VARESEFOCUS 3/2024 - MAGGIO

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dell’Europa

SIAMO TUTTI

europei

Roberto Grassi

Presidente Confindustria Varese

‘‘Oggi, nel mondo libero, l’orgoglio più grande è dire Ich bin ein Berliner”. Tradotto: “Io sono un berlinese”. Quando il Presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, pronunciò quello che probabilmente è uno dei più famosi discorsi della storia del Novecento, Berlino Ovest era un’enclave assediata. Dietro l’angolo c’era il rischio che le due contrapposte visioni dell’economia e della società, che allora dividevano il pianeta, si potessero scontrare in quella città tedesca dando vita ad un punto di non ritorno.

Oggi lo scenario che si trova di fronte l’Europa è sicuramente diverso. Il livello di tensione non è così alto. Di simile, però, c’è un certo senso di accerchiamento. Alimentato da perdita di certezze e da crisi di valori. Il progetto europeista è a rischio nel momento stesso in cui, mai come prima, imprese e cittadini avrebbero bisogno di un suo rilancio. La situazione geopolitica, i nuovi scenari di guerra, la competizione economica globale e le nuove logiche di riorganizzazione delle filiere produttive stanno dando vita a un mondo che richiede risposte fuori dalla portata dei singoli Stati

nazionali. L’Unione Europea è a un bivio e per capire quale strada verrà intrapresa nei prossimi anni sarà fondamentale il voto per il nuovo Parlamento di Strasburgo che a giugno porterà alle urne quasi 360 milioni di cittadini del continente. Non importa su quale simbolo ognuno di noi metterà la croce. L’auspicio è che nel recarsi al seggio ogni singolo elettore senta dentro di sé un senso di appartenenza più ampio di quello che lo lega alla propria città, alla propria regione o alla propria nazione. Senta in sé la sensazione di essere chiamato a un gesto democratico di scelta dettato dal motto “Io sono un europeo”. Italiani, tedeschi, francesi... ogni persona che vive e lavora in uno dei 27 Paesi Ue è cittadino europeo, se non per scelta, sicuramente per destino. La contrapposizione tra le potenze Usa, Russia e Cina. L’esigenza di dar vita ad una nuova politica energetica. La necessità di difendere le produzioni strategiche (non solo da un punto di vista militare, ma anche tecnologico e di indipendenza industriale). Il rallentamento della crescita economica. Le sfide sociali globali. Quale capitale del Vecchio Continente può veramente credere di poter incidere su queste sfide senza cooperazione? È una domanda da cui dipende la nostra quotidianità: le bollette che paghiamo ogni mese, la capacità delle imprese di crescere e creare posti di lavoro, l’educazione dei

nostri figli, il diritto ad avere le giuste cure. La possibilità di vivere in tempo di pace, sicuri nelle nostre case, con le nostre famiglie.

Giusto avere opinioni diverse sulle soluzioni, sulle riforme, sulle azioni che occorre intraprendere per dare risposte a questi bisogni. Ma che siano europee. Cioè in grado di salvaguardare e promuovere un interesse continentale allargato. Ogni tentativo di muoversi per difendere orti più piccoli del campo della Ue sono destinati a fallire oltre che ad essere fuori dalla storia. Pena il rischio di perdere a poco a poco il nostro benessere.

“I cittadini europei – si legge nel documento ‘Fabbrica Europa’ di Confindustria per una politica industriale europea – non sono solo chiamati a scegliere chi li rappresenterà al Parlamento europeo, ma anche quale Europa vogliono costruire”. Serve, però, che a sentirsi europea sia anche tutta la classe politica. Ci faremmo male da soli, prima di tutto come Italia, se continuassimo sulla strada, troppo battuta in passato, di usare Strasburgo come trampolino di lancio per una carriera politica nazionale. Sui tavoli europei dobbiamo saperci e volerci stare nell’interesse continentale e nazionale perché è lì che si giocano le partite più importanti per il nostro futuro. Abbiamo bisogno di rappresentanti competenti che da europei (prima ancora che da europeisti) accettino di interpretare il loro ruolo come tali. A partire dalla campagna elettorale e dalla raccolta del consenso per la propria elezione. Candidati europei che parlano di politiche europee per un’Europa competitiva nel mondo. L’elettore non chiede niente di più. Ma non si può accontentare di niente di meno. È questione di orgoglio. Europeo.

EDITORIALE

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SOMMARIO

dell’Europa

Foto in copertina “Digitalization in Europe. EU flag goes over into digital data lines and points”. Credit Patrick Helmholz/stock.adobe.com

Presidente : Roberto Grassi

Direttore editoriale: Silvia Pagani

Direttore responsabile: Davide Cionfrini

Direzione, redazione, amministrazione:

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M. info@varesefocus.it reg. n. 618 del 16/11/1991 - Trib. Varese

FOCUS

Le proposte per un rinascimento industriale

europeo

Le sfide di un europarlamentare

La lobby di Confindustria a Bruxelles

La Ue è a un bivio

La scienza al servizio della politica

INCHIESTA

L’onda positiva (ma non per tutti) del turismo Il mercato dei b&b fa il boom

ECONOMIA

Progetto grafico e impaginazione: Paolo Marchetti

Fotolito e stampa: Roto3 Srl

Via per Turbigo 11/B - 20025 Castano

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I nuovi soci della Koh-I-Noor La “Casa e bottega” di Laborplast

La storia ai raggi X di De Götzen L’avventura

internazionale de La Termoplastic F.B.M.

STARTUP

La startup che digitalizza la filiera Ho.Re.Ca

FORMAZIONE

UNIVERSITÀ

Quando la scienza va sottozero

SCIENZA & TECNOLOGIA

La scienziata dell’anno per l’idrogeno è varesina

Rubriche su LUOGHI E BELLEZZA

Come nasce una casa di legno

Il Masterplan di Mill

La nuova frontiera del packaging inclusivo Il Sentiero delle Streghe di Venegono Superiore

La ciclabile della Valcuvia

Andrea Ravo Mattoni al Castello di Masnago Il Mastro Geppetto di Azzate

Una questione di equilibrio

RUBRICHE SU CULTURA E DIGITALE

Terza pagina

In libreria

Dal web Comunicare 90 92 95 96

“Alleniamo i manager per le sfide del mercato” Il mondo sottosopra del recruiting

Questa testata è associata a
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FOCUS SI VOTA IL FUTURO dell’Europa

A giugno 359 milioni di cittadini europei di 27 Stati saranno chiamati a votare i 720 nuovi componenti del Parlamento di Strasburgo. Una nuova legislatura Ue è alle porte. Tra nuove e antiche sfide. Tra rischi e grandi opportunità. Ed una certezza: le istituzioni europee sono responsabili del 70% della normativa che impatta quotidianamente sulla vita di persone e imprese. Un processo decisionale politico in cui la scienza ha un ruolo fondamentale, grazie al lavoro dei laboratori di ricerca del JRC di Ispra e su cui anche le lobby, con una legittima e regolamentata azione, possono esprimere il proprio parere. La visione e le proposte di Confindustria sono contenute nel documento “Fabbrica Europa”. Obiettivo: suggerire riforme concrete per una politica industriale in grado di portare a un rinascimento manifatturiero continentale

PH. WEYO / STOCK.ADOBE.COM

LE PROPOSTE PER UN RINASCIMENTO INDUSTRIALE europeo

È intitolato “Fabbrica Europa” il documento che Confindustria ha redatto in vista della prossima legislatura della Ue. Centinaia di raccomandazioni che costituiscono una proposta di politica industriale continentale e di riforme istituzionali rivolta a chi si candida a governare nei prossimi anni gli organi di Bruxelles e Strasburgo, dove viene ormai deciso il 70% delle normative che impattano sulla quotidianità di cittadini e imprese. Ecco perché il voto di giugno è così importate

La richiesta più politica è sicuramente quella della creazione all’interno della Commissione Europea di una nuova figura: un Vicepresidente Esecutivo responsabile per il controllo della competitività. Quella su cui, invece, sono riposte la gran parte delle speranze (non senza qualche preoccupazione) della maggior parte delle imprese è che al Green Deal si affianchi una vera e propria politica industriale europea in grado di aiutare il continente a “restare al passo nella corsa globale alle tecnologie del futuro”.

Queste sono solo due delle centinaia di raccomandazioni di Confindustria per la costruzione di un’Unione Europea più competitiva, contenute nel documento “Fabbrica

Europa”. Un dossier redatto alla vigilia di una nuova legislatura europea e dopo una consultazione capillare di tutti i territori e tutti i settori produttivi che compongono il Sistema Confindustriale. Obiettivo: proporre “azioni concrete e principi che, a nostro giudizio, devono costituire la bussola per le future decisioni in Europa”. Così spiegano nella prefazione al documento il Presidente uscente di Confindustria, Carlo Bonomi, e il Vicepresidente per l’Unione Europea e i rapporti con le Confindustrie Europee, Stefano Pan, confermato in questo ruolo anche nella squadra del nuovo Presidente Emanuele Orsini.

“Confindustria – scrivono i due –ha sempre lavorato per far ascoltare la voce delle imprese italiane a Bruxelles. E vuole continuare a fare la propria

parte, non limitandosi a denunciare i freni e le strozzature che rallentano l’economia”.

Non è un caso che “Europa” sia la

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FOCUS

parola che più di tutte è forse risuonata nella corsa al rinnovo della Presidenza di Confindustria. Non c’è stato un candidato a non averla posta come una priorità nel proprio programma. Il vincente Emanuele Orsini in primis. Anche la stessa Confindustria Varese, nel suo documento di riferimento usato per posizionarsi nell’iter di cambiamento dei vertici associativi nazionali, ha puntato sulla necessità di dar vita nei prossimi anni ad una “Confindustria autorevole e autonoma”, ma soprattutto “Europea”. Ciò attraverso un rafforzamento del presidio di Confindustria Bruxelles: “In vista della nuova legislatura europea – si legge nel documento ‘La visione di Varese per una nuova Confindustria’ – dobbiamo dare maggior vigore alla nostra capacità di lobby in sede Ue, anche consolidando rapporti e alleanze con altre associazioni di rappresentanza datoriale del Continente”. Coerente proprio con questa strategia è stata

la scelta di Confindustria Varese di dotarsi negli scorsi mesi, all’interno di Confindustria Bruxelles, di una propria rappresentanza nei rapporti con le istituzioni Ue, insieme alle Confindustrie dell’Alto Milanese, di Cremona, di Mantova e di Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) Lombardia.

Sono i numeri a fare dell’Europa una priorità per le imprese e il suo sistema di rappresentanza. Il mercato interno europeo è il riferimento principale dell’industria. Il 50% dell’export made in Italy è destinato alla Ue. Ma ancora più importante è il fatto che le regole europee, come si legge nel documento Fabbrica Europa, “stabiliscono oltre il 70% della normativa di riferimento” per le imprese. In poche parole, Bruxelles e Strasburgo contano ormai molto di più di Roma (o Milano per quanto riguarda la legislazione regionale) in termini di capacità di impatto decisionale sulle nostre vite quotidiane.

Di cittadini e aziende. Ecco perché il voto di giugno (in Italia si andrà alle urne sabato 8 e domenica 9 giugno) per il rinnovo del Parlamento Europeo è così importante.

Una responsabilità, quella delle istituzioni di Bruxelles, che va, però, indirizzata secondo Confindustria: “Il futuro dell’Europa – scrivono ancora Bonomi e Pan – è legato all’industria, che solo se è competitiva potrà garantire prosperità, benessere e pace sociale nel nostro continente”.

Quello che chiede Confindustria a gran voce è un “rinascimento industriale europeo” da far partire con “azioni forti e decise”. Da qui il documento “Fabbrica Europa” che, con le sue numerose e concrete raccomandazioni, ha un unico comune denominatore: “Rimettere l’industria al centro dell’agenda europea, costruendo una forte politica industriale basata sulle tre declinazioni della sostenibilità”. Ambientale e sociale, certo. Ma anche economica.

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PH. EYETRONIC / STOCK.ADOBE.COM
Piazza del Parlamento Ue a Bruxelles

Per riuscire nell’intento, però, la Ue deve supportare questa politica industriale con “un adeguato livello di investimenti”.

Regole, sì, chiare e decise. Ma anche risorse. “Bisogna abbandonare l’approccio ideologico emerso negli ultimi anni in Europa e confrontarsi su soluzioni concrete, ambiziose e cantierabili”. In poche parole: serve un bagno di realismo e fattibilità. Confindustria non vuole assolutamente mettere in discussione la costruzione di un’Europa verde e digitale. Ma per riuscirci, è la richiesta degli industriali italiani “dobbiamo risolvere i nodi di equità e competitività al nostro interno, rafforzando i territori, anche quelli più periferici e meno sviluppati e garantendo a cittadini e imprese il soddisfacimento di condizioni di base, come l’accesso alle infrastrutture fisiche, ma anche sociali”.

Bene, dunque, il Green Deal: “Le nostre industrie sono impegnate a raggiungere l’obiettivo della neutralità del carbonio nel 2050”. Ma chi si candida a governare la prossima legislatura europea deve avere ben presente anche il fatto che “le nuove normative in materia di energia, clima e ambiente stanno generando obblighi e costi enormi per le aziende. Solo un quadro normativo favorevole alle imprese potrà promuovere la competitività dell’Europa” e raggiungere gli ambiziosi traguardi in termini di economia sostenibile.

Per dare vita ad una reale ed efficace politica industriale europea, secondo Confindustria, serve “un bilancio comune più forte, con più risorse e più progetti gestiti dall’Europa in senso cooperativo”. Va in questo senso, per esempio, la piattaforma di tecnologie strategiche per l’Europa (in sigla, Step). Il fatto che la Ue se ne sia dotata, per Viale dell’Astronomia, “rappresenta un buon progresso per evitare il rischio di frammentazione del mercato interno”. Condizione fondamentale, ma non sufficiente: “Nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale (Qfp) dovrà

essere definito un piano finanziario che sostenga la capacità produttiva industriale nei settori strategici e salvaguardi la competitività e la parità di condizioni nel mercato unico”.

In ambito di transizione verde, Confindustria dà voce alla stragrande maggioranza delle imprese che chiedono all’Europa “un approccio di neutralità tecnologica e istituire fondi europei che supportino e integrino gli investimenti nelle varie tecnologie e fonti energetiche”. Altra raccomandazione è quella di completare l’integrazione dei mercati dell’energia elettrica, di creare un mercato unico del gas e di sviluppare una strategia europea per l’energia nucleare. Promuovere la transizione verso l’economia dei dati, rafforzare e ampliare la rete degli accordi di libero scambio con Asia, Africa e America Latina, garantire un percorso di transizione verso una mobilità green non basato solo sull’elettrico, sviluppo del trasporto intermodale e combinato, riconoscere anche il sistema degli aeroporti nella classificazione degli investimenti ritenuti ammissibili in chiave ambientale. Queste solo alcune delle concrete proposte che Confindustria rivolge alla prossima legislatura europea.

Crisi energetica e delle materie prime, guerre ed equilibri

geopolitici in trasformazione, il rischio di rimanere schiacciati nella competizione tra i blocchi economici Usa e Cina, il rallentamento della crescita economica sono tutti fattori che stanno mettendo alla prova il disegno di costruzione del progetto europeo. Ecco perché, secondo Confindustria, oltre ad una politica industriale, servirà nei prossimi anni mettere mano “con urgenza” anche “all’architettura istituzionale europea” per dotarla dei giusti strumenti di governo delle sfide in atto. Serve “un ripensamento generale della governance”. Non fosse altro che per gestire il possibile allargamento della Ue a 30 Stati con l’aggiunta dei governi, tra gli altri, di Ucraina, Moldavia e Paesi dei Balcani Occidentali.

Per Confindustria sarà necessario rafforzare il controllo politico della competitività e la capacità di legiferare meglio delle istituzioni europee. Tra le idee proposte: la nomina di “un Vicepresidente Esecutivo della Commissione responsabile per il controllo della competitività e chiamato al dialogo politico continuo con il Consiglio dell’Unione europea, il Parlamento europeo e i partner sociali”. Con una certezza: “Nessuno in Europa può pensare di prosperare ed essere competitivo da solo”.

1010 FOCUS FABBRICA EUROPA
PH. SERGII FIGURNYI / STOCK.ADOBE.COM
Sede della Commissione Ue a Bruxelles

Le sfide di UN EUROPARLAMENTARE

Nel mese di giugno 359 milioni di cittadini di 27 Stati saranno chiamati alle urne per eleggere i 720 nuovi membri del Parlamento europeo. A distanza di 5 anni dalle ultime votazioni ecco il bilancio del lavoro e delle esperienze di alcuni “nostri” parlamentari, eletti nella circoscrizione Nord-Ovest, che stanno per concludere il loro mandato: Patrizia Toia,

Isabella Tovaglieri e Massimiliano Salini

Sono passati 5 anni da quando i cittadini europei sono andati alle urne per eleggere i membri del Parlamento europeo: ora che il nuovo appuntamento è alle porte (in Italia si voterà l’8 e il 9 giugno) se ci guardiamo indietro, sembra passato un tempo dilatato. Facciamo fatica a tornare al maggio 2019, un momento nel calendario delle nostre vite che viene prima di una pandemia globale che mai avremmo potuto immaginare e anche prima di una guerra esplosa alle porte della Ue. Ora come allora l’Europa era al bivio e si percepiva l’incognita di forze nazionaliste e antieuropeiste sull’esito del voto. L’euroscetticismo, che tanto faceva paura nel momento

in cui tra l’altro il Regno Unito stava uscendo dall’Unione, non impedì di far registrare la più alta percentuale di votanti mai raggiunta dal 1979 (anno delle prime elezioni del Parlamento europeo): fu il 50,9% degli aventi diritto a voler esprimere la sua preferenza, scegliendo i 706 membri del Parlamento. A giugno saranno 359 milioni i cittadini con il diritto di entrare nella cabina elettorale e di questi 20,9 milioni saranno “first voters”, ovvero saranno al loro primo voto (dati Eurostat): i parlamentari eletti nei 27 Stati membri saranno 720. Varesefocus ha chiesto un bilancio di questi anni a 3 parlamentari uscenti, eletti nella circoscrizione Nord-Ovest, che comprende Lombardia, Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta. Tre voci che

rappresentano sensibilità politiche differenti e diversi punti di vista sull’Europa.

“Il lavoro di un europarlamentare permette di apprezzare la potenza e il valore del dialogo per trovare soluzioni che vadano nella direzione del bene comune europeo”. A parlare così, con una ventennale esperienza alle spalle nell’emiciclo europeo, è Patrizia Toia, eletta nelle liste del Pd che nel parlamento Ue siede nel Gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici. Vicepresidente della Commissione per l’Industria, la Ricerca e l’Energia (Itre) e membro della Commissione per lo Sviluppo, Toia fa parte delle delegazioni interparlamentari per la cooperazione settentrionale e per le relazioni con la Svizzera e la Norvegia, della Commissione parlamentare mista Ue-Islanda, della Commissione parlamentare mista dello Spazio economico europeo (See) e della Commissione per le relazioni con i Paesi della Comunità andina e all’Assemblea parlamentare eurolatino-americana.

“Se dovessi citare un provvedimento a cui ho lavorato con soddisfazione –aggiunge Toia – direi il Regolamento sugli imballaggi la cui discussione, inizialmente, era assegnata alla Commissione ambiente. Sono riuscita ad ottenere che fosse riconosciuto un ruolo anche alla Commissione industria al fine di presentare e portare avanti modifiche importanti, che hanno permesso di riformulare

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FOCUS

il testo iniziale ottenendo un testo in cui si premia la virtuosità del sistema italiano nel riciclo. Su tutti i temi che riguardano l’ambiente, per me è stato importante lavorare considerandoli sempre uno dei due lati di una stessa medaglia. L’altro lato è rappresentato dalle politiche industriali: è importante evitare una contrapposizione tra queste due prerogative e lavorare per far sì che le nostre imprese siano parte di un processo di innovazione che metta al centro i temi ambientali in maniera strategica. Ho proposto l’introduzione di un Industrial Act che mettesse a disposizione delle imprese fondi per l’innovazione. Altro grande capitolo su cui si è lavorato è stato il tema delle cosiddette case green: un provvedimento che, oltre ad obiettivi ambientali, porta con sé il rilancio di interi comparti economici, come l’edilizia e tutto l’artigianato che lavora nelle tecnologie degli infissi, del riscaldamento e del raffrescamento, e

di conseguenza dell’occupazione”.

Dal nostro territorio, e precisamente da Busto Arsizio, arriva Isabella Tovaglieri (esponente della Lega, siede nel gruppo Identità e Democrazia), alla sua prima esperienza al Parlamento Ue membro titolare delle commissioni Itre e Femm (Diritti della donna e Uguaglianza) e membro sostituto della commissione Imco (Mercato interno e protezione dei consumatori). È inoltre membro titolare della delegazione per le relazioni con il Sudafrica e membro sostituto della delegazione per le relazioni con i Paesi del Mashreq (Nord Africa).

“Il provvedimento più importante a cui ho lavorato – spiega la Tovaglieri – è la direttiva ‘Case green’, sono stata l’unica italiana a seguirlo, fin dagli esordi, come relatrice ombra per il gruppo Identità e Democrazia, con l’obiettivo di salvare la casa degli italiani da costosissime ristrutturazioni imposte

da Bruxelles. Anche se alla fine la Lega ha votato contro questa misura ideologica, la mia battaglia è servita a ridurre notevolmente l’impatto della normativa: si è infatti passati dall’obbligo di riqualificare gli immobili a carico dei proprietari, a un impegno degli Stati membri a efficientare il proprio patrimonio edilizio. Siamo riusciti inoltre a salvaguardare il sistema di accesso al credito, che si basa sulla proprietà immobiliare. Se la direttiva non avesse recepito le nostre richieste, oggi gli immobili non sarebbero più una garanzia apprezzabile per le banche, anche se l’Europa è comunque riuscita a fare dei danni con il suo allarmismo comunicativo, che ha già portato alla svalutazione delle case in classe energetica più bassa”.

“A Bruxelles – aggiunge Tovaglieri – mi sto battendo anche contro lo stop alla vendita dei veicoli a motore endotermico dal 2035. L’obiettivo

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PH. AJDIN KAMBER / STOCK.ADOBE.COM
Aula del Parlamento Ue

è tutelare la libertà di scelta e i portafogli dei cittadini, la nostra filiera automotive e decine di migliaia di posti di lavoro. Su questa, come su molte altre questioni, il disaccordo con il Parlamento Ue è stato inevitabile per la mancanza di realismo e concretezza della maggioranza uscente, troppo spesso incline a sacrificare il lavoro e lo sviluppo sull’altare dell’ambientalismo ideologico”.

Per Massimiliano Salini, originario di Cremona dove è stato Presidente della Provincia, la seconda “promozione europea” è arrivata nel 2019, quando è risultato rieletto nel collegio Nord-Ovest (candidato da Forza Italia, siede nel gruppo Partito Popolare Europeo).

“Quelli passati sono stati anni intensi nei quali ho potuto promuovere i principi e i valori in cui credo e che ritengo fondamentali per lo sviluppo positivo e sostenibile della società in una prospettiva internazionale,

che si sforza di conciliare le esigenze e le peculiarità dei territori con la definizione di normative condivise a livello sovranazionale”. Nei suoi due mandati Salini è stato relatore per il Ppe di numerosi provvedimenti, a partire dal Programma spaziale europeo che ha messo in campo 15 miliardi di euro di investimenti destinati soprattutto ai sistemi satellitari di navigazione (Galileo) e osservazione (Copernicus) per continuare con il regolamento sulle emissioni di veicoli leggeri e di quelli pesanti. Il suo obiettivo? Nel primo caso, difendere l’industria europea da modelli né sostenibili, né rispettosi delle regole di mercato e. nel secondo caso, dare continuità alla battaglia in difesa della libertà tecnologica, anche attraverso la valorizzazione e definizione formale di “carburante neutro”, vero esempio di innovazione e sostenibilità nel settore dei trasporti. “Il modello di sviluppo europeo

è il più sostenibile che possa esserci perché si basa sulla percezione della centralità della persona e sul rispetto per l’ambiente – aggiunge Salini –. Gli obiettivi di sostenibilità non devono essere, nella loro attuazione, un cappio per le imprese in termini di eccessivi costi e procedure burocratiche, a scapito della competitività. Dobbiamo fidarci dei nostri imprenditori, non considerarli uno spiacevole inconveniente nella costruzione del nostro modello di Europa. La politica e le istituzioni hanno il delicato compito di armonizzare le regole e il percorso verso gli obiettivi europei in tema di Green Deal, facendo in modo che la sostenibilità, in ogni sua forma, non sia un fardello per la sopravvivenza delle attività produttive. Il nostro obiettivo principale è quello di creare le condizioni per un futuro sostenibile ed equilibrato a livello ambientale, sociale, produttivo”.

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PH. MONTICELLLLOI / STOCK.ADOBE.COM
Edifici del Parlamento Ue a Bruxelles

LA LOBBY DI CONFINDUSTRIA a Bruxelles

Riportare l’industria e la competitività delle imprese al centro delle politiche europee, attraverso un’azione trasparente che miri a rappresentare e difendere gli interessi della manifattura a livello continentale. Questa la missione della Delegazione di Confindustria presso l’Ue. Intervista al varesino Matteo Borsani, Direttore Affari Europei di Confindustria, alla vigilia di una nuova legislatura

‘‘La nostra ragion d’essere è la lobby. Rappresentiamo e difendiamo gli interessi delle imprese italiane in Europa. Il nostro compito è quello di influenzare tutti i processi che portano alla definizione delle leggi, delle direttive e dei regolamenti”. Il varesino Matteo Borsani, Direttore della Delegazione di Confindustria presso l’Unione europea, racconta quale ruolo svolge la sede di Bruxelles del Sistema degli industriali: “Ci interfacciamo con tutti e 3 gli organi che hanno potere decisionale: Commissione, Consiglio Ue e Parlamento. Il nostro obiettivo è quello di sensibilizzare le Istituzioni europee ai problemi, alle necessità o alle opportunità che le aziende manifatturiere manifestano”. Oltre all’attività di lobby, sono diversi i

servizi messi a disposizione delle aziende: supporto nell’interpretazione dei bandi europei, organizzazione di webinar per spiegare la legislazione europea e informazioni sull’accesso ai finanziamenti sono solo alcuni esempi

Direttore Borsani, ci spiega qual è il ruolo della Delegazione di Confindustria a Bruxelles?

Confindustria è stata la prima associazione industriale europea ad aver aperto una sede a Bruxelles, nel 1958. Oggi siamo un gruppo composto da 16 funzionari e la

nostra ragion d’essere è la lobby, una professione, qui in Belgio, regolamentata e che si svolge in tutta trasparenza. L’obiettivo della nostra attività è quello di rappresentare e difendere gli interessi delle imprese italiane in Europa nel momento in cui vengono concepite e approvate le direttive e i regolamenti. Il lavoro del lobbista è un lavoro principalmente di mediazione. Per questa ragione, dobbiamo avere chiare quali sono le nostre priorità e i nostri interessi e su quali punti si

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FOCUS
Matteo Borsani VAI ALLA PAGINA EUROPA DI WWW.CONFINDUSTRIAVARESE.IT

può negoziare. Noi operiamo anche all’interno di BusinessEurope, la confederazione delle Confindustrie europee che riunisce 42 associazioni nazionali di rappresentanza delle imprese, provenienti da 36 Paesi (i 27 Paesi membri dell’Ue e gli 8 Paesi candidati all’adesione) e rappresenta oltre 20 milioni di aziende. All’interno di questa Istituzione, collaboriamo e partecipiamo a gruppi di lavoro e comitati per trovare soluzioni comuni. Più il problema è condiviso, maggiore è la possibilità di trovare un compromesso. Per raggiungere un risultato ottimale è fondamentale avere delle alleanze. Negli anni abbiamo stretto forti legami con i Paesi europei più vicini a noi, non solo per una struttura economica simile, ma anche per l’incidenza in termini di rappresentanza che alcune Nazioni hanno in Parlamento. Francia e Germania, rappresentate rispettivamente da Medef e BDI, sono i nostri maggiori alleati. Insieme abbiamo maggiori possibilità di incidere sul processo decisionale.

Con quali Istituzioni vi interfacciate?

In che modo la presenza di Confindustria incide sui processi che portano alla definizione delle leggi europee?

Ci interfacciamo con tutti e 3 gli organi che hanno potere decisionale: Commissione, Consiglio Ue e Parlamento. Il nostro compito è quello di sensibilizzare le Istituzioni europee ai problemi, alle necessità o alle opportunità che le imprese italiane manifestano. Lavoriamo per costruire tutti i presupposti affinché le leggi, le direttive e i regolamenti, vengano approvati tenendo in considerazione le esigenze delle aziende. Soprattutto nella prima fase, quella in cui la Commissione lavora sulla proposta di

“Il nostro compito è quello di sensibilizzare le Istituzioni europee a problemi, necessità o opportunità che le imprese italiane manifestano”

nuove norme, il nostro ruolo è quello di portare a conoscenza del legislatore gli elementi utili affinché si vada verso una direzione che rispecchi le necessità delle realtà manifatturiere. Nella seconda fase, ci interfacciamo con il Consiglio Ue e con il Parlamento per segnalare come si potrebbero correggere e migliorare i testi di legge secondo il nostro punto di vista.

La lobby è la vostra ragion d’essere. Ma quali sono gli altri servizi che offrite? Perché un’azienda può contattarvi?

Per prima cosa è bene specificare che, quando un’impresa ci contatta, noi facciamo in modo di interloquire sempre anche con l’Associazione di riferimento. In questo modo, l’azienda può avere il nostro aiuto, ma anche un supporto diretto e più vicino da parte della territoriale. Organizziamo diversi webinar per spiegare la legislazione europea una volta approvata. Aiutiamo le imprese nell’interpretazione dei bandi europei, ci adoperiamo per fare un’azione di pre-screening sulle idee di progetto o per aiutare le aziende nella ricerca dei partner negli altri

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La sede di Confindustria a Bruxelles

Paesi europei. Inoltre, pubblichiamo periodicamente delle schede tecniche per rendere più fruibili le specifiche dei bandi. Infine, ci occupiamo di dare risposte precise e puntuali a varie domande sulle legislazioni settoriali europee.

Ci può fare un esempio?

Un’impresa ci ha contattato perché ha avuto alcune difficoltà a far esportare un prodotto in uno Stato membro per un presunto problema tecnico legato alla sicurezza. Dal punto di vista dell’azienda, si trattava di una questione di interessi interni più che di un ostacolo burocratico. Come Delegazione di Confindustria, per il tramite della Commissione europea, abbiamo fatto delle verifiche. Successivamente, abbiamo suggerito alla Commissione di intervenire. In che modo? Mandando una lettera al governo dello Stato membro per porre alla sua attenzione l’importanza del rispetto del principio della libera concorrenza nel mercato interno europeo.

Il 70% delle normative che impattano sulle imprese ormai proviene dalle istituzioni europee. In che modo aiutate le aziende a rimanere aggiornate sulle novità?

Oltre alla lobby e ad offrire

servizi alle imprese, facciamo informazione. È un’attività fondamentale per alleggerire la distanza fisica e anche di mentalità con il Sistema associativo: è bene sapere sempre cosa succede a Bruxelles. Innanzitutto, c’è grande cooperazione e dialogo con la casa madre a Roma. Le politiche di lobby da seguire o i bisogni degli associati arrivano direttamente dalla Presidenza. È nel nostro ruolo, quindi, rappresentare la visione di Confindustria in Europa. Nel corso degli anni ci siamo organizzati per mettere a disposizione diversi strumenti di comunicazione. Alcuni esempi sono la rassegna stampa quotidiana, la newsletter, i profili social di X (Twitter) e LinkedIn che danno la possibilità, prima ai colleghi delle Confindustrie territoriali, e di riflesso agli associati, di conoscere le attività e le azioni che portiamo avanti. La nostra delegazione vuole essere un anello della catena del Sistema di Confindustria. Lavoriamo con questa mentalità. Oltre a questo, organizziamo visite guidate e ospitiamo con cadenza mensile Gruppi per fare formazione.

Su quali progettualità e tematiche state lavorando in questo

momento?

Ci stiamo concentrando sulla preparazione della prossima legislatura europea. Con la tornata delle elezioni di giugno, ci sarà il nuovo Parlamento europeo. Organizzeremo il prossimo autunno degli incontri conoscitivi con i nuovi parlamentari che saranno eletti. Nel frattempo, continuiamo nel lavoro di realizzazione dei position paper da presentare alla Commissione Europea. Abbiamo interloquito con Mario Draghi ed Enrico Letta e i loro staff per contribuire alla stesura di due Rapporti, uno sulla competitività e uno sul mercato interno. Due tematiche fondamentali per raggiungere la prima priorità strategia del mandato: riportare l’industria e la competitività delle imprese italiane al centro di tutte le politiche europee. Lavoriamo, quotidianamente, allo studio approfondito di circa 40 dossier tecnici. Il nostro è un lavoro molto settoriale. Lo scenario globale è la risultanza di una serie di piccoli elementi che si raccolgono tutti i giorni con singoli contatti e analizzando i dossier in maniera approfondita. Lavoriamo per modificare gli articoli delle leggi. Qualità dell’aria, acque reflue urbane, packaging, patto di stabilità: questi sono solo alcuni dei dossier più rilevanti ai quali abbiamo lavorato quotidianamente negli ultimi mesi.

“Aiutiamo le imprese nell’interpretazione dei bandi europei, ci

adoperiamo per fare un’azione di prescreening sulle idee di progetto o per aiutare le aziende nella ricerca dei partner negli altri Paesi europei”

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PH. SERGEY KELINI / STOCK.ADOBE.COM
Edifici del Parlamento Ue a Bruxelles

Sede del Parlamento Ue a Strasburgo

La Ue È A UN BIVIO

Da una parte la ritrosia degli Stati membri di lasciare più spazio ad una dimensione politica europea. Dall’altra i vantaggi, in termini soprattutto di benessere economico e sociale, che cittadini e imprese potrebbero, invece, ottenere se il bene comune continentale riuscisse a prevalere sui singoli interessi nazionali. Il futuro dell’Unione si gioca prima di tutto su difesa e politica economica. Intervista ad Alberto Malatesta, Docente di Diritto Internazionale alla LIUC – Università Cattaneo

Sono stati 5 anni accelerati quelli che sono trascorsi dalle elezioni del Parlamento europeo nel 2019 ad oggi: eppure, dal punto di vista del processo di integrazione siamo ancora al bivio di fronte al quale l’Unione Europea si trova da tempo. Dalla fine degli anni ‘50 del secolo scorso ad oggi il disegno di un’Europa unita e coesa si è andato definendo per fasi e tappe, “ma l’integrazione non si può dire ancora conclusa”, spiega Alberto Malatesta, Professore ordinario di Diritto Internazionale alla LIUC – Università Cattaneo di Castellanza.

Quali sono stati fino ad ora i principali risultati conseguiti dall’Europa?

Possiamo sicuramente parlare di un cammino lungo e che ha attraversato diverse fasi e tappe: l’Unione, nel 1957, ha preso il via semplicemente come

una comunità meramente economica e siamo arrivati oggi ad un livello molto alto di integrazione. Per arrivare a ciò siamo passati dalla realizzazione del mercato unico all’adozione della moneta unica, circolante dal 2002 e ancor prima dalla libera circolazione delle persone con il trattato di Schengen nel 1985. Con il trattato di Maastricht del 1992 si è anche affermato il concetto di cittadinanza europea, fino ad arrivare alla piena affermazione dei diritti dei singoli nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, ma il cammino non si può dire ancora concluso.

Cosa ha significato fino ad ora per cittadini e imprese questo cammino?

Le imprese hanno avuto un grande vantaggio dalla istituzione del mercato unico, soprattutto in termini di eliminazione delle barriere doganali e dei dazi e questo vale soprattutto per le imprese esportatrici. Far parte di un

mercato unico è anche un vantaggio in un contesto economico globale dove si deve competere con colossi come la Cina o gli Stati Uniti. Per i cittadini indubbiamente la dimensione della libertà di circolazione è stata molto importante e lo si vede bene per le generazioni più giovani, che hanno potuto e possono beneficiare di una grande mobilità e di occasioni di studio e lavoro molto più ampie. Per tutti, imprese e cittadini, vi è stato anche un ampliamento che riguarda la tutela dei diritti, che oggi è garantita a più livelli: non solo quello nazionale, ma anche quello sovranazionale.

Possiamo utilizzare quello che è successo con la pandemia come cartina di tornasole per capire meglio cosa significhi essere parte di una dimensione europea?

Sicuramente la pandemia è stato un grande banco di prova per

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Paola Provenzano
FOCUS
PH. ORLETI / STOCK.ADOBE.COM

l’Unione Europea. Per permettere di contrastarne gli effetti economici e sociali, l’Ue ha sospeso i vincoli alla spesa dettati dal Patto di Stabilità: a fine dicembre 2023 questo regime di sospensione è terminato e si è tornati ad affrontare il tema anche da parte della politica nazionale e del Governo. Paesi ad alto debito come il nostro tornano a temere procedure di infrazioni europee. Tuttavia, non andrebbe dimenticato che, proprio durante la pandemia, abbiamo potuto vedere concretamente cosa significhi essere parte dell’Unione Europea in termini di risorse introdotte per contrastare gli effetti economici e sociali del Covid-19. Basti pensare al Recovery Fund, noto anche come Next Generation Ue e alle risorse che esso genera per la ripresa economica. Per l’Italia significa un piano di oltre 194 miliardi di euro, risorse che un

Paese come il nostro, da solo, non avrebbe avuto a disposizione.

Quali sono oggi le sfide e gli ostacoli che la Ue è chiamata a superare?

La sfida più grande di tutte è quella di fare un ulteriore passo verso l’integrazione: si tratta di un bivio a cui siamo di fronte ormai da diversi anni e che trova l’ostacolo maggiore nella ritrosia degli Stati membri a lasciare più spazio ad una dimensione politica europea che vada al di là degli interessi nazionali per guardare ad un interesse e ad un bene comune europeo. Da questo punto di vista basti pensare a due aspetti cruciali, quello della difesa comune e quello della politica economica. Quello della difesa e della sicurezza comune è un tema diventato di grandissima attualità con la guerra in Ucraina, un conflitto alle porte dell’Unione che rende sempre

più urgente progettare qualcosa di comune anche in questo campo, oggi appannaggio di altre realtà, in primis della Nato. Quanto alla politica economica, diversamente da quanto accade per la politica monetaria, ormai gestita dalla Bce, le istituzioni europee possono solo coordinare le politiche economiche, al fine di assicurare una sana gestione dei deficit e dei debiti degli Stati membri. Sotto questo profilo l’Unione economica e monetaria è una costruzione ancora incompleta, perché le scelte economiche di fondo sono ancora di responsabilità dei singoli Stati: siamo ancora lontani da una “manovra economica” europea. Come già sottolineato quello di cui l’Europa ha bisogno è progredire nell’integrazione. Non sono tempi facili per farlo, ma solo così si può sperare in una pace e in un benessere duraturi nel nostro continente.

QUALI DECISIONI PRENDE IL PARLAMENTO

Uno degli ultimi provvedimenti approvati dal Parlamento europeo uscente, l’11 aprile scorso, è stato il Patto per la migrazione e l’asilo, un testo sul quale i negoziati andavano avanti dal 2015 e che andrà a regime tra due anni. Il 13 marzo scorso era stato licenziato un pacchetto di norme sull’Intelligenza Artificiale, primo provvedimento legislativo in materia adottato nel mondo. Sono solo due esempi, molto differenti tra loro, di come il Parlamento Europeo sia protagonista, con i suoi provvedimenti, della nostra vita di tutti i giorni attraverso quello che è un meccanismo di co-decisione che condivide con il Consiglio per tutto ciò che concerne l’approvazione degli atti legislativi. I Parlamentari europei sono stati chiamati in questi anni a decidere e a dettare regole in diversi ambiti. Il provvedimento sulla AI, ad esempio, è arrivato dopo altri due testi normativi relativi al mondo digitale: il Digital Markets Act e il Digital Services Act. Obiettivo del provvedimento più recente? Proteggere i diritti fondamentali, la democrazia, lo Stato

di diritto e la sostenibilità ambientale dai sistemi di Intelligenza Artificiale ad alto rischio, promuovendo allo stesso tempo l’innovazione e assicurando all’Europa un ruolo guida nel settore. Ma gli esempi che si possono fare sono molti e possono riguardare temi specifici o temi di carattere molto più ampio e generale, ma che sono tutti inquadrabili in quelle che sono le materie di competenza dell’Unione Europea, sia esclusive che concorrenti con i Paesi membri. Ad esempio, in materia di clima non possiamo non citare il Green Deal: il 24 giugno 2021 il Parlamento ha approvato la legge europea sul clima, che rende giuridicamente vincolante l’obiettivo di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 e la neutralità climatica entro il 2050. Il pacchetto di misure adottate mira a maggiori benefici per aria, acqua e suolo più puliti, bollette energetiche più economiche, case restaurate, miglioramento dei trasporti pubblici e aumento di stazioni di ricarica per le automobili elettriche, diminuzione dei rifiuti, cibo più sano e un miglioramento della salute. Sugli stessi tasti insistono

provvedimenti che in questi anni hanno riguardato economia circolare, riduzione dei rifiuti e lotta all’inquinamento da plastiche. Dal Parlamento è passato anche il provvedimento sicuramente più importante che l’Unione Europea si è trovata a introdurre dopo la pandemia: obiettivi, modalità di finanziamento e regole da rispettare per il Recovery Fund (la parte più consistente e corposa del piano di ripresa Next Generation EU) sono stati infatti sottoposti al voto del parlamento per poter essere adottati. Non va dimenticato infine che, sempre con la modalità della co-decisione che condivide con il Consiglio, il Parlamento europeo ha anche il compito di approvare un documento fondamentale, ovvero il bilancio dell’UE. Quale sarà invece il primo atto di cui sarà protagonista il prossimo Parlamento Europeo che sarà eletto a giugno? Su questo abbiamo già una certezza: i neoparlamentari dovranno approvare o respingere la designazione del Presidente della Commissione che sarà fatta dal Consiglio Europeo.

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LA SCIENZA AL SERVIZIO della politica

Durante tutto il loro ciclo di vita, dalla definizione alla valutazione, le politiche dell’Unione Europea sono basate sul supporto scientifico e tecnico fornito dal Joint Research Center, il cui sito principale è basato a Ispra, in provincia di Varese. È il cosiddetto modello denominato “Science for Policy”, un metodo che pone al centro del processo decisionale delle istituzioni di Bruxelles la conoscenza e il lavoro di migliaia di ricercatori e decine di laboratori

Con le prossime elezioni del Parlamento di Strasburgo, lo scenario politico dell’Europa si prepara a cambiare, con nuovi protagonisti, nuove sfide e nuove politiche. Ciò che non verrà modificato, al di là di quale sarà il risultato elettorale, è il processo con cui tali politiche si concretizzeranno in precise scelte normative. In cui la scienza ha un ruolo fondamentale. È il modello “Science for Policy”, così come presentato dal servizio scientifico stesso della Commissione Europea, in una serie di eventi recenti. Un modello che pone al centro del processo decisionale le attività scientifiche

del Joint Research Centre (JRC) o Centro Comune di Ricerca. Ai suoi laboratori, il compito di fornire (exante) input scientifici per arrivare ai provvedimenti da adottare, così come (ex-post) strumenti di misurazione sull’efficacia delle politiche intraprese. Il JRC, da un punto di vista amministrativo, è una Direzione Generale, ossia una parte integrante della Commissione Europea, che si caratterizza per due motivi principali: il primo è la collocazione diffusa. I suoi siti scientifici non sono basati solo a Bruxelles o in Lussemburgo, ma in ben 5 degli Stati membri, ovvero Belgio, Spagna, Germania, Olanda e Italia. La seconda differenza è la

componente dello staff: la maggior parte dei dipendenti ha un background scientifico e si occupa di ricerca nei vari laboratori. Da oltre 60 anni la Commissione Europea ha trovato in provincia di Varese, più precisamente a Ispra, la sede adatta per il più grande fra i suoi centri di ricerca. In effetti Ispra è per dimensioni la terza location della Commissione Europea: con i suoi 167 ettari di superficie, il JRC di Ispra raccoglie attorno a sé 2.000 persone, dislocate in 200 edifici che accolgono al proprio interno oltre 40 laboratori di ricerca, di cui la maggior parte aperti alla collaborazione con utilizzatori esterni. Circa il 70% dello staff è composto da ricercatori che operano nei vari settori di studio del JRC e garantiscono il supporto scientifico necessario alla Commissione Europea. “L’obiettivo finale del nostro lavoro –spiega Matteo Fornara, Responsabile delle Relazioni Istituzionali del sito di Ispra – è quello di rispondere alle richieste dei servizi che definiscono le politiche europee usando i nostri dati. Ricercatori e scienziati provengono da tutti i 27 Stati membri dell’Unione Europea. La principale fonte di finanziamento del JRC è il programma europeo di ricerca Horizon Europe”. Tra le varie attività del JRC di Ispra c’è quella svolta dall’European Crisis Management Laboratory che attraverso i suoi studi sui disastri ambientali (come ad esempio, terremoti, tsunami, incendi o inondazioni) e tramite l’analisi della gestione dei rischi, supporta l’attività

2020
FOCUS

della Commissione Europea nel coordinamento degli aiuti umanitari, nell’organizzazione degli interventi di emergenza e, dove possibile, in attività preventive, sempre in collaborazione con gli enti presenti sul territorio come, nel caso italiano, la Protezione Civile. Altro settore che dispone di un gran numero di laboratori, ben 11, è quello relativo alle emissioni dei veicoli su cui opera Vela – Vehicle Emission Laboratory. Oltre alla ricerca sulle emissioni dei veicoli “classici” come automobili, moto, camion e tutti i veicoli a combustione fossile, nell’ultimo periodo si è aggiunto un laboratorio che studia l’impatto che le auto elettriche hanno nei confronti dei sistemi satellitari o di telecomunicazione. “Queste ricerche servono a gestire l’impatto – sottolinea Fornara – del settore dell’elettrico, soprattutto quando sarà ancora più sviluppato di oggi. La ricerca viene realizzata in collaborazione anche con laboratori simili presenti in altri Paesi,

come ad esempio gli Stati Uniti”. Tanta ricerca, dunque, ma anche educazione. Tra le numerose attività del JRC di Ispra ci sono anche i progetti congiunti con le Università e le scuole del territorio. “Le nostre collaborazioni scientifiche e accademiche – spiega Fornara –devono portare benefici a entrambi i partner che le sottoscrivono”. Formule win-win, “non in senso monetario, ma di conoscenza e in alcuni casi anche di scambio di personale. All’interno dei nostri laboratori ci sono spesso giovani scienziati o studenti che svolgono il proprio Dottorato di Ricerca”. Un’importante iniziativa di apertura dei laboratori è la “Open Access to research infrastructure”, con cui attraverso dei bandi i centri di ricerca esterni hanno la possibilità di sviluppare il proprio progetto all’interno dei laboratori del JRC, mantenendo sempre la linea del beneficio comune, condividendo obiettivi e risultati. Uno dei laboratori

che pubblica più frequentemente i bandi di apertura è quello delle nanobiotecnologie, nel settore della salute. Tra le tante partnership del JRC, invece, figura il vicino MIND – Milano Innovation District, che effettua ricerche nel settore della genomica. Risorse sostenibili, mobilità, energia, clima, spazio, sicurezza, migrazioni, salute e nutrizione, digitalizzazione e ricerca nucleare: questi sono, più in generale, i principali settori di ricerca sviluppati a Ispra e negli altri siti del JRC.

Tale è lo scenario fino ad oggi. Lecito chiedersi, con il prossimo cambio della Commissione Europea, quali saranno i temi di punta durante la nuova legislatura. Non potendo prevedere il futuro il JRC attua delle attività di “foresight”, ovvero di anticipazione. Attraverso l’analisi di dati gli esperti di Ispra cercano di capire le possibili tendenze del futuro, sia scientifiche, sia politiche, che determineranno i programmi

2121
Incontro JRC con Sistema Confindustria Nord Italia

la

del

di lavoro dello stesso JRC. Ciò si realizza attraverso la metodologia dei Portfolios. “I portfolios, o portafogli di ricerca in italiano – spiega Matteo Fornara – sono dei raccoglitori di tutte le ricerche da noi svolte raggruppate per temi, che ci permettono di avere, sia internamente, sia grazie alla rete delle partnership in corso, un ampio

ventaglio di conoscenze su argomenti che affrontiamo con uno sguardo complessivo. Un esempio: non si può parlare di sicurezza alimentare senza toccare i temi della qualità dell’aria, del suolo, della salute, tra gli altri. È dunque estremamente importante mettere insieme tutte le competenze e le conoscenze necessarie per poter

gestire in ottica futura i dossier più strategici. Ad oggi il JRC sviluppa 33 Portfolios”. Questa particolare metodologia contraddistingue il JRC nella capacità di studio anche di tematiche di grande attualità come quelle dell’immigrazione e della demografia. Tramite la pubblicazione di Atlanti a disposizione online, il JRC fornisce dati a livello capillare utili a realtà istituzionali a livello regionale o locale per avere una fotografia chiara sulla composizione della popolazione, anche solo in termini di età o di flussi migratori e così aiutare a impostare politiche sul territorio basate, anche in questo caso, su dati elaborati scientificamente. Un altro settore in forte crescita di interesse è quello dell’Intelligenza Artificiale. Il sito del JRC di Ispra è, inoltre, un fiore all’occhiello in campo di sostenibilità energetica. Tra i recenti traguardi raggiunti infatti c’è quello ottenuto in ambito di certificazione Emas (Eco-Management and Audit Scheme), il più alto standard ambientale al quale possa registrarsi un’azienda o una pubblica amministrazione. “Il centro di ricerca di Ispra – racconta Rien Stroosnijder, Dirigente Responsabile del sito – vuole essere un esempio e un punto di riferimento per lo sviluppo delle tematiche ambientali del territorio di cui fa parte. Durante un recente incontro della tavola rotonda Emas erano presenti oltre 50 autorità del territorio, tra cui diversi sindaci, il Prefetto di Varese e le organizzazioni imprenditoriali, del lavoro e di tutela ambientale del territorio, incluse Confindustria, la LIUC – Università Cattaneo di Castellanza e Legambiente, solo per citarne alcune. Per noi la presenza dei rappresentanti degli operatori sociali ed economici sul territorio evidenzia la sinergia tra ambiente ed economia, ma anche le opportunità di innovazione in un’opera di condivisione dei nostri obiettivi e risultati. Un esempio positivo è rappresentato dal progetto europeo per la creazione del Ticino Valle dell’Idrogeno”.

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Sopra, sede JRC di Ispra e, sotto, le ricerche del JRC

BPER e BEI uniscono le forze per sostenere la crescita economica

Supportare la crescita economica e la transizione ecologica delle imprese italiane, con particolare attenzione a progetti basati sulla transizione climatica. Questi sono fra gli obiettivi principali degli accordi per complessivi 650 milioni di euro siglati tra BEI e BPER. A fronte di questo intervento finanziario della BEI, si stima che verranno attivati investimenti nell’economia per oltre 1,7 miliardi di euro.

N el dettaglio, la BEI fornirà un finanziamento diretto al Gruppo BPER Banca (BPER Banca e Banco di Sardegna) fino a 500 milioni di euro nei prossimi 3 anni, di cui la prima tranche da 200 milioni e un contratto di garanzia da 150 milioni di euro. Quest’ultimo rappresenta il primo accordo firmato in Italia sotto forma di garanzia diretta BEI prestito per prestito su nuova finanza concessa a Mid Cap. La garanzia, denominata Linked Risk Sharing, coprirà fino al 50% del nuovo prestito, ovvero finanziamenti per investimenti e sostegno al capitale circolante di Mid Cap italiane, ossia quelle imprese che impiegano da 250 a 3.000 addetti. BPER creerà un portafoglio di nuovi prestiti per un ammontare totale fino a 300 milioni di euro, aumentando così la propria capacità di prestito e offrendo alle imprese accesso a finanziamenti a condizioni vantaggiose sotto forma di tassi di interesse ridotti, scadenze più lunghe e minori requisiti di garanzie.

È la seconda volta che BEI sceglie BPER come banca pilota per l’Italia

per i suoi strumenti in garanzia, il Linked Risk sharing arriva dopo il Life 4 energy, prodotto di finanziamento per l’efficienza energetica che BPER ha gestito in esclusiva dal 2017 al 2023.

I l finanziamento da 200 milioni di euro rappresenta invece la prima tranche di un limite di credito più ampio, fino a 500 milioni di euro, che mira a finanziare il fabbisogno di investimenti e capitale circolante delle piccole e medie imprese

(Pmi) italiane. Le risorse della BEI verranno veicolate a favore delle imprese attraverso le reti e le filiali di BPER Banca e Banco di Sardegna e di Sardaleasing, fabbrica prodotto del Gruppo BPER. L’operazione contribuirà a mobilitare investimenti per oltre 1,4 miliardi di euro nell’economia reale, di cui circa il 30% dedicato a progetti che contribuiscono agli obiettivi ambientali e circa il 40% dedicato a progetti sviluppati nelle regioni del Mezzogiorno.

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L’ONDA POSITIVA (MA NON PER TUTTI)

del turismo

Continua il viaggio di Varesefocus alla scoperta delle strutture ricettive del territorio varesino, tra flussi turistici e asset strategici di sviluppo di un settore che sembra muoversi tra luci e ombre. A tracciarne l’andamento, fattori come il target clienti, la posizione geografica e l’appeal creato da grandi eventi in programma nel Varesotto. Le parole degli operatori:

Double Tree By Hilton di Solbiate Olona, Hotel Tribe Milano Malpensa e Locanda dei Mai Intees di Azzate

‘‘Il 2023 è stato un’onda positiva. Abbiamo avuto tante richieste soprattutto in merito alla disponibilità di ospitare eventi, tornando a volumi che si avvicinano al periodo pre-Covid, tanto da registrare ottimi risultati, in termini di fatturato, da più reparti della nostra struttura, tra camere, ristorazione e altri servizi extra. Il 2024, invece, sempre in merito agli eventi, se da un lato è partito un po’ a rilento con quelli programmati nel corso dell’anno, dall’altro, conta già grandi numeri di prenotazioni per il biennio 2025-2026. Una cosa insolita, questa, dovuta probabilmente alla programmazione delle future Olimpiadi invernali di Milano Cortina, che in maniera indiretta stanno già influenzando i

flussi turistici e generando appeal attorno all’area del Varesotto”. Queste le parole di Fabio Ruggeri, Direttore del Double Tree By Hilton Milan Malpensa di Solbiate Olona, parte del Gruppo GDF Hotel, in merito all’andamento del settore turistico in provincia.

Quello del Direttore Ruggeri è il punto di vista di una struttura che vive di grandi e piccoli eventi, ma anche di un mercato corporate, fatto di aziende legate all’aeroporto, come compagnie aeree, cargo e corrieri, ora particolarmente positivo. Lo racconta così: “Stanno arrivando diverse richieste da parte di compagnie, soprattutto del mercato asiatico, che avevano fermato i propri voli con il Covid. Non solo. Stiamo registrando anche prenotazioni da

parte di compagnie nate di recente e un incremento di richieste da parte di aziende del cargo, dovute al continuo aumento di voli merci su Malpensa. Sono queste le fonti principali del nostro business (75-80%) che solo in una restante piccola fetta (20-25%) è legato, invece, al mercato leisure, ovvero a quei clienti, prevalentemente americani, che passano dal Double Tree per un puro viaggio di piacere e a quello generato dai professionisti in trasferta”.

È per questo che, come sottolinea Ruggeri, la strategia del Double Tree “è quella di puntare sul mindset, ovvero sulla mentalità che vogliamo ci contraddistingua. Vogliamo creare sempre più appeal sul territorio, offrendo un prodotto a portata di mano per aziende che, da noi,

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INCHIESTA

vogliono organizzare dei meeting e investire in programmi ancora più interattivi e tecnologici. Per farlo è necessario anche un’ottima formazione dei collaboratori. È anche per questo che da gennaio tutti gli alberghi del Gruppo GDF hanno a disposizione un reparto di recruitment e sviluppo delle risorse. L’obiettivo è quello di identificare i talenti su cui poter progettare un piano di crescita a tappe, che non è solo di posizione remunerativa e di job title, ma soprattutto di competenze che si costruiscono passo dopo passo sul campo”.

D’accordo sull’importanza della formazione anche Simona Calabrese, General Manager del Tribe Milano Malpensa, il nuovo hotel, parte del Gruppo Accor, che ha aperto ai primi di febbraio a nemmeno un chilometro dal Terminal 1: “Il nostro team è fatto di giovani talenti ed è in loro che cerchiamo di creare passione. Il

Gruppo Accor ha una sua Academy, ma poi la formazione vera e propria la facciamo sul campo. L’arte di accogliere gli ospiti e farli sentire a proprio agio non si studia”. Quella di cui parla Calabrese è un’accoglienza che al Tribe vuole partire sin dall’abbigliamento del proprio team, che si presenta in jeans, sneakers e felpa. “La scelta di una tenuta sportiva casual è studiata per rendere l’hotel ancora più ospitale, in linea con l’intelligenza emotiva che è richiesta ai nostri professionisti. Lo scopo è diventare un punto di riferimento sul territorio come social hub, per i viaggiatori, ma anche per chi si vuole fermare per una pausa pranzo tra la bellezza di libri, quadri e sculture. Sì, perché il Tribe è un insieme di colori, opere d’arte e oggetti iconici di artisti emergenti”, tiene a precisare Simona Calabrese.

E se al Double Tree i clienti sono principalmente gli equipaggi delle compagnie aeree, al Tribe Milano

Malpensa, a riempire l’agenda in questi primi mesi dall’apertura, “sono in gran parte le prenotazioni di viaggiatori o lavoratori in trasferta nelle aziende del territorio, che devono prendere un volo molto presto la mattina o tardi la sera – aggiunge la Gm Calabrese –. La nostra è una clientela, fatta per il 50% di italiani e per il restante 50% di Nord Europei, che non cerca il lusso ma apprezza il bello. Questo primo periodo è andato molto bene. In tempi veloci ci siamo fatti conoscere nonostante la difficoltà di posizionare sul mercato un hotel ex novo. A dare una spinta sono stati anche gli eventi sportivi sul territorio, come, ad esempio, le recenti gare di qualificazione della boxe per le Olimpiadi estive di Parigi (svolte al palasport E-Work Arena di Busto Arsizio tra il 3 e l’11 marzo, ndr)”. Ma se ai grandi hotel possono giovare degli importanti eventi in calendario per attrarre abbondanti

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Double Tree by Hilton Milan Malpensa a Solbiate Olona. A sinistra, la Locanda dei Mai Intees ad Azzate

flussi turistici, alle strutture ricettive più piccole, magari a conduzione familiare, in zone periferiche rispetto alle grandi città e distanti da punti strategici come uno scalo aeroportuale, serve qualcosa di più. A raccontarlo è Paolo Crosta, titolare dell’Hotel Locanda Mai Intees di Azzate: “Siamo lontani dai numeri del pre-Covid. Il 2023 non è andato male ma neanche bene. I nostri clienti, prevalentemente stranieri, tra svizzeri, tedeschi, olandesi, seguiti da inglesi e americani, alloggiano da noi soprattutto nei mesi da marzo a ottobre. Si dividono in turisti per un viaggio di piacere e in lavoratori in trasferta, ma entrambe le categorie non spendono più come prima. E le ragioni le conosciamo: prima il Covid, poi la guerra e infine la crisi energetica”. Ma non solo. A giocare a sfavore, “c’è anche la concorrenza dei Laghi Maggiore e di Como, da un lato, e la strategia al ribasso applicata dai grandi alberghi del territorio, dall’altro – tiene a precisare Crosta –. Con solo 12 camere, noi non possiamo abbassare i prezzi come fanno gli hotel con 100, 200 stanze. Anche per questo motivo il 2024 è iniziato malissimo. La gente non spende più come prima, tanto

Hotel Tribe a Malpensa

che si può dire essere sparita la fascia media dei consumatori”.

E continua: “Ecco perché è necessario investire sui servizi del territorio. Le strutture ricettive possono innovarsi e puntare sulla formazione, ma poi servono iniziative di ampio respiro, che sappiano coinvolgere e creare indotto in tutto il territorio, dalle grandi città ai paesi più piccoli e che soprattutto siano capaci di andare al di là della sagra che si esaurisce in una singola

serata. È necessario anche un dialogo sinergico tra gli operatori del settore. Si potrebbero mettere sul tavolo le idee, le problematiche e le necessità per avviare iniziative che possano incrementare l’indotto. Abbassare i prezzi non è la soluzione per attirare turisti nelle strutture perché, se da un alto si diventa competitivi nei confronti di strutture simili, dall’altro si vanno a penalizzare tutta una serie di piccole realtà che in questo modo rischiano di scomparire”.

NASCE IL GRUPPO MERCEOLOGICO

“INFRASTRUTTURE, TRASPORTI

E TURISMO” DI CONFINDUSTRIA VARESE

“Infrastrutture, Trasporti e Turismo”, questo il nome del nuovo Gruppo merceologico di Confindustria Varese. Non uno in aggiunta a quelli esistenti ma il frutto dell’unificazione dei 2 precedenti Gruppi: “Materiali da Costruzione, Estrattive e Cave” e “Servizi Infrastrutturali e Trasporti”. “Una decisione presa in coerenza con le 5 linee strategiche di #Varese2050 – ha dichiarato il Presidente di

Confindustria Varese, Roberto Grassi –. Da un lato, vogliamo fare di logistica e trasporti i driver strategici per la competitività del territorio ed elementi fondamentali su cui costruire l’accessibilità allo stesso, lo sviluppo degli scambi commerciali e il rilancio dell’economia locale. Valorizzando la presenza dell’aeroporto di Malpensa e di uno dei principali hub di trasporto intermodale

d’Italia. Dall’altro, vogliamo trasformare la provincia in una ‘wellness destination’, valorizzando l’eccellenza dello sport, le risorse naturali, l’arte, la cultura e la qualità della vita del territorio, facendo leva sulle potenzialità turistiche (e non solo) del Varesotto”. Il nuovo Gruppo merceologico comprende i comparti delle attività aeroportuali, ferroviarie, stradali, ma anche le imprese di

telecomunicazioni, la filiera delle costruzioni, le società di trasporto e di logistica, le attività alberghiere e quelle dedite all’accoglienza sul territorio. Tre comparti per un unico settore che in termini di numeri conta, all’interno di Confindustria Varese, 73 imprese per 8.498 addetti e rappresenta quasi il 7% delle aziende della compagine associativa e oltre il 12% dei lavoratori in esse impiegati.

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INCHIESTA TURISMO

IL MERCATO DEI B&B fa il boom

Nel corso del 2023 i pernottamenti registrati nelle strutture extralberghiere hanno fatto letteralmente un balzo passando dai 381mila del periodo pre-Covid a quasi 624mila. Numeri che ammontano a circa un quarto del totale delle presenze generate dai flussi turistici nel Varesotto nell’ultimo anno. A confermarli, l’analisi condotta dall’Ufficio Studi e Statistica di Camera di Commercio e le parole del Presidente dell’Associazione dei bed & breakfast della provincia di Varese, Alfredo Dal Ferro

Il turismo in provincia di Varese chiude il 2023 con una nuova cifra record: 2 milioni e 480mila pernottamenti. Una crescita del +22% rispetto all’anno precedente e del +6,2% rispetto al periodo preCovid. Ad aumentare sono state soprattutto le presenze nelle strutture extralberghiere. Una categoria, questa, che comprende alloggi agrituristici, bed & breakfast, campeggi e case vacanze. È qui che i pernottamenti hanno fatto letteralmente un balzo passando dai 381mila registrati nel 2019 ai quasi 624mila del 2023, arrivando così a coprire circa un quarto del totale delle presenze

generate nel corso dell’ultimo anno dai flussi turistici nel Varesotto. Questi i numeri emersi dall’ultima analisi condotta dall’Ufficio Studi e Statistica di Camera di Commercio sui dati 2023 indicati dal sistema “Ross1000, Polis-Regione Lombardia”. Cifre che, come sottolinea il Presidente della Camera di Commercio di Varese, Mauro Vitiello, sono il risultato del connubio tra “competenze, capacità e impegno quotidiano degli operatori che hanno permesso di valorizzare sempre di più il settore turistico sul nostro territorio. Oggi i numeri premiano questo sforzo di grande rilievo”. A confermare l’anno da record, anche il

Presidente dell’Associazione dei b&b della provincia di Varese, Alfredo Dal Ferro.

Presidente Dal Ferro, i numeri parlano di una crescita continua. Si può sperare in un nuovo record anche nel 2024?

Il 2023 è stato un anno di consolidamento dopo la grande ripresa del 2022. E anche le previsioni per il 2024 sono di numeri nettamente superiori allo scorso anno. La dimostrazione sono le prenotazioni che abbiamo già registrato in questi mesi, superiori del 15, ma anche del 20%, rispetto a quelle dello stesso periodo dell’anno scorso. In questi primi mesi dell’anno, tutta la provincia ha già goduto di grandi benefici, tra la Pasqua, il Salone del Mobile che, come da tradizione, si è svolto negli spazi di Rho Fiera tra il 16 e il 21 aprile, e gli eventi sportivi sul territorio, tra cui le gare per la Coppa del Mondo di canottaggio alla Schiranna, dal 12 al 14 aprile, ma anche le competizioni di qualificazione della boxe per le Olimpiadi estive di Parigi, che si sono svolte al palasport E-Work Arena di Busto Arsizio, dal 3 e l’11 marzo.

Un ulteriore dato emerso dall’analisi di Camera di Commercio è l’aumento della permanenza media. A cosa si può ricondurre?

La permanenza media si sta attestando sempre più sulle 3 notti. I motivi di questi soggiorni più prolungati sono, da un lato, i grandi eventi, ad esempio sportivi, che, come

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INCHIESTA

abbiamo detto, generano un grosso indotto e, dall’altro, la vacanza che per gli amanti del lago è fatta di tutta una serie di escursioni (passeggiate o uscite in e-bike, ma anche in barca a vela o a motore, ndr). Ma non solo. Non dobbiamo dimenticare che il territorio varesino ospita anche delle importanti attrazioni turistiche dal grande valore storico culturale, come i siti Unesco: Sacro Monte di Varese, Monte San Giorgio, Isolino Virginia e Monastero di Torba. In linea di massima, quindi, abbiamo 3 grandi bacini che generano appeal e attraggono persone sul territorio: il lago, l’aeroporto di Malpensa e le città. Senza tralasciare il flusso generato dai turisti diretti verso il Centro o il Sud Italia per passare le proprie vacanze, che dopo i primi 1.000 chilometri, si fermano da noi per fare una pausa. Si tratta di una clientela fatta prevalentemente di Nord Europei, tra

francesi, belgi e tedeschi, ma anche olandesi e danesi. Perché si fermano nella nostra provincia? Il motivo è semplice: siamo più attrattivi del Sud della Svizzera, siamo meno costosi e da noi si mangia meglio.

Su cosa è necessario investire per rendere il mercato dei b&b sempre più competitivo?

Come tutto il comparto dell’extralberghiero, gli investimenti riguardano soprattutto la ristrutturazione delle nostre strutture ricettive. Questo per poter offrire ai nostri ospiti delle esperienze migliori. A livello di mercato, le strutture bed & breakfast sono aumentate in modo incredibile e continuano a crescere di anno in anno a doppia cifra. Basti pensare che quando l’Associazione dei b&b è stata aperta, nel 2011, erano solo 300 gli alloggi extralberghieri su tutta la provincia di Varese,

mentre ora si contano quasi 2.300 strutture, tra case vacanze, ostelli, agriturismi e foresterie. Si tratta di un’ampia offerta che dimostra quanto siano gli stessi turisti a desiderare di vivere una permanenza sul nostro territorio entrando nelle nostre case, per sentirsi vicini alle nostre tradizioni e alle nostre conoscenze di beni e infrastrutture locali. Investire sull’apertura di un bed & breakfast è anche un modo di incrementare le presenze turistiche sul territorio in modo sostenibile, in quanto non consuma nuovo suolo, ma anzi favorisce le ristrutturazioni, l’attivazione di tecnologie volte al risparmio energetico e l’economia locale. Noi, come associazione no-profit, siamo a disposizione di chiunque voglia intraprendere questa strada. Per avere il nostro supporto basta solo una piccola quota associativa.

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Villa Monterosa a Castronno Sabi Home a Casciago Casa vacanza Anjali a Mesenzana Porto 7 a Porto Ceresio

I NUOVI SOCI DELLA Koh-I-Noor

Lo storico brand made in Italy di Tradate, legato ai prodotti per la cura della bellezza e dell’arredo bagno, passa di mano con un’operazione di merger & acquisition tutta varesina che vede protagoniste tre famiglie di imprenditori del territorio. Un esempio di fermento imprenditoriale che ora punta al rilancio del marchio sui mercati di tutto il mondo. Primo terreno di conquista: gli Stati Uniti

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Davide Cionfrini Foto di Lisa Aramini Frei
ECONOMIA

Acquisizione finanzia acquisizione. E così le strade di due aziende storiche del Varesotto (e il coinvolgimento di una terza) si incrociano alimentando lo spirito e il fermento imprenditoriale del territorio. Dal successo della vendita dell’una, ora dipende il rilancio della seconda. L’impresa protagonista, al centro di questa storia, è la Koh-INoor di Tradate. Il rinomato brand di prodotti per la cura della bellezza e di accessori per l’arredobagno è da poco passato di mano. A fine 2023 le famiglie Scavini e Marvelli, che da sempre ne hanno retto le sorti facendone un marchio made in Italy conosciuto in tutto il mondo, hanno ceduto il controllo a quelle di Marcora (a cui faceva capo fino a qualche mese fa la Forgiatura Marcora di Olgiate Olona), Solbiati e Santori (nome, quest’ultimo, legato a sua volta ad un’altra realtà produttiva olgiatese, la Sesa Spa, dedita alla lavorazione delle superfici delle lamiere in acciaio Inox).

Tutto parte, però, dalle recenti vicende della Forgiatura Marcora di Olgiate Olona. Un’azienda che nel 2016 cede il 51% del proprio capitale ad un altro Gruppo del territorio, quello della Viar che ha sede a Sumirago. “L’operazione – racconta Michele Marcora, oggi Presidente del Cda della Koh-I-Noor e per anni alla guida della Forgiatura di famiglia – è nata sull’onda del fatto che il settore del petrolio da tempo sta portando avanti una verticalizzazione della catena del valore. Da qui l’interesse della Viar per quella che allora era la nostra azienda, i cui clienti sono soprattutto concentrati nel settore dell’Oil & Gas”. Alla vendita delle quote è legata anche una call, un’opzione, per l’acquisizione del resto delle azioni in mano alla famiglia Marcora, che la Viar esercita ad aprile del 2023. “Usciamo così dalla società di famiglia di cui rimango, però, consulente insieme a mia sorella Roberta”, racconta Michele Marcora con soddisfazione. Nessun rimpianto: “Abbiamo sempre messo l’azienda

sul mercato per testarne il valore. Lo avevamo fatto anche nel 2008, ma poi scoppiò la crisi finanziaria. Fino al 2016 c’è stata poi la produzione di ricchezza che ha portato all’operazione con Viar. Infine, nel 2023, dopo un fatturato arrivato a 37 milioni di euro, è giunto il momento di completare l’operazione. È stato l’anno buono”. Cedute le quote della storica azienda di famiglia, però, la voglia d’impresa di Michele Marcora non si è fermata. Cullarsi sugli allori non è un’opzione. C’è un capitale da reinvestire in un nuovo progetto imprenditoriale. È il dna che chiama: “Mi sono subito messo alla ricerca di nuove avventure”. Tramite Massimo Solbiati, partner dello studio Coda & Solbiati e docente della LIUC – Università Cattaneo, che curerà poi gli aspetti strategici e finanziari dell’operazione, Marcora viene a conoscenza delle intenzioni della proprietà della Koh-I-Noor di passare la mano.

Il brand che cura la bellezza personale e l’arredobagno ha bisogno di un rilancio. Le famiglie Scavini e Marvelli sono in uscita. “Coltivo da sempre un grande interesse per il marketing”, racconta Marcora: “Nel mondo della forgiatura da cui provengo, però, sei legato al cliente in ogni aspetto. La tua abilità sta nella cura del servizio che gli offri e nella

qualità dei prodotti che realizzi per lui. Ma non sei mai tu a fare il mercato. Produci ciò che un altro ha disegnato, sei sempre un terzista”. In Koh-I-Noor, tuttavia, Marcora vede una sfida che lo affascina: “Qui possiamo essere noi a giocarci le nostre carte. Partiamo da una storia importante che possiamo, però, rilanciare con ancora più forza sui mercati internazionali. Il brand è forte e ha grandi margini di crescita. Ha solo bisogno di generare ancora più vendita con una produzione made in Italy”. Buttarsi nel settore del lusso e della bellezza è per Marcora un’avventura irrinunciabile. Il dossier viene, dunque, preso in mano insieme a Solbiati ad ottobre del 2023 e a fine anno l’operazione è già conclusa. Il 22 dicembre viene firmato l’atto per la cessione delle quote e un aumento di capitale, che mantiene un patrimonio netto di 1,4 milioni di euro per un’azienda che fattura 3,5 milioni. “Speravamo in un’interlocuzione diversa con le banche e un loro maggiore supporto”, confida Massimo Solbiati. Il problema è sempre lo stesso: il sistema del rating, che andrebbe cambiato secondo Marcora: “Il rating va dato sul piano industriale, sulla capacità di interpretare il futuro, non solo per certificare il passato di un’azienda”. Soprattutto quando c’è in ballo un progetto di rilancio. “Poco

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male”, secondo Solbiati: “Stiamo già guardando al crowdfunding e a operazioni di finanza straordinaria per finanziare le nostre ambizioni”. Il passaggio di proprietà, comunque, è andato in porto. Ora il 90% del capitale della Koh-I-Noor è in mano alle famiglie Marcora, Santori e Solbiati. Il restante 10% rimane alle due famiglie precedenti Marvelli e Scavini, in particolare ai nipoti. Nel Cda, invece, siedono Michele Marcora come Presidente e poi Luca Santori (comproprietario alla Sesa Spa), Giuseppe Bortoluzzi e Pietro Solbiati, figlio di Massimo, entrato in Koh-I-Noor dopo tre anni di esperienza in PwC. Una compagine sociale targata LIUC – Università Cattaneo, visto che tutti i membri del board si sono laureati nell’ateneo di Castellanza. Il che dà il senso di quanto sia importante investire nell’alta formazione se si vuole alimentare il fermento imprenditoriale di un territorio. “Sapere e saper fare”, per dirla come Confindustria Varese,

fondatrice dell’ateneo.

“Abbiamo di fronte a noi potenzialità enormi”, afferma fiducioso Marcora. Primo step: dare maggiore visibilità al marchio. La qualità dei prodotti è già una certezza. La concorrenza, “un non problema”: “Vogliamo investire in comunicazione e rinforzare l’area commerciale.

NASCE L’M&A DESK DI CONFINDUSTRIA VARESE

Ci fossero più storie come quelle a cui hanno saputo dar vita Marcora, Santori e Solbiati con l’acquisizione della Koh-I-Noor forse la provincia di Varese non sarebbe stata posta dai ricercatori del think tank di Harvard, Strategique, a metà della classifica nazionale dell’indice del fermento imprenditoriale. Ciò anche a causa dello scarso posizionamento del territorio alla voce “Sviluppo finanziario”. Da migliorare, dati alla mano, la capacità di attrarre capitali e di dare vita a operazioni di finanza straordinaria o di merger & acquisition. Anche per

questo motivo l’Area Finanza e Credito di Confindustria Varese ha deciso di partire con un nuovo servizio di supporto alle imprese. Il nome: “M&A Desk di Confindustria Varese”. “L’obiettivo – spiega il responsabile e ideatore del progetto, Marco Crespi – è quello di contribuire alla tutela e allo sviluppo del patrimonio imprenditoriale del territorio di Varese, offrendo agli imprenditori che si rivolgeranno al nostro desk le informazioni necessarie per affrontare con consapevolezza e competenza le eventuali operazioni di finanza straordinaria legate a progetti

Dobbiamo essere molto più presenti sul web e nelle vendite online”. Primo mercato da aggredire è quello degli Stati Uniti. “Ma vediamo ampi spazi di crescita anche in Germania, Francia e Spagna e, per l’arredobagno, nel settore dell’hôtellerie”, spiega Solbiati. Una nuova avventura imprenditoriale è iniziata.

di M&A. Missione e obiettivi, peraltro, in linea con il Piano Strategico #Varese2050 di Confindustria Varese. Il servizio ha come scopo quello di fornire alle imprese, in via totalmente riservata e previa sottoscrizione di un accordo di riservatezza, un supporto informativo di carattere generale sugli aspetti economici, giuridici e valutativi che caratterizzano le operazioni di M&A, come acquisizioni, cessioni di partecipazioni e di aziende, al fine di gestire il processo in maniera consapevole ed efficace”. Più nello specifico grazie al nuovo desk gli

imprenditori potranno essere accompagnati in percorsi di cessione della propria azienda o di partecipazioni societarie, acquisizione di aziende target o di partecipazioni societarie, gestione del passaggio generazionale, apertura al mercato M&A. Fronti sui quali Confindustria Varese assisterà le aziende con la collaborazione di professionisti del calibro di Massimo Solbiati dello studio Coda & Solbiati di Milano (e docente della LIUC – Università Cattaneo) e dell’avvocato Cecilia Cagnoni Luoni dello Studio Legale Carnelutti di Milano.

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ECONOMIA KOH-I-NOOR

LA “CASA E BOTTEGA” di Laborplast

Nata dall’idea di 4 fratelli, cresciuti insieme con i propri figli a pochi metri dal laboratorio in cui si producono tubi per l’edilizia, l’impresa bustocca nel corso degli anni si è trasformata, rimanendo sempre fedele ai principi di sostenibilità ambientale dei suoi fondatori. Tra i principali business dell’azienda, la produzione di compound in granuli, nati dalla rigenerazione di prodotti in plastica

Quattro famiglie cresciute insieme.

Da una parte, i genitori intenti a portare avanti, con grandi sacrifici, un’azienda nel Secondo dopo guerra. Dall’altra, i loro figli che giocano a pochi metri dal laboratorio in cui si producono tubi per l’edilizia. Questo il quadro descritto da Roberto Pariani, Ceo di Laborplast Spa, nel libro intitolato “Casa e bottega” (edito da Bramante Editrice), in cui si narra la storia dell’impresa nata nel 1958 in un piccolo stabilimento di Sacconago, una frazione di Busto Arsizio, dall’idea di 4 fratelli. “Si giocava e si lavorava nel poco spazio che c’era –precisa Pariani –. Si può dire che io sia cresciuto a braccetto con il lavoro di mio padre, uno dei fondatori dell’azienda e mi sono appassionato a tal punto da volerlo portare avanti a mia volta”.

Ed è proprio grazie all’ingresso in

azienda negli anni ‘70 della seconda generazione, di cui Roberto fa parte, che la Laborplast, partita da un piccolo estrusore per il riciclo del Pvc destinato al settore edile, pian piano ha iniziato a guardare anche al mondo dell’industria, indirizzando la propria produzione verso la realizzazione di tubi in plastica per utilizzi differenti, come ad esempio per avvolgere imballaggi

flessibili. Oggi sono 3 i principali filoni di business dell’azienda, che per i due terzi destina i suoi prodotti al mercato nazionale e un terzo a quello estero, soprattutto in Europa e in alcuni paesi dell’Africa: il più importante è quello dei tubi (in gergo, anime) presenti all’interno delle bobine, si passa poi alla produzione di compound in granuli e a quella di semilavorati in Pvc,

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ECONOMIA
Il team di Laborplast

soprattutto per il settore petrolchimico. “Per realizzare tubi in Pvc – spiega il Ceo di Laborplast – si parte dalla materia prima, ovvero il compound.

Anni fa ci siamo resi conto che riciclare internamente questo tipo di materiale potesse essere una scelta vincente e di valore per i nostri clienti. Abbiamo perciò iniziato a dare vita e a rigenerare le piccole scaglie provenienti da manufatti di plastica frantumati, affinché diventassero la base di nuovi prodotti”. La riposta del mercato è stata immediata. “La capacità di Laborplast di riciclare il Pvc e di mettere questo know-how al servizio di altre realtà ha contribuito grandemente alla crescita aziendale: siamo partiti da una linea di granulazione di Pvc riciclato, oggi ne abbiamo 5”, ribadisce Pariani.

attuali di recupero e riciclo di questo materiale. Numerosi studi internazionali hanno dimostrato che riciclare il Pvc porta ad un risparmio di energia, fino a -90% rispetto alla produzione di Pvc vergine e ad un minor inquinamento da anidride carbonica, contribuendo ad immettere nell’ambiente 2kg di CO2 in meno ogni kg di Pvc recuperato”.

Più di 60 dipendenti, 30.000 tonnellate di materia prima processata, 6.500 chili di capacità produttiva oraria, 12 linee di produzione: questi i numeri dell’impresa bustocca che, da bottega, si è trasformata negli anni, rimanendo sempre fedele ai principi di sostenibilità ambientale dei suoi fondatori. “Il culto del riciclo è nel nostro Dna da sempre. Per Laborplast essere sostenibili significa, prima di ogni altra cosa, prestare attenzione a cosa e a come si produce e farlo con estrema consapevolezza. È per questo motivo che oltre il 70% della gamma dei nostri prodotti viene realizzata con una percentuale di materiale riciclato compresa tra il 30 e il 90% della componente polimerica – racconta di nuovo Roberto Pariani –. Da decenni, l’industria europea del Pvc è impegnata ad aumentare i livelli

La lotta ai cambiamenti climatici per Laborplast passa anche attraverso numerose azioni concrete, come ad esempio la realizzazione, su base volontaria, di uno studio Life Cycle Assessment (Lca) per valutare l’impatto dei propri prodotti sull’ecosistema oppure la piantumazione di una foresta di 400 alberi tra Camerun, Colombia, Ecuador, Guatemala, Kenya, Madagascar e Tanzania, grazie all’adesione al progetto “Let’s green the Planet” di Treedom. O ancora la partnership con Operation Clean Sweep® (OCS), programma internazionale che coinvolge la filiera produttiva del settore della plastica e che ha lo scopo di ridurre la dispersione nell’ambiente di polveri, compound e fibre provenienti dalle fasi di produzione, trasporto e gestione di prodotti in plastica. Non solo attenzione all’ambiente, ma anche alle proprie persone. Laborplast ha, infatti, di recente, portato a termine un progetto, realizzato da Servizi Confindustria Varese Srl insieme a Soluzioni Srl, volto al miglioramento delle competenze trasversali e al consolidamento di una nuova cultura aziendale centrata su salute, sicurezza e sviluppo sostenibile. Attraverso incontri formativi e un’analisi

approfondita di valori, aspetti tecnici, normativi e organizzativi, la progettualità ha contribuito a creare un ambiente di lavoro più sicuro e a promuovere comportamenti proattivi. “Comunicare al meglio non è sempre semplicissimo: questo corso ci ha permesso di prendere in esame e sviluppare questo aspetto della vita in azienda. Ciò che ci è stato trasmesso, ci sta aiutando a migliorare determinati aspetti. È stato mio figlio, terza generazione d’impresa, ad occuparsi di questa bella iniziativa che sta dando buoni frutti”, conclude Pariani.

Sono 3 i principali filoni di business dell’azienda: il più importante è quello dei tubi (in gergo, anime) presenti all’interno delle bobine, si passa poi alla produzione di compound in granuli e a quella di semilavorati in Pvc, soprattutto per il settore petrolchimico

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Roberto Pariani

LA STORIA AI RAGGI X di De Götzen

La diagnostica dentale è un settore in continuo e grande sviluppo. Lo sa bene l’impresa di Fagnano Olona, parte del gruppo francese Acteon, specializzata in dispositivi medici per il settore odontoiatrico dal 1985. 2.700 macchine extraorali e 7.000 generatori intraorali l’anno: questi i numeri di una produzione esportata in ogni parte del mondo e, in particolare, nel mercato Nordamericano ed Europeo

Èun campo che da sempre alimenta fascino e su cui si concentra l’innovazione, quello in cui opera De Götzen di Fagnano Olona. Dal 1985, anno in cui l’azienda venne fondata a Olgiate Olona, sono i raggi X a rappresentare il cuore delle attività di una realtà che sviluppa, produce e distribuisce dispositivi per le radiografie diagnostiche dentali ad elevata tecnologia. 2.700 macchine extraorali e 7.000 generatori intraorali l’anno: sono questi i numeri base di una produzione esportata in ogni parte del mondo e, in particolare, nel mercato Nordamericano ed Europeo. In pratica, che si effettui un esame dentistico in un grande centro diagnostico o nel piccolo studio dello specialista, è molto probabile imbattersi in un macchinario prodotto in provincia di Varese. È una storia di grande evoluzione quella del marchio, oggi parte del

gruppo francese Acteon, nome di riferimento internazionale nel settore delle cure dentali. Una storia che vede a più tappe una ristrutturazione e una crescita esponenziale, che porta l’azienda dagli iniziali 60 dipendenti agli attuali 180, anche grazie all’acquisizione nel 2019 della parte produttiva dentale di Villa Sistemi Medicali di Buccinasco e a una continua ricerca in termini di innovazione e, soprattutto, di digitalizzazione. “In merito a quest’ultima, però, sarebbe improprio parlare di trasformazione, perché nel nostro settore l’investimento in Ricerca e Sviluppo è da sempre altissimo. Non c’è stato

un momento di passaggio vero e proprio”, spiega il General Manager Alvise Reither, in azienda dal 2016. “Fin dalla sua fondazione, infatti, De Götzen è stata leader nel settore della produzione di generatori di raggi X. Negli anni sono stati realizzati macchinari sempre più complessi e innovativi, a partire dal Whitefox, che ha introdotto nel mondo delle analisi il concetto della terza dimensione nell’esame panoramico e cefalometrico per arrivare alla produzione di apparecchi sempre più performanti e insieme flessibili per la richiesta degli studi dentistici”.

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ECONOMIA
Alvise Reither

medicale

per attenerci a qualsiasi

che tutti i regolamenti del settore medicale implicano un rigore stringente e noi siamo strutturati al meglio per attenerci a qualsiasi normativa e certificazione, anche grazie a questa standardizzazione dei processi e delle comunicazioni”, precisa Reither. La continua crescita di De Götzen vede diverse tappe di cambiamento:

Ma non solo.

“Parallelamente, alla continua ricerca tecnologica che ha portato all’evoluzione dei macchinari e alla massima automazione dei processi, c’è stata l’innovazione dei relativi soft ware, con una ricerca sia di qualità sia di semplificazione, per rendere la tecnologia perfettamente user friendly, ma di alte performance diagnostiche. Anche internamente l’azienda ha da sempre un’ottima cultura digitale per quanto riguarda i processi. Si deve tenere presente

l’ultima è la ristrutturazione recente di uno stabile industriale a Fagnano Olona che punta e punterà sempre di più a obiettivi di lean factory. “Accanto ad una necessità più legata allo spazio fisico, all’ordine e alla precisione della logistica, che fanno un po’ parte del nostro dna, certamente è la competenza del nostro team il punto di forza – continua Reither –. Siamo, infatti, sempre alla ricerca di giovani talentuosi sia per la parte industriale sia negli uffici. Non ci interessa siano specializzati, ma piuttosto volenterosi. Siamo poi noi a formare i tecnici nel processo di

assemblaggio attraverso un sistema interno di trasmissione di competenze molto strutturato e sfidante. Dal canto loro, i neoassunti qui possono trovare un ambiente fertile per acquisire competenze uniche che poi, è inutile nasconderselo, ma è anche naturale che sia così, saranno un bagaglio per tutta la loro vita lavorativa. Inoltre, non mancano un team young e dinamico, insieme ad un sistema di welfare e di smartworking codificato e vantaggioso. Oggi poi stiamo lavorando anche sulle soft skills perché alla base di una buona organizzazione non ci sono solo le competenze tecniche”.

E per quanto riguarda il tema del momento, ovvero l’uso dell’Intelligenza Artificiale? Il General Manager è chiarissimo sui confini di queste applicazioni. “Siamo sempre alla ricerca di innovazione. Alla base di questa ricerca c’è indubbiamente l’esigenza del cliente, che guida il processo sempre verso qualità diagnostica e affidabilità e nella direzione della realizzazione di prodotti sempre più esteticamente apprezzabili e compatti. Storicamente, il cambiamento fondamentale è stato quando si è passati dall’impressionare le lastre per andare sul digitale e arrivare alle tre dimensioni. Oggi l’evoluzione percorre due vie: la continua innovazione dei sensori digitali e il trasferimento delle informazioni attraverso connessioni ethernet a computer e software ultraspecializzati. In questo si inseriscono i sistemi di Intelligenza Artificiale, che non sono una novità nel settore, ma possono essere la base per creare l’esperienza e agevolare la lettura clinica. Senza però minimamente alterarla. In pratica, tra l’acquisizione dell’immagine e la sua rielaborazione c’è un algoritmo che ha un obiettivo preciso: attenersi fedelmente alla realtà delle cose. L’uso dell’IA deve rientrare in questo chiaro confine”.

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nazionale

L’avventura internazionale DE LA TERMOPLASTIC F.B.M.

Era il 1963 quando ai Ronchi di Gallarate, in provincia di Varese, nasceva all’interno delle mura domestiche della famiglia Munari, La Termoplastic F.B.M. Srl grazie alla semplice intuizione di due coppie di giovani sposi, curiosamente due sorelle e due fratelli. 60 anni, 6 figli e 12 nipoti dopo, la allora piccola azienda a conduzione familiare è oggi un marchio famoso in tutto il mondo, con più di 240 progetti brevettati, una capacità produttiva di oltre 150 milioni di pezzi all’anno e 4 sedi internazionali in Italia, Brasile, Messico e Cina. Un compleanno festeggiato proprio portando all’estero la storia varesina attraverso il libro “Sixty”, che racconta il percorso di un’industria italiana che ha fatto la storia di moltissime famiglie sparse

Sessant’anni, 6 figli, 12 nipoti, 240 brevetti, 150 milioni di pezzi prodotti all’anno, 4 sedi in 3 diversi continenti. I numeri si alternano alle storie delle persone che li hanno resi possibili nel libro “Sixty”, con cui l’azienda di Arsago Seprio ha voluto raccontare l’evoluzione di quella che oggi è, a tutti gli effetti, una multinazionale tascabile che ha innovato il settore di manici, maniglie e pomelli per pentole

diversi continenti. I numeri si alternano alle storie , con cui l’azienda

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Silvia Giovannini
ECONOMIA
PH. ALBERTO BORTOLUZZI
Luciana e Valeria Berto Munari

nel mondo. Il prodotto di F.B.M. è, infatti, l’accessorio per pentole da cucina: manici, maniglie e pomelli. Un accessorio che si è affermato fin da subito come riferimento per le imprese del settore di ogni parte del globo. Ed è proprio per celebrare questa presenza sui mercati internazionali che l’azienda ha realizzato il volume sia in italiano sia in inglese e ha deciso di portarlo “in tour” alle fiere estere, a partire dalla Germania e dal Brasile, nei primi mesi dell’anno. Per poi proseguire con tappe negli Stati Uniti a marzo e in Cina ad aprile.

“Abbiamo ritenuto importante raccontare a tutti i nostri stakeholder una storia che, partita dalla cantina di casa, è diventata rapidamente internazionale: i nostri prodotti arricchiscono, vivono, le cucine di ogni parte del mondo come protagonisti del cucinare, momento conviviale intorno al quale ruotano storie quotidiane di relazioni e di emozioni”, spiega Giorgia Munari, Marketing Director de La Termoplastic F.B.M., terza generazione in azienda e Presidente di Servizi Confindustria

Varese, la società di servizi alle imprese dell’Associazione datoriale varesina. “Questo è un motivo di orgoglio ma anche una responsabilità, che ci spinge ad innovare continuamente il prodotto per rispondere alle esigenze dei consumatori. Come è diventato evidente, la cucina non è più un luogo relegato della casa, ma il centro degli affetti. Tutto quello che si usa per cucinare e cuocere deve essere progettato e realizzato in quest’ottica di valore. E, infatti, dalla nostra invenzione nel 1970 del manico estraibile e salva spazio, continuiamo a pensare prodotti sempre nuovi ideati per ottenere massimi standard di sicurezza, ergonomia, funzionalità, piacevolezza al tatto e design”.

“Ma non solo – aggiunge Munari –. Oggi l’obiettivo è quello di ideare prodotti che abbiano in sé, ma anche promuovano nella filiera e nei consumatori, la consapevolezza dell’attenzione all’ambiente. Da questa visione è nata la linea green F.B.M. Ecosystem, realizzata con materiali riciclati, bio-based e rigenerati. Inoltre, abbiamo di recente lanciato

un’innovativa linea di accessori sviluppati con la formula antibatterica Active Shield. Si tratta di un materiale unico (ovviamente brevettato, come nello stile di famiglia), che contiene un principio attivo antibatterico, pensato per durare per tutto il ciclo di vita del prodotto”.

Un libro che racconta un’avventura industriale, ma soprattutto la storia delle persone grazie alle quali questa avventura si è potuta realizzare: la famiglia Munari a capo dell’impresa e tutta la squadra de La Termoplastic F.B.M. In particolare, però, è un omaggio affettuoso alle due nonne Luciana e Valeria che hanno portato instancabilmente avanti famiglia e azienda, accanto ai loro mariti Bruno e Francesco, con un perfetto esempio di parità di genere ante litteram.

“Fare sempre cose nuove” è il titolo di un capitolo del volume e il filo rosso che conduce il lettore attraverso le pagine di questo libro. Ma è anche il filo rosso che caratterizza la storia economica del nostro Paese e, in particolare, quella della provincia di Varese”, sottolinea Roberto Grassi, Presidente di Confindustria Varese, nella prefazione al volume che vede anche i contributi di Cristina Bombassei, Consigliera di Brembo e Presidente di Aidaf – Italian Family Business e Filippo Berto, Ceo di Berto Salotti.

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LA STARTUP CHE DIGITALIZZA

la filiera Ho.Re.Ca

È varesina e si chiama Drinkme la giovane impresa che sta rivoluzionando la catena di approvvigionamento di vini e liquori nel settore della ristorazione. L’idea: un sistema completamente automatizzato con ordini raccolti tramite un sito e-commerce collegato ad un software gestionale che rende 4.0 il rifornimento di hotel, ristoranti e bar. Un modello di business in crescita che ha permesso all’azienda di aumentare, in soli 26 mesi, il fatturato del +82%

Accorciare i tempi di approvvigionamento di bar, ristoranti, hotel, stabilimenti balneari e discoteche di vini e liquori. Entro il giorno stesso dell’ordine, non superando comunque mai le 24 ore. Attraverso un’infrastruttura tecnologica che permetta di automatizzare completamente il processo di distribuzione, sia lato venditore, sia lato fornitore. È questa l’idea d’impresa di Drinkme. Una startup varesina, nata nel 2020, in pieno lockdown, che opera nel comparto Ho.Re.Ca (mondo legato a consumi e somministrazione di cibi e bevande nel settore hôtellerierestaurant-cafè). “La nostra impresa è a tutti gli effetti un distributore digitale di vini, superalcolici e bevande per

gli operatori dell’industria alberghiera – racconta Fabio Brusa, fondatore della startup varesina insieme ai soci Luca Brusa, Debora Frascoli, Andrea Marcella –. Gli ordini vengono raccolti tramite un sito e-commerce collegato ad un software gestionale custom e proprietario che abilita la digitalizzazione della filiera sia lato Drinkme sia lato cliente”.

Gestione dell’inventario e dei prodotti in maniera automatica. Listino dei prodotti e dei prezzi personalizzati per ogni cliente. Tracciamento automatico di ordini e consumi. Sincronizzazione con l’e-commerce di Drinkme. Carta dei vini automatica e basata sulle giacenze di magazzino. Queste alcune delle principali caratteristiche dell’infrastruttura

digitale pensata dalla startup di Varese. “Abbiamo utilizzato la tecnologia Rfid – spiega Brusa – per ideare un sistema ad hoc per il settore, al fine di automatizzare il rifornimento di bevande alcoliche e la gestione delle scorte, minimizzando i costi. Oltre a ridurre fino al 70% gli spazi in magazzino”. Un modello di business vincente ed efficiente in un comparto in cui il livello di digitalizzazione è ancora molto scarso. “Ci muoviamo in un mercato con un grande potenziale – informa il founder di Drinkme –. Un mercato ampio e composto, solo in Italia, da oltre 300.000 operatori. Ciò dimostra floride potenzialità di crescita per il business. Essere stati tra i primi a digitalizzare questo processo, ci ha permesso di raggiungere ottimi risultati in tempi molto brevi”. In soli 26 mesi Drinkme ha aumentato del +82% il proprio fatturato. Oggi gestisce un portafoglio di oltre 300 clienti, di cui l’80% ricorrenti. Nel 2023 il fatturato ha superato il milione di euro. “Attualmente abbiamo una rete di 5 magazzini distribuiti su tutto il territorio varesino e non solo – racconta Brusa –. Siamo partiti con il primo hub a Varese per poi espanderci anche fuori provincia”. Drinkme ha strutturato una supply chain caratterizzata da tempi molto rapidi, grazie all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale e ad una struttura logistica che prevede la presenza di un grande sito centrale che rifornisce tanti piccoli magazzini satellite, i quali, a loro volta, si occupano di portare la merce al cliente finale. La logistica centrale si trova a Seregno e i magazzini a Varese, Milano, Forte dei Marmi e nelle zone di Monza-Brianza

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STARTUP

e Lecco. Queste alcune delle località dove sono presenti gli stabilimenti produttivi di Drinkme che, come specifica Fabio Brusa, “rifornisce clienti molto conosciuti nel settore alberghiero”. Bulgari Hotels, l’hotel “Le Massif” di Courmayeur e la catena di ristorazione “All’Antico Vinaio”. Campari, Coca-Cola e Redbull. Oltre a Martini e Heineken. Sono solo alcuni dei prestigiosi nomi che vanta il portafoglio della startup. Scegliere Varese come luogo di avvio dell’attività produttiva è stata una scelta consapevole. “Sono due i principali motivi che ci hanno spinti a farlo –racconta il founder di Drinkme –. Per prima cosa tutti noi fondatori

IL PROGETTO “START

siamo varesini, abbiamo diverse conoscenze nel mondo alberghiero e della ristorazione. E, come secondo motivo, abbiamo voluto intraprendere un’attività nella nostra città per poterci misurare meglio e per ricevere feedback, non solo dai clienti, ma anche da amici, conoscenti e parenti”. Tra le varie azioni strategiche messe in campo, Drinkme ha avviato due campagne di crowdfunding. La prima si è conclusa a dicembre del 2022, con una raccolta di 280.000 euro. “Con le risorse a disposizione abbiamo potuto investire in tecnologie all’avanguardia per i nostri sistemi ed espanderci gradualmente con 5 siti produttivi”. La seconda campagna, invece, si è conclusa recentemente, a febbraio di quest’anno. “Anche questa volta abbiamo usato la piattaforma ‘MamaCrowd’ – informa Brusa –. Drinkme è partita con una valutazione Pre-Money, che si riferisce alla valutazione di un’azienda o di azioni precedenti ad un investimento o finanziamenti, di 3,5 milioni di euro e punta ad ottenere una raccolta fondi di 700.000 euro”. Con un obiettivo, conclude Fabio Brusa: “Di aumentare del +20% il nostro staff, inserendo nuove figure professionali all’interno dell’azienda. Ci impegniamo per continuare la nostra espansione anche in altre regioni, oltre ad investire sempre più risorse in infrastrutture tecnologiche”.

UP YOUR IDEAS”

Sviluppare un ambiente imprenditoriale favorevole agli startupper; allenare nuovi talenti; attrarre capitali di finanza innovativa (private equity, venture capital, crowdfunding): questi gli obiettivi del progetto “Start up your ideas” lanciato dal Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Varese, nell’ambito del Piano Strategico #Varese2050.

L’iniziativa punta sulla creazione di una formazione imprenditoriale, già a partire dagli studi superiori; sull’investimento nei percorsi accademici e post-laurea orientati all’imprenditorialità della LIUC; sull’intensificazione della collaborazione con incubatori o acceleratori di startup. Maggiori informazioni su www.confindustriavarese.it/startup

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Da sinistra, Debora Frascoli, Fabio Brusa, Andrea Marcella e Luca Brusa

“ALLENIAMO I MANAGER per le sfide del mercato”

Il mondo delle imprese richiede sempre

maggiori competenze trasversali e di alto profilo. La proposta di LIUC Business School, con il suo fiore all’occhiello, l’Executive Master in Business Administration, prepara i professionisti del futuro, grazie a un progetto su misura, all’approccio esperienziale e al networking con il sistema delle aziende

Un poker d’assi per la formazione del presente e del futuro. La metafora delle carte scelta non a caso per descrivere un percorso in cui anche il gaming, ovviamente quello di ultimissima generazione, ha un valore formativo. Punta su metodi innovativi e tool su misura, infatti, la proposta per manager e professionisti della LIUC Business School, la scuola di management dell’Università Cattaneo di Castellanza, che va oltre i classici metodi di insegnamento, perfettamente in linea con le richieste di un mercato del lavoro in continua evoluzione e cambiamento. “Oggi, in un panorama tanto complesso e variegato, caratterizzato anche

dalla integrazione di mondi diversi, nei quali è sempre più importante coniugare conoscenze tecniche con visione alta, è necessario per chiunque operi in ruoli manageriali avere competenze trasversali su molti aspetti della vita aziendale, a partire dai temi più attuali come sostenibilità e digitale, per arrivare alle tematiche della responsabilità sociale, della gestione

delle risorse umane, del marketing e dei nuovi modelli organizzativi”, spiega Massimiliano Serati, Direttore della Business School.

Ma come può acquisire tutte queste competenze chi magari già occupa ruoli chiave in azienda o chi ambisce a rivestirli?

Oggi sembra quasi scontato ribadire il ruolo cruciale della formazione continua, che per fortuna è ben compreso. Ma bisogna scegliere bene per il proprio percorso di crescita: si tratta di un investimento importante. La nostra proposta punta sulla tradizione del rigoroso approccio scientifico, delle solide conoscenze e competenze del team della LIUC Business School e sull’esperienza di docenti d’eccellenza e, insieme, su metodi nuovi per rispondere alle altrettanto nuove esigenze delle imprese. Partiamo da questa prima specificità: dall’ascolto privilegiato dei bisogni del mercato che ci permette di proporre percorsi ad hoc e studiati su misura per i partecipanti.

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FORMAZIONE
GUARDA IL VIDEO PODCAST VITA D’IMPRESA

In che senso su misura?

Tutta la nostra formazione e, in particolare, il fiore all’occhiello, l’Executive Master in Business Administration (EMBA), è continuamente ripensata e aggiornata per preparare i partecipanti a crescere in un mondo in continuo movimento, fornendo strumenti e occasioni per sviluppare un personale, esclusivo e attuale modello di management e leadership. Questo può avvenire solo con un approccio specifico tailor made, individuale e su misura. Le persone non sono semplicemente dei professionisti: fin dal primo colloquio conoscitivo, ci piace conoscerle per nome. Ciascuno ha le sue peculiarità e, pertanto, deve fare il proprio percorso di crescita.

Oltre a questo, quali sono i plus dell’EMBA?

Un approccio finalizzato alla crescita del valore personale non può che passare dall’esperienza. Per questo, il percorso ha un taglio estremamente pratico e punta su simulazioni, gaming tool, self assessment, lezioni in azienda, masterclass di eccellenza. Quello che vorremmo è che le persone uscissero dalle nostre sessioni,

Massimiliano Serati: “Le persone non sono solo dei professionisti: fin dal colloquio, ci piace conoscerle per nome.
Ciascuno ha le sue peculiarità e deve fare il proprio percorso di crescita”

avendo in tasca la soluzione di alcuni problemi o il metodo per trovarle rapidamente, piuttosto che meri concetti da ordinare, decodificare e poi applicare. L’altro punto di forza di tutta l’offerta (a catalogo, su misura, Master, MBA ed executive MBA) è indubbiamente quello di una intensa attività di networking anche grazie alle relazioni fisiologiche della nostra realtà accademica con Confindustria Varese, con il mondo delle imprese e del contesto socioeconomico. I partecipanti hanno la possibilità unica di un confronto continuo e immersivo con testimoni, esperienze e storie eccellenti.

Perché un professionista già occupato dovrebbe decidere di iscriversi ad un Master?

Il manager deve accompagnare l’impresa ad adattarsi continuamente a cose nuove. Le sue competenze devono essere un mix sapiente di capacità tecnica e visione. Certamente ciascuno oggi ha l’occasione di riempire in autonomia i propri vuoti formativi in modo agile, ma a volte è utile fermarsi e pensare a un progetto su se stessi che abbia la formazione come pilastro, ma anche una visione più organica delle cose, non solo incrementale. Ovviamente, il nostro EMBA è studiato perché il professionista possa seguire un percorso, che è corposo e impegnativo, ma continuare a portare avanti la propria carriera. Ma dirò di più. Un Master non è un’esperienza meramente formativa. Anzi, siamo convinti che la parola formazione non sia la più adatta. Preferiamo parlare di training, perché formare vuol dire “dare una forma”: in realtà gli imprenditori, i professionisti e i manager, anche quelli giovani, che incontriamo, una loro forma ce l’hanno già. Si tratta piuttosto di allenarli, sia come singoli atleti sia come squadra, a determinate prestazioni sportive. Quelli che vogliamo preparare sono atleti ben allenati per le sfide: non solo quelle che stanno incontrando oggi in azienda, ma quelle che incontreranno nei prossimi anni. Oggi sul mercato c’è un grande desiderio di fare e imparare cose nuove, un desiderio di sfide. Noi alleniamo atleti preparati a vincerle.

Per informazioni sul percorso EMBA, gli altri corsi della Business School e la convenzione per le imprese associate a Confindustria Varese: www.liucbs.it

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MARTEDÌ 14 MAGGIO 2024

ORE 9.30

EDUCATION DAY

CENTRO CONGRESSI VILLE PONTI

P.ZZA LITTA 2, VARESE Day

Seconda edizione per l’ Education Day di Confindustria Varese dedicato a centinaia di giovanissimi studenti. Un grande evento che premia il merito e l’impegno di molti alunni e alunne delle scuole del territorio: elementari, medie e superiori.

A CONDURRE L’INCONTRO GERMANO LANZONI

Si ringrazia Ch a ri tyPart ne r

IL MONDO SOTTOSOPRA del recruiting

Maggiore flessibilità oraria, possibilità di fare smart working, trovare lavoro vicino a casa, essere formati nel proprio percorso lavorativo: queste le richieste e le aspettative dei giovani nei confronti del loro futuro impiego, emerse nel corso del primo “Talent Day Confindustria Varese”. Ecco come stanno affrontando Hr Manager e imprese le trasformazioni in atto. Con profondi ribaltamenti dei ruoli

Che cosa cercano i giovani nel loro futuro luogo di lavoro? Come si informano prima di un colloquio di selezione? Quali valori si aspettano di trovare in azienda? Il modo di fare recruiting, negli ultimi anni, ha subito importanti trasformazioni, soprattutto per cercare di stare al passo con i mutamenti che, a sua volta, ha dovuto attraversare il mondo del lavoro. Selezioni veloci, candidati difficili da reperire, aspettative crescenti e richieste precise: a tracciare un quadro del cambiamento in atto sono stati gli Hr Manager e i Responsabili delle Risorse Umane di alcune delle imprese che hanno preso parte al primo “Talent Day Confindustria Varese”. Una giornata, dedicata ai giovani talenti delle scuole del territorio in procinto di prendere quest’anno il diploma, organizzata congiuntamente dal Gruppo Giovani

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FORMAZIONE PH. ANDREY POPOV / STOCK.ADOBE.COM

Imprenditori, il movimento che coinvolge i titolari d’impresa under 40 di Confindustria Varese e da “Generazione d’Industria”, il progetto ultradecennale dell’Associazione datoriale varesina rivolto agli studenti delle scuole tecnologiche ed economiche del Varesotto, nato con l’obiettivo di rilanciare la cultura industriale e valorizzare il merito dei ragazzi.

Grazie al Talent Day, studenti e studentesse, attraverso il confronto diretto con le imprese, hanno avuto l’occasione di approfondire i percorsi di specializzazione, le soft skill e le competenze necessarie per lavorare in un’industria del territorio. Allo stesso tempo, le aziende hanno potuto entrare in contatto con quelli che potrebbero essere, un giorno, i loro futuri collaboratori, conoscendone passioni e aspirazioni e sperimentando forme di dialogo inedite con le nuove generazioni per aumentare la propria attrattività.

“Abbiamo incontrato ragazzi determinati, che si fanno tante domande sul loro futuro e che stanno cercando delle risposte – ha affermato Valeria Castiglioni, Hr Specialist di Atos Spa di Sesto Calende –. Stiamo assistendo ad una fase in cui il mercato del lavoro è più complesso e ricco di opportunità per i candidati, soprattutto per alcune specializzazioni. I ragazzi oggi hanno moltissime opzioni e possibilità, ma le imprese, dal canto loro, sono sempre orientate verso gli stessi profili, da quelli tecnici, agli ingegneri, ai disegnatori e progettisti, agli operai specializzati. Sicuramente le nuove generazioni si aspettano qualcosa in più dall’azienda: questo aspetto è molto cambiato rispetto al passato. Quello che noi rileviamo è che i giovani cercano più flessibilità, orari di lavoro che lascino spazi per la vita personale, lo smart working, la vicinanza a casa, oltre a formazione e crescita all’interno dell’azienda. Il driver economico e l’opportunità di carriera, quindi, rimangono importanti ma non sono più gli unici elementi che pesano sulla

scelta del lavoro”.

Dello stesso avviso anche Susanna Monni, Global Talent Acquisition & People Development Manager di LU-VE Group Spa di Uboldo, secondo cui le regole del gioco sono ormai cambiate: “Oggi siamo noi aziende a dovere andare a cercare molte figure professionali, mentre prima l’offerta era talmente ampia che accadeva l’esatto opposto. Si è trasformato il modo in cui entriamo in contatto con i nostri futuri collaboratori, come ci facciamo conoscere e come cerchiamo di spiegare quale sia la value proposition aziendale”. In altre parole, per i giovani oggi ricopre una grandissima importanza non solo il tipo di percorso lavorativo che affronteranno, ma anche l’ambiente in cui si troveranno a lavorare. “Le testimonianze dirette, in questo caso, fanno la differenza – ha precisato Monni –. I ragazzi e le ragazze che hanno chiesto una simulazione di colloquio da noi nel corso del Talent Day, ad esempio, hanno affermato di averlo fatto perché incuriositi dal nostro sito Internet aziendale, in cui hanno trovato i racconti di dipendenti che condividevano la loro esperienza, spiegando cosa significasse per loro lavorare da noi. Credo che sia questo ciò che i giovani cercano oggi per orientarsi nel mondo delle imprese”. Altro cambiamento rilevato dai recruiter delle imprese varesine è il mezzo con cui ragazzi e ragazze entrano in contatto con l’universo lavorativo. “I giovani sono volenterosi, hanno voglia di imparare e di conoscere il mondo del lavoro, non

Anna Barzaghi, SEA:
“Durante i colloqui i ragazzi vogliono capire effettivamente e in maniera dettagliata qual
è il ruolo che l’azienda gli sta proponendo”

per forza per essere orientati alla ricerca e al trovare effettivamente un’occupazione, ma più che altro per capirlo – racconta Stefano De Donno, Technical Manager di ADR Spa di Uboldo –. È innegabile che ci troviamo di fronte a cambiamenti epocali: in primis, ad essere mutate, sono le esigenze delle persone. Inoltre, stiamo notando che i social network iniziano a dare molta visibilità a specifiche tematiche che in precedenza non erano così comuni, aiutando i più giovani ad orientarsi anche nella scelta lavorativa”.

Dello stesso avviso è Anna Barzaghi, People engagement, employer branding, competence management di SEA Aeroporti Milano. “Il mondo del recruiting si è evoluto e in questi ultimi anni passa soprattutto attraverso i social, un colloquio più informale e una comunicazione più diretta, soprattutto quando i candidati sono dei giovani come quelli incontrati nel corso del Talent Day di Confindustria Varese. Durante i colloqui i ragazzi vogliono capire effettivamente e in maniera dettagliata qual è il ruolo che l’azienda gli sta proponendo, non vogliono risposte fumose, cercano molta concretezza. Questi sono i principali aspetti che hanno modificato il processo di selezione e ricerca del personale in questi anni”.

E quindi come si stanno adattando i Responsabili delle Risorse Umane e come affrontano il cambiamento in corso? “È sempre più difficile trovare candidati specializzati. A mio avviso le aziende dovrebbero esporsi di più, probabilmente è anche il motivo per cui vengono organizzati sempre più spesso eventi come il Talent Day, fondamentali per fare conoscere le nostre realtà e le nostre persone ai futuri collaboratori. Non è più il candidato che ‘rincorre’ l’impresa, ma sta iniziando a diventare la dinamica opposta. Credo che, da parte nostra, sia necessaria più apertura nel momento del recruiting”, conclude Federica Campagna, Responsabile Risorse Umane di Bakelite Italia Srl di Solbiate Olona.

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FORMAZIONE RECRUITING

QUANDO LA SCIENZA VA sottozero

Era il suo sogno da bambino: “Un giorno prenderò parte ad una missione così grandiosa”.

Oggi Gabriele Carugati, a 43 anni, può dire di avercela fatta: “Eccomi qui, alla Base Concordia”, in Antartide. In video-collegamento da uno dei luoghi più ostili della Terra il tecnico di laboratorio dell’Università dell’Insubria in missione al Polo Sud per realizzare campionamenti di neve superficiale e profonda, racconta la sua esperienza di ricercatore

In Italia sono le 9.00 del mattino, in Antartide, alla Base Concordia, le 16.00 di pomeriggio e il sole sta tramontando. Il monitor alle spalle di Gabriele Carugati segna -66 gradi. “Ma è una giornata molto ventosa. I gradi percepiti sono in realtà quasi – 90”, precisa in videocollegamento dal Polo Sud, uno dei luoghi più ostili della Terra, il tecnico di laboratorio dell’Università degli Studi dell’Insubria di Varese e Como e station leader del Gruppo dei 13 “invernanti” che alloggiano a Concordia. Una missione che rientra nel Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra) ed è finanziata

Alessia Lazzarin
UNIVERSITÀ 47

dal Ministero dell’Università e della Ricerca (Mur) e gestito dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) per il coordinamento scientifico, dall’Enea per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale-OGS per la gestione tecnica e scientifica della sua nave da ricerca Laura Bassi.

Prima di entrare nel cuore dell’intervista, una sorpresa inaspettata: “Vi faccio vedere il tramonto alle mie spalle”. Carugati gira la telecamera del suo computer verso la finestra e inquadra un meraviglioso cielo infuocato che domina l’interminabile distesa di neve bianca. “Riuscite a sentire l’aria frizzante che entra?” Gabriele, perché ti trovi in Antartide? Qual è stato il percorso che ti ha portato al Polo Sud?

Fin da bambino sono sempre stato un amante di questo luogo sperduto e dei ghiacciai in generale. A 11 anni ho iniziato a guardare i documentari in tv e mi sono detto: “Un giorno anche io prenderò parte ad una missione così grandiosa”. Ed oggi, a 43 anni, eccomi qui, alla Base Concordia. Come percorso professionale, ho conseguito la laurea specialista in Scienze ambientali con indirizzo chimico. Ho proseguito i miei studi fino ad ottenere il titolo di dottore di ricerca in Scienze chimiche. A luglio dello scorso anno ho voluto mettermi alla prova e ho inoltrato la mia candidatura al Pnra per la posizione di Scientifico per le attività di Chimica e Glaciologia. I primi di novembre sono partito da Milano Malpensa e adesso sono ormai diversi mesi che mi trovo in questo posto meraviglioso dove resterò per circa un anno.

Di cosa ti occupi nel Continente antartico? Quali attività di ricerca portate avanti?

La mia attività scientifica consiste nel realizzare dei campionamenti di neve superficiale e neve profonda e di polveri sospese nell’aria. L’obiettivo

del nostro lavoro è quello di capire come evolve l’ambiente in Antartide. Il vantaggio è che in questo luogo non ci sono emissioni antropiche. Diventa quindi più semplice definire quello che in gergo si chiama “bianco ambientale”, ovvero tutto ciò che circolerebbe nell’aria se non ci fosse la presenza dell’uomo. Oltre a queste attività, alcuni colleghi stanno osservando i pianeti che si trovano al di fuori del sistema solare. Parallelamente, stiamo portando avanti degli studi per analizzare i nostri comportamenti in una situazione di completo isolamento. Tra i compiti che mi sono stati affidati per il periodo invernale, c’è quello di essere a disposizione del medico Esa per raccogliere dati per l’Agenzia Spaziale Europea. Ricopro, inoltre, il ruolo di station leader: ho la responsabilità di tenere aperta la Base, di coordinare le attività e gestire i rapporti con il Coc (il Concordia Operational Committee).

Come ci si prepara per affrontare una spedizione del genere? Contano solo le capacità tecniche oppure a fare la differenza è l’aspetto psicologico? Prima di partire per questa esperienza ho dovuto fare un vero e proprio periodo di addestramento.

Le capacità tecniche, le competenze e l’esperienza contano moltissimo, certo. Ma a fare la differenza è l’approccio psicologico. La preparazione è molto rigida: oltre ad essere sottoposto a visite fisiche, ho dovuto effettuare un test composto da 540 domande e sostenere un colloquio di circa 45 minuti con 3 psicologi. La parte più difficile è quella di dover imparare a convivere per un lungo periodo, isolati dal mondo, con altri compagni che, fino al momento dell’addestramento, sono perfetti sconosciuti. In poche parole, mi sento di dire che in Antartide non c’è posto per la mediocrità.

Quali sono le condizioni fisiche in cui vivi? Come ci si sente ad uscire dalla Base con temperature che toccano addirittura i -80 gradi?

La Base Concordia ha tutto il necessario di cui abbiamo bisogno: cucina, camere, stanze relax, servizi igienici. Posso dire che non ci manca proprio nulla. Tutto cambia nel momento in cui usciamo per andare a svolgere il nostro lavoro anche se, sicuramente, con il tempo ci si abitua al freddo. Fuori dalla Base ci sono dei container adibiti a laboratori e rifugi (shelter) dove scaldarsi o bere un thè caldo. Quello che conta più di tutto,

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Gabriele Carugati
UNIVERSITÀ GABRIELE CARUGATI

però, è l’abbigliamento tecnico. Guanti, scarponi e tute devono resistere a temperature estreme e proteggerci. A proposito di questo aspetto, infatti, c’è un grande tema: quello della sfida tecnologica. È fondamentale progettare indumenti e strumenti che sappiano resistere a queste condizioni meteo. Stiamo testando alcuni prototipi di diversi materiali e oggetti, ma è capitato che a -40 gradi si squarciassero degli scarponi oppure che la barella di primo soccorso si fratturasse per il freddo. Non è una sconfitta, ma un incentivo a migliorare.

Ci racconti una tua giornata tipo in Antartide? La routine sarà molto diversa da quella di casa. Qui il tempo scorre più lentamente. Mediamente per svolgere un qualsiasi lavoro ci vuole il triplo. Le nostre giornate dipendono dal meteo. D’estate

stiamo fuori dalla Base per diverse ore, mentre di inverno non si sta mai fuori più di mezzora. Durante i mesi “caldi”, quando i gruppi sono più numerosi (70 persone circa), si fissano i progetti e si sistemano eventuali problematiche emerse in preparazione dell’inverno. Durante questo periodo, si esce sempre in coppia per motivi di sicurezza. Di norma, la giornata inizia alle ore 8.00 con la colazione tutti insieme, ci si prepara e si organizzano le uscite intorno alle ore 10.00. A mezzogiorno si pranza e nel pomeriggio si riprende con le attività di laboratorio e burocratiche. Oltre a dedicare spazio alle interviste, partecipiamo a incontri con molti giovani delle scuole, dalla primaria alle superiori, per raccontare la nostra esperienza.

Come ci si sente a vivere isolati dal resto del mondo? I pinguini vi

tengono compagnia?

Rispondo subito alla domanda sui pinguini, sempre molto gettonata. Mi dispiace deludervi: non ne ho ancora incontrato uno perché si trovano tutti sulla costa. Concordia, invece, si trova all’interno, a 1.200 chilometri di distanza. Spero, però, prima di imbarcarmi per il viaggio di ritorno verso casa, di vederne qualcuno. Per quanto riguarda il fatto di vivere isolati, sicuramente non è una condizione sempre facile e dipende molto dal carattere della singola persona. A me piace stare da solo, ma mi sono organizzato per riempire il tempo libero guardando film e leggendo. Prima di partire ho messo in conto che ci sarebbero stati momenti “up” e “down”. Se si ha questa consapevolezza, è più facile affrontare le difficoltà. In questo momento siamo in 13: 5 italiani, 7 francesi e 1 svizzera. Tra di noi ci sono professionisti altamente qualificati, fisici, elettricisti, meccanici, chimici, astrofisici, cuochi, idraulici, informatici, elettronici e medici.

Qualche aneddoto di questi mesi?

O disavventure?

Molti credono che mangiamo cibi liofilizzati. Non è così, il nostro cuoco svolge un lavoro straordinario per cucinare ogni giorno qualcosa di diverso. Il suo è un ruolo anche di grande programmazione: se vogliamo mangiare la carne, per esempio, bisogna iniziare a scongelarla una settimana prima. Se non si rispettano queste tempistiche c’è il rischio che diventi polvere. Questo è sicuramente un aneddoto curioso. Disavventure ce ne sono state. Una di queste è recente: un giorno si è spento il generatore. Per intenderci, il sistema che ci tiene al caldo. In soli 3 minuti il collega addetto l’ha fatto ripartire. Ma in quei secondi, interminabili, pensi a tutto e inizi a fare un paio di calcoli: ogni ora si perde un grado. In 20 ore, quindi, si è al freddo. Da lì, con le stesse tempistiche, si inizia a scendere sotto lo zero. Sono stati attimi di tensione, ma tutto si è risolto per il meglio.

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La scienziata dell’anno PER L’IDROGENO È VARESINA

Gli studi superiori al Liceo Scientifico e una laurea magistrale in Ingegneria Energetica al Politecnico di Milano. Un dottorato nell’ambito dei sistemi di produzione e utilizzo e un periodo di ricerca in California. Questo il percorso che ha portato la trentenne Elena Crespi a ricevere il premio “Young Scientists 2023” dalla Hydrogen Europe Research

Èdi Varese la scienziata dell’anno per la ricerca sull’idrogeno. Elena Crespi, trentenne, nata e cresciuta nel quartiere varesino di Giubiano, ha ricevuto il premio europeo “Young Scientists 2023” lo scorso novembre. Un riconoscimento conferito dalla Hydrogen Europe Research, organizzazione internazionale che comprende 150 Università e Centri di ricerca di 29 Paesi. Il premio è stato istituito per dare visibilità al lavoro di studenti, dottorandi e giovani ricercatori under 35 che lavorano nell’ambito della Clean Hydrogen Partnership, iniziativa europea per ridurre le emissioni di gas serra nell’atmosfera.

Come è nato l’interesse verso l’idrogeno? Quale percorso professionale ha intrapreso?

Ho frequentato il Liceo Scientifico a Varese, poi mi sono iscritta a

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SCIENZA & TECNOLOGIA

Ingegneria Energetica al Politecnico di Milano per studiare le energie rinnovabili, con l’idea di poter contribuire a migliorare in qualche modo il nostro pianeta. Durante la magistrale, ho seguito un corso legato alla produzione e all’utilizzo di idrogeno. Come tesi magistrale, ho scelto di occuparmi di un progetto sull’utilizzo di idrogeno per la produzione di energia elettrica con un sistema a fuel cell (pila a combustibile, ndr) e dopo la laurea sono rimasta al Politecnico per continuare a seguire il progetto. Ho poi deciso di fare il dottorato, continuando a occuparmi di sistemi di produzione e utilizzo di idrogeno. Ho avuto la possibilità di viaggiare in Europa per conferenze e riunioni di progetti e anche l’opportunità di svolgere un periodo di ricerca in California, all’Università di Irvine. Piacendomi il lavoro da ricercatrice, al termine del dottorato, ho trovato una posizione nel centro Sustainable Energy (SE) della Fondazione Bruno Kessler (FBK), dove lavoro da due anni.

In cosa consiste il suo lavoro?

design e del funzionamento. Infine, ci sono le l’attività di ricerca bibliografica e di divulgazione dei risultati con la produzione di report e articoli scientifici.

A quali progetti sta lavorando?

In questo momento sto lavorando a due progetti europei, Switch e Prometeo. Entrambi si occupano di celle a ossidi solidi ad alta temperatura, che operano a circa 700 gradi e hanno la potenzialità di raggiungere efficienze elevate. Il progetto Prometeo ha l’obiettivo di progettare, costruire e testare un sistema di elettrolisi a ossidi solidi completamente integrato con fonti di energia elettrica rinnovabile, per produrre idrogeno rinnovabile con elettricità da fotovoltaico ed eolico e calore da impianti a contrazione solare, attraverso stoccaggi di energia termica. Il progetto Switch ha l’obiettivo di testare sistemi a ossidi solidi invertibili, capaci di produrre idrogeno senza interruzione. Il sistema lavora quindi in modalità di elettrolisi quando è disponibile un eccesso di energia elettrica da sole o vento, producendo idrogeno. Quando l’elettricità rinnovabile non è invece disponibile,

il sistema funziona in modalità fuel cell, utilizzando biogas per produrre contemporaneamente idrogeno ed elettricità. Tra le consulenze e collaborazioni industriali attive, posso citare diverse attività legate al test di celle di elettrolisi a bassa temperatura (60°C-80°C, quali PEM – Proton Exchange Membrane – o alcalini) e attività di analisi tecnico-economica per il dimensionamento ottimale di impianti di produzione di idrogeno rinnovabile.

È stata nominata scienziata dell’anno per l’idrogeno. Un premio che le è stato conferito dalla Hydrogen Europe Research. Cosa ha significato ricevere questo riconoscimento?

Questo premio è l’indicazione che sto lavorando bene, che sto facendo qualcosa di utile nel settore. Un incoraggiamento a continuare il mio lavoro. L’attenzione mediatica che ne è derivata è stata poi un’occasione per poter parlare di idrogeno e del ruolo che queste tecnologie possono avere.

In FBK, con i colleghi dell’area HyRes (Hydrogen and resilient energy systems), sto seguendo diversi progetti europei (principalmente finanziati dalla Clean Hydrogen Partnership) e consulenze industriali, per contribuire all’avanzamento tecnologico dei sistemi basati sull’idrogeno e per supportare le imprese che si avvicinano a questo settore. Il mio lavoro si svolge in parte in laboratorio e in parte in ufficio. In laboratorio testiamo nuove celle di elettrolisi (per produrre idrogeno rinnovabile) e fuel cell (per riconvertirlo in energia elettrica rinnovabile), al fine di migliorare la loro efficienza e ridurne i costi di produzione. Accanto all’attività sperimentale, c’è poi un’attività di modellazione di questi sistemi, per simulare il loro comportamento e contribuire all’ottimizzazione del imprese,

Se dovesse fare un bilancio: in Italia, qual è lo stato di avanzamento dei lavori su queste tematiche? Le imprese sfruttano le opportunità che derivano dall’idrogeno nelle proprie produzioni industriali?

Nel nostro Paese ci sono diverse imprese che negli ultimi anni si sono avvicinate al settore, dedicandosi principalmente alla produzione di idrogeno, attraverso la realizzazione di elettrolizzatori e delle infrastrutture per l’accumulo e la distribuzione, ai servizi, con consulenze, studi di fattibilità, e ingegneria e all’uso di idrogeno nella mobilità. Secondo l’osservatorio idrogeno di H2IT (l’Associazione Italiana Idrogeno, con più di 100 soci, tra grandi, medie e piccole imprese, Centri di ricerca e Università), la filiera è ancora in piena evoluzione e i progetti di ricerca e sviluppo sono ancora prevalenti. Molte aziende, però,

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dichiarano di avere progetti di ricerca ad alto livello e di essere pronte per la commercializzazione. Accanto alle realtà produttive che autofinanziano la loro ricerca, ci sono imprese che sfruttano i fondi europei, nazionali e regionali. Ad esempio, alcune aziende hanno ottenuto bandi europei (come Horizon Europe) per sviluppare partnership internazionali all’interno di progetti di innovazione e dimostrazione e nelle cosiddette “Hydrogen Valleys”. Tra le criticità emerge la mancanza di un quadro normativo chiaro e regolamenti a livello nazionale, che rendano stabili nel tempo le condizioni di investimento. A limitare la diffusione di queste tecnologie c’è poi l’alto costo di investimento, derivante in parte dalla loro bassa maturità. Il costo dell’idrogeno rinnovabile, legato all’alto costo degli elettrolizzatori, alla limitata disponibilità di risorse rinnovabili (con produzione non continua) e all’elevato prezzo dell’energia elettrica, risulta attualmente superiore al costo dei combustibili fossili che potrebbe sostituire. A tal proposito, per promuovere la filiera dell’idrogeno nel suo complesso, dalla produzione all’accumulo, passando per la distribuzione e gli usi finali, sono stati stanziati con il Pnrr 3 miliardi di euro di investimenti. È, inoltre, in fase di consultazione pubblica il Decreto Ministeriale tariffe Opex, relativo al meccanismo di supporto per impianti di produzione di combustibili gassosi da fonti rinnovabili. Tra questi, quindi, è incluso anche l’idrogeno.

Perché l’Italia dovrebbe investire in questo ambito? Quali sono i benefici?

L’idrogeno può svolgere un ruolo rilevante all’interno della transizione energetica. È un vettore energetico che può essere utilizzato per stoccare energia rinnovabile anche per lunghi periodi e per la decarbonizzazione dei settori definiti “hard-to-abate” (difficili da decarbonizzare, ndr), in cui la conversione all’elettrico non è possibile, come, per esempio, la produzione di acciaio, vetro, cemento o ceramica. Inoltre, considerando che l’Italia è il quinto Paese europeo per consumo di idrogeno grigio (prodotto a partire da combustibili fossili) nell’industria e il quarto per produzione di idrogeno grigio, la produzione di idrogeno rinnovabile

contribuirebbe in modo sostanziale anche alla decarbonizzazione di settori che già usano questa tecnologia. Lo sviluppo dell’economia dell’idrogeno è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione dell’Unione Europea, che ha fissato un target di penetrazione dell’idrogeno nel mix energetico europeo pari a 13-14% entro il 2050 (dall’attuale 2%). Il REPowerEU ha, inoltre, fissato un target di produzione di 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile in Europa entro il 2030 e l’importazione di ulteriori 10 tonnellate. A tal proposito, l’Italia è in una posizione strategica per consentire lo sviluppo di un mercato internazionale, grazie ai gasdotti che la collegano sia con i Paesi del Nord Africa, sia con altri Paesi europei.

IL PROGETTO TH2ICINO

Confindustria Varese è partner del progetto TH2ICINO, co-finanziato dal Programma Horizon Europe – Clean Hydrogen Partnership dell’Unione Europea. Obiettivo: promuovere la nascita di un ecosistema

integrato per la produzione, lo stoccaggio, il trasporto e il consumo di idrogeno da fonti rinnovabili, nell’area tra Ticino e Malpensa, al fine di decarbonizzare diversi settori e facilitare l’adozione dell’idrogeno come

combustibile nel territorio. TH2ICINO aspira a realizzare un modello di riferimento per la pianificazione degli step di realizzazione di hydrogen valley anche in altre località in Italia e in Europa.

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SCIENZA & TECNOLOGIA IDROGENO

RUBRICHE SU LUOGHI E BELLEZZA

TERRITORIO

Come nasce

una casa di legno

GITA A... La ciclabile della Valcuvia ARTE Andrea Ravo Mattoni a Varese

COME NASCE UNA casa di legno

Prosegue il racconto fotografico di Varesefocus dedicato alla manifattura varesina. Dopo aver scoperto borse, motociclette e impianti di raffreddamento, è la volta di abitazioni costruite con un materiale efficiente e naturale. Questa è la storia di Novello Srl, una “falegnameria industriale” nata nel 1956 specializzata in diversi filoni della lavorazione di legname grezzo, compresa la progettazione e realizzazione di imballaggi per il trasporto merci

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Foto di Lisa Aramini Frei
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Tutto parte da un progetto realizzato da un architetto su richiesta di un cliente. Questo progetto iniziale viene poi tradotto in linguaggio Cad/Cam e dato in pasto a macchinari a controllo numerico che lavorano, sagomano e tagliano le singole componenti lignee, grazie ad una utensileria interna, in maniera precisa e controllata. Dopo questo passaggio, il risultato sono dei pezzi di legno allo stato grezzo, ovvero non verniciati, che possono subire delle ulteriori lavorazioni, per poi essere trasportati in cantiere e montati insieme, come si trattasse di un gigantesco giocattolo. La parte iniziale di disegno e progettazione richiede dai 3 ai 4 mesi, tempistiche durante le quali il cantiere viene fisicamente preparato. La costruzione dell’edificio in sé avviene in appena 5 giorni, a cui poi seguono 2-3 mesi per completare le

finiture e gli impianti. Questo il procedimento che porta alla nascita di una delle case in legno realizzate da Novello Srl, una “falegnameria industriale” nata nel 1956, arrivata alla terza generazione e specializzata in diversi filoni della lavorazione del legno grezzo, che comprende anche la progettazione e la costruzione di imballaggi per il trasporto di merci, come ad esempio valvole petrolifere di oltre 40 tonnellate di peso.

“Non ci occupiamo della realizzazione di case a catalogo, prefabbricate: ci piace, piuttosto, definirci dei sarti delle abitazioni in legno. Il tutto parte dalla richiesta di un cliente che cerca un prodotto efficiente e naturale, che sia sostenibile per l’ambiente ma anche da mantenere nel tempo.

L’impresa
tutta

varesina, che costruisce case in

Italia e nella Svizzera italiana utilizzando legno di pino e conifere importati dall’Austria o dai Paesi del Nord, da tempo realizza anche costruzioni che impiegano materiali naturali come isolanti

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L’obiettivo è costruire una casa non solo bella ma anche funzionale e confortevole. Architetti e progettisti trovano qui da noi tutto il supporto e le skill necessarie all’ottimizzazione dei loro progetti”, afferma Carlo Bardelli, Amministratore Delegato di Novello.

Difficile da credere, ma le abitazioni dell’impresa di Oggiona con Santo Stefano vengono costruite senza impianto di riscaldamento, anche in montagna. E questo perché è il legno stesso ad occuparsi di mantenere, all’interno delle mura, la giusta quantità di calore, garantendo un notevole risparmio energetico. “Lavoriamo con un materiale che ha un comportamento nei confronti del comfort abitativo che non è paragonabile a nessun altro: l’energia termica dei corpi di chi vive in un’abitazione di legno, non viene assorbita dai muri e sono i corpi stessi a diventare radiatori e dispensatori di calore – spiega di nuovo Bardelli –. In altre parole, non abbiamo bisogno di dare un

apporto energetico alla casa, né aumentando la temperatura né sottraendola, perché fondamentalmente il legno ci difende. Una parete costruita in legno, pur rimanendo sotto l’azione diretta dei raggi solari, non si scalderà. Inoltre, il legno è antisismico e garantisce una perfetta insonorizzazione degli ambienti, attutendo rumori di ogni genere. Novello con i suoi prodotti vuole dimostrare che la sostenibilità è raggiungibile e che conviene”.

L’impresa varesina, che costruisce case in tutta Italia e nella Svizzera italiana utilizzando legno di pino e conifere importati dall’Austria o dai Paesi del Nord, da tempo realizza anche costruzioni che impiegano materiali naturali come isolanti. Partito dalle balle di paglia di riso, Novello attualmente sta lavorando con la lolla di riso, ovvero la foglia che avvolge il chicco, uno scarto industriale, presente in grandissime quantità in tutto il mondo. “La lolla viene semplicemente buttata, ma siccome si tratta di un materiale che non si degrada naturalmente, ha bisogno di essere processata. Abbiamo quindi pensato di dare valore a questo scarto, sostituendolo ad un materiale che, altrimenti, dovrebbe essere creato appositamente. Sono diverse le case che abbiamo realizzato con questa tipologia di isolante: il risultato è stato sorprendente. E dato che la disponibilità nel mondo di riso è seconda solo alla sabbia, si tratta di una scelta responsabile, non solo per il pianeta, ma anche per le nostre tasche”, conclude l’Ad di Novello.

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IL MASTERPLAN di Mill

La realizzazione della nuova sede di Confindustria Varese. La nascita di un nuovo campus universitario LIUC, con servizi e spazi polifunzionali. La riqualificazione delle sponde del fiume Olona. La creazione di nuove aree verdi aperte alla comunità. Questi i pilastri del progetto degli industriali varesini che puntano a realizzare a Castellanza un nuovo acceleratore di imprenditorialità

Il Masterplan è stato approvato dal Consiglio Comunale di Castellanza, aprendo la strada al piano operativo. Il progetto Mill inizia a prendere forma, dando concretezza alla prima linea di azione del Piano Strategico #Varese2050 che Confindustria Varese ha lanciato per il riposizionamento competitivo di tutto il territorio: dotare la provincia all’ombra delle Prealpi di una “Fabbrica del sapere e del saper fare” che sia una cabina di regia di competenze e servizi per talenti, giovani, startup, imprese e cluster. Un acceleratore di imprenditorialità da cui ripartire, che sorgerà a Castellanza al fianco della LIUC – Università Cattaneo. Nell’acronimo del progetto ci sono le iniziali di tutti quegli ambiti di sviluppo di cui Mill si occuperà: Manufacturing, Innovation, Learning, Logistics. E quindi: manifattura, innovazione, formazione e logistica. Settori che potranno avvantaggiarsi di un luogo che è stato pensato e sarà costruito per essere un centro innovativo per alimentare il fermento imprenditoriale dell’economia varesina. Anche grazie a nuove strutture ricettive pensate per lo sviluppo della

LIUC e nuovi servizi per le imprese.

Mill nascerà grazie ad un ambizioso progetto di rigenerazione urbana e riqualificazione della zona industriale dismessa dell’ex Cotonificio Cantoni di Castellanza, acquisita qualche mese fa da Confindustria Varese. Il lotto d’intervento si estende su una superficie di 125mila metri quadrati attraversati centralmente dal fiume Olona e situata, più precisamente, tra corso Giacomo Matteotti, via Piave e via Gabrio Piola. La gran parte degli interventi previsti dal Masterplan presentato da Confindustria Varese, insieme ai consulenti Ni-Ma e Avalon, si concentrano sulla sponda sinistra del fiume Olona, di fronte alla zona bassa delle aule della LIUC.

La realizzazione della nuova sede di Confindustria Varese; la nascita di un nuovo campus universitario, con servizi e spazi polifunzionali; la riqualificazione delle sponde del fiume Olona; la creazione di nuovi spazi aperti alla comunità. Questi i pilastri di un intervento il cui Masterplan ha avuto il via libera da parte dell’Amministrazione Comunale.

“I prossimi passi – spiega il Presidente di Confindustria Varese, Roberto Grassi – prevedono la realizzazione del piano attuativo e della convenzione con il Comune. Nel frattempo, abbiamo aperto un beauty contest per individuare lo studio di architettura che si occuperà del progetto e che dovrà concretizzare i modelli (fino ad oggi ispirazionali) fin qui realizzati. Nella scelta ci guidano gli obiettivi di valorizzare dei giovani architetti, di dar vita ad un’ambiziosa rigenerazione urbana e di creare strutture completamente sostenibili”.

Gli auspici sui tempi con cui si arriverà alla nascita di Mill, Roberto Grassi li ha condivisi pubblicamente di recente in un’intervista rilasciata

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a Varesenews: “Come Confindustria Varese abbiamo recepito le richieste dell’Amministrazione a seguito di loro passaggi interni. Il Masterplan entrerà nelle varie commissioni e da lì si arriverà alla variante del piano attuativo dell’area. Rigeneriamo gli spazi senza usare un solo metro cubo in più di volumentria. Ci vorranno 3 anni di lavoro”. La strada è tracciata, così come le 5 aree di intervento del progetto previsto dal Masterplan.

La nuova sede di Confindustria

Varese

La prima area di intervento riguarderà una superficie di 28mila metri quadrati posta a Nord-Est del lotto. È qui che è prevista l’edificazione della nuova sede (quasi) unica di Confindustria Varese. L’organizzazione attuale su 4 sedi (Varese, Gallarate, Busto Arsizio, Saronno) verrà sostituita dalla concentrazione degli uffici dell’Associazione datoriale a Castellanza, con l’unica eccezione del mantenimento del presidio del capoluogo di Varese, in Piazza Monte Grappa. La nuova sede di Castellanza della Confindustria varesina verrà realizzata attraverso il recupero dell’edificio industriale esistente per un totale di 9mila metri quadrati. Qui troveranno posto uffici, corti interne, spazi pluriuso, sale conferenze, sale riunioni, zone relax e un auditorium. “Si cercherà, salvo impossibilità strutturali, di recuperare e valorizzare le facciate esistenti oltre la ciminiera”, si legge nella relazione tecnico descrittiva. A livello energetico, Confindustria

Varese investirà in fonti alternative come ad esempio il fotovoltaico. Nel medesimo lotto di intervento è prevista la realizzazione di un parcheggio privato di 70 posti auto raggiungibile da via Piola e spazi verdi.

Il campus universitario

Il Masterplan di Mill nella seconda area di intervento prevede la realizzazione, come si legge nella relazione, “di una importante struttura ricettiva nella parte Est del lotto”. In pratica, lungo la fascia che costeggia via Piola. In questo caso i lavori si estenderanno su una superficie di 12.200 metri quadrati (attualmente liberi, con un uso di suolo compensato dall’abbattimento di altri edifici fatiscenti ex-Cantoni). È qui che sorgeranno spazi con funzioni miste sia pubbliche, sia private. La nuova struttura di accoglienza sarà composta da un campus universitario con spazi polifunzionali. L’immobile sarà su più piani. In quelli alti verranno realizzate le residenze per studenti, ricercatori e professori. In quelli più bassi troveranno collocazione funzioni comuni e pubbliche.

Sarà costruito anche un parcheggio multipiano di 200 posti accessibile da via Piola. I servizi di vicinato ai piani terra avranno una superficie totale di 2.100 metri quadrati e saranno prospicenti a un nuovo parco a uso pubblico che nascerà lungo il fiume Olona. Completano il quadro uno spazio polifunzionale di 1.000 metri quadrati a servizio dell’Università e della Sede di Confindustria Varese e un’area sport.

La riqualificazione del fiume Olona

La terza area di intervento è quella che riguarderà la riqualificazione del fiume Olona tramite 2 macro-progetti. Il primo prevede il ripristino delle sponde e la revisione degli argini lungo il fronte di intervento della proprietà Mill. Il secondo punta sulla riapertura del tratto di corso d’acqua tombinato (quindi oggi

coperto), nella zona Sud. Verrà mantenuta solo una soletta già oggi esistente per creare un ponte che collegherà la LIUC con il nuovo parco a uso pubblico che sorgerà nell’area Mill.

Il nuovo parco pubblico

Il parco sarà realizzato nella porzione del lotto situata a Sud-Est. È questa la quarta area di intervento che partirà con la demolizione del fabbricato in disuso oggi esistente. “Questo processo di rinaturalizzazione – si legge nella relazione – si caratterizza come nuovo polmone verde fruibile all’uso pubblico”. Il parco verrà realizzato per essere una estensione di quello completamente pubblico che si trova di fronte a piazza Castegnate. Il progetto si caratterizzerà per la piantumazione di alberi autoctoni e nuovi campi sportivi da gioco.

L’area pubblica attrezzata

La quinta area di intervento riguarda, invece, una porzione a Nord-Est, questa volta non di proprietà di Confindustria Varese. Si tratta di una zona di proprietà pubblica di 12.300 metri quadrati che verrà riqualificata ad area verde urbana.

La viabilità

“L’intera pianificazione – assicura la relazione – sarà accompagnata da un attento studio dei flussi veicolari”. Previsti, dunque, interventi propedeutici ad accogliere l’incremento del volume di traff ico. In particolare: la creazione di una nuova rotatoria, svincoli e accessi e il reperimento di nuove risorse per la mitigazione del traff ico. Il nodo che subirà maggiori modifiche sarà l’intersezione tra via Piave e via Piola, in cui si inserisce la nuova via di accesso al parcheggio privato di Mill e dove verrà costruita una rotatoria per rendere più fluido lo snodo.

L’’attuale area ex-Cantoni dove sorgerà Mill

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TERRITORIO IL MASTERPLAN DI MILL
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DAL 2021, LA GRANDE CRESCITA DEL SETTORE FOTOVOLTAICO: +101% NEI GIGAWATT

PRODOTTI A LIVELLO MONDIALE. IN ITALIA, +57% NEL NUMERO DI IMPIANTI E +34% NEI MW DI POTENZA

INSTALLATA

Questo lo scenario sulla diffusione degli impianti solari emerso nel corso dell’evento “Il fotovoltaico dopo il Superbonus” organizzato da Elmec Solar. Il Bel Paese ha visto una crescita del 57% nel numero di impianti installati nel biennio 2021-2023. Nella provincia di Varese si è verificato un aumento del 23% di impianti tra il 2021 e il 2022. SunPower Italia, partner di Elmec Solar e produttore di pannelli fotovoltaici, ha presentato le principali innovazioni nella tecnologia delle celle che rendono i pannelli stessi più performanti, resistenti e affidabili.

Il settore del fotovoltaico continua a godere di buona salute indipendentemente rispetto ai recenti cambiamenti normativi. Questo è ciò che emerge da “Il fotovoltaico dopo il Superbonus”, evento organizzato da Elmec Solar, l’azienda di Brunello che si occupa di installare e manutenere impianti fotovoltaici residenziali e industriali.

Nel corso del biennio 2021-2023 si è assistito ad una crescita continua del settore fotovoltaico in tutto il mondo.

Secondo una stima conservativa di BloombergNEF, si è passati da 182 GW a 367 GW con una crescita del 101%, mentre una stima ottimistica valuta un incremento pari al 159% fino a 417 GW nel 2023, per arrivare fino a un picco di 563 GW nel 2025, con un incremento del 209%.

La Cina, in particolare si conferma il Paese che investe maggiormente sul mercato. Ma l’Europa si posiziona subito al secondo posto per i Gigawatt impiegati, confermando un trend in costante crescita. Semaforo verde anche per l’Italia, che negli ultimi tre anni ha visto un incremento del 57% per numero di impianti installati arrivando a 1.594.974 nel 2023 e un incremento del 34% della potenza generata, da 22.594 a 30.280 MWp.

Il trend positivo è confermato anche nella provincia di Varese che, in base ai dati forniti dal GSE, ha visto un grande incremento di installazioni in soli due anni, tra il 2021 e il 2022 contando a fine 2022 oltre 23.000 impianti installati, con una crescita del 23% anno su anno.

“Sia le aziende, sia i privati stanno facendo sempre più ricorso al fotovoltaico ritenendolo un investimento conveniente pur in assenza di Superbonus. Se si calcola il costo dell’energia da fotovoltaico su un periodo di tempo lungo - tra i 10 e i 20 anni e nel caso di prodotti di estrema qualità come quelli da noi proposti, 30 anni - il costo dell’energia ottenuto è notevolmente basso, non

paragonabile con quello dell’energia acquistata dalla rete elettrica nazionale. Nel caso di impianti industriali, ovvero asserviti ai consumi di un’azienda, i tempi di rientro anche in mancanza di incentivi sono sempre intorno ai 5-6 anni, e poi - con i nostri prodotti di eccellenza che garantiscono un’elevata affidabilità, l’impianto può durare altri 25 se non di più. Anche senza incentivi, l’investimento nel fotovoltaico risulta comunque vantaggioso sia per i privati, sia per le imprese.” ha commentato Alessandro Villa, CEO di Elmec Solar.

Presente all’evento anche SunPower Italia, filiale di Maxeon Solar Technologies, società fornitrice di pannelli solari e partner di Elmec Solar. L’azienda ha sottolineato come dal primo trimestre del 2021 al secondo trimestre del 2023 il volume di MegaWatt prodotti dai loro impianti sia quasi triplicato. Questo aumento è il risultato di una crescita significativa degli impianti installati.

“Negli ultimi anni abbiamo visto una grande richiesta soprattutto dalle PMI, che abbiamo soddisfatto con i nostri pannelli di qualità superiore con garanzia fino a 40 anni.” ha sottolineato Gabriele Zanarini, Senior Sales Manager di SunPower Italia, “I nostri prodotti sono riferimento per il mercato perché sono realizzati secondo i più alti standard di materiali e in modo responsabile, nel pieno rispetto dei diritti umani, in termini di supply chain e produzione. Puntiamo al futuro mettendo al centro gli individui e il valore della sostenibilità, tematica che ci tocca particolarmente”.

Alla base di un ulteriore sviluppo futuro del mercato c’è anche il costante miglioramento tecnologico dei pannelli. Maxeon Solar Technologies ha realizzato celle fotovoltaiche più performanti, robuste e resistenti in grado di assicurare un ciclo di vita più duraturo e, quindi, un maggiore guadagno dal loro utilizzo dopo il rientro dall’investimento. Le celle fotovoltaiche SunPower Maxeon sono progettate per fare la differenza e sono le migliori su oltre cinque generazioni e 3,5 miliardi di celle testate anche nelle condizioni atmosferiche più avverse. Le celle fotovoltaiche convenzionali perdono potenza nel tempo a causa di rotture e corrosione. L’esclusivo design delle celle fotovoltaiche SunPower Maxeon elimina l’86% dei motivi di guasto delle celle tradizionali.

elmecsolar.com

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

LA NUOVA FRONTIERA del inclusivopackaging

Si chiama “Providentia” il nuovo progetto messo in cantiere dalla Cooperativa Lavoro e Solidarietà di Saronno che, da oltre 40 anni, avvia iniziative per assicurare la dignità e l’inserimento nel contesto sociale e lavorativo dei disabili psicofisici. L’ultima, in ordine di tempo, è la costituzione di un centro di ricerca per lo sviluppo e la produzione di nanoparticelle cellulosiche applicabili al cartone con possibili utilizzi nel settore imballaggi e confezionamento. Con importanti risultati in termini di sostenibilità

In continua evoluzione e non pago dei grandi traguardi raggiunti in 40 anni di attività, il Gruppo Cooperativa Lavoro e Solidarietà (CLS) di Saronno sta per lanciare un nuovo progetto, chiamato “Providentia”. Nome dalle origini antiche: la dea Providentia, nella religione romana, era infatti la personificazione dell’abilità e della previsione del futuro. Un buon auspicio per questa cooperativa nata nel 1983 dall’idea di Pasqualino Cau che, con il sostegno di Enzo Volontè e l’adesione di un gruppo di genitori di ragazzi disabili, oltre a figure di spicco dell’economia saronnese, hanno dato vita ad una realtà che attualmente occupa in maniera stabile 95 dipendenti, di cui 56 svantaggiati. Dopo soli tre anni dall’inizio delle attività, nel 1986, un imprenditore saronnese donò il terreno su cui sorgeva un vecchio rudere in disuso della ditta Olivera, che venne prontamente riconvertito e nel quale ebbe inizio la storia della

CLS e del suo scatolificio, riempito poco dopo con tutti i macchinari necessari. Da qui il futuro di questa grande impresa sociale ed economica. Il Gruppo

CLS è una realtà che raggruppa 5 unità cooperative e la Fondazione, nata nel 2010, è lo strumento attraverso il quale si realizzano tutte le iniziative. Quella

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imprenditoriale e commerciale, con la sigla LA, si basa sulla lavorazione di carta e cartoni ondulati e di imballaggi tecnologici e avvia al lavoro disabili psicofisici. FA, è un centro socioeducativo e servizio di formazione all’autonomia, con educatori di grande esperienza. CA, è la sigla della casa di accoglienza. Una comunità alloggio per i disabili rimasti soli. Segue SC.SunChi, quasi un gioco dialettico che indica l’inserimento lavorativo per persone con disagio psichico, seguiti da Facilitatori Sociali, in stretto contatto con i CPS (Centro Psico Sociale) di Saronno e Busto Arsizio. L’ultimo nato, in ordine di tempo, è DA, un centro socioeducativo per disabili autistici tra i 16 e i 45 anni, seguiti da un’equipe specializzata all’ottenimento di obiettivi personalizzati per un inserimento attivo. È una realtà unica in Europa e in continua evoluzione, con un nuovo grande progetto: un centro di ricerca e produzione dal nome “Providentia” che si occuperà dello sviluppo di nanoparticelle cellulosiche applicabili al cartone. Il Presidente del Gruppo CLS, Giovanni Volontè, racconta a Varesefocus questa poliedrica realtà.

Il gruppo CLS sta volando alto, dove vuole arrivare?

Da qualche anno la richiesta dei servizi offerti dalla nostra struttura a supporto dei disabili psico-fisici ed autistici sta crescendo in modo costante, mentre l’unità operativa che si occupa della lavorazione del cartone è aumentata così tanto, nell’ultimo decennio, da rendere troppo stretti gli attuali spazi. Per questo motivo stiamo ampliando le nostre sedi per consentire il potenziamento di tutti i servizi offerti alla persona e di accrescere l’area produttiva dello scatolificio, che porterà anche ad un incremento del personale sia abile sia disabile. Abbiamo anche da poco completato la ristrutturazione di una nuova struttura, dove troveranno spazio i nostri laboratori di ricerca e applicazione delle nanoparticelle cellulosiche. Il progetto della realtà CLS è stato fortemente voluto dal nostro Presidente fondatore, Pasqualino Cau, che purtroppo ci ha lasciato un anno fa.

L’innovativo progetto della produzione delle nanoparticelle è quindi iniziato?

Da qualche anno un team guidato dal professor Luciano Piergiovanni sta lavorando a questa progettualità e, posso anticipare, che ormai siamo molto vicini alla conclusione del periodo di ricerca. Negli ultimi mesi, infatti, ci stiamo

concentrando maggiormente sulla valutazione dei migliori metodi applicativi delle nanoparticelle sul cartone e sul cartoncino.

Quale sarà il suo sviluppo nell’ambito della CLS?

È presto per dirlo. Penso che la possibilità di utilizzo del cartone o cartoncino con l’applicazione di nanoparticelle cellulosiche potrebbe davvero creare un’importante svolta per il settore degli imballaggi e del confezionamento, soprattutto in ambito alimentare. Siamo in costante contatto con diverse importanti aziende multinazionali che stanno seguendo con attenzione tutti i nostri risultati di ricerca.

Cosa si intende per nanoparticelle cellulosiche? Come possono innovare il mondo del packaging? Che differenza avranno gli imballaggi creati con questo sviluppo, rispetto agli attuali?

In un mondo in cui si parla sempre più spesso di riciclabilità e rispetto per l’ambiente, abbiamo voluto impostare la ricerca utilizzando prodotti di origine vegetale da cui vengono ricavate nano fibre di cellulosa che, opportunamente trattate in processi sostenibili, riescono a garantire alla carta eccezionali prestazioni di tenuta all’assorbimento di oli, grassi, vapori o addirittura liquidi. Questi prodotti potrebbero sostituire gli accoppiamenti tra carta e polimeri sintetici, determinando un importante passo avanti in termini di progresso sostenibile.

L’aspetto imprenditoriale garantisce il sostentamento dell’aspetto sociale?

La sostenibilità della struttura CLS è garantita dai servizi offerti alla persona e, prevalentemente, dalla parte lavorativa dello scatolificio e della cartotecnica, ma tutti i risultati finora raggiunti sono stati resi possibili senz’altro grazie al costante supporto che da decenni, cittadini e associazioni locali, riescono ad offrirci. In questo momento, per noi, sono davvero fondamentali questi sostegni.

Si parla anche di un altro vostro progetto, il “Dopo di noi”. A che punto è?

Del “Dopo di noi” se ne parla da diversi anni anche se forse oggi sarebbe più corretto parlare anche del “Durante noi”. Sempre più spesso riceviamo richieste da famiglie che ci chiedono di inserire nella nostra struttura i loro famigliari con disabilità: ipotizziamo di realizzare una seconda comunità di alloggi per portatori di disabilità intellettiva o fisica e una per i soggetti affetti da patologie autistiche.

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IL SENTIERO DELLE STREGHE di SuperioreVenegono

Il percorso tematico di circa 2,3 chilometri che si snoda nel Parco Pineta, partendo alle spalle del “Pianbosco Village” e incrociando per un tratto il Sentiero 548, ripercorre la tragica storia del processo del 1520 ai tempi della Santa Inquisizione, attraverso 8 tappe. Il tutto grazie al supporto di un’applicazione che accompagna i visitatori lungo la passeggiata, con racconti e documenti

GITA A...
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Il ricordo del processo alle streghe e alle donne condannate al rogo

La stregoneria, con le sue oscure e misteriose connotazioni, evoca immagini di un passato remoto, fatto di riti pagani e persecuzioni.

Eppure, la realtà storica ci ricorda che fenomeni come la caccia alle streghe, spesso associati a secoli bui e a terre lontane, hanno trovato terreno fertile anche nei nostri territori. Un esempio emblematico di questo oscuro capitolo si è consumato a Venegono Superiore, proprio qui in provincia di Varese, dove uno dei processi più noti contro le presunte streghe si concluse con la condanna a morte di numerose donne. Una pagina a cui ora è stato dedicato un sentiero tematico in uno dei boschi più (è proprio il caso di dire) “magici” della provincia.

La storia racconta che 6 donne, accusate di stregoneria, vennero arse vive davanti alla chiesa di Santa Maria, mentre una settima perse la vita durante un interrogatorio. Questi eventi, avvenuti ai tempi della Santa Inquisizione, che si insediò per un periodo nel fiabesco Castello Castiglioni (ancora oggi uno degli edifici più affascinanti del borgo), segnarono profondamente la memoria collettiva del luogo, rivelando un passato di dolore e di incomprensioni. Grazie al lavoro di studiosi e appassionati, oggi possiamo accedere a testimonianze dettagliate di quei processi, tradotti e analizzati per comprendere meglio la dinamica sociale e culturale che portò alla persecuzione delle presunte streghe. Attraverso gli atti processuali, emergono storie di donne, spesso semplici erboriste o guaritrici, vittime di un’epoca in cui la paura del diverso poteva facilmente tradursi in accusa di stregoneria.

Il Sentiero delle Streghe

Il Sentiero delle Streghe è un percorso che si snoda per circa 2,3 chilometri nei boschi del Parco Pineta. Inaugurato a maggio del 2022, conta 8 tappe in cui viene raccontata la storia del processo dell’Inquisizione tenutosi qui nel 1520. O meglio: il processo, i roghi, le storie, avvennero nel borgo, ma è nel bosco che, secondo le delazioni e le credenze dell’epoca, le “streghe” si radunavano per celebrare i sabba e compiere sortilegi. Il progetto, lanciato per il 500esimo anniversario del processo, è solo l’inizio di un piano più ampio per espandere il sentiero e offrire un modo per connettersi con natura e storia locale.

Lungo il sentiero, una tappa dopo l’altra, i

visitatori possono addentrarsi nella storia del processo alle streghe di Venegono, uno dei pochi di cui siano sopravvissuti documenti originari fino ai giorni nostri. Ed è possibile farlo in modo interattivo grazie a un’app tematica che accompagna con storie e documenti tutta la passeggiata. Bastano scarpe comode e un cellulare che legga i Qr code per vivere questa esperienza. Grazie a un sistema già sperimentato con successo sul Percorso delle Salamandre a Castelnuovo Bozzente, è sufficiente, infatti, inquadrare col proprio smartphone il codice dal punto di partenza per accedere alla guida e nel caso in cui non si avesse rete, si può usufruire della connessione Wi-Fi del Pianbosco Village (via F.lli Kennedy) grazie ad un secondo Qr code. Più di una semplice guida, lo strumento digitale accompagna il visitatore lungo il percorso, svelando al contempo i segreti del Parco e raccontando la sua storia, avvalorata da documenti storici. Il tracciato attraversa un’area di grandissima qualità naturalistica e paesaggistica, ma al contempo si trova in una posizione facilmente accessibile. La sua collocazione è interessante anche perché sorge in un punto d’incontro con la rete sentieristica del Parco

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Sculture di legno lungo il sentiero

Pineta e coincide in parte con il Sentiero 548. Insomma, per chi ha voglia di camminare, le possibilità sono molteplici.

Il percorso

Il sentiero inizia alle spalle del “Pianbosco Village”, dove si può trovare parcheggio. Dopo un breve tratto immersi nel bosco tra statue di legno, ginestre ed alberi silenziosi, incrocia Via dei Mughetti, unendosi al Sentiero 548. Superata una sbarra al termine della strada asfaltata, il percorso si inoltra nei boschi del parco, in un’atmosfera di pace e tranquillità, per poi proseguire pianeggiante, tra gli alberi. Un bivio a destra segna la deviazione dal Sentiero 548: il sentiero continua in autonomia, seguendo inizialmente il collegamento 548/542. Dopo poche centinaia di metri, si distacca dal collegamento che svolta a sinistra e continua su una vecchia strada forestale. Lungo la cresta della collina, si trasforma: da strada forestale diventa un cammino che inizia a scendere dolcemente verso la valle. Attraversato un guado, il sentiero risale per ricongiungersi con il tracciato iniziale alle spalle del “Pianbosco Village”, completando il viaggio nella natura.

Alla scoperta di Venegono

La passeggiata è un ottimo pretesto per scoprire questo borgo ricco di fascino e storia, come riporta anche l’app che accompagna il sentiero (streghedivenegono.app). I primi documenti che riguardano la località sono datati all’XI secolo, sebbene nel territorio siano state segnalate vestigia romane: tracce della strada Comum-Novaria, segni di centuriazione e un cippo votivo. Durante il medioevo, Venegono appartenne al Seprio e al Ducato di Milano. Il nucleo storico è dominato dal castello e oggi, dopo diverse ristrutturazioni e lavori, è occupato dall’Istituto dei Padri Comboniani per le missioni africane. Il primo insediamento fortificato, che in seguito divenne il castello, fu edificato probabilmente nell’arco di tempo tra il nono e il decimo secolo come misura di protezione contro le incursioni degli Ungari. Fu attorno a questa struttura di difesa che, durante il Medioevo, si formò il villaggio, arricchendosi di chiese risalenti a prima del 1500, come San Giorgio e Santa Maria alla Fontana. Inoltre, in epoca medievale, furono condotti processi per stregoneria sia nel castello sia nelle aree di Monteruzzo, Monterosso e Pianbosco, dove si registrarono episodi di caccia alle streghe.

Una collezione “da paura”

A Venegono è legata un’altra storia leggendaria: il Fondo Sclavi. Nel 2002 infatti la biblioteca locale ha ricevuto dal creatore di Dylan Dog, il vegonese Tiziano Sclavi, 6.500 volumi che oggi costituiscono il Fondo che ne porta il nome e che sono diventati il motore di tante iniziative. Come quella conclusa di recente, che ha visto impegnati gli studenti della scuola media Ferrarin di Venegono Superiore e del Liceo Artistico Don Milani di Venegono Inferiore nell’illustrare e raccontare la collezione, che comprende oltre un migliaio di libri dedicati al cinema, con particolare spazio a horror e fantascienza e una rara collezione di testi in lingua inglese, oltre a una sezione dedicata al fumetto con opere di Liberatore, Mattotti, Manara e Pazienza.

Totem lungo il percorso, sotto un cartello con il qr code per scaricare la mappa e collegarsi al wi-fi

Un passato presente

A ricostruire la storia dei processi per stregoneria a Venegono e delle sue protagoniste è stata Anna Marcaccioli Castiglioni nel suo libro (oggi quasi introvabile) “Streghe e roghi nel Ducato di Milano: processi per stregoneria a Venegono Superiore nel 1520”. L’autrice ha tradotto i testi del “Processum strigiarum” dal latino all’italiano: unico processo in Italia arrivato con tutta la documentazione ai giorni nostri, salvato dalle fiamme che nel 1788 distrussero l’archivio dell’Inquisizione dello Stato di Milano. Oggi, il sentiero nel bosco lo rende vivo.

66 GITA A... VENEGONO SUPERIORE

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LA CICLABILE della Valcuvia

Prosegue il viaggio di Varesefocus alla scoperta dei sentieri dedicati agli amanti della bicicletta. Il percorso di 14 chilometri che da Cuveglio porta a Luino è perfetto per una gita primaverile alla scoperta delle bellezze naturalistiche del Varesotto. Adatto anche a chi è meno allenato e alle famiglie per la sua caratteristica pianeggiante, regala scorci suggestivi e molteplici possibilità di deviazioni per rendere l’escursione un ricordo indimenticabile

Èprobabilmente uno dei percorsi in bicicletta più belli da fare in questo periodo dell’anno: la ciclabile della Valcuvia immerge il ciclista nel suo verde di mille sfumature diverse, tra i suoi torrenti e le sue vette e accompagna, a passo lento, verso una delle città più struggenti affacciate sul Lago Maggiore, Luino. Il percorso è particolarmente incantevole per innumerevoli motivi: è la lunghezza giusta per divertirsi in bici senza stancarsi troppo, è pianeggiante, adatto anche a chi non è allenato o a famiglie, è ben isolato dal traffico e regala degli scorci che restano nel cuore.

Pedalare nel verde

Questa ciclabile parte da Cuveglio per arrivare fino a Luino senza quasi mai incrociare il traffico delle strade più percorse. È lunga 14 chilometri: una distanza che permette di stare in bici senza stancarsi, arrivare a Luino per una piacevole pausa sul lungolago, per poi ritornare senza eccessiva fatica. Quasi l’intero percorso si snoda tra viali alberati, affiancando corsi d’acqua, in particolare il Margorabbia e offrendo

frescura e riparo dal sole, con il sottofondo rilassante del rumore del fiume. Una combinazione perfetta per le gite primaverili. Gli scorci panoramici si alternano a ogni pedalata: vasti prati, boschetti, agriturismi, caselli di un tempo, il Margorabbia che accompagna per lunghi tratti, abbellito da fioriture spontanee e animali selvatici che fanno capolino, come aironi, cigni, germani e tante altre specie di uccelli. Che siate ciclisti esperti o alle prime armi, con i vostri bambini o in compagnia di amici, potrete godervi un itinerario sicuro e privo di particolari difficoltà. Lungo il tracciato, non ci sono ostacoli degni di nota e le asperità dovute ad alcune radici di alberi sono comunque minime, superabili anche dai più piccoli. Inoltre, i pochi attraversamenti stradali presenti lungo il percorso sono regolati da semafori e da un’attenta segnaletica che garantisce la massima sicurezza. E poi ci sono i sottopassi: una caratteristica che si incontra più volte lungo il percorso, creati appositamente per evitare di passare lungo i tracciati delle auto.

Da dove si parte

Il percorso più bello è quello che da Cuveglio accompagna a Luino, per arrivare poi fino al lago. Lasciate l’auto al comodo parcheggio del centro commerciale Valcuvia Shop a Cuveglio e preparatevi a immergervi nella splendida Valcuvia in bicicletta, seguendo le indicazioni per la via ciclopedonale. Il percorso inizia proprio qui, a pochi passi dalle auto. Subito vi troverete immersi nella natura, pedalando accanto a una pittoresca fattoria dove potrete ammirare gli animali al pascolo. La pista ciclabile, realizzata principalmente in asfalto e cemento, si snoda dolcemente tra saliscendi leggeri, regalando panorami suggestivi.

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La passerella in legno sospesa sull’acqua nel bosco

Proseguendo il vostro viaggio, sul lato destro del percorso, noterete un vecchio mulino, un tempo fulcro dell’attività molitoria della zona. Un affascinante testimone del passato che cattura l’attenzione e invita a una sosta per una riflessione storica. Durante il tragitto non mancheranno tratti da percorrere attraversando ponticelli e passerelle, che rendono l’itinerario davvero bucolico e divertente, soprattutto per i bambini. Il consiglio durante questo tragitto è di non dimenticare la macchina fotografica o avere lo smartphone ben carico per immortalare i momenti più belli di questa escursione.

Quante sorprese a Rancio Valcuvia

Tra fattorie, prati, cascatelle e boschetti, in poco tempo arriverete a Rancio Valcuvia, dove troverete uno dei famosi sottopassi e, poco dopo, uno dei punti più incantevoli di questo itinerario. Dopo un campo coltivato e una caratteristica fattoria sulla destra, poco più avanti, troverete una passerella di legno a forma di S, che si snoda tra gli alberi. Prestate attenzione: in caso di umidità o di pioggia, la superficie potrebbe risultare scivolosa. Per maggiore sicurezza, è consigliabile, come indicano i cartelli, scendere dalla bici e attraversarla a piedi. Sotto al ponticello, un piccolo stagno vi regalerà un momento di quiete e la possibilità di sostare un po’ all’ombra. Continuando per circa 2 chilometri, raggiungerete un semaforo. Proseguendo sulla pista ciclabile, potrete ammirare il paesaggio circostante e godervi la piacevole sensazione di

Lo sbarramento della Valcuvia

Attraverso questa ciclabile vi troverete a incrociare i siti dello Sbarramento della Valcuvia, segnalati con un apposito cartello, testimonianza della Grande Guerra in Nord Lombardia, che può trasformarsi in un itinerario di scoperta a se stante. Il sistema difensivo italiano verso la Svizzera alla Frontiera Nord venne ideato nel 1871 dal Regno d’Italia per proteggersi da eventuali aggressioni provenienti da oltralpe. Iniziati i lavori nel 1904, gran parte vennero eseguiti tra il 1916 e il 1917. A Nord di Varese, il sistema antintrusione nemica si svolge su più linee ed è articolato in 62 appostamenti. Caposaldo dello sbarramento della Valcuvia era il Forte a Vallata del Monte San Martino, mentre il fondovalle era chiuso tra i complessi trincerati di Mesenzana Cassano, a Ovest, e di Rancio-Masciago Primo.

pedalare nella natura. Poco dopo arriverete a Ferrera, località famosa per le sue cascate.

Verso Luino

Proseguendo verso Luino, vi troverete a costeggiare un suggestivo laghetto artificiale, un piccolo angolo rurale affascinante. Lungo il percorso ci sono anche alcuni bar o ristoranti dove fare una sosta e alcune aree attrezzate per un piacevole picnic all’aria aperta. Continuando il vostro viaggio, attraverserete campi coltivati e fattorie, dove potrete ammirare animali al pascolo come cavalli, asini, mucche e belve da cortile. Uno spettacolo bucolico che vi riporterà indietro nel tempo. Senza quasi accorgervene, vi ritroverete alle porte di Luino: un traguardo che vi riempirà di soddisfazione, soprattutto se pensate alla bellezza del percorso che avete appena completato. L’arrivo a Luino è emozionante. Dovrete passare il ponte di metallo che supera la foce del torrente Margorabbia, nel punto di congiunzione con il Tresa. Gli spunti per le foto qui sono innumerevoli: dal placido fiume al bosco che si mescola alla città.

Tappe fuori percorso

Un aspetto molto affascinante di questa ciclopedonale è il fatto di poter allungare all’infinito il percorso, aggiungendo deviazioni che accompagnano alla scoperta di alcuni dei luoghi iconici più belli della provincia, come ad esempio le cascate di Ferrera raggiungibili con una deviazione quando si passa dal Comune omonimo. Interessante è anche una visita a Cavona, piccolo borgo dove è presente la Chiesa di Santa Casa, eretta tra il 1635 e il 1643 sull’esempio del Santuario della Madonna di Loreto.

Il ponte sul Tresa che indica l’arrivo a Luino

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DOVE LAVORO E RELAX VANNO A BRACCETTO

Situata sulle rive del Lago Maggiore, Villa Porta è la scelta perfetta per eventi di respiro internazionale, meeting aziendali, corporate dinner e molto altro ancora.

La suggestiva Torretta e l’esclusiva Ballroom

Limonaia offrono ambienti funzionali per momenti formali, mentre le accoglienti camere del Relais si abbinano alTiffany Restaurant per un soggiorno immerso in un’oasi naturale di grande tranquillità.

Andrea Ravo Mattoni AL CASTELLO DI MASNAGO

Le strutture nelle immagini sono state progettate da Studio Def

Nel capoluogo varesino l’incontro tra classicismo e Intelligenza Artificiale svela i segreti di un successo che mette tutti d’accordo. In mostra, fino al 28 luglio, 25 nuove opere dello street artist, noto in tutta Europa e non solo, per le sue riproduzioni con bombolette spray dei classici della storia dell’arte. Al centro della rassegna, un innovativo modo di fare arte, attraverso gli strumenti di IA

Al Castello di Masnago è in corso la prima mostra personale di Andrea Ravo Mattoni nel capoluogo varesino, intitolata “img2img, Pittura Copia e Intelligenza Artificiale”, curata da Monica Guadalupi Morotti e Andrea Ceresa. Si tratta della seconda rassegna (nel 2016 era già presente nella collettiva “Urban Canvas” proprio a Masnago) che vede ospite l’artista, con 25 opere inedite, nell’antica dimora che è sede principale del circuito varesino museale. Un afflusso che raramente si è visto in precedenza ha caratterizzato il primo incontro pubblico della città con il suo artista, nato a Luvinate nel 1981, noto soprattutto per le monumentali riproduzioni dei classici su parete in Europa e non solo. Ma in realtà è il quinto evento in cui il rapporto dell’autore con l’Intelligenza Artificiale è centrale. “La richiesta – spiega Ravo a Varesefocus – è partita un anno fa da Morotti e da lì si è subito aperto il dialogo con il Comune, attento agli

del territorio. Dopo mesi di intensa attività e 4 mostre sul tema in Svizzera, Germania, Francia e Giappone, mi fa molto piacere portare ora questo mio ultimo lavoro nella città in cui sono nato”.

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artisti
MOLA MEREGALLI
PH. TOMMASO

Il giorno dell’inaugurazione Ravo Mattoni è andato a prendersi, oltre che i saluti e i complimenti delle autorità locali, il sindaco Davide Galimberti, l’assessore alla cultura Renzo R. Laforgia e l’assessore regionale alla cultura Francesca Caruso, l’abbraccio dei colleghi, dei familiari e degli amici, in un clima di gioiosa partecipazione. Marcello Morandini e Silvio Monti, Ruggero Marrani e Giorgio Vicentini, Dino Azzalin, editore, poeta e collezionista d’arte e tanti altri, erano attorno a lui. Ma c’erano anche i direttori museali delle gallerie con cui Ravo lavora in giro per l’Europa. In Francia ha collaborato con la città di Nanterre e con il Louvre, in una rassegna che ha ottenuto anche il plauso del Presidente Macron. E lo ha visto protagonista a Parigi nel Jardin des Tuileries, come ha raccontato a Masnago il noto direttore del progetto Cyrille Gouyette.

La numerosa partecipazione di pubblico ha imposto che l’abbraccio, anziché nel salone, avvenisse nel giardino del castello. Una novità che ha ulteriormente sottolineato il successo dell’artista nel tempo. Se la notorietà gli è arrivata nel 2016 per la riproduzione (su parete e con bombolette spray) della Cattura del Cristo di Caravaggio, a Belforte, lui rivendica innanzitutto lo studio fatto per essere pittore, il Liceo Artistico prima e la scuola di Belle Arti di Brera poi, nato da una vocazione personale ma

anche familiare.

Erano artisti noti anche il nonno Giovanni Italo, pittore e autore di figurine Liebig e Lavazza entrate nel collezionismo, il padre Carlo, artista concettuale comportamentale e lo zio Alberto, creatore del personaggio Lillibeth. Una prima mostra avvenne proprio coi suoi cari nella sede del Comune di Luvinate. Andrea era ancora un bambino allora. Però ne parlavano già tutti in paese della sua bravura pittorica, un vero “enfant prodige”. Forse per questo motivo un lavoro di designer non gli bastava. Un treno da dipingere o una parete affacciata sul verde delle colline varesine lo attraevano molto di più. La scelta iniziale di lavorare da street artist con i colori delle bombolette spray, appeso a muri e edifici, è quella che ancora oggi gli dà l’emozione maggiore. Tanto che, a pochi giorni dall’inaugurazione della rassegna, già ci annunciava che riprenderà a lavorare all’aperto, appena l’arrivo del bel tempo lo consentirà. A interessarlo è che le opere siano nel territorio, a disposizione di quanti non possono viaggiare e sotto gli occhi di chi ama l’arte. La professione di Ravo ha, dunque, un non secondario risvolto sociale e divulgativo.

“Dopo il lavoro ‘illegale’, sulle fiancate dei treni e sui muri, ho portato la mia opera anche in Tribunale, chiamato dalla dottoressa Daniela Borgonovo, che aveva molto apprezzato le mie creazioni”, ha raccontato con orgoglio. Nacque così la riproduzione di “Allegoria di Giustizia e pace” di Corrado Giaquinto, che, oggi, i varesini possono ammirare. Ma se avete voglia di andare a Somma Lombardo, a Malpensa, a Lavena Ponte Tresa o a Lonate Pozzolo, a Gavirate, a Biandronno, a Curiglia o ad Angera, troverete altre sue opere, meravigliose riproduzioni di grandi classici come Hayez e de La Tour, ma anche i “nostri” Morazzone e Cerano.

Per venire alla mostra varesina, che sarà visitabile fino al 28 luglio in 7 sale, si tratta di un nuovo progetto con 25 lavori inediti e con tecniche innovative rispetto al passato. Perché all’uso consueto delle bombolette spray si aggiungono due novità: il fondo su cui si lavora, non più il muro ma la tela

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ARTE ANDREA RAVO MATTONI

e l’elaborazione dell’immagine attraverso una piattaforma che utilizza l’Intelligenza Artificiale. Il fine ultimo è però dimostrare che, nonostante si possa ricorrere a immagini create dall’IA (Ravo, ci tiene a sottolineare, ne ha ideata una sua, A.I. Inelegans) è dato poi di intervenire creando una seconda immagine. Dove a decidere sono sempre l’occhio e la mano dell’artista. La tradizione a lui cara della copia non verrà quindi mai messa da parte. Anzi, sarà approfondita e accentuata cambiando la matrice, attingendo cioè a fotografie inedite dello stesso archivio di Ravo o a opere di autori contemporanei, a lavori in videoarte o a nuove immagini generate dall’Intelligenza Artificiale. Ma la trasformazione finale del lavoro avviene con la pittura spray, il mezzo tecnico prediletto. Nelle 7 sale del percorso espositivo, viste come porte che s’aprono a tratti di vita dell’autore, ecco le opere, alcune di grandi dimensioni, create dall’IA e rielaborate dall’artista di mano sua. Sono tutte su tela. Tranne due: ottenute su pietra e di gusto primordiale. Accanto, o di fronte alle opere, sono strutture a specchio di Studio Def, in cui si riflettono gli ambienti, con anche le sagome deformate dei visitatori: segno di un gioco d’artista tutto sommato antico. Due fanciulle in abiti in parte d’epoca, in parte futuristici, vengono incontro nella prima sala. Il lavoro è certo ispirato dal contesto dell’antico maniero. Sono damigelle piene di grazia. Immerse però nel metaverso, i caschi in testa, raccontano di una curiosità tutta nuova. Curiose come le serie di ritratti in altre sale, con noti visi ispirati a Caravaggio, ma anche alla videoarte dell’americano Bill Viola. L’artista di radici italiane, noto al pubblico internazionale, anni fa mandò in tilt con la sua mostra, come avvenne con Wim Wenders, il circuito museale di Villa Panza.

ANDREA RAVO MATTONI

IMG2IMG. PITTURA, COPIA E INTELLIGENZA

ARTIFICIALE

Fino al 28 luglio 2024

Castello di Masnago, Museo Civico d’Arte moderna e contemporanea

Via Monguelfo, Varese

Da martedì a domenica, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 18.00 museivarese@cooperativasull’arte.it

Nelle sale 5 e 6 è una gradevole rievocazione tecnologica e pittorica insieme di personaggi di fumetti, di favole e di racconti grafici che popolarono infanzia e gioventù dell’autore. L’ultima sala dedicata agli autoritratti del protagonista completa le vicende di una storia personale che nell’arte si è nutrita ed è cresciuta. Un lenzuolo di famiglia, usato come tela per ritrarre se stesso dal giovane Andrea, allievo di Brera, spiega già molto. Fondamentale, non si dimentichi, è la quarta sala: con l’omaggio di Ravo alla preziosa opera, presente nell’ampia collezione del castello di Masnago, “Sera d’autunno o Valpozzo” (1903) del divisionista Pellizza da Volpedo. Un omaggio di lavori giocati, a loro volta, su colori particolari, atmosfere e sciabordii di acque che affiorano, oltre che dalle prove dell’artista, forse anche nelle sensazioni di chi attraversa le sale accompagnato dalle musiche di Andrea La Pietra. Un leitmotiv particolare, quasi onde gravitazionali che si inseguono: nell’intramontabile spazio-tempo dell’arte.

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MOLA MEREGALLI
PH. TOMMASO

IL MASTRO GEPPETTO

di Azzate

L’arte di saper creare una storia da un semplice pezzo di legno: questo il dono di Amedeo Capelli, azzatese classe 1992, che da qualche anno realizza automi mobili dall’apparenza magica, a cui attraverso video pubblicati sui social riesce a dare vita. Il percorso di un artista, apprezzato anche ben oltre i confini varesini, partito dall’ambito birraio e sfociato poi nella falegnameria

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Lisa Aramini Frei

Nella celebre storia di Collodi, Mastro Geppetto è un artigiano dalla vita umile. Deciso a cambiare il suo destino, si fa regalare un pezzo di legno da alcuni amici, dal quale intaglia un simpatico burattino che gli permette di dare il via alla sua carriera da burattinaio, girando l’Italia e facendo fortuna. Ciò che Geppetto non sa, però, è che il ciocco di legno che ha tra le mani è vivo e gli sta per cambiare la vita per sempre. Ad Azzate, c’è un ragazzo che, a differenza del padre di Pinocchio, sembra aver colto le proprietà quasi magiche di questo materiale e da oltre 3 anni realizza dei veri automi, in grado di trasportare chi li ammira, in mondi fantastici e meravigliosi: il suo nome è Amedeo Capelli, classe 1992. Come nelle migliori favole, in cui il protagonista non è consapevole in principio di quale sia il sentiero più giusto da intraprendere, anche Amedeo aveva iniziato la sua carriera lavorativa in un settore del tutto diverso, ovvero quello della produzione e vendita di birre artigianali. “Appena terminato il Liceo – racconta il moderno falegname azzatese – sono entrato nel campo della birra, frequentando corsi e tenendone anche io alcuni. Occasionalmente mi capitava di realizzare delle confezioni in legno per i clienti che desideravano un packaging regalo insolito. Con l’andare del tempo, poi, clientela e locali richiedevano sempre più spesso questo tipo di confezioni in legno: occuparmi sia del negozio sia delle custodie era molto difficile. Perciò ho fatto la scelta di dedicarmi

solo all’attività della falegnameria e per ora posso dire di essere contento”.

L’interesse di Amedeo per il legno è nato in tenera età, quando, insieme alla sua famiglia, passava le vacanze in Trentino-Alto Adige, luogo celebre per la produzione di statue e arredi lignei. Ammirando le vetrine dei negozi in cui quest’arte faceva bella mostra di sé, Amedeo si è lasciato ispirare dalla magia che il legno poteva restituire una volta trasformato e da autodidatta, prima facendo semplici intagli, poi dedicandosi a lavori più complessi come tavoli e librerie, ha preso il via la sua esperienza di falegname. Portata avanti in uno studio ad Azzate, dove operava su commissione.

“Ho iniziato così – precisa Capelli – nel mio laboratorio da solo, ma avevo qualche difficoltà, sia per quanto riguarda i costi dei materiali, ma anche per il trasporto di lavori di grandi dimensioni. Mi sono quindi chiesto: ‘C’è un qualcosa di piccolo che posso realizzare e in cui mi piacerebbe specializzarmi?’ Così è nato Stoccafisso Design, il mio marchio di giocattoli meccanici. Prima di arrivare al concept finale ho passato un anno a fare esperimenti con vari materiali: ho provato il metallo, la cartapesta, il vetro, perfino la stampa 3D! Sono però tornato al legno, materiale che anni prima aveva avuto un discreto successo e che già era stato apprezzato da diversi clienti”.

Dopo questa epifania, Amedeo ha iniziato una sorta di doppia vita: al mattino si dedicava ai lavori di falegnameria e al pomeriggio all’ideazione, progettazione e realizzazione dei suoi giocattoli mobili, destinati ad un e-shop online. Finché le richieste dei giocattoli non hanno superato quelle dei mobili, diventando i suoi prodotti di punta. Sbarcato ufficialmente su Internet, Capelli ha avuto l’intuizione di condividere i suoi lavori anche sui social, dove è diventato subito virale. Sui suoi profili Instagram e TikTok, l’artista del legno condivide video in cui mostra i

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ARTE AMEDEO CAPELLI

suoi automi in azione: da miniature di bambini che fanno volare draghi, ad arcieri vichinghi i cui capelli si muovono insieme al vento. I filmati seguono sempre temi virali e prendono spunto, ad esempio, da festività in corso, come nel caso dell’Orchestra di scheletri, un progetto composto da 9 personaggi mobili (scheletri per l’appunto che hanno avuto bisogno di oltre un mese di lavorazione), che suonano diversi strumenti musicali, realizzato per Halloween.

Questi video, accompagnati da musiche coordinate alle diverse tematiche, oltre ad essere d’intrattenimento, sono anche uno dei vari espedienti che Amedeo utilizza per promuovere i suoi prodotti o per mostrarne tutte le fasi di realizzazione. “Sul mio canale YouTube riprendo tutti i momenti che portano alla creazione di un automa. Dal disegno, alla progettazione della meccanica, all’intaglio e alla pittura – spiega di nuovo il falegname di Azzate –. Realizzo dei tutorial a tutto tondo dei miei lavori. Quando mi dedico a questo tipo di contenuti, il tempo di realizzazione di un giocattolo aumenta abbondantemente, perché mi devo occupare anche di tutta la fase di produzione video, della regia, delle luci”. Avendo un vasto catalogo di giocattoli, che oggi conta oltre 600 pezzi, i tempi di produzione di un singolo automa non richiedono più di 2 o 3 giorni. Se si tratta di progettazioni ormai “rodate”, con un meccanismo semplice, Capelli riesce ad occuparsi anche di 4 o 5 lavorazioni alla volta, risparmiando tempo per dedicarsi a commissioni più complesse e articolate o per una delle fasi che richiede più tempo: quella del disegno del personaggio. Dietro ad ogni creatura di Amedeo, infatti, ci sono diverse ore di studio per individuare lo stile, i colori e per progettare al meglio l’intaglio. Nonostante si tratti di un lavoro prettamente manuale, la tecnologia, come nel caso dei video sui social, non manca. È grazie all’utilizzo di macchine a controllo numerico che prendono vita alcune componenti base per i lavori dell’artista. “La tecnologia è molto utile anche in questo lavoro – sottolinea Amedeo –, ma la passione è la chiave di tutto. Specialmente quella tramandata da chi da anni fa lo stesso mestiere. Credo che avere l’opportunità di imparare da un falegname esperto, con cui confrontarsi soprattutto sul tema della creatività, faccia la differenza”.

Gli ambiti di lavoro dell’artigiano varesino sono diversificati e, oltre alle commissioni private, riceve numerose richieste di collaborazione per concorsi e case editrici. Tra queste, spicca la recente partnership con il festival varesino di

cortometraggi Cortisonici, per cui ha realizzato 4 premi destinati alle categorie in competizione. Si tratta di automi dall’aspetto futuristico che rappresentano vari scenari distopici, in linea con il tema del concorso.

Dal delineare scenari futuristici a evocare racconti fiabeschi, il legno è di sicuro uno dei materiali più espressivi e suggestivi presenti in natura. Capace di trasformarsi e di comunicare emozioni con chi ne entra in contatto, soprattutto grazie all’aiuto di abili complici. Che si tratti del Mastro Geppetto di Pinocchio o del varesino Amedeo Capelli.

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UNA QUESTIONE di equilibrio

Circa 500 tesserati, la riconquista della Serie B lo scorso anno, dopo quasi due decenni di assenza dalla categoria e, negli ultimi tempi, lo sviluppo di una nuova pratica sportiva: l’arrampicata. La Varesina Ginnastica e Scherma, storica società della Città Giardino, è riuscita a superare il difficile periodo della pandemia da Covid-19 e la successiva crisi energetica, contando su un team di atleti e allenatori molto affiatato

Èanche una questione di equilibrio.

E chi frequenta la struttura di via Donatello a Varese (sia le ginnaste, sia i dirigenti, sia gli allenatori), lo sa molto bene. La Varesina Ginnastica e Scherma, perché questo si legge ancora sull’insegna della palestra dove

la società ha il suo quartier generale, è una realtà che nel tempo è cambiata, è cresciuta e si è evoluta, ma ha sempre mantenuto i piedi ben saldi per terra. Anche nel momento più difficile, quello del Covid, quando molte realtà hanno perso la speranza e, costrette dall’inattesa piega degli eventi, hanno chiuso i battenti, in via Donatello la vita sportiva è andata avanti. Una scelta di coraggio che ha lasciato i “segni” su chi ha preso quella decisione e su coloro che l’hanno condivisa, ovvero dirigenti e istruttori. “Oggi quel tempo, per fortuna, fa parte del passato – racconta la Presidente Tiziana Misseri –, ma se vogliamo parlare di quello che è oggi La Varesina, dobbiamo ripartire da lì”. E dall’attività agonistica della società che ha permesso di godere delle deroghe durante il lockdown. “Non abbiamo chiuso – racconta Misseri – e ora quella scelta la difendiamo con orgoglio, perché abbiamo permesso a molte atlete di avere il loro sport preferito come valvola di sfogo in un periodo in cui quasi ogni cosa era vietata. Ma senza gli introiti dei corsi e a fronte dei costi di gestione della nostra palestra, non è stato semplice”. Si aggiunga che dopo il Covid, giusto per delineare meglio il contesto, si è presentato il problema dei costi energetici. Questione che ha trasformato la palestra varesina in croce e delizia. Croce perché le spese di gestione sono schizzate in alto; delizia perché si parla di una struttura che al momento è unica nell’intero panorama provinciale e questo le permette di essere polo attrattivo per chi vuole fare ginnastica, anche a ottimi livelli. “Per fortuna – interviene Tiziana Misseri – le nostre allieve, dalle più piccole a quelle che frequentano i corsi serali dimostrando una tenacia mai sopita nel corso degli anni, ci danno sempre grandi soddisfazioni sportive e soprattutto dal punto di vista del rapporto umano”.

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Tutto questo per dire che gestire una società complessa, che conta quasi 500 tesserati, non è certo semplice come bere un bicchiere d’acqua. La presidenza Misseri è iniziata nel 2016, come racconta la stessa Tiziana: “Mi sono avvicinata alla società da mamma. Ho voluto che i miei figli praticassero la ginnastica, perchè la reputo una disciplina completa per lo sviluppo psicofisico dei ragazzi. Poi, quando loro hanno imboccato altre strade sportive, io sono rimasta Presidente della società”.

Una realtà che ha nel nome la disciplina della Scherma, anche se “ormai non viene più praticata da noi” e che ha riconquistato la Serie B l’anno scorso dopo 19 anni di assenza dalla categoria e ha visto negli ultimi tempi crescere una nuova (nuova si fa per dire, visto che è presente da una ventina d’anni) pratica sportiva: l’arrampicata. Una conferma della capacità di vedere lungo de La Varesina. Infatti, proprio nel momento più complicato, la società ha investito: “Negli anni del Covid abbiamo attrezzato nuove pareti – continua Misseri – l’ultima l’abbiamo completata nell’agosto scorso. E ora stiamo raccogliendo i frutti. Possiamo dire che il settore

dell’arrampicata oggi rappresenta quasi il 50% della nostra attività. Oltre ai tesserati vanno aggiungi i liberi frequentatori”. Misseri poi pone l’accento sui valori dello sport, “che qui in Varesina sono importanti. I nostri istruttori insegnano la tecnica, lavorano sulla crescita armonica del fisico, ma non trascurano l’importanza formativa dello sport. Soprattutto per i più piccoli. A praticare ginnastica si inizia molto presto, anche attorno ai 3 anni. Il ‘tutto subito’, in questo ambito, non esiste. Ogni atleta ha un suo percorso di crescita che va sempre rispettato, senza mai trascurare l’aspetto ludico”.

E i risultati? “Arrivano – si inserisce il Direttore Tecnico de La Varesina, Lara Varani –. La Serie B conquistata, le ragazze della squadra che danno il meglio a ogni prova, ma anche le soddisfazioni e i successi dei singoli atleti, oltre al fatto che la nostra palestra è una struttura ambita per gli istruttori”.

I gioiellini della Ginnastica Varesina

Le ragazze che stanno disputando la Serie B: Alice Montagner, Federica Ucci, Noemi Monzani, Sara Antoniotti, Greta Ceppi, Sofia Tomba (prestito da Roma 70) e Alice Rizzardi (prestito da Juventus Nova Melzo). Le ragazze campionesse Regionali a squadre Gold: Silvia Valerio, Federica Ucci, Vittoria Moro, Sofia Valsesia e Serena Isella. Silvana Valerio, prima alla prova Regionale Campionati Gold Allieve; Federica Ucci, terza Campionato Gold Allieve. Riccardo Poletti, Campione Interregionale Gold Trampolino elastico, convocato per il Campionato Assoluto e per la prova internazionale “4 Motori per l’Europa”, già disputata nel 2023 anche da Alice Montagner nella sua specialità.

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In cucina PANINO GOURMET

Ingredienti

per 4 persone

50 gr di prosciutto crudo di San Daniele

25 gr di caprino della Valcuvia

25 gr di castagne al miele

20 gr confettura di melanzane rosse Mirogallo

1 puccia

Procedimento

Scaldare la puccia, tipico pane lucano, per 4 minuti a 350 gradi in un fornetto. Una volta pronto, adagiare il prosciutto crudo di San Daniele alla base avendo cura di sviluppare il panino in altezza. Aggiungere il caprino fresco della Valcuvia, le castagne al miele e completare con la confettura di melanzane rosse lucane.

Rubrica in collaborazione con

Enoteca Bottazzi 1957, Besozzo enotecabottazzi.it info@bottazzi1957.com

I Pastini Susumaniello

Il nome “I Pastini” deriva da Pastinum, termine che in latino significa zappa e, in derivazione, terreno destinato alla coltivazione della vite. La famiglia Carparelli nel 1996 fonda nel cuore della Valle d’Itria questa piccola realtà con l’obiettivo di recuperare e coltivare i vitigni autoctoni del territorio come Minutolo, Verdeca, Bianco d’Alessano, Primitivo e Susumaniello. Dopo un lungo lavoro di recupero dalle vigne più antiche delle marze, si è potuto iniziare un percorso vitivinicolo che nel 2003 ha portato alla prima vendemmia. Oggi l’azienda si estende su 18 ettari coltivati in agricoltura biologica, i vigneti sono trattati solo con prodotti organici e i terreni con la tecnica del sovescio di varie specie leguminose. Il Susumaniello è un vitigno che ha origini Dalmate, ma nelle province di Bari e Nord di Brindisi trova oggi la sua giusta

destinato alla coltivazione della vite. La famiglia i marze,

consacrazione. Il nome curioso deriva dalla sua grande produttività in giovane età della vigna che si carica come un “somarello”. Il nome Versosud deriva dalla posizione dei vigneti nella parte Sud della tenuta.

Il vino si presenta di colore rosso rubino intenso con riflessi violacei, al naso si apre immediatamente esprimendo note di prugna matura, frutti di bosco, mora, ciliegia, con note moderatamente tostate e una leggera parte speziata che ne arricchiscono la complessità olfattiva. In bocca è armonico, fruttato e rilascia nel retrogusto tutte le sensazioni percepite al naso, nella lavorazione il passaggio anche se breve in legno lo rende più morbido, smussando la parte tannica e rendendolo piacevolissimo alla beva. Ideale con ragù, carni alla griglia, formaggi di media stagionatura, ma perchè no, anche con piatti semplici o panini gourmet.

Sommelier Bruno Bottazzi

Audi Zentrum Varese

Viale Belforte 151, Varese Via dei Combattenti 1, Solbiate Olona

Motori URBANO & PREMIUM: CROSSOVER AUDI A3 ALLSTREET

Assetto rialzato, look all-terrain e posizione di guida dominante: ecco le caratteristiche innate del nuovo crossover urbano della casa dei quattro anelli, disponibile nelle concessionarie Wendecar di Varese e Solbiate Olona a partire da maggio 2024

Lʼultima nata di Ingolstadt, l’Audi A3 Allstreet, segna un nuovo capitolo nella storia dei crossover urbani. Con una serie di caratteristiche innovative e un design che fonde eleganza e robustezza, la leader del segmento C berline è pronta a conquistare le strade e i cuori degli appassionati di auto. Audi A3 Allstreet si distingue per un assetto rialzato e un look all-terrain che strizza l’occhio ai modelli della gamma Audi Q. Gli

elementi chiave di questo nuovo look sono il single frame ottagonale nero opaco, corredato dalla griglia a nido d’ape e loghi neri lucido oltre alle minigonne e alle finiture a contrasto nella zona inferiore delle portiere. Sopra, la nuova crossover premium ha le barre al tetto di serie. A ulteriore rafforzamento della personalità del modello sono disponibili elementi estetici in carbonio come lo spoiler posteriore e le calotte dei retrovisori laterali. Di serie, i cerchi in lega da 17 pollici sin dal primo livello di allestimento, con un possibile upgrade ai cerchi da 18 e 19 pollici. La posizione di guida dominante, aiutata da un

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assetto rialzato di 30 mm rispetto alle versioni standard, frutto di una taratura specifica delle sospensioni, offre un un’esperienza di guida dinamica con un controllo e una visibilità degni di nota. La personalizzazione gioca un ruolo chiave nella A3 Allstreet. A offrire un’esperienza tipicamente Audi intervengono le 4 diverse firme luminose, l’app store integrato nel sistema MMI dell’auto, oltre a inediti inserti decorativi in tessuto riciclato al 100%. Alla radio digitale DAB+, al display touch da 10,1 pollici dell’MMI, al cruscotto digitale Audi virtual cockpit plus da 12,3 pollici e alla navigazione MMI plus, Audi aggiunge gli ormai indispensabili assistenti alla guida. Tra questi il mantenimento della corsia, la frenata automatica d’emergenza il collision avoid assist. A chiusura, la retrocamera posteriore e il Park Assist plus per il parcheggio semi-automatico. La nuova gamma Audi A3 è proposta con due motorizzazioni abbinate alla trasmissione automatica a doppia frizione S tronic a 7 rapporti: 2.0 (35) TDI da 150 CV e 1.5 (35) TFSI da 150 CV. Quest’ultimo con tecnologia mild-hybrid a 48 Volt. Dotata delle più avanzate tecnologie digitali di ultima generazione, la crossover compatta si posiziona al vertice della sua categoria per performance e comfort. La nuova Audi A3 Allstreet sarà disponibile nelle concessionarie Wendecar di Varese e Solbiate Olona a partire da maggio 2024. Con un prezzo d’ingresso di 39.500 euro, questa urban crossover si pone come una scelta felice per coloro che cercano una vettura premium che coniughi stile, prestazioni e tecnologia all’avanguardia.

Matteo Dall’Ava

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Le ultime nate in casa Porsche sono più potenti, vanno più lontano, accelerano più rapidamente, si ricaricano più velocemente e hanno un equipaggiamento di serie ancora più ricco. Tutte le versioni

alla precedente versione. Ciò significa meno soste per la ricarica durante i viaggi a lunga percorrenza. Una batteria da 105 kWh che si ricarica in corrente continua fino a 320 kW di potenza. Così, il tempo di ricarica per passare

dal 10% all’80% in una condizione di 15°C si abbassa a soli 18 minuti. In più, la capacità massima di recupero in fase di decelerazione da velocità elevate aumenta di oltre il 30%, passando da 290 a 400 kW. Un aiuto importante soprattutto in autostrada. Migliorie che riguardano anche la dinamica di guida di Taycan con le sospensioni pneumatiche adattive di serie. Sulle versioni integrali sono disponibili anche le sospensioni Porsche Active Ride, capaci di mantenere la carrozzeria della Taycan sempre in piano, anche in caso

di frenate molto importanti, sterzate e manovre di accelerazione. Fino a 15 kg in meno, ma dotazioni di serie più ricche come l’illuminazione diffusa, il Park Assist con retrocamera, gli specchietti retrovisori esterni ripiegabili elettricamente con illuminazione perimetrale, i sedili anteriori riscaldati, il sistema Porsche Intelligent Range Manager (PIRM); giusto per citarne alcune. Migliorie che riguardano anche il design del frontale e del posteriore con i nuovi proiettori e luci di coda. Ma della Taycan è stata ulteriormente affinata anche la linea, ora pulita ed essenziale. I nuovi parafanghi anteriori e i fari più piatti danno ancora maggiore risalto alla larghezza della vettura. Le versioni rivisitate sono già disponibili nel Centro Porsche Varese.

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RUBRICHE SU CULTURA E DIGITALE

TERZA PAGINA Il Festival del racconto 2024 DAL WEB Start Smart COMUNICARE Ambassador non porta pena

Terza pagina

La nuova stagione DEL FESTIVAL DEL RACCONTO

Antropologi, musicisti, scrittori: come ogni anno il Premio Chiara, con il suo vasto calendario di eventi, si propone come occasione di incontro con autori di diverse forme d’arte ed esponenti di linguaggi culturali differenti. Non solo letteratura, dunque. Ma anche musica, storia, cinema. Fino allo sport. Un vero e proprio contenitore di proposte pensato per arricchire il territorio

Ripartono con una nuova stagione di incontri dedicati alla cultura e alla scrittura le attività organizzate dal concorso letterario Premio Chiara. Nato nel 1989, il festival ha l’ambizione di promuovere il mondo della parola scritta, in onore del celebre autore luinese Piero Chiara, scomparso nel 1986, che nelle sue opere ha sempre saputo raccontare il territorio varesino in modo ineguagliabile. Arrivato alla 36esima edizione, il Premio offre non solo un’occasione agli autori di far riconoscere il proprio lavoro, ma anche l’opportunità di partecipare ad incontri di carattere culturale in luoghi suggestivi della provincia di Varese e del Canton Ticino. Grazie al lavoro dell’Associazione Amici di Piero Chiara,

che gestisce il concorso, ogni anno il Festival del racconto mette in scena diversi appuntamenti con figure culturali di spicco come scienziati, musicisti, critici d’arte e persino sportivi. “La Primavera della cultura”, ciclo di incontri che ha preso avvio lo scorso 13 marzo e terminerà il 9 giugno, prevede tra i prossimi appuntamenti l’incontro con l’antropologo classicista Maurizio Bettini, che presenterà il proprio libro “A cosa servono i greci e i romani”, edito da Einaudi. L’appuntamento, organizzato per sabato 25 maggio a Villa Recalcati a Varese, vedrà Bettini dialogare con il Neopresidente del Premio, Andrea Vitali, sull’importanza che hanno ancora oggi i miti greci e romani. Al centro della

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CULTURA E DIGITALE

La chiusura della rassegna primaverile si terrà domenica 9 giugno al Teatro Sociale di Luino, sede ormai consolidata della consegna del Premio Chiara alla Carriera

discussione una domanda su tutte: le materie di carattere umanistico sono tutt’ora utili? Durante il convegno, Bettini proporrà iniziative per mantenere viva la cultura nelle scuole, soffermandosi sull’importanza che ancora oggi riveste per i ragazzi lo studio di opere classiche come l’Eneide di Virgilio e l’Odissea di Omero. Mercoledì 29 maggio, sempre a Villa Recalcati, si terrà una serata dal sapore meneghino in cui

Andrea Kerbaker, autore e professore universitario, presenterà il libro “Stradario sentimentale di Milano”,

dialogando con lo scrittore Mauro Novelli. Durante la serata, Kerbaker ripercorrerà le vie del capoluogo lombardo che hanno avuto un ruolo dal punto di vista artistico, culturale ma anche civile ed economico, grazie a frequentatori illustri come Einstein e Montale che spesso si trovavano in Via Bigli, oppure Hemingway in via Fetonte o ancora

Giuseppe Verdi nella sua casa di riposo di Piazza Buonarroti. Una raccolta di oltre 40 vie dove le testimonianze di personaggi storici si mischiano ai ricordi dell’autore, in cui la Milano

di un tempo si intreccia con la Milano avanguardista dei giorni nostri. La chiusura della rassegna primaverile si terrà domenica 9 giugno al Teatro Sociale di Luino, sede ormai consolidata della consegna del Premio Chiara alla Carriera, conferito ogni anno a figure di spicco della letteratura e della cultura internazionale. Per il 2024, il riconoscimento verrà affidato per la prima volta ad un musicista, simbolo di un patrimonio musicale inestimabile: il Maestro Salvatore Accardo salirà sul palco del teatro luinese per commemorare una carriera ricca di successi e un estro creativo che lo hanno reso uno dei maggiori esponenti della scuola violinistica italiana del ‘900. A tenere le redini dell’incontro sarà il compositore Nicola Sani, Direttore Artistico dell’Accademia Chigiana. Ma la proposta del Premio Chiara non finisce qui. Terminata la primavera, si proseguirà con la stagione dei Premi. In occasione della conferenza stampa d’estate, sabato 22 giugno a Santa Caterina del Sasso verranno, infatti, presentati i finalisti del Premio Chiara Giovani, competizione riservata ai ragazzi tra i 15 e i 20 anni. I partecipanti sono stati chiamati a scrivere un racconto breve sul tema “Stupore”. I vincitori, decretati dalla Giuria dei

Lettori, verranno presentati domenica 20 ottobre al Centro Congressi Ville Ponti a Varese in occasione della Finale del Premio Chiara 2024. Anche quest’anno si rinnova “Un racconto per un viaggio”, riconoscimento dedicato, nuovamente, a ragazze e ragazzi che vedrà la partecipazione di 21 giudici d’eccezione: ritorneranno, infatti, i vincitori o i partecipanti delle edizioni passate al Premio Giovani. Questa volta non in veste di “concorrenti” ma di componenti della giuria. Durante la Finale di ottobre verrà annunciato il vincitore della 36esima edizione del Premio Chiara. Insieme alla categoria principale del concorso letterario verrà premiata anche quella dedicata agli inediti, arrivata alla 15esima edizione. Oltre alla letteratura, l’Associazione Amici di Piero Chiara organizzerà anche un premio dedicato al cinema. Novità per il 2024 è la collaborazione con il Baaf (Busto Arsizio Film Festival) che vedrà all’interno del suo palinsesto anche i prodotti realizzati per il Concorso Filmmaking Premio Chiara, dove aspiranti registi potranno mettersi alla prova con la trasposizione di un racconto breve di Piero Chiara, trasformato in immagini. La premiazione avverrà in ottobre, durante l’edizione 2024 del Festival Cinematografico bustocco.

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In libreria

LETTURE DAL FUTURO

La conoscenza e la responsabilità umana, non sempre di pari passo, sono chiave di lettura del futuro, ma anche del passato, in questi volumi che accompagnano il lettore a scoprire terre inesplorate o a riscoprire quelle già esplorate. Terre che suscitano, insieme, paura dell’ignoto e grande stupore

‘‘Riflessioni sul futuro, la conoscenza, la responsabilità umana”. Il professor Luca Mari docente della LIUCUniversità Cattaneo di Castellanza, che, insieme a Francesco Bertolotti, ha accompagnato anche i nostri lettori in un viaggio a puntate dedicato al tema della Intelligenza Artificiale generativa (che trovate su www.varesefocus.it) tra applicazioni pratiche e implicazioni etiche, pubblica un volumetto agile e divulgativo per riflettere su come questa stia cambiando il modo di percepire la realtà. “La cosa più simile a un incontro con un’entità aliena che sia capitata al genere umano”. Un incontro che porta con sé, insieme, una diffusa e comprensibile paura dell’ignoto ma anche uno stupore forte di fronte alla portata della novità. Il libro esplora le possibilità di un futuro in cui saremo in grado di dialogare con realtà come ChatGPT e Bard e guida in una riflessione intima, che non richiede competenze digitali, ma lascia intuire al lettore la meraviglia di terre poco esplorate al

confine tra cultura tecnicoscientifica e umanistica, che si potranno abitare solo se si saprà decidere del futuro con saggezza. Una saggezza da acquisire attraverso una nuova e lucida consapevolezza e una educazione, trasversale alle generazioni, alla responsabilità personale e collettiva.

Con una citazione alla Marvel, “da un grande potere derivano grandi responsabilità”, questo lavoro sottolinea come sia “nelle nostre mani decidere di imparare ad usarlo per diventare persone migliori e contribuire a migliorare la nostra società”. Oltre a quello dello stesso Bertolotti, assegnista di ricerca alla LIUC e coautore dello speciale realizzato per Varesefocus, il volume vede anche i contributi di Daniele Bellasio, giornalista Vicedirettore de Il Sole 24 Ore e Alessandro Giordani professore ordinario all’Università Cattolica di Milano.

Luca Mari L’Intelligenza Artificiale di Dostoevskij IlSole24Ore, 2024

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CULTURA E DIGITALE
“Per agire intelligentemente non basta l’intelligenza”
Fëdor Michajlovič Dostoevskij

Luciano Crespi

Atlante delle architetture e dei paesaggi dal 1945 a oggi in provincia di Varese Silvana editoriale, 2023

“Tra i laghi e le Prealpi c’è un museo a cielo aperto”. Si parte da qui per la realizzazione di un volume che non è meramente libro di architettura, ma dichiaratamente “uno stato d’animo”, un viaggio alla scoperta di 200 luoghi da non perdere, da vedere, da visitare e da proteggere. Con architetture, interni, spazi urbani, ambienti per l’arte e la cultura, opere dei maestri di architettura e degli studi contemporanei più interessanti, musei nati dal riuso di edifici storici, lungolaghi in concordanza di tono con il paesaggio, realizzati dal 1945 a oggi.

silvanaeditoriale.it

Marco Colombo, Francesco Tomasinelli Tentacoli Nomos, 2023

Piccolo catalogo di polpi, seppie e calamari. Un volume, per piccoli lettori e non solo, arricchito dalle illustrazioni di Giulia De Amicis, che esplora il mondo dei molluschi. I cefalopodi. Letteralmente, con i piedi attaccati al capo. Intelligentissimi maestri della sopravvivenza, i più abili trasformisti degli oceani, versatili, pieni di risorse, animali che sanno risolvere problemi e utilizzare oggetti,

ma anche fuggire dagli acquari, riconoscere le persone e provare antipatia. Alcune specie, come la Seppia orchidea, sono tra gli organismi più colorati degli oceani, mentre altre, come il polpo dagli anelli blu, sono famose per il loro morso letale. Per non parlare di calamari giganti grandi come autobus e di cui ancora si sa poco. Una lettura che porta anche un messaggio: il riconoscimento del valore della diversità. Dai segreti degli oceani, un insegnamento per tutti.

nomosedizioni.it

Giuseppe Sommaruga Il grande progetto del liberty di Varese Macchione ed. 2023

Un nuovo omaggio dell’editore varesino al suo territorio di adozione. L’architetto Giuseppe Sommaruga (1867-1917) è stato uno dei protagonisti indiscussi del Liberty. A Varese ha progettato capolavori come il Palace e il Grand Hotel Campo dei Fiori, contribuendo a renderla ambita località turistica agli inizi del ‘900. Il progetto, che era più ambizioso, ha partecipato comunque a cambiare l’assetto urbanistico del territorio con tracce ancora ben presenti. Il libro nasce per la scoperta di una quarantina di tavole inedite firmate da Sommaruga, motivo che ha spinto a strutturarlo come un corpus di tutte le tavole dedicate a Varese. Con preziosi saggi introduttivi, riflessioni e panoramiche sul clima sociale e culturale dell’epoca.

macchionepietroeditore.it

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Dal web

START SMART

Le ultime notizie dalle #ImpresediVarese dal web e dai social network.

Su e

Sicurezza sul lavoro: il progetto Best Practice

Betoncablo, BTicino e Leonardo sono le prime imprese raccontate nelle videopillole disponibili sul canale YouTube di Confindustria Varese per diffondere una cultura del lavoro sempre più improntata a strategie di prevenzione anche attraverso la condivisione tra aziende delle proprie esperienze.

Per Latuaideadimpresa, l’Isis Valceresio sul podio

Medaglia d’oro, d’argento e di bronzo per l’Istituto Valceresio di Bisuschio che domina il podio provinciale della quattordicesima edizione del Progetto formativo nazionale finalizzato alla diffusione della cultura d’impresa tra le giovani generazioni.

Indagine investimenti, Report 2024

Disponibile online l’indagine del Centro Studi di Confindustria Varese sugli investimenti realizzati nel 2023 e sulle previsioni 2024 delle imprese associate. La rilevazione si compone di una parte generale e di focus su digitalizzazione, sostenibilità e agevolazioni del Piano Transizione 4.0.

Il podcast “Start Up Your Ideas”

Nel podcast Vita d’Impresa focus sulle startup. Dal progetto del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Varese, che punta all’attuazione di una delle linee strategiche di #Varese2050 per la Varese del futuro al caso aziendale con la partecipazione di Mattia Baggiani, fondatore di Mia Kombucha.

Atos for a Smart world

Il Gruppo di Sesto Calende ha consegnato 1.750 borracce green a studenti, docenti e personale dell’Istituto Superiore Dalla Chiesa. Il Gruppo internazionale del settore oleodinamico continua nel suo impegno di collaborazione con scuole, Università e territorio.

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Comunicare

Ambassador NON PORTA PENA

Tutte le curiosità della ricerca “About Us 2024. Persone, leadership, valori: i trend della comunicazione interna e dell’employer branding nelle aziende italiane”, realizzata da The Van Group

“Questa idea è pensata per l’interno o per l’esterno?” La domanda di una studentessa di Scienze della Comunicazione si potrebbe, o forse dovrebbe, applicare a qualsiasi iniziativa di comunicazione aziendale. C’è davvero differenza? Ovviamente sì. Non è raro che un’impresa realizzi progetti iper-strutturati, tipicamente commerciali o rientranti nell’ampia sfera della responsabilità sociale, e questi, grazie a tutti i fuochi d’artificio della comunicazione anche digitali, arrivino scoppiettanti alle pagine dei quotidiani nazionali, a tutti i social network, spesso anche sulle fiancate degli autobus, ma non nei corridoi dell’azienda. Il vicino di scrivania non sa cosa fa il collega, si diceva un tempo. Oggi che questo sia un grande limite, anche economico, per le organizzazioni che ambiscono ad essere

“positive” è cosa ben nota. Per colmarlo, le parole magiche sono “comunicazione interna”.

Interessante su questo tema è l’indagine “About Us 2024”, promossa dall’agenzia The Van Group, che indaga i trend della comunicazione interna nelle imprese italiane, concentrandosi, però, su un campione di grandi. Ne emerge che quasi il 78% degli intervistati ha attivato una funzione specifica interna: significativo è, soprattutto, che il 38% lo abbia fatto nell’ultimo quinquennio e per la maggior parte in

post Covid e, cosa per nulla scontata, destinando un budget a queste attività. Nel 60% dei casi la funzione è stata affidata alla Direzione Comunicazione, negli altri a quella Hr o al Top Management.

Secondo la ricerca, le imprese avrebbero quindi compreso l’importanza della strategia: l’80% ha un piano editoriale a lungo termine; la intranet, sempre più interattiva, è di gran lunga lo strumento più diffuso; fondamentali sono eventi e incontri dal vivo.

La comunicazione interna poi diventa realmente

Silvia Giovannini

interna: poco meno della metà delle imprese si fa supportare da partner esterni e limitatamente a progetti specifici. Ma qual è il filo conduttore per tutte le aziende e quindi il consiglio per chi ancora fosse lontano da questi temi? Interessante l’analisi di Luca Villani, partner di The Van Group, nell’introduzione all’indagine: “Al termine di questa lunga ricerca, la parola che più mi è rimasta in mente è fiducia. La fiducia è alla base della comunicazione stessa. Se questo è vero in generale, lo è ancora di più all’interno di un contesto aziendale”. A questa riflessione aggiungiamo quella di Daniele Regolo, D&I Ambassador di Openjobmetis alla Community dei Comunicatori di Confindustria Varese: “Alla base della comunicazione c’è la coerenza: se quello che si comunica fuori è coerente con quello che succede e si comunica dentro, il tutto funziona!”

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