Studi montefeltrani, n. 17 - 1993

Page 1

S O C I E T À - DI S T U D I S T O R I C I PER IL M O N T E F E L T R O S A N LEO

Studi montefeltrani 17 1 993


(

Indice Cristiano Cenoni

Nuove considerazioni su Santa Maria Assunta pieve di San Leo

7

Corrado Leonardi

L'azione politica di Clelia Salamoni nella devoluzione della contea Olivi (1571-1574)

25

Andrea Brisigotti

La formazione del borgo di Maceratafeltria tra Quattro e Cinquecento

51

Anno Melorio

Niccolò Berrettoni da Maceratafeltria (1637-1682) pittore nella Roma barocca

73

Giancarlo Renzi

Mestieri e quartieri nella città-fortezza del Sasso di Simone in una relazione del 1644

85

Girolamo Allegretti

Il rettorato di Sant'Agata dopo i Fregoso

113

Marco Battistelli

Coltivazione del riso e febbri malariche nella media valle del Marecchia tra Seicento e Ottocento

131


(

Cristiano Cerioni

Nuove considerazioni su Santa Maria Assunta pieve di San Leo


Studi (TIonlefeltroni

] 7, 1993

Una delle chiese più interessanti di tutte le Marche, e insieme una delle meno studiate (ma nel novero degli edifìci marchigiani dal destino storiografico analogo rientrano non pochi altri monumenti), è la pieve di San Leo. Eppure già nel '700 era stata oggetto di un'aspra contesa ^ che aveva coinvolto letterati pennesi e leontini a proposito dell'origine della diocesi feretrana. Come si sa alla fine del X V I secolo la sede episcopale fia trasferita da San Leo a Pennabilli. Questo suscitò la violenta riprovazione dei leontini, fino a provocare durante il X V I I I secolo lo scontro, dai toni spesso veementi, dei letterati delle due parti. L a polemica verteva attorno all'identificazione o meno della San Leo basso medievale con l'antica Montiferetron^ dei documenti altomedievali, sede della diocesi omonima. L a convinzione dei pennesi era che non coincidessero in alcun modo i due luoghi, anzi a loro parere la diocesi non aveva mai goduto di una sede fìssa; la tesi leontina, soprattutto con il Marini, vale a dire con colui che seppe mettere in campo una vis polemica non inferiore a quella della parte avversaria, sosteneva non solo che San Leo fosse fìn dall'inizio la sede della diocesi del Montefeltro, ma che addirittura risalisse al I V secolo ad opera del santo patrono. All'interno di questa contesa la pieve risultava, da una parte e dall'altra, una riprova delle contrapposte tesi; così il Calvi e lo Zucchi TravagU la datavano al I X secolo ^, in concomitanza con il ciborio, mentre a giudizio del Marini ^ essa era sorta con la diocesi, dunque al rv secolo. Nel periodo moderno la storiografìa ha seguitato ad esprimere pareri discordanti. I l Rivoira la ritenne del I X secolo, in quanto vi scorgeva un impianto architettonico arcaico che conservava ancora la

1

Gli attori principali di questa polemica, condotta sovente con argomentazioni velleitarie, sono, per la parte pennese, P.A. Calvi, Ad Pseudo Feretranum Apologeticon, Venetiis 1739, e G . B . Contareni, De Episcopatu Feretrano dissertatio, Venetiis 1739; a difendere le tesi opposte è G . B . Marini, interessante figura di illuminista e studioso di ben diversa caratura rispetto agli avversari, con i suoi Apologelimm Feretranum, Pisauri 1732, e Saggio di ragioni della dita di S.Leo detta già Moniefeliro, Pesaro 1758.

2

Questa è una delle tante varianti del termine con cui nell'alto medioevo veniva indicata San L e o e in seguito la diocesi del Montefeltro: A. Bartoiini, / vescovi del Montefeltro, Sogliano al Rubicone 1976, pp. 11-12. Calvi, Ad Pseudo cit. p.37; A . M . Zucchi Travagli, Animadversioni sulVApologetico feretrano e sul Saggio di ragioni per la città di S.Leo, Venezia 1762 (stampato ma non pubblicato, ms. consen'ato nell'Archivio Comunale di Pennabilli), pp. 300 sgg. I I Marini considera san Leo il primo vescovo montefeltrano; Saggio cil., pp. 96-97. G . T . Rivoira, origini dell'architettura lombarda, Milano 1908, p. 209.

3

4 5

C, Cerioni

Nuove considerazioni sullo pieve di San Leo

pianta basilicale latina; il Toesca ^ più tardi posticipò la datazione al I X X secolo, e la attribuì a maestranze lombarde in base alla decorazione esterna a lesene e archetu pensili; il Puig fu il primo ad assegnarla a dopo l'anno mille, riscontrandovi i caratteri della prima arte romanica; egU la poneva in rapporto con le chiese lombarde a copertura lignea, giudicandola del 1030 circa. Sempre del 1928 è lo studio del Calassi ^ dedicato alle chiese protoromaniche dell'esarcato. Egli datava al periodo altomedievale un certo numero di pievi che presentavano caratteri omogenei. Poiché a giudizio dell'autore la pieve di San Leo risaliva al I X secolo, entrava di diritto nel gruppo, anche se era ritenuta la meno antica. Nel 1929 uscì L'arte nelle Marche di L . Serra ^, che a tutt'oggi presenta lo studio più esauriente sull'architettura medievale nella regione. Rifacendosi in parte al Rivoira giudicò la pieve di San Leo del I X secolo, tranne l'interno che sarebbe stato rinnovato in epoca romanica. Bisogna dire che la datazione al I X secolo, così frequentata dalla gran parte della storiografìa (vi è da aggiungere tra gh altri il Prete il Marchini e 11 Cecchelli ^^) si spiega in gran parte con la presenza, all'interno della pieve, del ciborio datato air881-882. Purtroppo quest'opera è stata spesso considerata elemento di datazione di tutto l'edifìcio (o parte di esso) e ha impedito, in un certo senso, uno studio propriamente formale e anche storico, che non tenesse conto di conclusioni determinate a priori. L'Arslan nel 1954, si è trovato concorde con il Puig ( X I secolo), ma la sua era una brevissima annotazione, e non precisava i motivi di 6 7

8 9 10 U 12 13

P. Toesca, Stona dell'arte italiana. Il Medioexw, I, Torino 1927, p. 370. I n questo studio esistono alcune imprecisioni: ad esempio come sostegni sono indicate le colonne, anziché l'alternanza colonne-pilastri (ma fino al restauro av\'enuto sei anni dopo questa pubblicazione due colonne erano ancora murate all'interno di pilastri), e parla di archetti pensili nelle pareti laterali, archetti che invece ornano solo la parte absidale. Nonostante ciò non risulta invalidato il giudizio complessivo. T r a l'altro nella Géographie del 1935 si corresse riguardo alla decorazione delle pareti laterali, ma persistette nel non rilevare l'alternanza dei sostegni, elemento questo che come vedremo non è per nulla secondario nella valutazione deiredificio; J . Puig I Cadafalch, Le premier art roman, Paris 1928, p. 53; I d . , La Géographie et les origines du premier art roman, Paris 1935, pp. 178-197. G . Calassi, L'architettura protoromanica nell'esarcato, in supplemento I I I a "Felix Ravenna", 1928, pp. 65, 145, nota 24. L . Serra, L'arte nelle Marche, Pesaro 1929, p. 110. S. Prete, Montefeltro, diocesi di, in Enciclopedia Cattolica, V i l i , 1952, pp. 1357-1358. G . Marchini, in Marche, Milano 1965, p. 152. C . Cecchelli, Edifici paleocristiani e altomedievali nelle Marche, in Atti dell'Xf congresso di storia dell'architettura, Marche 6-13 settembre 1959, Roma 1965, p. 124. E . Arslan, Architettura dal 568 al 1000, in Storia di Milano, I I , Milano 1954, p. 594.


Studi montefeltroni

17, 1993

questa datazione. Negli stessi anni il Pacini distingueva il corpo delle navate ( I X sec.) dalla parte absidale ( X I sec.) Da alcuni anni, infine, si è cominciato a leggere la pieve con metodo più archeologico e a distinguere con più profitto tutti quegli elementi scultorei utilizzati nella chiesa che palesano un carattere di reimpiego, appartenendo a periodi differenti ed essendo inseriti nell'edifìcio in maniera disordinata. Così ha fatto il Lombardi (senza però trarne tutte le conseguenze) il quale ritiene la pieve di epoca romanica ma ipotizza, sulla scorta del materiale altomedievale riutilizzato, che nel I X secolo ne sorgesse un'altra probabilmente nella stessa area. T r a gli studiosi che si sono interessati della pieve in questi ultimi anni non si trovano proposte altrettanto significative, vuoi per un approccio metodologico discutibile vuoi perché rimaste a livello di citazione 14 15

16 17

17

R. Pacini, Monumenti del periodo romanico nelle Marche, in Atti dell'XI congresso cit., p. 149. F.V. Lombardi, / reperti altomedievali del duomo e delle pievi del Montefeltro come fonti per la storia locale, in "Atti e Memorie" della Deputazione di storia patria per le Marche, 86 ( 1981 ) . Atti del convegno Istituzioni e Società nell'alto medioevo marchigiano, voi. I , Ancona 1983, pp. 434-435. E . Pellegrini, S.Leo scalpellino del Signore e la sua pieve, Torino 1961, tuttavia interessanti per le numerose rilevazioni della chiesa in pianta e in alzato. L . Tonini, Valori architettonici del duomo di S.Leo, in "Studi Montefeltrani", 1, 1971,

C . Cerioni

In sostanza sono mancati, con la sola eccezione del Puig, studi che, attraverso un esame architettonico e storico insieme, cercassero di collocare la chiesa in un contesto storico-artistico meglio caratterizzato. Essa, come si è visto, è stata datata generalmente al I X e a l l ' X I secolo; è stata considerata di volta in volta espressione dell'architettura preromanica lombarda o esempio del primo romanico che fìn dal X secolo ha coinvolto in primo luogo i territori catalani, borgognoni e lombardi. L a pieve è una chiesa a pianta basilicale senza transetto, a tre navate, con un coro molto rialzato (ma la parte presbiteriale è stata notevolmente restaurata) sotto cui si trova la cripta. L a chiesa, in pietra arenaria, è costruita su uno sperone roccioso: la parte centrale vi poggia direttamente sopra, mentre ad est e ad ovest il dislivello è colmato dalla muratura della chiesa stessa, sicché la cripta viene a trovarsi quasi al livello della strada, mentre quello delle navate è molto più alto. L a copertura è in legno con travi in vista, a doppio spiovente nella navata centrale, a spiovente unico in quelle laterali, che sono più basse. Come nel caso del vicino duomo, la facciata ovest non è mai stata provvista di entrata, poiché anche in questo caso dà su un dirupo che ne impedisce l'agibihtà, e si é provveduto fin dall'origine a fornire

18

Piiiina di Santa Maria Assunta di San Leo (da Pellegrini)

Nuove considerazioni sulla pieve di San Leo

p. 35; A . Flenghi, S.Leo l'antica Montefeltro, pp. 11-15, che la datano al I X secolo; L . Dominici, La Regale S.Leo, San Leo 1979, pp. 100-102, che la ridene romanica; G . Gardelli, Di una pietra e della sua transizione attributiva dalla preistoria all'età preromanica, in "Studi montefeltrani", 11, 1984, che la giudica protoromanica. 1 primi restauri sulla pieve di cui siamo a conoscenza sono avvenuti attorno al 1580, e ce ne dà notizia per primo l'Olivieri, i l quale dice genericamente che furono rinnovate le pareti dell'interno. Se ciò sia da interpretare come una semplice intonacatura {grazie al Lazzarini siamo infatti a conoscenza che nel '700 la chiesa era ricoperta di intonaco), o qualcosa dì più impegnativo, non ci è dato sapere con precisione. Tuttavia è presumibile che gran parte delle modifiche, di cui venne fatta oggetto la pieve e che ancora si presentavano durante i restauri del 1934, risalissero a quella data. Infatd sappiamo dalle descrizioni del Lazzarini e del Marini (dunque a metà '700) che la cripta (a cui si accedeva dalla navata centrale) era completamente interrata, che due delle sei colonne (la terza della fila di destra e la quarta della fila sinistra) erano murate all'interno di pilastri, e che la copertura della navata centrale era cosdtuita da una volta a botte (poi sosdtuita nel 1934 da una più perdnente travatura a vista). L'intervento del 1580 è stato dunque suggerito da problemi sia di stabilità che di estedca; O . Olivieri, Monimenta Feretrana, (1644 e ) , a cura di I . Pascucci, San Leo 1981, p. 110; G.A. Lazzarini, Lettera scritta nel mese di maggio dell'anno 1757, al nobilissimo ed eruditissimo sig. Annibale degli Abati Olivieri, patrizio di Pesaro da Giovanni Andrea Lazzarini pesarese, in Marini, Saggio cit. pp. 306-7; ibid., p. 98; per nodzie relative al restauro: E . Gardelli, La pieve di S.Leo, in "Rassegna Marchigiana", 1934, pp. 34-48.


studi montefeltrani

17, 1993

l'edificio di una entrata laterale; nel caso della pieve le entrate sono due, una situata a nord, l'altra a sud, quasi frontali. I sostegni della navata centrale sono estremamente significativi: pilastri e colonne sono alternate secondo un ritmo preciso. Partendo dal coro verso ovest, infatti, si ha una coppia di colonne, una di pilastri, poi due coppie di colonne e due di pilastri. I n tutto dividono la chiesa in sette campate, una delle quah appartiene al presbiterio; qui si trova il bel ciborio, che solo da poco tempo è stato ricomposto. L a cripta è stata ricostruita integralmente durante il restauro degli anni trenta, per cui risulta di poco interesse. Tuttavia si sono conservate le due antiche rampe di scalini, ricavate nella roccia, che dalle due navate danno accesso alla cripta. L'interno riceve luce solo dai lati est ed ovest, poiché né la navata centrale né quelle laterali hanno finestre: sono così le tre monofore delle absidi e la bifora della pseudofacciata ad illuminare la chiesa. All'estremità ovest, sotto il livello delle navate, è stato ricavato un ambiente, una sorta di seconda cripta, dove secondo la tradizione si sarebbe trovato l'antico sacello di san Leo. Esso è composto da un'unica sala, che attualmente è accessibile dall'esterno della chiesa all'estremità del lato nord, e fino a poco tempo fa anche dall'interno tramite scale che scendevano dalla navata sud. Sulla funzione di tale luogo non è stata ancora data una spiegazione. L'esterno offre a sua volta diversi motivi d'interesse. L a parte che indubbiamente risulta più ricca è quella absidale. Tutte e tre le absidi sono ornate da archetti pensili intervallati ogni tre da lesene che non scendono fino a terra, ma che si interrompono pressappoco all'altezza del piano delle navate; la stessa cosa avviene nelle pareti esterne delle navate laterali. Queste ultime hanno però una decorazione differente essendo scandite uniformemente da lesene senza archetti pensih mentre nella navata centrale non è presente alcun tipo di ornamento. L e uniche note "coloristiche" sono rappresentate, sia a nord che a sud, dalle pseudologgette a due archi sopra le porte d'entrata, composti da pietre bianche e rosse alternate; taU archi poggiano al centro su una colonnina ottagonale che regge un capitello cubico. Come ho già ricordato, l'unico a dare alla pieve una collocazione culturale convincente è stato il Puig (egli la datava al lOSO circa a motivo della decorazione absidale e delle pareti). Ora prendendo le mosse proprio dai fondamentali risultati dello studioso catalano, attraverso una lettura in parte nuova di alcuni elementi che caratterizzano il linguaggio architettonico dell'edificio e assieme ad una rinnovata attenzione verso i fatti storici che hanno interessato il territorio del Montefeltro, ritengo che si riesca a "motivare", in maniera convìncente

C . Cerioni

Nuove considerazioni sullo pieve di S a n Leo

e sostanzialmente inedita, una chiesa così de contestualizzata come ancora risulta essere la pieve. Anzitutto esaminiamo quegh elemend che confermano l'appartenenza della chiesa al periodo romanico. Quello più evidente è costituito dalle tre absidi, ornate da lesene e archetti pensili. Si sa che questo tipo di decorazione compare all'inizio del periodo romanico ^^: i primi tempi, attorno alla fine del X e agh inizi dell'XI secolo, esso si manifesta in forme ancora rozze, con peducci molto larghi, e in cui spesso le lesene si alternano ad archetti in gruppi di due; attorno al secondo quarto d e l l ' X I secolo acquistano una forma più agile ed elegante, i peducci diventano più stretti, gli archetti tra una lesena e l'altra non sono più due ma generalmente -tre e a volte di più. L e absidi della pieve di San Leo appartengono a questa seconda fase: archetti ben disegnati, peducci stretti e non troppo lunghi. Ciò dimostra che almeno la parte absidale non è anteriore al secondo decennio dell'XI secolo. U n a tale datazione è confermata dalle monofore delle absidi a doppio strombo, le quali non si ritrovano nel I X secolo (quello presunto da molti per la costruzione della chiesa), e che invece compaiono con frequenza d a i r X I secolo; la sezione di queste finestre inoltre è molto simile a 19

E . Arslan, L'architettura romanica milanese, in Storia di Milano, I V , 1954, pp. 417-420.

Sezione di Santa Maria Assunta (da Pellegrini).


Studi montefeltrani

17, 1 9 9 3

quelle della chiesa di Agliate, che per tale motivo fu datata dall'Arslan^" alla metà dell'XI secolo. In ogni caso non credo che possa essere accettata neanche la proposta di qualche studioso, secondo cui tutta la parte absidale sarebbe il risultato di un rinnovamento romanico della chiesa altomedievale, e questo per più di un motivo: 1) anzitutto l'esame delle pareti, sia interne che esterne, presenta una sostanziale omogeneità nella struttura muraria, e attesta che l'edifìcio è da ricondurre ad un unico momento; 2) come vado a dimostrare sotto, anche i sostegni interni nella loro disposizione testimoniano a favore dell'XI secolo (o al limite della fine del X secolo); ultimo, ma ugualmente signifìcativo, è il carattere di reimpiego che si riscontra in due capitellini del I X secolo posti sopra le due entrate: essi non furono scolpiti per essere posti lì, poiché altri due uguali, con i quali sorreggevano probabilmente un altare o un ciborio, sono stati rintracciati da poco. Ciò dimostra che la pieve fu costruita dopo Ora l'elemento linguistico più interessante, quello che discrimina maggiormente la chiesa, e del quale finora non si è mai tenuto conto, è senz'altro la particolare alternanza dei sostegni ^3. Ho accennato in nota all'errore del Puig, che in un primo tempo aveva classificato la chiesa come basihca a colonne e poi a pilastri, fuorviato evidentemente dal fatto che fino al restauro del 1934 due colonne si trovassero ancora murate all'interno dei pilastri. Proprio il restauro rivelò invece il particolare ritmo determinato da una alternanza colonna/pilastro del tìpo A-B-A-A-B-B (considerando A il pilastro e B la colonna) e che collocava l'edificio in un ambito culturale insospettato. Come ben si sa, fu nell'architettura che si espresse nelle regioni germaniche dell'Impero a cavallo tra il X e l ' X I secolo, (che per questo motivo."prende il nome di architettura ottoniana ^'*), che si trovano di norma impiegati, come sostegni, pilastri e colonne secondo precise alternanze. Le due 20 21 22 23

Ibidem, pp. 414-415. Serra, L'arte cit., p. 42; Pacini, Monumenti cit., p. 149. • ' Lombardi, / reperti cit. L'unico ad aver ravvisato la singolarità dell'alternanza dei sostegni è stato il Pellegrini, nonostante ne abbia offerto una motivazione alquanto bizzarra: a suo parere le due coppie di colonne della navata sarebbero state impiegate perché in quel tratto la chiesa poggia direttamente sulla roccia, mentre ì pilastri avrebbero avuto la funzione di puntellare la chiesa nei punti più instabili; Pellegrini, San Leo cit. p. 13.

24

U n o studio essenziale, che visiona tutto i l campo dell'architettura ottoniana, è quello di L . Grodecki, L'architecture ottonienne, Paris 1958; per i territori mosani e renani è fondamentale H . E . Kubach-A. Verbeek, Romanische Baukunst an Rhein und Maas, Berìin 1976.

C . Cerioni

Nuove considerazioni sullo pieve di San Leo

più diffuse furono la renana (la cui alternanza è schematizzabile in AB-A-B-A-B), e quella sassone, detta anche dattilica (A-B-B-A-B-B-A). Questi due tipi di alternanza furono adottate nelle chiese che più di altre dovevano interpretare il programma di renovatio imperiale dell'arte ottoniana, e questo molto probabilmente perché dividevano lo spazio della chiesa in una maniera che era sentita più classica: entrambe erano impiegate in modo da ricavare quegli spazi modulari ^5 che sono la chiave di lettura di testi fondamentali come il San Michele di Hildeseim o la chiesa abaziale di Susteren. Anche se l'alternanza dei pilastri della pieve non è simile al dpo renano né a quello sassone, e neanche a qualche altro tipo di alternanza ottoniana, è innegabile che appartenga allo stesso codice architettonico. Questo si intende meglio se si pensa che il ritmo creato dall'alternanza dei sostegni non aveva solo una ragione estetica, ma contemporaneamente era destinato, in diversi casi, ad indicare la divisione degli spazi liturgici interni alla chiesa. Occorre a questo punto aprire una parentesi su come erano definiti gli spazi architettonici in funzione liturgica all'interno degli edifici religiosi nel Medioevo. Come si sa, fin dalla nascita della basihca paleocristiana, nello spazio architettonico e allo stesso tempo cosmologico che essa definiva erano comprese zone con valenze Uturgiche differenti che anche fisicamente venivano distinte. A voler semplificare, questi spazi erano principalmente due: quello più sacro del coro, in cui si compiva ad ogni celebrazione il mistero dell'Eucarestia e dove i fedeU non avevano accesso, e quello più profano delle navate, dove i laici stazionavano durante tutta o parte della celebrazione, e in cui purtuttavia avevano luogo alcune fasi della liturgia. L a navata centrale rappresentava il luogo in cui questi due corpi si incontravano pur senza fondersi, poiché il limite era sempre ben definito In epoca carolingia il coro delle grandi abazie si estendeva per gran 25 26

C. Heitz, Mathématique et architecture..., in Musica e arti figurativa nei secoli X-XII, T o d i 1973, pp. 169-93 e bibliografia inclusa. Generalmente in Italia la divisione degli spazi era garantita da plutei oppure, nelle regioni più bizantineggiand, da iconostasi. Essi avevano anche la funzione di isolare visivamente i l coro al momento della liturgia eucaristica tramite dei tendaggi. Nella chiesa di Santa Maria a San Leo tale divisione era garandta, nel I X secolo, da plutei, uno dei quali, riferibile a mio parere proprio alla pieve, è ancora conservato al museo della Rocca, mentre nella nuova chiesa d e l l ' X I secolo si provvide a rialzare il coro {e i plutei più antichi vi furono forse reimpiegati); E . Cattaneo, La partecipazione dei laici alla liturgia, in / laici nalla Societas Christiana dei secoli XJ e XII, Milano 1968, pp. 397-427; J . Hubert, La place faite aux laics dans les églises monastiques et dans les cathédrales aux XI et XII siècles, in / laici cit., pp. 471487.


Studi montefellroni

17, 1 9 9 3

parte della navata mediana; nel punto di incontro tra navata e coro era di norma posizionato l'Altare della Croce, statio centrale della chiesa che, da quanto si osserva nella pianta di San Gallo, si trova collocato a circa un terzo della navata centrale (in questo caso all'altezza della quarta fila di colonne partendo da est). Nella chiesa abaziale di Centula al coro è riservato uno spazio equivalente a quello di San Gallo. Ma già nella seconda metà del I X secolo, un secolo dopo i maggiori esempi carolingi, l'architettura si adatta a nuove esigenze liturgiche: gli altari, che fìno ad allora segnavano le tappe di un simbolico iter sacro attraverso tutta la chiesa, ora tendono a radunarsi nel coro orientale (per esempio a Flavigny); a questo consegue una più complessa strutturazione del settore presbiteriale, e l'apparire con sempre più frequenza del transetto. Si addiviene quindi ad una suddivisione degli spazi che non è più quella carolingia, anche se ancora alla fme del X secolo, a Cluny, il presbiterio si protrae di molto verso la navata centrale D i lì a poco, tuttavia, i l coro è destinato a "ritirarsi", per così dire, dalla navata, pur senza abbandonarla quasi mai del tutto.

C , Cerioni

nella chiesa del S. Salvatore secondo la pianta di Effmann i l coro era contrassegnato da una coppia di pilastri, mentre nelle navate veniva adottata un'alternanza sassone. A d Aime lo schema è A-B-A-A-A, possiede cioè un sistema di supporti omogeneo tranne che in prossimità del coro dove una coppia di colonne sembra individuare il punto dove probabilmente in origine si estendeva lo spazio che liturgicamente ~ faceva parte del presbiterio. T r a le chiese con transetto troviamo soluzioni simili con minor i frequenza. A Lobbes, dove esiste un doppio transetto, il presbiterio ad est si estendeva per u n terzo della navata centrale, evidenziato dai supporti: l'alternanza renana è confermata, ma lo spazio tra colonna e pilastro si è dimezzato a forma^re una loggetta. A Gandersheim si trova una alternanza il cui schema è A-B-A-B-B-A-B-B-A; anche in questo caso un mutamento di ritmo nei sostegni segnalava probabilmente che il

Ora nel prendere in considerazione alcuni edifìci ottoniani senza transetto si vede che in prossimità del settore presbiteriale i l ritmo dell'alternanza, generalmente omogeneo nel corpo delle navate, subisce una variazione: a Helmstedt, per esempio, ad una alternanza di tipo sassone si sostituiva, presso il coro, una teoria di pilastri. A Werden,

27

Hubert, Laplace cit., p. 477 sg; C. Heitz, Architecture et liturgieprocessionelle à l'epoque preromane, in "Revue de l'art", 1974, 24, pp. 30-47.

Pianta della chiesa di Hcmstedt (da Grodecki)

Nuove considerazioni sulla pieve di S a n Leo

Pianta della chiesa di Lobbes {da Grodecki)


Studi montefeltrani

17, 1993

coro si prolungava di una campata verso la navata centrale Anche a San Leo gh spazi hturgici erano segnad nella stessa maniera: la doppia coppia di pilastri e colonne determinavano il corpo della navata centrale che durante le celebrazioni era destinata ai laici, mentre il coro doveva probabilmente estendersi di un'altra campata, contrariamente a quanto si è fm qui ritenuto e alla soluzione adottata in sede di restauro. Una ipotesi analoga l'aveva già formulata il CardeUi nel descrivere le operazioni di restauro del 1934 Costui, pur commettendo diversi errori di valutazione storico-artistica, osservò che gli angoli che davano verso il coro dei pilastri est della pieve erano rovinati fmo ad una altezza che doveva coincidere con quella del pavimento del coro. Da ciò aveva dedotto che quest'ultimo avesse dovuto protrarsi di due campate verso la navata centrale. Purtroppo non furono scattate foto significative durante il restauro, e dagli scrittori del passato non abbiamo descrizioni del settore presbiteriale. Una simile situazione è da riferire comunque alla chiesa dell'XI secolo; riguardo all'edificio precedente (che ritengo dell'VIII e non del I X secolo) poco si può dire, almeno fino a che non si prowederà a svolgere ricerche archeologiche approfondite. Ora occorre però storicizzare la presenza di una influenza germanica così accentuata nel territorio del Montefeltro, e questa volta i testi, architettonici e d'archivio, ci danno una mano. Ravenna era pohticamente sotto il controllo imperiale fin dal I X secolo. F i n dall'VIII secolo le diocesi confinanti con l'esarcato dovettero fare i conti con le mire espansionistiche della arcidiocesi ravennate, attuate attraverso vere e proprie scorrerie (significativo è il sinodo romano indetto da Niccolò I , durante il quale venne scomunicato l'arcivescovo di Ravenna Giovanni proprio perché attraversava le vicine diocesi con un esercito di 500 uomini deponendo sacerdoti ostili e incamerando beni appartenenti al 28

29

I n Italia non sono numerose le chiese che alternano i pilastri alle colonne secondo ritmi precisi. T r a queste una delle prime è quella di San Miniato presso Firenze, e l'alternanza è del tipo A-B-B-B-A-B-B-A, allo stesso modo della versione romanica della cattedrale di Padova {che tuttavia è molto più tarda). Per entrambe è presumibile una originaria "paternità" germanica. V i è poi un altro tipo di alternanza diffuso in area germanica ma anche nell'architettura francesecluniacense, il cui schema è B-B-B-A-B~B~B, che in Italia sì ritrova nell'abazia di Sant'Antimo e nella chiesa romanica di Polirone (forse anche in quella bonifaciana della prima metà d e l l ' X I secolo); G . Bresciani Alvarez, La cattedrale, in A a . w . , Padova, basiliche e chiese, I , Vicenza 1975, pp. 77-100; P. Piva, Da Cluny a Polirone, San Benedetto Po 1980, pp. 31 sg. e bibliografia inclusa. CardeUi, La pieve cit., p. 44.

C . Cerioni

Nuove considerazioni sulla pieve di San Leo

Papato) e anche tramite la produzione di falsi documenti tendenti a dare credito giuridico alle pretese di annessione delle vicine diocesi. Rientra quasi sicuramente in questo disegno il documento del 787 prodotto nell'ambito della curia ravennate, da cui risulterebbe che la diocesi montefeltrana si trovava a quel tempo già sottoposta alla diretta autorità di Ravenna Nella seconda metà del X secolo la Chiesa di Roma è quasi una espressione del potere imperiale, e in un brevissimo volgere di anni anche la diocesi montefeltrana cade formalmente nell'orbita ravennate e imperiale: nel 996 venne eletto al soglio pontifìcio, con il nome di Gregorio V, Brunone di Carinzia, primo papa germanico del Medioevo, che visse solo fìno al 999, ma che ebbe il tempo di concedere la giurisdizione del Montefeltro a Ravenna l'anno seguente la sua elezione L'Imperatore confermò la vahdità dell'atto nel 999. Dobbiamo quindi ravvisare in questa importante serie di avvenimenti la data di nascita della diretta influenza imperiale sulla diocesi feretrana. Essa durò, formalmente, fino al 1050, anno in cui il papa Leone I X scomunicò Unfrido, arcivescovo di Ravenna togliendogli la giurisdizione sul Montefeltro in quanto aveva tentato di impadronirsi dei beni che vi possedeva il Papato. Questo atto può leggersi come conseguenza dell'azione riformatrice che di lì a poco avrebbe preso corpo all'interno di una parte della Chiesa, ed era ovviamente diretto contro il potere imperiale Tuttavia la diocesi montefeltrana, benché tornata sotto Roma, seguitò nella persona dei suoi rappresentanti ecclesiasdci a restare sotto la diretta influenza ravennate e dunque imperiale almeno fino al 1074, anno di morte del vescovo Landolfo (1053-1074), del quale sappiamo che aderì allo scisma del futuro antipapa Guiberto Alla morte di Landolfo il clero feretrano non dovette dare a Gregorio V I I • 30 31

32 33 34

35

F . Ughelli, Italia Sacra. Leopolitani, sive Feretrani Episcopi, I I , Venetiis 1717, col. 884; Olivieri, Monimenta cit., pp. 109, 163 n. 35; Bartoiini, I vescovi cit., pp. 13-14. Bullarium Romanum, t. I , Roma 1739, p. 997; S. Bernicoli, Documenti dell'Archivio Storico di Ravenna anteriori al sec. XII, in Supplemento 1/2 a "Felix Ravenna"; F.V. Lombardi, Il Montefeltro nell'alto Medioevo. Congetture sull'origine della diocesi, in "Studi montefeltrani", 2, 1973, p. 39. H . Rubei, Hisloriarum Flavennatum, Venetiis 1599, p. 272; Bartoiini, I vescovi cit., p. 18. P.F. Kher, Italia Pontificia, V I , 53, Berolini 1909, n. 171. 11 papa Leone I X fu nominato dall'imperatore come molti altri nel corso del X e d e l l ' X I secolo (d'altronde si ricordi che il Privilegium Othonis aveva sancito che nessun papa poteva essere eletto al soglio pontificio senza i l consenso imperiale); malgrado ciò molti pontefici, forse senza immaginarne le conseguenze, assecondarono la riforma. Contareni, De Episcopatu cit., p. 101.


Studi montefeltrani

17, 1993

maggiori garanzie di fedeltà, se è vero che quest'ultimo ritenne necessario inviare a San Leo due legati pontifici uno dei quali, Gebizone, resse la diocesi per più di vent'anni Per quanto riguarda l'architettura, gli indizi di possibili influenze ottoniane nel territorio ravennate sono altrettanto evidenti. E ' in ogni caso partendo dallo studio del Verzone che le ricerche dovrebbero essere condotte nell'esarcato, perchè è evidente che è proprio alla Ravenna "imperiale" che fa storicamente riferimento la pieve. Une dei primi ad interessarsi dell'architettura nell'esarcato è stato il Galassi con i l suo studio del 1928 già menzionato. Egli aveva preso in esame un gruppo di pievi che presentava elementi formali comuni e che giudicava, anche sulla base di testimonianze documentarie per la verità non decisive, di epoca altomedievale. T r a le altre il Galassi prendeva in esame la pieve di San Leo, per la quale rilevava chiari rapporti con la pieve del Thò e con San Pietro in Trento Qualche anno dopo il Verzone, nel prendere in considerazione lo stesso gruppo di pievi, concordava nel ritenerlo sostanzialmente omogeneo, ma rigettava la tesi altomedievale per una più opportuna datazione al primo periodo romanico, dalla pieve di Sant'Agata, che egli riteneva del primo quarto d e l l ' X I secolo, fino alla pieve del Thò, da lui datata al I I 0 0 circa. Poco interessante invece lo scritto del Mazzotti che opta per la tesi Galassi. Da questa rapida rassegna sì possono ricavare elementi utili per leggere in parte la prima architettura romanica nell'esarcato alla luce della situazione storica del tempo. Influenze ottoniane sono sospettabili in alcune pievi come San Pietro in Silvis a Bagnacavallo (datata dal Verzone al 1025-1050), Santa Maria in Porto Fuori, o la pieve di Godo, dove in prossimità del coro le colonne si sostituiscono ai pilastri. Un'altra chiesa che meriterebbe approfondimenti in questa direzione è quella di San Decenzio a Pesaro. D i origine paleocristiana, era ritenuta un tempo l'antica cattedrale. L a pianta del Passeri trascritta 36 37 38

39 40

Regesta Chartarum Italiae, Regesto di Camaldoli, I I , Roma 1907, p. 10, n. 887; Bartoiini, / vescovi cit., pp. 23-24. P. Verzone, L'architettura dell'XI secolo nell'esarcato, in "Palladio", 1940, pp. 97-112. Galassi, L'architettura cit., pp. 65, 145, e nota 24; tuttavia, una volta dimostrato che la pieve di San L e o è romanica, le osservazioni del Galassi contribuiscono ad assegnare allo stesso periodo almeno queste due chiese. M. Mazzotti, Le pievi ravennati, Ravenna 1975. I I Passeri studiò i resti della chiesa prima che fosse ricostruita dal Lazzarini; G . B . Passeri, Antiquitates variae, voi. X X X I I , ms. 239 della Biblioteca Oliveriana, Pesaro; la pianta, non i n scala, è stata pubblicata in G . Bresciani Alvarez, La chiesa di S.

C. Cerioni

Nuove considerazioni sullo pieve di Son Leo

durante le trasformazioni del X V I I I secolo rivela una "versione" chiaramente ottoniana: l'alternanza dei sostegni esattamente uguale a quella di Gandersheim (ricostruita tra i l 1063 e il 1094 su una più antica fondazione che probabilmente adottava lo stesso sistema di sostegni), il coro largo e profondo come si ritrova spesso nelle chiese ottoniane, sono elementi molto eloquenti in tal senso Tutto questo può essere assunto a quadro esauriente per la pieve di San Leo, la quale vi si inserisce pienamente, e anzi ne risulta i l testo

41

Decenzio a Pesaro in alcuni scritti inediti dell'archeologo Giambattista Passeri, in Atti dell'XI congresso cit., pp. 125-134. Non è escluso che i l coro molto ampio appartenga alla chiesa paleocristiana, e che sia stato conservato almeno nellfe dimensioni dalle trasformazioni romaniche. T r a l'altro la cripta della chiesa conteneva affreschi che sono in gran parte spariti, ma di cui rimane u n lacerto conservato nei Musei Civici di Pesaro, dove sono raffigurati l'imperatore Costantino con i santi Decenzio e Terenzio; i l Lazzarini ha lasciato delle copie di altre parti andate distrutte. Questi dipinti sono stati attribuiti a varie epoche: Zampetti li data al I X secolo, il Serra al X - X I , il V a n Marie e la Farioli Campanati a l l ' X I . Anche se i dipinti non assicurano che la chiesa sia contemporanea, tuttavia se confermati all'epoca romanica costituirebbero un elemento a favore di una fase ottoniana della chiesa; R. V a n Marie, The development ofitalian Schools of painting, L ' A j a 1923, p. 561; Serra, L'arte c i t , p. 149; R. Farioli Campanati, Il duomo di Pesaro fra tarda antichità e medioevo, in "Studia Oliveriana", n. s., I I - I I I , Pesaro 1986, p. 138, nota 23; P. Zampetd, Pittura nelle Marche, 1, Firenze 1988, p. 37, nota 10.

Pianta di San Decenzio di Pesaro (da Passeri).


Studi montefeltrani

17, 1993

meglio conservato; essa appare una testimonianza evidente dell'influenza imperiale, espressa come spesso accade, anche con gli strumenti dell'arte. L a pieve può dunque collocarsi tra il 997, anno in cui la giurisdizione sul Montefeltro passa a Ravenna, fmo al 1074, anno della morte di Landolfo. Escludendo i primi tre decenni dell'XI secolo in quanto certi elementi formali apparirebbero troppo precoci, restano due possibili committenti da tenere in considerazione: Arduino, vescovo montefeltrano di cui si hanno notizie dal 1015 al 1044, oppure Landolfo, che di Arduino fu molto probabilmente il diretto successore attorno alla metà del secolo. Personalmente propendo per la prima ipotesi, sia per motivi formali, sia perché Landolfo non sembra aver prestato particolare attenzione alla propria comunità, come sembra attestare la lettera indirizzata da Gregorio V I I al clero feretrano alla morte di Landolfo. Essa recita: "attentius Deo preces effundimus, quoniam in retroacds temporibus non satis vigilantem vobis pastorem praefuisse cognovimus" Chiaramente il rimprovero ha un senso polemico e religioso, ma sta altresì a dimostrare del disinteresse generale di Landolfo verso la diocesi, ed esclude che abbia potuto e voluto farsi carico della costruzione di una nuova chiesa. L'ipotesi Arduino è invece più plausibile: egU era sicuramente assoggettato al partito imperiale, ma allo stesso tempo aveva buoni rappord con Roma, tanto da rappresentare il papa in occasione della consegna della pieve di Bagno al vescovo di Sarsina Uberto Tempi certo molto più propizi per intraprendere lavori architettonici di un certo impegno. Inoltre se la pieve fosse stata costruita da uno scismatico, molto probabilmente avrebbe subito in seguito, come quasi sempre è avvenuto altrove, delle trasformazioni, se non addirittura una completa ricostruzione. Dunque la pieve di San Leo come oggi ci si presenta è una costruzione risalente al quarto-quinto decennio circa d e l l ' X I secolo

42 43 44

A r c h . Vat., Rfg. Val., t. 2, Gregorius V I I , fol. 7 l r ; Contareni, De Episcopatu cit., pp. 101 sg., Bartoiini, / vescovi cit., p. 23. Bartoiini, / vescovi cit., p. 19. Sia qui detto per inciso che Santa Maria Assunta diventa pieve probabilmente non prima del X I I I secolo. Sicuramente non lo è n e l l ' X l secolo e almeno fmo al 1125, anno in cui papa Onorio l i indirizzò a Pietro vescovo dì San Leo la bolla dove elencava tutte e 17 le pievi del Montefeltro, senza fare menzione di Santa Maria Assunta. Questo perché era, almeno fmo alla fme d e l l ' X I secolo, chiesa cattedrale. Essa formava, accanto alla chiesa che precedeva l'attuale duomo, e sulla cui esistenza non sembrano esistere più dubbi, la cattedrale doppia di San Leo, di orìgine altomedievale, e di cui Santa Maria era probabilmente la chiesa della domus episcopalis; questa n e l l ' X l secolo era la chiesa più importante, tanto da meritare

C. Cerioni

Nuove considerazioni sullo pieve di San Leo

Essa, riunendo linguaggi architettonici non omogenei, tesdmonia dell'incontro avvenuto tra maestranze di dpo "lombardo" e una committenza sensibile a certe modalità dell'arte germanica, ben spiegabile data la situazione polidca, ed aiuta a fare im po' più di luce sulla ancora poco conosciuta storia religiosa e sociale del Montefeltro medievale. la ricostruzione. I n ogni caso l'argomento sarà oggetto di uno studio di imminente Stesura. Per una rassegna critica della storiografia riguardante la cattedrale doppia, vedere P. Piva, La cattedrale doppia. Una tipologia architettonica e liturgica del Medioevo, Bologna 1990, in cui viene anche data una nuova lettura, in chiave preminentemente liturgica, della doppia (a p. 106 viene considerato tale anche l'esempio di San L e o ) .


I

Corrado Leonardi

L'azione politica di Clelia Salamoni nella devoluzione della contea Olivi (1571-1574)


Studi montefelirani

17, 1993

M i e r a stato proposto i n i z i a l m e n t e u n tema che aveva per titolo: L a politica religiosa dei conti O l i v i ; u n tema che, poi, si confondeva c o n la poUtica ecclesiastica dei signori d i P i a g n a n o e d i P i a n d i m e l e t o . Sapevo d i poter contare per l a r i c e r c a sui fondi archivistici urbaniesi, dove avrei potuto trovare notizie nuove e d i p r i m a m a n o . Così è avvenuto. M a per r e n d e r e questi atti di p i ù ampio esame, ho creduto centrare i l m i o intervento sulla vedova d i C a r l o I I O l i v i ( C l e l i a de S a l a m o n i b u s ) , p e r c h é attraverso l a politica tessuta d a questa intelligente e volitiva signora dei S a l a m o n i o S a l o m o n i d i R o m a è possibile compiere u n a retrospettiva generale d e l l a p o l i t i c a religiosa e d ecclesiastica degli O l i v i . N e l l a contea degli O l i v i r o g a r o n o tre notai d i Casteldurante, i c u i atd sono conservati n e l l ' a r c h i v i o d i U r b a n i a : C i p r i a n o Piccolpasso dal 1498 al 1510; G e r o l a m o S c i a c h i n i , che e s e r c i t ò anche l'ufficio d i capitano d i P i a n d i m e l e t o d a l 1541 al 1544; Benedetto P e r u s i n i , che e s e r c i t ò a n c h e a M a c e r a t a F e l t r i a , n e l 1 5 7 1 . H o letto quegH atti e posso affermare che sono preziosissimi per conoscere l a storia degh O l i v i , dei loro casteHi (si p u ò ricostruire lo stato originale e l'uso degU edifici del palazzo comitale d i Piandimeleto, d i Piagnano, d i Petrella, di Montedolio, ad e s e m p i o ) ; d i u n f e n o m e n o emigratorio (che m e r i t a d i essere approfondito e spiegato) agli i n i z i d e l sec. X V I d a P i a n d i m e l e t o a L u n a n o dove, appunto, n e l d e c e n n i o p r i m o è ricordato i l "Borgo N u o v o " d i L u n a n o ; degli u o m i n i d ' a r m e degli O l i v i , d e i maestri d i palazzo, d i personaggi storici ( n o n m a n c a u n atto riguardante Evangelista J o h a n n i s Andreae pictor, del 1 ottobre 1509 2; u n a r i c c h e z z a d i 1

2

Urbania, Archivio notarile (in seguito U a n ) , G . Sciachini, 76, n. 3, 18 dicembre 1541. Michele di Francesco Pilingotto da San Sisto ha licenza di vendere casa "Hieronymo Sciachino notano [...] et capitaneo castri Plani Meleti p r ò illustribus comitibus dicti castri". Uan, C. Piccolpasso, 41, n. 6, c. 398r-v, 1 ottobre 1509; "Actum in castro Planimiled in domibus magnifìcorum dominorum comitum de Planano sitis iuxta sua notissima latera et presentibus Dominico alias el Bolognese da lamana Cristofori de Bononia (c'è un suo atto a c. 398 e cfr. n. 2) habit. Planimeieti et Jacomo quondam Caroli de Planomeleti familiari magnifìcorum dominorum comitum, tesdbus. De lite questione et causa vertente inter magistrum Vangelistam Johannis Andreae pictor [sic] de Planomeleto parte una, et Antonium Johannini de eodem loco tam suo proprio nomine quam vice et nomine dopne Caterine eius matris". L a lite è per una certa quantità di denari. Sono eletti per il compromesso di laudemio "providos viros Lansilagum Francisci et Perpaulum ser Joannis omnes de Planomeleti", sotto pena di 10 ducati d'oro da applicarsi per m e t à alla camera comitale e l'altra per il risarcimento danni. U n altro atto "presente mastro Vangelista di Andrea pittore d'Urbino" del 1 febbraio 1532 si trova nella perg. n. 123 del Capitolo Catt. Urbino, circa dotazione cappella di S. Caterina in S. Francesco di Urbino (rog. Matteo degli Accomandi).

C. Leonardi

L'azione politica di Clelia Salomoni

nodzie delle abbazie benedettine del Montefeltro e i n particolare del M u t i n o ; molte altre notizie r i g u a r d a n t i i signori e l a v i l a d i Sassocorvaro (1506, aprile 2, conte G i o v a n n i A n d r e a de Bravis; 18 agosto 1508, Galeazzo de' Galeazzi d i I m o l a ) ^. A u t o r i nostrani del passato come i l L a n c i a r i n i ^, e del presente come i l T o m m a s o l i ^, ci d a n n o notizie sufficienti per sostenere come gli O l i v i ( i d o c u m e n t i dicono U l i v u s , U l i v i , O l i v i ) siano feudatari d i n o m i n a i m p e r i a l e , alla stregua dei Montefeltro. L e p r i m e notizie certe del 1233 p o n g o n o gli O l i v i , signori d i Piagnano -titolo che r i m a r r à anche q u a n d o s a r à affiancato d a P i a n d i m e l e t o ^- tra le famiglie ghibelline'^. N e l 1234 F e d e r i c o I I rilascia a'favore dei frateUi 0 1 i v i ( i l conte Sforza, B i s a c c i o n e e U g o l i n o ) u n d i p l o m a r i c o n o s c e n d o loro le terre, oltre le primitive del feudo d i A n t i c o e di Piagnano, d i Petrella, Pietracavola, Soanne, L u p a i o l o , P i r l o e V i a n o . U n a infeudazione, d u n q u e , pieno jure d i parte i m p e r i a l e . G l i O l i v i sono g h i b e l l i n i come i Montefeltro, i Parcitadi, i C a r p e g n a , i B e r n a r d i n i p e r c h é , rettamente c o m m e n t a i l T o m m a s o h , "questo r i e n t r a n e l tentativo c o m u n e d i risolvere i l p r o b l e m a d e l l a l e g a l i t à d e l l a S i g n o r i a d e i loro territori acquistati i n periodo d i vuoto d i potere o d i crisi d e l governo ecclesiastico. Nell'ottenere per i loro servizi u n r i c o n o s c i m e n t o i m p e r i a l e dei loro feudi essi sperano d i avere o r m a i u n a base g i u r i d i c a che l i abiliti p i e n o j u r e a governare i l o r o sottoposti. M a tutto ciò è solo u n a parvenza g i u r i d i c a : i l o r o territori sono d i p e r t i n e n z a d e l l a C h i e s a e d essa soltanto potrebbe riconoscere c o n u n atto d i investitura l a l e g a l i t à 3

Uan, C . Piccolpasso, 38, n. 6, c. 27lr-v: i l 2 aprile 1505 viene fatto l'inventario della chiesa di S. Angelo [S. Michele Arcangelo] del Longofoglia di Mercatale di Sassocorvaro, per ordine del magnifico d. J o . Andrea Bravis conte di Sassocorvaro. Ivi, 44, n.6, c. 279r:18 giugno 1506: "Actum in castro Saxicorvarii in domo magnifici comitis Galeotti de Ymola, sita iuxta stratam publicam a tribus et alia latera [...]. Magnificus comes Galeottus supradictus per se et eius heredes vendit et traddit Matheo L u d i de Saxocorbario presenti [... ] omnia et singula ligna unius busche ulmate et sterpate ipsius d. comitis site in curia Sax.rii in loco dicto larenaria". Altro atto c.321r-v il 4 febbraio 1508: i l conte Galeazzo di Sassocorvaro compera terreno a Pian d'albero "fondo del nocce".

4

V . Lanciarini, // Tifemo Mataurense e la provincia di Massa Trabaria, Roma 1890, p. 601. W. Tommasoli, / conti Oliva di Piandimeleto, in Aa. w . , Il convento di Montefiorentino, Rimini 1982, pp. 7 sgg. Ivi, p. 9. 11 Tommasoli afferma: "Di Roberto I I abbiamo un solo documento, in data 25 gennaio 1499 [ . . . ] . L'atto fu steso "in domibus magnifìcorum dominorum comitum Planani sitis in castro Plani Meleti iuxta bona ipsorum magnifìcorum comitum" e t c . Dunque la residenza è già posta nel castello di Piandimeleto". Ivi, p. 48. I v i , p . 9.

5 6

7


Studi monleFellroni

17, 1993

dei loro a t d e d e i loro possessi" ^. L a C h i e s a c o m b a t t e r à c o n le a r m i m a t e r i a l i e spirituali questi "rebelles" o "tiramnos", m a f a r à eccezione p e r le piccole signorie, come quelle degli O l i v i , p e r c h é attraverso queste r i u s c i r à a d i m p e d i r e i l costituirsi, o circoscrivere le g r a n d i signorie, come q u e l l a d e i Malatesd d i R i m i n i e d e i Montefeltro d i U r b i n o . P o i i l Papato, piegandosi alle nuove r e a l t à politiche, soprattutto c o n gli i n t e r v e n t i d e l c a r d i n a l e E g i d i o d ' A l b o r n o z , r i c o n o s c e r à q u e i signori e c o n s i d e r a n d o l i vicari d e l l a S a n t a Sedfe r i u s c i r à a far riconoscere i l p r o p r i o potere. Difatti l ' A l b o r n o z toglieva agli O l i v i restituendola a l papa l a c o n t e a d i P i a g n a n o c o n P i a n d i m e l e t o e le terre d i p e n d e n t i : n e l 1362 i l c a r d i n a l e spagnolo cita a c o m p a r i r e a C e s e n a i l conte B i s a c c i o n e d a P i a g n a n o e i l 18 d i c e m b r e gli o r d i n a d i restituire al rettore d e l l a Massa T r a b a r i a l a r o c c a d i P e t r e l l a ^. M a G r e g o r i o X I n e l 1371 (secondo altri n e l 1377) concedeva a B i s a c c i o n e O l i v i l a invesdtura d i ^ P i a n d i m e l e t o sino a l l a terza generazione, facendogli obbligo d i governare lo stato a n o m e e i n rappresentanza d e l l a S a n t a Sede. T a l e investitura, c o n f e r m a t a d a i successivi pontefici, finì n e l l ' a n n o 1 5 7 1 , q u a n d o p e r l a morte d i Prospero, figlio d i C a r l o I I O l i v i e d i C l e l i a S a l a m o n i vedova d i C a r l o , si spegneva l a stirpe maschile degli O l i v i e l a Santa Sede r e c l a m a v a i l feudo. Q u a n t l i n q u e gli O l i v i affermino c o n insistenza il l o r o infeudamento i m p e r i a l e e i poteri g i u r i d i c i d a parte laica, Si n o t a u n progressivo accostamento a l l ' a u t o r i t à papale. Se ne h a prova n e i d o c u m e n t i urbaniesi, i n quattro n o m i n e d i notai e c i o è : 1) d e l "prudens et discretus iuvenis J o h a n n e s Matheus filius e x i m i i famosique utriusque iuris doctoris d o m i n i J o h a n n i s P a u l i de M i n c e l l i s de F i l l i o " , creato notaio d a U g o l i n o conte d i P i a g n a n o i l 15 agosto 1509 2) d e l "prudens et discretus iuvenis A l e x a n d e r q u o n d a m P a u l i A n t o n i i A m a t o r i s de Castro P i l l i " , a n c o r a creato notaio d a U g o l i n o " P l a n a n i , A n t i q u i et L a u d e t i palatinus comes", n e l settembre d e l 1509 ^ i ; 3) dello "spectabihs ac discretus v i r d o m i n u s d o m i n u s Basilius H e r c u l a n e u s de Sestino", n o m i n a t o notaio d a C a r l o O l i v i "comes P l a n i M e l e t i " i l 23 d i c e m b r e 1 5 4 1 , e d i L u c i o D e t t i

8 9 10 11

Ivi, p. 11. F . Filippini, / / card. Albomoz, Bologna 1933, p. 288. U a n , C . Piccolpasso, n. 4 1 , 6, ce. 389r-v, 390v. Uan, C . Piccolpasso, 4 1 , 6, ce. 393v-394v. Ugolino, "comes Planani Antiqui et Laudeti, palatinus comes", a nome dell'imperatore Massimiliano, col diritto di creare i notai e i giudici concesso ai conti di Piagnano e di Andco, privilegio confermato "per dominum Sigismundum Romanorum imperatorem". Segue il giuramento di Alessandro Amatori.

C- leopardi

l'Qiion* politica di Clelia Salamoni

creato notaio dal conte Giovanfrancesco n e l l o stesso g i o r n o Ebbene, m e n t r e n e i p r i m i due atti si d i c h i a r a -e c i ò è assai importante- che tale n o m i n a f a n n o i c o n t i O l i v i "vice et n o m i n e d o m i n i M a x i m i a n i R o m a n o r u m imperatoris semper augusti et Hungariae [ . . . ] atque regis" "ex antiquo i u r e rato e confirmato comitibus P l a n a n i " , anzi privilegio che fanno risalire, per d i p i ù come c o n f e r m a d i privilegio anteriore, a l l ' i m p e r a t o r e Sgismondo -e Sigismondo è eletto a B r a n d e b u r g o n e l 1378, re d e i r o m a n i n e l 1410 e i m p e r a t o r e r o m a n o n e l 1419-, nell'atto d e l 1541 s o l e n n e m e n t e si afferma: "De apostolicas ac i m p e r i a l i s plenitudine potestatis i n illustres comites P l a n i Meleti iccirco c r e a n d o r u m t a b e l l i o n u m iurisdictio [ . . . ] gratia Apostolicse Sedis ac I m p e r i i [ . . . ] e x i n d u l t o eis super ac apostolico ac i m p e r i a l i c u l m i n e privilegio speciali ut i n eis decretis d i c i t u r c o n t i n e r i " . Questo passaggio c h i a r o d e l r i c o n o s c i m e n t o d e l l a giurisdizione p o n t i f ì c i a a l l a quale si vuole accoppiare q u e l l a i m p e r i a l e (è u n atto d i diplomazia!) riflette tutta l a storia d e l l a politica ecclesiastica degli O l i v i . G i à B i s a c c i o n e d a P i a g n a n o i l 20 giugno 1247, perseguito d a I n n o c e n z o I V p e r c h é partigiano d i F e d e r i c o I I i l 24 gennaio 1298 n e l l a qualifica d i capitano d e l popolo d i S i e n a è mandato, ovviamente come p e r s o n a accetta, ambasciatore alla corte d i R o m a B i s a c c i o n e I I , i l p i ù famoso degli antenati c o n t i d i Piagnano, alla fine d e l '300 diventa l ' a n t i g h i b e l l i n o e sta d a l l a parte d e i Malatesti e c o n F i r e n z e , e i l 6 ottobre 1406 ottiene i l r i n n o v o d e l vicariato d a l pontefice Innocenzo V I I N e l 1389 i l figlio d i B i s a c c i o n e , U g o l i n o , e n t r a n e l l a ' C u r i a r o m a n a e riveste i l grado d i protonotario apostolico l'altro figlio, Roberto, n e l 1417 assieme a U g o l i n o riceve i l r i n n o v o d e l vicariato d a p a p a Martino V . I l figlio d i Roberto, U g o l i n o , i l 1 m a r z o 1419 è n o m i n a t o reggente i l maresciallato d i Santa R o m a n a C h i e s a e custode d e l conclave il 26 febbraio 1420 c o n breve d i papa M a r t i n o V è n o m i n a t o castellano d i Castel S a n t ' A n g e l o i n R o m a . Questo i n c a r i c o delicatissimo dimostra l a f e d e l t à assoluta degli.Olivi alla C h i e s a . E ' noto, infatti, che i pontefici

12 13 14 15 16 17

U a n , G . Schiachini, n.76, voi. 3, 23 dicembre 1541,cc. 167v468r. E ' presente "domino Emilio Andreae BarUniani de Senis magistro comids Johannis Francisci". A . Theiner, Codex diplomaticus domimi temporalis S. Sedis, voi. I , Roma 1861-1862, p. 124. Tommassoli, / conti Oliva cit., p. 12. Ivi, pp. 16-17. Ivi, p. 20. D a u n ms. di F . Ugolini. Cfr. E . Rossi, Ms. S, c. 3 1 , Bibl. C . Leonardi, Urbania.


Studi monte Feltra ni

17, 1993

affidarono la custodia d i Castel S a n t ' A n g e l o sempre a u o m i n i d i provata fede e certamente loro i n t r i n s e c i E se questa logica conclusione n o n fosse sufficiente, insorge a c o n f e r m a esplicita u n d o c u m e n t o di M a r t i n o V (16 agosto 1425) diretto a l conte U g o l i n o di Piagnano, c o n i l quale il pontefice l o d a l a sua f e d e l t à e i suoi servizi alla C h i e s a S i n t e d c a m e n t e r i c o r d e r ò che i l successore, Gianfrancesco I marito di Marsibilia T r i n c i (quello della tomba della cappella Olivi a M o n t e f i o r e n d n o ) è a l servizio d i p a p a N i c o l ò V , e d i r i g e r à tutta l a sua politica verso i l papato e verso i M e d i c i , fronteggiando i l prepotere feltresco. N e l 1471 Gianfrancesco I e i l figlio C a r l o sono al soldo d i Sisto I V e d e l l a C h i e s a . N e l 1482 C a r l o O l i v i I fa parte dell'esercito della C h i e s a n e l l a g u e r r a d i F e r r a r a , favorendo l a politica espansionistica d i Sisto I V ; n e l 1484 è c o n I n n o c e n z o V i l i n e l l a g u e r r a provocata dalla c o n g i u r a dei B a r o n i c o n t r o i l re di N a p o l i FerdinandO| d'Aragona. L a f e d e l t à alla C h i e s a d e i successori si p u ò c o m m e n t a r e n e l l a politica di U g o l i n o , sposato ad A l e s s a n d r a Gonzaga, e dell'abbate suo fratello Roberto I I , q u e l l ' U g o l i n o che i l L a n c i a r i n i d i c h i a r a decapitato n e l 1502 d a Cesare B o r g i a m a che i d o c u m e n t i d i U r b a n i a seguono dal 1498 2^ al m a r z o 1511 P i ù c h i a r i sono i servizi alla C h i e s a d i C a r l o I I e dei suoi fratelU U g o l i n o e Gianfrancesco: tutti e tre n e l 1542 ascoltano l'invito d i Paolo I I I d i recarsi i n U n g h e r i a n e l l a g u e r r a contro i T u r c h i . I l Giovio r i c o r d a gU atti e r o i c i del conte C a r l o "nobil giovinetto", m a nessuno storico h a dato notizie d e l l a m o r t e i n U n g h e r i a del d i l u i fratello sedicenne Giovanfrancesco, abbate c o m m e n d a t a r i o del monastero d i M u t i n o e di altri m o n a s t e r i b e n e d e t t i n i della zona, 18 19

Tommasoli, / conti Oliva cit., p. 2 1 . Ivi, p. 2 1 .

20

Lanciarini, // Tifemo Mataurense cit., p. 610. I l Tommasoli ricorda che "il Ltizzatti ha trovato invece una notizia di Ugolino posteriore al 1.502" ( M . Luzzatd, Per una stona degli ebrei italiani nel Rinascimento, in Studi del M.E. Cristiano, Roma 1974, I , fase. 83-87, p. 454, nota 90). Tommasoli, I conti Oliva cit., p. 48; G. Allegretti, Piandimeleto. Una enclave romagnola nell'Urbinate dalla crisi cinquecentesca al "risorgimento", Ostra V . 1987, p. 22. I I 26 febbraio 1498 si fa pagare con 200 ducad d'oro un cavallo "saginatum aptum ad giostram", che appunto in giostra gli era stato rovinato ("inchiodatura") da Galeotto Simoni da San Marino. Uan, C . Piccolpasso, n. 38, 3, c. 26v. Atti concernend la presenza del conte Ugolino Olivi fino all'anno 1511: Uan, C . Piccolpasso, 44, n. 6, c. 15v, 3 aprile 1504; c. 235, 15 maggio 1503; c. 261r, 30 ottobre 1504; c. 322r, 6 febbraio 1508; c. 304v, 10 maggio 1508; c. 349v-350v, 13 settembre 1508 (riferisce lettera di Bartolomeo Paoli da Sant'Angelo in Vado contro Leone Rossi di Castellina da Macerata, lancia spezzata del duca d'Urbino); 46, n . l , c. 401r, 8 aprile 1510, a Bologna, in casa del nobile Francesco de Bancheds vende case a Firenze; c. 415r, 5 gennaio 1511. Lanciarini, / / Tifemo Mataurense cit., p. 612.

21

22

23

C. Leonardi

L'azione politica di Clelia Salamoni

c o m e p u r e degli u o m i n i che p a r t i r o n o c o n gli O l i v i , d i c u i le fonti u r b a n i e s i d a n n o larghe notizie, q u i riassunte p e r c h é legate alle vicende di Clelia Salamoni. G l i atteggiamenti guelfi e sicuri degli O l i v i venivano favoriti dalla stessa famiglia e ricompensati dalla C h i e s a c o n i l potere "in temporalibus et i n spiritualibus" a q u e l l a famiglia che a n c h e religiosamente si mostrava p i a e a l i e n a d a l l a faida familiare A g l i O l i v i si debbono le fondazioni d i chiese, d i cappelle e d i conventi e i l ripristino delle abbazie fra essi sono d o n n e consacrate i n religione d i cui u n a dimenticata: "soror C a t e r i n a de comitibus P l a n i Mileti", sorella d i C a r l o O l i v i I I , l a quale p r e n d e r à le r e d i n i del feudo q u a n d o i fratelli alla fine del 1542 p a r t i r a n n o alla g u e r r a d ' U n g h e r i a ^7. M a i n particolare sono gU O l i v i a p r e n d e r e i l m o n o p o l i o delle abbazie benedettine d i Santa 24

"A differenza di tutte le altre piccole e grandi Signorie delle Marche e della Romagna [...] gli Oliva [...] non si sono mai macchiati di delitù familiari". Tommasoli, / conti Oliva cit., p. 49. Purtroppo nel periodo della decadenza gli Olivi si fanno giustizia da soli nei casi di infedeltà delle mogli. I l Lanciarini (Il Tifemo mataurense cit, p. 614) ricorda Annibale che uccise la prima moglie Laura Fabbri. I l Rossi aggiunge che Girolamo Oliva di Sassocorvaro uccise la moglie Elisabetta Valentini di Belforte per averla trovata in fallo. Condannato a morte, poi all'esilio e alla confisca dei beni, fu graziato.Ne fa testimonianza i l magnifico signore Claudio Comandini da Sassocorvaro. Cfr. E . Rossi, Memorie ecclesiastiche della diocesi di Urbania, Urbania 1988, p. 38. Gli atd d'archivio la chiamano Isabella: BibUoteca comunale Urbania (in seguito \Jbc), Fondo Rossi, Mss. Rainaldi, n. 56, a. 1620. Dalla seconda moglie Girolamo ebbe un figlio maschio, il quale ebbe a sua volta numerose femmine e un maschio. Questi ebbe solo figlie, delle quali Maria Virginia a n d ò sposa in San Marino a un Gozi. Allegretti, Piandimeleto cit., p. 26; C. Gozi, La famiglia dei conti Oliva di Piagnano e di Piandimeleto, in "Libertas perpetua" (Museum), X , 1942, I , pp. 44 sgg.

25

Gianfrancesco I I figlio di Brancaleone Olivi (1478) costruisce la chiesa dedicata alla Vergine Maria sotto il castello di Antico (Tommasoli, I conti Oliva c i t , p. 44); Carlo Oliva costruisce la cappella di Montefiorendno tra il 1484 e i l 1489 (P.G. Pasini, La cappella dei conti Oliva, in Montefiorentino cit., p. 98); nel 1537 Gianfrancesco Oliva rinuncia al priorato di Sant'Antonio di Macerata Feltria p e r c h é si facesse un monastero di monache, con atto pubblicato da A . M . Zucchi Travagli, Raccolto istorico ovvero Annali del Montefeltro, ms. in Archivio comunale Pennabilh, t. V , c. 107; il 6 dicembre 1543 è stipulato atto notarile "in sala nova iuxta stratam et cortile" della abbazia di S. Maria di Mutino per enfiteusi di terreno "in curia Castellaccie in capella Sancti Andree" a Guido Guidaletti. U a n , G . Sciachini, 76, n. 6, c. C V . Non disponibile verso la chiesa appare i l conte Carlo II: cfr. Allegretti, Piandimeleto cit., pp. 23-24. T r a le suore del monastero del Corpus Domini di Pesaro è ricordata nel 1419 "soror Lucia de Piagnano". Cfr. G.B. Alegiani, Vita della Beata Serafina Feltria Sfona, Roma 1754, p. 211. All'estinguersi della stirpe. Vittoria e Gerolama di Annibale sono monache: Lanciarini, I l Tifemo Mataurense cit., p. 605. U a n , G. Sciachini, 73, n. 3, c. I70v, 28 dicembre 1542: sono ricordati i beni "sororis

26

27


17. 1993

Studi montefelfratii

M a r i a d i M o n a s t e r o del

M u t i n o , d i Sasso S i m o n e , d i S a n

Sisto,

di

S a n t ' A g a t a . S u questo a r g o m e n t o le carte d i U r b a n i a sono i l l u m i n a n t i . I l p r i m o abbate che si r i c o r d i è U g o l i n o O l i v i d a P i a g n a n o abbate di

Santa

Maria

del

documentazione su

Mutino

(14014406-1417)

R o b e r t o che

inizia

dal

28. P o i

1499

e

la

lunga

arriva al

c'è

1511:

L'anione politica di Clelia Salarnoni

C , Leonardi

concessione

a

Folco

Bofolchi

intorno

al

1541.

Forse

quello

di

G i a n f r a n c e s c o è i l caso p i ù "sfacciato" d e l l ' a c c a p a r r a m e n t o delle abbazie b e n e d e t t i n e d a parte d e g l i O l i v i . E ' u n abbate f a n c i u l l o , che n e l ha

c o m e maestro d i

scuola

"yE^milio A n d r e a s B a t t i n i a n i de

a p p u n t o c h i a m a t o "magister c o m i d s J o h a n n i s F r a n c i s c i "

1541

Senis",

Nel

1541

R o b e r t o è abbate c o m m e n d a t a r i o d i M u t i n o e d i Sasso S i m o n e . I suoi

G i o v a n F r a n c e s c o p r o c e d e a l r i n n o v o d i tutte le enfiteusi. I n u n

atd r i c o r d a n o i l predecessore abbate F i l i p p o , che è d i c h i a r a t o d i casa

del

O l i v i i n q u a n t o c h i a m a suo

t e m p o r a l i b u s abbatias S a x i S i m o n i s , Sancte M a r i e M o n a s t e r i M u d n i , et

Carlo Olivi I

p r o c u r a t o r e e c u r a t o r e i l fratello

conte

-abbate n e l 1 4 9 1 - e tutti gli atti enfiteotici stipulati n e l

1542

atto

è c h i a m a t o "perpetuus c o m m e n d a t a r i u s i n spiritualibus

S a n c d S i x d a b b a t i a r u m a n n e x a r u m n u l l i u s diocesis". I l 2 maggio

et

1542

1508 c o n l a f a c o l t à concessa n e l 1506 a L e o n a r d o C o r a d i n i d i L u n a n o

l'abbate G i o v a n F r a n c e s c o si trova a n c o r a a P i a t K i i m e l e t o e p e r m e t t e

d i r e c u p e r a r e tutti i b e n i e i d i r i t t i d e l l ' a b b a z i a , l a p r o c u r a del 1509 alla

a P i e t r o G i a n n i n i "longobardus" (è b e r g a m a s c o ) d i v e n d e r e u n t e r r e n o

v e n d i t a d e i b e n i che gli O l i v i t e n g o n o a F i r e n z e e d a l t r i atti N e l 152Ò a p p a r e G i a c o m o d e g l i O l i v i dei c o n t i d i P i a n d i m e l e t o , abbate m i t r a t o d i S a n t a M a r i a del M u t i n o e d i S a n t ' A n g e l o d i Sasso Simone

29

30

1543

Ne abbiamo una

N e l n o v e m b r e del 1542 è g i à partito per

dove m o r i r à

s e d i c e n n e , avanti i l 1 febbraio

chiara testimonianza da u n istrumento

del

A G i a c o m o dovette s u c c e d e r e G i a n F r a n c e s c o , c o n q u a l c h e

Catarine de comidbus Plani Meled"; ivi, 76, n. 3, 9 novembre 1542: "soror Catarina de comidbus Plani Meled in absenda illustrium comitum qui modo sunt milites contra Turcos [...] Actum in castro Plani Meled in edibus comitum in balcone superiori iuxta cameram diete domine sororis et cortile et portam scalarum, presendbus Mateo Vangeliste et Joanne Gambutio famulis comitum tesdbus". I l che conferma quanto ha scritto i l Tommasoli: "Istituzionalmente possiamo definire la Signoria Oliva come consortile [ . . . ] ; i l primogenito gode naturalmente d'una maggiore autorità, ma anche i fratelli si fregiano del titolo comitale". Tommasoli, I conti Oliva cit., p. 19. 28

a S a n Sisto, voc. C o r g n o l e t o la guerra d'Ungheria

P.A. Guerrieri, Carte del Mutino, in Rerum Feretranarum Scriptores, di A . M . Zucchi Travagli, ms. in A r c h . Com. Pennabilli; Lanciarini, // Tifemo Mataurense cit., p. 606; U . Ubaldi, Storia di un castello del Montefeltro, Urbino 1959, p. 199; Tommasoli, I conti Oliva cit., p. 20. Uan, C . Piccolpasso, 4 1 , n. 6, c. 320r, 6 luglio 1507: è ricordato e rinnovato un contratto fatto "per magnificum dominum comitem Carolum ohm comitum Planani curatorem et curatoris nomine domini Filippi abbatis olìm Monasterii manu ser dopni Johannis magistri Petri Georgii de Planano [...] bullatum cum sigillo magno et quodam transumptum ad rationem abbatis Monasterii de Muttino". Secondo L . Donati, nel 1491 " i l notaio p u ò ampollosamente scrivere "Magnificus dominus noster Carolus, comes Planani frater et tutor ac procurator et gubernator domini Felipi ex comitibus Planani perpetui commendatari! abbatiarum videlicet S. Mariae de Mutino et S. Angeli de saxo Simonis". L . Donati, Aspetti Euridici e socio-economia quali risultano dalle pergamene delle abbazie del Sasso Simone e di S. Maria del Mutino, in A a . w . , / Benedettini nella Massa Trabaria, Sansepolcro 1982, p. 124. Atti concernenti l'abbate di Mutino Roberto Olivi 1499-1511: U a n , C . Piccolpasso, 38, n. 3, c. 235v, 15 maggio 1503; 38, n. 6, c. 295r-v, 2 novembre 1506; c. 320r, 6 luglio 1507; c. 339r-v, 9 settembre 1508; c. 340r, 6 luglio 1508; c. 341 r-v, 9 settembre 1508; c. 341v, 9 settembre 1508; c. 343v, 9 settembre 1508; c. 343v, 9 settembre 1508; c. 344v, 9 settembre 1508; c. 345r, 9 settembre 1508; 46, n. 1, c.

31

32 33

34

35

400r-v, 6 ottobre 1509; c. 401r, 8 aprile 1510; c. 403r, 30 novembre 1510 (a Bologna); c. 4 l 7 r , 21 febbraio 1511. Zucchi Travagli, Raccolto istorico cit., V, 67 (1520): "sotto il detto anno ne' protocolli di Gaspare del q. ms. Benedetto Marattini di Macerata Feltria si ha memoria di Giacomo degl'Olivi de' conti di Piandimeleto abbate mitrato di S. Maria del Mutino e di S. Angelo del Sasso nella diocesi di Montefeltro". Uan, G . Sciachini 76, n. 3, c. 167v, 23 dicembre 1541. Atti concernenti l'abbate di Mutino e di Sasso Simone e San Sisto. Gianfrancesco Olivi 1541-1543: Uan, G . Schiachini, 76, 3, c. 169r, 26 dicembre 1542; c. 169r, 27 dicembre 1542; c. 169r-v, 27 dicembre 1642; c. 169v, 27 dicembre 1542; c. 169v, 27 dicembre 1542; c. 169v, 27 dicembre 1542; c. 170r, 27 dicembre 1542; c. I70r, 27 dicembre 1542; c. I70r-v, 27 dicembre 1542; c. I70v, 28 dicembre 1542 (si citano i beni "sororis Catarine de comitibus Plani Meleti"); c. 171r, 28 dicembre 1542; c. 171r, 7 gennaio 1542 (ha procuratore don Biagio di Stefano Passarini di Monte Dolio e a servizio Nicola Pompei alias Ferretto de Callabria e don Emilio [Battiniani] suo maestro); c. 171v, 14 gennaio 1542 (fatto nel palazzo comitale "in camera pietà prope oratorium"); c. 176r, 1 maggio 1542; c. I76r, 2 maggio 1542; c. 176r, 9 maggio 1542 (è citato il commissario dei conti Oliva Petrus Giannini longobardus di Bergamo; i familiari di corte Gerolamo alias Giordano di Pian di Meleto e Donino alias l'Orso); c. 184v, 2 novembre 1542. Così dichiara suor Caterina Olivi il 9 novembre 1542: U a n , G . Schiachini, 76, n. 3, c.l83r, 9 novembre 1542. "Soror Caterina de comitibus Plani Meled in absentia illustrium comitum qui modo sunt militie contra Turcos" assiste ad una vertenza. Cfr. sopra nota 31. L e farà da procuratore don Biagio di Stefano Passarini di Monte DoUo. I I 28 febbraio 1543 compiono solenne atto di donazione soltanto i conti Carlo e Ugolino a Vincenzo di Domenico di Piandimeleto: "Et hoc fecit dictus illustris comes Carolus ob bene merita dicti Dominici et eo quia Vincentius nepos Dominici ex sorore, militie cum dicto comite, obiit". L a donazione è fatta "in caminata sita iuxta cortile, horreum et ripas communis ad banchum juris" del palazzo comitale di Piandimeleto. Uan, G . Sciachini, 76, n. 3, c. 186v.


Sludi montefeltranj

17, 1993

notaio S c i a c h i n i che i l 9 marzo 1543 a P i a n d i m e l e t o roga m i a donazion e di C a r l o O l i v i I I a favore d i Baldassarre padre d i Batdsta per 20 a n n i familiare fedele degli O l i v i , a n c h e a n o m e del fratello U g o l i n o , morto "in e x p e d i d o n e U n g a r i e p r ò F e r d i n a n d o R o m a n o r u m rege ut r e g n u m a diris T e u c h r i s recuperaret". R i c o r d a che i l Baldassarri aveva allevato e nutrito "a c u n a b u l i s " G i o v a n n i F r a n c e s c o che " a n n u m s e x d e c i m siiae aetatis i n partibus Ungarise s u u m clausit d i e m e x t r e m u m " Questa morte è accennata, senza fare i l n o m e esplicito d i G i o v a n Francesco, n e l d o c u m e n t o pubblicato d a l l ' U b a l d i quale esposto alla Santa Sede i n n o m e di- C l e l i a S a l a m o n i E s t i n t a l a l i n e a maschile "ecclesiastica" degli O l i v i , l'abbazia passava i n c o m m e n d a i m m e d i a t a m e n t e a F o l c o de Bifolci o meglio B o f o l c h i d a B o r g o S a n Sepolcro, d i c u i n e i rogiti S c i a c h i n i si testimonia u n atto antecedente i l 6 d i c e m b r e 1543 dopo i p r i m i a n c o r a ^eì 1541 ^^-^ . C a r l o O l i v i I I , che fu figlio d i p r i m o letto d i Roberto I I e d i Elisabetta dei n o b i l i B i a n c h e t t i d i B o l o g n a partendo, al dire del Giovio, "giovinetto" per l ' U n g h e r i a , n o n doveva essere a n c o r a sposato. Forse s p o s ò dopo i l 1543 e prese i n moglie C l e l i a de Salamonibus, o S a l o m o n i , definita " d o n n a sagace", "istruita e d i virile a r d i m e n t o

36 37 38

39

40

Uan, G. Schiachini, 76, n. 3, c. 187r, 9 marzo 1543. " I l conte Carlo i l quale fu in ser\'izio alla guerra d'Ungheria, insieme con suo fratello [...] quale vi morì". Ubaldi, Sumn di un castello cit., p. 212. Uan, G. Sciachini, 76, n. 3, c. 186r, 6 dicembre 1543: Guido Guidaletd dichiara di essere affittuario della abbazia di Monastero come per contratto coll'abbatc commendatario Folco di Bofolchi. Uan, G. Sciachini, 76, n. 3, 7 ottobre 1541. Don Folco dei Bofolchi da Sansepolcro, abbate commendatario di S. Maria di Mutino, concede in enfiteusi " L a maiestade" e " I l poggio"; Ivi, c. 160v, 27 ottobre 1541, lo stesso abbate Folco concede in enfiteusi, a mezzo del suo sindaco e procuratore don Biagio di Stefano Passarini di Montedoglio, la "chiusura de San Mardno" a Londeo del fu Bernardino Londei da Monastero. Secondo il Lanciarini (Il Tifemo Mataurense cit., p. 610) recepito dal Tommasoli (I conti Oliva cit., p. 48) Carlo sarebbe stato figlio di Roberto I I e di Cornelia Vitelli. Invece Carlo risulta figlio di primo letto di Roberto e di Elisabetta Bianchetti bolognese, da una lite nell'agosto 1509 tra la "magnifica et generosa domina Elisabetha Blanchetta ex comidbus Planani tutrix et curatrix nomine Caroli eius filli et heredis domini Francisci de Blanchetis" e Cecco Noni de Meonibus di Borgo San Sepolcro. Uan, C . Piccolpasso, 4 1 , n. 6, c. 391r-v, 27 agosto 1509. L ' 8 aprile 1510 Roberto I I sì trova a Bologna "in domo habitafionis heredum magnifici domini Francisci de Blanchefis nobilis Bononicnsis sita in strata S. Vitalis". Ivi, 46, n. 1, c. 401r. Pertanto quando Calarlo I I pard per la guerra d'Ungheria, non era più "giovinetto", ma ultra trentenne.

C. Leonardi

L'azione politica di Clelia Salamoni

ripiena" celebrata i n R o m a per l a sua bellezza figlia di B a r t o l o m e a de T h e u l i s e r e d i d e r a dell'appalto delle saline d i O s t i a L a data di nozze deve porsi dopo i l 1543 p e r c h é n e l l a d o c u m e n tazione riguardante i preparativi degh O l i v i p a r t e n d alla g u e r r a d i U n g h e r i a n o n si fa u n m i n i m o a c c e n n o a C l e l i a . I n effetto c h i regge le sorti d e l l a contea m e l e t i n a negli a n n i 1543 e 1544 è i l d u r a n t i n o Pietro R a n a l d i , ricercato cancelliere civile n e l l ' U m b r i a e n e l l a R o m a g n a , che è detto "vicario di P i a n d i Meleto", abile accaparratore d i soldad certo per conto d i C a r l o O l i v i L a rappresentanza d e l l a famiglia O l i v i in questo tempo n o n è fatta dalla S a l a m o n i , b e n s ì dalla citata "soror Catarina". C a r l o rientrava a R o m a d a l l ' U n g h e r i a nell'ottobre, 1543 ^'"^ e forse i n quella circostanza s ' i n c o n t r ò c o n C l e l i a e decise le nozze agU inizi del 1544. D o p o aver venduto diciasette appezzamenti d i terreno ricavandone 400 scudi d ' o r o si portava alla g u e r r a d i G e r m a n i a e poi alla g u e r r a d e l l a M i r a n d o l a , certamente n e l 1551 q u a n d o l a casa d ' A u s t r i a faceva restituire l a piazza d ' a r m i a L u i g i P i c o , figlio d i Galeotto I I . V a i n d i c a t a q u e l l a data, nelle l u n g h e vicende beUiche m i r a n d o l e s i , p e r c h é n e l 1550 C a r l o vende altri t e r r e n i e soprattutto p e r c h é i l 7 maggio 1550 detta i l suo testamento che risulta i l definitivo N e l testamento si p u ò intravedere, c o m e fa G i r o l a m o Allegretti, la " p e r s o n a l i t à remissiva" del conte C a r l o I I e, invece "la v o l o n t à " di

41 42 43 44

45

47 48 48

Lanciarini, // Tifemo Mataurense cit., pp. 611-619. P. Pecchiai, Roma nel Cinquecento, Bologna 1948, p. 351. • Allegretti, Piandimeleto cit., p. 22. U n a lettera di Adriano Baglioni da Città di Castello "al magnifico messer Pietro Ranaldo vicario di Pian di Meleto, in Pian di Meleto" del 25 aprile, trasmessa attraverso Cecco Stella, informa sull'intervento del Ranaldi ad incitare i suoi soldati al senazio dello stesso Baglioni; un'altra lettera del medesimo, datata 2 maggio 1544, esorta il Ranaldi a pregare ser Nicola da Rimini "che si sforzi inviar più soldati che si p u ò " . Ubc, Fondo Rossi, Manuscripta mea, b. I , nn. 5-6. I I 29 ottobre 1543 i l vescovo di Veroli scrive a Pietro Ranaldi vicario di Pian di Meleto: "...ho ricevuto la vostra insieme colli denari, quah si sono messi al conto, et vi rimando la fede del rice\aito. Ho preso piacer, ch'el signor conte stia bene et che sua Signoria se ritrovi in Roma. Non d i r ò altro con questa, se non che alli servizi vostri di continuo mi offcro". Ubc, Fondo Rossi, Manuscripta mea, b. I , n. 4. Sono terreni di Petrella e di Santa Sofia, per un totale di circa 45 tornature. Allegretti, Piandimeleto cit., p. 23. Vendite di terreni e case a San Sisto, Santa Sofia, Petrella e Libiano, per circa 385 scudi: ivi, p. 23. E ' pubblicato da Allegretti, Piandimeleto cit., p. 23 e Appendice I I , p. 32. Archivio Storico Comunale di Piandimeleto, ms. 16, Atti notarili Paolo Moni 1543-1565, ce. 59v-60v.


Studi monlefeltrani

17, 1993

C l e l i a che si a c c a p a r r a ogni delega vi si possono connotare anche lo sdle a n o m a l o d e l testamento, che v o r r e m m o c h i a m a r e "di precauz i o n e " e n o n particolareggiato, c o m e appaiono i testamenti d i quanti sono i n procinto d i partire per l a guerra, per u n l u n g o viaggio, per u n pellegrinaggio, e insieme l a fondata pretesa b e n nota al testatore, d a parte d i Clelia, d i n o n perdere i l p r o p r i o p a t r i m o n i o e l a dote messi a disposizione e p u r t r o p p o dissipati d a l marito, rifacendosi e m e t t e n d o le m a n i sul feudo. N e l l a g u e r r a d e l l a M i r a n d o l a i l conte C a r l o m o r i v a , a d i c h i a r a z i o n e d e l l a stessa consorte: " I l conte C a r l o , i l quale fu alla [ . . . ] g u e r r a d ' U n g a r i a [ . . . ] s'ebbe u n ' a r c h i b u g i a t a i n u n braccio con grandissimo pericolo d e l l a vita. A n d ò poi a l l a g u e r r a di G e r m a n i a , dove s'ebbe u n ' a l t r a archibugiata n e l l a barba et alla g u e r r a d e l l a M i r a n d o l a , et lì d ' u n a archibugiata n e l l a testa finì gli u l t i m i g i o r n i della sua vita" Tra gli u l t i m i g i o r n i v a computato a n c h e i l 17 luglio 1556, q u a n d o C a r l o sottoscrive l a divisione della contea n e l suo r a m o e i n quello d e l r a m o del fratello U g o l i n o C l e l i a S a l a m o n i aveva avuto solo i l tempo di concepire dal marito tre figli ( i l L a n c i a r i n i dice due figli e due figlie, e tra i figli n o m i n a A l e s s a n d r o ) -'^ : "la quale [ C l e l i a ] se bene r e s t ò vedova giovanissima h a atteso f m q u i a governare i vassalli et i figlioli de l'infelice conte Prospero che è m o r t o adesso, et due fighole femine". L e due fighe sono V i t t o r i a "che m a r i t ò i n B o l o g n a c o n dote d i seimila scudi" ad u n Bentivoglio, e Isifile che n e l 1571 "si trovava i n e t t à nubile", m a che i n seguito a n d r à sposa al conte C a p r a r a di B o l o g n a i l figlio è Prospero che p r e n d e i n moglie, d o p o l ' i n s t r u m e n t o d i dote costituita

49

50 51

52 53

"A lei spetterà decidere il luogo di sepoltura del conte e le onoranze funebri; lei p o t r à tenere con sé la propria madre, alla quale si garantisce i l rispetto dei suddid, alimend di rango e due servitori; dalla sua insindacabile decisione dipenderanno le dod delle figlie Isifile e Vittoria; alla sua insindacabile tutela e curatela è affidato il maschio minorenne; a lei infine spetterà, vita naturale e stato vedovil duranfi, la piena e libera disponibilità di tutto l'asse ereditario, compresi i diritd feudali": Allegretti, Piandimeleto cit., p. 23. Ubaldi, Storia di un castello cit., p. 212. " I conti Girolamo, Giovanni Francesco e Brancaleone fratelli e figh di Ugolino, conti di Piagnano, signori dei castelli di Piagnano, Pietracavola, Lupaiolo, Pirlo in quel d'Urbino, di Campo nel piviere di Sestino e Antico da una parte, e il conte Cario del conte Roberto, conte di Piandimeleto, Monastero, San Sisto, Petrella e Santa Sofia di Marecchia, giurano tutti con la mano sul Vangelo di mantenersi sempre in pace e concordia e per ogni miglior fine conservare i vincoli di parentela, a decoro della loro nobiltà. S. Prospero, 17 luglio 1556". A. Potilo, Badia Tedalda nei secoli, Foriì 1976, p. 50; Tommasoli, / conti Oliva cit., p. 49. Lanciarini, // Tifemo Mataurense eh.> p. 613. Ivi, p. 613.

C. Leonardi

L'azione politica di Clelio Salomoni

il 19 aprile 1570, I p p o l i t a di R a n i e r i dei m a r c h e s i D e l Monte di Pesaro u n m a t r i m o n i o che fu stroncato c i r c a l a fine d e l l ' a n n o stesso i n conseguenza d e l l a passione per l a g u e r r a , atavica n e g l i O l i v i . C e lo afferma l a stessa C l e l i a : "questo povero giovine h a voluto i n così tenera e t à seguitare le vestigia d i suo padre e mettere l a r o b a e l a vita i n servizio d e l l a Santa Sede" D a q u e l l a u n i o n e nasceva u n a figlioletta. V i r g i n i a , che a n d r à sposa a d u n altro Bentivoglio d i B o l o g n a . Frattanto e r a m o r t o anche G i r o l a m o di Piagnano, n e l 1564, "dopo essere stato protagonista d i i m a v i c e n d a o s c u r a e d r a m m a t i c a che storici e annalisti h a n n o ignorato" fino al rivelo d i G . A l l e g r e t t i Spentasi così l a l i n e a discendente maschile dei conti d i P i a g n a n o e d i P i a n d i m e l e t o , i l p a p a P i o V i l 20 gennaio 1571 a mezzo d e l c a r d i n a l e A l e s s a n d r o Sforza fece p r e n d e r e i l possesso d è l i a contea. D i questo storico avvenimento gli studiosi h a n n o sufficientemente trattato, m e n t r e b e n poco h a n n o detto d e l l ' a z i o n e d e l l a vedova C l e l i a de Salamoni. L a vedova di C a r l o O l i v i r e a g ì c o n fine d i p l o m a z i a alla decisione d e l l a Santa Sede, e percorse p i ù strade. I n n a n z i t u t t o c e r c ò d i n o n perdere i b e n i e di r i m a n e r e a P i a n d i m e l e t o e a P e t r e l l a come p r o p r i e t a r i a d e i due palazzi c o m i t a l i e dei vari terreni. P e r questo imbasti vm processo a R o m a . E s p o n e n d o i l suo caso al pontefice P i o V , metteva i n risalto i g r a n d i servizi che gli O l i v i avevano prestato alla C h i e s a "essendo stati per molte c e n t i n a i a di a n n i fedelissimi servitori d e l l a S a n t a Sede A p o s t o l i c a " Rafforzando questa devozione l a vedova O l i v i c o n t e m p o r a n e a m e n t e affermava che vari castelli e terre e r a n o d i infeudazione parte i m p e r i a l e e parte d'acquisizione personale degh O l i v i : " E t p e r c h é l a S a n t i t à V o s t r a sia d e l tutto [ i n f o r m a t a ] et. conosca l a b u o n a m e n t e d e l l i prefati conti, se le dice che a l c u n i d i questi castelh erano feudi i m p e r i a t i et p e r loro o p e r a l i ridussero a divotione d e l l a Sede Apostolica; d e l restante n o n si trova che l i abbia m a i havuti d a l l a Sede Apostolica. S i trova b e n e i n s t r u m e n t o c h ' a n n o comprato detti castelli con i l loro p r o p r i o " . ( E ' i l caso, a d esempio, d e l castello di Santa Sofìa d i Montedoglio acquistato dal parente conte C a r l o di Montedoglio)

54 55 56

57 58 59

Ivi, p. 613. Ubaldi, Storia di un castello cit., p. 212. Allegretti, Piandimeleto cit., p. 24. Anche dopo le sue disavventure in materia di fede e di governo del feudo che lo portarono al Sant'Officio, egli si professa "fidelìs vassallus et pheudatarius antiquus Sanctae Romanas Ecclesise". Ubaldi, Storia di un castello cit., p. 212. Ivi, p. 213. Tommasoh, / conti Oliva cit., p. 39; Uan, G . Sciachini, c. 175r-v, 3-5 aprile 1542


studi montefeltro ni

17, 1993

Q u i n d i esponeva l a situazione e c o n o m i c a creatasi i n famiglia e di conseguenza l a sua e q u e l l a d e l l a n i p o d n a V i r g i n i a . C l e l i a fa sapere al p a p a che C a r l o I I , e d evidentemente ella stessa', h a speso tanto d a n a r o per i "bonificamenti c h ' h a fatto fare ne gli castelli, come si p u ò vedere" e per le spese sostenute nelle imprese belliche a favore d e l l a C h i e s a e i n particolare contro i t u r c h i : "havendo p r i m a per conto di esse guerre speso n o n solo tutd i suoi b e n i p r o p r i , m a con alienazione anco d e l l a dote d e l l a contessa sua mogUe fatti per m o k i migUaia di debid, de' quali d o p p o l a sua m o r t e l a suddetta sua moghe parte n ' h a pagato di suo p r o p r i o dalla e r e d i t à paterna, parte ce ne resta anco d a pagare" G l i archivi d i U r b a n i a illustrano tuttj questi m o v i m e n t i " e c o n o m i c i " degli O l i v i i n preparazione alla missione militare i n U n g h e r i a e alle sue tristi conseguenze. I fratelli O l i v i portano seco capitarli di grido: V i n c e n z o B i s a r i o n d i U r b i n o , che detta i l testamento p r i m a della partenza L e o n e F r a n c i o l i n i di J e s i , che detta ugualmente i l testamento F i l i p p o M a n f r e d i B r a n c a l e o n i d i Piobbico, Agostino Caffarelli d i Castel D u r a n t e , N i c o l a P o m p e i alias Ferretto d i C a l a b r i a Bartolo di U g o l i n o Saivucci d a Montefiore, Pierfrancesco B e r n a r d i n i d a Pesaro, G i o v a n n i B a l d i n i d a T a v o l e t o e tanti altri fra c u i spiccano i n o m i d i Piandimeletìni G l i O l i v i s p e n d o n o i l d e n a r o d i tutte le enfiteusi

60 61 62

63

64 65

i conti di Piandimeleto avevano il palazzo comitale a Santa Sofia di Montedolio: "actum in castro Sancte Sofie in standa quadam sita iuxta moenia communis et scalam pallatii comitum"; "actum in castro Sancte Sofìe in domo illustris comids sita iuxta scalam turrim et menia". Ubaldi, Storia di un castello cit., p. 213. Ivi, p. 212. Uan, G . Sciachini, 76, n. 3, c. 176v, 31 maggio 1542: "...Vincendus Bisarion de civitate Urbini [...] per presens nuncupativum testamentum [...] et si contigerit ei mori in bello [è poi cancellato in hello] millitie ad quam profecturus est in pardbus Ungarie, quod Deus avertat, ubi sors voluerit [ . . . ] " . A Piandimeleto nel palazzo comitale, presend, certamente tutd commilitoni: Guido Guidalotto urbinate, Bartolo di Ugolino Saivucci da Montefiore, Pierfrancesco Bernardini da Pesaro, Francesco Mathei da Pesaro, Raffaele Anastasi da Urbino, Francesco magistri Cristofani da Urbino, Giovanni Baldini da Tavoleto. Ivi, c. 177v, 2 giugno 1542: "D. nus Leo Franciolinus de civitate E x i n a [...] volens profìsci militiam et ut ne post eius obitum de suis oriatur lis", detta il testamento, obbligando gli eventuali eredi a compiere un pellegrinaggio a Gerusalemme. Fatto a Piandimeleto, nel palazzo dei confi Olivi, presenfi: Filippo Manfredi Brancaleoni di Piobbico, Agostino Caffarelli di Casteldurante, Vincenzo Bisarione di Urbino, Pietro familiare degli Olivi, Pierantonio Agostini di Giacomo di Alessio, Matteo Vangelista e B e n . Giovanni "sub baiulo" di Piandimeleto. Ivi, c. 17lr, 7 gennaio 1542. Ivi, c. 177v, 2 giugno 1542; c. 186v, 28 febbraio 1543; c. 187r, 9 marzo 1543.

C . Leonardi

L'azione politica di Clelia Salamoni

rinnovate alla vigilia d e l l a partenza, v e n d o n o i l o r o b e n i posseduti a M o n t e r o n e (sono tre vendite per u n totale d i 230 fiorini) sentono il dovere, dopo J a sfortunata battaglia d i B u d a , di sostentare le famiglie d e i caduti c o n d o n a z i o n i e d esenzioni fiscali che i n c i d o n o n e l l a falcidia delle loro entrate, come q u e l l a a favore d i D o m e n i c o d i V i n c e n z o d i P i a n d i m e l e t o ("et h o c fecit dictus illustris comes C a r o l u s ob bene m e r i t a dicti D o m i n i c i et q u i a V i n c e n t i u s nepos D o m i n i c i e x sorore [... ] militie c u m dicto comite, obiit") e a favore d i Battista Baldassarri di P i a n d i m e l e t o , per l a m o r t e i n g u e r r a u n g a r i c a ' " p r ò F e r d i n a n d o R o m a n o r u m rege" d e l suddito Baldassarre L ' i n t e n t o d i C l e l i a de S a l a m o n i b u s è quello d i ottenere."alle sorelle del defunto conte Prospero h casteUi d i Piagnano et alla figliola q u e l l i d i P i a n o d i Melete" N o n raggiunto tale scopo, C l e l i a p u n t ò sui suoi crediti e d ottenne i l 24 agosto 1571 u n rescritto pontificio a mezzo del cardinale Alessandro R i a r i o , rescritto veramente s o r p r e n d e n t e per l a c e l e r i t à c o n l a quale l a p r a t i c a aveva avuto i l suo corso e per l a concessione d i quanto C l e l i a aveva richiesto e c i o è che ella e n o n altri fosse tutrice d e l l a n i p o t i n a V i r g i n i a e che le fosse riconosciuto dalla Santa Sede u n credito d i scudi 5734 oltre ad altri 10 scudi per le spese sostenute. C r e d i t o che doveva essere soddisfatto cedendo palazzi comitali e b e n i i m m o b i l i fino a q u e l valore. I l risultato dell'azione politica e d i p l o m a t i c a d i C l e l i a , che a R o m a doveva avere amicizie potenti, trova p i e n a c o n f e r m a d a l frasario inusitato d e l l a c a n c e l l e r i a p o n t i f ì c i a che esige " i n virtute sanctas oboedienti^ et sub e x c o m m u n i c a d o n i s poena" n e l l a f o r m a p i ù rigida, che l a b o l l a p o n t i f ì c i a a p p e n a ricevuta dall'esecutore, i l testo dice "statim recepta",

66

Ivi, c. 187v-188r, 10 marzo 1541. Carlo e Ugolino Olivi v e n d o n o ^ Pietro Q. Francesco Massani "de Monterone plebatus Sextini in Massa Trabaria", terre di Monterone, "cappella Sancte Mustie", voc. "Campo da l'ara" confìnante col "fosso della fonte o del paradiso"; voc. "Gambello, presso i beni 4i Cecco Ubaldi da Monterone; ivi, c. 188r, 10 marzo 1541, terreno a Monterone, voc. "lagiona"; altro; voc."piano de rosa", presso i beni degli Ottaviani di Belforte; ivi, c. 188v, terreno a Monterone, parrocchia S. Mustiola, voc. "Ripa de brugniri" o "della fratta", altro voc. "ranchetto", venduti a Florio q. Filippo Menici di Monterone, presente "donna Candelora olim Philippi de Monterone et olim uxor Rodulphi de Petra Cavola comitum familiaris Plani Meleti cum prcsenda consensu et licentia Fiorii eius fratris carnalis etjacobi Michelangioli de castro Belforte afinis diete Candelore".

67 68 ~ 69^ 70

Cfr. nota 39. Uan, G . Sciachini, 76, n. 3, c. 187 r, 9 marzo 1543. Cfr. nota 40. \Jh-à.\di, Storia di un castello cÌL, p. 21S. , • • Dichiara, infatti, "quod nullus ei sit proximior quam mater et a\ais maternus", 27 settembre 1571. Cfr. Appendice; Uan, B . Perusini, 112, n. 10, c. 42v, 2 ottobre 1571.


Sludi montefellrani

17, 1993

sia eseguita d a n d o "usque ad i n t e g r u m " i 5743 scudi "per c a p d o n e m h o n o r u m h e r e d i t a r i o r u m q. c o m i t u m i l l o r u m " , q u i n d i c o m m u t a t i i n b e n i terrieri e i m m o b i l i , e che a l r i s a r c i m e n t o sia provveduto 'Viriliter", insorgendo verso eventuali contestatori "'^ I l vicario di P i a n d i m e l e t o , F r a n c e s c o Galvani da M o n t e Scudo, p o i c h é si trovava ammalato, c o m m i s e al suo a n n u n c i a t o r e pubblico Agostino Vangeliste d i procedere i m m e d i a t a m e n t e all'esecuzione del mandato, esecuzione piuttosto c o m p h c a t a e faticosa, p e r c h é comportava i l rispetto degli usi feudah d e l p r e n d e r e fisicamente le cose. I l G a l v a n i senza p e r d e r e tempo, "incontinenti", alla presenza dei testimon i e d i due p r o c u r a t o r i d e l l a contessa C l e l i a , A n d r e a M a r e s c a l c h i e d Ettore L a u d i , procede alla consegna: 1) d e l palazzo d e i c o n t i O l i v i i n P i a n d i m e l e t o "darfdo eis possessionem d i c t o r u m d o m o r u m " c o n l a clausola "citra prgeiudicium C a m e r a Apostolicas". I L possesso è materialmente dimostrato "per a p p e r t u r a m p o r t a r u m et ingressum i n eis gerendo et faciendo actus possessionis q u i fieri solent per veros d o m i n o s et possessores". 2) dei b e n i i m m o b i l i terrieri; l a consegna è eseguita d a n d o zolle d i terra e r a m i d i piante, e se si tratta d i vigne con tralci di vite. Sono ceduti, l a descrizione dei c o n f i n i è assai m i n u z i o s a , i poderi: i l C a m p o degli a m a n d o l i ; i l C a m p o d i S a n L o r e n z o ; l ' I s o l a grande presso i l F o g l i a c o n i l colombaio; I l M o l i n o d a grano con i t e r r e n i e le attrezzature; l ' I s o l a p i c i n a ; l a V i g n a grande; l a V i g n a p i c i n a ; l a V i g n a d e l l a contessa; P i a n d i M u t i n o , podere dove sono 18 pecore, 2 castrati, u n a c a p r a e u n bue vecchio; P i a n d i rosa; le C u p e ; le B u s c h e ; i l P i a n o d i C a ' serpe; l a B u c a r a i a d i S a n Pietro, dove sono u n bue e 22 pecore; l a F o n t e d e l dolio a Santa M a r i a d i M o n t i o n i , p o d e r e c o n 13 pecore e tre agnelle; il P r a d o di C o r r a d i n o d i S a n Biagio. I l g i o r n o seguente l'esecutore con i p r o c u r a t o r i e d i testimoni si recano " i n curte castri PetreUi, d o m i n i i eiusdem castri P l a n i Mileti". I l 28 d i c e m b r e 1571 viene consegnato i l M o l i n o d i P e t r e l l a c o n le sue terre n e l l a p a r r o c c h i a d i S a n t ' A n g e l o ; q u i n d i i poderi: l a Ceppata; le C o m e t e d i Santa M a r i a d i Casalecchio; le case d e i c o n t i "sitse i n dicto castro i u x t a stratas publicas et ecclesiam S a n c t i A p o l l i n a r i s " c o n l'orto contiguo. A n c h e i l palazzo di P e t r e l l a è dato c o n l a clausola "citra p r ^ i u d i c i u m i u r i u m Camera? ApostoHcce"; i l p o d e r e Goresto d i S a n t ' A n g e l o ove sono u n a vacca, u n m a n z o , u n vitello, 11 pecore, 3 m a i a l i e 5 servatori; i l C a m p o d e l l ' o l m o ; i l G i a r d i n o ; i l C a m p a c e l o a confine d e l l a corte d i

71

U a n , B . Perusini, 112, n.lO, c. 42v: Cfr. Appendice.

C. Leonardi

L'azione politica di Clelia Salamoni

P e t r e l l a e di R o c c a Pratiffi, podere i n c u i ci spnp 1 bue, 12 pecore, 2 inaiali; i l C a m p o del fiume; l a S e r r a O t t e n u t o questQ p r i m o risultaf^o-Ia p o l i t i c a di C l e l i a che "giovanissima aveva atteso [ . . . ] a governare i vassalli et i figlioli" mirò a proseguire l a missione,' forse con l a speranza nascosta d i lasciare ai cadetti d i casa O l i v i i l governo della contea. L ' o p e r a d e l l a S a l a m o n i fu c o r o n a t a d a successo. L a vedova O l i v i i n i z i ò pratiche vivissime alla corte pontificia a f f i n c h é fosse delegata a reggere, sia p u r e à n o m e d e l l a C h i e s a , lo stato di P i a n d i m e l e t o e d i Piagnano. I n l e r i t i personati d e l l ' o r a t r i c e , scrive i l L a n c i a r i n i m a io credo tutti i m e r i t i acquisiti n e i secoli dalla poUtiCa ecclesiastica degli O l i v i anche se C a r l o I I n e l suo testamento d i a l ' a p p a r e n z a d i spirito laicista indussero G r e g o r i o X I I I ad accordare l a grazia richiesta. I l breve relativo, recante l a data 27 luglio 1573, concedeva a C l e l i a de S a l a m o n i b u s l a f a c o l t à n o n solo d i governare le terre d e l l a contea, m a anche d i godere e di disporre dei b e n i dotali e d allodiali, a patto che d a questa pontificia concessione n o n potesse derivare a l c u n diritto agh e r e d i del conte Prospero. N e l mese d i agosto dello stesso a n n o 1573, M a r i n o Tasso d a U r b i n o , autorizzato d a l governatore d i R i m i n i , prendeva possesso d i P i a n d i m e l e t o e di P i a g n a n o a n o m e d e l l a n o v e l l a investita contessa C l e h a , l a quale, prestato i l dovuto g i u r a m e n t o di f e d e l t à nelle m a n i del cardinale A l e s s a n d r o Sforza, tenne i l governo d e l l ' i n t e r a contea, coadiuvata dal giurista M a r i n o Z a r i suo luogotenente e d a Baldassarre A n g e l i n i vicario fino al d i c e m b r e 1574, epoca d e l l a sua morte.

72

73 74 75

76

Si rìporiano in appendice gli atd integrali, p e r c h é importane per la storia di Piandimeleto e per la storia dell'agricoltura, n o n c h é dei toponomi del contado degli Olivi. Ubaldi, Storia di un castello cit., p. 619. Lanciarini, // Tifemo Mataurense cit., p. 619. "Manca il b e n c h é minimo legato in favore delle chiese e delle confraternite; e date le consuetudini del luogo e del tempo, il fatto sembra non privo di rilevanza" (Allegretti, Pindimeleio c i t , pp. 23-24). Anche l'osservanza dei pochi e modestissimi lasciti è sottratta all'autorità chiesastica: un mastello di grano al mese per i poveri dell'ospedale è affidato a "due uomini" della società ospedaliera; la dote di 25 fiorini all'anno, per tre anni, per una zitella da marito, è affidata agi eredi, da prelevarsi dai bilanci comunali; il fiorino da dare ai poveri "prò male ablatis", grava sugH eredi. Ivi, p. 33. Orazio Spada, commissario per la devoluzione dei domini Olivi, l ' i l dicembre 1574, prendendo possesso del castello, rimuove e scaccia dal castello gli ex ufficiali della contessa Clelia: " [ . . . ] amotis et expulsis extra castrum predictum magnifico domino Mariano Zario iuris utriusque doctore urbinatensi olim p r ò illustrissima domina comitissa Clelia de Salamonibus Oliva locumtenente, et domino Baldassare Angelino p r ò dieta illustrissima domina comitissa \icario". Strumento in copia del


i

Studi montefeltrani

La

Reverenda

Camera Apostolica

era

sollecita a

7, 1993

reclamare

la

d e v o l u z i o n e dei d o m i n i O l i v i a l l a S a n t a Sede. I l 4 d i c e m b r e 1574 i l cardinale di

San

Sisto c o m u n i c a v a a l p r e s i d e n t e d i

"essendo m o r t a l a contessa di

P i a n o di

Romagna

Meleto", e r a n o

"di

che altri

l u o g h i d i q u e l l a g i u r i s d i z i o n e " , e che p e r t a n t o "se n e doveva pigliare i l possesso i n n o m e d e l l a C a m e r a ApostoUca", i n c a r i c o affidato

ed

eseguito con i m m e d i a t a s o l e r z i a dal c o m m i s s a r i o O r a z i o S p a d a govern a t o r e d i R i m i n i , che ci h a lasciato m i n u t a r e l a z i o n e dj q u e l possesso '^^. E g l i trova a P i a n d i m e l e t o , o r m a i sottoposto al g o v e r n o d i R i m i n i , l a p o r t a d e l castello c h i u s a e p e r t a n t o ^ i r e c a al c o n v e n t o d i S a n t ' A g o s t i n o dove sono a d u n a t i i quattro p r i o r i d e l l a c o m u n i t à , i q u a l i f a n n o atto d i sottomissione a l l a S a n t a Sede; poi r i t o r n a c o n essi, p a r t e n d o s e m p r e d a S a n t ' A g o s t i n o , al palazzo dei c o n t i O l i v i , d e l q u a l e , d o p o proteste e assicurazioni, p r e n d e le chiavi i n segno d i sottomissione e d i possesso. C o s ì l a corte di P i a n d i m e l e t o , tanto difesa e r i e m p i t a d a C l e l i a dei suppellletih, con G o v e r n o e poi

a n c h e spoglia delle

antiche

l ' u n i c a c o n s o l a z i o n e d i essere diventata sede della C o m u n i t à ,

e anche

questo solo per

del

benigna

concessione d e l l a R e v e r e n d a C a m e r a A p o s t o l i c a

77 78

Appendice

L'azione politica di Clelia Salamoni

,

^ :

Uan, Benedetto Perusini, n. ir2, 10, 2 ottobre 1571, ce. 42v-48v.

nuovo

devoluti a l l a C a m e r a i castelli d i P i a g n a n o e d i P i a n d i M e l e t o c o n

S a l a m o n i O l i v i , r i m a n e v a v u o t a e poi

C. Leonordi

notaio M.A. Zanotti, in Bibl. Gambalunga Rimini Collectanea Zanotti, ms., voi. X , ce. 563-578; pubblicato da Allegretti, Piandimeleto cit., pp. 28-32. E ' pubblicata integralmente da Allegretu, Piandimeleto cit., pp. 28-32. I I palazzo dei cond Olivi non fu donato alla c o m u n i t à di Piandimeleto dal conte Prospero, come afferma il Lanciarini (Il Tifemo Mataurense eh., p. 626), ma ceduto in enfiteusi nel 1725 dalla R.C.A. (Allegretti, Piandimeleto cit., p. 52).

/ c . 42v/ Pro illustri domina Clelia de Salamonibus comitissa Plani Mileti'. Extractus in publicam formam instantibus iniroscriptis eius procuratoribus. Die secimda octobris 1571. I n Christi nomine amen. Anno a nativitate eiusdem M D L X X I indictione X I I I I sedente Pio quinto pontifice maximo die vero X X V I I mensis septembris. I n mei notarli testiumque in [fra] scriptorum presentiapresentes et personaliter constituti venerabilis d.nus Andreas Marescalcus et Hector Landus de castro Plani Mileti procuratores ili.mas d.nse C l e l i a de Salamonibus comitissas Plani Mileti, prout de eorum mandato dixertmt constare manu publici notarli, item habentes quoddam mandatum exequutivum ab ill.mo et rev.mo d.no auditore cameras apostoliche illiusque in civilibus locumtenente ad instantiam scriptam illustris d.nse CleliEe et contra d.nam Virginiam Olivam relaxatum, tenoris instrumenti videlicet: Ill.mo et rev.mo d.no d. Aloysio miseratione divina tituli S.ti Marci presbiteri cardinali Cornelio ntmctipato S.tse romanse ecclesi£e camerario alm^e urbis vicario generali gubernatori senatori curiae Capitolii collateralibus coeterisque romanas curias iudicibus necnon magnificis d.nis gubernatoribus Civitatis Castelli et ariminensi, vicario terree Plani Meleti et aliarum quarumcumque civitatum <afianco è scritto: Et data copia comid Anibali Olivo die 4 novembris 1588> terrarum et locorum S.tae romanae ecclesise mediate vel immediate subiectarum, gubernatoribus eorumque auditoribus viceauditoribus locumtenentibus, potestatibus, vicariis, ministris, civium capitaneis, castellanis, barisellis, clientibus, exequutoribus, subexecutoribus ac illi vel illis ad quem vel quos presentes nostree litter^e pervenerint ubilibet constitutis et eorum cuilibet in solidum Alexander Ryarius Dei et apostoliche sedis grada electus patriarca Alexandrinus ss.mi d.ni nostri pap;^ eiusque camerarii; nec non curiae earum cameras ap.cse generalis auditor romanseque curise iudex ordinarius sententiarum quoque et censurarum / c . 4 3 r / in eadem romana curia et extra eam latarum et promulgatarum ac quarumcumque litterarum apostolicarum universalis et in omnibus exequutor specialiter deputatus, salutem in Domino. E t nostris huiusmodi immo verius apostolici firmiter obcdire mandatis noveritis quod nuper ss. d. n. Plus divina providentia papa quintus quamdam communis papiri csedulam nobis per unum ex suis cursoribus presentare fecit huiusmodi sub tenore, videlicet: Beatissime Pater. C u m devota sanctitatis vestras oratrix Clelia de Salamonibus sit creditrix heresque q. Caroli Olivi tunc comitis Plani Meleti sui viri, illius hereditatis et honorum in notabilibus pecuniartim summis ratione dotis suse ac iurium dotalium quam debitorum eiusdem comitis Caroli, per ipsam oratricem de suo proprio, ex paterna hereditate acquisito ut stabilia bona dicti comitis comunibus filiis conservaret satisfactorum a quam multorum pluribus creditoribus cessionem iurium habet contra dicttim comitem Carolum et eius bona et ex aliis diversis capitibus in actis causas et causartim huiusmodi latius deducendis. Cumque diu per dictos heredes fuerint detenta nonnulla bona stabilia in dicto comitatu Plani Meleti vel alibi existentia ad eamdem oratricem iuxto titulo spectantia nec non et inveniatur obligata dieta oratrix tam p r ò comite Prospero eius fìlio ex dicto stto viro quam p r ò eodem comite Carolo suo marito in qiiampluribus pecuniarum summis erga diversas personas a qtiibus quotidie urgetur ad solutionem cum promissione tamen relevationis indemnitatis eorundem mariti ac filii atque alias pretensiones habeat contra dictos quondam comites Carolum et Prosperum, ac bona eorum caperet modo quod iuris est consequi et a dictis obligationibus liberari indemnisque conservare Verum,


studi motitefeltrani

17,

1993

pater sancte, quoniam proximis elapsis dicbus /c. 43v/ supremos vitcc su2e dies dictus Comes Prosper, pra^fati c o m i d s Caroli filius et heres atque honorum et hereditatis eius posessor clausit, relieta post se tantummodo unam filiam in infantili retate constitutam; qu•^e non nisi per legitdmam pcrsonam habentem in iudicio stare posse dicitur ipsiusque oneribusvalde interesse non diutius differre dictorum suorum creditorum consequdonem et ab obligadonibus quibus accessit liberadonem, ne posteain dubium revocare condngat de validitate actorum, supplicat sanctitatem vestram dieta oratrix quatenus dignetur reverendo patri d.no auditori Cameras, corani quo de maiori obligationum prefatarum i n forma Camerse pacta condat, committere et mandare, ut condito sibi summarie videlicet de minori atque infandli aitate dictse puellse, et quod ea iudicium et defensionem suscipcre possint citadonem cum inhibidone contra dictos matrem et avum maternum ad legidme coram eo comparendo» ac dictas infai^tis defensionem suscipiendos decernat quibus non comparendbus neque dict^e infands defensionem suscipiendum eidem infand curatorem ad litem et causam huismodi ex officio edam nullo petente deputet, quo citato ad expedidonem causEe et causarum prout iuris fuerit procedat quam et quas dieta oratrix habet et manet habere quam et movere vult et intendit, cum omnibus et singulis suis incidendbus, dependendbus,. emergendbus, annexis et connexis totoque negotio principali summarie ac prout in benefficialibus tam coniuncdm quam divisim, et iuxta sdlum sui tribunali» et prout de iure audiat et cognoscat, ac fine debito terminet ac dccidat, cum potestate eam in reverenda Camera quam extra eam citandi etiam per edictum constilo sibi summarie videlicet de non tuto accessu, quibus, quando et quoties opus fuerit /c. 44r/ edam sub censuris et penis suo arbitrio moderandis, applicandis, inhibendis et singulis diebus prseter quam in honorem Dei feriatis proccdendis. Nec non cum facultate, quia bona prò solu'done suorum creditorum non sufficiunt, ac frucdbus interim percipiuntur, cogendi ad idoneum satis dandum de dicds frucfibus resdtuendis in eventum succumbcndae, et in eventum non satisfationis dictos fructus apud unam vel plures idoneas personas quatenus iuris fuerit sequestrandi, atque cum alìis facultatibus, necessariis et oportunis, consdtudonibus et ordinationibus appostolicis sfilo c u r i ^ ceterisque in contrarium faciendis non obstantibus quibuscumque statumque prò piene et sufficienter expressum habendum. Quse quidam commissio duas in eius pede habebat signatura» quarum prima talis erat, videlicet: de mandato d.ni nostri papK, idem auditor camarae consfito de assertis et summarie de non tuto accessu citet edam per edictum inhibeat etiam sub censuris et penis decernat curatorem deputet cogat procedat ut pefitur et iusdfiam faciat. Secunda vero talis erat, videlicet: Placet R.N.PP. Cardinali ab Ecclesia. Cuius quidem communis vigore decreta cittadone ad partes contra d.nam Virginiam fìliam filiadonis q. comifis Prosperi Olivi infantem ad comparendum legidme et alias prout in preinserta communicadone continctur illaque in parfibus in personam suorum tutorum et curatorem exequtam et in acds reproducta, nec non prò verificafione contentorum in eadem preinserta communicadone, producds coram nobis instrumentis dotis dictae ill.mas d . n ^ C l e l i a ac quietanfiarum solufiones eiusdem ac verificads verifìcandis et ad diversos actus iudiciales processo tandem citads ad hoc d.no Lazzaro Cagnaccio / c . 44v/ curatore ex officio deputato nec non magnifico d.no Fazzino de Fazzinis iuris utriusque doctore in romana curia et dictas Virginiae procuratore seu actore ad litem mandatum exequendum contra hereditatem et bona q. magnificorum d.norum comitum Caroli et Prosperi prò scutis quinquemillibus sepfingcntis triginta quatuor monet£e prò sesta parte ac donafione propter nuptias ac parte accontii dods dict^ illustris d.n^e C l e l i a acto quod per mortem dictorum q. comitis Caroli et Prosperi eius fìlli factus est locus valutafioni dictas dofis sine tamen prasiudicio fructuum eiusdem ill.m^e d . n ^ C l e l i a competenfium decernendum et relaxandum fore et esse duximus prout decernimus, relaxamus et exequi mandamus in bonis et hereditate dictorum d.norum comitum p r ò

C. Leonordi

L'azione politica di delio Salamoni

dieta summa per presentes. Quapropter vos ill.mum et rev.mum d.num cardinalem antedictum tamquam fidei et iusdtix zelatorem et in terris ecclesia gladii saccularis principalem vibratorem in domino hortamur ut ex parte ss.mi d.ni nostri papse requirimus vobis vero iusdtias ministris quibuscumque in virtute sanctas oboediendse et sub excommunicafionis pcena districte precipimus et mandamus quatenus statini recepds pr^sentibus tandiu per captionem honorum hereditariorum dictortmi q.. comitum illorum quam vendidonem subhastationem dilibcradonem et alium quemvis modum canonicum vobis seu alteri vestrum benevisorum usque ad integrum dictorum scutorum quinquemillium sepdngentorum triginta quatuor monetas safisfacdonem ac scutorum decem auri prò expensis presenfis mandafi refecdonem viriliter insurgads ac insurgi faciatis/c. 45r/ donec alluda nobis vel superiori nostro super hoc habueritis in mandafis in premissis aliter vos habentes quod nota contenta seu contumacia vobis nuUactenus adscribatur. I n quorum omnium et singulorum premissorum fidem presentes exinde fieri et per notarium nostrum infrascriptum subscrihi sigilloque dictae camerae apostolica quo udmur iussimus appensione muniri. Datum R o m ^ in edibus nostris sub anno a salutifera nativitate millesimo quingentesimo septuagesimo primo, indicdone decimaquarta, die vero vigesima quarta mensis augusd, pontificatus ss.mi d.ni nostri d.ni Pii divina providentia papié quind anno sexto. I n fine vero dicti mandad exequtorii erat subscripdo notarli causas ah uno latere videlicet "Gaspar Reydettus curile causarum camerae apostoliche notarius". Ah alio vero laterc erat subscripdo locumtenenfis r. pu. auditoris camera; videlicet "Dominicus Pinelli locumtenens". I n pede vero dicd mandad exequdonis erat appositum sigillum cum impressione dicd d.ni. auditoris. camera appensum cum cordulis rubeis more sollito et loco dicd sigilli crucem impositam videlicet "Loco + sigilli". Requisiverunt dicd procuratores una simul magnifìcum d.num Franciscum /c. 45v/ Galvanum del Monte Scudulo ariminensis dioecesis, dicd castri Plani Miled vicarium specialeni ministrum ibidem pr^sentem, quatenus ad instanfiam supradictie ill.ma; d.n^ C l e l i a in bonis olim illustris comids Caroli et sucessive Prosperi Olivi prò summa et quantitate scutorum quinque milium et sepdngentorum triginta quatuor prò sorte principali, ac scutorum decem auri prò expensis eiusdem mandad, ipsum mandattim exequi vellet. T u n c dictus dominus Franciscus vicarius u d obediens fìlius accepto ipso mandato ea qua decuit reverenda et quia propter eius egritudinem non potest personaliter exequi, commisit Augusdno Vangelistae eius puhlico nundo et exequutori curias dicd castri ibidem presenfi et intelligend quatenus ad eorundem procuratorum instanfiam vadat ad bona olim dictorum illustrium d.norum comitum, et super eis de bonis exequudonem actualem faciat et procedat prout et sicut in dicto mandato confinetur et sibi commitdtur etc. Rogantes me notarium intestatum ut de his omnibus unum vel plura conficere [m] instrumentum et instrumenta. Actum in castro Plani Miled in palano detto la corte residenfia dicd d.ni vicarii, praesenfibus ibidem Ioanne Paulo Giagnolo et Mariotto lacobi de dicto castro tesfibus ad suprascripta vocafis etc. Qui Augusfinus plazarius et exequutor publicus incondnenfi post sibi factam comissionem volens parere mandatis et exequi prout tenetur, adhibids supra scripds tesfibus, instandbus procuratoribus puhlicis ill.mae domine Cleliae: I n primis et ante omnia actualem et realem exequudonem fecit ad computum dictse s u m m ^ scutorum quinque milium et sepdngentorum triginta quatuor prò sorte, et scutorum decem auri prò expensis ut supra, in domihus olim dictorum d.norum comitum, dando eis possessionem dictarum domorum sitarum in dicto castro Plani Miled iuxta bona undique dictorum comitum et castrum pra^dictum; et hoc per apperturam portarum et ingressionem in eis, gerendo et faciendo actus possessorio» qui fieri solent per vero» dominos et possessore» rerum suarum etc. Quae possessio domorum predictarum sit


Sludi monlefeltrani

! 7,

1993

et esse intelligatur citra preiudicium camera? ap.c^e et non alias, aliter, nec alio modo etc. Et post discessum ex dictis domibus una cum suprascriptis tesdbus e t me notano intradicto Augustinus publicus exequutor ut stipra deputatus instandbus procuratoribus supra scriptis / c . 4 6 r / exequutionem reaiem et actualem fecit virtute suprascripti mandad exequutivi, et ad computum dict^ summ^e scutorum 5734 et dictarum expensarum: in uno pedo terr^ laborata? vita tee arborata^ et plantatce s i t a s in curte dicti castri in parochia S. ti Blasii vocabulo il campo degli amandoli iuxta vias a tribus et fossatum, et in signum vera? exequudonis immisit procuratores ipsos in corporalem possessionem et tenutam dicd pedi terrae, dando et in eorum manibus de ramis arborum et glebis terr^, alia et faciendo prout in similibtis fieri solet'etc. item in imo alio petio terra? laboradvas et saliciatas sitae in dieta curte et parochia vocabulo campo de San Lorenzo iuxta vias a tribus, bona e c c l e s i c C S.ti Augustini, bona heredum ser Vangelistae et alia latera; ' item in imo alio tenimento terrarum laborat[arum] cum columbario in eo existerite sito in dieta curte e t parochia vocabulo l'isola grande iuxta flumen Folca?, vias commVmis a duobus, bona loannis Antonii, bona heredum ser Vangelistae et bona Serafini Battane; de quibus duobus petiis et tenimento dictus Augusfinus exequutor dedit in manibus dictorum procuratorum ita instantium de ramis arborum de glebis terree, et in signum vere exequudonis et possessionis eos intromisit in dicto columbario per aperturam hosdi, ibi stando prout eis placuit absque uUa contradicfione, videntibus dicds testibus ut supra etc. Item Augusfinus exequutor predictus ad dictam exequutionem procedendo, instandbus dicds procuratoribus et coram dicUs tesdbus, exequudonem fecit reaiem et actualem in molendino ad granum cum suis perdnenliis tedifidis et agiamentis, sito in dieta curte e t parochia in flumine F o l e ^ et in eius introydbus et reddidbus, e t in signum ver;e exequudonis atque possession is dictos procuratores intromisit in domibus dicd molendini, in quibus steterunt prout ipsis placuit et protestad fuerunt se nomine dictee eorum principalis e s s e in tenutam et corporalem possessionem dicd molendini et aliarum terrarum ut supra apprehensarum mediante dieta cxequudone et omnia possidere ad bonum computum dicd credid eorum principalis etc. I t e m in uno petio terra? laborata? et prativa et arboratae in dieta curte et parochia vocabulo risola picina iuxta menia dicti castri, viam communis et fiumen Folca?; / c . 46v/ item in uno alio tenimento terrae laborata? vineatas et canetat^ sitie in dieta curte et parochia vocabulo la vigna grande supra flumen F o l e ^ , vias communis, bona heredum Diotaleve Marescalchi et bona Vangelistas Christofori Gioii; item in uno pedo terrae vineatee in dieta curte et parochia in vocabulo la vigna picina iuxta vias communis et flumen Foleee; m uno alio petio terras vineatee in dieta curte et parochia S.d Petri, vocabulo la vigna della Contessa iuxta bona d.ni Marci Malaspin^, bona Bartholomei GuCrrerii et viam communis, de quibus quatuor petiis e t tenimento terrarum, post dictum molendinum apprehensum, dictus Augustinus exequutor, adstandbus semper dicds testibus, in signum v e r ^ exequudonis et possessionis ut alias supra dedit in manibus dictorum procuratorum de ramis arborum e t de glebis t e r r a e ultra facto ducdonem in qualibet dictarum petiarum terras facta ab eis in unoquoque petio terree. Item

Item dictus Augustinus exequutor, instantibus etiam dictis procuratoribus, dictis testibus presentibus, procedendo ad exequutionem prcdictam ad computum dict:irum pecuniarum ili. d.nas Cleliie principalis, exequutionem reaiem et actualem fecit in uno potere cum domibus et terris laborativis prativis et sodivis, sito in dieta curte parochia S.d Blasii a flumine Folca intra, vocabulo pian di Mutino iuxta flumen F o l e « , viam communis, bona hospitalis S.ti Antonii et alia latera. I n quo potere penes Alexandrum Peregrini laboratorem

C . Leonardi

L'azione politica di Clelia Solamoni

extant, ut asseruit ipse laborator, decem et octo pecudes, duo castrati, una capra et bos unus vetus; item in una teneuta terrarum 1 aboratarum sita in dieta curte in parochia S.ta? Marias vocabulo pian dirosa iuxtaflumen Folca?, viam communis, viam vicinalem et bona Serafini Battane; item in uno pedo terree silvatae in dieta curte et parochia vocabulo le cupe- iuxta bona Andreee sutoris et bona Ghiraldi Io. Antonini; item in uno petio terree laboratae in dieta curte et parochia vocabulo le busche iuxta flumen Foleas et viam; item in uno petio terrae laboratee in dieta curte et parochia vocabulo ilpiano de la serpe iuxta viam communis, flumen Folea? et bona Francisci Menci de Lunano dando idem exequutor procuratoribus suprascriptis ibidem existentibus et instantibus et coram dicds testibus de suprascritpo potere et terris suprascriptis, in quibus omnibus fuerunt semper intromissi, de glebis terree et ramis arborum in signum veras exequutionis, possessionis et tenutae. / c . 4 7 r / Item Augustinus predictus exequutor prosequens dictam exequtionem virtute commissionisetinstantiee supra factasvidelicetfecitet exequutionem coram dicds tesdbus et me notarlo in uno alio potere cum domibus et terris laborativis prativis sdrpatis et grippatis in dieta curte in parochia S.ti Petri vocabulo ca bucaraia iuxta viam communis ab uno, flumen Mudni, fossum S.ti Petri, bona dicti Francisci Menci de Lunano, bona d.ni Marini de eodem, bona heredum Christofori Guglielmi, bona heredum Filippi et Sebastiani Mathei de Plano Miled et alia sua latera, cum omnibus suis perdnendis et iuribus etc. I n quo potere extant penes Nicolaum et Baldasarem Io. Ridi de Plano S.ti Angeli laboratores ut ipsi asseruerunt unus bos et pecudes numero viginti duo; item in uno alio potere cum domibus et terris laborativis prativis sodis et grippatis sitis in dieta curte Plani Mileti in parochia S.ta? M a r i ^ de Mondone vocabulo la fonte del doglio iuxta vias publicas, fossum, bona Ceccaroni de Lunano, bona Perioanis Pergendlis de eodem, bona Hieronymi Salvatoris de Plano Mileti, bona Francisci Menci de Lunano, bona Ludovici Perini de Lunano, et alia latera. I n quo potere extant penes Barthodum Bernabei de Plano Mileto laboratorem pecudes numero trcdecim et tres a g n « ; et de quibus duobus poteribus supra scriptis dictus Augustinus exequutor in signum veras exequudonis et tenutae dedit in manibus dictorum procuratorum ad computum crediti eorum ili. mae d.nee principalis glebas terrae et ramos arborum in eisdem poteribus exixtentia, ultra intromissionem factam in domibus et terris dictorum poterium, in presentia tamen semper dictorum tesdum et mei notarli infradicti. Item in uno petio terras laborativas arboratas et vitatee edam exequutionem fecit ut supra, sito in dieta curie in parochia S.ti Blaxii vocabulo ilprado de Coradino iuxta flumen Foleee, viam communis et moenia castri Plani Mileti, dando idem exequutor deputatus ut supra predicds procuratoribus coram dictis testibus et me notarlo de glebis terree et ramis arborum et vitium in signum v e r ^ tenutae et exequutionis factas. / e . 47v/ Qui predicti procuratores nomine eorum principalis coram tesdbus suprascriptis protextati fuerunt esse in corporalem et actualem possessionem ac tenutam dictarum terrarum in poterium ac domorum et possidere nomine prsedicto animo et corpore, pariter ac molendini et eius introytuum ad computum dictorum scutorum quinque milium septingentorum trigintaquatuor p r ò sorte principali, et p r ò scutis decem auri p r ò expensis ut supra, singula singulis congrue referendo etc. Rogantes me notarium infrascriptum ut de predicds omnibus publicum conficerem instrumentum et instrumenta cum animo tamen die crastina exequutionem complendi et faciendi in bonis olim predictorum illustrium d.norum comitum existentium in curte castri Petrelli, dominii eiusdem castri Plani Meleti. <A margine. Pro eadem ill.ma d.na Clelia de Salamonibus comitissa Plani Mileti. Extractum


Sludi monfe Feltra ri

17, 1993

cum altero instrumcnto scripto in publica forma.> In Christi nomine amen. Anno a nativitate ut supra 1571, die 28 mensis decembris. I n curte castri Petrellae apud molendinum olim illustrium d.norum comitum castri Plani Miled, iuxta viam, flumen Marecchiee et terras dicd molendini, presendbus d.no Georgio de Sancta Agata, Ioanne Antonii de Petrella alias Zaffagnino et Pasquino Gregorii de Cassalecchio incola Petrelbe tesdbus ad infrascriptam molendini exequudonem vocatis habids et rogatis. Augusdnus Vangelista?, nuntius et exequutor deputatus a magnifico d.no vicario castri Plani Mileti ad exequendum mandatum exequutivum coram eo productum per d.num Andream Marescalcum et Hectorem Landum procuratores ill.mas d.nas C l e l i a comitissae Plani Miled p r ò eius credilo scutorum 5734 et scutorum decem auri p r ò expensis ut supra sic in altero instrumento manu mea, volens prosequi et compiere exequutionem prasdictam, instandbus dicds procuratoribus exequudonem actualem et reaiem fecit, ad computum dict^ summa; scutorum 5734 et decem s c u t o r u m ' p r ò expensis ut supra super terris laborativis contiguis dicto molendino et eius pertinentiis et agiamentis sitis in curte castri Petrellee in parochia S.ti Angeli iuxta fUunen Marecchiae, bona ecclesiae S.tae Marias, bona illorum de Maciano, viam publicam, fossatum Redachini et alia latera; item de uno pedolo terras laborativae vocabulo la ceppata iuxta bona Cicchi Lucee et stratam / c . 4 8 r / publicam. Et in signum veras exequudonis intromisit dictos procuratores in domibus dicti molendini, et dedit in eorum manibus de glebis terras et ramis arborum dictarum terrarum dicto molendino contiguarum, et alia fecit coram dicds testibus proni in similibus requiritur. Item exeqiuidonem fecit coram dicto Ioanne Antonii et Baldo Io. Benedecdni de Petrella testibus, videlicet in uno petio terree laborativas in dieta curte in parochia S. Marias Casalecchi vocabulo le comete iuxta bona Artgeli Baptlstae, bona Christofori Augustini, bona Gasparis Micheletd et via [m] a tribus, de quo pedo terras in signum actualis et realis exequudonis dedit in manibus dictorum prociu-atorum de glebis terree et ramos arborum. Item dictus Augusdnus exequutor proficiscens in castro Petrelle cum dicds procuratoribus et me notarlo infrascripto ac dicto Ioanne Antonii et Vangelista Georgii de Petrella in tesdbus vocads, ad computum dicd credili exequudonem fecit in domibus olim dictorum d.norum comitum sids in dicto castro iuxta stratas publicas et ecclesiam S.d Apolinaris, et in horto contiguo; et in signum actualis et realis exequudonis accepit cleives primas portae dando in manibus dictorum procuratorum, eos etiam introniittendo, et in ea stando ad eorum libitum, et prasdicta exequutio in dieta domo facta sit et esse intelligatur citra preiudicium iurium camarse apostolicae, prout fuit edam facta et reservata in domibus existendbus in castro Plani Miled. E t ex dicds domibus exeundo Augusdnus exequutor predictus instandbus procuratoribus supra scriptis ut supra exequudonem actualem et reaiem fecit in uno tenimento terrse laboratae vineatas prativa? cerquatee et arboratas sito in curte Petrelle in parochia S.d Angeli vocabulo Foresto iuxta vias communis a quatuor lateribus, hortos nonnuUorum de dicto castro, bona Filippi loannis et d.nae Caterinee eius sororis, bona Stephani de lubanne et fossatum Redachini. I n quo tenimento terrie Augusdnus Benedicd laborator ut asseruit tenet unam vaccam, unum manzum, unum vitulum, pecudes undccim, tres porcos et quinque serbatores ex capitali olim illustris comids Prosperi Olivi; item in uno petio terras laboratas sito in dieta curte et parochia vocabulo il campo / c . 48v/ de l'olmo iuxta vias publicas a duobus, bona lulii .sac.i et bona Matheudi et bona ecclesiae S.ti Apolinaris; item in uno petio terras laboratas et arborata in dieta curte et parochia vocabulo il giardino iuxta viam publicam ab uno, fossatum Redachini, bona Bartholomei Dantis et bona Cesaris de Petrella; item in uno tenimento terrarum laborativarum et pratìvarum cum domo in eo existente

C , Leonardi

L'azione politica di Clelia Salamoni

sito in dieta curte et parochia vocabulo il campaccio iuxta confinia curtis Petrelle et curds Roccha? Pratiffi, flumen Marecchiae, bona ecclesias S.d Apolinaris, bona illorum de Penna Billorum et alia latera, in quo tenimento et domibus extant unus bos, pecudes duodecim et porci duo; item in uno pedo terrae laborativae et cerquatee in dieta curte et parochia vocabulo il campo delfiume iuxta flumen Marecchie, bona Michelangeli Mathei de Petrella et viam publicam; item in uno alio petio terrae laboratae in dieta curte et parochia vocabulo laserra iuxta bona dicd Michelangeli et viam et alia latera. I n quibus omnibus bonis, terris, tenimends et domibus respectivis dictus Augusdnus exequutor virtute d i c t ^ commissionis sibi factae et mandati exequutivi presentad ut supra, actualem et reaiem exequudonem fecit coram dicds tesdbus et me notarlo. I n cuius exequudonis signum de omnibus suprascripds terris dedit in manibus dictorum procuratorum de glebis terrae et ramis arborum in eis existendum. Qui procuratores protestati fuerunt coram dicds tesdbus se nomine dictae ill.me d . n ^ Cleliae comitissae esse in tenutam et actualem ac corporalem possessionem omnium suprascriptarum terrarum et domorum in quibus facta fuit actualis exequutio per dictum Augusdnum exequutorem, et ea omnia possidere anima et corpore p r ò dicto credito eorum illustris d . n s principalis scutorum quinque milium sepdngentorum triginta quatuor, et scutorum decem auri p r ò expensis mandad exequutivi, et omni alio meUori modo quo potuerunt et possunt. Rogantes me notarium infrascriptum ut de omnibus supra scriptis publicum conficere [m] instrumentum et instrumenta unum vel plures, et totie [s] quoties opus fuerit. Et ego Benedictus q. Io. M a r i ^ de Perusinis notarius duranfinus rogatus scripsi et mandatum exequutivum per filium meum registrare feci in dicto instrumento.


Andrea Brisigotti

La formazione del borgo di Macerata Feltria tra Quattro e - Cinquecento


17, 1993

Sludi montefeltrani

Macerata Feltria sorge nelle immediate vicinanze del distrutto municipio romano di Pitinum Pisaurense ^. Centro di antica fondazione, si sottomise nel 1233 al comune di Rimini, con cui instaurò un duraturo rapporto di alleanza, che la portò ad essere sede del commissario malatesdano, fmo alla caduta della signoria dei Malatesd 2. Raggiunse, nel X I V secolo, una notevole importanza, testimoniata da monumenti ed opere d'arte; nel 1371 venne "descritta" come la seconda terra del Montefeltro, dopo San Marino, con una consistenza di 215 fuochi 3. Nella prima metà del '400 partecipò come alleata di Rimini alle lotte tra Montefeltro e Malatesd per il primato sulla regione, restando coinvolta nella sconfitta di quesd ultimi' e passando definitivamente nel 1463 sotto i l dominio del conte Federico da Montefeltro. L a riorganizzazione dello stato, che seguì la conquista, e che si protrasse anche dopo la morte del duca, si manifestò visivamente soprattutto nell'aspetto militare, con la creazione di quel mirabile sistema di difesa cui collaborò l'architetto senese Francesco di Giorgio Mardni. Macerata Feltria alla fine del '400 e nel primo '500: ed attività

immigrazione

Si verifica in questo periodo a Macerata Feltria un afflusso notevole Abbreviazioni; Acmf;

A r c h i v i o storico c o m u n a l e ,

Apmf:

Archivio parrocchiale, Maceratafeltria

Asf:

A r c h i v i o d i stato, F i r e n z e

Asp.

A r c h i v i o d i stato, P e s a r o

Maceratafeltria

ed ivi: Nmf: Sasu:

Notarile

Maceratafeltria

A r c h i v i o d i stato, P e s a r o , s e z i o n e d i U r b i n o atti n o t a r i l i i n p r i m a stesura

P e r u n a b i b l i o g r a f i a s u P i t i n u m P i s a u r e n s e si c i t a n o : V . M . C i m a r e l l i , istorie dello stato di Urbino detta Umbria Senonia e de lor gran fatti in Italia delle città e dei luoghi che in essa al presente si trovano, di quelle che distrutte già furono famose et di Corinalto che dalle ceneri di Suasa hehbe l'origine, B r e s c i a 1649; P A . G u e r r i e r i , Il Montefeltro illustrato, ( p a r t e I H , c a p i t o l i I V - X , de La Carpegna abbellita el il Montefeltro illustrato), a c u r a d i L . D o n a t i , R i m ì n i 1979; G . C . S u s i n i , Pitinum Pisaurense, i n " E p i g r a p h i c a " , X V I I I , 1956; W . M o n a c c h i , Pitinum Pisaurense. Testimonianze di vita quotidiana, M a c e r a t a F e l t r i a 1989.

la forma7Ìone del borgo di MocorataMlria

A. Brisigotti

di immigrati provenienti non solo dal contado o dai paesi limitrofi, ma anche dall'Emilia e dalla Lombardia. Questo fenomeno, anche se inquadrabile in un secolare flusso migratorio che coinvolse soprattutto slavi e albanesi nella bassa Marca, ma anche lombardi e abruzzesi, nella fase di colonizzazione agricola che caratterizza tutto il X V secolo, si diversifica per la qualifica di moki immigrati, che non sono sempre contadini, ma muratori, falegnami, carpenderi e generalmente artigiani 4. Le immigrazioni si accompagnano, a Macerata, a una fase di intensa attività edilizia e di sviluppo urbanisdco: sviluppo che, protrattosi nel corso della prima metà del secolo seguente, realizza un secondo importante nucleo urbano nell'area dell'andco "mercatale", e definisce per i secoh successivi l'aspetto del paese. Alla edificazione del mercatale, e alla nascita del "borgo", è dedicato il presente studio, che condensa i risultati e gli elaborad della tesi di laurea in architettura dello scrivente ^. Per quanto riguarda l'afflusso migratorio, le fond documentarie constano di diversi libri di atd notarili e di registri di cause civili e criminali, che consentono, per gli uldmi 25 anni del '400, di analizzare solo un periodo ben preciso, senza fornire notizie certe sull'arrivo di i m m i g r a t i a Macerata F e l t r i a . T a l i documenti testimoniano compravendite di case o terreni o prestazioni d'opera o citazioni di tesd, e rivelano quindi una presenza non solamente stagionale all'interno della comunità. Limitatamente agli immigrati che provengono da località esterne al ducato, si annota un'intera famigUa proveniente da Torno, una località a pochissimi chilometri da Como sul lago omonimo, costituita dai fratelli Martino, Giacomo, Domenico, Bernardo e Mafiolo, più due nipoti: Giovanni, di cui non si conosce la paternità, e Bartolomeo di Giacomo ^. D i essi si sa che almeno tre sono sicuramente muratori (mastro Martino, mastro Giacomo e mastro Domenico) e che proba-

4

Per la problematica

relativa all'immigrazione

agricola nelle Marche

A n s e l m i , L'agricoltura

marchigiana

storica, i n Insediamenti

nella dimensione

coloniche economia del podere nella storia dell'agricoltura

marchigiana,

v e d i : S.

rurali,

case

c u r . S. A n s e l m i ,

A n c o n a 1986, p . 3 1 . 5

A . B r i s i g o t t i , / / mercatale di Macerata Feltria: formazione

e sviluppo fra

'400 e '500,

Univ.

F i r e n z e , A r c h i t e t t u r a , a. a. 1989-90, r e i . G . C . R o m b y . P e r u n q u a d r o s t o r i c o g e n e r a l e v e d i : G u e r r i e r i , / / Montefeltro illustrato cit.; G . B . M a r i n i , Sag^o di Ragioni della Città di San Leo detta già Montefeltro, P e s a r o 1758; L . T o n i n i , Della storia civile e sacra riminese, 6 v o l i . . R i m i n i 1848-1888; G . F r a n c e s c h i n i , I Montefeltro, M i l a n o 1970; N . C e c i n i , R . C a s e l l i , Macerata Feltria, U r b a n i a 1976. M . F a n t u z z i , Monumenti Ravennati, V e n e z i a 1804.

6

A s p , Nmf

G a s p a r e M a r a t i n i , 1 4 7 7 - 1 4 8 1 , ce. 4 0 r , 56v-57r, 73v, 80v, 8 1 r ; 1477-1495*,

ce. 3 5 r - 3 6 r , 4 4 r , 47r-48r, 120v, 139v, 162v; 1488-1495, ce. n5v,

116v, 128r, 133v-

134r, 135r; 1 4 8 8 - 1 4 9 1 * , c. 2 8 r ; 1 4 9 5 - 1 5 0 1 , ce. 47v, 160v; 1497-1515. c. >35r; A c m f , Ducato d'Urbino,

b. 13, S e n t e n z e e d atti v a r i civili e c r i m i n a l i , L i b r o d e g l i atti d e l l e

cause civili 1483-1484, c. 8v.


Sludi moritele lira ni

17, 1993

bilmente il loro cognome è Costanti, come si ricava da un atto del 1512 in cui compare mastro Domenico. Mastro Mardno sembra il personaggio più attivo della famiglia, è presente a Macerata Feltria dal 1479, di lui si conoscono alcuni contratti in cui si impegna a costruire delle case; i più completi sono uno relativo ad una casa per i Mafucci nel castello di Pietrarubbia nel 1482 ^, un altro, dello stesso anno, in cui si impegna a ristrutturare una casa nel complesso plebale di San Cassiano a Macerata Feltria ^, ed infine un contratto di ricostruzione di una casa al castello di Macerata nel 1484 dove sono elencati tutti i materiali e le opere da farsi per la costruzione dell'edifìcio 9. I l fatto che lavori a Pietrarubbia nel 1482 potrebbe far

7

A S P , Nmf, G a s p a r e M a r a t i n i , 1 4 7 7 - 1 4 9 5 * , ce. 47r-v.

8

I v i , 1477-1495=K ce. 47v-48r.

9

I v i , 1 4 7 7 - 1 4 8 1 , cc.40r-v: "10.6.1484. M a g i s t e r B c r n a r d i n u s J o a n n i s de B e r g a m o , locavi! i m a m d o m u m

s i t a m i n castro Macerata? i n teurgo p l a n o

iuxta

A. Brisigotti

la lormazione del borgo di Mocerotafeitrio

pensare ad un suo impiego nei lavori di ristrutturazione del castello, che si svolgono sembra nel 1479 e che potrebbero durare anche negli anni seguenti; in ogni caso tale impiego avrebbe potuto dargli la possibilità di avere altre commissioni di lavoro nel territorio di Pietrarubbia. Sempre nel 1479 un'altra famiglia, gli Alberti, proveniente da Bergamo, opera a Macerata; il padre Giovannino è muratore; si conosce un atto che riguarda la costruzione di un ponte sul fosso del "salceto", per conto della comunità di Macerata Una famiglia di muratori, i Beltrammi, immigra sicuramente prima del 1484, anno in cui vengono citati gli eredi della stessa, proveniente dalla Lombardia Una notizia sporadica riporta un certo mastro Fiorino lombardo, fornaciaio, che nel 1481 viene citato, assieme a mastro Martino muratore e ad un altro personaggio di Macerata, per danno dato in un

strata

c o m m u n i s et i u x t a a n d r o n e s a d u o b u s et i u x t a b o n a S i m o n i s T o n s i et i u x t a b o n a

T o r n o presentem. E t dictus magister M a r t i n u s promisit dicto magistro B e r n a r d i n o

d i c t i B e r n a r d i n i et J o a n n i s F r a n c i s c i e i u s fratris, q u e n u n c est m u r a t a et de c u p p i s

u t s u p r a s t i p u l a n t i d i c t a m d o m u m d i s t r u c r e et i p s a m de n o v o r e d i f i c a r e p r o u t

c o p e r t a , a d r e f a c i e n d u m i p s a m de n o v o p e r m a g i s t r u m M a r t i n u m q d . J o a n n i s de

d e s i g n a t u m est i u x t a d i c t o s c o n f i n e s o m n i b u s eius s u m p t i b u s v i d e l i c e t : c a l c i n a , l a p i d i b u s , m a t t o n i s , p l a n e l l i s , et ipsi f a c e r e d u o s s o l a r i o s et i p s a s o l a r l a m a t o n a r e et t e c t u m p l a n e l a r e quas s o l a r l a f i a n t a l t i t u d i n i s sex p e d u m c o m m u n i s quae i n t o t u m a s c e n d i t a d a l t i t u d i n e m p e d u m d e c e m et octo c o m m u n i s et m u r u s i n f e r i o r sit a l t i t u d i n i s 24 p e d u m . I t e m u n u m a q u a d o t i u m

c u m u n a lapide contra

fori

i n t a g l i a t a ; i t e m u n u m c a m i n u m c u m b i c h a t e l l i s et l a p i d i b u s c u n t i i s ; i t e m u n u m a l i u m c a m i n u m i n c a m a r a s u p e r i o r i de m a t o n i s ; i t e m o m n e s fenestras n e c e s s a r i a s et o p o r t u n a s et h o s t i a o p o r t u n a c u m m a t o n i s et l a p i d i b u s d i c t i m a g i s t r i M a r t i n i . I t e m q u o d t e n e a t u r f o r m a r e d u a s stantias s u p e r i o r c s , c u m c a l c i n a et gesso et [ . . . ] d i c t i m a g i s t r i M a r t i n i ; i t e m r e i n b u c a r e o m n e s m u r o s f i e n d o s i n dieta d o m o t a m i n t u s q u a m e x t r a ; i t e m q u o d t e n e a t u r r e c t a r e et r e p o l i r e l e g n a m i n a d a n d a

per

d i e t i m i B e r n a r d i n u m p r ò d i e t a d o m o et i p s a l i g n a m i n a p o n e r e i n l a b o r e r i u m et quod

t e n e a t u r facere

et c o m p i e r e

dictam d o m u m

per tempus

totius

mensis

octobris p r o x i m i . E t dictus magister B e r n a r d i n u s p r o m i x i t dicto n o m i n e dicto [ . . . ] m a g i s t r o M a r t i n o o m n i a et l i g n a m i n a m a g n a et p a n a p r ò d i e t a d o m o i t e m o m n e s cuppos item o m n i a feramenta p r ò d o m o predicta item edam dare lignamina p r ò ' a r m a t u r i s . E t p r ò m e r c e d e et e x p e n s i s et l a b o r e s e u m a g i s t e r i o d i c t i m a g i s t r i M a r t i n i p r o m i s i t d i c t u s m a g i s t e r B e r n a r d i n u s n o m i n e u t s u p r a d a r e et c u m effectu [ . . . ] l i b r a s c e n t u m et d e c e m q u a t r e n o r u m de q u i b u s confessus fuit h a b u i s s e l i b r a s q u i n q u a g i n t a q u a t u o r q u a s [ . . . ] d e d i t e l solvit s e u p r o m i s i t s o l v e r e n o m i n e d i c t i

10

magistri B e r n a r d i n i , residuum vero promisit dare completa opera

[...]"

M . D e z z i B a r d e s c h i , Le rocche di Francesco

di Urbino,

di Giorgio

nel ducalo

in

" C a s t e l l u m " , V i l i , 1968, p . 124. 11

A s p , Nmf

G a s p a r e M a r a ù n i , 1 4 7 7 - 1 4 8 1 , ce. 40r-v, 61r, 69r; 1477-1495*, ce. 27r, 38r;

1 4 8 8 - 1 4 9 1 * , e. 6 1 r . 12

I v i , 1 4 7 7 - 1 4 8 1 , ce. 6 1 r , 69r, 73v; 1497-1515, c. 2 2 1 r ; A c m f , Ducato d'Urbino,

b. 13,

S e n t e n z e e d atti v a r i c i v i l i e c r i m i n a l i . L i b r o d e g l i atti d e l l e cause c i v i l i 1483-1484, c. 7 r .


studi montefeltrani

17, 1993

bosco U n altro personaggio, presente già dal 1479, è Agostino di Antonio da Modena, muratore o carpentiere; i primi atti in cui compare sono compravendite di case o terreni nel castello e nella corte di Macerata Feltria. L o si ritrova presente in molti atti, è anche beneficiario di parte del testamento di don Guglielmo Tazardi di Borgogna, delle cui volontà si farà carico in alcuni lavori da lui fatti nella fabbrica di una cappella nella chiesa di San Francesco a Macerata. L a testimonianza più importante su questo personaggio è stata rinvenuta all'Archivio di stato di Firenze, fra le carte relative alle uscite del comune di Sassocorvaro del 1495, in cui vengono annotati i lavori per la fabbrica della rocca e dove compare anche Agostino da Modena che viene pagato per "tutti gli algliuti dati per la fabrica" ' 4 . Di Bergamo è mastro Pietrino di Pietro, che di mestiere fa il mereiaio, e che è presente dal 1479 a Macerata. H a una bottega nel mercatale testimoniata nel 1497 e nel 1501, abita al "borgo piano" nel castello Nel 1484 è presente un certo Bernardo di Pietro di Nicolò originario di Torno, mercante di panni Altro mercante di panni è un certo Lodovico di Marco, originario però della vicina Sestino, che nel 1484 risulta avere una bottega al castello di Macerata

13

A s p , Nmf, G. M a r a t i n i , 1477-1495*, c. 4 4 r .

14

Asf, Ducalo d'Urbino, c i . V , div. I , f. I l , l i b . 8 9 , c. 419v; A s p , Nmf G a s p a r e M a r a d n i 1 4 7 7 - 1 4 8 1 , ce. 1 9 r , 3 6 r , 41r-v. 4 8 r , 56v-57r, 73v-74r, 7 8 r ; 1477-1495*, e. 124r; 14961497*, c. 5 7 r ; 1 4 9 5 - 1 5 0 1 , ce. 65v, 93r-v, 125r, 191v-192r.

15

A s p , Nmf G a s p a r e M a r a d n i , 1477-1495*, ce. 35r-36r; 1488-1495, e. 135r; 1 4 9 5 - 1 5 0 1 , ce. 63v, 147r-v, 2 0 3 r ; A c m f , Ducato d'Urbino, b. 5, L e t t e r e ricevute e spedite, 1 5 0 3 { s e n z a n . c a r t e ) , 1 2 . 2 . 1 5 0 3 ; 2.3.2.1503; 2 . 3 . 1 5 0 3 . -

16 17

A s p , Nmf G a s p a r e M a r a t i n i , 1 4 7 7 - 1 4 8 1 , c. 41r-v. I v i , 1488-1495, c. 124v.

Nel castello ha una bottega da speziale mastro Alessandro de' Barzi di Perugia, fratello di Barzo de' Barzi arciprete della pieve di San Cassiano e vescovo di Cagli E da Perugia immigra prima del 1485 messer Ercolano, che abita al castello nel "borgo piano"; ha una bottega sempre al castello ed è probabilmente il capostipite di una famiglia che nel '500 esprimerà diversi personaggi di rilievo a Macerata ^-^ Dalla Toscana, e precisamente da Certaldo, proviene una famiglia di agricoltori. Sono presenti dal 1484, lavorano alla pieve, il capofamiglia si chiama Ippolito detto "el fiorentino", si conoscono tre figli: Cecco, Giuhano, Dante. Nel 1497 affìtta per tre anni, dal rettore della pieve di San Cassiano, il molino della stessa 20. Ai primi del '500 si registra la presenza di un mastro Giovanni lombardo che di mestiere fa i l lanarolo; tale attività, anche se probabilmente molto ristretta, è da mettere in correlazione alla presenza di "tintori" nella prima metà del '500 ed alla produzione e smercio di "guado", testimoniata nei documenti 21. Ancora ai primi del '500 troviamo un muratore, mastro Giacomo di Antonio, proveniente da Torno, probabilmente della stessa famiglia Costanti 22. Da un registro di spese della comunità di Macerata, sappiamo che nel 1539 erano presenti due muratori incaricati di eseguire dei lavori per la comunità: mastro Nicolò e mastro Antonio, ambedue detti "lombardi" 23. Si segnalano inoltre altri personaggi che compaiono soltanto come testimoni nei vari atti e che vengono detti abitanti di Macerata, come: Francesco di Bartolo di Portico, capitanato di Castrocaro, nel 148 8 24; Giovanni di mastro Bandera di Lenno (Como), mastro Giovanni di Giacomo da Oleggio (Novara) e Andrea di Giovanni del Re di Asso (Como) 25; nel 1494 ser Giovanni di ser Nicola da Montefìore (Forlì) e ser Battista da Montefiorino (Modena) 20; quindi Biagio di Onofrio 18 19

I v i , 1 4 7 7 - 1 4 9 5 * , ce. 4 1 r , 76v-77r, 161v; 1488-1495, ce. 7r, 103r, 125r. I v i , 1 4 7 7 - 1 4 8 1 , ce. 6 4 r , 74r; 1 4 7 7 - 1 4 9 5 * , e. 6 7 r . C f r . G . H e r c o l a n i d e ' Epigrammata

20 21

M a c e r a t a l e l t i - i a , in u n a foto d ì

fine

'800 ( C o l l e z i o n e p r i v a l a ) .

Lo Formozione dal borgo di Moceratafellrio

A. Brisigotti

A s p , Nmf

feretrana,

Sarti,

c u r . 1. P a s c u e e i , S a n L e o 1 9 7 7 .

G a s p a r e M a r a t i n i , 1 4 7 7 - 1 4 8 1 , ce. 5 7 r , 65v, 8 1 r , 85v-86r; 1 4 9 5 - 1 5 0 1 , c.

137r; 1497-1515, c. 97r-v. A c m f , Ducato d'Urbino, b. 5, L e t t e r e r i c e v u t e e spedite, 1508-1509, 2 . 1 . 1 5 1 1 . S u l l ' i m p o r t a n z a d e l g u a d o n e l l ' e c o n o m i a d e l l ' a r e a cfr. G . A l l e g r e t d , La montagna tosco-marchigiana dal guado all'emigrazione stagionale nella crisi di fine Cinquecento, i n

22 23

" P r o p o s t e e r i c e r c h e " , 20, 1988, p p . 145 sgg. A s p , Nmf G a s p a r e M a r a t i n i , 1497-1515, c. 2 1 2 r . A c m f , Ducato d'Urbino, b. 18, Catasto e tasse, 1539, a n n o 1539 ( s e n z a m e s e e

24

g i o r n o ) ; 7.8.1539. A s p , Nìfif G a s p a r e M a r a t i n i , 1488-1495, c. 14v.

25 26

I v i , 1 4 7 7 - 1 4 9 5 * , e. 102v. I v i , 1488-1495, e. 1 2 5 r .


Slodi monteleltroni

17. 1993

da Parma nel 1496 ^7 e Nicola di Onofrio da Panna, probabilmenie suo fratello, nel 1501 ^H; nel 1512 mastro Giovanni di Giorgio "de corionibus", proveniente da Asso, ed infine Pietro di Mafìolo e Nicola di Bartolomeo ambedue di Torno nel 1512 29. Come si vede sono personaggi che esercitano prevalentemente, almeno quelli per i quali è specificata, la professione di mereiaio o muratore. L a presenza di muratori è stata messa in relazione ai lavori che si svolgono nel ducato, di cui si conoscono le date, e che ha rivelato una corrispondenza continua fra tale presenza ed i lavori che si svolgono ad esempio nella vicina Sassocor\'aro I l numero dei muratori presenti a Macerata comincia a diminuire alla fine del '400, riducendosi ulteriormente nei primi anni del '500, in parallelo al rallentamento dell'attività edilizia militare e pubblica in questa parte del ducato. Tale dato potrebbe anche essere la conseguenza di una mancanza di documenti per il periodo: i l fatto certo è la presenza alla fine del X V secolo di un cospicuo numero di muratori a Macerata Feltria, di cui almeno uno lavora per certo nel cantiere della rocca di Sassocorvaro.

Lo Formaiione del borgo di Maceratafeltria

A. Brisigotti

proprietà del terreno, che spetta in buona parte alla comunità ma che, in alto all'inizio del piano ed anche lungo la strada, è di proprietà dell'abbazia, come risulta da diversi atti della seconda m e t à del '400 ivi stipulati •'^2. L'ospedale di Sant'Antonio aveva, sembra, un "sacello" nel punto più alto del mercato. L a scoperta dell'esistenza dì un sacello in capo al mercatale, forse nel bivio per i l castello dove sorgerà la foresteria del convento di Santa Chiara, consente per la prima volta di datare la redazione della rubrìca degh statuti riguardante l'edificabilità

32

A s p , Nmf

G a s p a r e M a r a d n i , 1488-1495, c. 67v: " 2 6 . 1 0 . 1 4 9 1 . A c t u m

in

eurte

Maceratce f e r e t r a n . d i o c . i n strata p u b l i c a i n f u n d o dieto a s o m m o e l m e r c a t o i u x t a b o n a ecclesia? S a n c U A n t o n i b o n a J o a n n i s T o m a s s i et a l i a l a t e r a u b i h a b u i t [ . . . ] s a c e l l u m S a n t i A n t o n i " ; c. 9 6 r : " 1 2 . 6 . 1 4 9 2 . A e t u m i n m e r c a t o Maeeratae i n strata p u b b l i c a i u x t a b o n a S a n c i i A n t o n i e l a l i a l a t e r a " ; e. 129r: "6.1.1495. A c t u m i n e u r t e Macerata^ i n strata p u b l i c a i n c a p i t e fori i u x t a b o n a ecclesia? S a n c i i A n t o n i , b o n a h e r e d u m m a g i s t r i A n t o n i m a r i s c a l c h i et a l i a latera"; { 1 4 7 7 - 1 4 9 5 )

c. 57v: " 1.11. i 4 9 1 .

A c t u m i n m e r c a t o i n strata p u b l i c a i n c a p i t e m e r c a t i Macerat^e i u x t a e c c l e s i a m sive s a c e l l u m S a n c i i A n t o n i et b o n a J o a n n i s T o m a s s i M a r i s c a l c h i et a l i a l a t e r a " ; c. 6 3 r : " 7 . 1 1 . 1 4 9 1 . A e t u m i n e u r t e Macerata? i n e c c l e s i a sive s p e d a l e t t o i n c a p i l e m e r c a d i u x t a s t r a t a m et bona...et a l i a latera..."; c. l l O v , " 3 0 / 1 0 / 1 4 9 2 . . . A c t u m i n strata i n c a p i t e fori m a e e r a t a e i u x t a b o n a S a n c d A n t o n i et b o n a J o a n n i s T o m a s s i et a l i a

Il mercatale di Macerata: preesistenze e modelli

latera".

^

Il luogo su cui sì svolgevano le fiere ed i mercati settimanali, e su cui sorgerà il borgo del mercatale, si trova all'incrocio della viabilità di fondovalle con l'arteria che, attraverso il castello di Macerata, immetteva nella valle del Conca e quindi nel riminese. L'importanza di questo percorso è attestata dalla presenza di una abbazia di monaci antonìani con annesso ospedale, di cui rimane la piccola chiesetta di Sant'Antonio abbate, che si trovava nei pressi del ponte sul fosso detto di San Francesco, a ridosso dell'abitato del castello. Abbazia risalente probabilmente al X I I I - X I V secolo, periodo di massima diffusione della congregazione degh Antonìani dì Vienne in Francia, fondata nel 1095 e trasformata in ordine da papa Bonifacio V I I I nel 1297 -^i. Il legame fra l'ospedale di Sant'Antonio ed i l "mercato" è testimoniato anche dallo svolgimento di una delle più grosse fiere ricordate dagli statuti, nel giorno dedicato al santo, ed anche dall'analisi della 27 28

I v i , 1 4 9 5 - 1 5 0 1 , ce. 4 6 r , 52v. I v i , 1 4 9 5 - 1 5 0 1 , c. 202v.

29

I v i , 1497-1515, c. KS4v.

30

P e r le date r e l a t i v e ai l a v o r i n e l d u c a t o cfr. D e z z i B a r d e s c h i , Le rocchech., 124-126, 1 3 0 - 1 3 1 ; e d i n o l t r e : Il palazzo di Federico da Montefeltro. Restauri a c u r a d i M . L . P o l i e h e t d , U r b i n o 1 9 8 5 , p p . 163-169.

31

C^fr. v o c e Antoniani,

i n Dizionario

Enciclopedico

Utet.

pp. 121, e ricerche, Il b o r g o d i M;K-iT;u;iI"t.'lLria i n u n a c a i t o l i n u di l i i u ' 'SOO


Sludi montefeltrani

17, 1993

nel "foro" o mercato a non più tardi del 1502. Infatd la data certa della fondazione del monastero (1537-1539) aveva ingenerato un dubbio sulla datazione della rubrica stessa, poiché si era sempre identificato il "sacello" con la primitiva chiesa di Santa Chiara. Altre rubriche riportando nomi e personaggi riferibili alla fine del '400-primi '500, confermano la datazione del 1502 per la revisione statutaria ^3. GU statud comunque, come si legge nel proemio, oltre che sulle andche cosdtuzioni statutarie della Chiesa, si erano basad sui decred ducali, e non è quindi improbabile che la revisione del 1502 servisse anche per integrare le disposizioni ducali e che quindi alcune rubriche siano da riferire agh uldmi 30 anni del '400. Si p u ò ipotizzare per Macerata Feltria un intervento che dene conto di ciò che stava avvenendo ad Urbino in quegli anni. Ad Urbino l'intervento federiciano porta ad una configurazione urbana che si concretizza nel ribaltamento dell'asse coordinatore della città. Complementariamente all'intervento del palazzo ducale, a livello urbano, viene potenziato l'asse di Valbona con l'ampliamento del Mercatale che assume sia la funzione estedca di contrappunto al verticalismo del palazzo, sia quella economico-politica di centro ed asse commerciale e terminale di arrivo della viabiUtà proveniente da Roma. Anche a Macerata Feltria, in scala ridotta, una situazione consolidata come quella dell'asse viario commerciale, quale era la zona del mercatale, diviene la spina principale di uno sviluppo urbano che con gh anni costituirà un'alternativa all'impianto medioevale del castello. Per Macerata Feltria, all'indomani della vittoria di Federico, il centro di riferimento politico diviene Urbino, ed è significativo che la parte più alta del nuovo borgo costituisca un terminale, quasi uno sfondo per chi vi arrivi da sud-est, cioè dalla valle del Foglia e da Urbino. Ancora nel '600 il Guerrieri, storico locale, sottolinea questo effetto scenografico, e, parlando del borgo del mercatale dice che "appare in se stesso tutto vistoso in forma ben disposta e proporzionata che sembra un festoso et allegro teatro, apprendosi nel mezzo un'ampia e commodissima piazza" 34.

33

34

A p m f , Statuta ad terram Maceratcs Feltrice, i n v . n . 766, ce. 112r-v, 113r-v, l i b . I V , r. I O : " D e c a p r i s n o n r e t i n e n d i s " . D a l l a visita a p o s t o l i c a d e l vescovo d i F a m a g o s t a r i s u l t a c h e n e l 1 5 7 4 n e l m o n a s t e r o d i S a n t a C h i a r a d i m o r a v a n o 17 s u o r e professe e 3 c o n v e r s e ; c h e g o d e v a d i b e n i sufficienti a m a n t e n e r e 20 s u o r e e c h e le m o n a c h e vivevano diligentemente la clausura; n e l l a relazione m a n c a p e r ò la descrizione d e l l a c h i e s a {Girolamo Ragazzoni e la Feretrancs eccksioi visitatio. 1574, c u r . G . A l l e g r e t d , S a n L e o 1989, p . 7 2 ) . G u e r r i e r i , Il Montefeltro

illustrato

cit., p . 9 4 .

Lo formozione del borgo di Maceratafeltria

A, Brisigotti

L a normativa statutaria L e norme statutarie relative all'edilizia per Macerata sono particolarmente interessanti, sia p e r c h é riguardano proprio l a zona oggetto di . studio: il mercatale; sia p e r c h é non esiste nella legislazione statutaria dei centri della zona una normativa così specifica. Anzi, su questo statuto si formeranno altri statuti di paesi vicini, quali, espressamente dichiarato, quello di Piagnano e forse quello di Sassocorvaro L a rubrica 35 del I libro degli statuti riguarda la possibilità di edificare nel "foro" e le modaUtà da seguire per poter edificare 36. I n essa si legge; S t a b i l i a m o e d i s p o n i a m o c h e n e s s u n o osi o possa p r e n d e r e q u a l c h e t e r r e n o n e l m e r c a t o d i M a c e r a t a , o o c c u p a r e i n q u a l c h e m o d o o c o n q u a l c h e pretesto,

e

n e s s u n o possa e d i f i c a r e i n esso s e n z a espressa l i c e n z a d e l c o n s i g l i o g e n e r a l e , e s o p r a t t u t t o i n s t r a d a o i n p i a z z a n e l tratto d ì t e r r e n o n o n e d i f i c a t o e lasciato l i b e r o n e l detto m e r c a t o , d a l s a c e l l o i n p r i n c i p i o d e l m e r c a t o fino a l l a fine d e l m e r c a t o stesso p e r v i a retta, f r a le case c o s t r u i t e d a l l e d u e p a r d i n detto m e r c a t o e l a p a r t e s u p e r i o r e v e r s o i l s a c e l l o , dove

finora

n o n si t r o v a n e s s u n e d i f ì c i o g i à c o s t r u i t o ,

d a l l ' a n g o l o d e l l ' u U i m a c a s a c o s t r u i t a p e r l i n e a r e t t a fino a l s a c e l l o , l a s c i a n d o tutta la v i a che viene dal sacello libera e senza ostacoli. C h i invece avrà acquistato u n t e r r e n o e a v r à f a b b r i c a t o c o n t r a r i a m e n t e alle p r e d e t t e n o r m e , sia c o n d a n n a t o d a l c o m u n e i n cento soldi p e r ogni luogo occupato, e l a demolizione dalle fondamenta d i detto e d i f i c i o , d a e s e g u i r s i e n t r o otto g i o r n i , e d i n altri c e n t o s o l d i p e r o g n i l u o g o o c c u p a t o a n c h e se n o n a v r à e d i f i c a t o ; d e l l a c u i p e n a l a q u a r t a p a r t e sia d e l l ' u f f i c i a l e c h e l a p o r t a a d effetto. E c i o n o n o s t a n t e sìa c h i a m a t o a r i s p o n d e r e d a v a n d a l p r e t o r e d i M a c e r a t a p e r aver v o l u t o e d i f i c a r e u n e d i f i c i o d i tal fatta. Se qualcuno

i n v e c e a v r à a\aito u n t e r r e n o

a l u i c o n c e s s o i n detto m e r c a t o

per

costruirvi u n edificio e n o n avrà edificato dopo due a n n i , o n o n avrà intenzione d i e d i f i c a r e , tale c o n c e s s i o n e sia n u l l a d i p e r se p e r d i r i t t o e d i n e s s u n v a l o r e , e s e n z a n u o v a l i c e n z a o c o n c e s s i o n e n o n possa e d i f i c a r e sotto l a p e n a g i à d e j t a . C h i i n v e c e a v r à e d i f i c a t o a l d ì sotto d e l detto t e m p o n o n possa v e n d e r e i l t e r r e n o o l ' e d i f ì c i o i v i f a b b r i c a t o a d a l t r i , o c e d e d o a d a l c u n fitolo s e n z a l i c e n z a d e l detto c o n s i g l i o , sotto p e n a d e l l a p e r d i t a d e l l ' e d i f i c i o d a a p p l i c a r s i a l c o m u n e .

I l testo prosegue specificando che anche se si trattasse di terreni posseduti da moltissimi anni, debba sempre essere sentito il parere del consigHo comunale, e ciò valga anche per i successori nella proprietà. Come si vede si tratta di norme che, pur rimanendo molto generiche ed in fondo limitate, cercano di porre un controllo sull'edificabilità nel mercatale, e di stabilire delle direttive precise sugli allineamenti da tenere nella costruzione della contrada. Nella mappa ottocentesca si p u ò notare come sicuramente taU norme abbiano 35 36

Piagnano,

c u r . G . A l l e g r e t d , P e s a r o 1988, p . 38. P e r S a s s o c o r v a r o , A s p , Legazione

apostolica,

S t a t u d , b . 5, l i b . 2, c. 9 6 r .

A p m f , Statuta

cit., r. 3 5 , ce. 33v, 3 4 r .


17, 1993

Sludi montefeltrani

Lq formazione del borgo di Maceratafeltria

A. Brisigotti

influito sull'effettivo sviluppo del borgo, perlomeno nella parte alta, quella più direttamente menzionata nella rubrica. Infatd le case che si dicono già costruite dai due lad del mercato sono probabilmente quelle nella parte centrale, le quali tipologicamente ed architettonicamente sono da considerarsi le più antiche, nonostante i rimaneggiamenti, soprattutto di facciata, effettuati nel X V I I I - X I X secolo quando molte case del borgo vengono ristrutturate. Da questo punto, infatti, si doveva edificare per via retta fmo al sacello, collocabile all'incirca dove è l'attuale casa Battelli al trìvio fra via Gaboardi, via Antimi e via Abeiena, un tempo foresteria del convento di Santa Chiara, ed in mappa si vede come l'allineamento sia rispettato; sull'altro lato le schiere piegano verso la via che porta al "piano" formando una piazza trapezoidale cui fa da sfondo il palazzo attestato in "capo al mercato". Tale zona non sarà mai completata, almeno i l lato verso i l fiume Apsa, anche per l'orografia del terreno che presenta dei dislivelh considerevoli; ed era ancora incompleta nel 1626 quando i l Mingucci, pittore pesarese, ritrasse l'abitato di Macerata. Testimonianze dell'insediamento tra fine '400 e primi '500 Uno dei primi documenti che attesta la presenza di edifìci nel mercatale è un atto di vendita del 1485 relativo ad un "casalinum situm in curte Maeeratae in capella Sancti Angeli et in mercato communis dicti castri, iuxta viam, bona ser Laurenti ser Petri et bona communis dicti castri" 37; nel 1492 Alessandro de' Barzi, come procuratore di don Barzo de' Barzi, arciprete della pieve di Macerata e vescovo di Cagli, vende a Pier Giovanni Cecchi da Certalto una casa con bottega nel mercato, vicino ai terreni comunali da due lati ed i beni di Arcangelo dell'Agnesina e di messer Giovanni medico ^8. Nel 1496 viene effettuata una permuta tra una casa nel mercato, "muratam, solaratam et cuppis copertam", con una casa nel "borgo inferiore" al castello 3^. Nel 1498 si ha notizia di un altro casaline che viene concesso a Francesca figlia di Giacomo Onofri del Peglio ed ora abitante a Macerata e moglie, al presente, di Antonio di Domenico proveniente da un paese in provincia di Como '^0. Nel 1500 la chiesa di Sant'Antonio abate concede in enfiteusi un terreno, a greppo, vicino ai beni della chiesa stessa, a Nicolò di Ventura da Piagnano 4 1 . Nello stesso atto è contemplata la possibilità per i l

37

A s p , Nmf, G a s p a r e M a r a t i n i , 1 4 7 7 - 1 4 8 1 , ce. 40r-v.

38

I v i , 1 4 8 8 - 1 4 9 5 , c. 8 5 r .

39

I v i , 1 4 9 5 - 1 5 0 1 , ee. 51r-v.

40

I v i , 1 4 9 5 - 1 5 0 1 , ee. 106v, 107r-v.

41

I v i , 1 4 9 5 - 1 5 0 1 , ce. 151v-152r.

M a t e r a i a r e l i r i a , m a p p a d i e p o c a n a p o l e o n i c a ( A s p . Cai.

Pont.).


Studi montefeltrani

17, 1993

concessionario di edificare una bottega o casa sempre nel mercatale, vicino ai beni della comunità. Ancora nel 1501 un atto di vendita di un terreno lavorativo ^2. Nel 1512 mastro Sante fabbro da Pietracavola compra una casa vicino ai beni della comunità ed altri I l fondo in questione deve essere vicino al "sodo della comunità", individuato, tramite i catasti cinquecenteschi, nella zona medio-bassa del mercato. Infatti i beni del comune confinano con quasi tutti i proprietari, così come ricorre spesso, anche in altri atti stipulati in case e botteghe della zona, la proprietà di ser Guido di ser Roberto, il quale doveva possedere un discreto fondo ^4. Come si nota la maggior parte dei proprietari proviene dalle zone del contado o da paesi limitrofi e vi spno anche due lombardi: Pietrino di Pietro da Bergamo, che qui ha una bottega probabilmente di panni essendo egli un mereiaio, ed Antonio di Domenico da Como. Per i l '500 inoltrato disponiamo di notizie p i ù sporadiche per la difficoltà di consultazione dell'Archivio notarile di Macerata Feltria, non ancora inventariato; d'altra parte i libri dei consigli della comunità di Macerata si conservano in maniera organica solo dagli anni '70 del '500 45. L a prima testimonianza che si è potuta ritrovare sulla effettiva apphcazione delle norme statutarie sull'edificabilità nel "mercato" è del 1532, ed è contenuta in un fascicolo sparso di "riformanze". Si conosce solo l'anno p e r c h é mancano i dati di riferimento probabilmente presenti nelle pagine precedenti; in esso si legge: "fuit concessum unum petium terrae comunitatis i n fundo mercati iuxta flumen Apsam [...] conciatorium dicti Angeli" 46. Purtroppo la mancanza di tali registri, e la cattiva conservazione delle poche carte rimaste, non consentono un esame completo di tali dati che sarebbero risultati

42

I v i , 1 4 9 5 - 1 5 0 1 , c e . 198v-199r.

43

I v i , 1497-1515, ce. 128r-v.

44

I v i , 1488-1495, e. 7r: "11.3.1488. A c t u m i n c u r t e Maeeratae i n m e r c a t a l i d i c t i c a s t r i i n b a n c h a apotechse A l e x a n d r i B a r c i i u x t a b o n a d i c t i A r c a n g e l i ( A n t o n i A g n e s i n a e ) et i u r a c o m m u n i s " ; 1 4 9 5 - 1 5 0 1 , e. 5 6 r : " 1 5 . 1 . 1 4 9 7 . A c t u m i n f o r o M-aceratas f e r e t r a n . dioces. i n d o m o Ioannis C i a p i n i iuxta b o n a c o m m u n i s bona h e r e d u m F a c i n i bona ser G u i d o n i ser R o b e r t i et a l i a latera"; e. 63v: " 2 6 . 4 . 1 4 9 7 . A c t u m i n f o r o Maeeratae i n a p o t e c a m a g i s t r i P e t r i n i l o m b a r d i i u x t a b o n a m a g i s t r i P e t r i I o a n n i s C e c c h i et i u r a c o m m u n i s " ; c. 117r: "8.5.1499. A c t u m i n c u r t e Maeeratae i n m e r c a t a l i i n d o m o heredum

Ioannis Ciapini

iuxta

heredes

Facini

et i u r a c o m m u n i s " ; c. 147v:

" 3 0 . 1 1 . 1 4 9 9 . A c t u m i n f o r o Maeeratae i u x t a a p o t e c h a m P e t r i n i l o m b a r d i e t a l i a l a t e r a " ; 1497-1515, c. 139v: " 1 9 . 1 . 1 5 1 1 . A c t u m i n f o r o Maceratse i n a p o t e c h a A n t o n i M a f i o l i i u x t a b o n a c o m m u n i s b o n a ser G u i d o n i ser R o b e r t i e t a l i a l a t e r a " . 45

A c m f , Ducalo

d'Urbino,

b b . 1 9 , 2 0 , 2 1 , L i b r i d e l c o n s i g l i o ( t a l i buste c o n t e n g o n o

gli atti c h e v a n n o , c o n p o c h e l a c u n e , d a l 1 5 7 2 a l l a fine d e l ' 7 0 0 ) . 46

I v i , b. 8, L e t t e r e r i c e v u t e e s p e d i t e , f. ( 1 6 1 6 )

(sic).

L a formazione del borgo cinqueceniesco

di Maceraialckria.


17,1993

Sitrdi monlefeltrani

importantissimi ai fini di una ricostruzione puntuale e databile del processo di sviluppo della contrada del "mercato". Si conoscono alcuni atd degli anni '30 e '40, sdpulad nel "foro" di Macerata, che attestano una continuità di sviluppo del borgo in questo periodo; e, del 1547, un malridotto Liber licentiae venditionis communitatis Maeeratae, che consta di pochissime carte di cui non è più rilevabile la numerazione per il cattivo stato di conservazione, relativo a licenze per atti di vendita di case o terreni. Sotto la data del 23.10.1547 troviamo: "Franciscus q. magistri Pauli tentoris vendidit Magino Tonio Tonsi de Macerata unum petium terrse ortiva^ sitam in curte Maeeratae in capella Sancti Angeli in fundo mercato" ^7. Per tutta la prima metà del '500, ed oltre, prosegue lo sviluppo del borgo del mercato, grazie all'arrivo di nuovi abitanti che, durante una fase di crescita economica che caratterizza ancora questi anni del '500, vedevano nell'agiato centro la possibilità di una esistenza decorosa e, per gli artigiani, le agevolazioni dovute alle esenzioni di alcune imposte decretate con le norme statutarie. I documenti fmo a tutti gU anni '60 del '500 ci consegnano un notevole numero di personaggi che abitano nel borgo del mercato; ciò si desume principalmente da rubriche che registrano i danni dati ed in special modo da un registro, relativo agli anni 1563-1569, ben conservato nelFACMF. Per alcuni è indicata anche la professione, cosa molto importante per un'anaHsi della composizione sociale dell'insediamento. Abbiamo nel 1545 un mastro Antonio tintore; nel 1559 Terenzio di Antonio tintore; ancora nel '59 mastro Berardino sarto di Mondaino; nel 1563 mastro Berardino muratore, lo stesso che compare in un registro di spese della Comunità del 1564, da cui si ricava che è di origine lombarda 48. Sempre nel 1563 mastro 47

I v i , f. 7, L e t t e r e r i c e v u t e e spedite, f. ( L 5 4 7 ) ; e p e r g l i atti s t i p u l a d n e l " m e r c a t a l e " : ivi, Legazione Apostolica,

A. BrisigoHi

La formazione del borgo di Mocerorofellrio

Francesco calzolaio q. Giovanni Antonio da Monte Calvo, ed inoltre nel 1564 Marino q. Antonio Lazzarini molinaio delle monache di Macerata 49. I n altra busta troviamo che nel 1559 mastro Cola q. mastro Francesco di Sestino ha una bottega nel mercato Interessante il fatto che il muratore è di origine lombarda, probabilmente discendente o comunque collegato alle maestranze lombarde che avevano lavorato a Macerata Feltria alla fine del '400. Questi dati ci serviranno soprattutto per datare la fonte principale di informazioni sul borgo del mercatale della seconda metà del '500. I l borgo nei catasti cinquecenteschi L a fonte principale di informazioni sul borgo del mercatale è data dai catasti descrittivi cinquecenteschi conservati nella sezione di Urbino dell'Archivio di stato di Pesaro. Si tratta di due volumi di cui i l primo, il più antico, dovrebbe appunto risalire alla seconda metà del '500; il secondo è un aggiornamento del primo e sembra rimasto in uso fino a tutto il '700 Una più precisa datazione del primo volume ci porta a considerare gli anni '60-70 del '500 come probabile periodo della redazione che ci è pervenuta in originale; considerazione che si basa sia sulla presenza, nel catasto, di personàggi che risultano già operanti negli anni '60 dai documenti precedentemente esaminati, sia su altri documenti di cui si tratterà più avanti specificamente. Tali catasti sono stati scritti nella stesura originale da una mano sola, quella di ser Gaspare Maratini, nipote del notaio omonimo che operava a cavallo del X V e X V I secolo, che è cancelliere del comune ancora negli anni '80 alternativamente con altri personaggi, e di cui si leggono nello stesso catasto, ai margini

b. 32, L e t t e r e r i c e v u t e e spedite, f. ( 1 7 6 4 - 1 7 6 9 ) : "a. 1537.

A c t u m i n f o r o Maceratse i n d o m o [ . . . ] " ; "a. 1 5 4 3 . A c t u m i n f o r o Macerata? i n d o m o V i n c e n t i i i u x t a b o n a l a c o b i F a z i n i et b o n a c o m m u n i s et a l i a 48

A c m f , Ducato d'Urbino, Gratiosam

filiam

[...]".

della c o m u n i t à ) :

b. 3, L e t t e r e r i c e v u t e e spedite, 1 5 4 5 , " 1 . 1 1 . 1 5 4 5 . D o m i n a m

H i e r o n i m i alias e l B u f f o n e et u x o r e m m a g i s t r i A n t o n i

de

[ . . . ] t e n t o r i s [ . . . 1 i n m e r c a t o Macerata?"; 1559-1560, "2.5.1559. P i e r p a u l a p e n s a e u l a de

mercato";

"15.6.1559. U x o r e m magistri B e r a r d i n i

h a b i t a t o r i s m e r c a t i " ; "15.6.1559. J a e o b a

sartoris

de

"a. 1564. B e r a r d i n o l o m b a r d o

p e r aver c o p e r t o

l a casa d e l

c o m u n e l i b . 10.20.6. E l m a g n a n o d e l m e r c a t o p e r aver fatto i f e r r i p e r i l p o z z o lib. 0.3.6". 49

Acmf,

Ducato

d'Urbino,

b.

3,

Lettere

ricevute

e

spedite,

1563-1569,

Mondaino

" 1 6 . 5 . 1 5 6 3 . . . M a g i s t e r F r a n c i s c u s c a l z o l a r i u s q. I o a n n i s A n t o n i [ . . . ] de M o n t e C a l v o

Federici Genari jncusavìt Franeiscum

h a b i t a t o r i s i n c u r i a i n m e r c a t o Maeeratae c u m tcstibus d i n u n c i a t et aceusat...";

B a l a r i g i i n m e r c a t o . . . " ; "13.8.1559. M a g i s t e r B l a s i u s F r a n c i s c i P a u l i n i , P e t r u s P a u l u s

"6.3.1564...Magister B e n e d i t t u s q. c a l c i o l a r i u s de M a c e r a t a d i n u n c i a t d o m i n a m

eius f r a t e r [ a c c u s a n o p e r d a n n o d a t o ] B u f f o n e d e l m e r c a t o [ . . . ]

D o r o t e a m u x o r e m H i e r o n i m i alias e l b a f o n e

a

mercato";

"13.9.1559. T e r e n t i u m T o g n i

tentoris

de

dominaJacoba

M a c e r a t a " ; "11.6.1560.

"5.4.1564. M a r i n u s q. A n t o n i L a z a r i n i

habitatoris i n burgo

molendinarius

Maeeratae";

m o n i a l i u m Maceratze";

D o m i n a J a e o b a u x o r F e d e r i c i J a n n u a r i [ . . . ] a c c u s a t F r a n e i s c u m alias i l s e r g e n t e

"25.4.1565. [ . . . ] a c c u s a t P e t r u m f i l i u m d o m i n s e M a d a l e n a s M i c h a e l i s C i o f f a m

de m e r c a t a l i Maeeratae";

mercato".

habitator

in burgo

1563-1569: " 2 2 . 3 . 1 5 6 3 . M a g i s t e r B e r a r d i n u s

murator

m e r c a t i " ; " 1 0 . 3 . 1 5 6 3 . F e d e r i c u s q. A l e s s a n d r i G e n a r i

de

de

50

A c m f , Legazione Apostolica,

M a c e r a t a [ . . . ] accusat d o m i n a m J a c o m a m d e l B u f o n e habitatoris i n foro mercati";

51

S a s u , Catasti, C a t a s t i d i M a c e r a t a F e l t r i a , v o l i . I e I I ( i v o l u m i s o n o stati r e c e n t e -

p e r B e r n a r d i n o m u r a t o r e cfr. a n c h e : b . 18, Catasto e tasse, 1564, ( r e g i s t r o spese

b. 3 2 , L e t t e r e r i c e v u t e e s p e d i t e , 1764-1797, a. 1 5 5 9 .

mente restaurati con ottimi risultati).


17, 1993

studi montefeltrani

A. Brisigotti

delle descri/ioni dei possedimend, alcune attestazioni di passaggi di proprietà firmad e spesso dataU Questo è il testo considerato per la ricerca, escludendo le porzioni aggiunte o i cambiamend di proprietà I registrati nel libro fino al 1700 Ogni pardta si apre con il nome del proprietario-i (che viene subito dopo lo stemma, qualora ci sia, della famiglia) scritto con inchiostro rosso; quindi inizia la descrizione dei possedimenti, ovviamente tutti nella corte di Macerata, suddivisi per parrocchia di appartenenza; si inizia sempre con la parrocchia di Sant'Angelo (Michele arcangelo) 51 tratta di un catasto descrittivo, limitato ai terreni, tuttavia viene specificata la presenza di case o altri fabbricati sul terreno e, attraverso la descrizione dei confini, è stato possibile quasi sempre ricostruire la presenza di un tessuto edificato per il mercatale. ( L a difficoltà maggiore per la ricostruzione delle proprietà è stata all'inizio quella di riconoscere la posizione dei fondi citad, di cui si era persa la memoria nella toponomasdca, non solo attuale, ma già in parte in quella ottocentesca L a misura agraria adoperata è la tornatura, misura feretrana, che a Macerata Feltria corrisponde a 3119 metri quadri; la centesima parte della tornatura è la tavola, pari quindi a poco più di 31 metri quadri Si nota che mancano totalmente i dad relativi alle proprietà interne alla cerchia muraria del castello; vengono riportad soltanto i terreni situati all'esterno, anche nelle immediate vicinanze delle mura. Mancano purtroppo i dati relativi ai possedimenti della comunità, sul cui terreno sorgerà parte del borgo, ed anche i dati sui beni di pertinenza della parrocchia di Sant'Angelo. Mentre dei possedimend dei due convend di San Francesco e Santa Chiara si conoscono solamente i beni soggetti ad imposizione (di secondo acquisto) ed essendo dispersi gli archivi dei relativi cenobi, non è possibile esaminare 52

A c m f , Ducato

d'Urbino,

b. 17, S e n t e n z e

atti v a r i c i \ i l i e c r i m i n a l i ,

i beni di prima erezione, esend da imposte, che erano i più interessand, soprattutto quelli di Santa Chiara che aveva assorbito le proprietà ed i benefìci dell'antica abbazia di Sant'Antonio abate Sono stati individuati nel catasto i fondi che si riferiscono alla zona del mercato e sono: il fondo "del piano", a nord-ovest,, compreso tra le due strade che si riuniscono nel luogo ancora oggi denominato "cima al piano", quindi il fondo "del mercato", che comprende tutta la zona del mercatale, ma che presenta delle specificazioni. A d esempio: la zona compresa fra la strada ed il fosso di San Francesco è anche detta "campo del riccio", "campo del castagno"; la zona compresa fra la strada ed il torrente Apsa viene anche detta, nella parte centrale, "sodo della comunità", "fonte del grillo"; infine tutta la parte bassa compresa tra il fosso di San Francesco ed il torrente Apsa, viene indicata come fondo "la petrella" o "terreno delle petrelle". Nel fondo "del piano" si collocano le proprietà più consistenti, come estensione, del mercato, ed appartengono a messer Giovan Francesco Mafeoli- (o Maffei), che con le sue 3 tornature e 85 tavole si attesta sull'inizio del mercatale, dove possiede le case messer 57

G u e r r i e r i , / / Montefeltro cit.; A . M . Z u c c h i T r a v a g l i , Raccolto isterico ovvero Annali Montefeltro, m s . i n A r c h . c o m . P e n n a b i l l i .

58

S a s u , Catasti, C a t a s t i d i M a c e r a t a F e l t r i a , v o i . I , e. 3 9 r .

1579-1580:

" 1 . 6 . 1 5 8 3 . E t p e r tanto i o G a s p a r M a r a t i n o a l p r e s e n t e c a n c e l l i e r e d e l l a c o m u n i t à " ; e v e d i S a s u , Catasti, cit. 53

N e l f r o n t e s p i z i o d e i catasti, l a c e r o i n p i ù p a r t i , si d i s t i n g u e l a f i g u r a d i s a n M i c h e l e a r c a n g e l o a l c e n t r o e d ai lati l o s t e m m a d e l l a c o m u n i t à d i M a c e r a t a F e l t r i a , a s i n i s t r a , e d a d e s t r a lo s t e m m a d e l l a f a m i g l i a M a r a t i n i ( v e d i fot. . . . ) .

54

E ' stata effettuata, d o p o i l r e s t a u r o , u n a n u o v a n u m e r a z i o n e , c h e h a messo i n risalto, a l confronto c o n l'originale, l a m a n c a n z a di a l m e n o 9 earte fra quelle i n i z i a l i , e d i altre 7 carte, d a c. 5 9 a c. 6 6 . N e l l e n o t e si e seguita l a n u o v a numerazione.

55

L a s i t u a z i o n e n e l p r i m o ' 8 0 0 si r i c o s t r u i s c e s u l l a base d e l l e m a p p e e d e l l e " m a t r i c i p r o v v i s o r i e " d e l catasto g r e g o r i a n o i n A s p , Catasto Pontificio,

Macerata

Feltria. 56

La montagna XIX

tra Toscana e Marche.

Ambiente,

territorìo,

Laformazionedel borgo di Macerolafellria

cultura, società dal medioexw al

secolo, c u r . S. A n s e l m i , M i l a n o 1 9 8 5 , p . 3 2 7 . F a c c i a t e p o s L c n u n di cusc n e l b o r g o d i M a c c r a i a l c l t n a .

del


Sludi monlefelfroni

17, 1993

Antonio Maria Bordone con 1 tornatura e 92 tavole le suore del monastero di Santa Chiara, che probabilmente occupano tutto il terreno compreso fra la strada ed i l torrente Apsa, anche se non ci è possibile confermarlo per la mancanza dei dad necessari I l Maffei controlla pradcamente tutto il fondo "del piano", trovandosi aggiunto che possiede l'estimo di messer Antonio Maria Bordone e degli eredi di Ettore Maradni; tale terreno sarà posseduto dalla famiglia fmo ai primi del '900, ed è i l luogo dove si svilupperà i l paese fra la I e la I I guerra mondiale. Inoltre possiede due tornature e 20 tavole di terreno con la casa in "fondo del mercato o la petrella", che è stato individuato nell'appendice del mercatale compresa fra la strada per Urbino ed i l fosso di San Francesco, sia per i dad di confine, sia p e r c h é ancora nell'SOO tale particella è di proprietà della stessa famiglia. Inoltre ha un'altra casa con tre tavole d'orto nel centro del mercato, e 6 tavole d'orto e sodo con la macina da guado e la cella del guado, nel "sodo della comunità"; più altre 5 tavole d'orto nello stesso fondo L a ricostruzione dell'abitato si è basata soprattutto sui capisaldi formati dalle proprietà Maffei, e si è risalid dal basso, cercando le intestazioni dei proprietari confinanti, confrontando i fondi ed i pund di contatto e quindi proseguendo sulla base delle nuove terminazioni di confine. Come si vede dagli elaborati, la ricostruzione mostra un abitato abbastanza consistente, quasi completato sul lato nord-est, mentre di più difficile definizione è stato il lato sud-ovest, non potendo disporre dei dati sul "sodo della comunità". Graficamente si è constatato che molte proprietà, di cui si è calcolata la superficie in metri quadri, coincidevano con i termini delle proprietà del primo '800, sulle cui mappe si è impostata la tavola di ricostruzione. Anche la dimensione delle case, sicuramente esagerata in alcuni casi, ed in mancanza di qualsiasi dato di riferimento, si è lasciata simile a quella registrata nella mappa napoleonica. Si è controllato anche, durante i l lavoro di ricostruzione cartografica, l'acquerello del Mingucci, che "fotografava" la situazione al 1626 e poteva quindi essere ancora attendibile per dipanare alcuni dubbi. A conclusione si integra tale ricostruzione con dati ricavati dalle concessioni di terreno fatte dalla comunità negli anni '70-80 del '500, che mostrano un controllo abbastanza accurato dell'edilizia nel mercato ancora in quegli anni e che testimoniano un processo di sviluppo 59 60 61

A. Brisigotti

La formazione del borgo di Macera lo feltrii

controllato anche negli anni precedenti. Si tratta generalmente di richieste di terreno nel mercato per fabbricare: troviamo ad esempio che nel 1573 mastro Domenico di Giovan Francesco Cervellino chiede al comune un pezzo di terreno nel "sodo", "scontro la casa" di Maddalena detta Ciofana, e vicino a Pier Paolo "della porta" ^t-^-j documenti riportano domande di costruzione di logge o pozzi nel proprio terreno oppure di coprire un androne, come domanda messer Antimo sarto nel 1573; ed a queste domande la Comunità risponde sempre nominando dei soprastanti per verificare che non vengano lesi i diritd della c o m u n i t à U n a testimonianza del 1576 riporta che nel mercatale le guardie si facevano ai "rastelli", e che quindi i l borgo era già costituito nella sua lungezza se veniva chiuso da cancelli Barriere che potevano essere collocate solo nella parte iniziale verso l'Apsa, ed anche in corrispondenza del monastero di Santa Chiara nella parte alta, e che permangono ancora nella mappa ottocentesca.. Nel 1580 un'altra richiesta di terreno per fabbricare nel "sodo", fatta da mastro Leonardo tintore, vicino a Pier Paolo Marescalchi ed agU eredi di Cervellino, conferma che le zone edificabih pubbliche rimaste erano nella parte centrale e bassa del mercato Nello stesso anno i lavori appaltati dal comune a mastro Domenico di Francesco di Cervellino, per alcuni muri e strade e un pozzo, vengono scontati con i l denaro che detto Domenico deve alla comunità per i l terreno preso nel "sodo" Nel 1581 i l comune per far fronte alle spese per restaurare la torre della Faggiola che minaccia di crollare, chiede che siano pagati i debiti verso la comunità e vi sono compresi anche coloro che hanno avuto un "luogo" per edificare nel mercato, i quali devono estinguere i l loro debito entro la domenica successiva Nel 1583 c'è una richiesta di "fare doi colonne nauti" ad una porta, richiesta che p e r ò solleva le rimostranze dei vicini Richiesta analoga nel 1584 da parte degli eredi di Gaboardo Nel 1584 mastro Guido vasaro da Piagnano chiede un terreno da fabbricare nel mercato "^0, andando ad accrescere i l numero degli artigiani che già vi lavorano, confermando la vocazione commerciale dell'insediamento.

62

A c m f , Ducato d'Urbino,

63 64 65 66

I v i , ce. 2 I v e 48v. I v i , e. 66v. I v i , c. 1 1 3 r e 117r. I v i , c. 118v.

67

Ivi, c.lSlv.

I v i , c. 5 8 r .

68

I v i , c c . l 6 5 r e 169r.

I v i , c. 1 2 0 r .

69

I v i , C.182V.

I v i , c. 5 8 r .

70

Ivi,c.l87r.

b. 19, L i b r i d e l c o n s i g l i o 1572-1585, c. 15r.


Studi montefeltrani

17, 1993

Nel 1589 la strada del mercato viene "conciata" ' \n si sa se per la prima volta; è comunque la testimonianza di un processo insediativo in fase di completo sviluppo, processo che si è rivelato concluso nella sua fase pianificata già in questo periodo.

71

I v i , c. 190v.


Anna Melorio

Niccolò Berrettoni da Maceratafeltria (1637-1682) pittore nella Roma barocca


17,

Studi monteleltroni

1993

L a terra montefeltrana annovera, fra gli artisti che qui ebbero i natali, anche un pittore che, pur dotato di notevoU capacità, non ha mai avuto la ventura di raggiungere i verdci della notorietà né durante la sua breve vita né in epoche più recenti. I n questo contributo si cercherà di fornire un breve quadro della sua personalità e del suo percorso artistico, condizionato per la maggior parte dalle particolari circostanze in cui l'ardsta operò. Niccolò Berrettoni vide la luce il 14 dicembre 1637 a Macerata Feltria; l'indicazione precisa viene riportata da colui che potremmo definire il biografo ufficiale del pittore, Lione Pascoli, il quale fornisce informazioni con discreta dovizia di particolari ^. Nella biografia vengono citati i nomi dei due fratelli del Berrettoni, Marin Carlo, morto nel 1682 anch'egli, e Giovan Francesco, morto nel 1712 a Pesaro, città nella quale aveva sempre abitato, mentre si sa dal testamento di quest'uldmo che il loro padre si chiamava Giovan Battista -. I l giovane Niccolò non rimase a lungo nel luogo natio, come ci informa il Pascoli, poiché ancora bambino fu inviato a Pesaro per iniziare il suo apprendistato presso la bottega di un affermato maestro, Simone Cantarini, detto il Pesarese (Pesaro 1612-Verona 1648). Questo importante rappresentante della scuola bolognese classicista in terra marchigiana, frequentò fra il 1635 ed il '37 la bottega del Reni e di questa esperienza fece una originale rielaborazione, arricchendola con apporti derivanti dalla sensibile osservazione del dato naturale, ottenendo così un poetico compromesso artistico. L a personalità del Cantarini fu sicuramente determinante nella formazione culturale e stilisdca del giovane Berrettoni il quale, pur se appena undicenne quando morì il Pesarese, ebbe modo però di poter continuare nella bottega lo studio, secondo i canoni classicisti che gli venivano dalle opere del suo primo maestro e di Guido Reni, come lo stesso Pascoli afferma Comunque, per il giovane

1 2

L . P a s c o l i , V i t e dei pillori scultori e architetti moderni, R o m a 1 7 3 0 , 1 , p p . 185-190 e 210. I I t e s t a m e n t o d i q u e s t ' u l t i m o f r a t e l l o è a n c o r a c o n s e n ' a t o presso l ' A r c h i v i o d i Stato d i P e s a r o ( t e s t a m e n t o d e l 18 f e b b r a i o 1 7 1 2 ) e d a esso si e v i n c e c h e e g l i v o l l e essere seppellito nella tomba di famiglia dei M u c c i o l i d i Pesaro, n e l l a chiesa del convento

A. Melorio

Niccolò Berrettoni

pittore il soggiorno pesarese fu del tutto formativo se, quando poi egli si trasferì a Roma presso un altro grande pittore marchigiano e cioè Carlo Maratta (Camerano 1625-Roma 1713), il Pascoli riferisce che "vi andò pittore" 4. I l Berrettoni, appena giunto a Roma, ebbe modo di far conoscere le sue qualità pittoriche, impostate sicuramente secondo un rigoroso impianto classicista reniano: la prima opera prodotta, secondo il biografo, è un'opera perduta (come molte sue), composta da due dipinti aventi come soggetto L'amor sacro e L'amor profano, presumibilmente collocata cronologicamente intorno agh anni 1655-56, considerando anche il fatto che è sconosciuto Tanno di arrivo a Roma del nostro pittore. I.e capacità pittoriche dell'artistanon dovettero passare inosservate se, come affermano le fonti, fra i suoi estimatori si annoverano il conte Maffei ed il marchese del Carpio, il quale arrivò a proporre al Berrettoni di recarsi alla corte del re di Spagna Carlo I I (1665-1700) come primo pittore ^. Molte opere annoverate dal Pascoli risultano perdute, come accennato prima, ma tutte commissionate da collezionisti del tempo: una sua Pietà, ad esempio, fu eseguita per l'abate Paolucci (forse un pesarese attento al suo giovane conterraneo) e, una volta morto costui, il quadro fmì presso il duca di Medinaceli ed inviato in Spagna. Nonostante le sue capacità, sembra che il periodo trascorso presso la bottega del Maratti non fosse stato sereno, proprio perché il maestro, intuendone le possibilità, pradcò una sorte di ostruzionismo nei suoi confronti sottoponendo il Berrettoni a lavori anche umiU, come riferito in un episodio della sua biografìa ^. Non si può comunque affermare che Maratti non fosse stato un buon maestro per Berrettoni, poiché presso di lui il nostro ebbe modo di consolidare quella sua formazione di impianto rigorosamente classicista con lo studio costante ed approfondito delle fonti cui si attingeva, primi fra tutti Raffaello e Correggio. L a prima opera pubblica resa nota dalle fonti letterarie è la Madonna con Bambino affrescata, all'esterno dell'abside della chiesa romana di Santa Maria della Consolazione come devoto rigraziamento per la cessata peste del 1657 e dipinta l'anno successivo; oggetto di un restauro ad opera del pittore P. Palmaroli nel 1822, l'opera appare ampiamente ridipinta ed alterata.

d i S a n G i o v a n n i B a t t i s t a d e i M i n o r i O s s e r v a n t i R i f o r m a t i , l a s c i a n d o c o m e e r e d i i sei Tigli d i M a r i n C a r l o . N e l t e s t a m e n t o n o n si f a m e n z i o n e n é d e l f r a t e l l o N i c c o l ò o r m a i

4

3

A n c h e E . W a t e r h o u s e , Baroque painting

in Rome, L o n d r a 1937, p. 47, p e n s a c h e

l ' a r t i s t a g i u n t o a R o m a avesse a m p i a m e n t e c o m p l e t a t o l a s u a f o r m a z i o n e .

morto, n é della sua famiglia; p e r ò u n ' o p e r a d e l pittore, ed esattamente u n r a m e c o n l a Vergine, il Bambino e san Francesco c h e e g l i t e n e v a presso i l letto, f u lasciata a l

5

c a n o n i c o A d r i a n o M u c c i o l i . L a c o m u n i c a z i o n e d i questo i n t e r e s s a n t e d o c u m e n t o

6

Ibidem.

m i f u f o r n i t a d a l l o studioso P i e r o B o n a l i , c h e r i n g r a z i o s e n t i t a m e n t e .

7

A . B e l l i , La chiesa di Santa Maria delle Curazie, contigua all'ospedale della

C i r c a l a f o r m a z i o n e g i o v a n i l e d e l B . cfr. L . L a n z i , Storia pittorica...,

F i r e n z e 1822, I I I ,

p . 189; H . V o s s , Die malerei des Barock in Rom, B e r l i n o 1924, p . 604.

P a s c o l i , Vite dei pittori cìt., I , p . 187. Consolazione...,

R o m a 1833, p p . 36-38; G . M o r o n i , Dizionario di erudizione, V e n e z i a 1 8 4 0 - 6 1 , X L I X , p . 281.


A . Melorio

Dopo un periodo lungo più di un decennio, durante il quale non si collocano opere di destinazione pubblica o commissioni private di rilevante importanza, ma che vide probabilmente il nostro pittore impegnato in opere "da cavalletto" molto richieste, nel 1671 finalmente troviamo una sua opera raffigurante un Miracolo di san Filippo Benizi, facente parte di una serie di cinque tele con miracoli del santo dipinta per i padri Servid della chiesa di San Marcello al Corso. I l santo fu canonizzato dal papa Clemente X Altieri insieme ad altri quattro e, per l'occasione, nella cappella di famiglia dello stesso papa in Santa Maria sopra Minerva, Marattaeseguì la pala d'altare raffigurante la Gloria dei cinque nuovi santi (1672). In precedenza, come risulta dai documenti nell'archivio della chiesa di San Marcello, lo stesso Maratd, nel 1669, eseguì per il papa Clemente I X Rospigliosi una tela con il Miracolo delfulmine, illustrante un episodio dello stesso san Filippo Benizi ^. 8

Niccolò Berrettoni

17, 1993

Sludi monlefeltroni

V . C a s a l e , I.a canonizzazione di S. Filippo Benizi, e l'opera ài Baldi, Berreitoni, Garzi, Rioli, Maratti, i n " A n t o l o g i a d i B e l l e A r t i " 1979, 9-12, p p . 1 1 3 - 1 3 1 .

Un altro anno importante nel percorso artistico del Berrettoni è il 167S, quando per l'aitar maggiore della chiesa romana ora sconsacrata di San Lorenzo in Piscibus l'artista eseguì una pala raffigurante Lo sposalizio della Vergine; essa fu commissionata dal duca Federico Cesi, il quale già in precedenza aveva donato la chiesa ai padri Scolopi L'opera si presenta come una delle più alte realizzazioni del Berrettoni poiché la raffinata composizione è studiata essenzialmente per dare risalto ai valori cromadci e luministici, nonché alla profonda ed intima serenità che trapela dai personaggi protagonisti. A questa opera si collega la sollecita opera del mecenate pesarese Giacomo Muccioli, che incaricò il famoso incisore Pier Sante Bartoli di eseguire la riproduzione dell'opera del suo pupillo; l'opera è conservata fuori inventario presso l'Accademia di Perugia. Esiste una copia di questo lavoro nella collezione Campoli di Roma. I l Berrettoni si era cimentato in altre opere di destinazione ecclesiastica, elaborando una volta anche la copia di un'opera del Maratta, una Fuga in Egitto, die il maestro eseguì per i Chigi nel 1664 e che ora è a Castelfusano; la copia è, invece, nella chiesa di San Giuseppe dei Falegnami. Anche Pesaro, come testimoniato dal Becci e dal Bonamini accoglie una pala del suo pittore: si tratta di un quadro, ora presso la Sala delle Adunanze del Seminario diocesano, eseguito per la distrutta chiesa di Sant'Antonio Abate. L a decorazione di questo edificio sacro comprendeva opere i cui soggetti erano desdnati alla illustrazione di eventi miracolosi avvenuti nella vita del santo titolare, eseguite dai pesaresi Luffoli e Venanzi; quella del Berrettoni illustra la scena in cui un angelo indica a sant'Antonio la via per raggiungere san Paolo, primo eremita Se nelle opere sacre il Berrettoni si esprime mantenendo alte le qualità di equilibrio, compostezza ed aulica serenità, nelle opere a carattere decorativo e profano egli si libera da certi vincoli stihsdci, resi anche necessari dai temi religiosi, per esprimersi con una sensibilità raffinata, attraverso ritmi fluidi ed elegand, cromie luminose ed aeree,

9

Q u e s t a p a l a d ' a l t a r e , o r a p r e s s o l a c h i e s a d c i r i s t i t u t o C a l a s a n z i o d i F r a s c a t i , è stata esposta a l l a m o s t r a " I m a g o M a r i a e " , t e n u t a a R o m a n e l 1988 ( c a t a l o g o D e L u c a , p p . 161-162, s c h e d a 117; a l m i o c o n t r i b u t o a p p a r s o i n q u e l v o l u m e r i m a n d o p e r u n a più completa bibliografia).

10

A . B e c c i , Catalogo delle pitture che si conservano nelle chiese di Pesaro, P e s a r o 1783 p p . 7072; D . B o n a m i n i , Abecedario architettonico...,

1787 c a . , m s . 1009 i n B i b l . O l i v e r i a n a d i

P e s a r o , f. 135r. 11

L e g u i d e d e l l a città ( A . N o b i l i 1864, p . 124; L . S e r r a 1923, p p . 41-42) c i t a n o l ' o p e r a a n c o r a n e l l u o g o o r i g i n a r i o , m e n t r e i l C o n t i n i {Guida di Pesaro, U r b i n o 1962, p . 8 6 ) r i c o r d a le o p e r e r i u n i t e p r e s s o il s e m i n a r i o , d o p o c h e l a c h i e s e t t a f u d i s t r u t t a d u r a n t e

Roma. Santa Maria della (xMisolazione, edicola cslerna (foto Iccd).

Roma, San Lorenzo in l'istibus, Lo sposalìzio della verone (t. Iccd),

l'ultimo conflitto bellico.

*


Studi montef elira ni

17, 1993

A. Melorio

Niccolò Berrettoni

lievissimi e modellanti chiaroscuri. Fra le realizzazioni più importane, da questo punto di vista, troviamo la decorazione della Sala Rossa in palazzo Altieri, la sede romana della famiglia di Clemente X , il quale fu committente delle decorazioni pittoriche delle sale che cosdtuivano l'appartamento nuziale della nipote Laura Caterina e di suo marito Gaspare Paluzzi. Il complesso rappresenta uno dei migliori esempi di decorazione del tardo barocco romano, poiché ad esso contribuirono moki artisti importanti del periodo, come Canuti, Cozza, Carloni, Chiari e lo stesso Maratta, che realizzò un grandioso affresco celebrativo, il Trionfo della Clemenza nella Sala delle Udienze. Gli affreschi che il Berrettoni eseguì sono quelli che decorano il soffitto della cosiddetta Sala Rossa, e sicuramente sono i lavori più documentati del nostro, sia dal punto di vista grafico (numerosi sono i disegni preparatori) che bibliografico Gli affreschi del Berrettoni nella suddetta sala sono tre. I l principale è quello che decora l'ovale centrale del soffitto; il soggetto è identificabile con VAllegoria dell'Amore, con Venere assisa sulle nubi che, con un'ardita torsione del busto, accende la fiaccola di un amorino, mentre un altro la reca già accesa. T r e cupidi con frecce e faretre colme volano intorno, e le tre Grazie concludono il gioioso insieme. Per E . Shaar ^ ^ e per M. Marques, che hanno proposto una diversa interpretazione circa l'identità dei personaggi, la principale figura femminile rappresenterebbe l'Aurora che, con una torcia accesa, si volta per accendere quella recata da Lucifero; dietro segue da presso Vespero, mentre le tre fanciulle sono da identificarsi con le Esperidi, poiché una di esse reca una mela d'oro, riecheggiante il noto mito classico. Numerose e più o meno complete sono le prove grafiche per questo affresco, veramente ammirevole per il suo piacevole ed elegante senso di levità e di grazia. Nella lunetta di destra, aperta fra una ricca decorazione vegetale ad affresco, compaiono Venere

12

F r a i c o n t r i b u t i c h e a t t r i b u i s c o n o l ' o p e r a a l B . si r i c o r d a n o q u e l l i d i A . C l a r k , "Lost" frescoes by N.

Berrelloni,

in "The Connoisseur",

definitivamente l'autografia berrettoniana rinvenne

1961

p p . 190-93, c h e

chiarì

p e r gli affreschi della Sala Rossa e

u n d i s e g n o p e r q u e l l o c e n t r a l e a l B o w d o i n C o l l e g e d i B r u n s w i k n e g l i Stati

U n i t i ; d i A . S c h i a v o , Palazzo AUùm, R o m a 1964, p p . 26-69-96-104/5-107, c o n i n t e r e s santi r i f e r i m e n t i a i d o c u m e n t i d e l l ' a r c h i v i o A l t i e r i ; d i V . G o l z i o , Palazzi romani dalla Rinascita

al Neoclassico, B o l o g n a 1 9 7 1 , p . 3 1 ; d i F . R o s a t i , Palazzo Altieri ieri e oggi, i n

" C a p i t o l i u m " , 1 9 7 4 , 2 - 3 ; d i M . M . M.-Avc[ues,SomedrawingsbyC.

Maratti andN. Berrettoni

Jor the Altieri Palace, i n " M a s t e r D r a w i n g s " , 1976, p p . 51-55, t a w . 23-32b, c h e r i n v e n n e disegni preparatori per i lavori nel palazzo sia d i Maratta che di Berrettoni. 13 Pesaro, Seminario (già in Sant'Antonio Abate), L'angelo indica la via a sant'Antonio.

E . S h a a r , Meisteixeichnungen p p . 51-52, t a w . 49-78.

der Sammlung

L. Krahe, c a t a l o g o ,

Dusseldorf

1969,


Studi montelelirani

17, 1993

ed Amore in affettuoso colloquio: l'immagine femminile ha fatto ritenere allo Schiavo ed allo Shaar che si tratd di Psiche, ma anche in questo caso il senso indmo del dipinto rimane intatto, poiché si tratta comunque di una tenera ed affettuosa celebrazione del tema amoroso. Anche per l'immagine femminile esistono disegni preparatori sia all'Accademia di San Fernando a Madrid che all'Alberdna di Vienna A sinistra, una Allegoria della Primavera decora la lunetta, e la composizione si arricchisce di abbondanti fiori poUcromi: una giovane donna coronata di fiori è avvolta in un ampio manto verde, un grande vaso di iris è vicino a lei ed altri elemend contribuiscono a rendere ardcolata e complessa questa composizione. U n montone, il cui capo sporge al centro della lunetta, rappresenta il risveglio delle forze vitali della natura; alcuni putdni recano fiori, uscendo con effetto illusionistico dal ristretto limite della lunetta. Esistono disegni preparatori per l'immagine della donna. Come già reso noto dalla studiosa D. Batorska il Berrettoni intervenne nella decorazione della galleria di palazzo Muti Papazzurri,

14

A . S l i x , L . F r o l i c h B u m , KatalogderHandzeichnungen...,

15

D . B a t o r s k a , Grimaldi and the galleria Muti Papazzurri,

V i e n n a 1932, I I I , n . 7 7 1 . in "Antologia di Belle Arti",

A. M e l o r b

con rappresentazioni di personaggi mitologici come Diana, Flora e Venere, dimostrando che ormai la sua fama di decoratore era ampiamente meritata e che comunque la sua felice vena poetica incontrava il gusto dei tempi. In effetti soprattutto il tema amoroso sembra essere particolarmente amato dai suoi committenU e da Berrettoni stesso, se l'immagine centrale, vitale e gioiosa, dell'ovale Alderi la ritroviamo pressoché idendca nella volta del salone del palazzo Muccioli Cattaui Oliva a Pesaro, in cui la donna si presenta come unico personaggio, circondata daunafastosissima architettura dipinta con volute, ghirlande e quattro nicchie; in una sala atdgua, nel tondo centrale scarsamente leggibile, due puttinì reggono una corona di mirto mentre la decorazione che circonda la parte centrale presenta i simboli delle A r d e "grisailles" con piccole scene pastorali. Anche nella decorazione di più ampio respiro compiuta nella villa Cattani, ora Tomassini, di Trebbiantico presso Pesaro, un grande salone, quello d'ingresso, accoglie una celebrazione dell'Amore, incarnato da Cupido al quale rende omaggio lo stesso Giove, che gli offre la corona regale; nel grande ovale la composizione si arricchisce delle raffigurazioni di esseri mitologici, per vari motivi coinvold nel tema (un sadro con una

1978, 7-8, p p . 2 0 4 - 2 1 5 , tav. 4, n o t a 1 . •

Roma, palai^zo Allicri, Allegorìa dellAmore (foie Iccd).

Niccolò Berrettoni

Roma, palazzo Muli Papazzurri, Venere (foto Iccd).


17, 1993

Studi montefeltroni

ninfa, Marte, Ercole ed Onfale, Dioniso). Per quanto complesso e di grandi dimensioni, l'affresco appare gradevole, lieve e percorso da una luce chiara, quasi pre-settecentesca. Le stesse caratteristiche, d'altronde, il Berrettoni riuscì ad infondere negli affreschi che decorano altri ambienti della villa: una galleria interamente decorata ma scarsamente leggibile, dove appare una Primavera, una saletta con simbologie guerresche, mentre in un'ultima sala una splendida Allegoria delVAurora, di originale invenzione iconografica e di alta qualità artistica, appare in una cornice estremamente complessa. I n questi dipinti pesaresi troviamo un pittore ormai maturo e conscio dei propri mezzi, ma la definizione cronologica non è conosciuta, giacché le uniche testimonianze storiche dell'Antaldi e del Bonamini non forniscono ragguagli in questo senso Berrettoni concluse la sua carriera aRoma con due opere di notevole importanza, i lavori per villa Falconieri a Frascati e quelli di poco precedenti nella cappella Vivaldi della chiesa romana di Santa Maria in Montesanto. Questi ultimi, datati 1679 ed incisi dal Frezza, furono commissionati da Marco Vivaldi, come attestato da una lapide esterna alla cappella, e per la parte scultorea in marmo e stucco egli si avvalse della collaborazione di Paolo Naldini, un maestro di notevoli capacità, legato sia all'ambiente marattesco che ai seguaci del Bernini, col quale il Berrettoni si trovò a lavorare di nuovo in Santa Maria del Suffragio, ultimo lavoro (purtroppo perduto) del nostro pittore. L a cappella Vivaldi accoglie una pala d'altare con la Sacra famiglia e sani Anna che, nonostante le pessime condizioni della tela, si offre come un'opera intima, calda e domestica, pur rappresentando una scena sacra. Due disegni della collezione Krahe di Dusseldorf presentano una prima idea per la composizione U n ovale affrescato nella volta presenta l'immagine dell'Eterno in unagloria di angeU e di luce rutilante che filtra fra le nubi. L a parte sinistra del soffitto è notevolmente compromessa

16

B o n a m i n i , Abecedario architettonico di.,

f. 135r; A . A n t a l d i , Notizie di alcuni

A. Melorio

Niccolò Serrettoni

dalle infiltrazioni di umidità: comprende L'incontro di san Gioacchino e santAnna nella lunetta, e due pennacchi recand angeh portacartigho. Nella lunetta destra è la scena deWAngelo che compare a san Gioacchino e santAnna, con una struttura compositiva semplice ma che, nei complessi panneggi e nella posa ardita dell'angelo, risente dell'uldma fase pittorica del suo maestro Maratta, attivo nella cappella Montioni della stessa chiesa. Quasi contemporanei (probabilmente databili al 1680) sono gli affreschi che il Berrettoni eseguì su committenza di Paolo Francesco Falconieri nel salone d'ingresso della splendida villa di famiglia a Frascati. Già ricordati dal Pascoli ma da lui non specificati con chiarezza, i lavori del pittore furono identificati con quelli di altri artisti attivi nelle sale della villa, ma è ancora controversa anche l'attribuzione delle decorazioni in quella parte della villa dove il nostro pittore, molto probabilmente, operò: il salone d'ingresso. Qui l'apparato ornamentale consiste in un ovale con la Nascita di Venere sull'enorme soffitto (quasi del tutto perduto dopo la seconda guerra mondiale), e probabile frutto della collaborazione fra Maratta e lo stesso Berrettoni, più due lunette situate ai lati brevi del salone con i ritratti di alcuni membri della famigHa Falconieri, dalle vivaci espressioni e dal ricco abbigliamento I l nostro pittore fu impegnato fino a poco prima della morte prematura in due committenze importanti, la decorazione della cappella Marcaccioni in Santa Maria del Suffragio, rimasta incompiuta, ed un concorso per il soffitto della chiesa di San Silvestro in Capite (fine del 1681 ) in gara con Giacinto Brandi, che riuscì vincitore ma in modo controverso, come narrato dal PascoU. L a morte, avvenuta fra il 3 ed il 15 febbraio 1682, interruppe la carriera del Berrettoni al suo culmine. Della sua vita privata si hanno le testimonianze del Pascofi e di qualche documento. I l Pascoli ricorda che sposò Francesca Camilla Crivelli ed ebbe due figli: Lodovico, ricordato forse erroneamente dallo Zani come architetto nel 1742, e Lodovica, nata il 6 marzo 1681. E ' pur vero che di Lodovico non si hanno documenti e che, al contrario, compare fra i nati della parrocchia di San

architetti...,

1805, m s . 9 3 6 i n B i b l . O l i v e r i a n a P e s a r o , ff. 1 3 v - l 4 r . I l p r i m o m a n o s c r i t t o r i c o r d a c h e i l B . p e r i l p a l a z z o pesarese eseguì a n c h e u n q u a d r o p e r i l c a m i n o d e l salone " d e l l a V e n e r e " . I l secondo è l ' u n i c o che m e n z i o n i i lavori nella villa di Trebbiantico. C i r c a la munificenza dei Muccioli, nell'inventario dei beni di B e r n a r d i n o e Giacomo M u c c i o l i , r e d a t t o n e l 1701 ( A r c h . Stato d i P e s a r o , Notante Pesaro, G . S e r r a n d r e a , S c r i t t u r e p r i v a t e diverse 1668-1709, p a c c o X V , v o i . X X X I X ) e c o m u n i c a t o m i g e n t i l m e n t e d a l s i g n o r P i e r o B o n a l i , si a n n o v e r a n o d i c i o t t o sue o p e r e a u t o g r a f e .

Per

u l t e r i o r i c h i a r i m e n t i c i r c a i l a v o r i c i t a t i , r i m a n d o a l m i o a r t i c o l o Gli affreschi di N. Berrettoni a Pesaro, i n " B o l l e t t i n o d ' A r t e " , 17, 1983, p p . 83-86. 17

S c h a a r , Meisterzeichnungen

cit., n . 9 3 , t a w . 7-8.

18

H . V o s s , Die Malerei des Barock in Rom, B e r l i n o 1924, p . 604; I . B e l l i B a r s a l i , M . G . B r a n c h e t t i , Villedella campagna romana, M i l a n o 1975, p . 208; C l a r k , "Lost"frescoes cit., p . 193; E . W a t e r h o u s e , Roman baroque painting, E d i m b u r g o 1976, p . 55. Se q u e s t i s t u d i o s i p r o p e n d o n o ^ l e r u n a l a r g a p a r t e c i p a z i o n e deJ n o s t r o a l l a stesura d e l l a Nascita di Venere, se n o n a d d i r i t t u r a p e r l ' a u t o g r a f ì a , A . M e z z e t t i {Contributi a C. Maratti, i n " R i v i s t a d e l l ' I s t . N a z . dì A r c h e o l o g i a e S t o r i a d e l l ' A r t e " , 1955, p . 3 5 0 ) e A . L o B i a n c o {P.L. Ghezzi a Torre in Pietra, m " S t o r i a d e l l ' A r t e " , 1977, n . 2 9 , p . 6 4 , tav. 8 ) , c o n t r a r i a m e n t e a l C l a r k , p e n s a n o c h e le l u n e t t e s i a n o d a a t t r i b u i r s i a l p i t t o r e P . L . G h e z z i , attivo n e l l a v i l l a , m a i n e p o c a successiva.


Studi montefe(troni

17, 1 9 9 3

Marcello un Gaspare Antonio il giorno 12 ottobre 1679, morto a soli nove mesi i l 1 luglio 1680 I l pittore, secondo il biografo, abitava in una casa in via Capo le Case, presso piazza di Spagna; le sue qualità umane, poi, gli permisero di avere molti amici, fra cui il pittore G . Dughet e Lodovico Rivaldi che, dopo aver tenuto a battesimo i suoi figli, aiutò la famiglia dopo la sua morte e fornì la dote a Lodovica, permettendole così di sposare Filippo Gambi. Accademico di San L u c a d a l l ' l l settembre 1675, fu sepolto nella chiesa romana di Santa Susanna senza fasto ma rimpianto dai suoi colleghi pittori, che avevano avuto modo di apprezzarne il valore ed il talento.

84 19

P a s c o l i , Vite dei pittori cit., p . 188; A r c h i v i o d e l V i c a r i a t o d i R o m a , Registro delle morti, P a r r o c c h i a S. S u s a n n a 1651-1712, 1 l u g l i o 1680 e p . 134; P . Z a n i , metodica...,

Enciclopedia

P a r m a 1820, I I I , p . 253. A r c h i v i o d e l V i c a r i a t o d i R o m a , Registro delle

nascite, { p a r r o c c h i a S. M a r c e l l o a l C o r s o 1641-1683, 12 ott. 1 6 7 9 ) . Q u e s t o c o n t r i b u t o u t i l i z z a i n p a r t e i l l a v o r o svolto p e r l a m i a tesi d i l a u r e a , d i s c u s s a n e l 1978 p r e s s o l a facoltà d i M a g i s t e r o d e l l ' U n i v e r s i t à d e g l i S t u d i " L a S a p i e n z a " d i R o m a , relatore i l chiar.mo p r o f L u i g i Grassi e correlatore il p r o f Vittorio Casale, cui v a il mìo ringraziamento.

1


Giancarlo Renzi

Mestieri e quartieri nella città-fortezza del Sasso di Simone in una relazione del 1644


Studi montefeltrani

17, 1993

Potrebbe sembrare operazione del tutto superflua un esame, dal punto di vista storico e architettonico, del progetto cosimiano della cittàfortezza del Sasso di Simone (1566). L'ultimo ventennio, infatti, ricco di studi che hanno non solo riportato alla luce un fenomeno espulso dalla stessa menioria locale, sepolto ormai nella polvere degli archivi e fagocitato, nella realtà, dalla vegetazione, ha chiarito da multiverse posizioni le motivazioni politico-strategiche che indussero Cosimo l , nell'ambito del riassetto dello stato mediceo, a imporre l'edificazione di un nuovo centro amministrativo e mihtare sulla vetta del Sasso di Simone; così come sono stad elencati gU apporti degU architetti e delle maestranze che vi lavorarono o che se ne interessarono; e si è discusso "a più voci" della struttura urbanistica di partenza e delle trasformazioni "in itinere", confrontando l'arditezza dell'utopia e la razionalità dell'idea primigenia con la più prosaica realtà dei risultati ^ Eppure l'operazione Sasso di Simone resta ancora con zone d'ombra, d'incomprensibile o almeno di non definito, soprattutto negli aspetti pradci e del quotidiano: che sono poi la vita, gli abitanti, l'economia, i microawenimenti; insomma la cronaca di una "cosmopoli" che stenta a uscire dai lineamenti architettonici e dalle cronache di cantiere -contraddittori gli uni e le altre- per collocarsi "in situazione" con le "communitates" del territorio e con le altre cittadelle militari che Cosimo ed i suoi successori trasformarono in aggregazioni di non poco conto sul piano ì

Riportiamo la letteratura specifica e più recente, attraverso la quale, comunque, si può risalire alla più vasta bibliografìa sull'argomento: A . Potito, Premesse e docum.enli inediti per la storia della fortezza del Sasso di Simone, in "Studi montefeltrani" 1,1971, pp. 79-88; Id., L a fortezza del Sasso di Simone. Carte e documenti, San Leo 1972; E . Coppi, La fortificazione del Sasso di Simone, San Leo 1973 (2^ edizione 1993); G . Spini, E . Coppi, G . Renzi, A. Potito, // Capitanato di Giustizia del Sasso di Simone. Atti del convegno, Sestino 1977; G . Conti, IMalatesta a Sestino e un tentativo di città-fortezza sul Sasso di Simone, in S. Anselmi (a cura). L a montagna tra Toscana e Marche. Ambiente, territorio, cultura, società dal medioevo al XIX secolo, Milano 1985, pp. 95-111; M . Ferrara, Annotazioni sull'architettura della fortezza medicea del Sasso di Simone, in La montagna tra Toscana e Marche cìt., pp. 137-146; M . Ferrara, E . Coppi, La fortezza medicea del Sas.<io di Simone, in "L'universo", L X I , 6 (1981), pp. 881-902; M. Ferrara, La fortezza del Sasso di Simone, in Aa. w . . Il potere e lo spazio: rifles.sioni di metodo e contributi, Firenze 1980, pp. 99-112; G.AÌÌegTettì,Disfecemi Maremma. Note sulla disertata "città" del Sasso di Simone, in "Studi montefeltrani", 13, 1986, pp. 31-49; I d . (a cura)*/Girolamo Ragazzoni e la Feretrance ecclesicE visitatio. 1574, San Leo 1989; C. Leonardi, La relazione della visita apostolica del vescovo Gerolamo Ragazzoni al nullius dicecesis di Sestino. 15 74, in "Studi montefeltrani", 13, 1986, pp. 53-81; G . Renzi, Sestino. Storia civile e religiosa del Cinquecento, Sestino 1973; Id., Antiche vicende dei confini tra Marche e Toscana, San Leo 1974; F.V. Lombardi, La contea di Carpegna, Urbania 1977; G . Allegretti (a cura). La città del Sasso, Villa Verucchio 1992. Ricordiamo, infine, l'ampio servizio: La città delSasso, con testi di C . Sodini e G . Renzi, apparso in "Archeologia viva", 39, 1993, pp. 30-47.

Mestieri e quortieri nella ciHà-For1ez2a

della vita politica, dell'urbanistica, dei commerci: basti pensare all'impulso avuto da Grosseto, Livorno, Portoferraio, Terra del Sole... ^. Ma la rilettura di alcuni documenti, peraltro ampiamente utilizzad dagli studiosi, e la loro completa conoscenza non sono prive di appord 2

Per la "costruzione" dello stato mediceo ricordiamo solamente G . Spini, Cosimo le l'indipendenza del Principato mediceo, Firenze, ediz. 1980; I d . (a cura), Architettura e politica da Cosimo I a Ferdinando I, Firenze 1976; I d . ( a c u r a ) , Potere centrale e strutture periferiche nella Toscana del '500, Firenze 1980; F. Diaz, Il Granducato di Toscana. I Medici,Torìno 1987; E . Fasano Guarini, Lo Stato mediceo di CosimoI, Firenze 1973; Ead., Alla periferia del Granducato mediceo: strutture giurisdizionali ed amministrative della Romagna Toscana sotto Cosimo I, in "Studi romagnoli", 1968, pp. 379 sgg.; Aa. w . , L a nascita della Toscana, Firenze 1980; C. Vivoli, Il disegno della Valtiberi.na, Rimini 1992.

Piaiua del Sasso di Simone, di Baccio del lìianco, 1645 (Albertina Museum, Vienna, AZ It. n. 274)


Particolare della pianta Del Bianco.


Sludi montefeltrani

17, 1993

significativi, proprio là dove meno ha insistito la storiografia. Ci riferiamo ad una relazione di Baccio del Bianco e di Vincenzo Viviani (1644), accompagnata da un minuzioso riscontro topografico, siglato 1645 dal solo Baccio del Bianco, il cui originale si trova a Vienna presso l'Albertina Museum, e apparso nelle edizioni di Coppi, Ferrara e Allegretti ^. TaH documenti, a circa settant'anni dall'inaugurazione della sede del Capitanato di giustizia del Sasso di Simone (lv575) e a circa quarant'anni dallo smantellamento delle opere di fortificazione (1673), fermano come in un fotogramma l'impronta della consumata utopia architettonica sul Sasso di Simone; il testo della relazione e il disegno che l'accompagna costituiscono contribud complementari e pressoché esauriend per capire lo stato delle strutture civili e militap e forniscono notizie varie che direttamente o in fdigrana - definiscono con pochi margini di incertezza vari problemi finora restati non compiutamente compresi nella delineazione del funzionamento e dell'assetto della località'*. Ma perché, intanto, il 1644? A quell'epoca il disegno mediceo -quello delineato nelle mappe e quello immaginabile nell'arditezza dell'operazione- si presenta ormai codificato nelle forme più reahsdche; ciò che Del Bianco-Viviani vedono e descrivono se non è l'apice dell'operazione costruttiva è certamente quanto è stato di fatto realizzato o per lo meno quanto è soprav\'issuto. I l confronto sinottico tra testo, disegno e rilevamento "in situ" della conformazione odierna degH spazi sul Simone, contribuisce ad una ricostruzione plausibile da altri studiosi riproposta in assonometria ^, che ora conferma gli acquisd dell'ultima storiografia ed ora guadagna particolari di valore. L a relazione Del Bianco-Viviani non è la prima, né sarà l'ultima che le autorità decreteranno per controllare -sotto la spinta di esigenze multiverse- la rivitalizzazione del sito o il suo deperimento progressivo. I l periodo, però, corrisponde ad uno dei più frenetici e "bellicosi" del granducato e della politica italiana. Ferdinando I I si trova nella non comoda posizione di belligerante contro papa Barberini Urbano V I I I . Nell'ottobre 1641 le truppe papali s'impadroniscono della rocca di Castro, mentre le mire si estendono all'acquisto di Parma e di Piacenza. Nasce una lega italiana Firenze-Modena-Venezia ( 1642) che, pur pensata per una politica di equilibrio, sfocia nel ricorso alle armi e fa aumentare 3 4

5

L a relazione di Baccio Del Bianco e Vincenzo Viviani sta in Archivio di Stato di Firenze (Asf), Fabbriche granducali, f. 1931, fascicolo 380, ce. non numerate. A?,^, Fabbriche granducali, f. 1931 c i t ; il fascicolo contiene altra interessante documentazione (relazioni, corrispondenza epistolare) e tra essa il "sunto" di Giovanni de Medici della relazione Del Bianco-Viviani, inviato come indicazione operativa al granduca, che riportiamo in appendice. Ferrara, Coppi, 'La. fortezza medicea cit., p. 902.

G . Renzi

Mestieri e quartieri nello ciHà-fortezzo

i sospetti interessati di Francia e di Spagna. I l granduca, così, mette in campo un rilevante schieramento militare di 8.000 fanti e 1.000 cavalli sotto il comando del fratello, principe Mattias, e l'anno 1643 trascorre con vicende che coinvolgono ampiamente le zone di frontiera, per giungere solo i l 3 1 marzo 1644 alla firma della pace ^. Truppe regolari (le "bande"), soldatesche straniere e accozzaglie banditesche si confrontano e scontrano tra Toscana, Umbria, Romagna e le altre province pontificie, con gravi risvolti economici e mobilitazione delle popolazioni. I n questo contesto, le fortezze sui "limina" di stato assolvono ad una funzione importante -di dissuasione e di minaccia o di conforto per le popolazioni locali- ed anche i l ritorno d'interesse per i l Sasso di Simone può essere momentaneamente legittimato dalla situazione generale. LaValdberina, infatti, è pienamente coinvolta nelle operazioni beUiche: a San Sepolcro si innalzano nuove opere di fortificazione, si tracciano scannafossi, si abbattono quarderi e si predispongono acquartieramend per le truppe; viene costitixito il magistrato dei Dieci di Guerra ed è conquistato San Giusdno, avamporto papalino Ingend sono le spese sostenute dal comune "pel passaggio delle soldatesche venete, alamanne, ecc. sotto il comando del principe Mattìas de' Medici e Niccolò Strozzi per la guerra mossa dalla Toscana contro papa Urbano V i l i " ^. I n effetti, poteva ironizzare il Muratori, era una guerra costata "poco sangue ma che serviva a distruggere assaissimo chi l'aveva sul dosso" I l riscontro è in queste comunità, come Sansepolcro e la Valtiberina, più a diretto contatto con l'awersario, dove la guerra è fatta anche di ruberie e di supporti logistici logoranti: "Sono stati rubbati da nemici molti capi di bestie di ogni sorte et che perciò le ville tutte siano state sole di abitatori et abandonate affatto come secondo per esser impiegati tutti gh contadini et loro bestiami nelli presend rumori di guerra chi per soldato, chi con le bestie a portare li viveri, monizioni e pezzi" L a vita della città pare ruotare tutta intorno ai pesi e ai timori dello "stato di guerra": il grano non è stato "batuto stante per esser tutd gli contadini impiegati nelli presenti rumori di guerra"; manca l'acqua per macinare, 6

7 8 9 10

Per questi awenimend, ampiamente studiati, rimandiamo a Diaz, // Granducato di Toscana cit., pp. 376 sgg.; U . Dorini, IMedici e i loro tempi, Firenze 1982, soprattutto pp. 493 sgg. Riferimenti alla situazione locale in L . Coleschi, F . Polcri, La storia di Sansepolcro, Sansepolcro 1966, pp. 102 sgg.; 1. Ricci, Storia di Borgo Sansepolcro, Sansepolcro 1956, pp. 67-70. Biblioteca Comunale di Sansepolcro (Bcs), Archivio storico, serie I I , f. 30/B, in modo particolare i "partiti" del 7 novembre 1643, ce. 65 sgg., e del 4 aprile 1644, c. 84. G . Degli Azzi, Inventario degli Archivi di Sansepolcro, Rocca San Casciano, 1914, p. 36. A . L . Muratori, Annali d'Italia, Milano 1740, X I , pp. 195-196; cfr. anche Diaz, // Granducato di Toscana cit., pp. 578-579. Bcs, Archivio storico, serie I I , f 30/B, pardto del 16 agosto 1643, c. 54.


G . Renzi Studi montefeltrani

17, 1993

occorre fornire biade e grano per le requisizioni; "et atteso in questa città l'esser venuti e si averne gran quantità di soldati a piedi ed a cavallo, e s'intenda doverne venire degli altri, onde saranno necessarie gran quantità di paglie fieno e biade, delle qtiali essendo la città e contado esausto assai per aver avuto da molti mesi in qua di quando in quando cavalleria e fanteria oltre al presidio condnuo, si rende inabile a poter mantenere tanta cavalleria". Inoltre, "stante che dal signor governatore Nicolao Strozzi sia fatta istanza, che si prevegga d'una stanza approposito, dove si deve mettere i prigioni che vi sono papalini, e che vi potrebbero essere [...]", si deliberano notevoli impegni finanziari. Queste vicende e quanto sottendono aiutano a comprendere il senso di alcune osservazioni iniziali della relazione Del Bianco-Viviani. Ma il 1644 cade tre anni dopo il ritorno in Sesdno della sede e delle funzioni giurisdizionali del capitanato.il iVgiugno 1641 si trovanoperla prima volta riuniti i consiglieri della podesteria di Sestino e del vicariato di Badia Tedalda "in Sestino nella sala dell'abitazione del signor capitano di giustizia", dopo aver ottenuto "grazia da S.A.S. del governo di questo capitanato per un anno prossimo" Non è un ritorno definitivo, è vero, ma è pur sempre una vittoria di quel partito degli irriducibili che avevano contrastato, fin dall'inizio, il progetto di trasferire il "capoluogo" del capitanato sul Sasso di Simone ^ ^. Ma con ciò si riapre anche un contenzioso con Badia Tedalda ed altri comuneUi. Pretestuosi o meno gli argomenti che essi avevano a più riprese espresso in favore del Sasso di Simone, ora producono un argomento che pretestuoso non è: portare in Sestino la sede del capitanato e i suoi uffici significa mantenere e spendere per la sede di Sestino e continuare a investire fmanze per non fare "atterrare" il "palazo del capitano" posto sul Sasso ^'*. Vero è che da sempre altro argomento forte contro l'erezione del Sasso di Simone a capoluogo del territorio toscano transappenninico non è tanto quanto rivendica Sesdno -e cioè un suo declassamento e una 11 12 13

14

Bcs, Archivio slorico, serie I I , f. 30/B, serie di partiti degli anni 1643 e 1644, soprattutto ce. 54, 65v, 67, 84, 93v. Archivio Comunale di Sestino (Acs), Parliii di Sestino, f. 320, fV, particolarmente ce. 73 sgg. I n proposito rimandiamo a Renzi, La residenza del Capitano eia sede del Tribunale, in // Capitanato di Giustizia cit.: al podestà, che aveva perorato il mantenimento in Sestino delle pubbliche magistrature facendo presente i numerosi inconvenienti, i l granduca risponde seccamente: "Già si erano considerate l'incomodità che scrivete della residenzia nel Sasso, e nondimeno si deliberò con ragione quanto vi si è imposto dal supremo magistrato dei consiglieri, però senza altra replica eseguitelo che così è di mente nostra" (Asf, Mediceo, f. 243, Registro di lettere, c. 177 del 1574). Sulle ripetute controversie in materia, rimandiamo anco.'a a Renzi, La residenza del Capitano cit.; in Acs una buona documentazione su tali vicende.

Mestieri e quartieri nello città-fortezze

temuta riduzione a "redotto de ladroni" ma piuttosto la mancanza di senso realistico congenito al progetto stesso; si "contesta", di fatto, un'idea basilare e moderna di Cosimo, quel voler strutturare lo stato in forme d'avanguardia, rendendolo autonomo anche sul versante della difesa coll'organizzare "bande" espresse dalla popolazione stessa e coll'approntare apparecchiamenti difensivi coesistenti con le strutture civili. I l Sasso di Simone costituisce, in ciò, un esempio completo, creato exnovo, e per ciò stesso doveva concretarsi come episodio esemplare anche di una politica "moderna", mentre nella restante parte degli stati italiani del periodo prevaleva la sudditanza e i l ricorso a milizie mercenarie straniere o a tutele straniere Questo aspetto, non sempre approfondito dalla storiografia locale, giacché è più dichiarato lo scopo politico di una Firenze che fortifica i confini e si protende, come messaggio eloquente, verso gli ambiti territoriali dei Montefeltro dei Della Rovere e loro aderenti, è alla base di un esteso malcontento popolare per una evidente non funzionalità del binomio città-fortezza. E ' vero: ci sono gU inverni lunghi e tragicamente incombenti; c'è l'inversione climatica che porta nell'ultimo Cinquecento ad una piccola glaceazione; ci sono materiali scadenti, e venti e ghiacci dirompenti, una estesa contrarietà delle popolazioni salassate da carestie e nuove "comandate"; ma esse colgono un argomento vitale quando, considerando che il Sasso di Simone ha un solo accesso, questo deve obbedire prima alle esigenze di carattere militare e poi a quelle della comunità civile: "Stando la giustizia sul Sasso, che la notte è riserata, seguono per questi confini vari accidenti". V i scapitano " i l fisco e la Gran camera ducale" in occasione di "delitd e contravvenzioni" perché "nel Sasso di Simone la notte non possono uscire i ministri et anche la mattina fino al tardi per esser fortezza". Insomma lo Stato non ci guadagna e la popolazione ci scapita: " C i siamo a battuti su l'ora del desinare andare al Sasso et per un'ora non siamo potuti entrare, et similmente la sera a ventitre ore si serra la porta et non siamo potuti andare a fare i fatti nostri". "Al Sasso vi bisognia aspettare alle volte un'ora sul mezzo giorno che la porta della fortezza s'apra, e talvolta ci bisognia partir dal Sasso e venire a Sestino a far 15 16

G . Renzi, Sestino. Documenti e Sinodi del Piviere Nullius, Sestino 1976, Appendice, doc. I l i , Lettera dell'Arciprete Roberto Magi al Granduca Francesco l (2 settembre 1574). Cfr. Spini, Cosimo Ie l'indipendenza cit., pp. 7-8. D'altra parte quanta considerazione avesse i l Sasso di Simone nei disegni strategici cosimiani lo rivela u n appunto di pugno di Cosimo I (senza data) : "Nota di quanto si debba fare per lo sgombero dello stato di Fiorenza e di quello di Siena e tutto lo stato di Fiorenza debbon sgomberare come qui di sotto e prim.a di tutto i l Mugello, cioè vicariato di Scarperia, sgombrisi tutte le biade da mangiar dì qualunque sorte, e grano, legumi e da cavalli [... ] Borgo Santo Sepolcro, Badiale e Sestino nel Borgo o nel Sasso di Simone" (Asf, Carte strozziane, serie 1, f. 33, c. 121).


Studi montefeltrani

17, 1 9 9 3

procuratori e quello [che] bisognia". A Sestino "la giustizia [può operare] ad ogni tempo e ora", il che non è permesso fare nel Sasso di Simone, e a Sestino "in caso di bisogno alli delinquend possono esser porti i soccorsi e particolarmente di procuratori et avocati, il che non li può succedere nella fortezza del Sasso, abitata solo da otto o dieci soldad" E ' naturale che ognuno tiri l'acqua al suo mulino, quindi prò o contro il Sasso di Simone; né qui staremo ad elencarU tutti gli argomenti. , Conviene prendere atto che la difficile convivenza tra Badia Tedalda e I Sestino nell'ambito del capitanato, i contrasti tra le varie comunità, portatrici di aspirazioni e spinte antinomiche portano al risultato che i l governo ripropone il Sasso di Simone quale sede dei pubblici uffici e del capitano di giustizia. I l discorrere ci ha condotti, quindi, alla motivazione della puntigliosa ricognizione di Baccio del Bianco e Vincenzo Viviani e alla struttura della relazione informativa. Non a caso, perciò, essi distinguono assai bene nel sopralluogo le due realtà del Sasso di Simone: la zona civile, la città utopica immaginata da Cosimo I e proseguita con tutti i ridimensionamenti oramai noti, e le strutture militari. Due entità che coesistono ancora nel 1644 ma che non riescono a dare un senso vitale e reaUstico all'antica operazione "razionale" e d'avanguardia. I l riferimento nella prima parte d,ella relazione al deprecato stato di abbandono del Sasso di Simone e alla situazione "internazionale" del momento è da intendersi evidentemente riflesso della guerra della lega italica e di Ferdinando I I contro papa Barberini. Paradossalmente, si può dire che la fortezza finì per essere assente o non funzionante proprio nei momenti di guerra e quindi non svolse effettive funzioni belliche: non ^ partirono dal Sasso di Simone le "truppe" che nel 1570 occuparono Carpegna a nome di Firenze; nello scontro tra Ferdinando I I e Urbano V i l i svolse un ruolo di risibile casermaggio e nel 1691 quando Firenze invase per rappresaglia le terre di Bascio e Gattaia era già in disarmo da , un ventennio. Si può ragionevolmente sostenere che svolse, invece, funzioni comprimarie nella feroce guerra di repressione del banditismo, condotta in sintonia, sul finire del '500, da Francesco Maria I I duca d'Urbino, e da Francesco I . Si inserisce, poi, in questo periodo un non ancora chiarito episodio per un assalto alla fortezza del Sasso di Simone, orchestrato in segreto dal conte Tommaso di Carpegna, con il granduca Ferdinando e Antonio Serguidi, segretario del granduca U n progetto "per prendere la rocca del Sasso di Simone", che, invero, mette in risalto 17 18

L e citazioni da Acs, f. 319,1, Partiti, carte sciolte; f. 320, IV, particolarmente i "partiu" del 20 giugno 1640, del 17 giugno 1641 e del 29 giugno 1653. Asf, Carte strozziane, serie I , f X C V I I , d o c . 27: Scritture relative al prendere la rocca del Sasso di Simone: a) Quattro articoli di ciò che va fatto per l'impresa; b) Promesse a chi effettuerà

G . Renzi

Mestieri e quartieri nella città-fortezza

la difficoltà d'una simile impresa per l'inaccessibilità del luogo, per cui l'ipotesi viene programmata con strumenti più subdoli: corruzione e complicità da guadagnarsi con denaro sonante, dosi di sonnifero in abbondanza, ore notturne e nebbia per impedire l'avvistamento. L a scarna documentazione, per altro verso, mette in risalto la funzionalità del sito, strategicamente collocato ma difeso da forze esigue: quattro soldati e un castellano di norma "che venendo il caso, il luoco si abbi da raddoppiare di guardie, e d'altre diligenzie poiché si vede che lo fanno per ogni poco di motivo" Ma ritorniamo alla relazione Del Bianco-Viviani. L'ispezione alla località si svolge secondo un non casuale andamento; prima viene rilevata la situazione della città poi quella delle strutture della fortificazione, seguendo un percorso regolare che inizia dall'esame dei quartieri fatti costruire da Borgo San Sepolcro (collocati circa a mezzogiorno, vicini allo sperone dove in basso si innesta la salita per giungere alla sommità del Sasso), poi prosegue -si suppone- sul retro di essi, tra zona urbanizzata e pianura sommitale, e giunge alla parte opposta dove, a nord est, è collocato il primo dei quartieri costruiti da Pieve Santo Stefano, il più piccolo, passando quindi al secondo e più grande. I due rilevatori percorrono poi la strada principale, posta nel mezzo dell'impianto complessivo, ritornando da nord est a sud. Terminato l'esame delle strutture civili passano a quelle militari. U n a relazione, pertanto, suddivisa in due parti, che sottolinea la duplicità delle strutture e delle funzioni 2f>. L a descrizione elenca piuttosto minuziosamente quasi tutto, esaminando i "blocchi" edilizi per "appartenenza", cioè secondo le comunità che furono preposte a costruirU. Complessivamente risulta, così, che tre

19 20

l'impresa; c) Lettera del granduca Ferdinando al Conte Tommaso da Carpigna di promesse in genere. Praiolino, 17 agosto 1593; d) Lettera di Tommaso Carpigna ad Antonio Serguidi segretario del granduca. Scavolino, 15 agosto 1593. e) Scrittura di mano dello stesso Carpigna, non sottoscritta (ce. vecchia numerazione 102,103,106-8,110-112). I l "progetto" qualunque motivazione ne sia all'origine- costituisce elemento che qualifica il Sasso ancora come punto potenzialmente nevralgico ed anche appedbile, se per di più si scrive: "Si darà facultà a V.S. di poter levare a suo piacimento la banda del Casendno, del Sasso di Simone e del Borgo, che fra tutte saranno dua mila fanti, che dovranno bastare per fare il fatto" (Ivi, c. 80r e v ) . Si può pensare, eventualmente, ad una ipotetica capitolazione della fortezza in mano a gruppi di banditi e quindi ad un contrattacco per riconquistarla. Riesce difficile, al momento, immaginare uno scenario diverso. Asf, Carte strozziane, serie I , f. cit., 80v, ex-103. L a relazione è costituita da cinque carte, recto e verso, non numerate, fittamente scritte e con abbozzi di disegni esemplificativi per gli interventi di consolidamento e restauro o per la protezione dei cannoni: le citazioni, pertanto, non avranno rimandi puntuali e si intendono desunù sic et simpliciter dal documento.


Studi montefeltrani

17, 1 9 9 3

furono i blocchi realizzati da altrettante comunità: Borgo San Sepolcro, Pieve Santo Stefano e Sestino I tre blocchi, comunque, non erano compatti e si presentavano con due volumi distinti, di diversa grandezza. Variano, nel numero, le case che essi raggruppano: Sansepolcro ha un blocco di 12 quartieri, più uno costituito da tre quartieri; Pieve ha un blocco di dieci quartieri ed uno di cinque; Sestino ha un blocco di cinque quartieri e uno più grande, forse di 10: qui non si è riusciti ad appurare esattamente la quantità delle costruzioni perché di esso fa parte il palazzo del capitano che all'epoca risulterebbe occupare 4/5 quartieri comuni. D'altra parte la relazione, e non si capisce bene per qual motivo, tralascia completamente l'esame del palazzo del capitano, (forse perché è di stretta pertinenza di Sestino), anche se poi, in mappa, lo riporta con sufficiente descrizione, collocato a fronte della cisterna grande (come nelle carte più antiche), prossimo ai quartieri di Sansepolcro, e ne mette in evidenza l'ampio loggiato. I l documento consente subito una osservazione: come tutti gli studiosi della materia hanno rilevato, le case effettivamente costruite furono 41/37. L a differenza o indecisione nell'individuazione del totale definitivo deriva dai riassetti funzionali dettati dalle attività via via svolte, le quali hanno finito per occupare più unità abitative; consente, altresì, di confermare che tre furono i centri amministrativi "comandati" a costruire la città del Sasso. Ma essi, logicamente, vengono indicati in prima persona in quanto "capoluoghi" di territori, che hanno più comunelli soggetti; e invero altri documenti parlano del concorso di Verghereto, come di Badia Tedalda Sarebbe veramente anomalo -e in controtendenza con una prassi consolidata- se non fossero coinvolte tutte le comunità della zona alla realizzazione di opere ritenute di pubblico interesse (come per le strade, per i ponti e per le fortificazioni). Tanto che -come scrivono V. Donti, P. Labardi e M. Luongo in uno studio in corso di pubblicazione ("Il cantiere delle

21

22

23

Sulle comunità che concorsero ai lavori, cfr. Coppi, La fortificazione del Sasso Simone cit., p. 59; E . Repetti, Dizionario fisico geografico storico della Toscana, V, .alla voce Sasso di Simone, Firenze 1833, p. 203; E . Coppi, Il Capitanato di Giustizia del Sasso di Simone e la politica di CosimoI, in II Capitanato di Giustizia cìt., p. 23; M . Ferrara, La fortezza del Sasso di Simone cit., p. 104; Allegretti, La città del Sasso cit., pp. 29 sgg.; Acs, f. 298,1, Partiti, c. 434 (1601). Conferme sull'appartenenza di blocchi di case alle comunità di Sesdno, Pieve Santo Stefano e Borgo Sansepolcro si trovano in più note d'archivio sparse in varie filze dell'Acs. L a fonte più udlizzata in proposito è Repetd, Dizionario cìt., alla voce Sasso di Simone; ma la convinzione di un concorso di queste località è indirettamente avallata dalla partecipazione di squadre di operai e bestiami provenienti da esse: cfr. Coppi, La fortificazione del Sasso di Simone cit., pp. 59,135,137, 139, 156. Bcs, Archivio storico, serie I I , f. X V , pardto del 25 settembre 1566, ce. 158r-v e 159r.

G . Ren^i

Mestieri e quartieri nella città-fortezza

fortificazioni delle mura di Sansepolcro, 1544-1565") alla costruzione di esse concorsero sia il vicariato di Pieve Santo Stefano (che comprendeva anche Verghereto), sia i "vicariati e potestati del Casentino", sia i popoli e comuni di Badia Tedalda, sia la stessa podesteria di Sestino con -citiamo ancora dal suddetto lavoro- "uomini 150". Forse anche la coincidenza o il susseguirsi di più "comandate" contribuisce ad osteggiare il progetto del Sasso di Simone da parte delle popolazioni locali. L a stessa città di Sansepolcro, indubbiamente terra più ricca della Valtiberina, cerca -ma senza risultati- di resistere e di trattare di fronte all'imposizione quando nell'estate del 1566 riceve dai magnifici Nove di Firenze una lettera "nella quale si contiene come questa città e suoi quartieri di drento debbi edificar infra dua anni prossimi a tutte sue spese dentro al circuito e procinto di mura principiato per S.E.I. nella podesteria di Sestino luogo detto il Sasso di Simone, case tredici et il di fuori della città del Borgo e sui sindicarii comprendendo tutti i luoghi e ville case quattro da costruirsi e soportarsi fra loro secondo i l solito dell'altro che s'imporrà" I l 12 ottobre eleggono due ambasciatori " i quali possino et abbino autorità e debbino ricorrere a sua eccellenza illustrissima et allo illustrissimo et eccellentissimo signor principe nostro et in tutti quei luoghi et a tutti quei magistrati occorressi et exporli e demostrarli le continue gravezze, calamità e miserie [...] et in particolare [...] vedere e cercar di sgravare se possibile sarà in quella parte la comunità dall'edificazione delle 17 case nella podesteria di Sestino, luogo detto il Sasso di Simone" I l tentativo di evitare il concorso nell'erigenda città fu vano appunto e Sansepolcro s'indebitò per oltre duemila scudi, per reperire i quali "si pone un dazio a crazie tre per lira" per più anni" L e resistenze non sono poche se il 24 luglio dai signori Nove "fu fatto comandamento in scriptis alli rappresentanti nostra communità e nostro camerlingo generale che fra otto giorni si dovessi aver pagato nelle mani del camarlengo di detti signori Nove scudi 2497 di lire 7 per scudo, che di tanti siamo debitori per conto delle case della terra del Sasso, con pretesto che passato detto tempo con duoi giorni di più ne saranno astretti e pag[h] eranno le spese di lor proprio e di già il camerlengo dieci giorni sono si ritrova in carcere" né la situazione è sanata nel 1572 quando Firenze torna a notificare che la comunità del Borgo era debitrice di scudi mille "per costo delle case del Sasso di Simone per la distribuzione che ci tocca di questo anno" E si coglie l'occasione -ma pare vana anch'essa- della

24 25 26 27

Bcs, Archivio storico, f. X V , pardto del 12 ottobre 1566, c. 160 r. Bcs, Archivio storico, serie I I , f. 17, pardto del 22 febbraio 1571, c. 41-43. Bcs, Archivio storico, serie I I , f. 17, pardto del 20 luglio 1571, c. 68v. Ivi, c. 950, partito del 31 gennaio 1572.


Sludi montefellrani

17, 1993

"nova che il serenissimo gran duca nostro signore si ritrovava al Sasso" per andarlo a ossequiare" e raccomandargliene per lo sgravio della spesa di esso Sasso" : invano, dicevamo, perché imposte di dazio per pagare il debito "per conto del Sasso di Simone" figurano ancora fino almeno al 1574 Le tre comunità o vicariati (Borgo San Sepolcro, Pieve Santo Stefano e Sestino) concorsero alla costruzione della città-fortezza ma con tutte le traversie che questi squarci documentali e la storiografìa sull'argomento ha già ampiamente indicaU. Tuttavia una città sorse: ridimensionata nelle strutture architettoniche e, politicamente, dal mutare dei contesti politici e dinastici; nonché tormentata da interessate contese delle popolazioni deputate a costituirne il nerbo. Anche di ciò gli storici hanno ampiamente scritto. Dalla relazione Viviani-Del Bianco, quindi, tentiamo di cogliere dopo la lunga premessa- quegU elementi descrittivi che ci consentono di immaginare città e fortezza più vive e reali, più precise nella configurazio• ne urbanistica, nei sistemi costruttivi e negli interventi edilizi, nonché nella utilizzazione degli spazi. Intanto nel 1644 non viene più raffigurata, in mappa, la torre del soccorso, già nell'anno precedente, in una simile relazione del sottoproweditore Fabbrizzi, riassunta anch'essa da Giovanni de Medici, definita pressoché atterrata Nella pianta è posizionata, invece, la "chiesa rovinata detta di San Benedetto di Sant'Angelo del Sasso", nel mezzo dell'ampia spianata. E tale chiesa risulta trasferita all'interno della cittadella, precisamente ad angolo tra palazzo del capitano, quartiere piccolo di Sestino e quartiere di San Sepolcro, dove appunto è disegnata la chiesa di "Santa Maria Maddalena, la casa del prete" e un ampio orto che le avvolge, delimitato da muro. Per cui, a partire da data non precisata, la città del Sasso ebbe due edifìci sacri: questo, appunto, di Santa Maria, erede dell'abbazia benedettina, che continuerà ad avere un cappellano titolare e beni terrieri intestati fino al sec. X V I I I , ed un piccolo oratorio, ricavato all'interno del palazzo del capitano I l ritrovamento recente, per scavi abusivi, di una sepoltura proprio nella zona della chiesa 28 29 30 31

Bcs, Archivio storico, serie I I , f. 17, partito del 10 ottobre 1572, c. 128v. Ivi, pardd ad annum. Anche lo scritto del Fabbriz/i in Asf, Fabìmche granducali, f. 1931, fase. 380. Rovinata e non più officiabile la antica chiesa abbaziale nel prato, da un partito del 20 agosto 1609 della podesteria di Sesdno si evince che fosse costruita la nuova chiesetta, all'interno della cinta fortificata, per volere del granduca: cfr. Acs, f. 319, I , c. 493. Già prima era stato costruito un oratorio "sotto la loggia del palazzo del signor capitano" che minacciò di crollare nel 1593 (Acs, f 298, I I I , Pardd di Sesdno). Dalla mappa tracciata da Baccio del Bianco esso risulta all'angolo sinistro del loggiato, verso i l quartiere di Sansepolcro.

G . Renzi

Mestieri e quartieri nello cirtò-brtezza

di Santa Maria -nella relazione descritta in pessimo stato- avvalora tale ubicazione e potrebbe costituire anche indizio di area cimiteriale di qualche interesse. L'orto o "corticella" era spazio prezioso, allora, per l'economia familiare e l'averne previsto uno per ogni abitazione è elemento che va segnalato anche come cifra d'uno stile di vita, d'un criterio abitativo non casuale, soprattutto in una località che spazio veramente utilizzabile ne aveva scarsamente. Così come è da segnalare la struttura degli spazi delle abitazioni. Non sempre la relazione fornisce dati chiari ma "deducibili" sì. Le case di grandezza erano pressoché tutte uguali, però quantificarne i metri di superficie è rischioso. Si può immaginare, intanto, che esse fossero posizionate a tre piani; un interrato, un piano terreno, un piano rialzato e un tetto coperto in "terracotte". Nel quartiere di Sansepolcro ogni unità edilizia ha : "cantine dua, un terreno e stanza o camera terrena, sopra la saletta e camera, dietro un poco di corticella et una stalletta per un cavallo". Che sia precisato "stalletta per un cavallo" detta una ulteriore cifra di lettura della città: non è immaginata, infatti, per agricoltori, o pastori, altrimenti anch'essi avrebbero i necessari annessi agricoh. I l cavallo è animale d'una certa nobiltà, atto a trasferimenti di persone e sostanze e chi abitava sul Sasso, quindi, doveva essere dedito ad attività

Rovine della nuova chiesa di Santa Maria Maddalena (foto G . Renzi).


Studi montefeltrani

17, 1993

istituzionali o a servizi di pubblico interesse: era una città, concepita, si può dire, per essere centro di servizi e centro militare. Indubbiamente un limite strutturale per un contesto agro-pastorale. Le case di Pieve Santo Stefano "hanno ciascuna due volte, terreno e camera terrena, sopra sala e camera, sono le stanze di braccia quadrate circa 10, sì come tutte le altre o poco più". Si può rilevare come, architettonicamente, i quartieri di Pieve Santo Stefano -costruiti in u n terreno più ampio e riparato dai venti- abbiano "due volte", che non si devono intendere come porticato ma come il pavimento -o parte di essoche sta tra interrato e piano terreno, costruito in pietra e non in legno come quello di Sansepolcro: cosa che non è senza conseguenze per il mantenimento stesso degli edifìci, corpe vedremo. L e "braccia 10" date come misura delle stanze possiamo pensarle un "refuso" della relazione, giacché corrispondendo il braccio fiorentino a m 0,583 e quello quadro a mq 0,34, risulterebbe una stanza di nemmeno 4 metri quadri: troppo poco anche per una città tirata su col sistema più sparagnino. Più verosimile l'indicazione che il tetto delle cinque case di Pieve Santo Stefano è di braccia quadrate 1350, corrispondente a 458,81 mq, cioè a mq 91,763 per unità edilizia, che, considerato che ognuna si sviluppava almeno in parte su tre piani, configura spazi domestici e annessi di sufficiente ampiezza. D'altra parte la relazione stessa dice che " i palchi del piano sopra il terreno" sono di "braccia quadrate 110" che, riportate al sistema moderno, fanno mq 37,380. I l tetto, invece, delle dieci case di Pieve Santo Stefano, che è braccia quadrate 2996, comporta una copertura esterna mediamente di mq 101,824 per ogni abitazione. Anche il quartiere grande di Sestino ha un tetto di 2800 braccia quadrate, pari a mq 951,105. L e misure, nella relazione dichiarate "approssimative", riportano, però, a dati probabili, non molto diversi tra loro quanto alla grandezza delle abitazioni: le quali, occorre sottolineare, avevano a disposizione terreni non omogenei. Se, pertanto, la relazione consente di parametrare le aree abitative, dando un elemento non superfluo per la vivibilità degli abitanti e per la stessa impostazione urbanistica, è più precisa ancora nella indicazione degli uffici, degli incarichi e delle funzioni dislocate nei vari quartieri; tutti tasselli che finiscono per radiografare lo stato reale -al 1644T della città stessa: se ancora è possibile utilizzare eufemisticamente tale termine. Ridotto a un relitto, il quartiere di Sansepolcro, senza tetto e con le muraglie posteriori atterrate, sembra del tutto inutilizzato. L'intero quartiere delle cinque case di Pieve Santo Stefano è "a uso della farina e grano" ma ci si rende conto che sono ormai esorbitanti per il servizio che realmente svolgono. I l grano era ivi depositato come "monizione" della

G . Renzi

Mestieri e quorlieri nello città-fortezza

fortezza, per un ammontare di mille stala, fornito dalle comunità sestinati uno stoccaggio intoccabile perché -come l'acqua e l'armamentario- il grano era materia prima di sussistenza per ogni fortezza che avesse voluto resistere ad assedi. Nel quartiere grande di Pieve Santo Stefano abita un fabbro, con bottega, e pare che sia l'unico inquilino di esso. Più abitato, invece, il quartiere di 5 case di Sestino: vi abita il messo nella prima, il cavallaro nella seconda: le restanti tre "servono per casa e magazzino del sale", ed e\ddentemente vi abita anche un "salaiolo". Anche qui si rileva una sovrabbondanza di spazi: tutto si può concentrare, al fine di risparmiare negli inter\'enti di mantenimento e di restauro, i quali, mirati, risulterebbero più efficaci e meno costosi. I l "quartiere grande" di Sestino -dove, per intenderci, vi è i l palazzo del capitano di giustizia- doveva avere in origine 10 case o abitazioni, e siccome ne sono elencate 5 con funzioni proprie, si deduce che le restanti sono occupate dal palazzo e dagli uffici del capitano e del personale addetto. Delle cinque ad uso civile, la prima è costituita dal forno (ed evidentemente vi abita anche un fornaio) ; "la seconda e la terza serve per l'armeria, la quarta è a osteria [...] la quinta quartiere de soldati". Molte case sono in pessimo stato ed anche l'arsenale è tutto in terra, tanto che le armi sono riposte nei quartieri di Pieve Santo Stefano, lontani, malguardati e quindi militarmente poco funzionali e poco sicuri. Vale recuperare le misure di questo annesso, quale ulteriore contributo alla "visualizzazione" della fortezza: l'arsenale ha un tetto di braccia quadrate 350, pari a mq 118,940; la stalletta del castellano è a terra ed ha una superficie di braccia quadrate 216 (mq 73,393), sempre misurata a livello di copertura. Questa è la fotografia della città quale ce la tramandano Del Bianco e Viviani. I l prosieguo della relazione si concentra nell'anahsi delle strutture militari: muri perimetrali continui tutto attorno alla fascia abitata e all'ingresso, segmenti brevi in altri squarci della rupe più soggetta al pericolo di "scalate" o in funzione di punti di avvistamento: così è sul lato verso il Simoncello e lungo i l ciglio del baratro che volge al tramonto, dove i nemici potrebbero capitarci solo "avolo". Inoltre c'è la cittadella a stretta fisionomia militare, costituita da una porta d'accesso al

32

Inizialmente dovevano essere devolute e portate al Sasso V9>% di tutte le "colte": cfr. Acs, f 297; f u poi concordato un contingentamento annuale di "stara mille di grano alla misura sestinese", come "monizioni" della fortezza: Acs, f 319,1, pardto del 20 ottobre 1619. Ma anche su questo problema le vicende furono mutevoli e soggette al variare dei tempi e delle necessità.


Sludi montefeltrani

17, 1993

termine della massicciata che si inerpica lungo la parete rocciosa. Essa è sormontata da un terrazzino che "serve per piombare a chi alla porta si appressasse", ed è collegata ad un corpo di guardia, a sua volta unito, all'interno di uno spazio delimitato da mura a protezione (il "prato chiuso"), alla casa-torre del castellano (in pessimo stato). Doveva essere, ancora, piuttosto alta se presenta un "cordone" a 18 braccia di altezza (m 10,494); nel recinto vi è anche una stalla, l'armeria del cannone ed un altro casottino, isolato, forse destinato alle munizioni; inoltre "fra la torreabitazione del castellano et il corpo di guardia vi è il fosso [... ] e forse era già ponte levatoio per maggior sicurtà di detta torre, acciò all'occasione servisse quella per uldma ridrata". L a relazione, invece, non menziona più la cisterna costruita all'interno dell^ torre: una delle tre esistenti sul Sasso, insieme a quella grande davand al palazzo del capitano e all'altra, piccola, nella torre del soccorso. L e opere fortificatorie, inoltre, erano completate da tre "casini" di legno: erano specie di "garitte" poste in posizioni strategiche per sorvegliare stando al riparo: un casino era all'estremità del prato, sullo sperone che guarda le alture di Petrella Massana; altro era nel punto in mappa segnato C, cioè a controllo dello spigolo proteso sullo strapiombo circa a meridione, dove s'innesta la massicciata di salita. E ' , in effetd, un punto fondamentale della struttura difensiva, a presidio della porta e delle "cortine" per cui il sito andava salvaguardato con tutte le precauzioni. E proprio per proteggere meglio la fortezza nel suo complesso, Del Bianco e Viviani suggeriscono la

G . Renzi

costruzione di altri due casini (nei pund F e N ) , cioè laddove occorre un controllo più stretto delle zone di accesso o di possibili "arrampicate". Suggeriscono anche la ricostruzione, "al basso sotto la fortezza dove si fa i mercati", del portico, crollato appunto in quell'anno (1644). L a relazione, in effetti, dà conto di vari altri elementi ma riportandola per intero in appendice non ci attardiamo su tutte le minuziose indicazioni. Su molte osservazioni (opera devastatrice dei vend, delle acque, delle nevi; cattivi materiali impiegati e approssimative opere architettoniche) tutti gli studiosi si sono soffermati per capire i punti deboli del progetto cosimiano. Ci pare, però, non del tutto inutile, riflettere ancora su alcuni elementi edilizi e strutturali. L o scolo delle acque, non regimato a dovere o non regimato affatto (ma quelle piovane defluenti dal tetto del palazzo del capitano andavano a confluire nella cisterna grande; qua e là tra i ruderi affiorano ancora oggi tubi in cotto) si infiltravano sotto le mura e quindi avevano un effetto dirompente sulle strutture. Ripetutamente, quindi, Viviani e Del Bianco raccomandano in più parti questaregimazione, la costruzione di marciapiedi, di scalini, di contrafforti, di contromuri, dì terrapieni, ecc. e vari accorgimenti per proteggere le costruzioni da simile perniciosa situazione. Altro punto debole del progetto è dato dal largo uso del legname nelle costruzioni: legname probabilmente in gran parte proveniente dalla "macchia del Sasso", acquistata per mille scudi dal granduca dalla comunità di Petrella ad uso della fortezza forse utilizzato non ben stagionato e messo in opera senza quegli accorgimenti tecnici che invece Del Bianco e Viviani raccomandano: abbronzare le teste delle travi, appoggiarle su mensole, fasciarli con una "fodera" di quercia aftinché non tocchino nei muri e non si trasmetta l'umidità, ecc. E ' interessante vedere quali e quanti piccoli accorgimenti pratici diano, che testifnoniano le tecniche, appunto, in uso e probabilmente non utilizzate al momento della costruzione nei vari cantieri succedutisi. L'uso nelle fondamenta o nelle parti interrate -così ci sembra di capire- di supporti in legno ha ampiamente contribuito a rendere più fragile la staticità delle costruzioni e meno vivibili. Forse mancava la pietra e pertanto i tronchi d'albero erano più facilmente reperibili ma erano anche i più deperibili. Per evitare crolli o interventi costosi -visto che ormai c'era abbondanza di spazi utilizzabili- più volte si suggerisce di reinterrare i "fondi" (pratica non rara in passato) ma con qualche preoccupazione: non c'è terra a sufficienza e poi si correrebbe ugualmente il pericolo di diffondere 33

Ampliamento del "marciapiede delia muraglia" propo.sto dalla relazione Del Bianco-Viviani.

Mestieri e quartieri nella città-forte;

Cfr. Renzi, Sestino. Storia civile e religiosa cìt., p. 93. L a comunità di Petrella riscattò poi la "Macchia del Sasso" dal Monte di pietà di Firenze nel 1740, stimata scudi 110 (Acs, f.7, ce. 475 sgg.).


studi montefeltrani

17, 1993

l'umidità. Per tale motivo più volte si insiste che sarebbe opportuno costruire con sassi "volte murate a mezza botte" certamente più stabili, soprattutto se messe in opera con maestria. Con legname, infatd, erano coperti anche i casini di avvistamento e per questo venivano più facilmente scoperchiati dal vento. Molti anche gli accorgimenti suggeriti per rendere funzionale l'uso dei cannoni e le ronde, dal cui stato si ricava ormai un evidente senso di abbandono, o per riacquisire funzionalità bellica, riposizionando i pezzi e potenziando le strutture, fragih nelle mura, strette nei camminamenti o perché c'è l'impossibilità di "tenere i pezzi (cannoni) "in barba". Quanto alle munizioni esse sono lo specchio della funzione "imbelle" della fortezza: l'artiglieria è poca e i pezzi hanno bisogno di "ruote, fusi e casse", che meriterebbe costruire sul posto. Non bisogna poi lasciarli allo scoperto, per cui i rilevatori suggeriscono un sistema di "rivestimento" con una "camicia" in legno, lasciandole posizionate. L e munizioni o mancano (è il caso delle palle) o non sono mantenute in stato di funzionamento: "la polvere è stata già in chiusa anni quindici né mai è stata soleggiata". Se la relazione di Baccio Del Bianco e Vincenzo Viviani è minuziosa e concreta, rilevando lo stato di tutto il complesso urbanistico del Sasso di Simone e suggerendo una serie di interventi funzionali alla sicurezza e utilizzazione della stessa (l'ammontare delle spese occorrenti è di scudi circa 3000), il divario tra necessità -e quindi ruolo ancora assegnato al Sasso di Simone in un momento poUticamente tormentato come gli anni 1643-45- e realtà è tutto dichiarato nel sunto della relazione che Giovanni de Medici, da Sansepolcro, trasmette al granduca Ferdinando I I : complessivamente interventi per scudi 250! Si tratta di risarcimenti assai lontani dall'ipotesi Del Bianco-Viviani, centellinati su alcune emergenze della fortificazione e delle case utilizzate: un dato che serve più di molte altre considerazioni a far capire la piena eclisse -nel contesto generale- di un luogo eccezionale per natura ma ormai declassato sul piano economico e strategico, orfano di una sua "communitas", privo di un suo territorio e -altro elemento foriero di scarsa integrazione con Sestino, che era eretto a "nullius dioecesis"- soggetto "in spiritualibus" al vescovo feretrano

34

Allegretti, Girolamo Ragazzoni cit.; Leonardi, La relazione della visita apostolica cit.; la chiesa di Santa Maria Maddalena, che ebbe sempre un cappellano titolare, a metà del sec. X V I I I fu aggregata alla parrocchiale di San Niccolò di Petrella, ancora diocesi feretrana, dove fu trasferita anche la campana.

G , Remi

Mestieri e quartieri nello città-forte;;

Appendice i. Asf, Fabbriche granducali, n. 1931, fascicolo 380. Illustrissimo signore e padrone colendissimo Conforme a quanto ne comandò vostra signoria illustrissima et ancora secondo la instruzzione dataci dal signor provveditore generale, siamo stati alla visita della fortezza del Sasso di Simone e dopo aver riconosciuto i bisogni di quella ne aviamo levato la pianta la quale è qui alligata; con questa potrà vostra signoria illustrissima e per mezzo della nostra relazzione restar informata di come et in che stato si ritrovi, e quello abbia di bìsognio. e risolvere quei migliore, che alla sua maggior prudenza parrà di servizzio di sua altezza serenissima. Per informarla adimque pare a noi che questo luogo abbia ricevuto gran torto a non esserli stato, già molti anni, mantenuto tutte quelle fabbriche che dentro vi furono fatte, et averle lassate così andar male come sono, quando per altro non si fussero mantenute, che per la fama che ha il luogo, per la fortezza che è, e per il comodo che apporta alli sudditi convicini in tempo di guerra, che ben ora in questa occasione si è veduto di quanto giovamento sarebbe stato se le abitazzioni fussero state in piedi, perché la gente sola che vi si fusse ridrata per asicurare le proprie sustanze, donne e persone, averebbe francamente difeso il luogo, senza avervi avuto a tenere tanta soldatesca, la quale è stata così male aqquarderata che sino in trenta soldati in una sola stanza sono alloggiati, et i sudditi restati fuora, con quel sospetto che si può credere, che pure sono in gran quantità, senza potere né meno assicurarvi cosa alcima, stante il non vi esser coperto per tal servizzio. E prima il quartiere fatto già dalla comunità del Borgo San Sepolcro è tutto scoperto, e le mura dietro tutte atterrate dal tempo, solo le facciate si sono mantenute in piedi. Ma anco quelle potranno star poco a andare a terra. Ciascuna di quelle casette, che può (sic) sono dodici, fa cantine dua, un terreno e stanza o camera terrena, sopra fa saletta e camera, dietro un poco di corticella et una stalletta per un cavallo. Questi a rimetterle in buono stato sarebbe una spesa di scudi 2500 in circa, ma in questo ci rimettiamo, benché a noi paresse benissimo fatto, etc. Quelle case che non pare si possa far di meno dal resarcire e mantenere sono: L i quartieri fatti dalla Pieve a Santo Stefano dove ora sono a uso della farina e grano, sono cinque case, che tre solamente potrebbero servire per tal servizzio, e le altre due ndurle a uso di case abitabili; hanno ciascuna due volte, terreno e camera terrena, sopra sala e camera; sono le stanze di braccia quadre circa 10, sì come ttitte le altre o poco più. Queste hanno bisognio di tutte le travi del tetto, il quale è braccia quadrate 1350 e si è giudicato aver di bisognio del terzo della spesa se nuovo si avessi a fare, che a lire dua il braccio quadro se novo fusse, sarà i l suo terzo scudi centotrenta in circa scudi 130 I palchi del piano sopra il terreno, che sono braccia quadrate 110 ciascheduno, saranno di spesa di scudi venticinque l'uno per l'altro; di questi bisogna rifarne tre, che sono di spesa di scudi settantacinque scudi 75 Ma perché i panconcelli ordinari, che fanno i detti palchi, stante i l non si ammattonare riescono debolissimi, dichiamo saria bene il fare li detti panconcelli di grossezza di un soldo di braccio almeno, e così saranno di maggior durata, e cioè che lavorati e finiti tornassero della misura di I braccio, non occorre già che siano tirati a larghezza ma come vengono dalla sega si mettino in opera, con solo addirizzarli e piallati sotto e sopra sino alla grossezza suddetta, e per che non se li abbia a fare i regoletti sotto, si potrà incastrare le sue grossezze corun (sic) intaccatura per meno spesa etc.


Sludi montefalirani

Lì piani a terreno sino a ora si sono fatti di legniame ma hanno sempre portato contmua spesa nel mantenerli e presto sono andad in rovina, per questo dichiamo sia necessario il far volte murate a mezza botte, l'impostatura fino a un quarto di sasso, et il restante mattoni o quadrucci al uso del paese, e fatto i l conto non più delli ducad trenta costerà ciascuna di queste, che è tanto poco più delli palchi e si tratta di eternare il lavoro, che dichiamo metta conto assolutamente facendosi una spesa per sempre. Di queste il sopradetto quartiere ne averà bisognio di otto che tutte costeranno ducati dugentoquaranta, chi non volesse farne una sola per casa e riempire il resto, ma per essere così grande l'umido si renderebbe impraticabile quella stanza, e per il ripieno la terra vi è scarsa, scudi 240 Sì propone volte per che i palchi come aviamo detto sopra vanno presto in rovina et infradiciano le teste delli travi e travicelli, che per assicurarle anco al piano dì sopra dichiamo sia bene lo abbronzargli le teste con fuoco di paglia o di scopa tanto che faccino una pelle sottilissima di carbone, con farii anco a ciascuna trave le sua mensole di quercia et alle teste di quelle se li lasci un spazzio di Ì/6 dì braccia di voto acciò non tocchi la muraglia che li comunica l'umido, e dalli lati sopra fadi un poco di fodera per quanto tiene il muro, di quercia (asse di un soldo grossa) pure anco quella abbronzata. Questa diligenza crediamo farà grandissima resistenza, e le assicurerà in modo che il molle non le potrà così presto infradiciare, etc. Il quartiere grande della Pieve Santo Stefano è di dieci case; le prime tre hanno bisognio di sei palchi e sei volte, sono della medesima grandezza, i palchi sarà s] 150 scudi centocinquanta 180 scudi e le sei volte 25 scudi la quarta casa h a bisognio di un palco 60 scudi ha bìsognio di due volte 50 scudi la sesta casa due palchi 60 scudi e due volte ancora scudi no la settima due palchi e due volte 60 scudi l'ottava due volte i 25 scudi la decima dove sta il fabbro un palco 3 et ha bìsognio di riempire il piano della bottega scudi Tutto il tetto ha bisognio in infiniti luoghi di essere soccorso sì di travi come travicelli e coperto, e secondo che aviamo considerato averà bisogno della quarta parte della spesa se di nuovo si avesse a fare; è braccia 2996 et a lire due i l braccio sariano scudi 856 et i l quarto è scudi 214 I l quartiere sotto la podesteria di Sestino è di cinque case; nella prima sta i l messo et ha bisognio di u n palco e una volta; nella seconda sta il cavallaro, vi è bìsognio di scudi sei dì spesa in risarcimento dì palchi, scudi 6 L e altre tre servono per casa e magazzino del sale et non hanno bisognio. D i queste dichiamo si potrebbe in occasione restringere e dare una casa alli due cavallaro e messo per che averebbero due stanze per uno et una cantina ancora, che tanto li potrebbe anco servire per tempo con farii un poco di scaletta per uno per liberarli l'alloggiamento, et al salaiolo una casa per il sale, e una per abitare li è davanzo, così si verrebbe a aqquistare due case, e cioè: Il quartiere della medesima potesteria dove è il palazzo del capitano di giustizia vi sono cinque case; la prima è il forno, et ha bisognio di risarcire i sua palchi con spesa di scudi 6 la seconda e terza serve per l'armeria, la quarta è a osteria, ha bìsognio dì un palco scudi 25

G . Renzi

Mestieri e quartieri nello città-forlezia

sì come di due volte ancora scudi 60 la quinta quartiere de soldati. Tutto il tetto ha bisognio in molti luoghi sì di trave come di altro, et aviamo considerato esserci la quinta parte della spesa come se tutto sì avesse a rifare sono 2800 braccia, che a lire due i l braccio nuovo pigliandosi la quinta parte sarà spesa di scudi 160 L a chiesa e casa del prete sottoposta al borgo San Sepolcro sia in questa forma: la chiesa in malissimo termine et averebbe bisognio di soffitta, di solare, di panche e ciò che una chiesa o cappella richiede; quello che è di necessità non rovini è la sua cantonata, quale ha bisognio di un barbacane e sarà spesa di scudi 6 I l tetto tanto della casa quanto della chiesa ha bisognio dì essere restaurato e sarà spesa di scudi 20 L'arsenale del cannone posto nel prato chiuso del castellano è tutto in terra e solo si è salvato un trave, e la metà delle terre cotte del coperto li bisognia correnti, una trave, pianelle, tutta la parete dinanzi e così le sue teste, e dovendosi rifare sì come è dovere vorremmo che il muro si facesse grosso almeno braccia 1 e acciò potesse meglio resistere, e rialzarlo braccia 1 almeno e lastricarlo o acciottolarlo per maggior mantenimento delli legniami che toccano terra; è lungo braccia 25, largo braccia 12, sono braccia quadrate 300 di acciottolato e valerà scudi 9 le mura ascenderanno a scudi 30 11 coperto è braccia 350 et a lire dua il braccio quadro sono lire settecento, ma essendovi un trave e ^/g di embrici diciamo sarà spesa solo dì scudi 80 Giudichiamo sia bene il rassettare questo, però che dove stanno ora di presente nelli quartieri della Pieve Santo Stefano restano mal guardati i pezzi per la lontananza delle case [e] ne potria nascere qualche inconveniente, che dove è questo resta chiuso dal muro intorno e ben guardato ancora, etc. I n oltre nel medesimo luogo è rovinato tutto il coperto alla stalletta, è di braccia 216 e sarà spesa di scudi 20. Fra la torre-abitazzione del castellano et il corpo di guardia vi è il fosso al piano della sala fatto di legniame tutto mal condotto, et è stato sempre di qualche spesa; questo saria bene i l farlo murato con suo arco e fianchi di mura e la spesa sarà di scudi 15 E se bene si vede che fu ordinato a posta di legnio e forse era già ponte levatoio per maggior sicurtà di detta torre, acciò all'occasione servisse quella per ultima ritirata, .quando fussimo a questo (il che non voglia Dio) male sarebbe per chi dentro si ritirasse e in somma è cosa da stimarsi niente, stante il non poter detta torre difendersi, etc. Venghìamo ora al recinto della muraglia che forma la fortezza, e primo da B in C sono braccia 70 di muro tutto atterrato dal tempo, questo bisognia rifarlo però in forma di parapetto, e già vi sono le vestigia di esservi stato qualche torretta ma aviamo considerato bastar solo un diritto parapetto conforme è segnato nella pianta e f a n i allato i l suo marciapiede con scalini, acciò facilmente si possa rondare senza alcun pericolo; vorremmo il detto muro alquanto più grosso di quello che prima vi era e fusse almeno braccia 2 costerà scudi 40 Alla cantonata C vi è fatto il casino di legniame, ma spesso i l vento lo porta vìa et presto si guasterà; dichiamo saria bene ultimar le spese con farlo murato di buona grossezza di 3/4 col suo coperto, e costerà scudi 12 A tutta la muraglia C D E F G manca di tanto il terrapieno che si rende impossìbile il tenere ì pezzi in barba, che perciò bisognia tenerli lontani da essa sopra i l rialzo che vi è, onde non possono scoprire se non dove non arrivano, et ancora ne segue che per essere rasente le mura il terreno basso, l'aqqua scola alli fondamenti di quelle e le debilita tanto che già son condotte in cattivo stato; e volendo ora finire il terrapieno, giudichiamo sia bene il fare


, I. • Studi monte te lira ni

17,1993

però di dentro u n contrammuro, come di rosso si vede accennato nella pianta, con i sua contrafford, e di poi alzar il terrapieno sino al pari del muro e marciapiede. Questo luogo difende cortine e porta et è principale difesa, che lassandola come sta, et accomodando il terrapieno come bisognia, e tenendoci e pezzi come è necessario, dichiamo che quella muraglia anderà presto in ultima rorina, sì che il peso del mcdemo terrapieno, come per la resìscenza (sic) che bisognia che faccia allo sparare delli pezzi per 10 squotere che cagionono. Tutta la muraglia ha bisognio in molte pard di essere resarcita mediante i continui diacci i quali hanno talmente snervato la calcina che fatta in polvere e lavata dalle aqque, o portata via dalli venti, altro che i nudi sassi non vi è rimasto. Questo muro da farsi è di lunghezza di braccia 145 con li contrafforti circa grosso braccia 2 alla sua fine, ma in fondo un braccio più et a ogni tanto mettere leghe di pietra acciò conleghino il vecchio col nuovo; ì fondamenti anderanno cavati dove più e dove meno, ma ragguagliatamente saranno braccia 12, e cavandoli fare che il loro posare penda in dentro. L a spesa dì tutto sarà di scudi quattrocento scudi 400 Nel luogo K L , alla muraglia per di fuora è caduto un pezzo di nuiro, e se così se lassa anderà a pericolo dì rovinare il resto; ci vuole in risarcirlo scudi ventìcinque scudi 25 I n molti luoghi ancora i l parapetto è mal condotto, sarà bene il restaurarlo, e dove sono gli sbracci nel parapetto fatti per canoniere aggiustarle con muro, e questa sarà spesa di scudi cinquanta scudi 50 E per che in alcuni luoghi et in Q R dicano potersi salire, et per non potersi la maggior parte del tempo guardare quella parie stante i tempi strani che vengono, dìchìamo sia bene i l farvi una tagliata sopra il piano da basso braccia 30, e da quivi in giù scoscender 11 masso e tagliare tutte le frasche e rami che vi sono acciò non diano aiuto a chi salirvi volesse, e la spesa sarà di sctidi cinquanta scudi 50 I l marciapiede della muraglia S H I K L M N O P è cavato nella grossezza della muraglia et e così stretto che riscontrandosi un soldato con l'altro con gran fatica si può passare; saria bene il far rasente detto muro una gettata di sassi e terra, come nello schizzo si vede accennato, la spesa sarà di scttdi quaranta 40 questo farà due buoni effetti, cioè renderà comodo il marciapiede et allontanerà lo scolo dell'aqque dal muro, etc. Nel luogo F et N sono necessari due casini murati come sopra aviamo detto in C, e la spesa sarà dì scudi ventiquattro 24 et di questi non occorrono più quantità, per lo fatto che sarà la tagliata. Nelli luoghi Q R è sicuro talmente per ogni parte che se non vengono i nemici a volo mai vi sarà possibile il salirvi, per che la meno altezza è dì braccia 70 in circa senza lo scosceso che fanno le rovine de sassi; questo è in un luogo solo, che altrove passa braccia 130 senza pure lo scosceso. Questo non lo aviamo possuto puntualmente vedere stante la continua nebbia, pioggia e vento che vi è sempre stata mentre vi siamo dimorati. Inoltre, davanti alla porta che entra dentro, i l rastrello novo per esser grave tira atterra il muro che lo regge, quale è vecchio e fatto alla peggio di pietre non riquadrate. E ' dì bìsognio farli due ale di altro muro conforme accenna lo schizzo, et sarà spesa dì sctidi in circa 6 Salito l'andito che entra in fortezza dentro la prima porta nel luogo X vi è bisognio di un buono e nuovo rastrello che quello che vi sta dì presente è mal condotto e debile, farlo di quercia conforme quello fatto di fuora ma con i legni più radi alto quanto la medema porta, con sua chiavistello, serratura e paletti, e già vi sono i gangheri grossi antichi di come doveva stare, sarà spesa di scudi trenta 30 I l terrazzino sopra la porta che entra quale serve per piombare a chi alla porta si

G , Renzi

Mestieri e quartieri nella città-forte;

appressasse è rotto e vi è spesa a rifarlo di scudi otto g L a torre casa del signor castellano fu dieci anni sono, che minaciava rovina, fortificata e collegata con 6 catene; oggi dubitiamo, per non aver appoggio alcuno, vogli con il tempo cadere con le catene in sieme, per ciò saria bene per non incorrere poi in maggior spesa far quattro barbacani alle sue cantonate sino all'altezza del cordone qual e di braccia 18 in circa; la spesa sarà di scudi ottanta gg Circa il bisognio che hanno le artiglierie il signor proweditore dice averne già dato conto; sono otto pezzi, 2 da 30, 2 da 8, 3 mezzi sagri da 4 e un falconetto: questi hanno bisognio di ruote, fusi e casse, le quali a rifaric il solo legniame ci anderà, e sarà nel luogo di qualche vantaggio che di fabbricarle a Firenze. E per che è necessario che quattro di questi pezzi stiano allo scoperto, et in tempo di sospetto tutti ancora, bisognia farli le loro casse, delle quali ne ho lassato schizzo al signor proweditore acciò venendoli l'ordine li faccia fare, et è come qui a pie' etc. D i questi ne bìsognicrà 4 e si è fatto il conto che l'uno per l'altro costeranno scudi dicci iQ Inoltre sentiamo che delle palle non ve ne sono, et ho lassato al medemo provveditore che ne cha minuto conto. Sentiamo ancora che la polvere c stata già in chiusa anni quindici né mai è stata soleggiata. Sarebbe bene (se così giudica) il mandarii ordine che lo facesse o quel più che a vostra signoria illustrissima parrà. I n oltre alli quartieri tutti anderà rifatto una gran mano dì finestre, porte e scale, ma per che da alcuni palchi da rifarsi si caverà delle travi che hanno già guasto le lor teste si potrà far segare quel meglio che vi resta e far tavole, con le quali si rifarà sì le ante alle porte come le scale e finestre; ma da noi fatto il conto quello possa importare e ferramenti e fatture si dice ascendere a scudi quaranta 40 A l basso sotto la fortezza dove si fa i mercati vi era un portico dove si ricoverava le mercanzìe, grasce et altro. Quest'anno è caduto tutto il coperto e se non sì rimette si sperderà il mercato et si leverà im comodo e utile a tutto il paese; la spesa crediamo ascenderebbe a scudi centocinquanta 150 Tutti questi conti di tutte qtieste spese dafarsi si son fatti con l'informazzione del muratore e falegname del luogo et altri pratici, con l'intervento del signor proweditore Baldesi. • Mettiamo in considerazzione a vostra signoria illustrissima che fatti che saranno questi


Studi montefelirani

17, 1993

G . Renzi ^s!>'ieri e quortieri nello dttò-fortezzo

resarcimenti etacconcimi, per utile delle medeme case sarebbe bene il fare un acciottolato lungo la facciata di quelle, largo almeno braccia 4 alto da terra braccia 1 accanto la muraglia, e vadi a sdrucciolo sino all'altezza di un terzo di braccio sopra i l terreno della strada; questo salverebbe dall'umido i fondamenti e cantine di quelle, e sarà spesa di scudi vend 20 E ' necessario ancora alla strada diritta principale nel mezzo di detti quartieri far alcune traverse di muro, acciò ritenessero il terreno, per che l'aqqua che corre per quello va scalzandola fino alli fondamenti delle case e la spesa sarà di scudi sei circa 6 L i serva per awiso che il fabbricare in quel luogo vuol esser ora che siamo nel buon tempo, che poi al freddo se butta ogni cosa etc. Questo è quanto aviamo di rappresentare a vostra signoria illustrissima alla quale facciamo umilmente reverenza, pregando il Signore per ogni suo maggior contento e sanità. I l 25 giugno 1644, rimettendo il tutto alla sua magnifica prudenza D i vostra signoria illustrissima ^ servitori devotissimi Vincenzio Viviani Baccio del Bianco fedelissimi di sua altezza serenissima

II. Asi, Fabìmche granducali, f 1931, n. 380 Serenissimo granduca L i mando l'ingegnere Baccio del Bianco e Vincenzo Viviani a riconoscere il bisogno della fortezza del Sasso di Simone, i quali ne fanno l'aggiunta relazione ascendente alla somma di scudi 3000 in circa, et avendo fatto reflessione e ben considerato sopra la pianta il tutto, ho notato l'appresso cose che n o n si possano diferire, che importano scudi dugentocinquanta. I l rastrello fuori della porta per essere il muro debolissimo si deve aggiungere dua aliette di muro conforme a che dice nella relazione le quali si faranno con spesa di scudi sei 6 I n alcune traverse di muro che per ritenere i l terreno per le strade fa bisogno di qualche acconcime che importerà scudi sei in circa 6 Per restaurare i l terrazzino sopra alla porta che entra nella fortezza ci vorrà scudi otto 8 I l resarcimento della muraglia cadtita nel luogo dove mostra Ìl disegno K L per ovviare spesa maggiore fa bisogno mettervi mano e la spesa non sarà meno di scudi 25 Per tagliare l'impostime intorno al mederao Sasso che attaccandovici le persone se bene con dificultà possano salirvi, importerà ogn'anno scudi 2 Rifare la coperta della stalletta posta nel prato del castellano che per esserci parte delle terre cotte a non voler lassarl'andare tutta in rovina fa bisogno di scudi 20 Per resarcimento delle case che oggidì sono abitate in uso della fortezza ci vuole scudi trentaquattro 34 L a chiesa ha di bisogno dì gran restauramento poi che le acque e le nevi vi entrano da per tutto, et una cantonata di quella rovina dove bisogna un barbacane et altro, la spesa si restringe solo a scudi trenta 30 L'arsanale dei-cannone posto nel prato chiuso del castellano è tutto in terra e solo s'è salvato una trave e la metà delle terre cotte del coperto vi bisogna correnti, una trave, pianelle, tutta la parete davanti e così le sua teste dovendosi rifare, dicano che i l muro si faccia almeno grosso braccia IV2 e rialzarlo braccia uno per tutto, acciottolarlo per

maggior mantenimento delli legnami che toccano terra, importerà il tutto scudi centodiciannove Compiacendosi vostra altezza che tutto si faccia in conformità, potrà ordinare al depositario generale che facci pagare scudi 250 a Vincenzo Coresi camariingo delle fortezze con fargliene dar debito, e le fo umilmente reverenza. Di casa (8) luglio 1644 Di vostra altezza serenissima umilissimo vassallo e servitore Giovanni de Medici sopraintendente generale [Rescritto in calce:] I l depositario generale facci pagare per straordinario in mano del camariingo Coresi scudi duegentocinquanta moneta all'effetto stiddetto come sì propone. Alessandro Nomi 21 luglio 1644


Girolamo Allegretti

Il rettorato

di Sant'Agata

dopo i Fregoso


17, 1993

Sludi monlefeltroni

L a l u n g a esistenza del rettorato d i S a n t ' A g a t a n o n t e r m i n a con l a fine della signoria Fregoso ^ R e v o l u t a alla C h i e s a n e l 1660, questa singolare entità conserva fìno a l 1816 -anno d e l l a sua definitiva soppressione- u n a sua peculiarità istituzionale n e l senso che, p u r considerata territorialmente parte d e l l a p r o v i n c i a d i Montefeltro, n o n viene assoggettata al commissario e al bargello residenti i n S a n L e o , né viene c h i a m a t a a c o n t r i b u i r e alle spese p r o v i n c i a l i , né m a n d a suoi rappresentanti a l p a r l a m e n t o feretrano ^. E ' p u r vero che tale c o n d i z i o n e trova riscontro i n altri organismi: i l governo d i P i a n d i m e l e t o , ad esempio, gode, rispetto alla legazione

1

S i p u b b l i c a q u i c o n poche variazioni la relazione tenuta al convegno " I l rettorato dì S a n t ' A g a t a F e l t r i a f r a X I I e X V I I I s e c o l o " , S a n t ' A g a t a , 12-13 s e t t e m b r e 1987, i c u i atti si d i s p e r a o r m a i d i p o t e r r a c c o g l i e r e e d a r e a l l e s t a m p e . E s s a si r i a l l a c c i a a l l e d u e r e l a z i o n i d i F r a n c e s c o V . L o m b a r d i (// rettorato di Sant'Agata 1100 e il 1400;

Feltria fra

il

che in

Il rettorato santagatese dai duchi di Urbino ai marchesi Fregoso)

quel convegno precedettero la presente e n e costituiscono pertanto la premessa, e d i c u i si a u s p i c a l a p u b b l i c a z i o n e . A b b r e v i a z i o n i u s a t e n e l seguito d e l l e

note:

A s p = A r c h i v i o d i stato P e s a r o ( e d ivi Leg. = Legazione

apostolica, Del. =

Delegazione)

Acsaf = A r c h i v i o storico c o m u n a l e Sant'Agata Feltria A c m f = A r c h i v i o storico c o m u n a l e Macerata Feltria

G . Allegretti

Il reHorato di Sonf Agata dopo i Fregoso

d i R o m a g n a d i c u i p u r e fa parte, d i u n o slegamento gerarchico a n c o r più accentuato, al limite d e l l a immediata subiectio ^\ lo stesso Pio V I I riconosce e d e p l o r a l ' i n c o e r e n z a d i u n o stato "formato c o l l a successiva r i u n i o n e d i d o m i n i differend", che restano "bene spesso" l ' u n o all'altro " s t r a n i e r i " e disgiunti ^. Più decisivo, per fare d e l rettorato d i Sant'Agata (che tale ancor si c h i a m a , p u r se i l rettore più n o n esiste e i l giusdicente h a c o m e i n ogni altra t e r r a attribuzioni e titolo d i podestà) u n unicum degno d i interesse storiografico a n c h e i n età m o d e r n a , è i l rapporto del tutto singolare che lega le diciotto comunità ^ i n u n organismo amministrativo espresso d a u n a cassa c o m u n e e d a u n consiglio generale. I consigli d e l l a "vicinanz a " (cioè d e l l a comunità p r i n c i p a l e ) e dei diciassette casteUi annessi, e le relative casse p a r t i c o l a r i , h a n n o attribuzioni talmente limitate che n o n s e m b r a i m p r o p r i o affermare che i l rettorato a n t i c i p a d i a l m e n o due secoli l a concezione p o l i n u c l e a r e d e l c o m u n e introdotta dai francesi, o più semplicemente che n e l Seicento ( m a gli statuti i n d u c o n o a retrodatare d i a l m e n o u n secolo) è già avvenuta n e l rettorato q u e l l a fusione delle comunità c h e altrove verrà imposta dall'alto f r a Sette e Ottocento ^. U n sinecismo più spinto, si badi bene, si realizza o si è realizzato attorno a d a l c u n i c e n t r i maggiori: a M a c e r a t a n e l Montefeltro, a U r b a n i a e S a n t ' A n g e l o n e l l a Massa ^: m a sono casi isolati, e S a n t ' A g a t a

A c p b = A r c h i v i o storico c o m u n a l e P e n n a b i l l i Acsl = A r c h i v i o storico c o m u n a l e S a n L e o B o p = Biblioteca Oliveriana Pesaro 2

Foglio

informativo

sulle località [...}

s e t t e m b r e 1817, i n A s p , Del, cardinale

d'Urbino

di visita nel 1788,

[...],

3

situate dalla parte destra del fiume

Governo,

b. 3; Nota de ministri

Marecchia,

deWeminentissimo

sec. X V I I , i n B o p , m s . 3 8 6 , c. 2 5 ; Quesiti fatti

i n A s p , Leg., Visite, Visita Doria,

in

signor

4

Motu

proprio

organizzazione

occasione

v o i . I I , ce. 4 2 9 - 4 9 2 ; p e r i b i l a n c i

G . A l l e g r e t t i , Piandimeleto.

5

Una enclave romagnola

nell'Urbinate

dalla crisi

cinquecentesca

O s t r a V . 1 9 8 7 , p p . 38-44.

al "risorgimento",

del

della santità di nostro signore papa Pio dell'amministrazione

VII in data 6 luglio

1816

sulla

R o m a 1816, p. 4.

pubblica,

L e comunità s o n o 19 i n u n o s p e c c h i o d e l 1734 ( A s p , Leg., Annona

e assegne, b. 2 2 ) ,

t a n t o d e l l e s i n g o l e comunità q u a n t o d e l l a p r o v i n c i a d i M o n t e f e l t r o e d e l r e t t o r a t o

m a R o s c i a n o e P o g g i o a p p a i o n o d i fatto d a t e m p o u n i t e . N e l 1 7 5 0 i l legato o r d i n a

d i S a n t ' A g a t a si s o n o viste le serie Registri di tabelle e Scritture di tabelle i n A s p ,

Leg;

la r i u n i o n e anche di V a c a l d o l a e V i l l a d i Fragheto a Fragheto, e di Palazzo a

utilissima per

del

C a i o l e t t o ( A s p , Leg., Visite,

c h i a r i r e i r a p p o r t i a m m i n i s t r a t i v i f r a le s i n g o l e

comunità

m a le c i n q u e comunità f i g u r a n o a n c o r a

Visita Stoppani),

r e l a t i v a a l 1784 i n

s e p a r a t e n e l l a t a b e l l a d e l 1 7 8 4 (Acsaf, b. 2 2 7 , f. 1 0 ) . L ' e d i t t o S t o p p a n i è a p p l i c a t o

Acsaf, b. 2 2 7 , f. IO; s u l l a " p r o v i n c i a " d i M o n t e f e l t r o n o n esistono a n c o r a s t u d i

i n o c c a s i o n e d e l l a c i t a t a visita D o r i a d e l 1 7 8 8 , dove le r i s p o s t e ai q u e s i t i s o n o

s i s t e m a t i c i , e l a f o n t e d i n o t i z i e più r a g g u a r d e v o l e

è costituita da A . M . Z u c c h i

f o r n i t e d a 15 o r g a n i s m i c o m u n i t a r i . M a le comunità a c c o r p a l e t o r n a n o separate

T r a v a g l i , Raccolto

6 t o m i mss. i n A c p b ,

n e l l e statistiche e " r i p a r d " d e l 1 8 1 6 , 1 8 1 7 , 1826 ( c f r . G . A l l e g r e t t i ,

r e t t o r a t o è l a Tabella delle comunità di Sant'Agata

istonco ovvero annali

e suo rettorato

del Montefeltro,

passim;

circoscrizionali

p e r i l p e r i o d o d a l 22 l u g l i o 1799 a l 3 f e b b r a i o 1800 i v e r b a l i d i c o n g r e g a z i o n e s o n o i n A c s l , r a c c o l t i i n u n i c o r e g i s t r o m a p a r t e a s t a m p a (Proposizioni simo signore

Giovanni

Subotich

[...]

al parlamento

della provincia

fatte feretrana,

6

S u q u e s t i p r o b l e m i R. Ruffìlli, L'appodiamento

1 7 9 9 ) e p a r t e m a n o s c r i t t i . N e l l a p r i m a d i queste r i u n i o n i si d e c i d e d i a m m e t t e r e

Stato pontificio

u n a nutrita rappresentanza del rettorato (due confalonieri e u n consigliere per

n o s t r i Mutazioni

o g n i comunità) alle s e s s i o n i d e l p a r l a m e n t o , " i n v i s t a d e l p l a u s i b i l e sussidio d i

Montefeltro

e Massa

u o m i n i prestato a q u e s t a p r o v i n c i a d a l l a comunità d i S. A g a t a e suo r e t t o r a t o , c h e

G l i Statuti

di Sant'Agata,

h a s p e d i t o a l l ' a s s e d i o e c o n q u i s t a d i questo f o r t e seguita i l 13 l u g l i o

s e r v a n o m a n o s c r i t t i i n A s p , Leg,,

corrente

l'illustrissimo signor Gio. L u c a Buffoni comandante con u n a compagnia di bravi u o m i n i f o r n i t a d i u f f i c i a l i , d r a g o n i e b a n d a , c h e si s o n o p o r t a t i c o n e n e r g i c o l o d e v o l e v a l o r e " ( i v i , p. 6 ) .

e

e Massa

(1814-1833),

Mutazioni

i n "Studi montefeltrani",

4, 1 9 7 6 , p p . 3 5 - 3 9 ) .

dall'illustrisUrbino

nei comuni di Montefeltro

7

(1790-1870),

circoscrizionali (1790-1814),

cit., p p . 5-43, e Note sulle mutazioni

nello

nei comuni

di

i n " S t u d i m o n t e f e l t r a n i " , 6-7, 1978-79, p p . 67-110.

c u i s i f a r i f e r i m e n t o n e l testo, Statuti,

G . A l l e g i etti, Comunità rurali di Montefeltro i n A a . w . . La società rurale marchigiana p p . 174-175.

ed il riassetto del quadro territoriale

M i l a n o 1 9 6 8 ; s u l l e v i c e n d e d e l riassetto n e l l ' a r e a v. i

riformati

n e l 1 5 3 5 , si c o n -

b. 4. e Massa: società ed economia attorno al 1800,

dal medioevo al novecento,

voi. I I , A n c o n a 1977,


17, 1 9 9 3

Studi montefeltrani

realizza forse l ' e q u i l i b r i o più avanzato tra istanze d i efficienza, o più semplicemente d i contrazione d i spesa, che spingono alla concentrazione, e r i v e n d i c a z i o n i a u t o n o m i s d c h e che perpetuano l a f r a m m e n tazione. Questo equilibrio n o n solo finisce per c o n d i z i o n a r e , tutto sommato i n m o d o positivo, i centotrentacinque a n n i che i n t e r c o r r o n o f r a i l r i t o r n o alla C h i e s a e l'arrivo dei francesi, m a c r e a u n blocco compatto che supera, c o n r i t o c c h i m a r g i n a l i , l a travagliata fase d e l riassetto delle circoscrizioni c o m u n a l i . L a fase del riassetto (o della concentrazione) crea d r a m m i e m a l c o n t e n t i i n tutte le comunità che si v e d o n o a torto o a ragione appodiate alle maggiori, m a può essere vissuta dalle popolazioni d i Sant'Agata come u n aggiustamento n e l l a continuità. C o n s i d e r a z i o n i polidco-istituzionaH c o m e quelle che p r e c e d o n o devono però, per n o n rischiare l'astrattezza, confrontarsi c o n i l concreto degli atti amministrativi, m a p o i delle c o n d i z i o n i effettive d i vita: l'alimentazione, l a sanità, i l lavoro, i servizi, l'istruzione, l a religione, i l c l i m a , l'ambiente. L e valutazioni sommarie e le ipotesi d i lavoro, che allo stato attuale degli studi santagatesi ^ è oggi possibile proporre,

G . Allegretti

Il rettorato di Sant'Agoto dopo i Frego^

a n d r a n n o verificate e, n e siamo certi, i n più d i u n p u n t o approfondite e corrette. Niente d i conclusivo d u n q u e , m a solo u n a possibile base per i n d a g i n i più sistematiche. L a f r a n a del 1561 e l a visitatio del 1574 N u l l a può dare i l senso della solidità economica, sociale, culturale di u n a popolazione quanto l a capacità d i superare d i slancio u n a catastrofe che l ' a b b i a colpita. P e r Sant'Agata si può appunto partire d a l 1 5 6 1 , l ' a n n o della grande r u p i n a . F o r s e n o n f u l a p r i m a , i n questo territorio, certo non fij l'ultima: m a è stata senz'altro la più disastrosa ^. Sessantaquattro abitazioni inghiottite, trascinate e scompaginate tre case signorili, l'ospedale, due monasteri. U n a comunità poco solida n o n si sarebbe più ripresa, n e l Montefeltro n o n m a n c a n o gli esempi: valga per tutti quello d i M a i o l o Sant'Agata si rimboccò le m a n i c h e , ruotò i l p r o p r i o assetto u r b a n o d i u n 45 gradi.

r e c e n t e G . D a l l ' A r a ( a c u r a ) , D a Solona a Sant'Agata, 8

nella tradizione di studi locali Sant'Agata

Feltria

Agata Feltria,

illustrata,

d i impianto illustrativo-celebrativo: L . D o m i n i c i ,

9

Feltria,

A r e z z o 1 9 8 0 ; fino a l più

Un lato della piazza di Sant'Agata Feltria in un disegno del 1747 (Asp, Leg, Ldc. Mf, b. 122) L a figura appesa sulla facciata del palazzo del podestà potrebbe essere una gabbia per la berlina.

M . B a t t i s t e l l i , Le ricorrenti frane nella storia della Valmarecchia,

N o v a f e l t r i a 1959; N . C e c i n i , Note d'arte e di storia su S.

U r b a n i a 1977; F . D a l l ' A r a , Sant'Agata

R i m i n i 1 9 9 1 { c o n significative

a p e r t u r e ai t e m i q u i i n d i c a t i ) .

T i t o l i e s s e n z i a l i d e l l a s t o r i o g r a f i a santagatese, c h e s e m b r a i s c r i v e r s i t o t a l m e n t e

10

F . V . L o m b a r d i , La tragica frana

di SantAgata

Feltria

e Perticara,

i n A a . w . , Le

frane

R i m i n i 1993. di Maiolo

dell'anno

1700,

i n Le frane nella storia

cit.


17, 1 9 9 3

Sludi montefeltrani

a quel che è dato capire, e si dispose lungo i l nuovo asse attorno a u n a c o m o d a piazza che, a l l ' i n i z i o del Seicento, veniva c o n c l u s a d a i Fregoso c o n i l bel palazzetto d e l l a ragione. T r e d i c i a n n i dopo l a frana, R o m a inviava u n visitatore apostolico n e l l e diocesi del ducato d i U r b i n o . M o n s i g n o r G i r o l a m o Ragazzoni iniziò i l suo giro di visita n e l Montefeltro i l 9 agosto e lo terminò i l 22 settembre. A S a n L e o se l a sbrigò i n u n sol giorno, e c o n evidente fastidio; a S a n M a r i n o si fermò tre g i o r n i ; a Sant'Agata, oppidum insigne, restò dieci g i o r n i , dal 15 agosto al 24. C i si e r a trovato bene, si direbbe: nessuna controversia, cordiale ospitalità: n u m e r o s e le famiglie notabili che gareggiano col signore cultu atque humanitate; i quattordici altari della chiesa p r i n c i p a l e testimoniano, se n o n d e l l a pietà, d e l potere d i immagine che alle pratiche d i pietà attribuiscono famiglie e confraternite; e molte, del resto, sono le famiglie che h a n n o visto n e l sacerdozio, e n e i n u m e r o s i benefìci (rendite) che h a n n o m a n d a t o a occupare, u n a sistemazione soddisfacente per i p r o p r i r a m p o l l i . L a frana, che solo tredici a n n i p r i m a h a portato v i a " m a i o r e m o m n e m ac m e l i o r e m o p p i d i p a r t e m " , l a parte maggiore e migliore d e l paese, s e m b r a o r m a i solo u n r i c o r d o . Ricostruito l'ospedale annesso alla chiesa d i Santa M a r i a , ricostruito i l monastero delle Clarisse capace d i trenta m o n a c h e ( m a ce ne sono trentaquattro e altre due h a n n o già versato l a dote per e n t r a r v i ) , si p e n s a a d d i r i t t u r a d i erigere ex novo u n terzo convento ma schi le, di c a p p u c c i n i , " i n loco e m i n e n d et a popuU conversadone segregato", sul colle solitario dove sorge l a chiesetta d i Santa B a r b a r a ^^: e alla costruzione del convento si porrà m a n o effettivamente l ' a n n o seguente, e n e l giro di due a n n i si porterà a termine. U n a comunità i n p i e n a r i p r e s a d u n q u e , che i l disastro s e m b r a aver stimolato più che abbattuto. Merito del b u o n governo dei Fregoso? Questa tesi, sposata c o n entusiasmo dagli storici locah n o n sapremm o dire quanto sia fondata. Q u e l che s e m b r a certo è l'emergere, d u r a n t e l a loro d o m i n a z i o n e , d i u n ceto signorile che si distingue n o n tanto p e r attività e i n t r a p r e n d e n z a , m a per sagacia n e l collocarsi negh snodi strategici del potere locale, o c c u p a r l i via via più stabilmente c o n messaggi sempre più espliciti d i distinzione sociale fìno alla separazione d i ceto.

G . Allegretti

Il rettorato di Sant'Agata dopo i Fregoso

U n a t e r r a i n f o r m a d i città

L a separazione d i ceto è elemento distintivo delle città e d i quelle tra le terre maggiori che h a n n o capacità e a m b i z i o n i d i forma urbis A Sant'Agata, troviamo attuata l a distinzione già n e l Seicento. N e l 1689, dei q u i n d i c i consigheri d e l l a v i c i n a n z a , solo c i n q u e f o r m a n o i l bussolo dei c o n f a l o n i e r i . N e l f o r m a r e i bollettini per l a magistratura quadrimestrale ogni confaloniere aggiunge al p r o p r i o i n o m i d i due p r i o r i scelti a suo arbitrio f r a tutti gli altri consiglieri; i l bollettino così

13

N o n r i s u l t a c h e S a n t ' A g a t a a b b i a m a i s o l l e c i t a t o i l r i c o n o s c i m e n t o d e l l o status città, né a v r e b b e p o t u t o f o n d a t a m e n t e

questi p r o b l e m i , c o m e s u q u e l l i r e l a t i v i ai ceti d i r e g g i m e n t o e a l l a nobiltà c i v i c a ,

12

e la Feretrance ecdesice visitatio.

1574,

C e c i n i , Note d'arte

cit., p. 28; D a l l ' A r a , Sant'Agata

cur. G. Allegretti, San L e o

(Ceti

e potere nella

delle élites nello Stato

U r b i n o 1 9 8 3 ; // "sommerso" delle clas.n al potere in antico regime,

Marca pontificio,

Milano 1984), anche

se b i s o g n a a v v e r t i r e c h e città e t e r r e d e l l a l e g a z i o n e d i U r b i n o p r e s e n t a n o c a r a t t e r i notevolmente diversi da quelle della M a r c a . Per u n utile ampliamento territoriale sugli stessi p r o b l e m i cfr. C . C a s a n o v a , Comunità e governo pontificio

in Romagna

Bologna 1981.

età moderna,

Tab. 1. I l consiglio della terra (o della vicinanza) dal 1683 al 1691 F o n t e : A c s a f , Lihro dei consigli xinno

1683-1691

1G83

1684

1685

1686

1687

1688

1689

1690

1691

3

1 2 3

1 2 3

1 2 3

1 2 3

1 2 3

1 2 3

1 2 3

12

P

x P C

P P x

P P x

C P C

x x P

P

X

C s s

X X X

X X

sig, G i o n b a n i s t a M a z i

t;

X X X

P x x

P C x

sig.dott, I p p o l i t o N a s t a s i n i

X

X V

C x v

sig. G . B . N a s t a s i n i

X

X

>quadriiTiestre confalonieri sig.dott. A l e s s a n d r o sig. G i o n m a r i a

(;ioniiii

Grassi

sig.dott, U b a l d o M a f f c i C i o n i n i

sig.cap. G . G i a c o m o

C x P

P x P

C

X X X

C

X

x C x

X X X

X X X

C

x x C

P x x

x P x

X X X

C x x

X X X

C x x

X

X X X

X X X

X X

x C

Giannini

X

G X

X

C X

X

Pazzaglia

C X

C x

X

c C

X X X

X X X

x P G

X X X

x G x

X X X

priori sig. F e d e r i c o sig. A u r e l i o

Chiocchi Cionini

sig, P o m p i l i o sig, M a s i n o

Cionini Fabcri

sijr.medico L u d o v i c o

X

P x x

X X X

x x P

X X X

x P x

X X X

P

X X X

X X X

x P x

P x P

X X X

P x P

P x x

X

P x x

X X X

x x P

X X X

x P x

X X X

X X X

X

P x

x P P

X X X

x P x

x P

X X X

X

X X X

X

Ciangoli

X

pp

sig, F r a n c e s c o M,

Giannini

X

X X X

X X

X X X

X X

X X X

X

sig. G i u l i o C e s a r e

Giannini

X

x x P

X X X

X X X

P x x

X X X

P x P

X

X

X

x x P

X X X

X X X

P x x

X X X

P x P

X

X

X X X

P x

X X X

X X X

Sebastiano Masini

Sartini

X

X X X

x x P

X X X

x P x

X

mastro Domenico

Severi

X

X

X X X

X X X

X X X

X X X

Abbreviazioni:

X X X

ville:

mastro Benedetto

C ~ confaloniere;

S = segretario; V = vicepodestà

c i t , p. 2 3 .

Zenobi

B o l o g n a 1 9 7 6 ; Tarda feudalità e reclutamento

pontificia,

consiglieri delle

Girolamo Ragazzoni 1989, p p . 49-55.

di

f a r l o n o n e s s e n d o sede e p i s c o p a l e . S u

fondamentali gli studi di B a n d i n o G i a c o m o

sig,medico

11

, -,

X

P = priore; x - presente in consiglio nel quadrimestre;

X

P

in


Studi monte feltra ni

17, 1 9 9 3

formato c o n t i n u a a essere imbussolato tal quale finché n o n si r e n d a n o necessarie surrogazioni. Può così accadere, e accade, c h e i n certi q u a d r i m e s t r i i l magistrato sia formato esclusivamente d a c onf a lonie ri, e che qualche consigliere resti d e l tutto escluso d a l bussolo magistrale se nessuno d e i c o n f a l o n i e r i lo h a designato c o m e p r i o r e . Se p o i i l consiglio si a m p l i a c o n l'ingresso d i u n m e m b r o c h e abbia titolo a l confalonierato, questo f o r m a i l p r o p r i o bollettino e l a d u r a t a d e l bussolo si p r o l u n g a d i quattro mesi (tabb.1-2). U n secolo più tardi l a distinzione d i ceto si è trasformata i n separazione, n e l senso c h e si vede o r m a i definito a n c h e u n grado priorale, e d a l priorato restano esclusi ì c o n f a l o n i e r i i q u a l i p e r g i u n t a n o n possono più i n f l u i r e sulla scelta d e i p r i o r i , estratti a sorte c o n bussolo separato (tab. 3 ) . I l nuovo assetto s e m b r a riconoscere e tutelare meglio d e l precedente le prerogative d e l grado priorale, m a a l tempo stesso sancisce i n m o d o più evidente l'alterità d e l p r i m o grado. E ' questa l a situazione n e l 1788, all'atto d e l l a visita D o r i a . L a risposta a l quesito 5, sulla composizione d e l "magistrato" (cioè dell'organo esecutivo d e l c o m u n e ) , l a descrive i n t e r m i n i molto c h i a r i : " I l magistrato p e r i consigli generali d e l l a comunità, c h e si tengono i n Sant'Agata p e r gli interessi c o m u n i , è composto d i tre persone, che f o r m a n o tre gradi, cioè i l p r i m o c o l titolo d i gonfaloniere, i l secondo col titolo d i p r i m o p r i o r e , e d i l terzo c o l titolo d i secondo p r i o r e , e tutte le sudette persone si estraggono d a l bussolo d e ' consiglieri d e l l a terra i n ogni quadrimestre. T u t t i i consiglieri d i Sant'Agata, e d u e d e p u t a d

Il rettorato di Sant'Agota dopo i Fregoso

G . Allegretti

d a c a d a u n a comunità subordinata, f o r m a n o i l consiglio generale detto della c o m u n e , al quale q u a n d o v i h a n n o interesse sono c h i a m a t i d u e deputati, u n o ecclesiastico secolare e l'altro regolare, che v i h a n n o i l voto c o n s u l t i v o " L a comunità p r i n c i p a l e ( del l a t e r r a o d e l l a v i c i n a n za) h a i l suo consiglio che f o r m a l a base d e l consigho generale, e i l suo magistrato, c h e coincide c o n i l magistrato d i tutta l a comunità (o rettorato); a n c h e le comunità soggette h a n n o u n p r o p r i o consiglio p a r d c o l a r e , convocato e presieduto d a d u e consoli, e quesd probabilm e n t e sono gli stessi che partecipano come deputati ai consigli gene-

T a b . 3. I l consiglio della vicinanza dal 1777 al 1782 F o n t e : Acsaf, Lilrro dei consigli

>quadrimestrt^

cap.

Gianluca

Buffoni

dott. Alessandro ten.Francesco c a p . [...]

Casotti

Giovanni

Celli

Gianfilippo

"

3/83-1/85

{5 quadrimestri)

2/85-1/87

(6

"

)

ni

"

2/87-1/89

(6

"

)

rv

"

2/89-2/91

(7

"

)

Confaloniere

Priori

G. Battista Mazi

Alessandro

Grassi

Nasiasijii Maffei

Cionini,

F. G h i o c c h i , Giannini

Cionini

M.

Faberi,

S. M a s i n i ,

G.B. Cionini

Pazzaglia

M.

P.

Anrelio

Cionini

G.C. Giannini,

Anrelio

3/8.S

1

X X X

X X X

x x C

X

x x C

X X V

x C x

X X X

X

X

X

X X X

x x C

X X X

X X X

X

X

X X X

1780

| l 2 3

1

1

1781

| l 2 3

X

X

X

X

1782

| l

X

X

x x C

X X X

X

\

X X X

C x

X X X

x C x

X

X

X X X

X X X

X

x C x

X X X

X X X

X X X

X

X t;

x C

X X X

X X X

X

X

Nastasini

X

X

C x x

X X X

C x x

X X X

Bellucci

X X X

X X X

X X

\

X

X X X

X

X

Veroni

X

X X

X

X

P

S e b a s t i a n o B o t t i ce Ili

P x

Antonio

X

Buffoni Greppi

X

c

\

X

-

3/87

X X

x x P

X X X

P

x x P

X X X

X X X

P x x

X

s P

X X X

X s X

x P x

X

sx

X

x P x

PJCX

x x P

x x P

X

s P s

s s s

s P s

s

X X X

x x P

x P x

P

X

X

Lotif^lii

X

Girolamo

Paci

s s

s s

x P

x P x

Paci

Gregorio

Rinaldi

X

P x

s

X X

PieU-o S a n t i

X

X

P x x

Lorenzo

X

X

s

Vicini

X

s

P\

X

P

p p

X

P x x

x P x

X X X

X

x x P

P x x

X X

X

1/91

1/84

3/86

2/88

2/85

3/88

3/90

s = segretario; v -

Abbrevìa?,ioni;

C - confaloniere; P = priore; x = presente in consiglio nel quadrimestre; vicepodesià.

3/84

Cionini

Faberi,

1/87

\/m

,V89

Nota:

1/85

1/86

1/88

2/89

coniugato"

3/85

2/87

Cionini)

G . B , Nastasini

2/86

.stri

P X

Vincenzo

2/84

Cionini)

Mazi, Alessandro

Faberi,

Cionini

Cionini

Alessandro

B. Sanini, M. (poi

G.G,

X X X

X

X

Angelo

Quadrimi

(poi Aurelio I.

X

X

G . Biittista Bossari

cen,

li.

X

1779

C x

Lnchesi

Sebastiano

Alessandri!

| l 2 3

priori

I bussolo:

Nastasini

1

1 2 3

X

Fabbri

dott. L u i g i

dott. E n e a

li

G.M.

1778

23

Cionini Comandini

Francesco

G.B.

Calabati

Casanova

Cap. Ginseppe

Durata

1777

confalonieri

Marino

F o n t e : ihid.

1777-1782

>ann<)

Francesco

T a b . 2. I l bussolo del magistrato dal 1683 al 1691

cit., v o i . I I , c. 4 3 0 .

Visita Dona

14

2/yo

Celli,

"ascritto

nel grado

(c, l O v ) ; il l e n e n t e G i a n l u c a

de' gonfalonieri",

Buffoni

Terenzi,

c a p i t a n o " il 2 n o v e m b r e 1 7 7 7 e i m m e d i a t a m e n t e "ascritto 1/9»

Giannini

Giovanni

nel bussolo dei confalonieri

m a n o n esercita

si d i m e t t e

dal consiglio

i n virtù

del privilegio

di

"chierico

agrimensore, viene scelto dal consiglio p e r la "vacante carica al g r a d o de signori g o n f a l o n i e r i "

(c, 1 8 ) ; il c a p i t a n o Casotti

la carica avvalendosi del "privilegio di s u a esenzione"

(ce. 74v e 9 9 v ) .

di

resta


Studi montefeltrani

17, 1 9 9 3

r a l i . I n tutte le comunità soggette, salvo che n e l caso d i L i b i a n o , i due consoli f o r m a n o u n sol grado Perché si possa parlare d i forma urbis n o n basta tuttavia u n solo elemento, per quanto importante. O c c o r r e u n clero organizzato n e l l a sua c o m p o n e n t e secolare affiancato d a solide comunità regolari maschili e f e m m i n i l i ; occorre u n c o r p o consistente d i notai e d i dottori in utroque; o c c o r r o n o servizi efficienti di sanità, d i p u b b l i c a istruzione, di o r d i n e pubblico, d i posta, d i r i f o r n i m e n t o i d r i c o ; o c c o r r o n o strutture ricettive, c o m m e r c i a l i , artigianali capaci d i supportare s t r a o r d i n a r i concorsi i n occasione d i fiere o d i feste religiose; occorre, soprattutto, b u o n n u m e r o d i famighe signorili, dotate di l a r g h i mezzi e d i c o m o d e abitazioni, viventi more nobilium; occorre infine u n i m p i a n t o urbanistico e u n p a t r i m o n i o edilizio pubblico e privato, sacro e profano, all'altezza del rango. O r b e n e , queste prerogative S a n t ' A g a t a le possiede tutte i n grado sufficiente a darle p i e n o titolo d i considerarsi " t e r r a i n f o r m a d i città". I l n u m e r o degli abitanti, al quale oggi n o i d i a m o tanta i m p o r t a n z a , n o n è affatto decisivo p e r queste aree p e r i f e r i c h e i n età m o d e r n a : S a n L e o è città a p i e n o t i t o l o c o n i t r e c e n t o a b i t a n t i d e l l a s u a c e r c h i a murata e del resto n e s s u n a ,città d e l l a legazione raggiunge i d i e c i m i l a abitanti ' S e m m a i , se c'è u n a cosa che m a n c a all'ex-capitale dei Fregoso, sono p r o p r i o le m u r a elemento visibile d i disdnzione f r a cittadini e c o n t a d i n i , b a r r i e r a psicologica oltreché g i u r i d i c a , l i n e a c o n f i n a r i a d i diritti e doveri diversi e spesso opposti. M a a parte questo, e i l titolo g i u r i d i c o n a t u r a l m e n t e , n u l l a m a n c a a S a n t ' A g a t a per considerarsi per lo m e n o alla p a r i c o n le città titolate del Montefeltro: San L e o a p p u n t o e, i n successione, P e n n a b i l l i e S a n M a r i n o . Sant'Agata n o n s e m b r a aver bisogno, storiograficamente, d i u n a 15

I v i , ce. 4 3 8 sgg. Ragazzoni

cit., p. 4 5 .

16

Girolamo

17

Pesaro, capoluogo di legazione, C o r r i d o r e , La popolazione

18

n e l 1736 conta 8483 cristiani e 463 ebrei: F .

dello Stalo Romano

I I C o h e l l i o ( c i t a t o i n Z e n o b i , Ceti e potere

(1656-1901),

R o m a 1906, p. 2 0 9 .

cit., p. 2 4 ) s e m b r a i n d i c a r e i n q u e s t o

("et m u r i s d e b i t o m o r e cinctse f u e r i n t " ) u n r e q u i s i t o n e c e s s a r i o a l l a d e f i n i z i o n e d i città. C f r . a n c h e L . F i r p o , La città ideale del Rinascimento.

Urbanistica

Il reltorolo di Sant'Agata dopo i Fregoso

G . Allegretti

n u o v a celebrazione di fasti paesani. O c c o r r e , invece, u n a p u r s o m m a r i a esposizione delle sue c o n d i z i o n i r e a l i i n fatto d i potenziale e c o n o m i c o e d i strutture sociali. Basterà d i r e , sul punto più significativo, che d i u n d i c i p a t r i m o n i che a fine Settecento superano a catasto i 1000 scudi d i estimo i n tutto il rettorato, nove appartengono a p r o p r i e t a r i del paese; che n e l consigho d e l l a v i c i n a n z a degli a n n i 1778-1782 si contano tre dottori i n legge e tre capitani, tutti d e l grado di confaloniere n a t u r a l m e n t e , m e n t r e , degli altri c o n f a l o n i e r i , F r a n c e s c o C i o n i n i è notaio e r a m p o l l o di u n a delle più illustri famiglie d e l luogo, F r a n c e s c o Casanovi è tenente e c o n s a n g u i n e o d e l l ' a r c i p r e t e , G i a n f i l i p p o F a b b r i h a l'estimo più alto d i tutto i l rettorato e u n figlio dottore i n legge: solo d i M a r i n o C o m a n d i n i sfuggono le r a g i o n i dell'assunzione al confalonierato. T r a le famiglie illustri, l a più illustre è ovviamente q u e l l a dei Fregoso, u n c u i r a m o c o n t i n u a a risiedere a S a n t ' A g a t a a n c h e dopo l a cessazione del marchesato. N o n h a però luogo i n consiglio, e certo versa i n c o n d i z i o n i e c o n o m i c h e p r e c a r i e se l'illustrissimo signor Federico si adatta, fino alla mo r te avvenuta n e l 1689, a l l ' i n c a r i c o d i organista e se n e l 1690 l'illustrissimo signor Ottaviano è accettato d i malavoglia c o m e sigurtà al fornaio, c o n c i n q u e vod c o n t r a r i su quattord i c i 20. L ' i n c a r i c o pubblico d i organista e maestro d i canto è giustamente considerato i l fiore all'occhiello d e l l a tradizione culturale santagatese u n a tradizione che peraltro vanta a n c h e u n lettore pubblico (oggi dir e m m o u n professore) affiancato n e l l a seconda metà del Settecento al maestro d i scuola. P e r n o n dire del teatro, altro orgoglio d e l paese, e che è m o l t o più a n d c o d i quanto f i n o r a si sapesse: n e l 1690 i l consiglio generale d e s d n a i l ricavato d e l l a v e n d i t a del terreno all'adattamento del "solaro sopra i l teatro per fare magazzini d a g r a n o " U n obbiettivo p u n t o d i forza d e l l a cittadina, n e l suo p r o p o r s i come centro d i u n territorio assai più vasto del p u r vasto rettorato, è l a sua organizzazione c o m m e r c i a l e . L e antiche fiere, concentrate n e l capoluogo dalle primitive sedi m o n a s d c h e d i Santa Trinità e d i F o n t e s c a r i n o , d u r a n o o r m a i tre g i o r n i ciascuna ^^: le tre osterie, i tre maceUi, i due

e società,

T o r i n o 1975. S a n t ' A g a t a era n a t u r a l m e n t e dotata d i u n a cinta di m u r a attorno a l

19

A c s a f , Libro

castello, m a n o n d i u n a c i n t a e s t e r n a c h e r a c c h i u d e s s e a n c h e gli a m p l i a m e n t i

20

I v i , 10 s e t t e m b r e 1 6 9 0 .

t a r d o - m e d i e v a l i o d e l l a p r i m a età

21

S u l l a vita m u s i c a l e santagatese G . M a t t e i , Fragmenta.

m o d e r n a , c o m e si d i e d e r o S a n M a r i n o

e

P e n n a b i l l i . N e l l a c o n d i z i o n e d i S a n t ' A g a t a si trovava a n c h e M a c e r a t a F e l t r i a ( s u c u i v e d i , i n q u e s t o stesso n u m e r o d e l l a rivista, A . B r i s i g o t t i , La formazione di Macerata

Feltria tra Quattro

e Cinquecento).

dei consigli

8 maggio 1689.

1683-1691,

La musica nel Montefeltro,

" N o t e d'Archìvio p e r l a S t o r i a M u s i c a l e " , 1-2, 1940, p p . 7-18;

del borgo

Confraternita

Quanto a San Leo, non conobbe u n a

' Madonna

e cultura:

una

strategia

delle Grazie di Pennabilli,

dell'immagine,

i n A a . w . , Il Santuario

P e n n a b i l l i 1 9 9 1 , p. 4 5 .

v e r a e p r o p r i a e s p a n s i o n e u r b a n a e x t r a m e n i a l e , e d e l resto l ' o r l o d e l l a r u p e

22

Acsaf, Libro

dei consigli

c o s t i t u i v a d i p e r sé s u f f i c i e n t e b a r r i e r a .

23

I v i , passim,

e s p e c i a l m e n t e 2 4 f e b b r a i o 1 6 8 7 e 30 a p r i l e 1 6 9 0 .

1683-1691,

17 d i c e m b r e 1690.

in

G . Allegretti, della


Studi monte feltra ni

17, 1 9 9 3

f o r n i , l a speziarla, le altre n u m e r o s e bettole e botteghe, le officine artigiane, n e sono gli indispensabili supporti e i p r i n c i p a l i beneficiari. Ma, a n c h e a prescindere dalle fiere, i l v o l u m e d'affari degli spacci deve essere notevole. I l registro delle i m p o r t a z i o n i di vino d a l 1739 mostra u n quotidiano a n d i r i v i e n i di trasportatori verucchiesi che scaricano, n e l p r i m o b i e n n i o , quasi 1.200 some destinate i n massima parte agli osd^^. Molto elevato sembra, a giudicare dagli obblighi assunti dai m a c e l l a i negli appalti, a n c h e i l c o n s u m o d i c a r n e . L e risorse e c o n o m i c h e D u n q u e u n piccolo E d e n protetto d a l l a chiostra d e i suoi m o n t i , retaggio fortunato d i un'età a n c o r più felice? S i a m o l o n t a n i d a l 24

Acsaf, b. 2 2 4 , Cassa manutenzione al

strade. Registro delle importazioni

del vino dal

1739

1797.

Tab. 4. Popolazione del rettorato dal 1627 al 1826 F o n t i : p e r il 1627 G . B . M a r i n i , Memorie Montefeltro, popolazione

diverse di San Leo e sua provincia

detta in oggi di

3 tt. mss. i n A c s l , t . I , ce. 176r-v; p e r i l 1 6 5 6 e i l 1 7 0 1 - 1 7 8 2 C o r r i d o r e , eh., p p . 80-116, 165, 166, 2 1 0 , 2 4 9 ; p e r i l 1 6 8 1 G . A l l e g r e t t i , Nuove fonti

la storia deviografica 1788 Visita Doria

del Montefeltro,

i n " S t u d i m o n t e f e l t r a n i " , 16, 1 9 9 1 , p p . 88-89; p e r i l

cit., ce. 4 2 9 - 4 9 1 ; p e r i l 1826 A l l e g r e t t i , Mutazioni

>anni

Sant'Agiìtii

cit., p. 3 9 .

1627

1636.

1681

1701

1708

1736

1782

1788

1826

1093

HI8

750

670

584

748

622

700

791

113

92

75

73

113

92

85

97

^87

32.".

283

313

147

211

')y4

241 312

Monte hciK'dftto Sartiami

412

Turiicclla

.S70

313

371

3{Ì6

392

272

283

319

Libiano

200

23«

144

164

107

166

178

185

146

San DiHiaio

341

239

243

197

205

221

230

230

237

MaiaiHj

191

171

173

186

135

135

142

150

133

L-f-rigno

180

lòfi

I M

117

106

123

145

146

131

PcrtKi

139

9IÌ

H4

89

103

71

50

55

56

Rocca

338

316

201

160

140

HO

157

171

156

•?73

209

187

178

180 71

72

36

81

76

76

Scavolo e

Rosciano

Seavo lo

254

Rosciano e

PojfKÌ"

Caioletio

210

191

212

135

200

182

125

C a i o l e t t o <• l'aliiy./o 340

3118

270

146

220

220

fragheto

FraKliclo, \'illa e

74

pensarlo. L e durezze d i quell'età le conosciamo tutte, e Sant'Agata n o n può esserne stata i m m u n e . M a , senza u n i r c i al coro di q u a n d n o n p e r d o n o occasione per i n t o n a r e i l corrotto delle misere c o n d i z i o n i i n c u i versano le classi subalterne, d o v r e m o p u r cercare d i capire c o m e sia possibile, n e l cuore d i u n a regione povera e o r m a i assolutamente marginale, l'esistenza d i u n organismo che dà l'impressione d i essere s o r p r e n d e n t e m e n t e vivo. E intanto occorre precisare meglio questa impressione, distinguere e sfumare. I piagnistei v a n n o respinti, m a ogni trionfalismo sarebbe f u o r i luogo. P o i bisogna cercare di fissare i l q u a d r o e c o n o m i c o d i base, seppure i n via s o m m a r i a e per mezzo di sondaggi i n vista d i studi più p u n t u a l i . C'è u n indicatore che, preso c o n le dovute cautele, finisce sempre per costituire u n a g u i d a i l l u m i n a n t e : è l ' a n d a m e n t o demografico. I dati disponibili dicono che l a popolazione d e l rettorato scende dalle 4200 unità d e l 1627 alle 2700 del 1826; e questo è u n i n d i c e d i d e c r e m e n t o nettamente superiore a quello m e d i o del Montefeltro. M a i l dato forse m e n o compatibile c o n u n a visione rosea d e l l a realtà santagatese è p r o p r i o i l calo demografico del capoluogo, alle stesse date, d a 1093 a 791 a b i t a n d , c o n u n a p u n t a m i n i m a d i 584 abitand n e l 1708 (tab. 4 ) . U n altro indicatore d e l quale ci si è soliti servire c o m e q u a d r o d i r i f e r i m e n t o è costituito d a i dati catastali, che però p e r S a n t ' A g a t a sono m o l t o l a c u n o s i . L ' u n i c o d o c u m e n t o utilizzabile i n p r i m a istanza è u n quinternetto d i esigenza del 1 8 1 1 , dal quale ciò che appare c o n più evidenza è che g r a n d i p a t r i m o n i n e l rettorato n o n ce ne sono: u n a sola proprietà n o n i n d e m a n i a t a s u p e r a i 2000 scudi m e n t r e , per fare u n raffronto abbastanza omogeneo, n e l l a c o m u n e di M a c e r a t a F e l t r i a alla stessa data ce ne sono quattordici sopra i 2000 scudi, e d i essi sei a d d i r i t t u r a sopra i 4000 ' I dati sono confermati d a l catasto gregoriano, dove u n solo p r o p r i e t a r i o laico nelle comunità d e l l ' o r m a i cessato rettorato supera i 2000 scudi di r e n d i t a , e a p p e n a altri quattro i 1000. L ' e s t i m o m e d i o p e r ettaro n o n tocca gli 11 scudi, contro u n 17,7 rilevato nell'ex-podesteria d i P e n n a b i l U (comunità d i P e n n a b i U i e M a c i a n o ) e 17,9 attorno a T a l a m e l l o (comunità d i T a l a m e l l o - M e r c a t i n o , P e r t i c a r a , Uffogliano e Secchiano) L a densità d i popolazione calcolata p e r i l 1827 si attesta su v a l o r i d i 30,4 abitanti p e r c h i l o m e t r o quadrato nell'ex-rettorato, d i

] r,Q

F r a g h e IO Villa di

La per

Il rettorato di Sant'Agoto dopo i Fregoso

G , Allegretti

83

80

13 \acaldola

20

Pahb-y.o

55

\'araldo]a (i8

4187

3455

3278

2775

2816

2792

60

2618

22 67

2767

57

2702

Acsaf, b. 201, 181L di Sant'Agata

37

20

Rivolpaiii

loialo

25

138

escluso

Quintemetto

di esigenza della terza rata diretta e carrico del rettorato

Maiano.

26

A c m f , b. 68, Quintemetto

27

1813 D a t i d e s u n t i ( e d e l a b o r a t i ) d a A s p , Catasto pontificio.

che si rassegna al ricevitore per la scossa dei carichi Matrici provvisorie.

dell'anno


17, 1993

Studi montefeltrani

57,2 nell'ex-podesteria d i P e n n a b i l l i , d i 64,0 n e l c i r c o n d a r i o d i T a lamello sopra individuato I n s o m m a , se quesd i n d i c a t o r i d a n n o u n quadro attendibile, l a realtà d i base è u n a situazione d i povertà generalizzata, o a l m e n o d e n u n c i a u n a situazione e c o n o m i c a compressa a livelli d i estrema m o d e s t i a . A n c o r più esattamente, dato c h e l a m i n o r pressione demografica c o m p e n s a i l più basso valore d e i suoli e delle colture e c h e sulla proprietà d e l l a t e r r a n o n si sono allungate m a n i forestiere, la povertà d i queste l a n d e , e i n genere d e l Montefeltro e delle aree montuose, andrà i n d i v i d u a t a n o n tanto i n m i n o r i disponibilità pro-capite d i prodotti e r e d d i t i p r o v e n i e n t i d a l l ' a g r i c o l t u r a , quanto n e l l e m i n o r i opportunità d i attività extra-agricole o para-agricole a causa d e l l a rarefazione d e l l a popolazione, d e l l a 'p o l v e r i z z a z i o ne a m m i n i s t r a t i v a e delle difficoltà d i collegamento t r a c e n t r i sempre troppo p i c c o l i e p e r lo più inconsistenti. Forse q u a l c h e risorsa aggiuntiva rispetto a l settore p r i m a r i o esiste, m a siamo v e r a m e n t e poco i n f o r m a t i : l a m i n i e r a d i zolfo d i M a i a n o a d esempio, sulla quale p u r e sono stati c o m p i u t i b u o n i studi, resta poco conosciuta d a l p u n t o d i vista d e l l a consistenza e c o n o m i c a e m e n o a n c o r a degli effetti sociali prodotti A n c h e u n dazio sulla esportazione d i p a n n o , c a n a p a e formaggio, imposto n e l l a seconda metà d e l Settecento col suo misero gettito s e m b r a più spietata raschiatura d e l barile c h e indizio d i attività m a n i f a t t u r i e r e e d i eccedenze agricole v e n d i b i l i d i q u a l c h e rilievo. Si tratta a l l o r a d i i n d i v i d u a r e i l m e c c a n i s m o che spieghi l'apparente contraddizione f r a u n capoluogo b e n servito e organizzato e i l relativo

28

I dati d i popolazione

d e l 1827 i n Tabella

santità di nostro sign,ore papa Leone XII sulla 29

D e l resto i l basso r a p p o r t o

di riparto

a n n e s s a a l Moto proprio

amministrazione

pubblica,

Il rettorato di Sant'Agata dopo i Fregoso

G , Allegretti

territorio, vasto m a povero e coinvolto a tutto campo n e l l a plurisecolare depressione seguita alla grande crisi d i fine C i n q u e c e n t o . L a c o n c e n t r a z i o n e delle risorse T a l e m e c c a n i s m o s e m b r a d a i n d i v i d u a r s i appunto n e l rettorato, o m e g l i o i n ciò c h e resta a n c o r a , i n età m o d e r n a , d e l rettorato: l ' a m m i nistrazione c o m u n e delle materie d i c o m u n e interesse e l a concentrazione d i risorse n e l capoluogo d a tutto i l territorio. A d esempio, i l m e d i c o c u r a tutto i l rettorato e d è pagato d a tutto il rettorato; q u i n d i n o m i n a , r i f e r m a , revoca, a u m e n t i d i stipendio e q u a n t ' a l t r o lo c o n c e r n a è d i c o m p e t e n z a del consiglio generale; d i fatto però risiede n e l capoluogo, c u r a c o n maggior prontezza i malati d e l capoluogo, spende i 110 scudi d e l l a s u a provvisione n e l capoluogo. Così dicasi d e l l a maggior parte degli altri salariati, così delle spese c o m u n i . Q u a n d o si v a p o i all'esame d e i proventi daziari, si n o t a c h e i più redditizi (osterie, m a c e l l i , fiere) v a n n o alla cassa d e l l a v i c i n a n z a e n o n a quella del comune E b b e n e , questa c o n c e n t r a z i o n e d i risorse n o n si verifica i n nessun altro centro d e l Montefeltro, né altrove p e r quanto sappiamo ( a parte i casi già notati d i fusioni c o m u n i t a t i v e ) . I l medico d i P e n n a b i l l i è pagato solo d a P e n n a b i l l i , n o n d a M a c i a n o . I n o l t r e , l ' e s a m e degU

32

L a s u p e r f i c i e a g r a r i a accatastata n e l G r e g o r i a n o è d i 8 8 9 4 e t t a r i ( k m q 8 8 , 9 4 ) :

33

A s p , Leg, Registri

e l a b o r a z i o n i d a A s p , Catasto pontificio. di tabelle,

Matrici provvisorie.

d a l 1655 al 1795.

della

R o m a 1827.

medio estimo/ettaro può dipendere d a u n a maggiore

e s t e n s i o n e d i b o s c o e i n c o l t o . L e r e s e d e l f r u m e n t o , c a l c o l a b i l i p e r i l 1 7 3 4 i n 3,6:1 ( A s p , Leg., Annona

e assegne,

b. 2 2 ) , riferibili evidentemente

a l l e sole

terre

s e m i n a t i v e , n o n si d i s c o s t a n o s o s t a n z i a l m e n t e d a q u e l l e m e d i e d e l l e a l t r e a r e e i n t e r n e della legazione legazione d'Urbino

( c f r . R . P a c i , Rese, commercio

né secoli XVII

e XVIII,

ed esportazione dei cereali

nella

i n " Q u a d e r n i s t o r i c i " , 2 8 , 1 9 7 5 , p p . 144-

145). 30

M . B a t t i s t e l l i , Le miniere di zolfo del Santagatese, i n " S t u d i m o n t e f e l t r a n i " , 3 , 1 9 7 5 , p p . 35-64; M . F l e n g h i , Le miniere di zolfo in località Maiano di Sant'Agata, i n Da Solona a Sant'Agata cit., p p . 99-106; i m p o r t a n t i d o c u m e n t i r e l a t i v i a l l a attività estrattiva n e i s e c o l i X V I - X V I I i n M . B a t d s t e l l i , Le antiche miniere di zolfo di Maiano di Sant'Agata, di prossima pubblicazione.

31

L a Revisione per bollo estinto della vicinanza di SantAgata d e l 1774 r e g i s t r a u n ' e n t r a t a d i s c u d i r o m a n i 3.88 a l l a voce " g a b e l l a d e l p a n n o , c a n e p a e f o r m a g g i o " : A s p , Leg., Scritture di tabelle, b . 1 4 6 .

Il palazzo del comune nel 1747 (Asp. Leg, Ldc, Mf, b. 122).


studi monlefellroni

17, 1 9 9 3

a n t i c h i allibrati sui q u a h vengono ripartiti i c a r i c h i f r a le singole comunità c o m p a r a t i c o n i successivi estimi, dimostra che i pesi n o n sono distribuiti eq u a mente, e che i castelli pagano i n p r o p o r z i o n e molto più della te rra A questo p u n t o si c o m p r e n d e c o m e u n territorio vasto e popoloso ( i n assoluto) c o m e quello d e l rettorato possa, p u r essendo tutt'altro che ricco, sopportare i costi di u n a organizzazione costosa che è però unificata e si c o n c e n t r a tutta n e l capoluogo, e c o m e i l capoluogo se ne avvantaggi. C i si aspetterebbe che u n a situazione del genere d i a luogo a forti tensioni, a resistenze e m a l c o n t e n t i , a u n a qualche f o r m a m a g a r i larvata d i conflittualità. A l l o stato attuale delle i n d a g i n i , però, nessuno d i tali f e n o m e n i è riscontrato, le p o p o l a z i o n i d e i castelli s e m b r a n o n o n aver n u l l a d a eccepire a l travaso d i risorse a c u i sono chiamate. E ' u n a i n i q u a a r m o n i a che dobbiamo registrare senza poter p r o p o r r e spiegazioni persuasive e fondate. L ' a r m o n i a si r o m p e invece là dove m e n o ce lo aspetteremmo, a l l ' i n t e r n o d e l l a comunità p r i n c i p a l e , n e l rapporto f r a i l ceto dirigente rappresentato i n consiglio e gli artigiani e c o n t a d i n i n o n rappresentati: la r o t t u r a è evidente i n occasione d i u n a assemblea dei capi di casa d e l l a p a r r o c c h i a d i S a n t ' A g a t a convocata p e r approvare i l piano d i r i e n t r o del debito contratto per l a ricostruzione d e l l a collegiata. E ' i l 12 settembre 1779. So no presenti d o d i c i sacerdoti secolari, quattordici consiglieri e altri sei signori che n o n f a n n o parte del consiglio, più quarantanove p o p o l a n i . S i tratta d i i m p o r r e gravezze straordinarie p e r ammortizzare i l debito residuo d i 2050 scudi più gli interessi. R i t e n i a m o c h e sia stata l'autorità legatizia a n o n consentire che siano chiamate a c o n c o r r e r e le comunità annesse: sta d i fatto che, c o m e è giusto, tutta l a spesa tocca a l l a comunità d i Sant'Agata. L e i m p o s i z i o n i proposte gravano sopra i l testatico, sopra negozi, botteghe, arti, m o l i n i e f o r n i , sopra i l bestiame, l a carne, i l vino, le vendite d i bestiame i n fiera: viene escluso i l terratico: che è a p p u n t o quanto vogliono conseguire " i più savi del ceto ecclesiastico e secolare", cioè i possidenti. " A l l ' i n c o n t r o l a gente rozza, idiota e rustica d i campagna, e segnatamente q u e l l i che n i e n t e o quasi n i e n t e possiedono, dopo d i avere col loro parlare fuor d i proposito causato confusione e dato segno d i controgenio all'im-

Il rettorato di Sont'Agata dopo i Fregoso

G . Allegretti

posizione, c o n avere a l c u n i dei c o n t a d i n i a n c h e asserito che volevano si demoUsse l a c h i e s a per p r e n d e r n e ciascuno l a s u a parte se avevano a pagare, i n t e n t i solo a sgravar se stessi e ad indossarne i l peso a possidenti t e r r i e r i , u n a parte d i essi si ritirò d a l l ' a d u n a n z a " . D e i quarantanove popolani, q u i n d i c i a b b a n d o n a n o l a sala, otto votano contro ( u n sarto, u n m u r a t o r e , due fabbri, u n colono, tre c o n t a d i n i cioè p i c c o l i p r o p r i e t a r i d i c a m p a g n a ) : gli altri si accodano e l a risoluzione passa distruggendo forse p e r sempre (perché si tratta d i u n a t o r c h i a t u r a forte dei ceti poveri) l a pace sociale. T u t t o d e ' preti, abbasso i preti E infatti, n e l l ' O t t o c e n t o , S a n t ' A g a t a è u n paese tutt'altro che t r a n q u i l l o e remissivo. E ' a n z i u n o dei p r i m i c e n t r i investiti d a l l a sollevazione d e l l a m o n t a g n a n e l 1813 ; e santagatese è G i o v a n n i L u c a B u f f o n i , capo d i q u e l l a specie d i r e p u b b h c a dei briganti che n e i p r i m i mesi del 1814 c o n t r o l l a i l Montefeltro e i l Sarsinate. P o i vi germogliano e si sviluppano f e r m e n t i r e p u b b U c a n i sempre più decisi e radicati. L ' a n o n i m o autore de Lo schiaffo, che crede solo i n M a z z i n i e che u n a s p l e n d i d a serata al teatro M a r i a n i c o n " i m i g l i o r i artisti d ' I t a l i a " sente avvelenata d a i personaggi d i p i n t i n e l soffitto " n o n garbandogli le feudatarie loro storiche gesta" , r a p p r e s e n t a bene quésta S a n t ' A g a t a ottocentesca insofferente d i preti e d i c a r a b i n i e r i . T e n s i o n i e conflitti che m a t u r a n o a l l ' i n t e r n o del paese, ne m i s u -

35

Acsaf, b. 2 3 3 , Consigli per la costruenda

36

"Notazione. I l giorno 3 n o v e m b r e 1813 i n c o m i n c i a r o n o sollevarsi varie bande di

chiesa della collegiata

dal 1773

di.1801.

mali intenzionati, quali girando nel Monte Feltro ora i n u n comune ed ora i n u n altro, f a c e n d o s i s u p e r i o r i a d o g n i r a g i o n e c h e l i potesse essere o p p o s t a , p r e t e n d e v a n o d i avere i n m a n i l ' e r a r i o p u b b l i c o n o n solo m a d ' i n t e n t a r e a n c o r a c o n t r o le proprietà e l a v i t a d i c h i p r e s i e d e v a e d i a l t r e p e r s o n e c h e a l o r o i m m a g i n a z i o n e potesse [ r o ] sospettarsi d i avere d e n a r o . Q u i n d i n e v e n n e c h e n e l sudetto g i o r n o p e r l a p r i m a v o l t a si p o r t a r o n o a n c o r a i n q u e s t a t e r r a , e m i n a c c i a n d o o r l ' u n o o r l ' a l t r o d i q u e l l i c h e p r e s i e d e v a n o a n c o r a a l l a p u b b l i c a a m m i n i s t r a z i o n e v o l l e r o lo sborso effettivo c o n t a n t e e d i g e n n e r i . Ciò seguitò s i n o a l g i o r n o 3 a p r i l e 1 8 1 4 . E d i n tutto q u e s t o lasso d i t e m p o p e r n o n v e d e r e i l m a s a c r o c h e m i n a c i a v a s i i l c o m u n e dovette i n c o n t r a r e le s e g u e n t i spese": segue u n a n o t a d i 1 6 9 3 s c u d i p e r generi, vino, scarpe e d e n a r i "soministrad ai disertori ed altri malintenzionati c h e

34

S a r t i a n e e T o r r i c e l l a , c o n d u e d e c i m i d e l l ' e s t i m o totale ( d a t i d e l catasto P i a n o ) , " n e r i p a r t i e spese d e v o n o c o r r i s p o n d e r e d u e d e l l e nove p a r t i " ; M a i a n o , c o n l a metà d e l l ' e s t i m o d i S a n t ' A g a t a , h a lo stesso a l l i b r a t o , cioè p a r i base i m p o n i b i l e ; p e r c o n t r o R i v o l p a r a , c o n Vl% c i r c a d i e s t i m o , è a l l i b r a t o p e r 0 , 5 % : Acsaf, bb. 218 e 228.

si p r e s e n t a r o n o e v o l l e r o a r m a t a m a n o " : A c s a f , b. 2 3 9 , f. 2 2 . I m p o r t a n t e silloge di d o c u m e n d sugli avvenimenti del periodo napoleonica, 37

Lo schiaffo ovvero Martino 1873.

nella zona in V. Tonelli,

I m o l a 1980; si v e d a a n c h e i l n o s t r o Piandimeleto Manzi

di Perticara.

Racconto

Sarsina

cit., p p . 117-122.

storico di un popolano.

Rimini


17, 1 9 9 3

Studi montefeltrani

r a n o l a crescita d e m o c r a t i c a e civile, i n u n a situazione d o m i n a t a d a u n a parte d a l l ' o n n i p r e s e n z a del clero ( a fine Settecento i n paese c i sono n o n m e n o di novanta ecclesiastici, e le sole proprietà i n d e m a n i a t e degli enti religiosi sfiorano gli 11000 scudi) d a l l ' a l t r a dagli sviluppi dell'attività m i n e r a r i a : m a n o n coinvolgono le campagne. U n a ulteriore r i p r o v a d e l l a sostanziale pace delle campagne si h a nelle vicende del 1 8 3 1 , q u a n d o esplode i n tutto i l Montefeltro u n a controrivoluzione generalizzata che trova persuasiva interpretazione p r o p r i o c o m e rivolta delle f r a z i o n i contro i capoluoghi e le borghesie paesane che vi dominano E b b e n e , a n c h e i n quell'occasione, m e n t r e le valU d e l M a r e c c h i a e d e l F o g l i a echeggiano d i scampanìi d ' a l l a r m e e d i spari i n t i m i d a t o r i contro i portatori d i novità l i b e r a l i , e i preti c o n i l vescovo i n testa i n c i t a n o alla g u e r r a d i religione, le campagne d i Sant'Agata sembrano r i m a n e r e tranquille.

38

A l l e g r e t t i , Piandimeleto

cit., p p . 1 2 2 , 145.


Marco Battistelli

Coltivazione del riso e febbri malariche nella media valle del Marecchia fra Seicento e Ottocento


Studi montefeltrani

17, 1993

"Nel passato la coltura del riso in Italia fu osteggiata dagli igienisti, che la incolpavano di apportare o aggravare la malaria locale. Questa credenza provocò una serie di difficoltà al diffondersi della coltura stessa per la quale furono emanate leggi che ne regolavano, come ne regolano tuttora, la distanza dai centri abitati. Oggi, però, è stato provato che non v'è correlazione fra malaria e risaia". Così VEnciclopedia Treccani nell'edizione 1949 alla voce riso. Conveniamo che le febbri malariche esistevano endemiche dove c'erano acque stagnanti, ma dissentiamo sull'assenza di correlazione fra malaria e risaie p e r c h é lo sconvolgimento di questi siti da parte dell'uomo faceva sì che l'azione della zanzara anofele, veicolo del male, s'intensificasse e il suo ambito si allargasse. Tramite l'uomo stesso, poi, il male si diffondeva negli abitati circostanti: le zanzare, infatti si infettano dall'uomo malato e trasmettono il plasmodio della malaria al sano. E ' soltanto verso la fine del secolo X I X che il ciclo del temibile protozoo parassita viene scoperto, e con esso la cura (il chinino) per contrastarne e vincerne i funesti effetti sull'uomo. I n precedenza si era sempre pensato che la trasmissione della insidiosa malattia avvenisse attraverso l'aria o l'acqua, e gli interventi sanitari che apportavano un seppur lieve benefico effetto si esaurivano, nel migliore dei casi, a partire dal secolo X V I I , nella somministrazione all'ammalato di un decotto di corteccia di china che del prezioso alcaloide, estratto dalla stessa corteccia, conteneva solo lievissime tracce. L a coltura del riso compare per la prima volta nei fondovalle solcati dai fiumi del medio Adriatico alla fine del Cinquecento e con essa nasce subito i l sospetto che la concomitante insorgenza di febbri malariche ed epidemiche fosse in qualche modo ad essa collegata ^ Così è anche per la media valle del Marecchia, precisamente per il territorio di Pietracuta, dove la coltivazione del riso, di cui si ha notizia dai primi anni del Seicento, viene ben presto funestata dall'insorgenza di una "influenza perniciosa" che si diffonde fra gli abitanti del luogo. Qui i timori e le rimostranze di questi obbligarono la c o m u n i t à ad intervenire ordinando la dismissione della coltura, ma la caparbietà dei coltivatori di riso fece sì che nei primi quarant'anni del secolo più volte la si reintroducesse. " I divieti hanno inceppato notevolmente questa coltura, e l'avrebbero fatta scomparire se l'alta produttività del riso e l'impossibilità di sfruttare terreni, in altro modo poco redditizi, non le avessero consentito di prosperare". Così ancora la Treccani, che nella sua necessaria

M. Battistelli

generalizzazione non ha potuto tener conto di quelle piccole aree a rìso a margine delle rive dei fiumi, dove invece le proibizioni hanno, alla fine, eliminato tale pratica. I primi divieti che interessano la nostra zona non sono precisamente collocabili nel tempo facendo riferimento il vicario di Pietracuta, che ne dà conto nel 1643 ^, "al tempo della felice memoria del già signor duca [d'Urbino] ". Epoca in cui la comunità di Pietracuta decide più volte in consiglio di proibire la coltivazione del riso p e r c h é quando "si facevano le risare per il territorio di Pietra Acuta, per l'aria cattiva che generavano quelli paludi, si caggionarono malattie gravi, et ancora mortalità nelle persone et abitatori di quel tempo, che quasi generano una mezza peste, per esser rinchiusa detta corte tra monti e fiume Marecchia, et da quel tempo in qua furono tralasciati per l'influenza di malatie e danno comune, che le genti et abitatori di quel tempo non potevano lavorare, n é coltivare le loro terre, causati da dette risare" ^. Altri divieti, scaturiti da tentativi di reintrodurre la famigerata coltura, questa volta precisamente datati -risalgono al 1635 (7 agosto), al 1638 (21 aprile) e al 1643 (10 maggio) sono motivati dalle stesse argomentazioni, che vale la pena rivisitare nella versione originale. " I l consiglio [nella seduta del 10 maggio 1643], avuto riguardo al danno e pregiudizio già esperimentato ne corpi umani di detti abitatori di quel tempo mentre si facevano dette risare, essendosi quelli indoliti e che non potevano cultivare le terre, d e t e r m i n ò e resolse che le dette risare non si facessero n é potessero fare stante li cattivi effetti cagionati da quelle. E saranno da 17 o 18 anni che furono dismesse, e da quel tempo in qua sino al presente gl'abitatori e persone di detto luogo non hanno mai più sentito, n é meno recevuto danno n é pregiudizio alcuno nelle persone, deponendo di più messer Fihppo Buscarini aver sentito un tal medico che stava all'ora a San Marino, e che si facevano dette risare, mentre venne più volte in detto luogo a medicare e cavar sangue alle persone di quel tempo ch'erano amallate, che disse e si dichiarò che, mentre non si fossero lassate andare dette risare, tutti gl'abitatori di detto luogo sarebbero andati a male, cagionando le medeme risare aria cattiva et malatie nelli corpi umani, e massime per essere detto teritorio rinchiuso tra monti e fiume Marecchia, che da se medesimo cagiona cattive influenze, e per tal causa furono tralasciate. Soggiungendo anco il medemo Buscarini aver sentito dire ad un Gio. Battista Bindi, uomo d'anni 70 e più, che un'altra volta a suo tempo per l'influenze sudette 2

1

L . Rossi, Colture e coltivatori nelle bonifiche piceno-aprutine dei secoli XVIII "Proposte e ricerche", 27,1991, pp. 63-64.

e XIX, in

Coltivazione del riso e febbri molariche

3 4

Archivio di Stato di Pesaro (Asp), Legazione Apostolica, Lettele delle Comunità, Montefeltro {Lem), b. 24, Pietracuta 21 maggio 1643. Ibidem. Asp, Lem, b. 152, San Leo 18 agosto 1773.


Studi montefeltroni

17, 1993

M- Battistelli

Coltivazione del riso e febbri maloriche

episodio, non fu praticata. I l divieto del 1760 è chiaro e perentorio stando a cuore alla c o m u n i t à ed al legato pontificio la salute e la tranquillità del popolo. "Ciò non ostante da alcuni poco curanti di tale b e n c h é penale proibizione e del ben publico -scrive il parroco di Pietracuta al vicario nel 1767-, e solamente amanti del proprio interesse, nelli due prossimi passati anni si sono rinnovate le medeme risare, e con tutto che siasi provata in questa parochia nelli stessi due anni una notabile influenza di malatia con mortalità più del solito, massime nella povera gente, pure presentemente si fa un gran preparativo per sementare nel consueto tempo del venturo aprile una assai maggiore quantità di risi sì in questo territorio, come in altri luoghi al medemo adiacend dello stesso vicariato" ^.

cagionate da dette risare furono proibite il farsi quelle, e messer Gio. Battista sudetto testifica che quattr'anni sono, essendo egli agente dell'illustrissimo signor conte Francesco Maria Carpegna, et avendo egli ne beni di detto illustrissimo fatte fare dette risare senza sua saputa, sentendo il medemo illustrissimo che era di poco gusto alla comunità e persone, intesa anco la già influenza cagionata da quelle, gl'ordinò che le facesse guastare, sì come in effetto fece" ^. I l consigUo sottolinea anche come non sia di alcun utile ai poveri del luogo fare le risaie "essendo le terre comode a far quelle" di persone ricche, specie del conte di Carpegna, e ribatte all'opposizione di un dottore, che ha proprietà a Pietracuta e incita a reintrodurre la coltura del riso, che egli è a ciò mosso perché, abitando quasi di continuo a Rimini, non sentirebbe i cattivi effetti cagionati dalla stessa. Nel 1689 i frati di San Domenico di Pietracuta chiedono licenza di poter seminare riso nei pressi della villa di Torello, a breve distanza dal castello di Pietracuta. L e risaie non apporterebbero alcun danno alla salute degli abitanti del castello e suo territorio per esserci fra questi e quelle distanza bastevole ad evitare qualsiasi contaminazione, ma non altrettanto accadrebbe per gli abitanti di Torello per essere le risaie da farsi vicine alle loro case "e sentiti detti abitanti dicano essere danosa non solo alla salute, ma anche danegiaranno le loro fonti, et guastaranno l'aqua, in grave loro pregiudizio e de loro bestiami per essere luoghi sorgivi e penetranti" ^. I n detta occasione vengono sentiti i sindaci e gli altri rappresentanti pubblici dei comuni del vicariato e si scopre che, nonostante la proibizione, il riso è stato sempre seminato, sebbene in poca quantità, poiché non si era a conoscenza -così viene riferito a discolpa- che esistesse un divieto. Altro di questa vicenda non si conosce, ma si p u ò presumere una ricusazione del permesso ai domenicani e la cessazione delle piccole piantagioni abusive. I l 16 giugno 1760 il presidente della legazione di Urbino e Pesaro, ricevuta cognizione di una nuova risoluzione presa dalla comunità di Pietracuta contro la semnia del riso, ordina che si pubbUchi l'editto di proibizione dell'impianto delle risaie "costì di nuovo introdottosi". Conformemente a quanto deciso dalla comunità si consente che per l'anno in corso le piante di riso già in essere possano mantenersi fino al tempo del raccolto, "ma in appresso sieno onninamente proibite come lo furono [per decreto] U 27 maggio 1643" ^. Proibizione che non era stata più rinnovata prima del 1760, a testimonianza che per un lungo periodo di anni la coltivazione del riso, salvo qualche trascurabile

Si sta vivendo un anno di terribile carestia e i timori del parroco di Pietracuta che la malaria possa causare più vittime che negli anni passati non è infondata p e r c h é in un corpo debilitato per carenze nutrizionali il male ha più possibilità di produrre guasti irreparabili. I l vicario scrive immantinente al cardinale legato sull'opportunità di promulgare un nuovo divieto sulla coltivazione del riso. A pochi giorni dall'invio della missiva, però, al cardinale scrive anche il commissario di Montefeltro, fautore di un'opposta risoluzione, e la vicenda diviene presto controversia. Quest'ultimo ricorda dapprincipio la rinnovata proibizione del 1760 che, contrariamente a quella del 1643, aveva preso motivo dal pregiudizio che le risaie, rinnovate otto-dieci anni prima, arrecavano con le loro acque alle vigne e ad altre colture. Quindi specifica che "in quest'anno poi tanto calamitoso, volendo alcuni di. Pietracuta e degli altri luoghi annessi supplire alle proprie indigenze col fare le risare in siti lontani dalle vigne e terreni coltivati, furono, dopo fatti gl'opportuni lavori, proibite con editto da quel vicario, sul supposto che ne derivino pessime conseguenze, quando che non essendovi in oggi quelle paludi che v'erano nel 1643, come ocularmente ho veduto nel giro da me fatto ne tre fiumi Marecchia, Mazzocco, e di San Marino, che racchiudono detto vicariato, e seminandosi presentemente ne arenacei de suddetti fiumi con acqua che sempre corre e che mai resta stagnante, non si sa comprendere come possa produrre infezione d'aria, principalmente in questi monti, che è perfettissima, anzi la stessa legazione di Romagna, dopo consultati i più accreditati medici, permise le risare a Verucchio, Scorticata, e Monte Bello, luoghi tutti confinanti con Pietracuta ed annessi, quali seminano similmente i risi nel fiume Marecchia con acqua corrente, ed in maggior quantità di quello si faccia in tutto il suddetto vicariato, ove presentemente non

5 6 7

8

Cfr. nota 2. Asp. Lem, b. 63, Pietracuta 16 maggio 1689. Ivi, b. 147, allegato a Pietracuta 21 marzo 1767.

Ibidem.


Studi montefellrani

17, 1993

sorpassa quella di due sacchi di riso vestito, riparata ne sopradetd tre fiumi, in distanza ancora considerevole dall'abitato, e quantunque si tratti di sì poca quantità, nulla di meno apporta un fruttato assai sovrabbondante, che ne produce non poco udle a particolari che lo coltivano, ma altresì alla provincia, la quale sarebbe obligata di provedere altrove con suo dispendio un così necessario genere, che pertanto sarei di sentimento che l'eminenza vostra si degnasse permettere in detto vicariato la surriferita semente, molto più nel corrente penurioso anno, ed anche p e r c h é non abbino a rimanere inutili i lavori di già fatti con dispendio de possessori delle risare, giacché in altri luoghi di questa provincia si sementa nelli stessi arenacei del fiume Marecchia, senza che mai sia stato riclamato da alcuno de vicini abitanti per simile pretesa infezione" ^. Altre fonti informano che i l riso non si semina nel solo territorio di Pietracuta, ma anche nei luoghi annessi ad esso comune (principale) e in altri della provincia. Si ha infatti notizia di risaie nel territorio di Secchiano dal 1751 al 1754^^ e di Montefotogno pressocché negU stessi anni Da molti anni si semina nel "feudo" di Poggio Berni (venduto dai Lorena a Clemente X I I I nel 1763) nel cui territorio molti possidend del luogo ed altri di Rimini, nel 1768, si avvalgono di un "rescritto libero senza limitazione della quantità" Presumibilmente si semina anche a Pennabilli dove, nel 1766, in località Pantiera, il conte Nicola Martinelli ha chiesto il permesso per due sacchi di riso. Qui il podestà, sentiti i pubblici rappresentanti della città ed il molinaro, ha espresso parere favorevole stante che "il seminato de risi che voi farsi dal sopracennato conte Mardnelli non puoi arecare pregiudizio alcuno all'aria, p e r c h é in luogo apperto e distante dall'abitato quasi un miglio e mezzo, e n é tampoco ritardare il corso del mulino suddetto, già che le acque del fiume Marecchia in ogni tempo abbondano, ed anche nella stagione più calda si semassero, pure capaci sono inaffìar risare e nel tempo stesso far macinare più molini" D i altri luoghi della provincia feretrana con terreni a riso, a parte un accenno del 1774 alla villa di Piega, nel territorio di San Leo altro non si sa. Le gravi "influenze" che si manifestano in alcuni comuni del vicariato di Pieu-acuta nel triennio 1766-68 -a Secchiano, nel 1768, dove 9 10 11 12 13 14 15

Asp, Lem, b. 147, San Leo 7 maggio 1767. Ivi, b. 156, allegati a Pietracuta 12 settembre 1778. Ivi, b. 156, Pietracuta 7 maggio 1777. P A . Fontana (a cura), Poggio Berni, note per una storia, Rimini 1990, p.l28. Asp, Lem, b. 148, Poggio Berni 29 agosto 1768. Ivi, b. 146, Rimini per Pennabilli 24 agosto 1766. Ivi, b. 153, allegato a San Leo 22 maggio 1774.

Coltivaiione del riso e febbri malariche

la semina del riso fu "strabocchevole e inusitata", il morbo, "oltre l'aver mandati moltissimi a morte, infettò altresì quasi tutti i paesani" consigliano il legato apostolico a emanare un editto sulla regolamentazione della semina del riso. L a disposizione legatizia porta la data del 22 aprile 1769 e indica il "modo" di seminare i siti ammessi, che sono gU arenacei, i letti abbandonati dai fiumi, le terre incolte e non atte ad essere seminate con altri generi; il regime delle acque, che devono essere sempre correnti e non limacciose la distanza dall'abitato, fissata con un generico "lungi", non inferiore in ogni caso a un quarto di miglio la quantità seminabile, che è di una bemarda (libbre 40) per ciascun richiedente; la proibizione di arrecare danno ai molini nei prelievi di acque dal fiume Marecchia o dai torrenti Nonostante le severe pene pecuniarie e corporali per i trasgressori -ma c'è la possibilità di ottenere un rescritto di grazia- non pochi sono coloro che seminano senza licenza o non rispettano appieno le disposizioni dell'editto A riprova di quesd illeciti c'è chi tesdmonia che in più luoghi le "febbri contagiose"^ ancora perdurano e colpiscono la quasi totalità delle famiglie Ribadite nel 1773 e 74, con risoluzioni del consigUo di Pietracuta, le disposizioni dell'editto del 1769 avverso coloro che condnuano a ignorarle si giunge, non senza numerose liti, mortì accertate per malaria (43 nel biennio 1781-82) e ricorsi all'autorità centrale, alla lettera legatizia del 15 gennaio 1788 al vicario di Pietracuta, con la quale gU si dà ordine che "invigili acciocché da veruno si seminino i risi per questa giurisdizione" che suona come una proibizione assoluta a impiantare risaie. A Pietracuta c'è tuttavia chi non rispetta l'ordine anche p e r c h é nel territorio finitimo di San Leo si condnua a seminare con regolare permesso Ciò motiva la lettera del 4 agosto 1789 del commissario feretrano al vicario di Pietracuta che sottolinea, fra l'altro, come si destini alla coltivazione del riso il terreno buono, talvolta l'ottimo, che si sottrae alla semina di generi considerad più utili, anzi di prima necessità, "ed oltre al torsi

16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26

Ivi, b. 149, allegato a Rimini per San Leo IO luglio 1769. Cfr. nota 15. Asp, Lem, b. 149, Rimini per San Leo 10 luglio 1769. Ivi, b. 150, San Leo 19 luglio 1770. Ivi, b. 155, Pietracuta 8 aprile 1776; b. 156, Pietracuta 16 maggio e 13 giugno 1778. Ivi, b. 155, allegato a Pietracuta 8 aprile 1776. Ivi, b. 155, allegato a Pietracuta 13 luglio 1776. Ivi, b. 169, Pietracuta 12 gennaio 1788. Ivi, b. 169, allegato a San Leo 14 aprile 1791. Ivi, b. 166, Pietracuta 16 agosto 1789. Ivi, b. 169, allegato a San L e o 14 aprile 1791.


Sludi (11 onte feltra ni

17, 1993

questi, tolgonsi agli altri i necessari alimenti di concime, che si profonde nelle risare, imputridisce ne' paduli, ammorba l'aria, infetta gli abitanti, e si perde senza alcun p r ò tutto per le acque" Ben presto i renitenti di Pietracuta si arrendono e il vicario del luogo p u ò comunicare al legato apostolico che "in questa giurisdizione non si semina da alcuno un tale genere" E ' il 1793 e a Pietracuta, da quest'anno, di risaie non si parlerà più. Qui, peraltro, c'è già chi sta organizzandosi per acquistare risone in Romagna, "pilarlo e di poi venderlo a persone che lo ricercano di questo stato, giacché sono moki queUi che bramano di comprarlo per uso di loro case e botteghe" I l riso romagnolo proviene verosimilmente anche da Talamello, un castello dove nel 1795 i "sid arenosi del fiume Marecchia, che gh scorre a piede verso levante, rendono un abbondante prodotto di riso bastante non solo per la popolazione, ma anche per vendere agli stranieri, che vi concorrono in occasione dei mercati" Si ignora che cosa capitò alla nostra coltura nel periodo napoleonico. Nel 1812 è certo che il riso non è coltivato n é a Pietracuta n é a Talamello, n é in tutto il dipartimento del Rubicone Sicuramente in qualche sito del territorio della delegazione di Urbino e Pesaro lo si reintroduce nei primi anni della restaurazione pontificia se, nel 1817, il delegato apostolico ne proibisce dovunque "per ragioni d'igiene" l'ulteriore semina" Nel 1824 le risposte ai quesiti posti dal governo sui prodotd del suolo escludono che a San Leo (comprendente Secchiano e Pietracuta), a PennabiUi e a Talamello si coltivi riso U n lungo vuoto di notizie ci accompagna per quasi cinquant'anni. Poi il 1871, quando in una seduta del consiglio comunale di Talamello il riso è chiamato in causa per discutere sul regolamento prefettizio riguardante la sua coltivazione, ancora ritenuta contaminatrice dell'aria. Nel testo dell'atto consiliare si legge: "Secchiano è in posizione non tanto felice per l'aria che viene a peggiorarsi in forza delle risaie che in buon numero rinvengonsi in quel luogo o siano o no nella prescritta distanza. Si porta il parere dei medici [...] i quali hanno sempre dichiarato che le influenze e pertinacia delle malattie in 27 28 29 30 31 32 33

Ivi, b. 169. Ivi, b. 172, Pietracuta 18 novembre 1793. Ivi, b. 172, Pietracuta 9 novembre 1793. M.A. Bertini, A . Polito, La viahilUà in Val Marecchia ai tempi di Napoleone, Rimini 1984, pp. 102-103. Almanacco del Dipartimento del Rubicone per l'anno bisestile 1812, Forlì. Asp, Delegazione apostolica. Bandi, editti e notificazioni, (1814-1860), voi. I V , 1817, b. 30. Ivi, Arti, professioni e commercio, 1824, b. 9.

M. Batti ilei li

Collivoiione del riso e febbri molariclie

Secchiano sono per lo più causate dall'aria impura cagionata dalle risaie, che quantunque poste sul fiume non possono avere nella stagione estiva condnuo deflusso delle acque che mancano ordinariamente ai molini a grano, per cui egli sarebbe di subordinato parere che fosse interdetto assolutamente in quel luogo la sudetta coltivazione. All'opinamento dell'AngeUni Nicola [consigliere di Secchiano] si associano gli altri consiglieri, e quello che dicesi di Secchiano intendano anche per gli altri punti di coltivazione del comune, molto più che la distanza di 200 metri si riconosce non sufficiente, ritrovandosi Campiano, villaggio del comune, nelle medeme distanze di Secchiano. L a deliberazione è approvata" Nel 1875 dalla statistica dei prodotti del suolo di Talamello emerge un raccolto di 6 ettolitri di riso per un'area complessiva di due ettari. Poi, dal 1876 al 1879, il raccolto risulta nullo e, in seguito, la voce "riso" addirittura manca nei prospetd statisdci Per questo non riusciamo a capire come nella statistica provinciale dello Scelsi del 1881 Talamello risulti produttore di riso con una superficie desdnata a tale coltura di oltre 25 ettari, e il dubbio vale anche per gli oltre 8 ettari di Maiolo 34 35 36

Archivio comunale di Talamello, falcione 4, tit. I I , 1863-1883. hi, fald. 9, tit. V I , 1875-1885. G . Scelsi, Statistica della provincia di Pesaro e Urbino, Pesaro 1881, tav. X X I I .


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.