformazione, realtà economiche, storia e obiettivi di sviluppo diversi. Creare una sola visione identitaria è un’importante sfida”. Così il Presidente della Provincia di Varese, Marco Magrini, sulla valorizzazione del turismo varesino. Un sistema estremamente diverso da un punto di confine all’altro della provincia. Il Sud che ruota intorno al polo di Malpensa; un centro costituito dalle grandi città; il Nord con un’area lacustre e prealpina, costellata di borghi: “Aree con peculiarità, punti di forza e di debolezza differenti, ma accomunate dalla diversità oggettiva di prospettive e di intenti che le pone quasi in competizione tra loro”.

Presidente Magrini, qual è la sua visione del turismo nel Varesotto?

Quando si fa riferimento al settore turistico in provincia dobbiamo partire da una considerazione: si tratta di un’area economica complessa e non solo per l’orografia così diversa del territorio, che pure è un valore aggiunto perché diversifica

l’offerta composta da tutta una serie di attori e percorsi. Il turismo in una provincia come la nostra non può essere considerato al pari di quello di una grande metropoli. Qui abbiamo laghi, montagne, città, borghi storici con importanti spunti artistici, scenari e competenze che cambiano drasticamente nel giro di pochi chilometri. Basti pensare che a Nord della provincia ci sono paesi distanti anche solo 5 chilometri che parlano dialetti diversi.

Quali sono le azioni che sta attuando la Provincia per incentivare il turismo? Prima di dire quali sono le azioni per

incentivare il turismo è importante capire cosa è o può essere “turistico” a queste latitudini. La Provincia ha sicuramente un ruolo importante che, però, così come previsto dalla vigente legislazione, è limitato e circoscritto quasi esclusivamente al supporto a livello infrastrutturale delle iniziative che altri attori promuovono e gestiscono. L’Ente favorisce il dialogo, motiva attori pubblici e privati a lavorare insieme per realizzare progetti d’interesse comune e creare un senso di appartenenza comunitario e di legame con il territorio, ma poi è il privato che deve promuovere progetti di valorizzazione. Logicamente all’interno di una strategia condivisa. La

3232 INCHIESTA TURISMO A VARESE
Marco Magrini Mauro Vitiello

va il gran merito di questa crescita, frutto anche del supporto garantito dalle istituzioni e dalle altre realtà che entrano in gioco in un settore turistico che, spesso in sinergia con altri comparti, si sta confermando un fattore di sviluppo complessivo per il nostro territorio”.

D’altronde la materia prima su cui lavorare in termini di attrattività non manca. I punti di forza sono gli scorci paesaggistici di un territorio caratterizzato dai suoi sette laghi molto apprezzati dal turismo straniero, quattro siti Unesco (Sacro Monte di Varese, Monte San Giorgio, Isolino Virginia e Monastero di Torba), un’offerta museale tra le più ricche a livello nazionale, come certificato recentemente anche dal Social Progress Index elaborato dalla

LIUC – Università Cattaneo per conto di Confindustria Varese. Tutti fattori che hanno alimentato nel tempo un lavoro sempre più attento in termini di offerta e di sviluppo da parte di oltre 2mila strutture ricettive, come sottolineato da Vitiello.

A fare da traino, però, sono anche le iniziative sportive. Basti pensare alle manifestazioni ciclistiche della Tre Valli Varesine con la gara per i professionisti e quella per gli amatori della Gran Fondo, ma anche al Trofeo Binda, la corsa in linea esclusivamente femminile che è l’unica tappa italiana del calendario della competizione internazionale Women’s World Tour. O ancora, al progetto #varesedoyoubike promosso dalla stessa Camera di Commercio per costruire insieme agli altri enti

Nel 2023, 1 milione e mezzo di stranieri e 800mila italiani hanno scelto di alloggiare all’ombra delle Prealpi: 1 milione e 700mila persone hanno optato per delle strutture alberghiere, mentre 600mila hanno preferito bed & breakfast, campeggi, case vacanze e alloggi agrituristici

Provincia, come altre istituzioni, ad esempio Comuni e Regioni, deve garantire il quadro in cui le iniziative vanno a collocarsi. In altre parole, l’Ente dispone di beni culturali rilevanti che sicuramente può mettere a disposizione ed inserirli in un progetto di promozione e sviluppo del territorio come parte di una filiera, ma “il prima” e “il dopo” spettano ad altri.

Quali sono i punti di forza e di debolezza del territorio varesino?

La provincia è composta da almeno tre zone con conformazione, realtà economiche, storia e soprattutto obiettivi di sviluppo diversi se non quasi conflittuali. Creare una sola visione identitaria è un’importante sfida. Abbiamo il Sud che ruota intorno al polo di Malpensa, un centro costituito dalle grandi città e il Nord con un’area lacustre e prealpina, costellata di borghi. Si tratta di aree con peculiarità, punti di forza e di debolezza differenti, ma sicuramente accomunate dallo scollamento e dalla diversità oggettiva di prospettive e di intenti che le pone quasi in competizione tra loro. Malpensa è un’appendice di Milano, come una Milano Nord, porta di ingresso di flussi importanti turistici che poi prendono la via del capoluogo lombardo o della sponda piemontese del Lago Maggiore. Poi ci sono Varese e le grandi città che

sono un mondo a parte. E infine il Nord che rappresenta circa il 20% della popolazione, con una storia autonoma e che spesso è abbandonato a sé stesso, con seri problemi di collegamento in termini di viabilità e di mobilità.

Su quali fronti è necessario investire per essere sempre più attrattivi?

La prima sfida, data la vastità della zona, è strutturare una visione “micro regionale” e condivisa all’interno della quale ricondurre le strategie e le azioni attuate nelle diverse aree. Bisogna dare forma ad uno spazio che non sia riducibile ad una somma di singole parti, ma si strutturi come un insieme strettamente correlato al proprio interno da collegamenti e sinergie derivanti dalla messa in rete di attori, progetti e azioni. Si tratta di un lavoro che richiede tempo. Mentre per essere concreti già da subito, la Provincia può garantire la fruibilità dei beni storici del patrimonio culturale e dei punti di richiamo attraverso un piano di marketing territoriale, valorizzando le infrastrutture con interventi di recupero: penso, ad esempio, a musei e piste ciclabili, supportando la mobilità, le comunicazioni e i servizi. Bisogna tenere presente che la provincia non ha la capacità o la possibilità di trasformare la domanda turistica in flussi o valorizzare gli arrivi in realtà economica e in ricadute

sul territorio: questo è un compito che spetta al privato. Da qui la necessità che il territorio (Provincia) sviluppi strategie con i rappresentanti economici (Camera di Commercio) tramite progetti comuni “pubblico-privato” per massimizzare sia le risorse, sia un piano collettivo.

Con quali azioni in concreto?

La Provincia sta sottoscrivendo un Protocollo d’intesa con la Camera di Commercio per “lo sviluppo e la promozione del sistema culturale della provincia di Varese”, avente come obiettivo la connessione e l’integrazione del patrimonio culturale con gli altri sistemi del territorio provinciale, in particolare ai seguenti campi: ambientale e paesaggistico, mobilità leggera e trasporti, turistico, educativo e sociale, produttivo. La Provincia, in sostanza, può creare e favorire le condizioni per uno sviluppo sostenibile che considera in modo adeguato la dimensione economica, sociale e ambientale e che valorizza il patrimonio storico-paesaggistico e identitario. Bisogna consolidare e diffondere il patrimonio culturale, nonché i valori quali la genuinità, l’identità e la storia, nella consapevolezza della sfida che impone, da un lato, la ricerca di un equilibrio tra l’identità e la tradizione e, dall’altro, la creatività e l’innovazione per aprirsi ad un settore turistico che cambia.

3333

locali e agli operatori del settore un sistema cicloturistico all’avanguardia. Ma non è solo grazie agli amanti dei pedali che si genera un certo via vai in provincia. Un altro fronte che ha un ruolo di rilievo nell’attrattività sul territorio, sia di italiani sia di stranieri, è quello del movimento sui laghi. È sufficiente considerare il traffico indotto dal canottaggio, le relative competizioni di rilievo internazionale come, ad esempio, la World Cup e il fitto calendario di allenamenti svolti dalle nazionali di tutto il mondo sulle acque dei laghi attorno Varese. Senza dimenticare il richiamo generato da altre competizioni sportive come la Campo dei Fiori Trail e il Rally dei Laghi.

Ma non solo. Come precisa il Presidente Vitiello, ci sono “eventi

Le gare ciclistiche della Tre Valli Varesine, il Trofeo Binda, ma anche la World Rowing Cup, la Campo dei Fiori Trail e il Rally dei Laghi: questi alcuni degli appuntamenti che generano un importante indotto sul territorio

che riguardano discipline anche non strettamente collegate a quella caratteristica di ‘palestra all’aria aperta’ che è propria di Varese e

del suo territorio”. Un esempio, in questo primo scorcio del 2024, è stato rappresentato dalle gare di qualificazione della boxe per le Olimpiadi estive di Parigi, svolte al palasport E-Work Arena di Busto Arsizio tra il 3 e l’11 marzo. “Senza dimenticare – continua il Presidente Vitiello – che nei prossimi mesi entreranno nel vivo anche le iniziative avviate, grazie alla sinergia istituzionale tra Camera di Commercio con Comune e Provincia di Varese, per la valorizzazione del sistema turistico sportivo varesino in vista del grande appuntamento delle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026”. Anche questo porterà con sé un indotto che contribuirà a raggiungere nuovi record che le stime già pronosticano.

3434 INCHIESTA TURISMO A VARESE
Sacro Monte di Varese

Gli alberghi DEL NORD PUNTANO SULL’EMOZIONE

Bellezze naturali, paesaggi lacustri e attività all’aria aperta. Ma anche tradizioni locali, racconto del territorio, cucina e formazione del personale. Le strutture ricettive delle aree settentrionali del Varesotto investono sul turismo esperienziale per attrarre sia i flussi dei “vicini di casa”, sia quelli Nord-Europei. Con numeri in crescita, ma qualche preoccupazione sulle ripercussioni che potrebbe avere il rallentamento economico della Germania. I punti di vista di Villa Porta di Luino, Palace Grand Hotel e Al Borducan di Varese

‘‘I

l 2023 è stato positivo in termini di numeri di turisti, soprattutto stranieri. Un anno dalla crescita esponenziale e inaspettata. Il primo, forse, dopo il Covid, scevro dal fardello di ansia che ha generato la crisi sanitaria, tanto da superare i dati registrati nel 2019. Il 2024, invece, è partito lento, ma le prenotazioni in essere per i prossimi mesi sono già superiori rispetto a quelle dello stesso periodo dell’anno scorso. D’altronde il Lago di Varese insieme a quello Maggiore, sono affascinanti e non scontati sia per i viaggiatori scandinavi, tedeschi, austriaci e svizzeri diretti verso il Centro o il Sud Italia, sia per quelli provenienti dalla Repubblica Ceca, dalla Francia e dall’Inghilterra che si spostano sul corridoio tra Est e Ovest facendo della nostra provincia una strategica tappa intermedia del loro viaggio”. Queste le parole di Mario Villani, Amministratore Delegato del gruppo I Palazzi-Historic Experience Hotel di cui fa parte il Palace Grand Hotel di Varese, situato sulla sommità del Colle Campigli, in merito all’andamento del turismo in quel Nord della provincia dove “il cliente cerca l’emozione”.

È così che sintetizza il motivo che spinge i turisti a pernottare nella zona dei laghi e delle Prealpi, Lara Luz, proprietaria di Villa Porta: il relais situato sulla sponda lombarda del Lago Maggiore, più precisamente nella piccola frazione luinese del Golfo di

3535
INCHIESTA
Palace Grand Hotel di Varese

Due immagini di Villa Porta a Colmegna

Colmegna. “Il trend positivo dell’anno passato si sta consolidando anche nel 2024 – conferma l’imprenditrice –. Ma non dobbiamo abbassare la guardia. Per quanto possiamo vedere il bicchiere mezzo pieno, la crisi in Medio Oriente è alle porte e tutto quello che sta accadendo nel mondo non è tanto lontano da noi”. Un po’ come a dire che “le aspettative sono buone, ma lo scenario è delicato”.

A ribadirlo è anche Riccardo Santinon, Responsabile dell’hotel Al Borducan di Varese, che nel 2024 taglia il traguardo di 100 anni di attività: “Nel 2023 c’era ancora qualche strascico di preoccupazione, le persone erano un po’ restie a prenotare dei viaggi, mentre ora siamo tornati

alle tempistiche di prenotazioni che registravamo prima del Covid. Anche se bisogna tenere sotto controllo il progredire del contesto a livello globale. Negli ultimi anni abbiamo cercato di valorizzare la struttura e riscoprire le tradizioni locali. È così che i flussi sono raddoppiati. Il Borducan è un luogo tanto caro ai varesini che hanno voglia di avere dei punti di riferimento in grado di raccontare il territorio. Ecco perché, secondo noi, la strada da seguire è quella di riportare in auge quei prodotti e quelle chicche che sanno di storia. La nostra provincia è un posto vivibile, a misura d’uomo, in mezzo al verde, con molti luoghi storico-culturali da visitare e dei buoni prodotti da degustare. Abbiamo

Lara Luz, Villa Porta: “L’obiettivo è sempre quello di stupire le persone. Per farlo è fondamentale che l’imprenditore dedichi del tempo ai propri collaboratori, sia sotto l’aspetto personale, sia professionale, affinché possano avere una formazione sempre più al passo con i cambiamenti del settore”

un potenziale e dovremmo puntare su questo, senza cercare ostentatamente la clientela dall’altra parte del mondo, ma attirando sempre più, in primis, i vicini di casa. Ed è proprio per fare un po’ di incoming sul territorio che, in occasione del centenario del Borducan, stiamo organizzando per tutto il 2024 delle visite guidate e dei pacchetti studiati ad hoc”.

Quello delle persone che scelgono di pernottare al Nord della provincia di Varese è dunque un turismo che, come sottolinea l’imprenditrice Lara Luz di Villa Porta, “ama la natura. Ed è qui che si inserisce l’importanza della valorizzazione del territorio nel suo complesso. Perché è vero che se l’azienda è competitiva, vive di luce propria, ma è anche certo che un buon patrimonio paesaggistico e culturale ha tutta la potenzialità per sostenere le imprese turistiche. Inoltre, viviamo tanto di una clientela Nord Europea. Tra questa, una grande fetta proviene dalla Germania che però, ora, a livello economico sembra attraversare un periodo di incertezza. Il dubbio è che questo possa impattare sull’andamento della prossima stagione, perché si tratta di un territorio che a tutti gli effetti ha sempre fatto da traino al settore. Un pensiero a riguardo

3636 INCHIESTA NORD PROVINCIA

non si può non farlo”.

Ma al di là dei numeri, il fronte su cui l’attenzione rimane alta, sempre e comunque, e su cui vanno gran parte degli investimenti delle strutture ricettive, è quello della formazione del personale.

“È necessario mettere al centro i desideri dei clienti”, afferma Mario Villani del Palace Grand Hotel. E il motivo è semplice: “Quello che facevamo ieri, oggi, è diventato vecchio, ciò che stiamo facendo ora è superato e quello che faremo domani ce lo dirà il mercato. Speriamo in un anno positivo perché un aumento dei volumi di business significherebbe una maggiore offerta di lavoro e ricchezza per tutto il territorio. Ma soprattutto, dimostrerebbe che siamo capaci di fare cultura dell’accoglienza”.

E aggiunge: “La formazione è una delle leve imprescindibili per la crescita di qualunque settore, senza la quale non si va da nessuna parte. Prima di tutto, va sviluppato nei collaboratori

il senso di appartenenza, in modo che possano essere orgogliosi del luogo in cui lavorano. Non basta essere preparati a livello teorico. Tutti i giorni acquisiamo informazioni, verbali e no, da parte delle persone ed è da qui che possiamo migliorarci. Identifichiamo il cliente come vero e proprio patrimonio aziendale, come colui che indica la strada da intraprendere. Si parla di turismo esperienziale, ovvero quello che gira intorno all’emozione, dove il soggiorno va oltre le aspettative del cliente, lasciandolo meravigliato e soddisfatto, tanto da renderlo un testimonial che parlerà bene e gratuitamente della nostra realtà. Sarà proprio lui il volano del nostro successo, il nostro miglior mezzo pubblicitario”.

D’accordo con l’Ad Villani, anche Lara Luz: “L’obiettivo è sempre quello di stupire le persone. Per farlo è fondamentale che l’imprenditore dedichi del tempo ai propri collaboratori, sia sotto l’aspetto personale, sia

professionale, affinché possano avere una formazione sempre più al passo con i cambiamenti del settore”.

Ma non solo per questo. Un altro problema a cui gli operatori cercano di far fronte tramite la formazione della propria squadra, è l’attrattività. Lo spiega così l’imprenditrice di Villa Porta: “Per quanto cerchiamo di adeguare gli stipendi alle richieste dei collaboratori, abbiamo il problema della tassazione italiana e a giocare a sfavore c’è la vicina Svizzera che non aiuta a trattenere le figure più qualificate. Spesso le formiamo, ma poi varcano il confine. Ecco perché cerchiamo di valorizzare il settore turistico fin dalla formazione dei giovani. Crediamo molto in questo, tanto che abbiamo mandato delle nostre risorse a frequentare dei master di specializzazione de Il Sole 24 Ore e dell’Alma (la scuola di alta formazione, con sede a Parma, di Cucina e Ospitalità italiana, ndr). Si tratta di giovani talenti che credono nella nostra azienda e noi vogliamo credere in loro”.

I DATI E LE INFORMAZIONI SONO IMPORTANTI, DIFENDILI DA OCCHI E ORECCHIE INDISCRETI

Utilizziamo le più moderne apparecchiature per la ricerca di microspie e software spia.

Grazie ad un nuovo sistema siamo in grado di accertare in pochi minuti se il vostro smartphone è sotto controllo.

Richiedi l’intervento di un nostro tecnico.

Contattaci al numero 331 455 53 75 o visita il nostro sito.
Stopmicrospie.it è un brand della DDS Investigazioni ASSOCIATA
photo created by DCStudio

NEL SUD I PERNOTTAMENTI “fast and business”

Francesca Cisotto

Foto Sheraton Milano Malpensa

Un’offerta in grado di anticipare le richieste dei clienti, tecnologie all’avanguardia per un servizio iper-veloce, capacità di intercettare i viaggiatori di passaggio grazie alla presenza dell’aeroporto e i flussi del turismo d’affari che genera l’industria locale. Questi i fattori di sviluppo delle attività alberghiere intorno all’area di Busto Arsizio e allo scalo della Brughiera. Il punto di vista degli operatori del settore: Sheraton Milano Malpensa e il neonato Tower Hotel

INCHIESTA
38

‘‘Il cliente che in un resort affacciato sul lago si vuole rilassare è lo stesso che poi da noi cerca la velocità e non vuole perdere tempo nemmeno al check-in. È qui che risulta essenziale, mai come ora, investire sulla formazione dei collaboratori e sull’offerta”. È così che descrive la differenza di clientela tra il Nord e il Sud della provincia e le diverse esigenze di mercato, Silver Carpanese, General Manager dello Sheraton Milano Malpensa: l’hotel che costeggia la pista dello scalo varesino, collegato alla zona della registrazione d’imbarco semplicemente da una sorta di tunnel. Un’offerta, quella di cui parla Carpanese, che cerca di essere sempre più proattiva nei confronti degli ospiti. Persone che, “a differenza di chi pernotta negli hotel o nei relais immersi nella natura della provincia di Varese, non ha tempo neanche per due chiacchiere col receptionist. Ecco perché è necessario anticiparli in tutto”. Un fattore, questo, su cui gioca un ruolo fondamentale un altro fronte di investimento: la digitalizzazione. Sì, perché, come sottolinea il General Manager dello Sheraton, “è quella capace di correre in aiuto agli operatori del settore hôtellerie rendendo tutto più snello. Non significa che il contatto con le persone venga dimenticato, ma vuol dire rispondere efficacemente ad un’esigenza del cliente che tendenzialmente, a Malpensa, ha fretta. Ecco perché, ad esempio, stiamo implementando il mobile key: uno strumento che permette di fare il check-in online, ricevere la chiave elettronica del proprio alloggio ed entrare in camera tramite il proprio telefono. Tutto in maniera rapida e semplice”. E allo Sheraton, che sono praticamente dentro all’aeroporto, questa esigenza di velocità la conoscono molto bene. “In pratica costeggiamo la pista degli aerei, i nostri clienti non devono nemmeno uscire dalla struttura – sottolinea Carpanese –. Le persone che ci scelgono, infatti,

è perché hanno un volo molto presto al mattino oppure uno tardi la sera e quindi preferiscono soggiornare qui per essere più comodi e riposati. La permanenza è molto breve, supera di poco la notte e le capacità di essere celeri, smart e tecnologici, sono fondamentali per poter essere all’avanguardia. Ci sono nuove realtà che si affacciano sul mercato e noi dobbiamo rimanere competitivi, oltre che con il servizio e la tecnologia, anche con il prodotto. Il Wi-Fi, ad

esempio, fino a qualche anno fa, era qualcosa in più; oggi, invece, è una commodity. Tutti si aspettano ci sia nella struttura e deve essere anche all’altezza”.

Fattori questi che non cercano solo i clienti di passaggio in procinto di prendere un volo. Ma anche quelli che si trovano nel Sud della provincia per questioni lavorative. “Malpensa è sicuramente un’attrattiva, ma i motivi della permanenza turistica sul territorio ruotano attorno anche alle

39

imprese”, spiega Frederick Venturi, Presidente di Federalberghi Varese, tra i titolari del Tower Hotel, il nuovo albergo diviso su 9 piani per un totale di 92 camere, che è stato aperto a dicembre 2023 a Busto Arsizio, precisamente in via Magenta. “La maggior parte dei pernottamenti del Tower è legata alle attività imprenditoriali della zona – aggiunge –. Si tratta di prenotazioni per circa il 50-60% di aziende o professionisti, mentre gli altri sono clienti di passaggio o turisti. Solo in una piccola fetta si possono ricondurre allo scalo. Inoltre, per il 30-35% sono stranieri, il resto sono italiani”. Questa la fotografia sull’andamento del turismo a Busto Arsizio scattata dal Presidente Venturi. Quella aperta insieme ai soci, è una struttura ricettiva che ha risposto ad una vera mancanza sul territorio: “Busto Arsizio è un po’ atipica sotto l’aspetto turistico – sottolinea Venturi –. A confronto di Varese, è una città un po’ più grande come numero di abitanti, ma con pochissime camere d’albergo. È in questo scenario che abbiamo visto un potenziale inespresso e valutato l’opportunità di sviluppare

un business attorno all’Hotel Tower. Una struttura che, in realtà, era stata costruita diversi anni prima, sempre con lo scopo di realizzare un albergo, ma poi lasciata incompiuta. Mancavano solo qualche lavoro in termini di impianti e l’arredo. Così li abbiamo finiti e avviato questa nuova attività. Siamo orgogliosi perché crediamo di aver fatto un buon investimento per rispondere anche ad un’esigenza locale. Per ora, il 2024 è iniziato più tranquillamente rispetto allo scorso anno, ma le prospettive sono buone anche grazie alla crescita di Malpensa e a tutti i nuovi voli in arrivo”.

A confermare le attese positive è il General Manager dello Sheraton, Carpanese: “Il turismo nella zona, in generale, sta andando bene e le previsioni per il 2024 sono buone, forse anche per via di un incremento del lungo raggio sull’aeroporto”. Ma se al Tower Hotel di Busto Arsizio, i turisti sono prevalentemente italiani, a fare la parte del leone allo Sheraton di Malpensa sono i clienti che arrivano dal Nuovo Continente: “A livello statistico, al netto degli equipaggi, la

fetta più grande, pari a circa il 3540%, è fatta di americani – precisa Carpanese –, il resto dei turisti si divide abbastanza omogeneamente tra inglesi, francesi e italiani”.

Clientela, quindi, che arriva da punti diversi del globo, ma accomunata dal fatto che si aspetta un servizio all’altezza del luogo in cui soggiorna, fatto di professionisti preparati, celeri e smart.

È qui che si inserisce la necessità di dare una formazione continua al proprio team. Lo spiega così Carpanese: “Si cerca di assumere per caratteristiche e formazione, ma poi diventiamo noi stessi la scuola dei nostri collaboratori. All’interno non abbiamo un’academy istituzionalizzata, ma delle figure professionali con tutte le competenze per fare formazione alle new entry. Investire su questo fronte permette, da un lato, di fidelizzare gli ospiti e dall’altro, di essere più attrattivi nei confronti anche dei giovani talenti. Consapevoli che in un futuro potremmo perderli. Crediamo fermamente che assumere e preparare figure young sia, in ogni caso, un valore aggiunto”.

4040 INCHIESTA SUD PROVINCIA

LE PETTORINE VERDI DELLA BREVETTI Montolit

L’azienda di Cantello, attiva nella produzione di attrezzature professionali per piastrellisti, mette i propri collaboratori a disposizione del Comune, per un totale di 200 ore lavorative da dedicare a interventi di manutenzione ordinaria. Obiettivo: promuovere la sostenibilità sociale contribuendo al mantenimento e all’abbellimento dei luoghi di aggregazione pubblica come i parchi e la scuola del paese. Un esempio concreto di volontariato d’impresa al servizio della comunità, che nasce da un legame col territorio lungo 75 anni

Contribuire alla valorizzazione del territorio; promuovere il benessere all’interno ma anche al di fuori del perimetro aziendale; migliorare la percezione di collaboratori, clienti e fornitori con i relativi ritorni positivi in termini di reputazione, coesione aziendale e sostenibilità sociale. Questi gli obiettivi del volontariato d’impresa intrapreso dalla Brevetti Montolit Spa: l’azienda di Cantello presente sul territorio da tre generazioni e attiva nella produzione di attrezzature professionali per il taglio e la foratura dei materiali lapidei.

Un’attività manifatturiera che conta due stabilimenti produttivi, un hub dedicato alla logistica e una forza

ECONOMIA 41

lavoro di circa 40 collaboratori per un fatturato che si aggira intorno ai 20 milioni di euro. Numeri di cui il 50% è frutto di quell’export destinato ad arrivare un po’ in tutto il mondo. Stati Uniti, Canada, Norvegia, Svezia, Grecia, Portogallo, Australia: questi i Paesi che raggiungono, tramite le vie del cielo ma anche per terra e per mare, i prodotti della Brevetti Montolit, i cui clienti sono i grossisti di attrezzature edili e la grande distribuzione specializzata, che a loro volta rivendono al posatore di ceramica. Questo, essenzialmente, l’utilizzatore finale delle attrezzature dell’impresa cantellese.

Riordino dei parchi del territorio; imbiancature e verniciature nelle scuole e in altri enti della zona; pulizia di griglie e tombini; manutenzione dei cestini dei rifiuti danneggiati, ma anche di strumenti comunali per la pulizia delle strade. Queste, invece, le mansioni che hanno visto all’opera, per un totale di 200 ore lavorative, i collaboratori dell’impresa attrezzati di tutto il materiale necessario per le attività di volontariato, compresa una pettorina verde realizzata appositamente per il progetto, con il

marchio Montolit. Una vera e propria squadra al servizio della collettività e più precisamente del Comune di Cantello.

“Si è trattato di una serie di azioni che sono state svolte all’interno dell’orario lavorativo, con regolare retribuzione e con copertura assicurativa e che soprattutto hanno visto la collaborazione dell’intera popolazione aziendale. Una cosa non da poco dato che non tutti vivono a Cantello”, precisa Stefano Montoli, membro del Cda della Brevetti Montolit.

Ebbene sì, “quello che abbiamo intrapreso è un progetto che non ha niente a che fare con la beneficenza –tiene a sottolineare il Presidente della Brevetti Montolit, Vincenzo Montoli –. In questo caso non è l’azienda che sceglie di dare un supporto economico, ma sono i nostri collaboratori ad essere, con la propria manodopera, i protagonisti dell’iniziativa. Questo perché siamo convinti che, se vogliamo crescere, dobbiamo condividere, con le nostre persone, le nostre priorità e i nostri valori. Quando abbiamo pensato a questa iniziativa, abbiamo valutato e preso in considerazione

Al centro il sindaco del Comune di Cantello, Chiara Catella; ai lati, Giuseppe Rovera, Stefano Montoli, Barbara Montoli e Vincenzo Montoli della Brevetti Montolit

anche altre realtà da supportare per poi optare per la nostra amministrazione comunale. Una scelta che segue il forte legame che abbiamo da sempre col territorio. È da 75 anni che siamo a Cantello. Oltre ai dipendenti, crediamo fermamente che il nostro principale punto di riferimento sia la nostra comunità. Non è stato semplice avviare un’iniziativa di questo genere, ma ci abbiamo creduto perché vogliamo dare il nostro piccolo contributo per la valorizzazione del paese nel quale, oltre a lavorare, siamo anche cresciuti. Abbiamo iniziato a dedicare 200 ore lavorative a questo progetto di volontariato d’impresa ma speriamo sia un’attività continuativa”. E la probabilità che l’iniziativa prenda sempre più piede c’è già: “Abbiamo ricevuto dei feedback molto buoni, tanto che siamo stati contattati anche da altre realtà ma non per il solito supporto economico, bensì per una vera e propria mano per la manutenzione e riparazione di immobili e strutture”.

Il legame di cui parla il Presidente Vincenzo Montoli, è confermato anche dal cugino Stefano: “Abbiamo

4242
ECONOMIA BREVETTI MONTOLIT

sempre dato una mano, sia fisica, sia economica, al nostro territorio con diverse attività, ma non le abbiamo mai comunicate. Adesso, invece, abbiamo capito l’importanza di farle rientrare in un progetto più formale, rendicontandole in un vero e proprio report di sostenibilità. Un modo non solo per monitorare e misurare le azioni svolte, ma anche per darci sempre più obiettivi da raggiungere sul fronte della sostenibilità”. E non solo nella sua declinazione sociale.

Per farlo, si parte dalla formazione e alla Brevetti Montolit lo sanno bene: “Ormai da un anno – aggiunge Stefano Montoli –, dedichiamo tre ore al mese a corsi formativi sul tema della sostenibilità, sia economica, sia sociale, sia ambientale. Lezioni che crediamo fondamentali per tutti i nostri collaboratori, a tutti i livelli. A questa formazione si aggiunge poi quella continua nell’ambito dell’Industria 4.0, che non necessariamente serve alle persone che lavorano da noi per la loro attività, ma può essere utile a livello di crescita personale, per

conoscere nuove tematiche e capire i cambiamenti che le sfide moderne portano con sé, oltre ad essere un modo per prendere una pausa dal lavoro quotidiano”.

La riduzione dei consumi, sia di energia elettrica, sia di quella termica con impianti appositi, ma anche di quei materiali come gli imballaggi di cartone che si possono riutilizzare. Queste le azioni in cui è impegnata l’impresa di Cantello: “Abbiamo scelto di mettere in atto un sistema di circolarità degli imballi sfruttando il fatto che il 70% dei nostri fornitori si trovano in provincia di Varese, dunque territorialmente molto vicini a noi. Per cui i cartoni che ci arrivano per il trasporto dei nostri ordini, invece che finire impilati per lo smaltimento, tornano ai fornitori in modo che possano essere riutilizzati”. Questo perché, come precisa il Presidente Vincenzo Montoli, “non si può essere sostenibili se non si coinvolgono i propri collaboratori, clienti e fornitori. È così che si influenza e si porta tutta la filiera ad un comune senso di responsabilità sociale e ad una sempre

più alta attenzione verso le tematiche di sostenibilità”.

Tra i prossimi obiettivi green dell’azienda, invece, c’è quello di “riuscire a produrre almeno un prodotto a impatto zero entro il 2026 –spiega Stefano Montoli –. Per avere una visione a lungo termine della nostra realtà, dobbiamo pensare al futuro e il futuro è anche questo: preparare il nostro territorio e la nostra impresa per i giovani che un domani potranno scegliere di lavorare qui. Le aziende vengono sempre più giudicate anche per i progetti di sostenibilità sia in campo ambientale, sia sociale. Per questo, adottare politiche sostenibili, oggi, è una prerogativa di ogni realtà imprenditoriale al passo con i tempi. Senza il rispetto per il pianeta, per le sue risorse e per le generazioni future non è possibile immaginare un domani sostenibile. Ecco perché ci siamo impegnati a dare vita ad un modello di business che non solo permetta il sostentamento della nostra attività, ma che sia attento anche all’ambiente, al benessere sociale e a una governance equa e lungimirante”.

4343

L’intermodale “PORTA A PORTA” DI AMBROGIO TRASPORTI

Sette terminal, in Italia e in Europa, tra cui l’headquarter di Gallarate, realizzato nel 1984. Un investimento in provincia di Varese, quello del Gruppo internazionale di logistica combinata strada-rotaia, che in questi primi 40 anni si è rivelato essere vincente per la posizione strategica sul corridoio Reno-Alpi, nelle sue due diramazioni verso Sempione e Gottardo. E l’espansione continua. Tra nuove sfide e costante innovazione, con un occhio sempre puntato alla sostenibilità

Un fatturato, nel 2023, di 96 milioni di euro. Un totale di 250 collaboratori tra Italia ed Unione Europea. Un volume di spedizioni intermodali di oltre 50.000 movimentazioni. Un risparmio garantito, grazie alle proprie attività, di circa 68.500 tonnellate di anidride carbonica non emessa. Una flotta composta da circa 2.000 casse mobili e box container, oltre a 400 carri ferroviari. Protagonista di questi traguardi è Ambrogio Trasporti Spa, un’impresa del settore dei trasporti combinati su strada-rotaia che conta 7 terminal ferroviari in tutta Europa. Tra questi quello di Gallarate che, quest’anno, compie 40 anni e dove il Gruppo ha il proprio headquarter. “Gestiamo una rete intermodale che attraversa diverse nazioni europee – afferma Livio Ambrogio, Presidente del Gruppo –.

Abbiamo terminal in Italia, Francia, Germania e Belgio. Questo ci permette di offrire ai nostri clienti un servizio door-to-door affidabile e completo”. Un percorso, quello dell’impresa con radici nel gallaratese, che muove i primi passi da tutt’altra parte. In Piemonte. “La nostra storia ha inizio nel 1969, quando nasce Ambrogio Trasporti Spa e viene costruito il primo terminal intermodale a Candiolo (Torino). Da quel momento, con passione e impegno costante, abbiamo continuato ad espandere

la nostra presenza – racconta il Presidente dell’impresa –, aprendo terminal ferroviari in diverse località chiave nel corso dei decenni successivi, tra cui il primo terminal francese di Le Boulou, quello di Gallarate, Mechelen in Belgio, Neuss in Germania e Mouguerre in Francia”. Un investimento, a Gallarate, realizzato nel 1984, che si è rivelato essere una scelta vincente, grazie alla posizione strategica in cui è situato, per il traffico merci attraverso il corridoio Reno-Alpi nelle sue due diramazioni

4444
ECONOMIA
Livio Ambrogio

verso Sempione e Gottardo. Quella di Ambrogio Trasporti è una storia fatta di grandi successi e obiettivi raggiunti: “Nel 2023 abbiamo segnato un altro importante traguardo inaugurando il nostro settimo terminal europeo e il terzo italiano a Domegliara (Verona). Si tratta di uno dei nostri maggiori investimenti degli ultimi anni con un valore che supera i 12 milioni di euro complessivi”, sottolinea Livio Ambrogio che continua: “Il nostro più recente passo nella strategia di espansione si è concretizzato, invece, a gennaio 2024 con l’inaugurazione di una nuova filiale a Campogalliano (Modena)”.

Nell’ultimo anno, Ambrogio Trasporti ha rafforzato la propria flotta con un nuovo investimento di 650 unità intermodali (casse mobili e chassis, telai) “in collaborazione con il nostro partner tedesco Kässbohrer”, specificano ancora dall’azienda. Ma non è tutto: nel 2023 sono stati ordinati 50 nuovi

carri ferroviari, già operativi e in circolazione sui binari europei. “I nostri principali clienti appartengono a diversi settori industriali, tra cui l’alimentare, il siderurgico, il chimico, il petrolchimico, il cartario e molti altri – dichiara Livio Ambrogio –. La nostra esperienza e competenza ci consentono di fornire soluzioni di trasporto su misura per le esigenze specifiche di ogni settore”. Anche sul fronte della sostenibilità il Gruppo Ambrogio si impegna attivamente. “Abbiamo una business unit specializzata nella Reverse Logistics, ovvero la logistica di ritorno di materiali e prodotti resi a fine vita o dismessi come rifiuto”. Questo servizio riveste un’importanza cruciale nell’economia circolare, “contribuendo a ridurre gli sprechi e promuovendo la sostenibilità ambientale attraverso il riciclo e il riutilizzo responsabile dei materiali”, incalza ancora il Presidente. Per l’impresa con quartier generale a

Gallarate, si tratta di un pilastro fondamentale: “Ci definiamo precursori di un approccio al trasporto che privilegia la ferrovia per le lunghe percorrenze, lasciando alla trazione stradale solo le fasi locali di presa e consegna”. Un approccio reso possibile grazie a combinazioni innovative di casse mobili e carri ferroviari, progettati per massimizzare il carico utile dei treni. “Siamo riusciti a mantenere il rapporto anidride carbonica/tonnellata trasportata a livelli di eccellenza, con un risparmio di circa 60% delle emissioni inquinanti rispetto al trasporto tutto su strada”. Una visione green e strategica che si riflette anche nella gestione dei 7 terminal del Gruppo. Un esempio tangibile è proprio l’investimento nello stabilimento di Gallarate: “Abbiamo installato una gru a portale elettrica alimentata da un impianto fotovoltaico innovativo di 2.500 metri quadri posizionato sul tetto della nostra sede, garantendo

4545

un’autoproduzione di circa 200.000KW/anno. Un passo concreto verso una gestione più sostenibile e responsabile”. Un impegno verso la sostenibilità in senso ampio. Non solo ambientale. Anche sociale e di governance: “Abbiamo ottenuto numerose certificazioni, tra cui Iso 9001, 45001, Sqas, EcoVadis, Aeo e altre sono attualmente in pipeline (in fase di realizzazione, ndr) per il 2024. Prima tra tutte, la certificazione sulla parità di genere, che rappresenta un ulteriore impegno verso l’equità e l’inclusione all’interno della nostra organizzazione”.

Espansione e welfare aziendale: questi, due dei principali campi di azione in cantiere e su cui lavorare per il futuro. “Proseguiremo la nostra strategia di espansione, focalizzandoci sull’ampliamento dei

servizi intermodali in Europa per soddisfare le crescenti richieste di decarbonizzazione della supply chain da parte dei nostri clienti industriali – informa Livio Ambrogio –. Questo è il nuovo secolo della ferrovia e il trasporto intermodale si rivela cruciale per raggiungere gli ambiziosi obiettivi ambientali del Green Deal. Nel nostro nuovo terminal di Domegliara (Verona), inaugurato nel 2023, stiamo attualmente implementando la seconda fase di sviluppo, che prevede l’aggiunta di binari e l’incremento della capacità di trasporto. Da questo hub, al momento, garantiamo collegamenti con la Germania, nella zona della Ruhr. In futuro miriamo ad estendere la nostra rete verso altre destinazioni del Nord Europa e verso Est”. In termini di gestione aziendale, il

2024 vede il Gruppo concentrato nell’ottimizzare l’attrattività della propria organizzazione attraverso una serie di iniziative focalizzate soprattutto al miglioramento delle politiche di welfare per i collaboratori. “Riconosciamo che il contesto lavorativo sia in continua evoluzione, con crescenti aspettative da parte dei lavoratori. Pertanto, intendiamo essere leader in questo cambiamento, offrendo un ambiente lavorativo che soddisfi non solo le esigenze professionali, ma anche quelle personali e di benessere dei nostri collaboratori – conclude il Presidente del Gruppo –. Il nostro obiettivo è quello di diventare un datore di lavoro di riferimento, sia in Italia sia all’estero, capace di attirare e trattenere i migliori talenti sul mercato”.

4646
ECONOMIA AMBROGIO TRASPORTI
INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

ANCHE LA PULIZIA è un’impresa

Dal cartello giallo con la scritta “Attenzione pavimento bagnato” a idropulitrici professionali per la pulizia di capannoni e mezzi pesanti. Dai dispenser per il sapone, alle scarpe antinfortunistica, passando per i servizi di sanificazione e deodorazione, senza dimenticare la disinfestazione. E poi ancora scope, secchi, detergenti, spugne, mascherine, guanti, caschi e visiere: che si tratti di prodotti o servizi, il mondo della pulizia per TD Group non ha segreti. L’azienda varesina, nata nel 1994 in un piccolo sottoscala ad Azzate per dedicarsi a servizi di pulizia civile e industriale, ora conta un centinaio di dipendenti, equamente suddivisi tra uomini e donne, praticamente tutti della provincia varesina, ha a

Sanificare un macchinario

per

la

risonanza magnetica in

appena

15

minuti. Ripulire dei pannelli fotovoltaici senza passare dal tetto, attraverso un primo sopralluogo con i droni. Questi sono solamente alcuni esempi dei servizi che la TD Group di Galliate Lombardo propone in ambito cleaning, da oltre tre decenni, ad aziende e privati

disposizione 7.500 metri quadrati di magazzini e uno showroom a Galliate Lombardo, ha un laboratorio chimico in cui testare i prodotti e un’officina che si occupa della manutenzione delle macchine per la pulizia sia professionale sia domestica.

“Se in ciò che fai ci metti passione, non ti accorgi del tempo che passa. Per me è stato così. Certo non è sempre stato tutto rose e fiori e non lo è tuttora: il segreto è continuare ad innovare. Servono tanto impegno, dedizione, spirito di sacrifico e voglia di studiare e approfondire, sempre, anche dopo 30 anni”: queste le parole di Diego Trogher, Amministratore Delegato dell’impresa che, per scelta, ha deciso di concentrare il proprio business in provincia di Varese. “Tra i nostri clienti abbiamo molte aziende varesine come Tigros e Tenova, ma

anche Università come la LIUC, oppure centri medici, ambulatori e anche l’Australian Sport Commission di Gavirate. Quella di rimanere nel Varesotto è stata una decisione ben precisa, maturata nel corso degli anni: conosciamo il territorio, siamo vicini e in questo modo possiamo avere la massima cura possibile nei confronti dei nostri acquirenti”, precisa Trogher.

TD Group, nei suoi tre decenni di storia, si è specializzata non solo in servizi di pulizia sempre più performanti e a largo spettro, ma anche nella fornitura di materiale igienico-sanitario, arrivando ad avere un catalogo con migliaia di prodotti, pensati per ogni settore. “Nel corso degli anni ci siamo inevitabilmente espansi, acquisendo nel 2014 l’area ex Malerba a Galliate Lombardo e inaugurando nel 2017 il TD Center,

4848
ECONOMIA

un grande spazio espositivo a cui abbiamo affiancato anche un servizio di carwashing e uno di lavanderia, aperti anche ai privati – spiega di nuovo l’Ad aziendale –. Siamo cresciuti con l’intento di migliorare continuamente, focalizzando sempre di più la nostra attenzione sull’ambiente e sulla sostenibilità, per il quale ci impegniamo ogni giorno a portare energia green in tutto il Paese attraverso la costruzione di impianti eolici. Fondamentale per TD Group è anche il controllo dei consumi: le tecnologie da noi selezionate evitano gli sprechi, generando di conseguenza risparmio”.

Ma com’è cambiato e come si è evoluto l’universo del cleaning in 30 anni? “A bordo delle macchine e dei macchinari c’è sempre più tecnologia, stiamo andando nella direzione dei robot autonomi, in grado di effettuare pulizie senza personale. Ma il nostro rimane comunque un lavoro manuale in cui l’operatore con le sue conoscenze e la sua esperienza fanno la

differenza. C’è ancora molta diffidenza nei confronti di queste tecnologie innovative – precisa Trogher –, da una parte per i costi troppo elevati e dall’altra per alcune difficoltà oggettive come, ad esempio, aziende che di notte attivano il sistema di allarme. Una macchina autonoma, senza operatore, da sola non potrebbe pulire nulla in un caso simile”.

Il vero valore aggiunto, rimasto immutato nel tempo, è il know-how delle persone: “Non è da tutti saper riconoscere e distinguere i diversi tipi di sporco e di superfice su cui si va a lavorare. Conoscere a fondo i prodotti per non rovinare le strutture che si stanno pulendo o sanificando è importantissimo e per arrivare a questo grado di maturità, servono specifiche competenze. Per questo motivo abbiamo in programma di aprire una scuola di formazione interna all’azienda, per formare (per l’appunto) il personale e anche per cercare di rendere più attrattivo questo lavoro agli occhi dei giovani”, spiega di

nuovo Diego Trogher.

Formazione e preparazione sono fondamentali soprattutto quando si lavora in situazioni e circostanze particolari, come ad esempio quando si sanifica un macchinario per la risonanza magnetica: il personale, formato appositamente per questi casi specifici, deve operare in appena 15 minuti per pulire spazi simili. Possono accedere alla sala in cui si effettua la risonanza solo persone con determinate idoneità mediche che non devono assolutamente indossare oggetti metallici come cinture o scarpe antinfortunistica con la punta rinforzata e non devono nemmeno avere un pass maker.

E come si puliscono, invece, dei pannelli fotovoltaici sospesi a decine di metri da terra, senza passare dal tetto? Prima si effettua un sopralluogo con un drone e poi, in tutta sicurezza, ci si avvicina ai pannelli con mezzi e bracci in grado di allungarsi quanto necessario. Il settore delle pulizie è anche questo.

4949

LA SANIFICAZIONE di Retta Via

È possibile mantenere tende, divani e vetri di casa puliti a lungo, purificando gli ambienti in cui questi oggetti si trovano? A rispondere alla domanda sono i sistemi realizzati dall’impresa innovativa varesina, nata poco prima del Covid, con lo scopo di sviluppare soluzioni in grado di purificare l’aria attraverso il processo chimico della fotocatalisi con il biossido di titanio. Molte le applicazioni di una tecnologia che può essere utilizzata in diversi settori, dall’edilizia, al tessile fino all’automotive. Con questa storia inizia il viaggio di Varesefocus nel mondo delle startup del territorio

Come sarebbe mettersi ai fornelli, cucinare un saporito piatto di pesce e non doversi preoccupare dell’odore che, immancabilmente, si attacca a vestiti e pareti per giorni? E se poi lo stesso procedimento, in grado di rimuovere non solo le esalazioni maleodoranti provenienti dall’attività culinaria ma tutti gli elementi inquinanti ed i microrganismi presenti in un ambiente, fosse anche capace di eliminare le muffe e di rendere

autopulenti le tende, il divano e persino i vetri di casa? Retta Via Srl, startup innovativa varesina attiva nello sviluppo di sistemi per il trattamento dell’aria e per la sanificazione, testa e realizza soluzioni con applicazioni simili e molto altro.

“Siamo nati poco prima del Covid –spiega il Presidente del Cda e Titolare Francesco Berti, che, insieme a due amici di infanzia, ha avviato questo progetto, dopo una vita lavorativa trascorsa a fare altro –. Abbiamo messo insieme due ingegneri e un chimico-

farmaceutico di lunga esperienza, scoprendo di avere conoscenze comuni sui trattamenti superficiali utilizzabili per migliorare la qualità dell’aria, sia indoor sia all’esterno. È con questo obiettivo che è nata Retta Via, per sviluppare sistemi tecnologici di purificazione dell’aria, partendo dalla fotocatalisi con il biossido di titanio”.

Ed è stata proprio la pandemia ad accelerare le sperimentazioni portate avanti dalla startup di Varese: “All’improvviso tutti si sono resi conto dell’importanza di ciò che respiriamo – sottolinea quasi divertito Berti –. La nostra idea è sempre stata quella di provare a contribuire al miglioramento della qualità dell’aria che ci circonda, trattando le superfici”. Il tutto partendo da componenti già esistenti, che vengono migliorati, potenziati e resi ottimali per diversi e specifici scopi, come spiega di nuovo il Titolare di Retta Via: “Il biossido di titanio ha svariati impieghi, ma per poter essere utilizzato efficacemente per il trattamento delle superfici deve essere reso capace di esercitare la sua azione in modo continuo e duraturo. E per fare ciò è necessario formulare soluzioni innovative specifiche, come ad esempio, quelle su cui stiamo attualmente lavorando per il settore dell’edilizia, del tessile o dell’automotive”.

Ma come funziona, nella pratica, il processo di fotocatalisi? Innanzitutto, partiamo dal nome: il procedimento viene definito “fotocatalisi” perché utilizza, per l’appunto, un catalizzatore,

5050
STARTUP

il biossido di titanio, che viene attivato dalla luce, in una procedura molto simile alla fotosintesi clorofilliana. In altre parole, è sufficiente spruzzare il componente attivo sulla superfice che si desidera sanificare e lasciare che questo si “attivi” tramite i raggi Uv e l’umidità, sempre naturalmente presente nell’aria. Da questo momento in poi tutto quello che si poserà sulla superfice trattata verrà “disattivato” e reso inerme. “È in questo modo che le molecole costituenti la matrice di batteri, virus e cattivi odori vengono rese inattive e trasformate in sali, acqua ed anidride carbonica – precisa Francesco Berti –. Le nostre applicazioni non hanno alcun effetto sulle superfici, non le danneggiano, non ne modificano il colore, che si tratti di tendaggi, metalli, oggetti di plastica, specchi e finestre di vetro, la sostanza non cambia. Sulla superfice resta un catalizzatore che promuove la reazione chimica desiderata, ma non vi partecipa e non si consuma: questo gli permette di prolungare l’azione di sanificazione nel tempo”.

I protettivi sviluppati da Retta Via hanno la capacità di preservare oggetti ed ambienti dall’usura, dall’umidità e dagli agenti atmosferici, facilitandone la pulizia. Anche all’esterno, come nel caso dei rivestimenti in pietra per edifici su cui lo sporco semplicemente scivola via, evitando la formazione di muffa.

“Il nostro obiettivo – racconta di nuovo Berti – è arrivare anche a realizzare prodotti da banco per il consumatore finale e per la grande distribuzione, ad esempio, per sanificare l’abitacolo della propria auto o la cuccia del cane, ma il percorso è ancora lungo e complicato. Occupandoci di trattamenti superficiali, a partire dalla fotocatalisi, abbiamo poi allargato la nostra attività allo sviluppo di altre soluzioni capaci di rispondere alla necessità di ridurre l’impatto ambientale in diversi settori produttivi quali l’edilizia, il tessile e l’alimentare. Lo scopo è sostituire la chimica tradizionale con nuove molecole di origine biologica ecocompatibile, senza tuttavia obbligare clienti e costruttori di macchinari a modificare le proprie attrezzature. I nostri prodotti innovativi, infatti, si comportano

esattamente come quelli tradizionali che sostituiscono e possono essere utilizzati dai macchinari già esistenti. In più, gli operatori che li usano, pur avendo il beneficio di non avere più a che fare con sostanze tossiche, non necessitano di formazione aggiuntiva”.

Sono tante le idee e diversi i progetti portati avanti da Retta Via che, non senza qualche difficoltà, procede innovando prodotti e processi: “Tra i nostri clienti, sparsi un po’ in tutta Italia, c’è chi, dopo aver effettuato insieme a noi una serie di test con esito positivo, sta ora implementando l’utilizzo delle nostre soluzioni all’interno dei propri processi produttivi. Ma questo non avviene senza una certa dose di reticenza: non è semplice superare l’iniziale scetticismo, specialmente in un mercato ricco di offerte e proposte come quello della sanificazione. Per non parlare poi della lunga fase di test attraverso cui passa ogni prodotto marchiato Retta Via. Ci vuole tempo per costruire con i clienti una solida base di fiducia reciproca”.

Quello che muove l’innovazione di questa startup è di sicuro la curiosità, come rivela infine il Titolare stesso: “Di base io e i miei soci ci divertiamo, perché ci piace quello che facciamo. Nonostante il passare degli anni, abbiamo ancora il desiderio e forse la presunzione di poter cambiare il mondo. E speriamo di appassionare i giovani con lo stesso fuoco che muove noi, aiutandoli a vedere le cose da un altro punto di vista”.

5151
PH. NATEE MEEPIAN / STOCK.ADOBE.COM
PH.
MARCO / STOCK.ADOBE.COM

COSA CAMBIA CON LA riforma “�+�”

A settembre 2024 l’offerta scolastica italiana aprirà le porte ad una nuova tipologia di istruzione secondaria. Parte in fase sperimentale un percorso che lega, con forti raccordi, l’Istruzione Tecnica e le Its Academy, pensato per avvicinare ancora di più le imprese al mondo della formazione. Il modello? Quattro anni per arrivare all’esame di maturità e poi un biennio di specializzazione legato alle filiere economiche e produttive del territorio. I primi progetti in provincia di Varese

Istituti Tecnici dalla durata di 4 anni. Insegnanti provenienti dal mondo aziendale. Percorsi sviluppati a partire dalle principali filiere presenti sui territori e poi, per finire, una forte sinergia con le Fondazioni Its Academy. Quello appena descritto potrebbe sembrare un classico percorso formativo d’istruzione di matrice francese oppure tedesca, paesi in cui, già da anni, è presente un modello formativo improntato sull’apprendimento diretto di un lavoro. Eppure, non siamo volati all’estero, siamo ancora qui, in terra italica. A partire dall’anno scolastico 2024/2025, infatti, farà la sua comparsa nell’offerta formativa italiana, in via sperimentale, il cosiddetto “4+2”, una riforma scolastica, promossa dal Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, che promette

di rivoluzionare il mondo della formazione Tecnico-Professionale.

I nuovi percorsi, sviluppati in simbiosi con le aziende del territorio, vedranno un accorciarsi degli anni di studio della scuola superiore: dai 5 canonici degli Istituti Tecnici e degli Istituti Professionali si passerà a 4 anni con uno scivolo diretto ai corsi Its (Istituti Tecnologici Superiori) della stessa Filiera TecnicoProfessionale di durata biennale, dando così la possibilità a ragazzi e ragazze di appena vent’anni di avere in mano le conoscenze e le competenze necessarie per entrare

nel mondo del lavoro a pieno regime. “Con sole tre settimane di preavviso – racconta Gianni Brugnoli, Vicepresidente di Confindustria per il Capitale Umano – si sono iscritti a questa sperimentazione già 1.700 studenti. La riforma ‘4+2’ mi sembra una buona soluzione per tentare di colmare il gap demografico presente nel nostro Paese, che sta avendo impatti sulle risorse umane da poter inserire in azienda. Con questa sperimentazione si sono gettate le basi per un nuovo e più stretto legame tra scuola e mondo produttivo, riconoscendo

5252
FORMAZIONE
Gianni Brugnoli

apertamente l’importante ruolo formativo dell’impresa”. Impresa che mai come ora diventa protagonista della scuola. Con il Ddl Valditara le aziende saranno chiamate, infatti, ad essere presenti nei percorsi formativi, svolgendo diverse azioni, come ad esempio collaborare alla stesura delle programmazioni quadriennali dei percorsi, fornendo insegnanti provenienti (per l’appunto) dall’azienda e co-progettando le esperienze “on the job” e gli apprendistati.

Tra le aziende varesine che hanno aderito alla sperimentazione “4+2” c’è la Secondo Mona Spa di Somma Lombardo, che con l’Isis Ponti di Gallarate ha sottoscritto un accordo di partenariato aderendo alla Filiera Tecnologico-Professionale nell’ambito delle costruzioni aeronautiche. “Per noi si tratta di un’evoluzione – spiega Lorenzo Genoni, Human Resource Manager di Secondo Mona – perché finalmente le Fondazioni Its e gli Istituti Tecnici, insieme a quelli Professionali, si sono riuniti sotto medesime filiere, costruendo così un percorso univoco. Avevamo già

all’attivo alcune collaborazioni con diverse Fondazioni e scuole: adesso tutto è ancora più semplice, perché si lavora tutti per un unico obiettivo comune, ovvero la formazione lineare dei ragazzi e la loro crescita professionale”. A fare da tramite tra imprese e scuola saranno proprio i docenti aziendali, che potranno salire in cattedra per alcuni moduli formativi e laboratoriali, portando in aula il proprio know-how e le conoscenze maturate in azienda. “Nel nostro caso – continua Lorenzo Genoni –le persone che si occuperanno del percorso di studio per i ragazzi sono quelle figure dall’alta seniority che hanno una consolidata esperienza aziendale e che hanno già ricoperto in passato il ruolo di tutor per i ragazzi in ingresso. Questo permetterà, a nostro avviso, una più facile trasmissione delle conoscenze e, soprattutto, ci auguriamo possa suscitare curiosità verso una nuova professione negli studenti e nelle studentesse”.

Oltre alla piena fiducia delle aziende per questa sperimentazione, c’è un forte ottimismo anche da parte delle

scuole: “Un punto importante di questa riforma – racconta Massimo Angeloni, Dirigente dell’Isis Ponti di Gallarate – è quello di porre un accento sulla professionalità e sulla qualificazione dei percorsi di studio. La discesa in campo delle imprese è un modo per garantirne la qualità. Noi, dal lato nostro, ci premuriamo di rendere consapevoli ragazze e ragazzi del percorso che stanno per intraprendere: una formazione così specializzata ha bisogno di punti di riferimento aziendali, sociali, ma anche di prospettive sul futuro. Per un giovane formarsi con una realtà solida e storica del territorio come Secondo Mona non può che essere uno stimolo”.

In quattro anni, quindi, gli studenti avranno la possibilità di lavorare fianco a fianco con le aziende, per un totale di circa 1.000 ore annue, in modo tale da apprendere al meglio un mestiere. Con l’aumento delle ore di alternanza scuola-lavoro però non verranno messe da parte le materie di carattere culturale, come ad esempio italiano, inglese e matematica. “Bisogna ricordarsi che al termine del percorso

5353
Studenti con indosso capi realizzati durante un corso Acof

scolastico del quadriennio, ci sarà l’Esame di maturità da sostenere – puntualizza Sergio Scaltritti, Responsabile della formazione di Acof Olga Fiorini di Busto Arsizio – ed è ovvio che i ragazzi dovranno essere in grado di superare questo traguardo che, una volta tagliato, darà loro la possibilità di continuare la specializzazione con l’Istruzione Tecnica Superiore. Se vorranno, invece, cambiare percorso formativo, potranno farlo iscrivendosi ad un corso universitario”.

L’accesso diretto agli Its sarà valido, oltre che per gli Istituti Tecnici-Professionali, anche per gli IeFP (Istruzione e Formazione Professionale) a condizione che il percorso di formazione Professionale in cui si diploma lo studente sia inserito nella stessa Filiera TecnicoProfessionale o in alternativa, che ci sia una validazione, da parte di Invalsi, dei percorsi IeFP attraverso un sistema di valutazione dell’offerta

formativa. “Un’azienda ha bisogno al suo interno di svariate figure con diversi ruoli e specializzazioni –racconta Angelo Candiani, Presidente Aslam e Its Lombardo Mobilità –. Qui entra in gioco il dialogo tra gli Istituti Tecnici e Professionali e gli IeFP per capire le esigenze del mondo del lavoro. Adesso l’Istruzione Professionale sta avendo un riscatto, sta diventando una prima scelta dopo il diploma, segno che le necessità delle aziende iniziano a ricoprire un ruolo sempre più importante, anche nell’orientamento dei giovani. Con la creazione di queste filiere, nessuno rimarrà escluso: chi vorrà proseguire con la propria formazione potrà farlo, chi vorrà invece mettere in pratica le conoscenze apprese potrà inserirsi nel mondo del lavoro. Sono talmente tante le offerte che c’è solo l’imbarazzo della scelta”.

Obiettivo della riforma “4+2” è anche tentare di mitigare il sempre più dilagante fenomeno della

disoccupazione giovanile e dei neet, i giovani che non lavorano, non studiano e non sono nemmeno interessati a cercare un’occupazione.

Per gli Its al momento non ci sono particolari cambiamenti in vista, se non un coinvolgimento maggiore nella stesura dei percorsi. “Come Fondazione saremo certamente disponibili ad un confronto e alla coprogettazione per il raggiungimento delle finalità della sperimentazione – conclude Benedetto Di Rienzo, Presidente Fondazione Its Incom –. La Fondazione garantirà la partecipazione attiva nei primi 4 anni, attendendo come risultato un maggiore interesse verso gli Istituti Tecnologici Superiori da parte degli studenti e delle loro famiglie, grazie anche ad una migliore attenzione e partecipazione da parte delle scuole secondarie e della formazione Professionale alla formazione terziaria professionalizzante offerta dagli Its”.

5454 FORMAZIONE RIFORMA “�+�”
Una studentessa dell’Istituto Tecnico Sistema Moda Acof

Il gioco di carte

CHE FORMA I MANAGER 5.0

Si

chiama “A

game

for

immersive Learning” ed è il nuovo strumento di

formazione digitale sui fronti del Lean Management e dell’Industry 4.0, sviluppato dalla LIUC Business School nell’ambito di un progetto di ricerca di Fondirigenti, con il contributo di Federmanager Varese e Confindustria Varese. Un tool basato sulla gamification e sul microlearning, volto a rispondere alle esigenze formative dei manager di oggi. Tra queste, la flessibilità di un aggiornamento sempre più rapido in un contesto di mercati e processi in forte evoluzione

Conoscenze e competenze verticali sempre più specialistiche, ma sempre meno tempo a disposizione per svilupparle. Sono questi gli orizzonti del manager 5.0. Praticamente, da un lato, c’è un work-life balance sempre più complicato da organizzare mentre, dall’altro, ci sono processi, prodotti e mercati in continua evoluzione che per essere gestiti richiedono un aggiornamento costante e veloce delle competenze tecniche e manageriali. È a questo trade-off, tra l’esigenza crescente che hanno i manager di trovare delle modalità di formazione all’avanguardia in un mondo che cambia a grande velocità e la scarsità della risorsa tempo, che cerca di porre rimedio “A game for immersive

learning”: lo strumento sviluppato dalla LIUC Business School nell’ambito di un progetto di ricerca di Fondirigenti, con il contributo di Federmanager Varese e Confindustria Varese.

“Grazie al dialogo con i nostri principali interlocutori, imprenditori e dirigenti, cerchiamo di promuovere sul territorio la cultura manageriale – spiega Massimo Sabatini, Direttore Generale di Fondirigenti –. Si tratta di iniziative strategiche attraverso cui cerchiamo di capire meglio i fenomeni emergenti per la cultura manageriale, modellizzare le competenze e i comportamenti che permettono di affrontare un problema per poi sperimentare e replicare le soluzioni trovate a beneficio di altre imprese. Dall’indagine condotta per

capire le percezioni degli stakeholder sulle tematiche odierne, è emerso che il primo fronte di interesse per il futuro manageriale è quello della digitalizzazione, mentre il principale ostacolo alla fruizione dell’attività formativa è il tempo. E poi c’è una forte diffidenza: spesso i dirigenti hanno la percezione di una non completa soddisfazione rispetto ai contenuti erogati. Ecco come abbiamo capito che è molto importante la complementarità dello strumento formativo, dove una parte digitale si affianca ad una esperienziale”.

Da qui la creazione di un tool sulla Lean Management e sull’Industry 4.0 per la formazione executive di manager e professionisti, basata sulla gamification e sul microlearning: brevi stimoli quotidiani in

5656 FORMAZIONE

formato di carte da gioco interattive che integrano la sfera cognitiva con quella comportamentale. Il tutto per un autoapprendimento immersivo, ma anche un’autodiagnosi. Sì, perché ogni carta digitale propone una domanda a risposta multipla a cui segue un’autovalutazione. È così che l’algoritmo impara i punti deboli dell’utilizzatore per riproporgli i contenuti da rafforzare.

“Il fine ultimo – precisa Raffaele Secchi, Full Professor Operations & Supply Chain Management della LIUC – Università Cattaneo – è quello di promuovere la formazione delle organizzazioni e delle persone ambidestre, cioè quelle che sanno lavorare non solo in modo efficiente sulle risorse esistenti attraverso dei processi noti, ma sono capaci anche di combinare in altri modi le risorse a disposizione per creare nuove opportunità”.

Come sottolinea Andrea Venegoni, Associate Dean Research & Applications for business di LIUC Business School, “lo strumento risponde alle esigenze formative del manager di oggi. Tra queste, innanzitutto, la flessibilità nella

fruizione dei contenuti. Non a caso il tool si basa sulla gamification. Un metodo che, da un lato, aumenta il coinvolgimento, e dall’altro, va a diminuire quella percezione di fatica che si avverte nel partecipare ad un tradizionale percorso formativo”.

Al centro dello sviluppo del game, le necessità degli imprenditori e dei manager del territorio. Lo racconta così Monica Giani, Associate Dean Management Training Programs di LIUC Business School: “È da realtà e associazioni datoriali come Fondirigenti, Confindustria Varese e Federmanager Varese che è partita la richiesta di sviluppare questo nuovo strumento. Sono loro che hanno raccolto i fabbisogni dei manager della provincia, tra cui la necessità di una formazione, da un lato, sempre più veloce e, dall’altro, in grado di sviluppare competenze sempre più verticali e specialistiche”.

Il nuovo gioco di digital learning è dunque il frutto di un approccio alla formazione necessariamente differente in un mondo del lavoro che, come precisa Gianni Brugnoli, Vicepresidente per il Capitale Umano di Confindustria, “sta cambiando

in maniera repentina. È necessario adattarsi alla necessità della lifelong learning (la formazione continua, ndr) con strumenti innovativi e fruibili in modo semplice, perché più facile è l’erogazione della formazione, più riusciamo ad avere una massa critica che continua a formarsi. E più abbiamo cittadini formati, più avremo un Paese fatto di persone capaci di fare scelte migliori”.

Tra gli imprenditori coinvolti nel progetto, Michela Conterno, Ceo di LATI Industria Termoplastici Spa, tra i soci fondatori della LIUC: “La nostra Università è nata per volere di Confindustria Varese per rispondere alle esigenze del territorio, ma non solo per mettere a disposizione delle imprese le brillanti giovani menti neolaureate, bensì anche per continuare a formare coloro che già lavorano in azienda. È per questo che ho coinvolto i manager della mia impresa nella sperimentazione del tool. La formazione dopo il periodo Covid è fortemente cambiata, cerchiamo tutti contenuti immediati. Ecco perché abbiamo apprezzato la brevità, la quotidianità e l’interattività dello strumento”.

Come spiega Alberto Clocchiatti, Digital Services Development Manager di Leonardo, “dietro al tool c’è la voglia di imparare e la disponibilità al cambiamento. Non c’è più un professore che spiega dei concetti ma una persona disponibile a mettersi in gioco. Queste sono le caratteristiche più importanti per continuare ad imparare”.

Un’occasione di formazione che, per dirla con le parole di Roberto Vavala, Sales Director Latin America di Goglio Spa, “è uno stimolo a migliorare. Non ha un approccio invasivo, ma offre la possibilità di gestire la fruizione nel modo migliore per la propria attività professionale. Senza dimenticare l’importanza della ripetitività delle lezioni che porta a riflettere su delle priorità da migliorare in azienda”.

5757
/ STOCK.ADOBE.COM
PH. NUTHAWUT

VARESE SI METTE IN GIOCO sull’economia circolare

Tra le imprese c’è sempre maggior consapevolezza su quanto la circolar economy sia, non solo un’opportunità di miglioramento della propria reputazione, ma anche un volano per vari modelli di business, in grado di garantire più competitività e ritorno degli investimenti. Rimangono, però, delle resistenze culturali e di percezione. Luci e ombre emerse dall’ultima ricerca della LIUC che indica le imprese varesine come quelle tra le più interessate in Lombardia a scommettere sulle politiche green. Ma servono maggiori alleanze tra le Pmi

‘‘T

ra alcune imprese varesine c’è ancora un atteggiamento di diffidenza sulle opportunità che derivano dall’economia circolare. Ma questa rotta sembra si stia lentamente invertendo: circa il 40% delle aziende si sta aprendo sempre di più agli investimenti legati alla circular economy. Varese è, tra le province lombarde, quella più statisticamente interessata allo sviluppo di nuovi modelli ‘green’ di business. Si percepisce la voglia di informarsi, di mettersi in gioco e di innovare”. Così Mario Fontanella Pisa, Assegnista di Ricerca della Scuola di Ingegneria

Industriale della LIUC – Università Cattaneo di Castellanza e curatore della ricerca portata avanti dall’ateneo per investigare l’adozione della circular economy nelle piccole e medie imprese manifatturiere nei

territori di Varese, Como e Lecco. Un’analisi che ha visto anche il coinvolgimento di Andrea Urbinati, Vicedirettore del Green Transition Hub della LIUC e responsabile scientifico della ricerca. A sostenere

5858 UNIVERSITÀ
PH. PARRADEE / STOCK.ADOBE.COM

l’Università in questo studio, Intesa

Sanpaolo, tramite la struttura Education

Ecosystem and Global Value Programs guidata da Elisa Zambito Marsala. “Abbiamo mosso i nostri studi in un contesto strategico, quello delle Pmi, che rappresentano il 99% del panorama aziendale italiano, ossatura industriale del nostro Paese – affermano i ricercatori della LIUC –. Senza il loro effettivo passaggio a questo nuovo modello economico, l’obiettivo di realizzare un’economia circolare su scala nazionale resta fuori portata”.

Fontanella Pisa e Urbinati –. Ciò indica come, nonostante un aumento della consapevolezza, le pratiche aziendali

industriale”. C’è, però, qualche spiraglio di luce, come sottolineano i ricercatori dell’ateneo di Castellanza: “Circa il 52% delle aziende del campione ritiene che il ricorso a pratiche di economia circolare impatti positivamente sulla brand reputation”.

Visione strategica, formazione interna, ammontare delle somme investite. Sono queste alcune delle principali leve su cui le imprese varesine devono puntare maggiormente per sviluppare modelli di business circolari.

Tessile, prodotti in metallo ed elettronica: questi i tre principali settori studiati per oltre un centinaio di aziende coinvolte nella ricerca scientifica. “Si è esaminato, in particolare, come l’economia circolare venga integrata nei vari processi e nelle diverse funzioni aziendali, identificando le pratiche più diffuse e le soluzioni strategiche e operative che facilitano l’adozione di un modello circolare nelle imprese”. I dati mostrano punti di debolezza su cui lavorare e punti di forza da cui partire. Le aziende, secondo i ricercatori della LIUC, hanno dichiarato una conoscenza generale dei principi dell’economia circolare. “Tuttavia, le azioni concrete si indirizzano ancora verso la sostenibilità tradizionale. Sebbene ci sia un’apparente familiarità in questo ambito, l’attenzione si rivolge prevalentemente all’adozione di soluzioni per l’efficienza energetica e per l’efficienza nell’utilizzo dei materiali (52%) e nella gestione degli sprechi (29%) – specificano

siano ancora fortemente ancorate ad approcci di sostenibilità convenzionale”.

A livello di applicabilità, infatti, si respira un generale clima di scetticismo tra le realtà manifatturiere varesine, comasche e lecchesi: “Molte aziende sono ancora lontane dall’implementare efficacemente questi modelli ‘green’ – sostengono i ricercatori della LIUC –. Circa il 30% delle aziende coinvolte nello studio non è sicuro che l’investimento nell’economia circolare porterà ad un aumento dei profitti. Un altro 25% crede che non porterà in alcun modo a benefici di natura economica, facendo emergere la percezione di un’economa circolare vista ancora come un costo e non come un vero e proprio ritorno sull’investimento”. Anche a livello di competitività le cose non migliorano: “Solo il 20% delle imprese ritiene che investire nella circular economy porti ad un aumento della competitività. Il 28% delle aziende, invece, è scettico sui vantaggi di questo nuovo approccio

L’obiettivo è a portata di mano. Lo garantisce chi ha curato la ricerca: “Il grande vantaggio che contraddistingue le province lombarde è la presenza di un elevato numero di imprese, manifatturiere e di piccole e medie dimensioni, che possono fare squadra insieme. La collaborazione di più realtà porterebbe a effettuare investimenti che siano a vantaggio di tutta la filiera”. Le Pmi, è il concetto, possono agire sul fare rete tra realtà appartenenti agli stessi cluster industriali. È importante sostenere e accompagnare in questa direzione le imprese. “Servono strumenti e meccanismi che incentivino le Pmi ad affrontare più efficacemente questa transizione, specialmente in settori come quello tessile, dove le richieste di una maggiore sostenibilità e di una maggiore economia circolare sono in continuo aumento – conclude Andrea Urbinati –. Il nostro rapporto si propone come uno strumento di sensibilizzazione e guida per le piccole e medie imprese, gli stakeholder e i policy maker, evidenziando le sfide, le opportunità e le pratiche virtuose nell’ambito dell’economia circolare, con la speranza di traghettare le imprese e la società nel suo complesso verso un futuro più sostenibile e resiliente”.

5959
Mario Fontanella Pisa Andrea Urbinati

Una vita DA BIOHACKER

Mattia Coffetti, 36 anni, bresciano, è il primo italiano ad essersi impiantato 5 microchip sottopelle. A cosa servono? Per pagare il caffè al bar, aprire o chiudere porte, mostrare il proprio biglietto da visita virtuale o attrarre a sé oggetti metallici. Una nuova frontiera della tecnologia che vuole abbattere ogni limite del corpo umano per potenziarne al massimo le funzionalità fisiche e cognitive. Non si tratta, però, solo di giocare con il futuro. Questo fenomeno ha importanti campi di applicazione anche nell’ambito medico

‘‘Ho deciso nel 2019 di impiantarmi 5 microchip sottopelle e di avvicinarmi, così, al mondo del biohacking. Un mondo che mi ha sempre appassionato molto. Il motivo?

Testare questi strumenti per potenziare le funzionalità del mio corpo e abbattere

ogni tipo di limite fisico o mentale grazie all’utilizzo della

tecnologia”. Questa l’esperienza del bresciano Mattia Coffetti, classe 1988, che nella vita di tutti i giorni si occupa di sicurezza informatica. Oggi, oltre ad essere un personaggio conosciuto per la sua storia a dir poco particolare, è anche divulgatore di queste tematiche. Lo scorso anno, per esempio, è stato ospite ad un evento promosso da CybergON, la business unit della Elmec Informatica di Brunello, dal titolo “Cyber

Things - Uomo e Tecnologia: le due dimensioni del SottoSopra”.

La tua è una storia curiosa, che non si sente raccontare tutti i giorni. Quando e in che modo è nato questo desiderio di vivere una vita da biohacker?

Ho iniziato questo percorso nel 2019 dopo essermi informato su alcuni forum online. Ho trovato una comunità in rete che commercializzava microchip di vario genere e con diverse funzionalità e così ho deciso di iniziare a sbizzarrirmi per cercare di capire quali di questi potessi testare sul mio corpo.

Il motivo di questa scelta?

Sono stati due i principali motivi

6060 SCIENZA & TECNOLOGIA
Mattia Coffetti

che mi hanno spinto a farlo. Il primo perché, fin da quando ero solo un bambino di cinque anni, ho capito che il mondo dell’informatica sarebbe stato la mia più grande

passione. Ed è proprio grazie a questo personale interesse che mi sono avvicinato all’universo del biohacking (programmazione che riguarda tanto la mente quanto il corpo dell’essere umano), del cyberpunk (genere narrativo che trae spunto dalla possibilità di uno sviluppo della tecnologia) e del transumanesimo (movimento culturale che sostiene l’uso delle scoperte scientifiche e tecnologiche per aumentare le capacità fisiche e cognitive). Da qui, la seconda ragione che mi ha spinto a intraprendere questo percorso: quello di voler migliorare il funzionamento del mio corpo.

Dove si acquistano i chip? Come si innestano?

I chip che nel corso del tempo mi sono impiantano li ho acquistati online da alcuni rivenditori specializzati nel settore e successivamente, attraverso un’applicazione sul telefono, li

ho configurati in base alle mie necessità. Per intenderci, niente di diverso da quello che avviene quando si configura, per esempio, Alexa. È un’operazione veloce e non particolarmente dolorosa: è come farsi un piercing o un piccolo tatuaggio.

Cinque microchip non sono pochi. Quali funzionalità hanno?

Il primo chip ha una duplice funzione: può essere utilizzato come chiavetta Usb per sbloccare, per esempio, il telefono, per aprire o chiudere le porte o per accedere alla mia cassaforte virtuale. Attualmente questo chip più “universale” e che può avere diverse funzioni in base a come viene programmato, lo utilizzo soprattutto durante meeting o conferenze per presentare il mio biglietto da visita virtuale, ovvero il profilo della mia pagina LinkedIn. Il secondo, invece, funziona come un’autenticazione a due fattori per

6161
PH. SZASZ-FABIAN JOZSEF / STOCK.ADOBE.COM

accedere ai siti web o ai portali online. Il terzo, tra quelli che uso di più, è quello che mi permette di effettuare i pagamenti. Se vado al bar a prendere un caffè, mi basta avvicinare la mano al pos per pagare e ricevere lo scontrino. Infine, gli ultimi due hanno funzionalità puramente estetiche. Uno è un magnete e funziona esattamente come una calamita, permette di attrarre a sé qualsiasi oggetto metallico. Il secondo è un vero e proprio Led che si illumina di vari colori avvicinando una fonte di elettricità.

Nella vita di tutti i giorni, essere un “uomo bionico”, se così ti si può definire, cosa comporta? Come reagiscono le persone quando utilizzi la mano per pagare il conto al ristorante?

Ci sono principalmente due tipi di atteggiamenti a cui assisto. Alcune persone rimangono stupite e mi guardano in modo strano, perché non capiscono come io possa aver pagato avvicinando semplicemente la mia mano al pos. Spesso, queste stesse persone sono convinte che io voglia

addirittura truffarli. Altri invece, sono divertiti e incuriositi. Sicuramente un po’ straniti, ma hanno interesse nell’approfondire l’argomento e mi chiedono di raccontargli la mia storia.

Al di là dell’aspetto più ludico, l’utilizzo di questi chip può avere riscontri positivi anche dal punto di vista della medicina. Può davvero esserci un futuro in questo ambito? Qual è la tua missione?

Il mio obiettivo è quello di raccontare la mia esperienza a titolo divulgativo. Solo in questo modo anche le persone comuni potranno avvicinarsi a queste tematiche senza avere paura di eventuali violazioni di privacy. Una delle perplessità più ricorrenti è che all’interno dei chip ci sia un Gps in grado di rintracciare o tracciare i movimenti delle persone. Non è così. I chip hanno dimensioni molto piccole e non contengono nessun sistema in grado di impossessarsi di informazioni personali. Sono gestiti tramite un’applicazione secondo output che vengono impostati da chi se li

impianta. La mia missione è quella di trasferire l’idea che il corpo, così come la mente, non deve più lasciarsi limitare da eventuali difetti. Il nostro corpo deve poter essere potenziato al massimo delle proprie capacità. Un po’ come se fossimo dei computer, mantenendo, però, un’identità umana. Per il futuro, la mia speranza è quella che questo tipo di tecnologia venga implementata ed utilizzata anche, per esempio, in medicina per curare malattie neurodegenerative.

“Il mio obiettivo è quello di raccontare la mia esperienza a titolo divulgativo. Solo in questo modo anche le persone comuni potranno avvicinarsi a queste tematiche senza avere paura di eventuali violazioni di privacy”

LA CYBERSECURITY RACCONTATA

CON I PODCAST DI CYBERGON

“La sicurezza informatica richiede una presa di coscienza a doppia dimensione che non può più essere rimandata, poiché la sfida per la protezione della realtà contro chi tenta di appropriarsene è inevitabile”. Questo il messaggio che lancia Elmec Informatica di Brunello attraverso “Cyber Things”, un ciclo di incontri che il Gruppo varesino organizza insieme a CybergON, la propria Business Unit dedicata alla cybersecurity. Eventi aperti al pubblico che si sono trasformati anche in un progetto podcast. “Cyber Things – Il sottosopra digitale” è,

infatti, anche il titolo di una prima stagione di 6 episodi di storie audio su varie tematiche ascoltabili su www.elmec.com e le principali piattaforme podcast.

Il primo episodio parte da una domanda provocatoria. Per tutti. “Uscireste di casa senza chiudere la porta?” Risposta ovvia nella realtà, ma a quanto pare non così scontata nel mondo digitale, terreno dove, come spiegano da CybergON, le persone tendono a muoversi con “molta più leggerezza”. Troppa. Risultato: troppe password che utilizziamo sui nostri profili web sono inefficaci.

Lasciando i nostri dati alla portata di hacker pronti a trasformarsi in nostri “sosia digitali” per rubarci l’identità. Proprio di identità rubate, di moventi economici per le “cyber wars”, di carnefici che prendono le sembianze di vittime, di “dark web” e di truffe digitali anche in ambito sentimentale si parla nelle altre puntate. Con consigli utili molto pratici. Anche per le imprese. Sempre più esposte sul fronte della sicurezza informatica. Secondo gli ultimi dati Clusit (Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica) l’80% degli attacchi hacker porta a gravi conseguenze

per le aziende. Questo, però, non è l’unico motivo di preoccupazione per le Pmi. C’è un altro fenomeno che sta dilagando sempre più: la democratizzazione degli attacchi attraverso meccanismi di social engineering. Quelli che si basano sulla persuasione dell’uomo. Attraverso tecniche sofisticate che sfruttano i bias cognitivi (come la distorsione cognitiva), i cybercriminali ottengono informazioni personali tramite l’inganno ai danni della propria vittima. Motivo in più per farsi una cultura e informarsi. Anche cuffie alle orecchie.

6262
SCIENZA & TECNOLOGIA BIOHACKER

RUBRICHE SU LUOGHI E BELLEZZA

TERRITORIO

Come nascono

le macchine per “fare il freddo”

GITA A...

Ciclabile di Comabbio: sospesi nel blu

ARTE

Le mostre: Maga e Villa Mirabello

COME NASCONO LE MACCHINE PER “fare il freddo”

Continua il reportage fotografico di Varesefocus dedicato alle professioni e ai prodotti dell’industria manifatturiera varesina. Protagonisti di questa puntata sono gli evaporatori e i condensatori di LU-VE Group, multinazionale tascabile con sede a Uboldo, che da quasi 40 anni produce e commercializza in tutto il mondo soluzioni innovative nel campo dello scambio termico

6464 TERRITORIO
Foto di Lisa Aramini Frei
65

Tutto parte dalla realizzazione dei singoli componenti: alette, tubi, collettori e telaio metallico. Poi viene il montaggio dei cablaggi elettrici e dei motori/ ventilatori. È così che nasce un evaporatore o un condensatore. A prendere vita per prime sono le “batterie”, il cuore delle macchine per fare scambio termico. Una pressa trancia e forma il “pacco alettato”, di rame oppure di alluminio (anche rivestito con trattamenti superficiali che lo fanno diventare resistente agli agenti aggressivi). Poi si passa alla fase di inserimento dei tubi (sempre di rame o alluminio) all’interno del “pacco”, alla saldatura dei collettori che chiudono il circuito, al cui interno scorre il fluido refrigerante e infine al collaudo in pressione. Montaggio dei cablaggi elettrici, dell’elettronica di bordo e dei ventilatori chiudono il processo. A questo punto, le macchine sono pronte a produrre freddo o a disperdere calore.

Che si tratti del raffreddamento di processi

industriali o di produzione dell’energia, di data center o grattacieli, di piccole batterie presenti all’interno delle spillatrici della birra oppure dei sistemi di condizionamento per treni e trasporti refrigerati, di piccole celle frigorifere per il macellaio sotto casa oppure di centri logistici per lo stoccaggio delle merci, LU-VE Group è in grado di fornire soluzioni adeguate a necessità anche molto diverse tra loro.

L’impresa fondata da Iginio Liberali nel 1985 è, attualmente, il terzo gruppo al mondo e il secondo in Europa per la produzione di scambiatori di calore ad aria. Ricavi per circa 620 milioni di euro. Quasi 1.080.000 metri quadrati di superficie totale impiegata e 3.600 di laboratorio dedicato a Ricerca e Sviluppo (uno dei maggiori d’Europa). Oltre l’80% della produzione che finisce all’estero in circa 100 Paesi, tra cui Germania, Cina, India, Paesi Arabi e Stati Uniti. Oltre 4.200 collaboratori di cui più di 1.100 in Italia, suddivisi in 20 unità produttive in 9 Paesi in Europa, Asia e Usa: questi i numeri della multinazionale tascabile, il cui quartier generale rimane, tuttavia, ben saldo in provincia di Varese, a Uboldo, dove LU-VE Group produce evaporatori e condensatori per varie applicazioni: refrigerazione (commerciale e industriale), raffreddamento di processi industriali, “power generation” e condizionamento dell’aria (civile e industriale).

Come racconta il Chief Identity & Communications Officer, Fabio Liberali, figlio del fondatore Iginio, entrato stabilmente in azienda dopo svariati anni di gavetta e contratti di collaborazione rinnovati uno dietro l’altro: “Mio padre

6666 TERRITORIO LU-VE GROUP

era un dirigente d’azienda, ma aveva il sogno di diventare un imprenditore. Così, dopo diverse ricerche, quando quasi 40 anni fa venne a sapere che lo storico marchio Contardo Spa con sede ad Uboldo era fallito, lo acquisì. Da lì ebbe inizio la nostra Lucky-Venture, è questo il significato del nostro nome, che non poteva in alcun modo andare male, dato che era il frutto dei risparmi di familiari e amici, con la partecipazione di pochi coraggiosi investitori, che avevano fortemente creduto nella visione di mio padre”.

Da allora, LU-VE ne ha fatta di strada, moltiplicando per 62 volte il primo fatturato del 1986 e quotandosi in Borsa a Milano nel segmento AIM nel 2015, in quello MTA nel 2017 e all’Euronext STAR di Borsa Italiana nel 2022, senza mai mettere da parte il proprio approccio etico al lavoro. “Da noi le persone vengono prima di qualsiasi cosa – precisa Liberali –. Il principio che sta alla base della filosofia di LUVE è: ‘Le imprese sono prima di tutto donne, uomini e idee. La materia grigia è la ‘nostra materia prima’. Da noi è possibile trovare collaboratori con una lunga esperienza alle spalle, ma anche giovani entusiasti e creativi, sostenuti da specialisti accademici per quando riguarda lo studio e l’applicazione delle idee più innovative nel campo dello scambio termico. Dal 1986, lavoriamo al fianco del Politecnico di Milano e abbiamo esteso questo modello di collaborazione a circa 30 Università e centri di ricerca in tutto il mondo”.

Le tecnologie LU-VE sono utilizzate per il condizionamento di edifici storici come il Teatro Bolshoi di Mosca e il Palazzo dell’Eliseo di Parigi. I sistemi di close control progettati e realizzati dall’impresa di Uboldo garantiscono, inoltre, il condizionamento di precisione delle sale operatorie in Italia e all’estero, di web farm e sale controllo come quelle del nuovo Canale di Panama e dell’aeroporto internazionale King Abdulaziz, a Gedda in Arabia Saudita. Ma LU-VE è anche sinonimo di sostenibilità: “Essere un’azienda green era nei nostri piani fin dall’inizio. Siamo stati antesignani nel nostro settore. Oggi prestare attenzione all’ambiente e alle persone è sempre di più una necessità per rimanere competitivi sui mercati. I nostri prodotti, infatti, sono pensati e realizzati in ottica di riduzione dei consumi energetici, delle dimensioni delle macchine e delle emissioni sonore, inferiori anche del 40% rispetto alla media di mercato. La nuova sfida di cui siamo stati, ancora una volta, precursori è l’utilizzo dei fluidi refrigeranti naturali a basso o nullo impatto ambientale”, spiega infine Fabio Liberali.

6767

SOSPESI nel blu

Tra panchine giganti, passerelle sull’acqua e il lago come protagonista indiscusso, la ciclabile di Comabbio è una scoperta affascinante, come i borghi che la abbracciano. Molti gli scorci da ammirare e le attività possibili sulle sponde lacustri, in un percorso di 12 chilometri adatto a tutti, dai ciclisti più esperti alle famiglie con bambini. Imperdibile la casa dell’artista Lucio

GITA A...
68

Uno, cento, mille volti, a seconda che si percorra al mattino o alla sera, d’inverno o in estate, dopo la pioggia o con il sole, o quando la bruma bassa dall’acqua del lago sale lentamente creando un effetto da fiaba: la ciclopedonale di Comabbio per questo è amata e percorsa ogni giorno da centinaia di persone. Dodici chilometri di meraviglia che danno il meglio di sé con l’arrivo della primavera e delle fioriture. In questo breve tragitto, percorribile in bici o a piedi, è possibile ammirare anche la fioritura del loto sull’acqua a inizio estate. Dodici chilometri che toccano i comuni di Vergiate (Corgeno), Varano Borghi, Mercallo dei Sassi, Ternate e ovviamente Comabbio.

Ma non sono solo le atmosfere e le stagioni a rendere speciale questo percorso affascinante. Da sempre, ancora prima che l’anello ciclabile venisse terminato, il lago è stato scenario di arte e bellezza. Basti pensare alle sculture dell’artista Mario Da Corgeno che accompagnano la passeggiata nella frazione di Vergiate, fino alla storica passerella, di recente riqualificata, e alla panchina gigante che troneggia dal parco di viale Repubblica a Varano Borghi, la numero 333 di questo progetto globale.

È come se ogni paese offrisse ai visitatori qualcosa di speciale e unico durante questo percorso e

avesse la sua caratteristica distintiva. A Mercallo, ad esempio, sono speciali le passerelle che permettono di praticare birdwatching in una piccola area umida e il passaggio quasi a raso dell’acqua. A Ternate, invece, il parco Berrini accoglie chi lo visita con un chiosco, giochi per bimbi e un’area fitness outdoor. Ma le novità più recenti sono proprio la recuperata passerella e la panchina gigante, che vuole rappresentare qualcosa di più di un punto in cui scattare una foto ricordo.

Le Big Bench

Le Big Bench, conosciute anche come panchine giganti, sono installazioni artistiche a forma di panchina, realizzate in dimensioni fuori scala, generalmente alte circa due metri e larghe tre. La prima Big Bench è stata creata nel 2010 da Chris Bangle, un designer americano, in Italia, a Clavesana, nelle Langhe piemontesi. L’idea nacque dal desiderio dell’artista di regalare alla comunità un luogo dove fermarsi e ammirare la bellezza del paesaggio circostante con una prospettiva diversa, quasi infantile. Il successo della prima panchina gigante ha portato alla creazione di un vero e proprio progetto, il Big Bench Community Project, che ha favorito la diffusione di queste installazioni in tutto il territorio italiano e, in seguito, anche all’estero. Le Big Bench non sono solo opere d’arte, ma assumono anche un significato simbolico: invitano a riscoprire il piacere di stare all’aria aperta e di immergersi nella natura. A sentire oltre che guardare. E un foglio e un paio di occhiali lasciati proprio sulla panchina di Varano Borghi, ricordano questo aspetto dell’opera. Queste strutture offrono anche un punto di vista privilegiato sul paesaggio, permettendo di coglierne dettagli che normalmente sfuggono. Di solito, infatti, si trovano in luoghi particolarmente panoramici. La Big Bench di Varano Borghi, la seconda in provincia di Varese, è affacciata sul Lago di Comabbio, mentre la prima, quella di Saltrio, regala una vista splendida che spazia dal Monte Generoso al Monte Orsa, abbracciando la piana di Chiasso, Como e Varese.

La panchina gigante a Varano Borghi e, a sinistra, la ciclopedonale di Comabbio

69

GITA A... LAGO DI COMABBIO

Queste panchine insomma stimolano la fantasia e la creatività, invitando a guardare il mondo con occhi nuovi. Ogni installazione è unica e ha un design personalizzato, che riflette le caratteristiche del territorio in cui si trova. Ma tutte hanno alcune regole di realizzazione comune: sono fatte in legno, con una struttura robusta e colorata. Vengono installate in luoghi panoramici, facilmente accessibili, spesso in aree rurali o montane.

La nuova passerella

Dopo due anni di chiusura, la passerella della ciclopedonale del Lago di Comabbio è stata riaperta nel 2023. Si tratta di uno dei tratti più affascinanti del percorso attorno al lago e la versione restaurata è ancora più bella e panoramica: corre per circa 500 metri, a pelo dell’acqua, regalando una sensazione di sospensione e immersione nella natura. La struttura portante è realizzata in acciaio zincato con montanti del parapetto in legno di castagno. Durante la sua inaugurazione, il Presidente della Provincia di Varese Marco Magrini ci ha tenuto a sottolineare l’importanza che questi percorsi di mobilità dolce riservano per il territorio varesino.

Un itinerario adatto a tutti

La pista ciclopedonale del Lago di Comabbio è un piccolo gioiello nella provincia di Varese. Immersa nella quiete della natura, questa pista si snoda per poco più di 12 chilometri lungo le sponde del lago, regalando panorami e scorci suggestivi. Il percorso, quasi interamente pianeggiante e con fondo asfaltato, è adatto a tutti, dai ciclisti più esperti alle famiglie con bambini. La larghezza

A sinistra, un messaggio sulla panchina gigante e qui sotto la passerella sul Lago di Comabbio

della pista consente di pedalare in sicurezza, godendosi il paesaggio senza fretta. Lungo il tragitto si possono ammirare le acque del lago, le colline circostanti, la flora e la fauna che caratterizzano questa zona. Non è raro avvistare aironi, cigni e altri uccelli acquatici che popolano il lago. Le sue acque ospitano popolazioni di pesci appartenenti alla famiglia dei Ciprinidi: in particolare scardola, carassio, gardon e tinca. Ma anche pesce persico e anguilla. Il più grande predatore nativo di questa zona è il luccio, mentre una specie di forte interesse per la pesca è la carpa, oggetto del cosiddetto carpfishing, praticato attorno alle sponde lacustri. Tra le altre specie presenti ci sono la gambusia, il ghiozzo, il persico trota, il persico sole (chiamato anche il gobbino) e il siluro.

Un viaggio tra borghi pittoreschi

La pista ciclabile tocca diversi borghi pittoreschi che meritano una deviazione. I centri storici di questi paesi valgono una sosta, magari prima o dopo il percorso, data la presenza di diversi bar e ristoranti. A Varano Borghi è presente anche un museo diffuso che racconta la località attraverso 13 tappe e pannelli informativi. Qui si trova anche la deviazione ciclopedonale verso la ciclabile di Varese, che attraversa la Palude Brabbia, oasi naturalistica di grande bellezza. A Comabbio si trova la casa dell’artista Lucio Fontana, che sorge ai margini dell’abitato, in posizione tranquilla e isolata. Si tratta dell’abitazione della “matrigna” di Lucio, Anita Campiglio che aveva sposato il papà, Luigi Fontana. Qui i Fontana, nei vari soggiorni italiani al ritorno dall’Argentina, solevano trascorrere le vacanze e i periodi di riposo. Nel 1967 Fontana venne ad abitarvi definitivamente, dipingendo alcune delle sue opere più celebri, fino alla sua morte nel 1968.

Anche Mercallo merita di essere scoperta: noto come “Marcallo dei sassi”, è così chiamato a causa dei grandi massi erratici portati nella valle dai ghiacciai in movimento, un fenomeno geologico che si verificò circa 60.000 anni fa. Il nome, che ha origini longobarde, “mark halle” (che significa luogo di mercato), sottolinea la sua storica importanza come punto di scambio commerciale situato lungo il percorso tra la pieve di Brebbia e quella di Angera, a cui era legato nel periodo medievale. Tra le attrazioni principali vi è la chiesa parrocchiale di San Giovanni Evangelista, caratterizzata da un campanile in stile romanico risalente all’XI secolo e la Cappelletta dei Re Magi, famosa per il suo magnifico affresco: entrambi i siti meritano senza dubbio una visita.

7070

IL PATTO per le Arti S

Diciotto posti disponibili, tre fasce di membership e molteplici vantaggi tra cui l’utilizzo reciproco dei brand, la partecipazione agli eventi riservati, le visite guidate alle mostre e la fruizione gratuita o agevolata degli spazi museali. Senza dimenticare la possibilità di fare networking con artisti, scrittori e collezionisti. Il tutto attraverso le sponsorizzazioni, le partnership culturali, ma soprattutto l’Art Bonus. Questo ciò che propone il nuovo progetto congiunto del Museo Maga di Gallarate e di Confindustria Varese per costruire un’alleanza strategica di lungo periodo tra aziende e cultura

i chiama “Patto per le Arti” ed è il progetto congiunto del Museo Maga di Gallarate e di Confindustria Varese per coinvolgere le realtà imprenditoriali del territorio in un’iniziativa di lungo periodo a sostegno dello sviluppo culturale e artistico e della sua sostenibilità economica. Il tutto, cogliendo le opportunità e i vantaggi che possono offrire le sponsorizzazioni, le partnership culturali, ma soprattutto uno strumento come l’Art Bonus: l’incentivo fiscale che consente un credito d’imposta fino al 65% dell’importo donato, per chi effettua delle erogazioni a sostegno del patrimonio culturale pubblico.

Un progetto di ampio respiro

Ciò che Maga e l’Associazione datoriale degli industriali varesini propongono è una collaborazione tra il mondo della cultura e

quello dell’impresa, che vuole essere per gli attori sia pubblici, sia privati, un modello virtuoso da seguire. Qualcosa di più di un semplice e singolo atto di mecenatismo.

Il vero e ambizioso obiettivo è quello di far nascere sul territorio un’alleanza strategica. Lo spiega così il Presidente di Confindustria Varese, Roberto Grassi: “La collaborazione che apriamo con il Maga attraverso la sottoscrizione del ‘Patto per le Arti’ è un’azione operativa che mira a concretizzare uno dei principali obiettivi che ci siamo prefissati di raggiungere con il Piano Strategico #Varese2050. Cioè, fare della nostra provincia una wellness destination, un’area capace di attrarre talenti dall’esterno e, al contempo, di trattenere i giovani presenti nel territorio. Crediamo fermamente che occorra investire nella qualità della vita. Sia quella all’interno delle imprese. Sia quella quotidiana nelle comunità”. E aggiunge: “È qui che si inserisce l’importanza dell’aumentare l’offerta culturale del Varesotto. Per riuscirci serve il nostro contributo. È necessario che le imprese si assumano nuove responsabilità sociali per sostenere l’arte e farne un driver di attrattività. Non solo turistica, quanto piuttosto di persone e famiglie che vogliano scegliere Varese come luogo dove vivere e lavorare”.

Una sfida, questa, che molte aziende, insieme al museo gallaratese di arte contemporanea, stanno già portando avanti. A guidarli, una visione comune

7272 ARTE

di benessere diffuso. “In questi anni abbiamo stretto importanti alleanze con imprese eccellenti del nostro territorio, come Divita, Missoni, Saporiti Italia e Sea Aeroporti di Milano – sottolinea Emma Zanella, Direttrice del Museo Maga –. Con il ‘Patto per le Arti’ intendiamo seguire questo modello e stringere collaborazioni a lungo termine con un numero selezionato di imprese che stanno puntando sull’innovazione, sulla creatività, sul welfare aziendale e sulle politiche di conciliazione vita-lavoro”.

Diventare partner:

gli aspetti concreti

Diciotto, i posti disponibili per partecipare al “Patto per le Arti”. Tre, le fasce di membership come livelli di adesione. Molteplici e svariati, invece, i vantaggi dell’unione di questi due mondi che dell’investimento in progetti culturali fanno uno scambio virtuoso fatto, da un lato, di responsabilità sociale, welfare aziendale e sostenibilità, e dall’altro, di passione per l’arte, amore per la cultura e attaccamento al territorio. Un’opportunità, dunque, per le imprese per

Da sinistra,

affermare il proprio impegno in materia di Corporate Cultural Responsibility, puntando su un asset strategico utile a garantire competitività e visibilità grazie alla promozione di quei valori necessari allo sviluppo di un futuro inclusivo e che risponda alle esigenze della comunità del domani. Praticamente, diventare partner del progetto significa sposare la programmazione del prossimo triennio del Maga, sottoscrivendo un accordo di sponsorizzazione o di mecenatismo tramite l’incentivo fiscale dell’Art Bonus.

Utilizzo reciproco dei brand, partecipazione agli eventi riservati, visite guidate all’interno del museo e fruizione gratuita o agevolata degli spazi del Maga. Questi, invece, i vantaggi per le imprese. Senza dimenticare la possibilità di fare networking con artisti, scrittori, giornalisti, collezionisti, sia nazionali, sia internazionali e, più in generale, con i protagonisti del mondo culturale e di prendere parte ai progetti e ai laboratori all’interno del canale “Arte&Impresa”. Una serie di benefici, dunque, ma non standard per tutti. La tipologia di collaborazione viene studiata, infatti, dal museo insieme ad ogni singola realtà imprenditoriale, così che il pacchetto della partnership e i relativi vantaggi possano rispondere sia alle esigenze dei dipendenti e dei clienti, sia alle sollecitazioni del territorio e degli stakeholder con i quali l’azienda opera. I fondi raccolti verranno poi destinati al sostegno delle iniziative culturali previste nel calendario del Maga tra il 2024 e il 2026, oltre che al potenziamento della necessaria campagna di comunicazione istituzionale, online e offline, volta, da un lato, a promuovere le attività stesse, dall’altro, a dare visibilità alle imprese partner. Dai convegni alle pubblicazioni scientifiche, fino ai progetti di inclusione sociale, di digitalizzazione del patrimonio e di restauro delle opere, passando per i tirocini universitari e i dottorati di ricerca. Queste e molte altre le iniziative artistico-culturali del Maga, che le realtà imprenditoriali del territorio varesino possono sostenere e valorizzare tramite l’adesione al “Patto per le Arti”.

7373
PH. STEFANO ANZINI
Francesco Moneta, Emma Zanella e Roberto Grassi

LE PROPOSTE POLIEDRICHE del Maga

Sono svariate, e anche molto diverse tra loro, le rassegne in corso al museo gallaratese, a partire da quella dedicata alla moda di Missoni, storico marchio tessile della provincia di Varese, interpretata dall’artista e fashion illustrator Gladys Perint Palmer, fino ad arrivare alla retrospettiva sull’arte di Dadamaino. Passando per l’installazione ambientale di Michele Ciacciofera, che coinvolge anche il Terminal 1 di Malpensa

7474 ARTE
Foto Courtesy Archivio Missoni Illustrazioni Gladys Perint Palmer Sala Arazzi Ottavio Missoni

L’attività del Maga, museo gallaratese amato dal territorio, prosegue nella poliedricità di proposte che lo contraddistingue da anni e vede sempre più

impegnata l’istituzione, nata nel 2010 come emanazione della locale Gam (Galleria d’arte moderna). Da quest’ultima si deve risalire al Premio Arti Visive Città di Gallarate (era il lontano 1949) come luogo d’arte e di incontro tra operatori del mondo culturale, comunità e istituzioni locali. Oggi il Maga prosegue questo fondamentale intendimento di essere parte attiva di un dialogo con istituzioni e aziende, lavorando anche con Confindustria Varese verso una nuova sostenibilità culturale d’impresa. Il 28 febbraio è nato un progetto Triennale, un “Patto per le Arti”, che li vede entrambi schierati insieme in nome della cultura (per approfondire, si legga l’articolo precedente, “Il Patto per le Arti”).

C’è una rassegna in corso al Maga fino al 1° settembre, “Fashion Illustration, la Moda Missoni interpretata da Gladys Perint Palmer”, a cura dell’Archivio Missoni, che ben richiama il senso di fare arte in perfetto rapporto con la realtà locale e col suo divenire. Proiettato verso un domani che s’apre a esperienze sempre più nuove, a realtà un tempo appena abbozzate e oggi punte di eccellenza dell’economia locale, ma soprattutto riferimento per un’economia globale che passa

anche da qui. Interagendo con gli operatori dei diversi settori rappresentati. La Sala Arazzi Ottavio Missoni, non è un caso, è punto centrale del Maga. Non c’è visitatore che non abbia modo di esplorare, in questa suggestiva e avvolgente cornice, tra gli splendidi arazzi di Ottavio, il patriarca dell’azienda, le meraviglie di una realtà produttiva locale. Che s’affaccia insieme al mondo dell’arte e dell’industria.

Non si sbagliava Silvio Zanella quando, istituendo con un gruppo di amici artisti, di collezionisti ed esperti del mondo dell’arte il Premio Città di Gallarate, prodromo a una collezione di artisti del territorio, poi a una sede museale in perenne crescita e in contatto con il mondo dell’arte, individuava nel territorio, antica patria di cesellatori, orafi, tessitori e ricamatori di tessuti preziosi, il luogo ideale. Per far scattare quella scintilla di interesse autentico verso l’arte che avrebbe acceso un fuoco di amore per la stessa. Oggi il Maga custodisce nel suo ventre migliaia di importanti opere e nomi di artisti contemporanei. Ma è anche luogo di incontri, di concerti e conferenze, di scambio di esperienze o di studio, che guardano alle meraviglie e alla globalità dell’arte.

Una seconda sala, anche questa, di riferimento ai Missoni, con telai a pettine liccio appositamente progettati per le attività educative dedicata alle attività di apprendimento, per chi avesse voglia di imparare, legate alla tessitura. Mentre nella Sala Arazzi è appunto in corso la mostra “Fashion Illustration, la Moda Missoni interpretata da Gladys Perint Palmer”. Come noto, Rosita, moglie di Ottavio Missoni, è nata in una famiglia in cui l’attività artigianale era di casa. Certi segreti sulla lavorazione della maglieria sono nel suo dna, trasmessi dai genitori. Con Ottavio esplose la magia di un mix perfetto tra tessuto e colore e la loro avventura umana ed imprenditoriale fu così felice, proprio perché arricchita da diverse sorgenti. Quella della capacità tecnica e quella del buon gusto, del senso del colore e dell’armonia. In questo entra però anche la conoscenza di ottimi disegnatori e stilisti, che Rosita iniziò a frequentare già da subito. Alla piccola Rosita toccò uno dei divertimenti migliori che può capitare a una bambina:

7575

quello di ritagliare i modelli in carta dalle riviste di cui i grandi le facevano dono. Fu un piacere per lei la conoscenza di questa interessante donna, ben nota agli addetti ai lavori, che disegnava con la sua magica matita. Nel tempo, erano gli anni ‘90, Gladys ebbe modo di lavorare a lungo per Missoni. Si erano conosciute nel 1989 tramite la giornalista Anna Piaggi, che della prima aveva curato una mostra milanese alla stessa dedicata.

FASHION ILLUSTRATION

LA MODA MISSONI INTERPRETATA DA GLADYS PERINT PALMER

Fino al 1° settembre 2024

Museo Maga, via De Magri 1, Gallarate info@museomaga.it

Come rivelano i tanti disegni in mostra a Gallarate, nei tratti decisi spicca il senso di un’eleganza innata che guidava la mano della donna. Che coglieva e fissava, nell’essenzialità della linea, ma anche nella preziosità di certi particolari, il segno di un’intuitiva propensione al bello. A Rosita importava anche evidenziare il lato allegro e ironico della moda firmata Missoni. Per questo si era rivolta a noti designer come Brunetta negli anni ‘70, ad Antonio Lopez negli anni ‘80, scelse infine, erano gli anni ‘90, Gladys Perint Palmer. Ha scritto di lei lo scrittore e stilista Colin McDowell nell’introduzione al libro della designer “Fashion People” (Assouline, 2004): “Gladys, la cui opera è sempre firmata GPP, non è una pittrice ma una illustratrice di rara qualità (...) ha uno stile altamente peculiare, scaltro, distaccato e divertito, basato su uno sguardo che è diventato saggio e sardonico con il tempo. Apprese presto che catturare il carattere di una persona o ‘fissare’ la personalità di un capo era prima di tutto il risultato di un occhio attento ai dettagli, seguito dal rigore intellettuale di ridurre tutte le informazioni che ha davanti a sé in poche righe significative. Gladys è della vecchia scuola. Ha trascorso tre anni alla St. Martin’s School of Art di Londra imparando il suo mestiere, seguito da un periodo trascorso ad affinarsi alla Parsons di New York. Da allora ha disegnato per alcuni dei nomi più luminosi della moda, tra cui Missoni, Versace, Geoffrey Beene, Oscar De la Renta e John Galliano per Dior. Il suo lavoro è apparso su Harper’s Bazaar, The New Yorker, The New York Times Magazine, San Francisco Examiner e nella sezione Style del London Sunday Times”. Il prossimo ottobre, a sottolineare ulteriormente il senso di un proficuo, parallelo cammino tra arte e industria, ci sarà una grande mostra dal titolo “Arcipelago Design”, nata da un’idea di Philippe Daverio che l’aveva concepita proprio per il Maga. In oggetto sarà il rapporto tra la creatività dei linguaggi artistici e il progetto industriale dagli anni ‘50 fino agli anni ‘90. In contemporanea la XXVII edizione del Premio Città di Gallarate, curata da Chiara Alessi, proporrà un’indagine sui grandi temi del presente attraverso i designer degli ultimi trent’anni. Museo Maga e Premio Città di Gallarate saranno dunque uniti, in un’ampia rassegna interamente dedicata al Design.

Le tre mostre visitabili fino al 7 aprile

È dedicata a Dadamaino (Edoarda Emilia Maino, 1930-2004) un’ampia retrospettiva, in dialogo con le opere del Maga, curata dall’ottimo Flaminio Gualdoni. Tra le maggiori protagoniste delle avanguardie del secondo ‘900, amica di Manzoni, di Fontana, Castellani, Colombo, Munari, l’artista è raccontata attraverso il ciclo dei Volumi, ma anche nei rapporti con la Galleria Azimut e La Cavana di Trieste, con l’opera “Alfabeto della mente” e la grande installazione “Il Movimento delle cose” (Biennale del ‘90).

Michele Ciacciofera (Nuoro 1969), protagonista di una mostra curata da Alessandro Castiglioni col supporto di Building, è autore di un’installazione ambientale che s’allarga a più spazi, in un poetico e insieme scenografico omaggio alla natura: fino allo spazio del Terminal 1 a Malpensa. Mentre il disegno di Giovanni Campus (Olbia, 1929), curatrice Emma Zanella, è al centro di una mostra-focus sull’artista sardo che ha omaggiato il Maga di ben 10 sue opere. Campus si interroga sul suo riflettere attorno al fare e al pensare l’arte, in un viaggio che va dagli anni ‘50 fino all’oggi. Dai primi disegni, all’uso ultimo della china.

Dadamaino - 1930-2004

Michele Ciacciofera - Condensare l’infinito

Giovanni Campus - Tempo in processo, rapporti, misure, connessioni disegni 2021-2023

Fino al 7 aprile 2024

Dal martedì al venerdì, dalle 10.00 alle 18.00

Il sabato e la domenica, dalle 11.00 alle 19.00

7676 ARTE MAGA

Se i mondi SI DANNO LA MANO

AVilla Mirabello, sede del museo archeologico fondato dallo storico varesino Luigi Borri, è in corso, fino al 1° giugno 2025, un grande progetto espositivo dal titolo “Incontri di mondi lontani”, dedicato ai fratelli Angelo e Alfredo Castiglioni, gli inseparabili gemelli esploratori varesini. Curatore e autore del catalogo dedicato, con Sara Conte, Serena Massa e Giovanna Salvioni, è il figlio Marco, colto e appassionato conservatore di un inestimabile patrimonio museale, materiale e morale, consegnatogli dal padre Angelo e dallo zio Alfredo. E messo a disposizione della città, nella dépendance di Villa Toeplitz e di quanti abbiano voglia di avvicinarne la storia e i contenuti, anche con nuove donazioni di enti e privati. La mostra, che procede in ordine cronologico, rivela un occhio molto attento ai precedenti studiosi legati al territorio lombardo,

Cariatidi (etnia Yoruba, Nigeria, prima metà del XX secolo – collezione A. e A. Castiglioni). In alto, Alfredo e Angelo Castiglioni a Berenice Pancrisia, 1989 (Archivio A. e A. Castiglioni)

Omaggio di Varese, terra di esploratori, ai gemelli Angelo e Alfredo Castiglioni, gli imprenditori umanisti innamorati dell’Africa, scopritori in Sudan dell’antica città dell’oro, Berenice Panchrysos. La mostra a loro dedicata, visitabile a Villa Mirabello fino al 1° giugno 2025, ripercorre i viaggi e le avventure dei due studiosi, alla scoperta di culture e tradizioni lontane, altrimenti destinate all’oblio, tra reperti fotografici, filmati, cartine geografiche e pubblicazioni

7777
ARTE

a partire dall’800, a loro volta dedicatisi alla conoscenza e diffusione di culture di altri paesi e popoli. Come la stessa Edvige Mrozowska Toeplitz (1880-1966), nota artista polacca e moglie in seconde nozze di Giuseppe Toeplitz (1866-1938) fondatore della Banca Commerciale italiana. Fu viaggiatrice ed esploratrice di paesi lontani nei decenni precedenti la seconda Guerra Mondiale, tanto da raccontarne nelle ampie memorie scritte di suo pugno. Fu lei a cedere al Comune di Varese la villa varesina realizzata col marito, modificando e ampliando in parte un edificio preesistente, in quel di Sant’Ambrogio. La splendida dimora, ispirata anche ai viaggi esotici della proprietaria, soprattutto nella presenza di fontane e corsi d’acqua che ne attraversano il parco da cima a fondo (un tempo anche di frutteti accuditi dalla stessa con amore) ospita oggi, in un edificio dedicato in origine agli illustri ospiti dei Toeplitz, proprio il museo gestito dalla famiglia Castiglioni.

I Castiglioni (18 marzo 1937), dal 1956 hanno dedicato 60 anni della loro vita, a conoscere popoli e costumi in via di estinzione, soprattutto nel continente africano. Ma anche l’Amazzonia li ha visti impegnati con vero interesse di studiosi e di uomini. I numerosi libri scritti, le incredibili foto, i film realizzati e diffusi nelle sale cinematografiche (notissimi “Africa Segreta” e “Africa Ama” negli anni ’70), i loro appassionati racconti in pubblico e in privato, hanno aiutato ad avvicinare culture lontane. Ma soprattutto a salvare, in molti casi, la testimonianza di preziose tradizioni altrimenti destinate all’oblio. Il percorso della rassegna, vario e originale, permette una visita accurata, grazie anche a numerosi video, suggestive voci e illustrazioni dei materiali esposti, che lascia però liberi di approfondire aspetti particolari dei viaggi vissuti dai protagonisti. Imprenditori, ma anche accorti cultori di archeologia, scrittori e registi, Angelo e Alfredo sono stati determinanti, con la loro attenzione, lo studio e il fattivo, personale sostegno, spesso anche economico, nella riscoperta di magiche realtà del passato: come quella di Berenice Panchrysos, la città tutta d’oro, antico insediamento urbano situato nel deserto nordorientale del Sudan, vicino alle miniere d’oro del Wadi Allaqi, nella Nubia dei faraoni. Era la città descritta da Erodoto Siculo nel 30 a.C. e da Plinio il vecchio nella “Naturalis Historia” (libro VI). Ma dal 1600 in avanti era sparita all’attenzione dei più accorti ricercatori. La tenacia dei Castiglioni li portò, in un viaggio del 1989 con Luigi Balbo e Giancarlo Negro, a riscoprirne le presunte, antichissime rovine: di epoca romana, poi islamica. I

Reliquiari Mbulu Ngulu (etnia Kota, Gabon, prima metà del XX secolo –collezione A. e A. Castiglioni). A destra, dall’alto, una parte della sala dedicata all’arte africana, in cui sono esposte maschere cerimoniali e altri oggetti d’arte. Il calco originale in negativo di un graffito e la sua restituzione (uadi Mathendush, Libia, 1982)

7878
ARTE MONDI LONTANI

confronti con studiosi ed esperti li portarono alla conferma e infine apparvero ai loro occhi anche le già nominate miniere per l’estrazione dell’oro. Da tali ricerche è nata anche una nuova branca dell’archeologia: la nubiologia. Nel percorso della mostra sono ben evidenziate e documentate le loro più importanti esplorazioni. I nostri alternavano, infatti, a periodi di lavoro imprenditoriale, cura familiare e insieme di studio, scrittura e racconto delle realtà visitate, lunghi viaggi per conoscere sempre nuove realtà. Ma soprattutto interessa ai curatori della rassegna dimostrare la ricchezza e l’importanza dell’approccio umano che ha caratterizzato i contatti tra i due esploratori e gli indigeni, una cifra del resto ben riconoscibile anche nei filmati e nei libri prodotti. Chi scrive ne ricorda due, particolarmente interessanti e cari: “Venere Nera” (Lativa, 1985) e “Babatundé” (Lativa, 1988), dedicati rispettivamente alle donne e ai bambini dei diversi paesi visitati. Dove racconti e incontri di vita ben evidenziano la loro totale attenzione e sensibilità alla vita quotidiana femminile e all’infanzia. L’ampio racconto espositivo della mostra prende avvio dalla porta dell’etnia Banum, costruita dagli indigeni. Si tratta di un simbolico invito a mettere da parte i pregiudizi e liberare la mente per “spalancare la soglia” e valutare con occhi nuovi una realtà diversa dalla quotidianità, cioè quella che si apre alla vista di chi inizia il viaggio. E che è immersione in culture e realtà geografiche e paesaggistiche di altri mondi. Il primo approccio è poi un omaggio ai nostri visitatori dell’800, pionieri di esplorazioni testimoniate da oggetti, libri, diari, disegni, cartine geografiche, mappe e pubblicazioni varie, frutto degli studi dei protagonisti. Mentre a ruota segue la “stanza delle meraviglie”, con oggetti particolarmente interessanti, rari ed esotici,

INCONTRI DI MONDI LONTANI

Dai viaggi d’esplorazione di fine 800 alle ricerche di Angelo e Alfredo Castiglioni

Fino al 1° giugno 2025

Museo Civico Archeologico di Villa Mirabello

Piazza della Motta 4, Varese da martedì a domenica, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 18.00

www.museocastiglioni.it

Tel. 0332 255485

raccolti durante i lunghi viaggi. Il disvelamento del “miraggio” che ha portato i Castiglioni a fare la scelta di vita definitiva introduce poi al come avvenivano i loro lunghi e meticolosi preparativi, quali erano le tecnologie utilizzate, già sofisticate per i tempi e gli adattamenti dei mezzi e delle strumentazioni, per addentrarsi nella savana e nelle foreste, nei deserti o sui monti. Un’ulteriore sezione propone curiosi oggetti scolpiti dagli indigeni, osservati qui non tanto in funzione artistica, uno sguardo che pure si meritano, quanto piuttosto simbolica, religiosa o di utilizzo quotidiano. Due importanti sale sono poi dedicate alla scoperta di Berenice Pancrisia e della città portuale di Adulis, conservata integra sotto metri di limo e sabbia. Infine, ultimo spazio, è la sala immersiva dedicata al viaggio del 1974, che ricrea l’atmosfera della foresta amazzonica. E comprende anche il ricordo di un altro eccezionale viaggio presso una popolazione venezuelana, i Mahekoto-Teri che viveva ancora isolata dal resto del mondo. La mostra, che offre spunti molto diversi tra loro, è davvero un curioso ed interessante racconto. Anche di due vite, iniziate nello stesso giorno, e vissute sempre vicine, in totale affetto. Chi ha avuto la fortuna di conoscere i fratelli Castiglioni, encomiabili per il loro entusiasmo, la voglia di conoscere, di osare, di capire e di portare agli altri il frutto di tanto bene, ne conserva un ricordo incancellabile. È giusto e necessario che la città continui a parlare di loro, che ci hanno lasciato nel nuovo secolo, a riscoprire quel gran lavoro fatto, a mantenere accesa la passione e anche il nome, di due vite spese bene.

7979

105 ANNI DI Pro Patria

Lisa Aramini Frei

La nascita nel 1919, nel primo dopoguerra. La scalata verso la serie A, dove ha giocato in totale 12 stagioni. I ricordi (ancora amari) dell’arrivo di Kubala che mai riuscì a scendere in campo per una partita ufficiale. Gli alti e bassi, fino ai giorni nostri e l’obiettivo salvezza da centrare quest’anno. Quella dei Tigrotti di Busto Arsizio non è solo una storia calcistica che ha superato abbondantemente il secolo. È una sorta di epopea, con tanto di museo per celebrarla

Un momento difficile, gli anni del primo dopoguerra. Ferite da rimarginare e umore da risollevare, tra l’oscurità del periodo appena passato, ma un futuro ancora tutto da scrivere. È il 1919 e la guerra, oltre ai danni morali e sociali, ha creato vuoti all’interno delle comunità e del movimento sportivo. C’è voglia di rivincita, tanta, e c’è bisogno di unità, coesione e di appartenere a qualcosa. Anche a Busto Arsizio. È in questo contesto di rinascita che esponenti delle diverse realtà calcistiche della città, decidono di unire le forze per creare una società che possa rappresentarli tutti. Così, il 26 febbraio 1919, nasce ufficialmente l’Unione degli Sport Bustesi, Pro Patria et Libertate 1881 sezione calcio che in un’unica realtà racchiude le ambizioni di Aurora, Victoria, Unione Sport e Juventus. Obiettivo: legare l’esigenza della costruzione di un percorso comune alla voglia di ricominciare, sempre guidati dalla passione. La stessa che ancora oggi caratterizza il mondo della Pro

Patria calcio che compie quest’anno i 105 anni di storia. Una maglia che è epopea sin dalla scelta dei colori. “Particolarità della nostra squadra di calcio – racconta Andrea Fazzari, Presidente del Pro Patria Museum – sono le righe orizzontali bianco e blu. Questo tipo di maglia è un unicum nel panorama del calcio italiano, un richiamo forte alle radici ginniche

8080 SPORT

della società con cui l’anima del pallone condivide gli albori. Infatti, nella compagine delle organizzazioni che componevano l’allora nascente Pro Patria era presente anche la Pro Patria 1881, sempre nei primi posti per il campo della ginnastica. Le linee bianco e blu derivano da lì e sono ancora oggi il nostro tratto distintivo”. Parte ufficialmente così una storia di tenacia e passione che dura da oltre un secolo. Radici comuni, quelle tra calcio e ginnastica che si fanno presente, non solo nella maglia, ma anche nel nome dello stadio dove la Pro Patria ancora oggi gioca le sue partite: “Carlo Speroni”. In ricordo del mezzofondista olimpico bustocco della Società Ginnastica Pro Patria et Libertate. I primi anni che seguono alla fondazione sono di rodaggio, necessari a trovare la giusta coesione per la squadra. I primi successi, infatti, iniziano ad arrivare 10 anni dopo con la conquista nel 1929 di un posto nella Serie A, la Pro Patria riesce a svolgere tre stagioni di fila. È in quegli anni, fatti di successi, che i giocatori diventano ufficialmente “i Tigrotti” di Busto Arsizio, soprannominati così nel 1931 dal giornalista sportivo Bruno Roghi, rimasto impressionato durante una partita dalla grinta e dalla foga agonistica dei calciatori bustocchi. Dopo la retrocessione in Serie B nel 1933, la squadra vive un lungo periodo di alti e bassi, fino al secondo dopoguerra. Nel 1947, finalmente, la Pro Patria mette a segno il ritorno in Serie A. In totale saranno ben 12 le stagioni che la squadra bustocca giocherà nella massima serie, con il culmine del successo, con la Presidenza di Peppino Cerana, sotto la quale il team militerà in serie A fino al 1955-1956. “Una particolarità di quegli anni – continua il racconto di Andrea Fazzari – è stato l’ingaggio dell’ungherese Ladislao Kubala, una sorta di Cristiano Ronaldo per quell’epoca. Purtroppo, fu squalificato dalla Fifa per aver oltrepassato la Cortina di Ferro e a nulla servirono i tentativi di sanatoria da parte della società. Non fece mai partite ufficiali, ma solo amichevoli. La squadra decise poi di venderlo al Barcellona che sicuramente aveva più peso politico in ambito federale europeo. Dopo il passaggio in Spagna, la squalifica infatti venne cancellata e Kubala divenne uno degli attaccanti più forti al mondo. Un giocatore che ha lasciato un’impronta indelebile”. Ancora oggi, nel ricordo dei tifosi bustocchi, c’è il senso della grande occasione perduta. Da lì in poi seguono diversi momenti in Serie B e in Serie C, con il punto più basso in Eccellenza nel 1992.

Nel 2018, grazie anche alla presidenza di Patrizia Testa, la squadra riesce a tornare in serie C. “Essere qui oggi dopo 105 anni e una storia nata agli inizi del secolo scorso – racconta Testa – è un grande orgoglio, anche se ovviamente c’è l’ambizione di andare oltre i ricordi e il limite della categoria nella quale oggi giochiamo. Nel mio ruolo cerco di veicolare i principi dello sport sano, soprattutto per i giovani, che possono trovare nell’attività agonistica una valvola di sfogo e valori nei quali riconoscersi e crescere”. Oltre al rapporto con le nuove generazioni, la Pro Patria ha saputo mantenere viva anche la sua identità e il legame con la comunità attraverso iniziative come la creazione di un museo dedicato alla propria storia. Quel Pro Patria Museum, inaugurato nel 2014 e nato grazie al patrimonio di una tifoseria di appassionati che negli anni ha raccolto e condiviso veri e propri cimeli della squadra, dalle figurine da collezione alle magliette più rare. “Le storie dei calciatori – spiega Riccardo Colombo, allenatore ed ex-giocatore della Pro Patria – possono insegnare il valore del sacrifico. Conoscere e raccontare il passato ci permette di capire l’importanza del contesto sportivo che rappresentiamo. È fondamentale dare importanza alle persone che hanno contribuito a rendere i colori di questa squadra una parte importante della storia del calcio italiano”.

Il futuro della Pro Patria è ancora tutto da definire, ma le basi sono solide: una grande storia, la passione e, soprattutto, il senso di comunità e partecipazione di una tifoseria sempre pronta a sostenere la maglia bianca e blu. Queste le certezze su cui la società bustocca può contare nella costruzione delle prossime tappe di un’epopea che continua. A partire dall’obiettivo dichiarato per quest’anno: la salvezza. Poi si vedrà.

8181

APERTURA

Da un antico cascinale lombardo dei primi del '900, immerso nel verde del Parco Alto Milanese, sorge Villa Sant'Uberto, il luogo perfetto per concedersi momenti di assoluto relax.

Villa Sant'Uberto riaprirà a Maggio con chiusura a Settembre dal lunedì alla domenica, martedì escluso, con ristorante, piscina e bar.

Viale Toscana, 200 - 21052

Busto Arsizio (VARESE)

www.villasantuberto.eu

In cucina

Rubrica in collaborazione con

Enoteca Bottazzi 1957, Besozzo enotec abottazzi.it info@bottazzi1957.com

TERRA DI CIOCCOLATO SALATO

Ingredienti per 4 persone

20 gr di cacao amaro

210 gr di farina

150 gr di burro

150 gr di zucchero

5 gr di sale

350 gr di fragole

Procedimento

150 gr di panna liquida fresca

18 gr di gelatina in fogli

Parmigiano

Colorante alimentare

naturale

Aceto balsamico

Unire tutti gli ingredienti con il burro a temperatura ambiente, infornare a 150 gradi per 5 minuti, sfornare, spaccare il composto con una forchetta e farlo cuocere per altri 5 minuti. Per la cialda di parmigiano: sciogliere per 30 secondi nel microonde il formaggio, dopo averlo precedentemente mescolato al colorante e steso su carta forno. Passati i 30 secondi, adagiarlo ancora caldo sopra una tazza da cappuccino per dargli la forma. Per la mousse: sciogliere i fogli di gelatina in acqua fredda. Lavare e pulire dal picciolo le fragole in acqua e ghiaccio, frullarle con lo zucchero; nel frattempo montare la panna, poi strizzare le fragole, scolare la colla di pesce e scioglierla a bagnomaria, unirla alle fragole e con il leccapentole, aggiungere la panna lentamente ed evitare che si formino grumi. Lasciare a riposo per almeno 3 ore. Per la composizione del piatto: stendere la terra di cacao lungo il piatto, con la glassa di balsamo fare dei pois sopra di essa. Adagiare nel centro del piatto la mousse con una dadolata di fragole fresche, “nascondere” con la cialda di parmigiano il tutto.

formino

di cacao lungo il piatto, con la glassa di balsamo

“nascondere” con la cialda di parmigiano il tutto.

Ricetta dello Chef Andrea Premoli, Ristorante Tribe Table (Vizzola Ticino)

L’idea di Trappolini

Nel 1961 Mario Trappolini fonda l’omonima cantina nel Comune di Castiglione in Teverina, un paese incastrato tra Umbria, Lazio e Toscana sulla dorsale appenninica. Mario, oltre ad avere una grande

attenzione per la coltivazione della vigna, ha saputo rimanere sempre al passo con l’innovazione tecnologica. Oggi Roberto Trappolini, con la stessa filosofia del padre, conduce la vigna in modo sano, senza apporti chimici: le lavorazioni vengono effettuate tutte a mano da personale formato in azienda proprio per rispettare in pieno la filosofia aziendale. Tra i vari vini che Roberto produce spicca un’“Idea”, Aleatico rosso dolce. Le uve dopo la raccolta vengono appassite sui graticci per tre mesi prima della vinificazione. Poi il vino viene affinato per circa due mesi in acciaio e lasciato a riposare in bottiglia per altri quattro mesi. Si presenta di colore rosso rubino intenso con riflessi violacei, al naso esprime note di frutta rossa croccante e rosa canina molto intensa, in bocca si scioglie in una dolcezza ben bilanciata da acidità e un po’ di tannino che lo rende estremamente piacevole, ideale con dolci a base di cacao amaro, ma suggestivo anche con formaggi erborinati o molto stagionati.

Sommelier Bruno Bottazzi

INVESTI NEL TALENTO E DAI VALORE AL FUTURO

PERCHÈ

destinare il 5x1000 alla LIUC

Con il tuo 5x1000 alla LIUC contribuisci a donare borse di studio a giovani meritevoli e motivati.

Non costa nulla e non sostituisce l’8x1000.

COME

destinare il 5x1000 alla LIUC

Sulla dichiarazione dei redditi (CU, 730 o Unico) basta apporre una firma nel riquadro “Finanziamento della ricerca scientifica e dell’Università” e indicare il codice fiscale della LIUC - Università Cattaneo: 02015300128

Motori

Marelli & Pozzi Spa

Viale Luigi Borri 211, Varese

Tel. 0332 260338

Viale Ticino 79, Gavirate

Tel. 0332 743707

informazione pubblicitaria

LA NUOVA LANCIA YPSILON È 100% ELETTRICA

Per il suo debutto in società, l’ultima nata della casa Lancia, si veste del design d’interni firmati Cassina. In questa configurazione, la vettura internamente riflette l’eleganza e il comfort tipici delle abitazioni italiane, con un abitacolo trasformato in un vero e proprio salotto

Matteo Dall’Ava

Si prevede un veloce sold out della nuova Lancia Ypsilon Edizione Limitata Cassina. A poche settimane dal lancio ufficiale, infatti, la nuova rete composta da 160 concessionari ha già venduto diverse unità dei 1.906 esemplari in produzione: tra loro anche le concessionarie Marelli & Pozzi di Varese e Gavirate. Questo modello full electric da 4,08 metri rappresenta un connubio tra il design puro e radicale di Lancia e

l’eccellenza nel design d’interni di Cassina: un’unione di tradizione e innovazione. La Nuova Lancia Ypsilon Edizione Limitata Cassina è best-in-class nel segmento B delle due volumi premium, grazie all’allestimento più completo della categoria. Si distingue per il suo stile unico, caratterizzato da un’attenzione particolare ai dettagli, come gli iconici fanali full Led rotondi e all’uso di materiali di alta qualità. Il design interno della vettura riflette l’eleganza e il comfort tipici delle abitazioni italiane, con un abitacolo trasformato in un vero e proprio salotto. Questo include sedili in morbido velluto blu riciclato,

mutuato dallo storico panno Lancia, con motivo a Cannelloni e un tavolino a induzione Cassina. Sorprendente anche la plancia con il cockpit da 10,25” arretrato rispetto al touchscreen centrale della stessa dimensione. Da qui e dal volante multifunzione si può interagire con SALA. Il Sound Air Light Augmentation è il pilastro della tecnologia senza sforzi di Lancia che, insieme alla guida autonoma di livello 2, consente di viaggiare in ambiente extraurbano con più sicurezza, semplificando l’esperienza a bordo; parcheggio semplificato incluso. Il modello è anche una dimostrazione dell’impegno di Lancia e di Cassina verso la sostenibilità, considerato l’utilizzo di materiali riciclati e riciclabili.

La Nuova Lancia Ypsilon è dotata di una motorizzazione completamente elettrica da 156 cavalli e 260 Nm di coppia con un pacco batteria da 51 kWh. I bassi consumi che oscillano trai 14,3 e i 14,6 kWh per 100 km garantiscono un’autonomia fino a 403 km in ciclo combinato WLTP. La possibilità di una ricarica rapida in corrente continua porta la batteria dal 20% all’80% in 24 minuti. Lancia Ypsilon 100% elettrica è supportata da Free2move Charge, ecosistema energetico per una gestione della ricarica pubblica e domestica.

La Nuova Lancia Ypsilon Edizione Limitata Cassina non è solo una vettura nata per la città, ma un simbolo del Rinascimento del marchio Lancia. Il suo prezzo di listino è 40.000 euro al netto degli incentivi statali. L’offerta di lancio prevede un anticipo di 9.800 euro (con ecoincentivo per rottamazione fino a EU4) e una rata mensile di 200 euro compresa di wallbox per 3 anni e 30.000 km.

5x1000. Fai i conti con il cuore.

Dona il tuo 5x1000 a Fondazione Renato Piatti.

Per i bambini con disabilità e autismo la tua firma diventa subito assistenza, terapie e riabilitazione.

Quando fai la dichiarazione dei redditi porta con te il nostro codice fiscale e firma nel primo riquadro dedicato al “Sostegno degli enti del terzo settore iscritti al RUNTS...”

Firma e scrivi il nostro codice fiscale per destinare il tuo 5x1000 ai bambini con con disabilità e autismo.

SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE ISCRITTI AL RUNTS...

Via Francesco Crispi, 4 Varese | Tel. 0332 833911 | sostenitori@fondazionepiatti.it | 5x1000.fondazionepiatti.it

AUDI A4 AVANT, L’INTRAMONTABILE ‘‘L

Innovazione, design, comfort e prestazioni: ecco gli asset di Audi A4 Avant, la station wagon della Casa dei quattro anelli. È possibile conoscere tutte le curiosità su questo nuovo modello nei concessionari Audi Zentrum del gruppo Wendecar di Varese e Solbiate Olona

Matteo Dall’Ava

e belle station wagon si chiamano Avant”: con questo slogan, Audi ha celebrato nel 1995 una delle configurazioni di carrozzeria più iconiche nella storia del marchio. Un crescendo di vendite e notorietà, tanto che Audi A4 Avant, station wagon di segmento D, è ancora oggi il modello più venduto della Casa dei quattro anelli. Il merito va alla sua particolare combinazione di design esteriore,

decisamente raffinato, con un abitacolo di qualità superiore, tecnologie avanzate e una gamma di motorizzazioni efficienti e potenti.

I 4 metri e 78 dell’Audi A4 Avant sono modellati da linee pulite per un aspetto sportivo portato all’apice nella variante RS4: RS, acronimo di RennSport, è la traduzione in tedesco di corsa. Tra gli allestimenti più apprezzati c’è l’S Line che offre cerchi in lega da 19 pollici e una sospensione sportiva più bassa di 20 millimetri, con finiture esterne che includono il badge S Line e fari LED Matrix. L’interno vanta sedili in Alcantara e pelle, pedali in acciaio inossidabile

Viale

Via

e un volante sportivo multifunzione. Il sistema di infotainment MMI touch display dell’A4 Avant offre un’esperienza utente intuitiva e interattiva, con feedback acustici e grafica nitida.

Il Virtual Cockpit Plus presenta un cruscotto digitale personalizzabile con un display HD da 12,3”, che rende tutte le informazioni importanti facilmente accessibili. L’interfaccia smartphone Audi consente la connessione wireless con Apple CarPlay o Android Auto, oltre alla ricarica wireless del telefono. Oltre al design, gli specialisti di Ingolstadt hanno progettato diversi sistemi di assistenza al guidatore, gli ADAS (Advanced Driver Assistance Systems), per offrire il massimo in fatto di sicurezza e confort sia in città sia in autostrada. Tra questi, il sistema Audi Pre Sense Front è fondamentale per prevenire incidenti urbani, mentre l’Adaptive Cruise Control mantiene una distanza sicura dal veicolo che precede. Per prevenire i sinistri, la connettività del sistema Car-to-X, consente ai veicoli Audi di parlare tra di loro e con altri oggetti intelligenti sulla strada, come semafori e cantieri.

La gamma di motori dell’A4 Avant include opzioni mild-hybrid sia a benzina sia diesel, progettate per unire efficienza e prestazioni. Tra queste, il 40 TFSI benzina da 204 CV e il 35 TDI diesel da 163 CV offrono un equilibrio tra prestazioni e consumi, mentre per chi cerca maggior potenza, la soluzione è la turbo diesel S4 Avant da 347 cavalli oppure la benzina RS4 Avant da 450 cavalli. A renderla completa il sistema di trazione integrale quattro di Audi, per un controllo totale dove e quando serve. Rimandiamo lo svelare delle altre curiosità di questa station wagon ai concessionari Audi Zentrum del gruppo Wendecar di Varese e Solbiate Olona. Prezzi a partire da 47.000 euro.

Audi Zentrum Varese Belforte 151, Varese
pubblicitaria
dei Combattenti 1, Solbiate Olona
informazione

RUBRICHE SU CULTURA E DIGITALE

TERZA PAGINA

L’aura degli

Italian Innovators

DAL WEB Indagini e traguardi

COMUNICARE Una comunicazione da medaglia

PH. ARANPRIME / /UNSPLASH

Terza pagina

L’aura degli ITALIAN INNOVATORS

Come si racconta all’estero l’italianità, tra cultura e imprenditoria, utilizzando un linguaggio moderno come dei video su YouTube? Luca Cottini, scrittore, storyteller e ricercatore alla Villanova University di Philadelphia, varesino di nascita, parla della forza dell’innovazione italiana, tra impresa e valore, portando oltre oceano esempi di aziende che “si concepiscono operatori di cultura”

‘‘Se hai del buon vino hai due possibilità. Ti chiudi in cantina e ti ubriachi o lo condividi”. La metafora di Luca Cottini descrive alla perfezione un lavoro di ricerca e narrazione che mette al centro il valore, anche in termini economici, della capacità di innovazione del nostro Paese. Varesino di nascita, oggi professore associato di studi italiani alla Villanova University di Philadelphia, Cottini è personalità poliedrica che per sua stessa definizione “vive in due mondi”. In America, dove ha messo radici ormai da quasi 20 anni, racconta l’italianità, tra cultura e imprenditoria; in Italia, a cui restituisce un lavoro prestigioso, ma soprattutto un punto di vista da un osservatorio privilegiato. Uno dei suoi progetti, “Italian Innovators”, ritratti a tutto tondo di persone che hanno

fatto la storia dei nostri principali marchi, raccontati su YouTube, racchiude al massimo quella che è la sua visione della capacità d’impresa nostrana.

Come è nato questo percorso?

La mia è una formazione classica, che affonda le radici nello studio del greco e del latino al Liceo Classico E. Cairoli di Varese. Sono “figlio d’arte”: mio papà, “il Prof. GP” Cottini era amatissimo: una specie di istituzione in città. Mi sono avvicinato all’insegnamento con questo bagaglio anche pesante, ma con un’idea personale molto chiara: volevo continuare ad insegnare, senza smettere di studiare. Una vocazione ben definita, che mi ha portato negli Usa dove ricerca e insegnamento sono un mestiere unico. Curiosamente mi sono ritrovato a fare un master e

un dottorato di studi italiani prima all’Università di Notre Dame in Indiana e poi ad Harvard, dove ho trascorso

i miei anni di “studio matto e disperatissimo”. Da lì poi, passando dal Canada, il mio percorso di insegnamento e

9090
CULTURA E DIGITALE
“Italian Innovators”, ritratti a tutto tondo di persone che hanno fatto la storia dei nostri principali marchi, raccontati su YouTube, racchiude quella che è la visione di Cottini della capacità d’impresa nostrana

ricerca mi ha portato qui, in Pennsylvania.

In pratica, si occupa di italianità. È curioso che lo faccia dagli Stati Uniti! Non è strano. Essere all’estero permette di osservare l’Italia in modo diverso. Prima di tutto, guardarla da qui, significa guardarla intera nella sua complessità da Nord a Sud. Nello stesso tempo, osservare da qui permette di non avere un approccio a compartimenti stagni ma di mettere insieme più ambiti, come la letteratura, il cinema, il design e l’industria, acquisendo una visione globale. Gli americani, poi, sono grandi appassionati della nostra cultura, da Dante e Petrarca a Verdi e Fellini. Da qui l’osservazione del modello culturale e produttivo italiano emerge più chiaramente.

Cioè?

Noi siamo abituati a delimitare il nostro valore aggiunto con l’etichetta del made in Italy, che non è sbagliata, ma è riduttiva. Come racconto nel mio libro “The Art of Objects: The Birth of Italian Industrial Culture”, il nostro modello ha qualcosa di più: nasce dal bisogno storico tra fine ‘800 e primi del ‘900 di posizionarsi in mercati già occupati da altri. Come si affronta questo bisogno, come ci si rende unici? Il nostro modello d’innovazione coincide così con la scelta di aggiungere un qualcosa di intangibile, un elemento culturale e di design, all’oggetto di consumo. E così l’impresa si fa arte, superando la dimensione seriale o effimera del prodotto: Bianchi ha scelto Boccioni, Campari ha scelto Depero, Borletti ha scelto D’Annunzio per creare il brand La Rinascente. Marchi come Olivetti, Gucci e Ducati hanno creato dei musei per raccogliere i loro prodotti classici. A testimonianza del fatto che le imprese si concepiscono operatori di cultura.

E come nasce l’idea di raccontarlo sui social? L’idea è proprio quella della condivisione di storie: dai grandi nomi del passato

(senza dimenticare un omaggio alla sua città, Varese, raccontando Ferragamo, ndr) ai contemporanei, come Mauro Porcini o Clio Zammatteo, in arte Clio Makeup. Se hai il buon vino, lo devi condividere: questa era l’idea semplice alla base del progetto. Poi però è andato oltre le aspettative, viaggiando veloce sugli incredibili binari del digital marketing che mi hanno avvicinato a fruitori da tutto il mondo. Fa un certo effetto sapere che mi seguono anche a Mumbai! Su una struttura leggera come YouTube, investigare un diverso modello di approccio al business si è rivelato vincente. Racconto valore. E il valore, come nella doppia valenza etimologica della parola “profitto” è un capitale (o letteralmente un “beneficio”) sia morale sia economico. Un concetto così ovvio di cui però ci siamo dimenticati.

Il racconto è idealmente destinato a tutto il mondo. Gli americani, come lo accolgono?

Il pubblico americano è attento: se racconti bene qualcosa, ti segue. È un modo diverso di avvicinarsi al sapere il loro. Anche il rapporto con i libri è diverso: noi studiamo tutta la letteratura, ma spesso parliamo di opere che

non abbiamo davvero letto, mentre qui lo fanno integralmente. Allo stesso modo gli americani hanno molta attenzione nei confronti del prodotto italiano. Sono disposti a spendere di più ma solo se spieghi loro il perché. Il nostro saper fare ha per gli americani un’aura, un flair, qualcosa di invisibile, eppure che brucia. L’Italia non crea progetti ma storie. Io le racconto, cercando di rendere intellegibile il mondo da cui nascono.

Tra queste c’è anche quella di Michele Ferrero, per tutto il mondo l’inventore della Nutella, al quale ha dedicato un libro, “Il fabbricante di cioccolato”, edito nel 2023 da Piemme. È una biografia?

Non è una classica biografia ma una riflessione secondo il mio stile, mossa dal tentativo di leggere insieme fenomeni diversi, collegando i punti e raccontando una storia di innovazione attraverso il dialogo con un immaginario o una tradizione culturale. Che, per tornare al tema del design, è quello che invitava a fare Gio Ponti: riscoprire nella tradizione le forze occulte che un tempo hanno messo in moto la creatività e ancora la possono ispirare. Questo è il libro: non una biografia ma una riflessione ad ampio raggio su cosa vuol dire italianità a partire da una delle sue storie di maggiore successo.

9191

In libreria

L’ ENERGIA DELLE PAROLE

La forza delle parole, quelle che allontanano e quelle che avvicinano, quelle usate per raccontare la storia e quelle per dare voce a chi non ne ha mentre avrebbe bisogno di essere ascoltato. È il filo che lega questi volumi, che mostrano il “valore umano che si cela dietro a ogni ingranaggio”. O a ogni parola

Dal Medioevo al SARS-CoV-2. Spesso di fronte alla comunicazione medica, il comune lettore, ma anche il paziente, si sentono allontanati come di fronte al latinorum di manzoniana memoria. Nulla di male, intendiamoci, se si pensa al linguaggio dei tecnici: è normale che una comunità abbia il suo lessico e che i non addetti ne siano esclusi. È anche comprensibile che la riflessione internazionale ponga le altre lingue in un ambito di minor prestigio rispetto all’inglese. Nell’era della comunicazione condivisa, però, la questione acquista altre sfumature, vista anche la recente necessità di divulgare, etimologicamente parlando, informazioni mediche che ha acceso il desiderio di comprendere. La scienza non sarà democratica, ma la curiosità certamente sì. In tale contesto, questo originale e piacevole lavoro di Renzo Dionigi, con la prefazione di Ilaria Bonomi e Riccardo Gualdo, diventa stimolante per lettori di ogni genere, rappresentando un excursus (per stare in tema!) tra medicina, linguistica e comunicazione. Agli specialisti di discipline diverse

che non si comprendono tra loro e ai pazienti che si sono persi in un bugiardino, questo libro evocherà quel contrasto che pone da un lato un linguaggio agevolato, accessibile a chi non è del settore e dall’altro un linguaggio iperspecialistico, che rischia di essere di difficile comprensione. Ma come è nata l’idea dell’autore, noto chirurgo e professore emerito varesino, ex rettore dell’Università dell’Insubria, nonché storico rigoroso?

“Durante la revisione dell’ultima edizione di un noto trattato di chirurgia si è constatata un’inattesa e straordinaria estensione dei lemmi chirurgici e medici in generale. Questa proliferazione di termini, talora impenetrabili, inconsueti e frequentemente presi in prestito da altre lingue, sta progressivamente allontanando il grande pubblico e per il suo tecnicismo può mettere in difficoltà anche la ‘corporazione clinica’. Si è così reso necessario un aggiornamento”.

Renzo Dionigi

Le parole in chirurgia Mimesis, 2023

mimesisedizioni.it

9292
CULTURA E DIGITALE

Francesco Carbone

L’energia che ha reso possibile le 5 rivoluzioni industriali 2024

Una osservazione da un punto di vista diverso del cambiamento, tra progressi tecnologici e storia d’impresa. Dal XVIII secolo, con la rivoluzione della macchina a vapore fino alle biotecnologie, l’autore dipinge un ritratto inedito dell’evoluzione, alla scoperta del legame indissolubile tra rivoluzione industriale e sorgenti energetiche.

Senza dimenticare l’urgenza di aff rontare la transizione sostenibile. Per il lettore un percorso verso “la determinazione di contribuire a plasmare un futuro sostenibile, scoprendo il valore umano che si cela dietro ogni ingranaggio”.

francescocarbone.net

“La parola è una cosa profonda, in cui per l’uomo d’intelletto son nascoste inesauribili ricchezze”
Gabriele

d’Annunzio

AA. VV. Mandami una cartolina. Ongetta, una famiglia senza confini 2023

Una storia di famiglia, di impresa e di territorio. Il tutto legato da un filo di seta. Protagonista la famiglia Ongetta, cresciuta sulla sponda lombarda del Lago Maggiore e arrivata ad espandere, già nei primi del ‘900, la propria attività fino in Russia. L’avventura di un nucleo e delle sue generazioni rappresenta lo spaccato di un’epoca e la capacità di impresa nata ancora

prima dell’industria stessa, che ha portato il sogno dei primi pionieri del secolo a imporsi sui mercati. Sullo sfondo le condizioni nelle fabbriche, il ruolo della donna, tra maternità ed emancipazione, e poi i drammi che scuotono quegli anni dalla Rivoluzione russa alla prima Guerra Mondiale. “Una piccola grande storia che racconta la vita di gente comune eletta testimone di un destino universale, fra aspirazioni, migrazioni e cadute. Un racconto che porta in luoghi oggi tristemente sconvolti da conflitti e violenza”.

Lodovica Cima

Una nuova casa per Ip Voce donna ETS Centro Antiviolenza, 2023

Ci sono temi di grande attualità ma particolarmente delicati, così delicati che si tende a non parlarne ai più piccoli. Questo libricino, illustrato da Paola Formica, scritto da Lodovica Cima, edito dall’Associazione Voce donna ETS Centro Antiviolenza di Pordenone, presenta in modo semplice ed efficace il racconto di violenza domestica e l’intenzione della mamma di mettersi in sicurezza con il proprio piccolo. Nato durante il lockdown e dalla necessità delle operatrici di rivedere il modo di lavorare con donne e minori, il progetto “Parole per ascoltare” è pensato per “dare voce ai libri per dare voce a chi ha bisogno di essere ascoltato” e comprende alcuni volumi diretti a varie fasce d’età.

vocedonnapn.it

9393

Dal web

INDAGINI E TRAGUARDI

Le ultime notizie sulle #ImpresediVarese dal web e dai social network. Solo su varesefocus.it e confindustriavarese.it

SPM ottiene la Certificazione per la Parità di Genere

Il raggiungimento del traguardo per l’azienda di Brissago Valtravaglia è il risultato di un profondo impegno della famiglia Berutti per il rispetto dell’equità remunerativa, per una cospicua presenza di donne all’interno dell’azienda e per la tutela della maternità.

Vaso di Pandoro e Crisis Management

Quanto conta oggi la reputation? Come si gestisce la comunicazione in caso di criticità? Prevenire è meglio che curare? Lo ha spiegato Matteo Flora, esperto di Reputation e Crisis Management alla Community dei Comunicatori di Confindustria Varese.

Il catalogo 2024 dell’Academy di Servizi Confindustria Varese

È uscito il nuovo catalogo di proposte formative, ideate specificamente per arricchire e diversificare le competenze in vari ambiti professionali. Oltre 70 corsi online e in presenza pensati per soddisfare i bisogni formativi delle imprese.

In Elmec le Indagini di Nazzi

Elmec ha aperto le porte del Campus di Brunello per ospitare una serata dedicata al crime e al cybercrime con la partecipazione del noto giornalista, scrittore e podcaster Stefano Nazzi. Un’occasione anche per presentare il podcast realizzato dall’azienda.

Generazione d’Industria al JRC

Al Joint Research Center di Ispra un momento di formazione dedicato ai dirigenti scolastici e ai docenti del progetto Generazione d’Industria di Confindustria Varese. Obiettivo: far conoscere maggiormente le interessanti opportunità di collaborazione per le scuole con il Centro di Ricerca Europeo.

9595

Comunicare

UNA COMUNICAZIONE da medaglia

ll premio Ufficio Stampa di Eccellenza 2023 ha visto tra i protagonisti anche un’azienda del territorio, nello specifico il team di Claudio Del Bianco, Direttore Public Affairs and External Communication di SEA, la società che gestisce gli aeroporti di Malpensa e Linate. Una soddisfazione, ma anche uno stimolo per quanti vivono il mestiere di giornalista di un ufficio stampa come una missione

“Vogliamo continuare a impegnarci per valorizzare al massimo una professione che oggi, con la crisi dell’editoria, può diventare anche una grande risorsa per tanti giornalisti”. Le parole piuttosto eloquenti sul ruolo e sul valore della professione di comunicatore sono quelle di Assunta Currà, Presidente del Gruppo Uffici Stampa (Gus) nazionale alla consegna dei premi annuali Ufficio Stampa di Eccellenza 2023 a gennaio nella sede dell’Associazione Lombarda

Giornalisti. Parole che hanno un peso per quanti quotidianamente vivono in prima linea la responsabilità dell’informazione di qualità, con competenza e correttezza. Senza sentirsi giornalisti di serie B rispetto ai colleghi dei media. Un premio che vede tra i protagonisti anche un’impresa del territorio con il riconoscimento a Claudio Del Bianco, Direttore Public Affairs and External Communication di SEA Aeroporti Milano, la società che gestisce gli aeroporti di

La comunicazione di SEA è da sempre “rapida ed efficiente proprio perché coinvolge milioni di persone se si

considera

che nel solo 2023 il movimento nei due aeroporti milanesi ha registrato oltre 35 milioni di passeggeri”, come si legge nella motivazione del premio ricevuto

Silvia Giovannini

Malpensa e Linate. Accanto a SEA, Tiziano Mauri della Lega Serie A, Federico Pizzi della Veneranda Fabbrica del Duomo e Alessia Testori di Testori Comunicazione, oltre al Comando dei Vigili del Fuoco di Milano, che ha ricevuto una menzione speciale. L’attestato di stima

verso la bontà del lavoro di tutto il team dell’ufficio stampa di SEA è ancora più rilevante per la natura di una realtà, che, come si legge nella motivazione del premio “impone da sempre una comunicazione rapida ed efficiente proprio perché coinvolge milioni di persone se si considera che nel solo 2023 il movimento nei due aeroporti milanesi ha registrato oltre 35 milioni di passeggeri. La struttura SEA Milan Airports ha sempre saputo rispondere, anche nei momenti più difficili, a queste esigenze in un rapporto di correttezza con i giornalisti sempre più consolidato”. Per i colleghi di SEA una meritata soddisfazione, ma anche uno stimolo per quanti vivono il mestiere di giornalista di un ufficio stampa come una missione.

9696 CULTURA E DIGITALE
DAL 2019 APPLICHIAMO la DIAGNOSTICA del FUTURO Scansiona il QR CODE e ascolta il PODCAST sull’ INTELLIGENZA ARTIFICIALE IN CAMPO MEDICO CENTRO MEDICO SME Società soggetta ad attività di direzione e coordinamento di CDI - Centro Diagnostico Italiano S.p.A Direttore Sanitario: Prof. Andrea Casasco -Coordinatore Struttura Sanitaria: Dr. Alfredo Goddi Via L. Pirandello, 31 - 21100 Varese | 02 78638500 | www.sme-diagnosticaperimmagini.it
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.