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monti Virunga, costati la vita a Diane Fossey, che con l’andar dell’età assumono, nell’ampia schiena, il color dell’argento. E il Madagascar ha scelto il Maki, uno dei tanti lemuri che popolano foreste sempre più minacciate.

Un giardino che offre le meraviglie della natura non è completo senza una parte che investa la botanica: la palma figiana, il fior di ciliegio giapponese, la felce delle piovose foreste neozelandesi, la protea andata ad affiancare la saltante springbok sulle maglie del Sudafrica, la rosa d’Inghilterra, il cardo scozzese, il trifoglio irlandese, la genziana slovena, la stella alpina svizzera, la quercia romena. Singolare: nessun paese africano ha scelto la forza pietrosa del baobab.

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C’è anche chi ha scelto pagine di storia. È il caso della Moldavia (haiduci, banditi-patrioti, proprio come gli hayduk croati), della Polonia (hussars, in onore di vecchie tradizioni cavalleresche e di una pagina di sfrenato coraggio nei primi giorni di guerra), dell’Ucraina che non poteva che rivolgersi alla saga sfrenata dei cosacchi.

quel che ne rimane…) del Kilimanjaro: sono i primi e molto parziali risultati di una scelta operata con le ali di un Pegaso compiacente.

Quel che spesso non appare nello stemma (non tutti sono capolavori grafici), affiora nei soprannomi che finiscono per formare uno zoo dalle ampie e complete sezioni: dai pachidermi alle scimmie antropomorfe, dagli ungulati di ogni zona geografica e dimensione ai felini (leoni, leopardi, giaguari: la tigre non c’è e rientra in qualche modo solo grazie ai Leicester Tigers…), dagli uccellini e dagli uccellacci spesso rapaci (aquile, aquile di mare, condor) ai predatori a quattro zampe. Vukovi, lupi, sono i giocatori del Montenegro. Di animale da cortile, solo il galletto francese, le coq. I tifosi del Mali incitano i loro ippopotami, gli ivoriani gli elefanti, gli andorrani gli stambecchi, gli austriaci i camosci, i rwandesi i silver back, i meravigliosi gorilla dei

Il coccodrillo del rugby giamaicano e l’elefantino dello Sri Lanka

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