lameziaenonsolo giugno 2022 sant'antonio

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religione e tradizione

La città e il “suo” Santo di Salvatore D’Elia

“Tornate con sicurezza e pace ai pensieri di una volta”. Le parole di fra’ Cristoforo a Lucia, uscita guarita dal lazzaretto, segnano in qualche modo lo spirito della nostra comunità che sta vivendo la Tredicina in onore di S. Antonio di Padova e ora si appresta a riprendere, dopo due interminabili anni, la tradizionale processione del 14 giugno con tutta la sua carica di devozione, affetto, coinvolgimento spirituale e sociale di tutta la città. In realtà, come quei punti di riferimento saldi e inamovibili che non si muovono neppure all’ infuriare dei peggiori venti, in questi due anni il clima di preghiera e di festa in onore di S. Antonio non si è mai spento nella città della Piana. Abbiamo vissuto due tredicine e feste un po’ in sordina, in particolare nel 2020, per poi ricominciare a vedere la luce in fondo al tunnel nel 2021 e ora, in questo 2022, la “nostra” festa come l’abbiamo sempre vissuta qui, a Lamezia Terme. Con i suoi riti religiosi e civili, con la sua partecipazione popolare, con i suoi tempi scanditi da simboli che segnano il tratto distintivo della spiritualità antoniana: avvicinare a Cristo, attraverso Antonio, i vecchi e i giovani, le persone di ogni estrazione sociale e culturale. Cronache dei primi decenni del ‘900 raccontano della tradizione, nell’allora cittadina di Nicastro, di allestire piccoli altarini ai balconi e sui davanzali delle case dalla sera del 30 maggio, con i gigli e i fiori tipici di questa stagione dell’anno, il quadretto del Santo di Padova con le piccoli luci, da accendere una ogni sera, per tredici giorni.

Nel segno dell’unione tra tradizione e modernità e soprattutto nel solco del cammino sinodale intrapreso dalla Chiesa diocesana, il programma della Tredicina e della festa di quest’anno, presentato alla comunità la sera del 30 maggio scorso dal guardiano del convento fra’ Giuseppe Sinopoli. Oltre a soffermarsi sui temi delle diverse giornate che – ha sottolineato il guardiano del convento lametino fra’ Giuseppe Sinopoli – “nel segno della sinodalità che come Chiesa stiamo vivendo, valorizzerà le diverse realtà della nostra comunità, della nostra diocesi e della vita civile chiamate a camminare insieme”, è stato ribadito l’impegno per garantire “un clima di preghiera e un contesto di sicurezza, sia durante la Tredicina qui al Santuario sia nel corso della processione che riprende dopo i due anni di emergenza sanitaria, sulla base di un piano di sicurezza dettagliato e approvato dalle autorità competenti”. Da qui l’invito di fra’ Giuseppe “a mettere in atto tutte le misure di precauzione necessarie per prevenire il contagio, in particolare all’interno del Santuario”. Numerose associazioni coinvolte, con un presidio sanitario e uno dei vigili del fuoco presenti costantemente al santuario, oltre 100 volontari tra gli statuari del Santo e i volontari dell’Associazione Nazionale Polizia di Stato presenti costantemente al Santuario. E poi i volontari che in queste giornate si stanno occupando di disporre e ritirare le sedie sul piazzale, della pulizia e della sanificazione della chiesa, della distribuzione


del pane benedetto al termine di ogni celebrazione. Si è soffermato sull’aspetto della sicurezza, l’ingegnere Giuseppe Gaetano, responsabile del piano, che ha valorizzato “l’importanza di mettere in atto tutte le misure di sicurezza previste dalle norme in quanto migliaia di persone affluiranno al Santuario nei prossimi giorni e si prevedono circa 5.000 persone per la processione del 14 giugno, motivo per cui si sono previste vie di fuga di cui gli statuari sono a conoscenza”.

“Aiutiamoci a vicenda”, ha detto il responsabile del gruppo degli statuari Franco Caruso invitando “a concretizzare il messaggio di S. Antonio attraverso la comunione e la collaborazione tra tutti i gruppi e tutti i volontari che nei prossimi giorni saranno impegnati a garantire accoglienza ai tanti fedeli”. La notte tra il 12 e il 13 giugno, dopo la rievocazione del transito di S. Antonio e la celebrazione eucaristica di mezzanotte, la Chiesa resterà aperta tutta la notte, con l’esposizione del Santissimo Sacramento e l’accompagnamento della preghiera da parte dei diversi gruppi della comunità. Nei giorni della festa, il convento ospiterà la mostra degli abiti del Santo, dal passato ad oggi. Predicatore della Tredicina, nelle messe delle 6.30 e delle 20, padre Andrea Buzor, dell’Ordine Frati Minori Conventuali. Diversi sacerdoti della diocesi lametina in questi giorni stanno celebrando l’Eucaristia al Santuario, esprimendo quello stretto legame tra la Chiesa lametina e la comunità dei padri Cappuccini. Il guardiano del convento padre Giuseppe ha ribadito come la Tredicina sia “un momento di grazia e di incontro con il Signore, attraverso S. Antonio, e siamo chiamati a dare a chiunque verrà al Santuario accoglienza, accompagnamento spirituale, vicinanza nella fede e nell’amore”. Tutti i gruppi della comunità di S. Antonio sono impegnati nell’accoglienze e nelle iniziative di carità e di solidarietà previste ogni anno in occasione della Tredicina e della festa. Nel pomeriggio di sabato 11 giugno, il tradizionale vespa e motoraduno che confluirà sul piazzale di S. Antonio di Padova per la benedizione. Il 12 giugno l’offerta del cero votivo da parte dell’amLamezia e non solo

ministrazione comunale lametina con il sindaco Paolo Mascaro e il 13 giugno alle ore 11 la Santa Messa per le Forze dell’Ordine presieduta da monsignor Giuseppe Angotti, delegato vescovile ad omnia. Nel pomeriggio del 14 giugno, a partire dalle 16.30, la processione secondo l’itinerario tradizionale. Sarà dedicata in particolare agli ammalati e alla realtà dell’Unitalsi la tradizionale giornata di ringraziamento, il 22 giugno, che vedrà al pomeriggio, alle ore 17, l’esposizione del Santissimo Sacramento e alle 19 la santa messa per i devoti del Santo e la benedizione sulla città. “Come una madre amorosa prende con la sua mano quella del bambino insicuro nelle gambe, perché possa salire con lei, così il Signore con la mano della sua misericordia prende la mano dell’umile penitente affinché possa salire per la scala della croce i gradini della perfezione”. “Incoraggiati dalle parole del Santo di Padova – scrivono i frati Cappuccini del convento di Lamezia Terme - vestiamo i panni dell’umiltà e cerchiamo nel volto dei fratelli e delle sorelle il volto del Cristo, aprendo il nostro cuore all’ascolto che si fa amorevole compassione e dono di carità, di pace, di giustizia e di speranza.”

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amici della terra

SPIAGGE E ACQUE MARINE PULITE Manuale per la gestione sostenibile del rifiuto antropogeno spiaggiato

Geologo Mario Pileggi del Consiglio Nazionale Amici della Terra - geopileggi@libero.it

Per considerare una spiaggia pulita e in buono stato ambientale il numero di rifiuti marini per ogni 100 metri lineari di costa deve essere inferiore a 20. Questo è il valore soglia o il target di riferimento stabilito a livello europeo, e recentemente pubblicato dalla Commissione EU, per definire una spiaggia pulita. Un traguardo ambizioso in particolare per i Paesi euro-mediterranei dove le concentrazioni di rifiuti spiaggiati risultano marcatamente più elevate rispetto a quelle di altri mari europei (Mediterraneo: 274 oggetti/100 m; Mar Baltico: 40 oggetti/100 m; Mar Nero: 104 oggetti/100 m). In Italia, i valori mediani nelle tre sottoregioni sono pari a 559 oggetti/100 m nel Mar Adriatico, 421 oggetti/100 m nel Mediterraneo occidentale e 271 oggetti/100 m nel Mar Ionio e Mediterraneo centrale. Di recente, a conclusione della realizzazione del Progetto beach litter della Foce del fiume Crati, è stato pubblicato il primo “Manuale per la gestione sostenibile del rifiuto antropogeno spiaggiato”.Il Manuale, come evidenziato dal Dott. A. Brusco, autore dello stesso e Direttore delle Riserve naturali regionali Lago di Tarsia-Foce del fiume Crati, può essere considerato il primo strumento operativo utile nella gestione tecnica per la rimozione dei rifiuti spiaggiati, ma anche e soprattutto, un importante ausilio didattico per docenti e studenti. Il Progetto ha interessato il settore costiero interno della Riserva naturale regionale e della Zona Speciale di Conservazione «Foce del fiume Crati» che costituisce il più importante ambiente di transizione della Calabria, dove l’acqua dolce si mescola pag. 4

a quella salata creando un ecosistema umido particolare, di grande interesse naturalistico, ospitante una ricca e diversificata biodiversità animale e vegetale e 17 habitat di interesse comunitario. Realizzato dall’Ente gestore delle Riserve naturali regionali del Lago di Tarsia e della Foce del fiume Crati - Amici della Terra col supporto scientifico convenzionato del Dipartimento di Scienze dell’Università di Roma Tre, il Progetto è stato finanziato dalla Regione Calabria - Dipartimento Territorio e Tutela dell’Ambiente, nell’ambito del P.O. Calabria Fesr-Fse 2014-2020, Asse 6, Azione 6.5.A.1 – Sub-Azione 2. Ed ha avuto come obiettivi “la quantificazione, l’analisi e la rimozione periodica e costante (con approccio sostenibile) delle macro e meso- plastiche depositate; la minimizzazione degli impatti da plastiche sugli organismi biologici (invertebrati dunali, rettili e uccelli); nonché la riduzione del degrado ambientale e il miglioramento estetico-percettivo”. Illustrando l’articolazione delle attività del Progetto, il Direttore Brusco ha precisato: “Applicando il protocollo scientifico di campionamento finalizzato alla quantificazione e all’andamento stagionale del litter, si è svolto lo studio pilota della durata di un ciclo annuale che ha quantificato l’accumulo su base stagionale dei rifiuti spiaggiati in termini di tipologia, massa, localizzazione lungo fasce a diversa distanza dalla linea di battigia. In seguito, è stata avviata la rimozione delle macro e meso-plastiche dal settore litorale specificato per una ampiezza di 500 metri a destra e a sinistra della foce del Crati. GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Le informazioni raccolte hanno consentito di calibrare il progetto operativo individuando le tipologie principali, le dinamiche temporali e i siti di accumulo prevalente, attraverso diverse fasi. Fase 1. Campionamento delle plastiche spiaggiate (limitatamente alle macro- e meso-plastiche) con uso di 14 plot di ampiezza 20x20 mt. collocati in modo random e stratificati all’interno di tre fasce a diversa distanza dalla linea di battigia (fascia 1: battigia fino alla berma di tempesta; fascia 2: dalla berma all’avanduna; fascia 3: duna). Per ciascuna fascia sono stati determinati i seguenti parametri: 1) numerosità assoluta e densità del rifiuto; 2) peso medio; 3) ricchezza e composizione tipologica. Tali parametri sono stati ottenuti in totale e, separatamente, per le 4 stagioni, al fine di definire una strategia di progetto per la raccolta dei materiali (vedi Fase 3). Il materiale è stato rimosso dai plot per quantificare il tasso di accumulo nel tempo (removal sampling). Fase 2. Analisi degli impatti sulla biodiversità. Contestualmente alla raccolta è stato valutato l’impatto da intrappolamento, soffocamento, avvelenamento delle meso e macro-plastiche spiaggiate, campionando per ogni materiale raccolto i seguenti parametri: 1) determinazione degli organismi impattati; 2) composizione e numerosità di organismi impattati (intrappolati e soffocati); 3) ricchezza e diversità di specie; 4) stesura della relazione fase 1 e 2. Sforzo di campionamento (frequenza e intensità di campionamento): sforzo di ricerca: 1 giornata al mese - 4 operatori. Fase 3. Progetto operativo “Plastic BlitzFoce Crati”. Rimozione sostenibile a tappeto dei materiali antropogeni spiaggiati (macro e mesoplastiche) nel settore compreso tra la foce del Crati e 500 m a destra e sinistra per una profondità di 300 metri verso l’interno (superficie totale: 30 ettari). Il metodo di raccolta sostenibile ha previLamezia e non solo


sto la minimizzazione dell’impatto sulla duna e l’arenile durante la raccolta. Questo è stato effettuato modulando il regime di raccolta in termini di intensità (numero di operatori), durata, frequenza, estensione delle operazioni, al fine di minimizzare l’impatto sul suolo, la flora dunale e su eventuali nidi di caradridi (Charadrius dubius e Charadrius alexandrinus). L’attività di ricerca ha interessato anche il monitoraggio dell’impatto che i rifiuti spiaggiati hanno sulla fauna e sulla vegetazione. In particolare, è stato determinato l’effetto trappola dei rifiuti sull’entomofauna costiera. Poche, ad oggi, sono le informazioni sugli effetti prodotti dall’accumulo di rifiuti sugli insetti, che rappresentano la componente più numerosa della biodiversità e che supportano in maniera basilare le catene trofiche degli ecosistemi. Infatti, gli studi finora esistenti si sono concentrati soprattutto sugli effetti subiti dalle piante psammoalofile o dagli uccelli che nidificano sui litorali sabbiosi. In questo caso lo studio è stato finalizzato a raccogliere informazioni sull’impatto che una categoria di rifiuti spiaggiati (contenitori di diverso materiale) ha sugli insetti. In particolare, sono stati usati i Coleotteri come Indicatori EcoLamezia e non solo

logici e Biogeografici (IEB), visto che questo ordine di insetti rappresenta quasi il 30% della fauna mondiale (almeno 400.000 specie su circa 1.526.000 specie di animali viventi). Il campionamento si è basato su due tecniche di raccolta: Raccolta quantitativa delle specie, prelevando tutti gli esemplari (in gran parte morti) trovati all’interno di contenitori di plastica, vetro o metallo lasciati dai bagnanti o portati dalle onde. Raccolta qualitativa delle specie, prelevando i campioni con vari metodi di raccolta utilizzati in entomologia: ispezione visiva della superficie sabbiosa e delle piante (di giorno e di notte, anche con fonti di luce artificiale), cattura di esemplari in volo con retini, scavo e setacciamento della sabbia, analisi dei detriti vegetali separati dalla sabbia con setacci e poi immersi in acqua. La raccolta quantitativa ha consentito di esaminare 2177 contenitori cosi suddivisi: 851 in plastica (39.09%), 992 in vetro (45.57%) e 334 in latta (15.34%). All’interno di questi contenitori sono stati trovati 2811 coleotteri. Per 2807 individui l’identificazione è sta-

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ta possibile a livello di famiglia e in tutto risultano rappresentate 15 famiglie di Coleotteri. La ricerca in oggetto, oltre a raccogliere dati utili per la valutazione dell’impatto ambientale dei rifiuti antropogenici, ha fornito informazioni importanti sulla presenza di “emergenze faunistiche” nell’area protetta. Questa attività è necessaria per attuare azioni di conservazione mirate, l’identificazione e quantificazione delle pressioni esercitate dal rifiuto marino sulle comunità animali dell’ambiente costiero ed è richiesta dalla Direttiva quadro Ue sulla Strategia Marina (Direttiva UE 2008/56/EC). Diverse le specie di coleotteri rinvenute, per come dettagliatamente riportato nella pubblicazione e tra queste si cita Anoxia orientalis, rara e piuttosto localizzata. Diffusa nella penisola balcanica e in quella anatolica, si spinge ad Est fino in Crimea e in Palestina. Presenta pochissime popolazioni in Italia, precisamente in Toscana (Orbetello), in Sicilia (Foce del Fiume Torto, Foce del Simeto) e in Calabria (Reggio Calabria, Villa San Giovanni e Marincoli). I reperti rinvenuti presso la Foce del Crati sono i più settentrionali per la Calabria e risultano nuovi per la provincia di Cosenza. Per avere maggiori informazioni e scaricare dal sito web www.riservetarsiacrati. it il manuale: A. Brusco, C. Battisti, R. Marchianò, “Manuale per la gestione sostenibile del rifiuto antropogeno spiaggiato e Report finale attività nella Riserva e nella ZSC Foce del fiume Crati”.© 2021, Riserve naturali regionali Lago di TarsiaFoce del fiume Crati. - Amici della Terra/ Ente gestore.

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le interviste di anna maria

di Anna Maria Esposito “Tutti dicono che il cervello sia l’organo più complesso del corpo umano, da medico potrei anche acconsentire. Ma come donna vi assicuro che non vi è niente di più complesso del cuore, ancora oggi non si conoscono i suoi meccanismi. Nei ragionamenti del cervello c’è logica, nei ragionamenti del cuore ci sono le emozioni.”(Rita Levi Montalcini) Per preziosi ragguagli sulla prevenzione e salute del nostro cuore, interpello un giovane, ma talentuoso professionista, Stefano Primitivo, medico specialista in cardiologia, che oltre a curare il corpo rincuora lo spirito del suo paziente.

cura la malattia”...

Quali requisiti deve avere un medico per essere un buon cardiologo e quali le metodiche per avere un ottimo approccio con il paziente. Credo che non esistano buoni requisiti per esser bravi cardiologi piuttosto che chirurghi in gamba o eccellenti ginecologi e così via dicendo... Quella del Medico è una vera e propria missione, ci si mette al servizio del paziente, lo si ascolta, lo si comprende, lo si rassicura e lo si…cura. Si diventa spesso confessori; proprio come può esser un Sacerdote che allevia i dolori dell’anima, il Medico allevia quelli del corpo e spesso di conseguenza anche quelli della psiche. Ascoltare, nel nostro campo, è fondamentale perché spesso è il paziente stesso, che raccontandosi, fa diagnosi dei suoi problemi. E mi piace sempre concludere a tal riguardo ricordando che “L’arte della Medicina consiste nel divertire il paziente mentre la Natura pag. 6

Il cuore, questo muscolo involontario, come conservarlo in ottima salute? Il Cuore è il motore del nostro corpo ed in quanto tale, così come facciamo per le nostre auto, necessità di esser preservato negli anni nel migliore dei modi. Al nostro Cuore, giova una dieta povera di grassi (sono invece da preferire gli acidi grassi polinsaturi come ad esempio quelli contenuti nel pesce azzurro) per ridurre le concentrazioni in circolo del colesterolo cosiddetto “cattivo” (ovvero LDL ), principale causa della formazione e componente delle placche ateromasiche nei nostri vasi , ed in particolare a livello di quelli che portano il sangue al Cuore stesso ovvero le coronarie, che se si ostruiscono, causano l’infarto. Altresì è consigliata una dieta povera di sale per evitare il rischio di ipertensione arteriosa anch’essa concausa di infarto ed ictus. Al nostro motore giova inoltre un’attività fisica aerobica costante, l’assenza di agenti nocivi quali il fumo di sigaretta, un consumo di alcool non esagerato (è consigliato consumare circa 1 bicchiere di vino rosso al giorno, ricco di antiossidanti) ed infine, per quel che possibile, una vita serena e senza fonti di stress psico-fisici. Quando fare un controllo al cuore? In assenza di particolari sintomi e/o fatGrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

tori di rischio cardiovascolare, è consigliato comunque eseguire un controllo cardiologico (quantomeno visita, elettrocardiogramma ed ecocardiogramma) dopo i 40 anni, soprattutto nei soggetti maschili che sono più predisposti rispetto al sesso femminile agli eventi cardiovascolari, anche se il rischio si pareggia dopo la menopausa venendo meno il ruolo protettivo ormonale. Ovviamente è ancor più necessario eseguire uno screening cardiologico alla luce di multipli fattori di rischio cardiovascolari quali obesità, familiarità per cardiopatia ischemica, abitudine tabagica, ipertensione, ipercolesterolemia, diabete e così via... Come capire se il cuore è affaticato e quali i sintomi delle malattie cardiovascolari. Sicuramente quando qualcosa non va bene al nostro “motore”, il nostro corpo ne risente. Affanno e spossatezza per sforzi lievi o moderati che prima compivamo senza alcun problema, possono essere un campanello di allarme in quanto potrebbe significare che la nostra “pompa” non riesce a funzionare appieno come dovrebbe. Anche il “batticuore” o cardiopalmo improvviso che insorge a riposo, merita un controllo cardiologico. Tra le patologie cardiovascolari più comuni e pericolose, vi è sicuramente l’infarto miocardico. Vediamo quali i sintomi e come riconoscerlo. Il dolore ischemico, detto anche angina pectoris, si presenta solitamente come un senso di peso a livello retrosternale, a volte irradiato alla mandibola o al braccio sinistro o a livello interscapolare, della durata di diversi minuti, che non varia con gli atti respiratori, con i Lamezia e non solo


movimenti del busto o alla digitopressione (come invece accade per i più frequenti dolori muscoloscheletrici) ed è spesso associato a dispnea ed a sintomatologia neurovegetativa quale nausea e sudorazione fredda. In tutti questi casi, sarebbe bene recarsi immediatamente in Pronto Soccorso o allertare il 118. Angioplastica, cos’è, quando serve, come si esegue e gli eventuali rischi. L’angioplastica è una procedura minintervestica di recente introduzione nel campo della Medicina e che permette di poter, volgarmente parlando, disostruire la coronaria ostruita mediante l’utilizzo di micropalloni e “retine metalliche” dette stent. La procedura, che può essere eseguita sia in regime elettivo che in urgenza, prevede solitamente un accesso arterioso radiale ( a livello del polso, anche se a volte potrebbe rendersi necessario un accesso arterioso femorale ovvero a livello dell’inguine ) in anestesia locale e l’utilizzo di microguide e cateteri che permettono di raggiungere il lume interno delle coronarie e far veicolare micropalloni che, giunti a livello della placca ateromasica ostruente, verranno gonfiati permettendo di schiacciare quest’ultima lungo la parte del vaso. Infine, sempre utilizzando le guide come binario, verranno veicolate delle retine metalliche cosparse di farmaci in grado di impedire la proliferazione cellulare (e cioè in poche parole di ridurre e rallentare l’eventuale formazione di nuova placca), dette stent, che, giunte sul punto della placca precedentemente schiacciata, verranno aperti e posizionati in situ in modo da tenere la coronaria nuovamente ben aperta e permettere in questo modo il normale deflusso del sangue. Prima di iniziare qualunque attività sportiva quali controlli fare? Per l’attività sportiva non agonistica non sono richiesti controlli clinici particolari; sarebbe comunque bene eseguire gli esami del sangue per poter individuare particolari fattori di rischio o “anomalie” organo specifiche. È consigliabile comunque quantomeno eseguire un elettrocardiogramma volto ad individuare eventuali anomalie cardiache grossolane. Per attività fisiche più intense o agonistiche sono invece richiesti controlli Lamezia e non solo

più specifici e mirati quali, oltre all’elettrocardiogramma e gli esami ematochimici, la visita cardiologica, l’ecocardiogramma, il test da sforzo ed eventualmente un test cardiopolmonare. Gli stress emotivi fanno male al cuore? Certo, gli stress emotivi, alla lunga, possono contribuire a danneggiare il Cuore in quanto il sistema nervoso autonomo, influenzato il più delle volte dagli stress emotivi stessi, è in grado di regolare l’attività cardiaca. Basti pensare che esiste la Sindrome di Tako Tsubo dove, in particolari soggetti predisposti, stress psichici, quali il più delle volte eventi luttuosi o funeste liti, possono talmente influenzare il muscolo cardiaco, sino ad arrivare a simulare un vero e proprio infarto seppur a coronarie indenni: il Cuore viene letteralmente stordito, buona parte va in “arresto” e non è in grado di funzionare più a dovere, assumendo oltretutto una forma particolare come quella dei vasi cinesi utilizzati per la pesca al polpo (detti appunto Tako Tsubo). Fortunatamente spesso questa situazione è transitoria e, con le giuste cure, il cuore recupera la sua normale funzionalità. Il fumo è nemico del cuore? Certo! E non solo del Cuore! Anzi, il principale organo bersaglio del fumo è il polmone che ovviamente filtra l’aria che inspiriamo con conseguente accumulo nei suoi tessuti delle sostanze tossiche e cancerogene, quali ad esempio gli idrocarburi policiclici aromatici. Inoltre le sostanze tossiche che si sprigionano dalla combustione della sigaretta e che attraverso i nostri polmoni passano in circolo nel nostro sangue, contribuiscono alla formazione ed alla rottura di quelle famose placche ateromasiche di cui prima parlavamo, causando in questo modo l’infarto miocardico.

nostro cuore? Da amante del Teatro ed in qualità di “attore allo sbaraglio”, posso confermare che il teatro fa bene al Cuore perché aiuta a rilassarsi allontanando tutti quei pensieri negativi che, come prima detto, possono alla lunga nuocere al nostro sistema cardiocircolatorio. Il Teatro è Vita. Un consiglio salutare ai nostri amici lettori Rispettare il nostro organismo vuol dire rispettare noi stessi. Purtroppo possiamo agire solo sui fattori di rischio modificabili scegliendo di non fumare, non eccedere col consumo di alcool, sale e cibi grassi e soprattutto evitare una vita sedentaria ma svolgere attività fisica aerobica almeno 3 volte a settimana. Sui fattori di rischio “parzialmente modificabili” quali il diabete, l’ipertensione arteriosa e l’ipercolesterolemia ci viene anche in aiuto la Medicina con l’ausilio dei farmaci. Sui fattori di rischio “non modificabili” quali l’ereditarietà genetica, l’avanzare dell’età ed il sesso di appartenenza, non possiamo fare altro che sperare di avere la meglio E come scrisse Ippocrate “Se si riuscisse a dare a ciascuno la giusta dose di nutrimento ed esercizio fisico avremmo trovato la strada per la salute” Grazie Dott. e buon lavoro…

Fare teatro fa bene al GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

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bel canto

Rosetta Chirico una voce da ascoltare Francesca Ferragine

Un suono come quello che si immagina ascoltando le favole da bambini. Un ombroso nascondimento e di segretezza non hanno consentito a Rosetta piccola prima e adolescente poi, di portare avanti il suo sogno: la musica. Diventa adulta moglie e mamma ma conserva nel suo cuore il sogno tenuto segreto: la Musica e il Canto Lirico. Rosetta nasce a Lamezia Terme in una città ricca di talenti, di belle intelligenze e di persone che hanno tanti sogni che per vari motivi non riescono a realizzare. Rosetta è consapevole di questo, ama la sua gente. Legge Claudel che scopre casualmente. Legge San Giovanni della Croce. La sostiene la fede profonda.

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La sua anima diventa più sensibile. Il suo pensiero più adulto è consapevole. Riemerge il sogno: la Musica e il Canto. Si iscrive al Conservatorio. Studia. Chiede aiuto ai suoi figli, Angela ed Antonio, al marito Giovanni. La sostengono in questo cammino faticoso e difficile. Lei non si arrende. Il papà Giuseppe la incoraggia, la sorregge e lei va avanti senza fermarsi mai. La capacità vocale viene apprezzata dagli insegnanti che hanno rispetto verso una donna capace di mostrare a tutti che i sogni si possono realizzare. Arriva il giorno della sua Laurea: commozione, fiori, alloro, fotografi, sorrisi e lacrime di gioia. Un lungo profondo pensiero silenzioso per la sua mamma che è su una stella. Una giornata di sole illumina il Conservatorio e il suono della sua voce è un inno alla vita. Un grande fascio di fiori alla sua mamma che non è riuscita a condividere il sogno di questa figlia tanto amata. Rosetta, come tutti gli artisti, piena di fascino e di un grande cuore che non sa mostrare capace tuttavia di regalare attraverso la sua “Voce” sentimenti profondi. Grazie cara Rosetta

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Lamezia e non solo


I Meridiani: Voci calabresi in serie e parallelo

Il peperoncino: dalla filosofia alla fiaba di Francesco Polopoli

Proprio così: nel Medicinalium iuxta propria principia (1635) Tommaso Campanella dedica uno spazio ad hoc per il “piper rubrum indicum” ovvero ppi llu pipi vrusenti (il giornalista e scrittore calabrese Vincenzo Padula in “Calabria prima e dopo l’Unità” lo avrebbe poi soprannominato il “lardo della povera gente”. Comunque in una nota di viaggio del 1958 persino Corrado Alvaro segnala che nei mercati locali erano venduti “certi pesci colore acciaio conservati sotto una polvere di pepe rosso”. Insomma, c’è una certa letteratura su questo prodotto alimentare, che è giusto condire (perché no!) anche con gusto fiabesco:

Peperoncino non ascoltava nemmeno la nonna, continuava a mangiare paprica, capperi e chiodi di garofano. Dopo alcuni giorni, però, gli venne la febbre, il mal di pancia e la lingua divenne rossa come il vestito di Babbo Natale, e gli bruciava tutta la bocca come se dovesse andare a fuoco. La nonna Sonia gli diede chili e chili di zucchero e cioccolato. Ma la lingua era rossa e bruciava.

Allora chiamò il medico, che diede a Peperoncino ogni sorta di sciroppo e di pastiglie. Ma la lingua continuava C’era una volta un bambino che viveva ancora nel ad essere rossa e a bruciare come il fuoco. tempo in cui c’erano le fate. Il piccolo si chiamava Peperoncino, aveva i capelli rossicci e gli occhi verdi, Sonia era disperata, come si poteva fare? Si ricordò i suoi colori preferiti erano appunto il rosso e il verde. della fata Carla, abitava nel bosco, nel tronco di un Ma il piccolo aveva un brutto vizio: voleva mangiare albero alto alto. solo i cibi piccanti. “Fata Carla, o fatina, aiutami tu con il mio nipotino!” Il papà Giorgio e la mamma Silvia erano disperati: Sentita la storia la fata andò da Peperoncino. “Basta, se continui a mangiare aceto, pepe, senape, sottaceti, chiodi di garofano e spezie finirai molto “Che lingua! E’ un brutto guaio bambino mio, dovrò darti una lingua nuova, ma prima mi devi promettere male!” che mangerai tutto: pasta, verdure, carne e biscotti, Ma niente, Peperoncino non ascoltava nessuno, cose dolci e amare, salate e piccanti”. nemmeno i suoi genitori. Peperoncino promise e tac! Con un gesto della Un giorno Giorgio e Silvia dovettero partire per un bacchetta magica la fata Carla gli diede una lingua viaggio e lasciarono Peperoncino alla nonna Sonia. rosa e morbida, nuova di zecca. Sonia diede al nipotino biscotti e cioccolato, ma Il bambino prese la sua vecchia lingua, la mise in era inutile: “Pfiu, che una scatola e la seppellì in schifezza. No, nonna non mi giardino. piacciono”. Il mese dopo, proprio in “Bevi almeno il succo di quel punto del giardino, frutta”. spuntarono delle strane piante, tutte verdi con dei “No, no e no!” Prendeva coni rossi e lucidi. Questi così la bottiglia dell’aceto coni erano piccanti come e si metteva a bere dalla il fuoco, erano peggio del bottiglia. pepe e furono chiamati “Non può finir bene, non proprio peperoncini perché puoi fare così, ti fa male, lo ricordavano la lingua capisci?” del nostro birichino. E si chiamano così ancora oggi! Lamezia e non solo

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di Maria Palazzo Carissimi lettori, mi sono ritrovata a leggere, per caso, una serie di libri di un autore russo, ex fisico quantistico, che sostiene la realtà sia gestibile. Ecco i titoli: LO SPAZIO DELLE VARIANTI IL FRUSCIO DELLE STELLE DEL MATTINO AVANTI NEL PASSATO LE REGOLE DELLO SPECCHIO, che sono volumi teorici. E poi: IL PROIETTORE TRANSURFING VIVO, che sarebbero volumetti piuttosto pratici. Alcuni letti durante i vari lockdown, mi hanno spinto a riflettere, altri mi hanno fatto concentrare sulle varie cattive abitudini che, spesso, noi umani, tendiamo ad avere. Di VADIM ZELAND, è lui l’autore, si conosce ben poco. Come fanno molti romanzieri, in Italia, che scelgono di non dire nulla di sé, Zeland punta sul contenuto e non sul proprio essere, alimentando, è vero, il mistero, ma suscitando curiosità infinita sui suoi scritti. A volte, tutto ciò che scrive e descrive, sembra paradossale, altre

divertente, altre ancora, profondamente veritiero. Cosa lasciano questi volumi, una volta letti? Tutto e niente. In fondo, come ogni libro. Un sapere? Una nuova visione? Una curiosità appagata? Non saprei. A me hanno lasciato una nuova conoscenza simpatica, sostanzialmente un punto di vista diverso, da poter scegliere, o meno, all’occorrenza. Mi hanno tenuto compagnia nelle varie quarantene e mi hanno persino fatto sorridere e guardare al meglio, in varie circostanze. La curiosità era tanta, su un autore, non di fantasia romanzesca, ma di nuova generazione quasi filosofica. La sua visione del mondo è differente. Mi ha tenuto compagnia e ha solleticato il mio spirito ironico, oltre che sollecitato la mia curiosità. Se avete voglia di leggerlo anche voi, fatelo con leggiadrìa, ovvero con quella leggerezza tipica del lettore intelligente (quali voi siete), che non si pone limiti di sorta. BUONA simpatica e appassionante LETTURA, come sempre.

Le perle di Ciccio Scalise

FHATTARIALLI CURIUSI DI PAISI 6 Nù nobili diclassatu, ntrò saloni nù jiuarnu è arrivatu, è, senza mancu salutari, sà jjiutu ad’assittari.

è nnà ggiacca i piggiami, u llà viduta mmai, già, mà tu comu la canusci, ù llà vista, ù llu sai”

Era bbistutu cumu nà mariunetta, avia nnà giacca i pigiama supra nà maglietta, pantaluni i fhrustajina e ttappini, e alla capu, di lana russa, unu i chilli cuppulini. Quandu là bbidutu, unu di clienti, ccià ddittu, “Ddon, cumu siti liganti, cchì bbella e bbariupinta giacchetta, e ccumu vi sta bbona, è ppirfetta”. Illu, altizzosamenti ccià rispundutu, “’Si nnù povaru fessu fottutu, pag. 10

“Sé Ddon, mà iu sapia, cà u pigiami ntrò liattu si mintia, mò cc’ajiu i fhari, cà mi l’aviti mustratu, vajiu i ringrazziari?” “Fessu, non voglio ringrazziatu, solu nà bbella lizzioni tò ddunatu, mò lu sai puro tu, pirsona scirba e ggrama, cà ppì cciarti, esisti llu pigiama”’ Lex nobili nuastru, sulu a strata mu camina avia, e ancora, ccù Ilà prusupupea sua, altulucatu si sintia.

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Lamezia e non solo


Il potere della corona di Edoardo Flaccomio

di Flaviana Pier Elena Fusi

Il re con la sua regina sono la coppia che più si avvicina, alla nobile condizione, da cui ogni fiaba prende l’ispirazione. La corona e la tiara, sono simboli di gente cara, ad un popolo terrestre ma anche alla volta celeste. Con l’aureola dorata un alone di santità ci è mostrata, in ogni caso si può capire, che c’è qualcuno da riverire. Detiene un potere, ma deve dimostrare di sapere. Ciò che porta su quel capo deve perseguire uno scopo dato: illuminare tante persone e oltrepassare la ragione, prendere decisioni importanti e per questo è protetto da giovani aitanti. Dimostrare sicurezza, ma anche alterigia e buona dose di fermezza, un insieme di tante cose, dove immancabili sono le rose; qui torniamo alla nobiltà e ancora al profumo di santità. Se analizziamo la situazione, a volte però la fama produce aberrazione, quando l’ego è spudorato lotta col creato, così nella testa vanno a confluire quei conflitti che il bene può abolire: la Ti-ara, diviene altare della propria persona, un castello non è più Modello. Così si gioca con le parole, ma è pericoloso farlo quando qualcosa duole, se un capo non si fa amare non può farsi rispettare, è meglio che vada ad abiurare. Se non tiene fede a una promessa gloriosa, non c’è una storia rosa, se il popolo tiene soggiogato, diventa schiavo del suo pensiero sbagliato. Il libero arbitrio è sempre dato e il giusto mezzo non è scontato, il capo sarà glorificato solo, se governa con l’amore da sempre celebrato. Pierelena Fusi

Lamezia e non solo

La corona è un cerchio di metallo prezioso con gemme incastonate, da porsi sulla testa in segno di dignità regale. La più pomposa è quella papale, seguita da quelle imperiali e reali. Ce ne sono tante, una per ogni particolare situazione. Tra le più semplici, invece, spicca quella triumphalis, un tempo assegnata a chi salvava un esercito dalla sconfitta o liberava una città da un assedio, in tal caso la si definiva corona ossidionale, la più alta ricompensa militare per i romani. Ossidionale, appunto, deriva dalla parola assedio. La corona navalis era assegnata a chi arrembava per primo una nave straniera, quella vallaris a chi penetrava in campo nemico superando il vallo. In origine la corona era un ramo ripiegato su se stesso e posto sul capo di una divinità in segno di omaggio. Solo in seguito è divenuta insegna di sacerdoti e sovrani. Il significato nascosto all’interno delle corone, non è diverso da quello di un turbante, o di un copricapo di indiano pellerossa, o, a rigore, dei copricapi militari o della testa rasata dei monaci buddisti. Il senso è sempre lo stesso: mettere in risalto l’organo più importante della creazione: la testa umana. La corteccia cerebrale è importante per via dei due emisferi di cui uno, il sinistro, è dotato di area del linguaggio, unico caso in natura e probabilmente nel cosmo. L’uomo ha anche un’altra capacità: ride. Queste due specializzazioni lo distinguono dal resto degli animali. Dal momento che siamo a immagine e somiglianza dell’Universale, il Cosmo con le stelle è l’equivalente del nostro emisfero destro, viceversa l’emisfero sinistro è individuabile nell’Aldilà. La Corona dunque, soprattutto quelle che terminano con delle punte, hanno la funzione simbolica di recepire le energie cosmiche che entrando nella testa si trasformano in corrente di vita. Tale flusso centrale, chiamato prana in certe tradizioni, irrora il sistema nervoso e quindi il cervello, dando la possibilità alla Consapevolezza di manifestarsi. In ebraico la parola Corona è formata dalle stesse lettere della parola Corano: qof, vav puntato, reisc, alef e noun finale. In italiano, peraltro, è sufficiente scambiare di posto la seconda ‘o’ della parola corona con la lettera ‘a’ per ottenere il termine Corano. Più chiaro di così non si può! Questa splendida coincidenza rafforza quanto detto e cioè che la Corona è un collegamento diretto con la Creazione. Il Corano, difatti, è il libro Sacro dei musulmani e i Versetti sono direttamente collegati alla Fonte Creatrice, saperli interpretare è abilità dei veri Dotti. Stranamente la corona non compare nel Paradiso terrestre, Adamo ed Eva sono rappresentati nudi e privi di qualunque copricapo o aureola, a suggello del fatto che il loro errore è stato quello di non collegarsi alle Leggi profonde e fondamentali del Creato. La loro nudità è espressione di nudità mentale. Trovare significati profondi e alternativi nel quotidiano, è un’operazione magistrale. La ragione, da sola, non può pervenire a certi risultati. Come già detto, un evento e un nome vanno sondati con l’analogia, la logica, le permutazioni letterali e le lingue antiche. Corona deriva dal latino corona. La parola si traduce ‘in onora il cor’, onora il cuore. Sappiamo bene che cuore e mente sono strettamente interconnessi. Il loro consumo di elettricità è notevole rispetto ad altri elementi del nostro corpo, lo sanno bene i veri pranoterapeuti. L’importanza della corona si evince anche dalla Divina Commedia di Dante Alighieri. Virgilio ed il sommo poeta hanno entrambi sul capo la corona di alloro. Alloro dal latino laurus, certamente una parola che rimanda all’aura vitale circondante ogni essere vivente, già fotografata negli anni settanta dai fratelli Kirlian. Interessante osservare come la parola ‘alloro’ cominci con la sillaba ‘AL’ che in ebraico richiama Dio. Il nobile metallo chiamato oro, inoltre, è inequivocabilmente citato, a suggello di quanto asserito circa l’affinità della Corona con le Leggi dell’Ordine Celeste il cui valore intrinseco, indiscutibile, servirebbe a vivere una vita paradisiaca. GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

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riflessioni

Salvare dal Tempo, dall’Oblio e dalla Ritualità la Storia, la Memoria e il Ricordo di un 23 Maggio con Falcone e Borsellino di Alberto Volpe

Combattuto dal bisogno culturale di trattare del flop al concorsone per aspiranti magistrati, con la decimazione “per lacune tecniche, e non meno che per preponderanti non conoscenze della lingua”, piuttosto che analizzare il senso della Giornata della Memoria, ho alla fine scelto questo secondo argomento, anche per le sue implicanze nelle determinazioni democratiche e di sviluppo di una Comunità. Ebbene, non è un buon segnale di “rinascita e di diradamento delle nebbie” che ancora oggi caratterizzano il periodo stragista, la dichiarazione di Fiammetta Borsellino, secondo la quale “da quando abbiamo deciso di parlare siamo rimasti soli. E dello stuolo di magistrati che ci stava attorno non si vede più nessuno”. Dopo Capaci, preconizzava il giudice Borsellino,” la mafia ucciderà anche me quando i miei colleghi glielo permetteranno, quando Cosa nostra avrà la certezza che adesso sono rimasto davvero solo”. Un triste presagio e messaggio profetico di quell’ illustre quanto coraggioso binomio (Falcone-Borsellino) che spiana sempre più la strada ad una vuota ritualità di quella Giornata della Memoria del 23 maggio, pure a 30 anni da quel tragico evento. E ciò al di là delle diversificate e partecipate manifestazioni con le Alte cariche dello Stato, che pure non hanno sottaciuto delle “responsabilità di una Magistratura che in taluni casi finì per osteggiare le lucide visioni d’avanguardia del Giudice Falcone”. E dinanzi alla dura reazione della società civile, e alle lungaggini giudiziarie, di cui i vari reportage televisivi in quella recente circostanza hanno evidenziato ampiamente,una reazione che stride dinanzi alla “sfilata di reticenza di magistrati, avvocati, investigatori”, e che trova “terreno fertile” quella sorta di acquiescenza ad un oblio e attesa infinita del risarcimento che chissà se e quando accadrà. “Trovare pag. 12

pace” e “non aver più bisogno di sentenze di condanna,che tanto non arriveranno mai”, come lamenta Fiammetta Borsellino, stride con quella “lotta eterna tra Storia, Memoria e Ricordo per salvare il passato e salvarlo dal Tempo e dall’Oblio”, come magistralmente declamava lo storico Angelo Ventrone, il 9 maggio scorso dinanzi alle più Alte cariche e rappresentative dello Stato a Camere riunite. Quelle del cattedratico di Macerata sono state riflessioni che devono aver lasciato “impronte” indelebili nei Soggetti che in presenza, ma non meno di quelli che in una speciale dad televisiva assistevano alla cerimonia-manifestazione. Una volta tanto è stato opportunamente sottolineato il valore, appunto, della Memoria (che non può far dimenticare, né farsi da essa ossessionare, ma perdonare per guardare oltre), che attraverso “una ricostruzione coerente e critica” si fa storia, per essere “rivisitata da un progetto che guarda al futuro per una conciliazione con se stessi e con la propria Comunità”. Una prospettiva, questa, sottolinea sempre il Prof. Ventrone, che nei vertici dello Stato, quali interpreti della Società di cui essi stessi devono essere interpreti, e deve andare nella direzione di “dissolvere i fantasmi che continuano a turbare la vita del Paese”. Solo così, un Risorgimento anche da quel periodo stragista può trovare sedimento culturale e pace sociale, oltre che forza di superare i sistematici fallimenti e le occasioni perdute. Una sorta di resilienza che deve poter giovare alle opportunità di una Democrazia di cui ciascuno con le proprie peculiarità artistiche e lavorative e culturali deve sentirsi parte, ed assicurare un futuro evolutivo per tutti, nella certezza di regole e norme che danno fondatezze strutturali al vivere democratico. Ed allora non avrà senso che si facciano “parlare le armi”, quando all’essere umano è dato far funzionare il ben dell’intelletto.

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Lamezia e non solo


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