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Estasi

èstaṡi s. f. [dal lat. tardo ecstăsis, «turbamento, stupore»]

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Per un po’ avevo vagheggiato che estetica ed estasi potessero avere la stessa radice, ma non lo potrei dire con certezza. Estasi, dal latino (credo più che altro un latino cristiano) ecstăsis, derivato dal greco ἔκστασις, composto di ἐκ o ἐξ e στάσις, «essere fuori» quindi certamente «turbamento o stato di stupore della mente» ma come dice il verbo ἐξίστημι è più che altro un «mettere fuori» comprendendo in questo soprattutto quell’«uscire di sé».

Se la presenza di quello σκο di cui avevamo detto a proposito dell’apatia è presente anche qui come στάσις, ossia, se anche qui c’è quell’ipotesi di “stare dolorosamente presenti a ciò che accade”, si potrebbe dire che quando l’estetica ci pervade, quando entriamo in risonanza col mondo in una specie di iperestesia che diviene quasi panestesia, allora abbiamo un’altra via di fuga che non è più legata all’indifferenza o all’annullamento delle percezioni. E’ al contrario il lasciarsi attirare al centro delle percezioni, dove la luce è più smagliante. Perché come dice Zolla “nell’abbandono è la gioia” (E. Zolla, Uscite dal mondo, , Adelphi 1992). Arrendersi a quell’eccesso di estesia potrebbe significare che stiamo danzando la danza di Shiva, del grande costruttore e grande distruttore, che siamo oltre le nostre percezioni,

in uno stato di trance, di ebbrezza, di appagamento, di beatitudine, di pace. Accolti in un paradiso pieno di serenità e di soddisfazione come il Nirvana o Serendipity. Forse anche qualcosa di amniotico, dove i confini tra noi e il mondo non ci sono ben chiari e l’uno sfuma nell’altro senza una vera separazione.

In questo modo si potrebbe sperimentare l’estasi, un indefinibile condizione che il vocabolario stigmatizza uno «stato psichico di sospensione ed elevazione mistica della mente, che viene percepita a volte come estraniata dal corpo».

Spesso all’estasi si associa uno stato di isolamento e d’innalzamento mentale (mi viene in mente prima fra tutte Teresa d’Avila); durante l’estasi siamo assorbiti in un’idea unica o in un’emozione particolare che può avere prospettive mistiche. Con parole più romantiche si potrebbe definire come il rapimento dell’anima, che si mette in diretta comunicazione con il soprannaturale. Come esperienza mistico-religiosa, l’estasi si ritrova in tutti gli stadi culturali e in tutte le culture tranne la nostra, dove anch’essa è stata sostituita da numerosi suoi succedanei che in realtà sono altri simulacri.

L’importanza dell’estasi e la sua consistenza sono note a chi ne ha fatto l’esperienza, ma bisogna anche dire che la conoscenza-esperienza estatica ha diversi, infiniti gradi, e che ognuno di noi può spostarsi, un po’ per giorno, verso qualcosa che sia un po’ più estatico di un’imprecazione, di una recriminazione ma soprattutto dell’indifferenza.

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