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Aquila

no compiere. Se non avessimo puntato su questi due elementi fondamentali il ‘giocattolo’ si sarebbe rotto durante il covid. Invece, paradossalmente, il gruppo è stato ancora più coeso in questo periodo, lavorando anche da ‘remoto’ con programmi personalizzati”.

Il campo di allenamento ora è quello storico di Piazza d’Armi, non più in terra battuta, come ai tempi di Mascioletti, Ghizzoni o Di Carlo, ma in sintetico.

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“La risposta dei ragazzi e dei genitori - aggiunge Cialone - è stata impressionante. In una città che ancora porta le ferite del terremoto del 2009, è palpabile la voglia di vivere, di costruire qualcosa di serio anche nel rugby. Tanto che puntiamo a creare due squadre U18. Il merito è anche di Mauro Zaffiri, ex presidente dell’Aquila Rugby (scomparso prematuramente nel 2017, padre di Maurizio, ex nazionale), che ci ha sempre sostenuto.

Con queste premesse L’Aquila sta gettando le basi per tornare tra le protagoniste del rugby italiano.

“In realtà - sottolinea Molina - ci farebbe piacere che i ragazzi usciti dall’U19 giocassero nella Rugby L’Aquila per partecipare al ritorno della squadra in campionati più ambiziosi, ma, come sempre, li lasciamo liberi di scegliere la loro strada, senza alcuna forzatura. A noi preme soprattutto la loro formazione anche a livello universitario”. “Per questo - aggiunge Cialone - a chi decide di intraprendere l’università e di restare nel club, per dedicare parte del suo tempo alla crescita dei più piccoli, viene riconosciuta una borsa di studio. Ma prima di tutto viene il rispetto delle regole specie il giorno della partita, che non deve essere vissuto con apprensione, ma con un sorriso”.

Non mancano certo i discorsi motivazionali prima di entrare in campo.

“L’episodio che ricordo con simpatia - racconta Cialone - risale al 2017. Dovevamo disputare la finale per il terzo posto con l’U14 contro la Rugby Roma. Ma la sera prima la squadra venne praticamente decimata da un virus intestinale. Si reggevano in piedi 3-4 giocatori. Eravamo a un passo dal perdere la partita a tavolino. Ma gli ostacoli che avevamo superato per raggiungere quel traguardo erano stati tanti e non poteva finire così. Radunai i ragazzi nello spogliatoio e con poche parole, guardando uno ad uno negli occhi, spiegai che non potevano far svanire i loro sogni in un modo così beffardo. Li convinsi. Giocarono con grandi motivazioni ottenendo, a livello caratteriale, un risultato ben più alto della vittoria conseguita sul campo”. Ma non è un’educazione a senso unico. “Anche ioammette Cialone - imparo molto da loro, anche dai più piccoli. Ho scoperto di essere più riflessivo, di avere più capacità di attenzione e accetto di cambiare le mie idee”. Le basi per ricostruire la squadra che riempiva lo stadio Fattori e che incuteva timore a qualsiasi avversaria ci sono tutte, insomma? “È un bel traguardo ma il nostro motto è ‘step by step’, solo con un passo alla volta e con modestia si possono realizzare i sogni più importanti”.

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