10 minute read

IL COVID DOPO 3 ANNI: EVOLUZIONE, RISCHI, E PROSPETTIVE FUTURE

Next Article
ACADEMIC LIFE

ACADEMIC LIFE

di Carlo Federico Perno Professore di Microbiologia presso UniCamillus Responsabile di Microbiologia e Diagnostica di Immunologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma

Nel dicembre 2019 le avvisaglie di un uragano si affacciarono in Cina, e rapidamente si diffusero in tutti gli angoli del pianeta. In quel periodo fu per la prima volta identificato il virus che aveva cominciato ad invadere la città cinese di Wuhan, e chiamata COVID-19 la malattia. Il virus fu definito SARS-CoV-2, in linea con le caratteristiche dell’altro virus che, nei primi anni del millennio, si era diffuso in Asia orientale (SARS-CoV) senza peraltro riuscire ad uscire da quegli spazi relativamente angusti (rispetto alla superficie della Terra), causando alcune migliaia di morti, ma estinguendosi nell’arco di un periodo relativamente breve (2003). Da allora, tante cose sono successe. L’OMS ha dichiarato “pandemia” l’infezione da SARS-CoV-2.

Advertisement

Tale definizione è utilizzata in modo molto parco dall’OMS, in quanto indica una situazione di diffusione di una malattia in tutto il mondo (pan-demos, dal greco), con tutte le ovvie conseguenze che tale definizione comporta a livello dei singoli paesi e a livello globale. Il virus si è diffuso rapidamente a tutte le latitudini e longitudini. Ha invaso tutti i continenti, utilizzando una tecnica a “ondate”, in modo simile a quel che fanno le onde del mare abbattendosi sulle spiagge. Si è riversato sulla popolazione inzialmente in una forma, poi si è ritratto e ha generato una nuova variante, che si è riversata nuovamente sulla popolazione mondiale. Il numero di infezioni nell’arco di 3 anni non sarà mai realmente quantificato, ma sicuramente superiore al miliardo di persone infettate, con una mortalità non particolarmente alta (rispetto al cugino MERS, virus di cammelli e dromedari, che infetta poco l’uomo, ma con una mortalità vicina al 30%), ma che, moltiplicata per il numero di persone infettate, raggiunge cifre impressionanti, sicuramente superiori ai 7 milioni di morti, ma si teme ancor maggiori tenendo presente la difficoltà a monitorare in tutta la Terra la diffusione del virus. Proviamo a ragionare insieme su ciò che abbiamo disponibile, per tracciare un percorso che possa aiutare nella comprensione di dove il virus andrà nel prossimo futuro.

John Hopkins University di Baltimora, ha riportato circa 680 milioni di casi accertati, con circa 6.900.000 decessi, al 10 marzo 2023, giorno in cui ha interrotto il monitoraggio capillare dei casi. Tuttavia, i numeri sono sicuramente molto ma molto più ampi, sia in termini di infezione, sia in termini di mortalità, per una serie di ragioni:

Molte infezioni sono state diagnosticate a casa, ma per molteplici ragioni non sono state poi registrate.

1. Non va dimenticato che sono pochi i paesi al mondo che hanno effettuato screening a tappeto della popolazione, in modo da valutare la circolazione globale del virus. Nella stragrande maggioranza dei casi, i numeri riportati nelle statistiche internazionali si riferiscono ai tamponi positivi, effettuati su persone sintomatiche, o, addirittura, solo in persone sintomatiche che hanno avuto bisogno di ricovero ospedaliero. Molti paesi del mondo, soprattutto i più poveri, ricadono in queste ultime categorie, per mancanza di mezzi tali da poter effettuare un’adeguata diagnosi, sicuramente senza possibilità di monitorare la circolazione. In aggiunta, alcuni paesi, o perché molto poveri, o perché non in grado di fornire numeri attendibili per varie ragioni, non hanno fornito dati reali della presenza del virus, neanche in persone ammalate di COVID.

INUMERI

Le statistiche, come detto, ci comunicano dei numeri impressionanti. Il più quotato istituto, l’Osservatorio americano della

2. Il test molecolare è l’unico che, per la sua alta sensibilità, è in grado di definire con precisione se una persona sia infettata o meno. La sostituzione del test molecolare, avvenuta negli screening della popolazione, anche nei paesi più avanzati, a cavallo del 20212022, ha drasticamente ridotto la ca- pacità diagnostica di popolazione, in quanto il test antigenico – il più comunente utilizzato, praticamente in tutti i paesi - ha un’alta specificità (ossia è in grado di garantire, con un ragionevole grado di sicurezza, che una persona sia infettata da SARS-CoV-2), ma ha una bassa sensibilità, ossia non è in grado di riconoscere l’infezione virale in caso di carica virale bassa. Va da sé che tanti, tantissimi, che hanno utilizzato il test antigenico, in farmacia, a casa, in ospedale, ecc, con un test positivo sono sicuramente positivi, ma con un test negativo non si può escludere che l’infezione sia presente, soprattutto nelle fasi iniziali e tardive dell’infezione stessa. del tampone, e pertanto la loro infezione, comunque presente, anche se asintomatica o paucisintomatica, non è stata registrata.

Tanta tristezza, frustrazione, e rabbia, tra il personale sanitario per non aver potuto ridurre i danni di questa pandemia

4. L’avvento dei test domiciliari, determinato dall’ampia disponibilità di strumenti diagnostici semplici fai da te (che ricordano per molti versi il test di gravidanza) ha fatto sì che molte infezioni siano state diagnosticate a casa, ma che, per molteplici ragioni, non siano state poi registrate. In tal modo i picchi di infezione registrati dai sistemi di controllo, soprattutto negli ultimi tempi, rappresentano solo la punta dell’iceberg della circolazione del virus.

3. SARS-CoV-2 è un virus infido, che uccide le persone soprattutto fragili (ma non solo, anche tante persone sane sono morte per il virus), mentre accade non di rado che dia, in persone assolutamente sane, soprattutto con l’ultima ondata di virus “omicron”, una sintomatologia estremamente blanda, se non del tutto assente. Tali persone (milioni e milioni) non si sono sottoposte al test

Tutte queste ragioni, se unite tra loro, indicano un’amplissima sottostima del numero di infezioni al mondo, che sicuramente si posiziona largamente oltre il miliardo, se non su numeri nettamente più alti, per qualcuno non lontani dalla metà della popolazione sulla Terra. Anche la mortalità è probabilmente sottostimata. In molti casi, soprattutto in tempi più recenti, l’infezione da SARS- elementi importanti che vanno considerati, che fanno guardare al futuro con tinte molto più rosee di quelle del recente passato. Proviamo a ragionarci sopra insieme.

CoV-2 è risultata cofattore, insieme ad altre gravi patologie, che ha portato a morte le persone infettate. In tali casi, la mortalità non necessariamente risulta registrata da COVID, ma semplicemente in presenza del virus, il che ha ridotto drasticamente il numero di casi di morte riconosciuti come causati dal virus. In aggiunta, in questo calcolo non sono riportati coloro che sono morti a causa delle restrizioni da COVID: è il caso di persone morte per infarto non diagnosticato in tempo utile per l’indisponibilità dei reparti di emergenza, di morti per tumore non diagnosticato in tempo utile, o perché non hanno potuto effettuare le cure perché i loro reparti, come è accaduto in emergenza in molti casi, erano stati trasformati in reparti COVID. Infine, se aggiungiamo che in molti Paesi poveri, per ovvie ragioni, non sia stato possibile effettuare test diagnostici a tutte le persone con problematiche respiratorie, o comunque riconducibili al COVID, emerge chiaramente che anche il numero di morti causato dal SARS-CoV-2 è ampiamente sottostimato, sicuramente superiore, in modo significativo, ai quasi 7 milioni di eventi-morte registrati dalla John Hopkins.

Questa pandemia ha creato quella che in inglese è chiamata “preparedness”. Abbiamo scoperto l’importanza della sorveglianza molecolare

1. Questa pandemia ha creato quella che in inglese è chiamata “preparedness”, ossia ha implementato e reso attiva e funzionante una rete di protezione nel caso, malaugurato ma possibile, di una nuova pandemia. Abbiamo scoperto l’importanza della sorveglianza molecolare, implementando le attività istituzionali di caratterizzazione della circolazione non solo di SARS-SoV-2, ma anche di altri virus che si affacciano all’uomo (influenza aviaria, per esempio). Tali sistemi di sorveglianza non saranno dismessi, e rappresentano il primo campanello di allarme di ciò che potrebbe accadere.

Insomma, un quadro a tinte fosche, che ci ha lasciato, a noi del personale sanitario, ma sicuramente a tutti, un senso di tristezza, frustrazione, rabbia, per non aver potuto ridurre i danni di questa pandemia e far sì che il numero degli infettati e soprattutto dei morti non fosse così ampio. Una tragedia planetaria, che ha lasciato e lascerà il segno per molti anni.

Alcuni enzimi del SARS-CoV-2 sono condivisi, con modeste variazioni, con molti altri virus a RNA.

2. Abbiamo ampliato le conoscenze nella metagenomica, scienza nuovissima che, basata su sistemi di sequenziamento di ultimissima generazione, implementata da sistemi informatici estremamente sofisticati e potenti, permette di riconoscere la presenza di genomi virali atipici, e di nuovi virus, in modo esteso su campioni provenienti da tutte le parti del mondo. Tale tecnologia, ancora nelle mani di relativamente pochi, si sta rapidamente sviluppando e diventerà sicuramente lo strumento chiave per lo studio dell’epidemiologie e della diagnostica dei nuovi microbi.

L’EVOLUZIONEDELQUADROPANDEMICO

A fianco a questo profondo dolore che ci accompagna, ci sono però alcuni

3. A causa del SARS-CoV-2 è stato dato un brusco colpo di acceleratore allo sviluppo e utilizzazione di nuove piattaforme vaccinali, tra cui, soprattutto, la nuovissima piattaforma a RNA. Noi oggi non sappiamo definire con certezza quanto dello straordinario successo dei vaccini anti-COVID sia dovuto alla selezione dei bersagli virali, e quanto alla capacità di queste nuove piattaforme di ampliare a dismisura la risposta immunitaria al vaccino, generando un sistema di protezione estremamente efficace. È ragionevole pensare che la seconda ipotesi, pur non escludendo la prima, sia predominante. Questo successo ha rapidissimamente aumentato gli studi clinici che utilizzano la piattaforma a RNA contro tante altre patologie infettive, contro i tumori, e addirittura nell’ambito di infarto e malattie degenerative. In altre parole, il COVID ha portato soluzioni a patologie lontane dalle infezioni, e vi sono sostanziali speranze che almeno alcuni di questi studi saranno, stando ai dati preliminari, coronati da successo.

4. La diagnostica microbiologica ha fatto un enorme salto in avanti. Da un lato è aumentata la percezione dell’importanza della diagnostica rapida ed efficace in ambito microbiologico. Dall’altro, le aziende diagnostiche, che hanno ottenuto enormi profitti dalle entrate derivate dalla ricerca del SARSCoV-2, in molti casi li hanno reinvestiti in nuove tecnologie che, rapidamente, si stanno diffondendo nel mondo. Oggi la diagnostica molecolare avanzata è nettamente più diffusa, anche capillarmente, negli ospedali, e test diagnostici in grado di essere precisi e rapidi nei confronti di tanti germi (non solo SARS-CoV-2) sono oggi all’ordine del giorno in tante situazioni laddove la diagnostica microbiologica era ridotta alle semplici colture microbiologiche.

5. Nuovi farmaci si affacciano all’orizzonte, sia sotto forma di anticorpi specifici per SARS-CoV-2, sia sotto forma di farmaci a basso peso molecolare. Non va dimenticato che alcuni enzimi del SARS-CoV-2 sono condivisi, con modeste variazioni, con molti altri virus a RNA. Non è più, pertanto, così lontana l’ipotesi di realizzazione di un farmaco “universale”, in grado di colpire tanti virus patogeni per l’uomo, tutti caratterizzati dalla presenza di un enzima comune bersaglio dei farmaci.

6. Infine, un dato virologico. SARS CoV-2, come tutti i virus, non ha alcun interesse ad uccidere il proprio ospite, cioè l’uomo, perché, essendo un parassita obbligato (lo sono tutti i virus), se muore l’uomo muore anche il virus, non avendo più sostegno alla sua replicazione (che è unico obiettivo di ogni virus; la mortalità è un evento collaterale, ovviamente sgradito all’uomo, ma anche al virus). La comparsa della variante omicron è pertanto in linea con la naturale evoluzione del virus che, lentamente si adatta all’ospite, cercando di replicare il massimo possibile facendo il meno danno possibile. Tutti i virus seguono questo percorso: alcuni completano il percorso in anni, altri in secoli, altri non ci riescono per varie cause, tra cui la presenza di serbatoi animali (ma così facendo rimangono confinati a nicchie ecologiche, senza la capacità di generare pandemia: è il caso di Ebola). In altre parole, l’evoluzione verso una relativa benignità è un destino naturale e obbligato per la stragrande maggioranza dei virus che incontrano l’uomo.

Questa pandemia ha creato quella che in inglese è chiamata “preparedness”.

Abbiamo scoperto l’importanza della sorveglianza molecolare

Conclusioni

Per questa ragione, è ragionevole pensare che, se non ci saranno nuovi e imprevedibili eventi (che non si possono mai escludere), anche il SARS-CoV-2 diventerà un virus molto meno pato- geno, così come è accaduto agli altri coronavirus umani, mortali al loro esordio nell’uomo, e oggi causa primariamente del raffreddore comune. L’argomento COVID ha conosciuto un momento di inizio, ma è difficile definire quando avrà una fine. Di sicuro, ha prodotto straordinari sconvolgimenti nel nostro modo di vivere, ma anche opportunità da cogliere. Come detto a suo tempo da Papa Francesco, “peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”. Sta a noi ora ricostruire ciò che è stato distrutto, e ragionare su quel che ci ha insegnato, per un nuovo approccio medico che ci permetta di sviluppare nuove opzioni diagnostico-terapeutiche che migliorino la salute dell’uomo, e le prospettive di guarigione da tante malattie, oggi mortali e spesso incurabili.

COVID-19 3 YEARS ON: EVOLUTION OF THE VIRUS AND THE DISEASE, RISKS AND FUTURE PROSPECTS

by Carlo Federico Perno Professor of Microbiology, UniCamillus University

The SARS-CoV-2 virus has been spreading worldwide in “waves” since December 2019, affecting populations in different ways and then receding, only to generate a new variant. The number of infected people it has caused will never be accurately quantified, but it definitely surpasses one billion. The mortality rate has not been particularly high in percentage terms. However, the total number of deaths can be said to exceed 7 million. These estimates are likely to be underestimated since only a few countries conducted widespr ad screening. Furthermore, in most cases, the numbers refer only to positive tests; in others, to hospitalised individuals. Many countries also lacked the necessary means to make the right diagnosis or monitor the circulation of the virus. Apart from these dramatic events, there are of course also important elements to consider which make us look to the future in a more positive way. This pandemic has created a sort of “safety net” should similar events happen again. And that is because we have realised the importance of molecular surveillance of other viruses as well. We have expanded our knowledge in the field of metagenomics, a science based on advanced sequencing systems that allows for the identification of atypical viral genomes and new viruses. We have developed new vaccine platforms, including RNA-based ones, enabling clinical scientists to use the same systems used against other infectious diseases or tumours. Microbiology research has also made significant steps forwards: many companies have invested in new technologies, and molecular diagnostics is now more widely available in hospitals.

SARS-CoV-2, like every other virus, does not have an interest in killing its host, that is to say humans. It is a parasite, and if humans die, the virus also dies since it no longer has support for replication. The emergence of the Omicron variant is therefore in line with the natural adaptation of the virus to its host. Some viruses take years, other centuries, while others may not succeed at all. That is why, it is reasonable to think that SARS-CoV-2 will become much less pathogenic with time, as has happened before with other coronaviruses. As Pope Francis has said, “The worst thing about this crisis would be not to take advantage of it”. It is up to us to rebuild what has been destroyed and reflect on what we have learned.

This article is from: