Giovanni Ascolese, la realizzazione di un sogno

Page 1

Una serata all’insegna della cultura e dello scambio di idee e informazioni utili a comprendere una delle coordinate presenti nella nostra terra e non solo, all’interno di un’area allestita in un centro commerciale proprio per promuovere l’arte, la letteratura e la musica e fortemente voluta da Eugenio Mercuri che ha fatto questa scommessa che attualmente sta riscontrando molto interesse tra i cittadini e i vacanzieri della località marina.

del fenomeno mafioso, ma ugualmente importante e fondante la criminalità nei suoi aspetti sociali e soprattutto Trafamiliari.ipresenti

esperienza a Lamezia Terme, dove la ‘ndrangheta è molto presente a giudicare dai morti ammazzati e dalle bombe che in piena notte la costringevano a recarsi immediatamente sul posto come cronista.

Proseguono gli incontri letterari dell’associazione “Kropos”, presieduta da Eugenio Mercuri, a Cropani Marina. Ieri è stata la volta del libro della giornalista Saveria Maria Gigliotti, “’Ndrangheta tra politica, fede e ruolo delle donne” edito da GrafichÈditore.

Numerosi anche gli interventi del pubblico che hanno posto domande all’autrice sia sull’aspetto della “fede” che, come ha detto Gigliotti “nulla ha a che fare con il vivere la cristianità. Il santino bruciato durante il giuramento, sembra più un rituale satanico che un atto di fede a Dio”, sia sul ruolo delle donne viste come custodi della storia della famiglia. Donne e ‘ndrangheta: un aspetto poco conosciuto

Significativa è stata anche la partecipazione di esponenti delle forze dell’ordine e di un magistrato in pensione per discutere di un fenomeno, quello della ‘ndrangheta, che, come affermato da Gigliotti, “è tra la mafia più potente e radicata nel mondo”.

pag. 2 GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844 Lamezia e non solo

“’Ndrangheta tra politica, fede e ruolo delle donne”

il libro della giornalista Saveria Maria Gigliotti, edito da GrafichÈditore, ospite dell’associazione “Kropos” presieduta da Eugenio Mercuri grafichéditore

Nel corso dell’incontro, moderato da Noemi Grano, prossima alla laurea in giurisprudenza, intervallato da brani musicali interpretati da Mario Migliarese, stimato autore del comprensorio, e dalla lettura di alcuni passi del libro ad opera di rappresentanti di associazioni culturali, sono stati molteplici i punti trattati dall’autrice che, tra le altre cose, partendo da un episodio di danneggiamento che alcuni anni fa aveva visto coinvolto un ragazzino di scuola media che, come disse la madre, “ha difeso l’onore della famiglia”, ha sottolineato che “la scuola può e deve fare tanto per sensibilizzare e guidare i ragazzi contro la mentalità ‘mafiosa’. Non bastano i progetti, ma ciò che conta è l’esempio che ogni insegnante deve dare in ogni suo gesto ed L’incontroazione”.hacatalizzato l’attenzione dei partecipanti e Gigliotti, giornalista di lungo corso, ha ricordato della sua

anche Nikolas, un ragazzo di soli 12 anni che già si è fatto apprezzare come artista e che, alla fine dell’incontro, ha consegnato a Gigliotti un disegno rappresentante il tema della serata realizzato durante la presentazione.

La realizzazione di un sogno

A tale bellezza si univa anche il valore prezioso degli oggetti: oro,argento,e pietre preziose. Il Sig. Ascolese non sminuì la bellezza e il valore di tali oggetti anzi li apprezzo come una opera unica. Comunque, sempre Ascolese sottolineò il valore cul turale storico e artistico che rappresentava il Folder da lui creato e, per tanto fu fatta esplicita richiesta di poter esporre nella sala che ricordava l’evento, car toline folder e altro materiale filatelico.

fu riportata su molti giornali e fu messa in evidenza l’impegno artistico di Gerardo Sacco. In fatti l’artista aveva preparato per l’occasione calici di oro e argento e vesti per la celebrazione eucaristica pieni di pietre preziosi. Non appena avuta la notizia Giuseppe Ascolese, crea tore del Folder si avvicino immediatamente al Museo Diocesano di Lamezia Terme. E inutile dirlo ma tutte le creazione dell’orafo Crotonese Gerardo Sacco era no di una bellezza eccezionale.

E finalmente dopo diversi anni si è potuto inserire nel la stanza ricordo della visita di Benedetto XVI l’an nullo filatelico creato appositamente per l’evento. Per l’occasione fu creato con la collaborazione delle Poste Italiane un folder contenente quattro cartoline artistiche disegnate dal Dr Salvatore Ciranni.

Il riscontro dei fedeli intervenuti per l’evento fu note vole, considerando anche che il Folder era stato messo in vendita per 10 euro e fu pubblicato a numero chiu so, esattamente 1000 copie.

che sarebbero stati esposti nella sala del museo dioce sano uno scaffale illuminato con l’annullo filatelico. E inutile nascondere la grande gioia e la volontà di condividerla, perciò tutti i Lametini sono invitati al Museo Diocesano di Lamezia Terme.

Lamezia e non solo GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844 pag. 3

Passati alcuni anni il museo diocesano di Lamezia Terme creò una sala dedicata appositamente per l’e Lavento.notizia

La discussione si è protratta per diversi anni, in fatti i tempi della Chiesa sono tempi particolari. Finalmente pochi mesi fa mi e stata data una notizia

Giuseppe Ascolese

Un ringraziamento particolare alle POSTE ITALIA nella persona della dottssa NOVELLI, al dott Pasquale GIUSTINIANI della FEDERAZIONE CALABRESE DELLE CASSE RURALI per finire con la LA TIPO GRAFIA PERRI CHE HA CURATO NEI MINIMI DETTAGLI LA STAMPA.

Di tuberose, fresie e gelsomini… di giuggiole e cannella

di Michela Cimmino con Maria Teresa Di Benedetto calliope

E così le ricette, la manipolazione del cibo, diventano occasione di riflessione: la marmellata di more rimanda alla leg genda di Lei-Tsu, giovanissima moglie dell’imperatore cinese, che circa tremila

La tavola intorno a cui siamo seduti insieme per consumare il cibo diventa così il luogo di uno scambio fecondo di sentimenti, idee, tradizioni e racconti che ci legano l’uno all’altro e che le gano tra loro nel tempo le generazioni e le comunità. Siamo quello che mangiamo in tanti sensi e, nella riunione ide ale intorno a una tavola imbandita, le donne: madri, nonne, sorelle, amiche costituiscono il filo che lega i figli ai genito ri, il presente al passato, consentendo l’elaborazione di una narrazione che dà senso alla nostra vita.

Negli ultimi trenta anni la globalizzazione dei consumi, del le mode, della comunicazione, omologando il gusto dei cibi, le idee e i comportamenti, ha prodotto per contrapposizione il richiamo agli ideali e alle tradizioni che costituiscono il ricono scersi dei singoli e delle comunità, nella ricerca della propria identità culturale.

Ricorda a proposito Maria Teresa Di Benedetto che il racconto biblico ha inizio con la disubbidienza a Dio di Adamo ed Eva, con “ quel gesto simbolico e primordiale –afferma - che racchiudeva in sé la fonte di nutrimento della psiche, l’origine della conoscenza del bene e del male”.

di Italo Leone

pag. 4 GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844 Lamezia e non solo

Nella sapiente capacità di confezionare la materia di cui ci nu triamo è semanticamente racchiuso il significato profondo del termine, un significato che abbiamo forse dimenticato, ma che è ancora presente nel nostro inconscio e nella radice indoeuropea *mat: la materia su cui si esercitano le tecniche culinarie per il nutrimento dell’umanità richiama semanticamente la mater, madre che universalmente dà vita e nutrimento.

E le gustose melanzane ripiene di donna Rosa Riga offrono lo spunto per ricordare la prof. Graziella Riga: “a lei debbo gran parte di quella donna che sono oggi, a lei le scelte lavorative e l’amore profuso per la professione di docente, l’amore per la scuola e per gli studenti”, afferma Michela.

E’ vero, ci riconosciamo nello scambio fecondo dell’incon tro con l’altro e, per Michela e Maria Teresa, soprattutto nello scambio culturale attraverso il quale l’universo femminile tra manda idee e storie che ci ricollegano alle generazioni passate.

Ma quando poi lo leggi, ti rendi conto che le ricette sono solo un espediente per richiamare alla memoria persone care, tradizioni familiari, racconti che si accompagnano a riflessioni antropolo giche, filosofiche, letterarie in un armonioso insieme che, come le pietanze proposte, ci consentono di riconoscerci per quello che siamo, perché il sapore e il sapere hanno la stessa radice etimologica: il verbo latino sapere, la capacità di distinguere i sapori col gusto e, per analogia, la capacità di saper distinguere con l’intelletto i vari aspetti del reale, cioè di conoscere.

Per millenni la Magna Mater è stata la divinità principale dei popoli agricoltori del Mediterraneo prima di essere inglobata nel contesto delle nuove divinità maschili indoeuropee di cui Zeus è il dio più importante in Grecia.

anni prima di Cristo scopre i segreti del filo di seta, un filo sotti lissimo prodotto dal bozzolo del baco da seta.

Un libro che nel titolo richiama il profumo dei fiori e i sapori della cucina.

Non c’è conoscenza senza distinzione come ci hanno insegnato Platone col mondo delle idee, Cartesio con le idee chiare e distinte, e Lévi-Strauss con le distinzioni delle strutture di parentela che sono alla base delle società umane: non hanno bisogno di cultura gli anima li, guidati infallibilmente dall’istinto e neppure gli dei che tutto sanno.

Ma la Magna Mater non è mai scomparsa: in Grecia ha affian cato Zeus col nome di Era, in Egitto è Iside sposa di Osiride, a Roma Giunone sposa di Jupiter, e noi cristiani la onoriamo col nome di Maria, madre e nutrice di Gesù, mediatrice tra Dio e l’uomo per la sua salvezza.Alle donne e non agli uomini fu affida to dai Vangeli il compito di annunciare la resurrezione di Gesù dal sepolcro e di portare nel mondo la buona novella. Michela e Maria Teresa interpreti di questo alto compito affidato storica mente alle figure femminili, hanno scritto un’opera aperta a tante signi ficazioni perché, come concludono, sono tanti e tanti ancora gli “intrecci e memorie di vite e pietanze, incontri in cucina che non sono solo buon cibo, ma anche buone idee, quelle che con tano e fanno dono di un mondo colo rato, più bello di quello che “abbiamo avuto in Insommaprestito”.unsaggio complesso, lon tano dal femminismo contestativo, un saggio

in cui la tradizione culturale di ogni comunità si trasmette ogni giorno a tavola grazie al contributo delle tante generose donne che riuniscono ogni giorno tutti noi intorno alla tavola.

Solo l’uomo non si adatta al mondo, e per vivere lo adatta a sé con la co noscenza e la tecnica: i doni che Pro meteo, secondo il mito greco, ha lasciato agli uomini.

GrafichÉditore - 0968.21844

&

di A. Perri

Ad accogliere e presentare l’ autrice il sindaco di Bianchi, Pasquale Taverna e Giovanna Adamo curatrice della mo stra del M° Eusebi “tra Parole e Arte”.

Nello sfondo del suggestivo borgo di Bianchi, nel degra dare delle verdi colline verso l’Abbazia di Corazzo, si è tenuto un evento nell’evento: la mostra del M° Renzo Eu sebi, inaugurata nel Centro Polifunzionale del comune il 17 luglio, ha ospitato la presentazione del libro di Michela Cimmino “Di tuberose, fresie e gelsomini...di giuggiole e cannella”, edito da Grafiche’ Editori

Così il sindaco ha espresso il suo apprezzamento per ini ziative che pongono al centro il borgo che si onora di rap presentare come primo cittadino.

“Di tuberose, fresie e gelsomini...di giuggiole e cannella” grafichéditore

di Antonio Perri

Anche la Adamo vede in questi momenti la valorizzazio ne di un territorio che ha tanto da mostrare e da fare scoprire. Dalle Per gamene del ‘400 della nobile famiglia Accatta tis che narrano attraver so antiche testimonianze e contratti la storia di Bianchi, in esposizio ne permanente appunto nel Museo del borgo; al Ratafia’ raccontato nel libro dell’ autrice, antico brindisi che concludeva ogni contratto notarile, come magari avveniva nella stesura e ratifica delle storiche pergamene di Bianchi con il liquore di visciole accompagnato dalla dicitura -Et Sic res rata fiat-”

A dialogare con l’autrice, anzi con le autrici, Mariateresa Di Benedetto ne ha infatti curato l’ introduzione, il vice sindaco Rino Pascuzzo che dalla lettura del testo afferma “di aver ritrovato la sua storia personale nel ricordo di Graziella Riga, di Pietro Ingrao e nel racconto dell’ atten tato a Cossiga nel ‘77, in cui, loro malgrado, si trovarono inconsapevoli testimoni la Riga e la nostra autrice. Un amarcord intenso e commovente -continua- che mi ha riportato ricordi di lotte e passione politica di cui oggi avremmo tanto bisogno”

“Un grande plauso alla prof Adamo per aver invitato “l’arte” nel nostro borgo, un grazie alla prof Cimmino che con la sua scrittura, attraverso un amarcord di sentimenti ed emozioni, canta la bellezza della nostra terra da fare conoscere ed apprezzare. La presenza di artisti e intellet tuali, che da città sede di importanti mostre ed eventi e da Lamezia, a noi più vicina, è un arricchimento, è scambio prolifico per la nostra comunità”

Intanto il libro è in ristampa, sarà pronto prima dell’ as saggio del Ratafia’, che come ogni anno è a dimora fino a Natale per la tanto attesa degustazione.

Tappa a Bianchi del libro di Michela Cimmino

pag. 5

Lamezia e non solo

A conclusione dell’ evento un brindisi con un passito della Costa degli Dei e la degustazione di un insolito dessert, malanzane delle colline presilane al cioccolato fondente, arricchite da un tocco segreto: la dolce amarena nascosta all’ interno, quale perla prelibata di un’ insolita ostrica vegetariana. Così le descrive la promotrice dell’ evento, Giovanna Adamo, la cui ricetta è ampiamente narrata nel libro dell’ autrice.

La Cimmino, scegliendo alcuni passi dal libro, dopo un reading dai contenuti di proustiana impostazione, ha rin graziato i presenti e i rappresentanti della giunta comuna le, l’ assessore all’ archivio e biblioteca Erika Moraca e il consigliere Mario Elia per l’ospitalità e l’invito a ritornare per un incontro con i ragazzi delle scuole.

centi, di persone di passaggio, di ritorni e di partenze. Un atrio/ proscenio di tutto il fluire umano satellite, circolante nel vaglio. Un “micromondo “ fatto di paro le, racconti, silenzi. Fatto di uomini intenti a fumare o intrecciare vimini in ceste ; di donne intente al ricamo o ai ferri della calza o a nettare verdure. A recitare il Cherosario!suggestione

e non solo

potente, per me, che sono nata nel centro storico e questi spazi- vitali li andavo conoscen do attraverso volti, intensità!!! La magia di veder bril lare il braciere nei crepuscoli autunnali,oppure nelle gazzarre delle sere d’estate, la grata bellezza di trovare il fresco in questo spazio che comunicava con le intime - stanze di quelle esistenze.

L’ultima settimana di questo piovoso agosto 2022, è stata illuminata dalla Rassegna di Letteratura e Arte “AL VAGLIO” tenutasi nel centro storico dell’ex Co mune di Sambiase di Lamezia Terme.

Suggestive serate dedicate a calabri autori con pubbli cazioni recenti che hanno potuto incontrare un pub blico di appassionati, in una cornice quintessenza di bellezza. Grande risonanza, ottimo riscontro : grazie al potenziale e all’ intraprendenza di giovani intellettuali che vivono di cultura, fieri delle loro origini. Guardiamo al futuro con fiducia …volgendo uno sguardo al passato, una divagazione sul vaglio, sulla vita semplice di un tempo antico.

Il vaglio aveva una valenza antropologica mediatica e sociale potente! Mi riferisco alla dimensione di “ den tro “ e “fuori” in contiguità, reversibili. Alla contaminazione facile, naturale, di vissuti adia

Lamezia

Il vaglio, o patio o corte è una struttura architettonica uno spazio -cortilivo interno, fra abitazioni, tipico delle civiltà affacciate sul MEDITERRANEO.

pag. 6 GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

È forse da questi respiri antichi che arriva la nostra for za, la resilienza che ci manda avanti a schiena dritta, malgrado tutto, noi affacciati con gratitudine su terraz ze mediterranee.

Fine d’esstate “Al Vaglio!” riflessioni

di Franca Maria Mete

di Fiore Isabella

“E LE MANI CHE PARLAVANO D’ANIMA”

Lamezia e non solo GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844 pag. 7

E le mani che parlavano d’anima, Di verità antiche e segrete croci, di storie di memorie e tenerezze, di quel giglio nel giardino australiano e il gennaio sul balcone calabrese.

Come il pane poesie d’altrove di FILIPPO D’ANDREA

E piangeva una stanca fontana dentro un nascosto vaglio sambiasino e mistici e segreti pisùali neniavano eterni tempi lontani.

sia è molto di più di qualche frase scritta in stile fantasioso e “ispirato”, o magari impreziosita da qualche termine fuori moda. Se è vero che molti poeti sono dotati di una sensibilità par ticolare, è altrettanto vero che dominare l’ar te della scrittura poetica richiede conoscenze tecniche e uno sforzo simile a quello necessa rio indispensabile per suonare uno strumento. Filippo accomuna la competenza nel suonare la chitarra con la conoscenze stilistiche e les sicali..Dal punto di vista lessicale, infatti, la poesia di Filippo D’Andrea appare complessa e stratificata, dove una particolare combinazione di suoni, un diverso ordine sintattico, la scelta accurata di un aggettivo o di una preposizione segnalano la grandezza della poesia nella sua accezione formale. E questo aspetto estetico, comunque non marginale, spinge ad apprezzare la bellezza di un testo e ad alimentare il piace re della lettura. La poesia di Filippo si muove all’interno di questo solco guidata da una forte motivazione contemplativa e spirituale. Motivazioni che troviamo radicate nell’intera opera, a partire dalla poesia che apre il libro: “NOSTAGIA D’INFINITO”; un legame indis solubile tra concretezza del terreno vivere e l’ aspirazione ad un approdo alla trascendenza che non nega la quotidianità ma la sublima. “ Questa relazione carnale tra cocretezza e spiri tualità la si trova, in modo accorato: in “E CERCO ANCORA IL MIO PAESE” Senza santi l’azzurrità calabrese, e disteso s’è il cielo tra i vicoli incantati, sotto l’innocuo nevischio presilano, dove il senno contadino scrive la storia ed occhi di terra trovano luce divina.

La delicatezza descrittiva di Filippo D’Andrea incardinata ai contenuti del suo libro “Come il pane, poesie d’altrove” mi ricorda i luoghi fre quentati, nei primi anni 70, da tre amici, di cui lui faceva parte, impegnati, in uno scenario Vir giliano, a scrivere testi e ad inventare note in un combinato disposto di musica e poesia. Veni vamo pure noi, giovani del Sud, da quel ‘68 di contestazione giovanile di cui sono orecchiabili testimoni due pezzi da noi sfornati “Giovani per le strade”, “Dove son finiti i fiori”e “Solo i cieli sono vostri”, i cui titoli, già in sé, non costituivano soltanto una romantica testimo nianza identitaria del sentimento giovanile ma anche un incontro delicato di musica e parole. E ciò segnala, se ce ne fosse particolare bisogno, come il libro che presentiamo stasera, pieno di spiritualità e di carica contemplativa, includa un universo di ricordi e di sentimenti che vanno al di là della cifra stilistica e rappresentano la sintesi corale delle diverse competenze artisti che. I poeti vengono considerati, e a volte essi stessi si considerano, “professionisti” della pa rola, come i pittori delle linee, dei colori e delle forme; o come i compositori delle note musica li. I poeti, e da questo solco prende linfa anche Filippo D’Andrea, riescono ad usare il linguag gio con grande maestria, dando vita a creazio ni raffinate ed originali. Il tutto, come afferma nella prefazione Ran Lahav ci consente di ri conoscere la forza segreta del libro nel “ magi strale intreccio di diverse immagini poetiche da differenti mondi semantici”. “Ciascuna poesia, scrive l’autore della splendida prefazione,” ci presenta, da un lato, un paesaggio definito di oggetti concreti e colori; e dall’altro, attraverso la sua combinazione sorprendente di immagi ni, ci rinvia anche a spazialità più grandi della realtà. Appare evidente come la poesia di Fi lippo non si presenti all’immaginario popolare identificandosi in termini strani e desueti o in ricorrenti luoghi comuni costellati da immagini eccentriche: i cieli stellati, i cuori trafitti, gli oc chi di ghiaccio e le bionde chiome dorate. Tut to gira intorno ad una spazialità che va al di là della sua definita percezione sensoriale. I versi sono dotati di un’espressività particolare, che desta l’atten zione dei let tori e accende la loro fanta sia. Ma qual è il linguag gio tipico dei poeti? Come si realtà,parole?…Inlavorodaracolarequestacomportapartischiediartisti,semprealconlelapoe

“... Nasconde il celeste segreto quel passato pane, mentre l’altare dell’aurora battezza tutto rosso” In questo connubio tra rappresentazione della caducità dell’esistenza e interferenza risoluti va della fede si insinuano prepotenti squarci di rimpianto come in “QUESTO GIORNO”Cisono stati mari da contemplare monti da pregare fiumi da ascoltare musica da sentire libri da mangiare e vita da sognare. Squarci di rimpianto si trovano anche: in “VAGLIO SAMBIASINO” dove ritorna, cronologico, il tempo delle nostre giovanili composizioni sulla collina che apre ancora le braccia a quei vagli, una volta rigogliosi ed oggi abbandonati

Ricompaiono, scalfiti nei piu teneri ricordi, i luoghi che hanno accompagnato la fanciullezza del poeta sospesa in un peripatetico ponte tra Sambiase e l’Australia, condito di sangue e di sudore. La descrizione di Filippo in occasione del 65esimo anniversario di matrimonio dei suoi genitori è incardinata nella poesia:

In “GIOIA DEL RITORNO”

E i luoghi nella poesia di Filippo D’Andrea sono tanti, forse sono troppi; e comunque anche col passato orribilmente frantumato sono lì che ci aspettano: Serrastretta dei pomi perduti; il proprio paese dove inutili rotolano i sacri rosa ri; il vaglio sambiasino dove piange una stanca fontana; quello scirocco beduino di Libia che sfiora un grumo di nervi pensieri, e l’odore di terre piangenti...; le castagne d’Acquavona di parole vive e rare profumate di silenzio; gli Ai roni le folaghe dell’Angitola; l’odore pulito del fieno maturo di Campodorato, il perenne ven ticello che da San Mazzeo spinge il pettirosso Bizantino; i docili clivi sui tetti di Cafaldo, le rocce di Carontee l’acqua sulfurea di Caronte, le finestre e i balconi spalancati con gli occhi a passare in rassegna la sospesa collina di Bucolia e la sempre meno verdeggiante Piana di Lame tina; il Cantagalli mite e distratto indorato come un elegante cappello di sole. Non solo Filippo D’Andrea nell’ultima pagina del libro dichiara il suo amore al tempo che non ha fretta, anche i luoghi che, insieme, quando ancora giovani scrivevamo canzoni, abbiamo imparato ad ap prezzare, se avessero potuto parlare avrebbero chiesto al tempo di aspettare. In questa carrella ta di luoghi, visitati dalla delicatezza dei versi, è fortemente presente la poesia ma anche una visione pedagogica che richiama i luoghi come testimoni della memoria e una forte e, a tratti disperata, domanda di cura che esalti la bel lezza del Creato. Alcuni decenni fa, insegnavo all’istituto “maggiore Perri” in un combinato disposto di educazione ecologica e civica spe rimentammo, con ottimi risultati, simulando gli adulti e gli organi istituzionali che governano la comunità, la costituzione del Consiglio dei Bambini e degli organismi che ne consentono il funzionamennto. Fu un passo importante per realizzare il primo punto del loro programma di lavoro con il progetto “Aula Pulita”. Leggendo e rileggendo l poesie di Filippo mi sono ancor più convinto che la formazione dell’uomo passa attraverso l’arte che si nutre di immagini, di parole e di pensieri che entrano nella disponibilità dei giovani e della loro ma turazione comportamentale più di mille norme che finiscono, sovente, col reprimere anche la creatività.

Conclusa anche la lunga narrazione sulla storia dei Santuari maschili della diocesi lametina, da oggi iniziamo un nuovo ciclo di articoli che ci porteranno a conoscere i principali borghi abbandonati della nostra Calabria.

Fra le attuali case diroccate vi è in funzione ancora la chiesa del villaggio, fondata nel 1630 e atterrata dai devastanti terremoti del 1638 e 1783, ricostruita ex novo nel 1999 dal rev. don Antonio Calafati, allora parroco di Capistrano e dedicata al culto di Sant’Elena (o Santa Lena) la cui statua attuale risale al 1828, festeggiata solennemente il 18 agosto così come San Filippo Neri (culto introdotto nel villaggio nel XVIII secolo) il 26 maggio. L’organizzazione delle feste religiose sono state e sono ancora oggi a cura, oltre dei parroci di Capistrano, soprattutto degli abitanti superstiti o loro discendenti che risiedono nei vicini comuni di Capistrano, San Nicola da Crissa, Monterosso Calabro che con l’occasione, almeno per due giorni l’anno, ripopolano Nicastrello. Nel 2021, il sindaco di Capistrano ha dato notizia alla stampa di un grosso finanziamento per la riqualificazione, restauro e rilancio turistico del borgo abbandonato di Nicastrello.

NICASTRELLO (VV) puntata

pag. 8 GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844 Lamezia e non solo

di Matteo Scalise

agricola e allevamento domestico, soprattutto su tre cave di pietra calcarea, due calcare per la produzione di calce da costruzione nonché di due frantoi e due mulini, finché il richiamo di un lavoro sicuro nelle grandi città industriali del nord Italia e all’estero non determinarono l’inesorabile spopolamento (iniziato nel 1945) e il definitivo abbandono attuale degli allora 500 abitanti stabili censiti.

Nicastrello (VV) conosciuto anche in vernacolo locale quale Casalìadju, Casalellu e Casaleru è un borgo abbandonato dal 1976 in provincia di Vibo Valentia, nel territorio comunale di Capistrano, di cui fu frazione dal 1868 e da cui dista circa 5 km. Il centro abitato, sorto presumibilmente attorno al X- XI secolo ad opera dei coloni che lavoravano e chiedevano protezione presso il monastero basiliano dedicato a Sant’Elena Imperatrice, che era proprietario in un fondo a boschivo ancora oggi esistente e denominata Fellà, ricco di alberi da frutta, ulivi secolari, gelsi, castagni. La prima menzione però di centro abitato storicamente certa si ha soltanto attorno al 1633/1650 quale Casale sotto la giurisdizione della Contea di Soriano Calabro e così denominato in onore del rationale (esattore tasse, gabelle) tal Giovanne Antonio Nicastro che si adoperò per farlo divennepuntualmentecosademograficamente,crescerecheavvennesicchécomune

autonomo (forse grazie ai francesi nel 1811) finché non retrocesse a frazione della vicina Capistrano, come già detto, nel 1868. Pertanto il nome non è di origine greco –bizantino come quello del fu comune di Nicastro (oggi Lamezia Terme) che significa letteralmente “nuovo accampamento militare”. L’economia di Nicastrello fino agli anni Sessanta del secolo scorso si reggeva, oltre che sulla produzione

1^

BORGHI ABBANDONATI DI CALABRIA

Il Cancro è il quarto segno dello zodiaco, l’arco di tempo nel quale è contenuto va dal 21 di Giugno al 22 Luglio. Esso è il primo segno d’acqua, le sue qualità sono di tipo cardinale cioè sta ai cardini ed apre le porte ad un significativo evento stagionale: il Solstizio d’Estate. Questo segno rappresenta archetipicamente la maturazione dei frutti che in questo periodo sono molto dolci e ricchi di acqua. L’archetipo del Cancro svolge una funzione di nutrimento e si occupa di nutrire non solo la parte materiale ma anche quella emotiva. L’intelligenza emotiva è ciò che caratterizza i cancerini e permette loro di avere una sensibilità fuori dal comune e di captare le emozioni e lo stato d’animo degli altri. Questa capacità però può costituire anche un loro limite, i cancerini sono molto soggettivi e può capitare che si sentano sempre al centro di una situazione anche se le emozioni che vengono percepite non sono necessariamente rivolte a loro. Questo tipo soggettività molto comune in coloro che sono nati sotto questo segno ed è l’origine dei loro proverbiali cambi di umore, si tratta di quella che viene definita da molti astrologi lunaticità. L’astro d’argento è il Signore del Cancro ed incarna l’archetipo dell’anima e della madre, rappresenta anche la nostra memoria emozionale che in questo segno si traduce nel legame con la propria famiglia, le tradizioni, gli antenati e tutto ciò che costituisce un legame con le proprie radici. Appartiene a questo segno la nostalgia nei confronti del passato e l’interesse e amore nei confronti della storia. I cancerini hanno delle doti medianiche e sono portati per le arti magiche, si dice che siano pigre, ma si può affermare più che altro che hanno un carattere passivo. Per i cancerini la dolcezza è la loro arma migliore essa però non deve trarre in inganno e far pensare che siano dei deboli in quanto sanno bene come difendersi. Come il granchio l’animale che rappresenta il segno, essi sono provvisti di una corazza dura con la quale si difendono dal mondo e da due chele che simbolicamente utilizzano per artigliare le prede, ma che psicologicamente rivelano una buona dose di possessività. L’acqua del Cancro nutre ciò che ama, ma a volte questo amore viene vissuto in maniera simbiotica. I cancerini

hanno paura di perdere il contatto emotivo e vivono il distacco come un tradimento impedendo in tutti i modi all’essere amato di svincolarsi e di rivendicare una qualche forma di indipendenza e autonomia. Per poter spiegare al meglio quali energie psicologiche si muovono all’interno di questo archetipo, bisogna ricorrere alla simbologia del mito che lo rappresenta meglio, quello induista. Il mito racconta che Shiva il Dio Creatore e Distruttore e la Dea Shatki si sposarono, e il loro era un amore senza separazione una fusione totale cioè una coppia primordiale (non avevano figli). Erano molto innamorati e la loro era una bellissima storia d’amore, ma un giorno Shatki chiese a Shiva di poter far visita ai suoi genitori, Shiva le negò il suo consenso impedendogli di separarsi da lui anche solo per un giorno; così Shatki addolorata dalla risposta dell’amato si disintegrò in miliardi di pezzi nell’universo. Shiva cercò di ricomporla per secoli invano, e Brahma padre di tutti gli Dei impietositosi per il suo dolore si offrì di aiutarlo ma informò Shiva che Shatki era cambiata e non sarebbe mai tornata ad essere quella di prima una volta ritornata. Shiva comprende il suo errore, Shatki ricompare e insieme daranno vita ad una coppia diversa più aperta e rispettosa delle proprie individualità vivendo finalmente felici, e dando alla luce dieci figli. Il compito evolutivo di chi è nato sotto questo segno è quello di comprendere attraverso esperienze anche dolorose che la simbiosi non è amore, ma è attraverso la separazione e il rispetto di scelte anche non condivise e senza ricatti emotivi, che avviene il vero scambio e la crescita. I cancerini sanno essere amici sinceri e sebbene siano riflessivi e possono apparire chiusi in realtà sono persone allegre, non serbano rancore ma non dimenticano un’offesa. Possono essere dei capi autorevoli comprensivi e scopritori di talenti, sanno benissimo dove collocare i loro dipendenti al posto giusto per farli felici. Le parti del nostro organismo corrispondenti a questo segno sono le mammelle e l’apparato digerente nella fattispecie lo stomaco. Le gemme mistiche del segno sono le Perle e l’Adularia (pietra di Luna), i colori il bianco e l’argento. I nativi di questo segno vanno molto d’accordo con il segno del Toro, con il segno del Capricorno e anche se ci potrebbero essere degli scontri questo legame porterà entrambi ad una crescita costruttiva. Sono in armonia con gli altri segni appartenenti al loro elemento, con i segni d’aria possono nascere delle belle amicizie, ma sul campo sentimentale le unioni sono più difficili in quanto sono segni molto razionali e poco inclini a manifestare le emozioni. Tra i segni di Fuoco la coppia Leone Cancro potrebbe funzionare bene grazie alla generosità leonina, mentre con l’Ariete possono insorgere dei contrasti a livello caratteriale in quanto quest’ultimo è insofferente alla lentezza ed alla suscettibilità del Cancro.

Lamezia e non solo GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844 pag. 9 lo zodiaco

di Palma Colosimo

Il segno del cancro

riflessioni

All’Urne, all’Urne!!! Quali sorprese?

di Alberto Volpe

All’indomani della ripresa di pubblicazione della Rivista che ci ospita, certamente post voto, è questa la corsa della legittima curiosità che coglie ogni cittadino con diritto in teressato alla più essenziale della partecipazione per la edi ficazione della democrazia rappresentativa. E, piuttosto che il grido “al voto, al voto”, quello di una campagna elettorale dei due ultimi mesi estivi, è ragionevole che tutti voglia no, curiosamente o meno, essere informati circa l’esito di quella partecipazione al diritto di voto. Sempre che proprio quanto a partecipazione al suffragio universale nella scel ta dei propri delegati alla legislatura parlamentare, sempre che, dicevamo, ci sia stata una partecipazione che renda va lida una consultazione e,quindi, una elezione. E il rischio della diserzione in massa all’esercizio del voto non è poi del tutto da mettere nel conto, specie visti i precedenti più recenti. Né il gran numero di candidati e coalizioni, per via del Rosatellum, hanno fatto molto per comportarsi in modo tale che il cittadino-contribuente potesse acquisire qualche elemento per accreditare fiducia, affidabilità e responsabi lità agli uscenti delegati nazionali. Anzi. A partire dal do ver far ricorso ad un Premier (Draghi) non eletto, e trovare comodo la larga maggioranza parlamentare dei sedicenti “migliori”, ciò ed i conseguenti e successivi atti non han no fornito che pessimi esempi quel numero di parlamentari (oggi per fortuna opportunamente ridotti) dei due rami del Parlamento hanno confermato di essere Casta partitocratica sempre più populista-movimentista che si è andata trasfor mando in qualunquismo e incompetenza, rappresentandosi come ceto,appunto, dirigenziale spesso ignaro dei rudimenti minimi storico-culturali della stessa Democrazia rap presentativa. Ciò, aggravato da un quadro normati vo fin troppo evidente ad usum delphini, cioè a se stessi, con privilegi desueti ed anacronistici rispet to alla condizione di povertà o di estrema povertà, che quei sedicenti rappresentanti mostravano di non conoscere o di usare solo slogans contraddittori ed incoerenti come idee risolutive. Così,essi, dimostran do che l’unica attività lavorativa nella quale si sono specializzati è stata l’occupazione dei centri di potere e dei centri decisionali del potere politico. Dunque, facendo della Politica un mestiere, piuttosto che una vocazione, con annesse complicità e connivenze di natura penale ai danni della pubblica amministrazio ne, cioè dei certi contribuenti. Ciò è il risultato di una

degenerazione politica e demagogia, amor di potenza, cui fa evidente difetto all’uomo politico la passione per una causa, il senso di responsabilità, la lungimiranza, una progettuali tà risolutiva delle gravi criticità esistenziali della base po polare. E, dunque, se dovesse affermarsi l’astensione, essa avrebbe trovato la sua ragion d’essere nella crisi della pro pria rappresentanza . Ancora più grave se si pensa e si evince che quella diserzione dal voto è rappresentata per il 75% da “poveri”, come dire legata al censo, del che si avvantaggia no i “ricchi”. E nel corso della campagna elettorale abbiamo sentito anche appello al cosiddetto “voto utile”. Ma chi può pretendere di meritare quella “utilità” elettorale ? Forse un Partito senza popolo, che non esita a fare concorrenza alle forze moderate (alias tecnocrazia e lobby finanziarie), con proposta politica lontana dal Paese reale, precario,subordi nato,disoccupato ? Sarebbe ora, riconosceva qualche tem po fa il sindaco di Bologna, che “adesso” ci si occupasse di lavoro, e di lavoro dignitoso come di povertà dignitosa. Ma quell’Adesso è una palese ammissione di colpa verso il passato, gestito proprio da quei Partiti, oggi sempre più “spoliticizzati” che dovevano tutelare il disadattamento e la disoccupazione. Non sembra che una qualche resipiscenza in tal senso sia stata ammessa. Gli opposti estremismi po litici, per come si è voluta far apparire il teatrino elettorale ultimo, sarà riuscito a ricreare una qualche fiducia nell’elet tore ? Lo diranno, appunto quelle Urne, con il loro carico di aspettative di uomini e donne che ancora credono nei valori altri di una Costituzione democratica.

Un libro che mi ha trasportato proprio nel cuore della ville lumière e, per qualche giorno, mi ha fatto sentire ancora là: nella Parigi più intima, quella che tutti vorrem mo vivere, senza la fretta dei viaggi orga nizzati, magari con una (o la) persona del cuore, apprezzando i momenti più belli, nella bella cornice…

Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe.

Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa

Edito da: GrafichÉditore Perri

Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Lamezia e non solo

Stampa: Michele Domenicano

Perdersi in quell’atmosfera è straordina rio… magari sperando di tornarci.

Un libro davvero ameno, come un luogo che ristora.

Abbiamo bisogno di un po’ di romantici smo, sia pure come categoria del quoti diano, perché, a volte, la banalità giorna liera ci fagocita talmente, da farci perdere qualsiasi dimensione, che esuli dalla sfera prettamente realistica…

E, in qualche modo è… estivo. Rilassan Buonate… lettura, di fine estate, anche a voi. Alla prossima.

Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 -

Approfittando dello sconto della FELTRI NELLI, mi sono imbattuta in uno scrittore francese, o presupposto tale: NICOLAS BARREAU, che ha scritto piccoli romanzi, alquanto divertenti.

Sullo sfondo, la Parigi un po’ discosta dai

pag. 11

Direttore Responsabile: Antonio Perri

Non amo questo genere di letteratura, per ché, a mio avviso, è destabilizzante, penso sia un’operazione di business. Ma penso anche che tutto ciò renda il libro anonimo, perché sia fruito solo per la storia in sé. La cosa, in fondo, non mi dispiace affatto, se si tratta di romanzi da leggere in va canza. Non mi piace, invece, quella falsa

Allestimento: Peppino Serratore

La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito

suggerire, questa volta, è simpaticissimo e l’ho letto in una notte. Come ben sapete, in estate, adoro le letture leggere, docili, rilassanti.

Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio.

E poi ci sono le splendide descrizioni di Parigi… Place des Vosges, la mia prefe rita. L’angolo di pace, come la definisce Barreau… E le vie insolite del Quartier Latin o del Marais, di Montmartre o il parco del Musée Rodin…

Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 30°- n. 87 - settembre 2022

Quello che vi segnalo è LA DONNA DEI MIEI SOGNI.

Il tutto mi puzzava alquanto, ma non ho Arrivoapprofondito.all’ultima pagina e cerco su Wiki pedia: Nicolas Barreau è descritto come uno scrittore immaginario, una specie di Elena Ferrante…

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

soliti clichés turistici, che ammicca agli innamorati e fa innamorare di sé…

Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni Ladettagliate.direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società.

reverenza tributata in Italia a chi fa pas sare gli sconosciuti, per scrittori di alta letteratura!

di Maria Palazzo Carissimi Ilbentrovati.lettori,librochevivoglio

A dirla tutta, già il nome dello scrittore mi ha lasciata perplessa: in francese, la for ma più comune è NICHOLAS. BARREAU, poi, significa SBARRA o, nel linguaggio giuridico, FORO o AVVOCATURA.

Questo libro, per un po’, ci fa immerge re in un’atmosfera un po’ da favola che, segretamente, tutti sogniamo di vivere, al meno per qualche momento…

Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri

Tornando a Barreau, con LA DONNA DEI MIEI SOGNI, vi imbatterete in un’atmo sfera da film, più che da romanzo e questo è piacevolissimo. La scrittura scorre come la sequenza dei fotogrammi di una pelli cola e non si vede l’ora di attraversare tutta la storia e poter vivere, fino in fondo, tutto l’intreccio.

88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844.

Max e i suoi inseparabili Ciuk, Ciarlino, Gustavo e Dari

pag. 12 QuestoMondodiMax

di Massimo Striglia

Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.