COLLANA
DI
STUDI
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TESTI
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STUDI MONTEFELTRANI
Editrice Società di Studi Storici per il Montefeltro S. Leo 1986
P I E R L U I G I SACCHINI
tra feretrano e sarsinate: la pieve di 5. Stefano in montegelli (sogliano al rubicone)
Tutti i diritti riservati Stibu Urbania
' F r a le pergamene ravennati anteriori a l I ' X I secolo (1) riguardanti l'antico Montefeltro il territorio maggiormente ricordato è quello della pieve di S. Stefano detta in Muralo. L a prima di queste pergamene che ricordi la plebs s(an)c(t)i Stephani q(ue) v(o)c(atur) ad Murulo è del 16 luglio 927; a questa seguiranno ben sette altre pergamene tutte databih fra l'anno surricordato e Fanno Mille. Tutto questo materiale ci permette l'individuazione di una ventina fra toponimi ed idronimi (2) posti attorno alla pieve di S. Stefano già prima del Mille. Tutti questi fondi e la stessa pieve vanno individuati in un vasto territorio posto ai confini fra il Montefeltro e il territorio di Sarsina nelle attuah parrocchie di MontegeUi e Pietra dell'Uso (Soghano al Rubicone) in territorio feretrano (3) e quelle di Rontagnano (Soghano al Rubicone), Piaja e Paderno (Mercato Saraceno) in territorio di Sarsina (4).
( 1 ) C . C u R R A D I - M . M A Z Z O T T I , Carte del Montefeltro nell'alto Medioevo (723?-999), «Studi Montefeltrani», 8 ( 1 9 8 1 ) , pp. 7-96, ( 2 ) I toponimi ricordati nelle pergamene ravennati ascrivibili al complesso fondiario di Montegelli sono: IJsiano, Fragatiano o Frucatiano, Murulo, Gulisiano, Casamerati o Cerrocavo, Tampiano, Valle o Cretaniano, Castaneocavo, Paterno, Monticello, Casule, Casacampo o Ticiano, Pereto, Calbanella, Ulmitolo Minore e Maggiore. ( 3 ) Le due parrocchie sono state recentemente ( 1 9 7 7 ) unite alla diocesi riminese da cui dipende anche la sede comunale. Cfr. il decreto della Sacra Congregazione per i vescovi «Feretranae de dioecesis recognitione decretum» con note e commento di F . V . L O M B A R D I , «Studi Montefeltrani», 5 ( 1 9 7 7 ) , pp. 5 - 1 8 .
( 4 ) L a parrocchia di Paderno appartenente ab antiquo al pievato di Montegelh è stata unita alla diocesi di Sarsina solo nel 1938: cfr. A . B A R T O L I N I , / vescovi del Montefeltro, Sogliano al Rubicone 1976, p. 2 2 3 . Devo qui ringraziare l'amico don Bartolini per essermi stato di stimolo alla ricerca delle nostre radici.
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LA PIEVE D I S. STEFANO IN MONTEGELLI
Così infatti nella pergamena datata 23 giugno 949 (5) vengono delineati i confini del complesso fondiario di Montegelli. «Ab uno I(atere) fluvio Sapis» cioè il fiume Savio che si trova ad ovest; «ad aho I(atere) rivo de Petra et ipso rivo perexiente in Monticello» ovvero con il rio Petra che si trova a nord (6); «et de ipso Monticello descendente in rivo descendente in Usa» cioè con il rio MontegeUi che si trova a nord nord-est. «...a tertio l(atere) rivo de Brutano p(er)exiente in Casule» che corrisponde al rio di Burtano (7) il quale nasce fra Rontagnano e la località detta attualmente Castelrotto, sotto l'attuale cimitero di Rontagnano, e confluisce nel Savio nei pressi di Mercato Saraceno con il nome fosso Squadrane «...et per rio de Casule descendente in Usa» che deve corrispondere all'odierno R i o , il quale nasce fra il monte di Meleto e la borgata di Biancolino, in territorio di Rontagnano, e confluisce alla sinistra dell'Uso che costituisce verso est i l quarto lato di confine. Ci troviamo quindi di fronte ad uno dei più vasti possessi della Chiesa arcivescovile di Ravenna nel Montefeltro (8). Tutte le pergamene e registrazioni riguardano il territorio rurale, la stessa denominazione di diversi fondi si rifa alla vegetazione arborea o ad aspetti tipici del paesaggio agrario. Basti qui ricordare Ulmitula da olmo, Cerro Cavo (9) da cerro ed infine Castaneo Cavo che ci attesta già la presenza di impianti di castagni (10).
Un elemento molto importante in un periodo in cui la cereahcoltura non aveva assunto ancora un peso preponderante all'interno dell'economia rurale (11) è la citazione di un invaso di un antico mulino «qui olim fuit in fluvio Sapis in fundo Casacampo» (12). Quasi immediatamente viene da localizzare tale invaso nei pressi di Mercato Saraceno ove esiste un antico fondo detto ancora oggi Casacampo appartenente al territorio parrocchiale di Colonnata (13). Quasi in fronte a tale fondo si trova l'antichissimo mulino di Mercato Saraceno (14) famoso in tutta la zona circostante. Ora però sappiamo che l'invaso di tale mulino è sempre stato da secoli alla sinistra del Savio ove attualmente sorge lo stesso abitato di Mercato Saraceno (15). Inoltre il fondo Casacampo è posto alla sinistra del rio Burtano che come abbiamo visto segnava il confine meridionale del nostro complesso fondiario. Dobbiamo quindi spostare la nostra ricerca verso nord e precisamente verso Paderno. Infatti le pergamene ricordano il fondo Casacampo detto anche Ticiano sempre assieme al fondo Paterno ovvero Paderno. In particolare la pergamena datata 3 marzo 950 in cui leggesi «...medietatem de fundo Ticiano e medietatem de fundo Paterno, excepto aquimulo uno de molino antiquo» (16). Ora da una ricerca effettuata sui vecchi catasti della zona veniamo a sapere che diversi fondi posti immediatamente a nord del rio Fossatone, che segnava il confine fra le comunità di Paderno e Piaja (Mercato Saraceno), erano detti Campo di Casa (17). I n
( 5 ) C . C U R R A D I (a cura di), Appendice documentaria al «Breviarium ecclesiae Ravennatis (Codice Bavaro) secoli VII-X» (a cura di G . R A B O T T I ) , «Fonti per la Storia d'Italia dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo», voi. 110, Roma 1985, pp. 158-162. Ringrazio il dott. Curradi per la disponibilità mostratami durante la ricerca. ( 6 ) S u ciò cfr. P. S A C C H I N I , Tra Feretrano e Sarsinate: la pieve di S. Ilario di Tornano (Mercato Saraceno), «Studi Montefeltrani», 1 2 ( 1 9 8 5 ) , pp. 28-29. ( 7 ) È da scartare l'ipotesi di una corrispondenza con il fondo Burteno in territorio di Monlepetra (Sogliano al Rubicone) ancora ricordato nel secolo scorso. Cfr. Montepetra. Estimo e Sgravio 1812, p. 412, (ms. conservato presso l'Archivio di Stato di Cesena). ( 8 ) Su alcune interessanti osservazioni sulla conformazione di tale complesso fondiario si veda G . P A S Q U A L I , Le forme dell'organizzazione del territorio rurale nella Pentapoli Altomedioevale, «Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Marche {Istituzioni e società nelValtornedioevo Marchigiano), 8 6 ( 1 9 8 1 ) parte seconda, Ancona 1983, pp. 667-669. ( 9 ) Sul toponimo Cava cfr. T . Z A N A R D E L L I , I nomi locali in aticus nell'Emilia e nella Romagna, in Studi glottologici italiani, I I I , Palermo 1903, p. 9 . ( 1 0 ) Tali fitotoponìmi non sempre comunque stanno ad indicare una cospicua
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presenza di tale vegetazione, ma a volte solo un elemento d'eccezione del territorio come fa osservare M . M O N T A N A R I , // paesaggio rurale nella Pentapoli alto-medioevale: agricoltura e attività silvo-pastorali, in Istituzioni e società, op. cìt., pp. 590 ss. ( 1 1 ) M O N T A N A R I , Il paesaggio rurale, op. cit., pp. 590 ss. ( 1 2 ) Viene ricordato in tre pergamene datate 2 3 giugno 949, e 3 marzo 950. Cfr.
C U R R A D I - M A Z Z O T T I , Carte del Montefeltro, op. cit., pp. 5 3 - 5 6 - 5 8 .
( 1 3 ) L a località ha recentemente mutato il nome in via Marconi ed appartiene alla parrocchia di Mercato Saraceno dopo la soppressione di quella di Colonnata (1986).
( 1 4 ) Cfr. P. S A C C H I N I , Tra Feretrano e Sarsinate: la pieve dei Santi Cosma e Damiano (Mercato Saraceno), «Studi Montefeltrani», 1 1 ( 1 9 8 4 ) , pp. 5 5 , 5 9 . ( 1 5 ) A A . V V . , Carta dell'insediamento storico: Mercato Saraceno, a cura della Regione Emilia-Romagna e dell'Università degU Studi di Bologna, passim, s.d. ( 1 6 ) C U R R A D I - M A Z Z O T T I , Carte del Montefeltro, op. cit., p. 5 8 . ( 1 7 ) Fra il materiale consultato si veda Catasto di Piaja 1824 ed anche Mappa di Piaja (sec. XIX), mss. conservati presso l'Archivio di Stato di Cesena.
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questa località poi esisteva un antico mulino «cum omni apparatu posit. supra Flumen Sapis seu in ipso Flumine» (18), già ricordato sin dal 1292. Questo mulino, che bene si identifica con l'antico invaso di Casacampo, non va comunque confuso con un altro muhno posto nelle immediate vicinanze ma sulla riva sinistra del Savio (19). Ma veniamo alla localizzazione della «pieve» e di conseguenza del fondo Murulo su cui doveva essere costruito l'edificio plebale. L'attuale edificio ecclesiastico che conserva tuttora il titolo di S. Stefano non presenta, a seguito di numerose manomissioni e rifacimenti soprattutto compiuti in questo secolo, elementi architettonici che attestino la preesistenza ab antiquo di un edificio altomedioevale. Del fondo Murulo (20) non rimangono tracce. I l toponimo comunque dovrebbe derivare da qualche caratteristica del luogo stesso su cui insisteva l'edificio plebale. Una certa storiografia locale vorrebbe farlo derivare da qualche rudere o murus di un antico castello distrutto (21). Data però l'improbabilità di tale ipotesi sarei più propenso a far derivare il toponimo da un aspetto del paesaggio o dalla stessa morfologia del terreno. In considerazione anche di quanto detto sino a questo momento la storiografia locale ha scartato ogni connessione dell'antico edificio con quello attuale e ne ha variamente dato la collocazione. Solo ricordando alcuni autori più recenti e più attendibih la pieve sarebbe stata collocata originariamente alla destra dell'Uso, ove fu eretta una chiesetta
(18) M . F A N T U Z Z I , Monumenti ravennati de' secoli di mezzo per la maggior parte inediti, V , Venezia 1803, p. 379. (19) E r a Ìl mulino detto Montanari che restò funzionante sino al 1940. Cfr. A . V E G G I A N I , Ancora un esempio di danni causati dalla ripresa del ciclo erosivo dei fiumi appenninici, «Bollettino mensile della C C I A A di Forlì», dicembre 1963, p. 5. (20) U n fondo detto de Murello e pure ricordato nel Codice Bavaro, ma posto nel territorio di Senigallia ( G . R A B O T T I , Breviarium, op. cit., p. 58); un altro fondo detto Murli è pure ricordato in territorio riminese nel X I l secolo (C. C U R R A D I , Pievi del territorio riminese nei documenti fino al Mille, Rimini 1984, p. 101), Una notevole diffusione si nota nel territorio toscano, tanto più che ancora oggi in provincia di Siena abbiamo una località detta Murlo. Cfr. S. P I E R I , Tiponomastica della Toscana meridionale e dell'arcipelago toscano, Siena 1969, p. 350. (21) T . N I C O L I N I , Cenni storici di Genestreto, Rimìni 1940, p. 9; L . Tosi, Appunti storici su vicariato di Montegelli, ms. sec. X I X conservato presso l'archivio della pieve di S. Damiano (Mercato Saraceno); ringrazio il parroco don Palmo R i ghi per avermi permesso la consultazione del materiale.
L a località su cui fu eretto il castello di MontegeUi.
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L'attuale Pieve di S. Stefano di Montegelli.
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Particolare della mappa di Montegelli (Sec. X I X ) . A = Attuale Borgo di Montegelli. B = Località attualmente detta Castello. C = L a Compagnia.
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detta dei Merli. In seguito fu trasportata in Uxano, cioè nella località attualmente chiamata L a Compagnia di Montegelli (22) ed in seguito nel castello della medesima comunità. Altri vogliono identificare Toriginaria collocazione della pieve direttamente con antichi ruderi rinvenuti nella surricordata località L a Compagnia che fra l'altro restituì recentemente diverse ossa umane. Avendo già fatto notare che fra i confini del complesso fondiario di Montegelli il lato ad est è segnato dall'Uso è da scartare la localizzazione di Murulo alla destra del torrente stesso. Si ricordi poi che la chiesetta era detta dei Merli dalla famiglia che ivi risiedeva. Per quello che poi riguarda l'identificazione con L a Compagnia (363 m.) è da ricordare che tale toponimo è molto recente ed ha sostituito l'antico toponimo di Usano già ricordato nelle pergamene ravennati ed in uso sino al secolo scorso (23). Questo non farebbe che convalidare tale opinione in quanto l'antica pieve di S. Stefano in Murulo dal X I I I secolo viene ricordata come S. Stefano in Usano. Così nella divisione dei beni immobili di Cavalca da Montefeltro ai propri nipoti fatta il 28 agosto 1253 viene(^ ricordata la plebs Usiani «cum familiis et omnibus suis pertinentiis sit in hac parte er etiam pedagium stradae quod colligi consueverat in ipsa curte Usiani seu Montiscelli per Comites» (24). Anche nelle Rationes Decimarum degli anni 1290-1291 si legge che tre versamenti sono fatti da Teodorico, arciprete plebis Usani e uno da Sante Pietro di Majolo per il suddetto arciprete (25).
( 2 2 ) Cfr. F . V . L O M B A R D I , La bolla di Papa Onorio II del 1125, «Studi Montefeltrani», 4 ( 1 9 7 6 ) , p. 8 0 ; F . V . L O M B A R D I , Le primitive pievi delle diocesi di Montefeltro e Pesaro, in Le Pievi nelle Marche, «Studia Picena», I V ( 1 9 7 8 ) , p. 163; C, C U R R A D I , Note sulle carte feretrane, «Sludi Montefeltrani», 8 ( 1 9 8 1 ) , p. 18. ( 2 3 ) Cfr. Montegelli Rubicone, ms. catastale datato Milano 1815, conservato presso l'Archivio di Stato di Cesena ( C . 12-175). ( 2 4 ) A . M . Z U C C H I - T R A V A G L I , Animadversioni su VApologetico e sul saggio di ragioni dell'arciprete Marini di S. Leo, [Venezia, Occhi 1 7 6 2 ] , p. 279 (di quest'opera stampata forse in pochi esemplari, ma non pubblicata, se ne conserva una copia in Archivio Comunale di PennabilH: ringrazio Enzo Pruccoli delia segnalazione bibliografica); nell'Arch. Com. di PennabilH si conserva il ms. originale, molto più ampio dell'opera a stampa, in cui la citazione è nel f. 3 9 . G . F R A N C E S C H I N I , Documenti e Regesti per servire alla Storia dello slato d'Urbino e dei Conti di Montefeltro (1202-1375), voi. I , Urbino 1982, pp. 36-37. ( 2 5 ) P. S E L L A , Rationes Decimarum, Marchia, Città del Vaticano 1929, nn. 2640, 2655, 2687 e 2666.
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Questo cambiamento del toponimo creerà anche qualche confusione fra gli studiosi locali. Alcuni (26) di questi, infatti, tratti in inganno dall'analogia di tale toponimo con quello di Pietra dell'Uso, identificarono la pieve dell'Uso con la chiesa della suddetta località (27), la quale fra l'altro ab antiquo era detta Petra Bizingofum. A questo punto viene da chiedersi perchè l'attuale chiesa parricchiale che oltre al titolo ha assunto anche tutti i diritti dell'antica plebale sia stata costruita ove sorge attualmente, ovvero a qualche chilometro di distanza dall'antica sede e ad alcuni chilometri dal castello di MontegeUi eretto verso U X I I - X I I I secolo sul già ricordato fondo Monticello. I l borgo odierno di Montegelli, dominato dall'attuale edificio ecclesiastico, è, infatti, recente e lo stesso toponimo Montegelli venne trasferito in tale borgo solo nel secolo scorso, quando, a seguito di una serie di frane e smottamenti iniziati dal 1781, buona parte deU'antico castello andò in rovina. L a stessa torre campanaria vi venne costruita nel 1846 solo dopo che quella del castello era crollata (28). Inoltre il fatto che la pieve venga detta dal X I I I secolo de Usano non vuole dire necessariamente che l'edificio plebale dovesse essere ricostruito o «trasportato» in Usano ma poteva benissimo restare in Murulo che però perdeva il primato sugh altri fondi del complesso fondiario di Montegelli a scapito di Usiano così come quest'ultimo lo perderà a scapito del fondo Monticello che verrà a dare U nome all'intero territorio dopo l'erezione del castello. Inoltre, i fondi Murulo e Usiano, anche se vicini, appaiono ben distinti come le stesse pergamene evidenziano. Anzi una di queste datata 25 agosto 955 (29)
( 2 6 ) S E L L A , Rationes Decimarum, op. cit., cartina topografica; A . V A S I N A , Aspetti e problemi di storia plebana nelle Marche (sec. IX-XIV), «Studia Picena», 4 5 , fase. M I ( 1 9 7 8 ) , p. 4 2 e cartina. ( 2 7 ) L a chiesa di Pietra dell'Uso fu anch'essa per diverso tempo insignita del titolo di pieve, ma ab antiquo apparteneva allo stesso pievato di Montegelli. Cfr. Taxa omnium Beneficiorum Episcopatus Feretrano, in A . M . Z U C C H I - T R A V A G L I , Rerum Feretranarum Scriptores, voi. I X , Pinnae 1759, f. 4 3 ; ms. conservato presso l'Archivio Comunale di PennabilH; cfr. anche L . D O M I N I C I , Storia generale Montefeltrana, I , Tra feltro e feltro, Lanciano 1 9 3 1 , pp. 352-353. ( 2 8 ) L a torre campanaria attuale conserva comunque un'antica campana proveniente dalla torre del castello. ( 2 9 ) Consiste in una richiesta di enfiteusi per sei once (ovvero la metà) dei suddetti fondi all'arcivescovo di Ravenna. L'atto conferma la persistenza di un'or-
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ci descrive gli stessi confini dei fondi Usiano, Fragatiano e Murulo a cui era unito Gulisiano. Tali confini erano costituiti dai fondi Tampianum, Casamerati, rio de Valle e il fondo Cellula (30). I l fondo Casamerati, uno dei più importanti del complesso fondiario di Montegelli, veniva anche chiamato Cerrocavo, come riporta una pergamena datata 23 giugno 949 (31). U n fondo detto Cercavolo od anche Cerrocavolo esisteva ancora nel X V I I I secolo nel territorio di Rontagnano (32). Precisamente tale fondo si trovava nei pressi della località detta attualmente S. Marino (560 m.) che assunse tale nome da una chiesetta dedicata al santo ed annessa alla chiesa plebale di Montegelli. Solo recentemente il parroco di Montegelli (33) ha ahenato diversi terreni nella località citata e tuttora ne possiede altri nella vicina località detta Belvedere. Dal 970 il toponimo Casamerati viene sostituito dal toponimo Casamezana che continuerà ad essere detto anche Cerrocavo. Conserva tuttora tale nuovo nome la località in territorio di Rontagnano detta Casamezzano (349 m.) posta al di sotto del già ricordato monte di S. Marino verso i confini con la parrocchia di MontegeUi. Tale fondo aveva come confini a nord il fondo Usiano ovvero l'attuale confine tra Rontagnano e MontegeUi, a est l'antica strada di crinale che corre da MontegeUi a Rontagnano passando per Meleto (607 m.) sino aUe sorgenti del già ricordato rio Burtano, quindi a sud con lo stesso Burtano sino alla sua confluenza nel Savio che costituisce U lato ad ovest.
di Rontagnano (34). In effetti, non lungi da questo casale vi è pure una località chiamata anticamente Crete ed oggi detta Crete, che potrebbe trovare una corrispondenza con l'antico Cretaniano come era pure detto il fondo Valle (35). Tale identificazione desta però qualche perplessità. Infatti il fondo Valle appare citato nelle pergamene quasi sempre assieme a toponimi che fanno parte delle immediate vicinanze di Montegelli. I l fatto che poi si parli di un rio de Valle è un'ulteriore conferma che l'identificazione del nostro fondo va fatta in un'altra area. Infatti l'unico rio che scorre presso il casale L e VaUi di Rontagnano è il già ricordato Burtano. Spostando ora la nostra attenzione verso l'attuale territorio di Montegelli abbiamo la memoria di almeno due antichi fondi Valle. Il primo si trovava nell'odierno territorio di Pietra ell'Uso (36), ma essendo alla sinistra del rio MontegeUi l'identificazione è da scartarsi. Resta quindi un fondo detto Valle nei pressi della locaUtà detta C a ' dell'Erre non lungi dall'attuale borgo di MontegeUi. I l fondo da cui nasce un rio che va ad affluire in queUo di Riopetra confinava con vari fondi detti ancora sino al secolo scorso Crete o Crete (37). D a quanto detto sino qui possiamo locahzzare il fondo Murulo o Murlo, come viene ricordato neUa boUa di Papa Onorio I I del 1125 (38), tra Usano a sud sud-est ed U rio de Valle a nord. A fornirci un'uUeriore indicazione è un atto di vendita seppure di molto posteriore. I l 7 aprile 1461 Luca del fu Simone di Villa Pastorale vendette a Bartolo del fu Giovanni di Montesello due appezzamenti di terra posti neUa corte di MontegeUi nei fondi Usani et Moroli (39).
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Per quello che poi riguarda il toponimo Valle, e quindi il rio de Valle, l'esatta identificazione crea a prima vista non pochi dubbi in quanto tale toponimo assieme ai diminutivi come vallina o vaUiceUa è piuttosto diffuso neUa zona. Qualche cultore di storia ha voluto localizzarlo con la località L a VaUe (254 m.) in territorio
ganizzazione territoriale di stampo romano in cui si voleva il fondo suddiviso in 1 2 once. Su ciò cfr. A . C H I A V A R I , Misure agrimensorie, in Istituzioni e società nell'alto Medioevo Marchigiano, op. cit., p. 903. ( 3 0 ) C U R R A D I - M A Z Z O T T I , Carte del Montefeltro, op. cit., pp. 4 8 - 4 9 . (31)
C U R R A D I - M A Z Z O T T I , ivi,
p. 5 3 .
( 3 2 ) Cfr. Catasto Ridolfi di Rontagnano, ms. 1 7 8 2 - 1 8 1 8 conservato presso l'Archivio di Stato di Cesena. ( 3 3 ) Informazioni fornitemi da don Luigi Mariani, parroco di Montegelli, che vivamente ringrazio.
( 3 4 ) E . B A L D E T T I , Per una nuova ipotesi sulla conformazione spaziale della Pentapoli, in Istituzioni e società nell'alto medioevo Marchigiano, op. cit., p. 890 e cartina geografica. ( 3 5 ) Per la pergamena del 2 3 giugno 949, cfr, C U R R A D I - M A Z Z O T T I . op. cit., p. 5 4 . ( 3 6 ) Vedi S. M O N I , Cadastro o Estimo della Magnifica Comunità della Pietra dell'Uso stato dell'Eccellentissimo Signor Marchese de Conti Guidi di Bagno, ms. sec. X V I I , in Archivio di Stato di Cesena. ( 3 7 ) Cfr. Montegelli, estimo 1812; Mappa di Montegelli sec. XIX; Montegelli Rubicone, opp. citt., mss. conservati presso l'Archivio di Stato di Cesena. ( 3 8 ) L O M B A R D I , La bolla di Onorio II, op. cit., pp. 8 0 . ( 3 9 ) P. B U R C H I , Regesto degli atti del notai Francesco de Colonnata, in Tre manoscritti inediti della valle del Savio, Quaderni monografici degli Studi Romagno-
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Tali fondi si trovavano «iuxta iura hospitalis de Montesello». Esisteva infatti in Montegelli un antico Hospitale dedicato alla Madonna (40) che aveva numerosi possedimenti soprattutto nella zona già ricordata di C a ' deU'Erre e dell'attuale borgo di MontegeUi, molti dei quali sino al secolo scorso confinavano con i beni della pieve ovvero dell'odierna parrocchiale di MontegeUi. Quest'ultima, aUa fine del X V I I I secolo, per aUargare i propri possedimenti terrieri che aveva attorno all'attuale edificio, ne barattò altri con un fondo della famiglia Mellini Sforza (41). Tale fondo era detto // Muro od anche semplicemente Muro e confinava a nord e ad est con strade pubbhche (attuale provinciale a est, e la strada per Monte Boso a nord?) e ad ovest con i terreni della parrocchiale di S. Stefano (42). Una caratteristica particolare del fondo era quello di non essere un terreno fertile ma bensì «tuffoso». Ora il monte su cui attualmente sorge la chiesa di S. Stefano è ricco di «calcare tufaceo» anzi diverse case di Montegelli vennero costruite usando questo stesso calcare bianco-nummulitico (43). In una descrizione del secolo scorso si legge che nei pressi della «Chiesa di MontegeUi... sporgono dei massi di calcare bianchiccio compatto con piccole Nummuliti... in mezzo al terreno marnoso che è offuscato daUa coltivazione dei campi e dalla cava aperta nello stesso calcare per estrarne materiale da costruzione» (44). In considerazione di quanto detto, Murulo doveva trovarsi neUa zona ove tut-
torà sorge l'attuale edificio plebale che subì sì delle ristrutturazioni, tali da determinare un completo cambiamento della sua struttura (45), ma restò sempre nella stessa zona aU'insegna di una continuità storica che trae origine sin daUa più remota antichità.
li, I (1962), p. 58. I l voluminoso manoscriuo è conservato attualmente presso l'Archivio di Stato di Forh. (40) Vedi su ciò Vlstrumento di collazione all'Università di Montegelli dell'Ospedale di S. Maria di detto luogo (17.11.1576), in A . M . Z U C C H I - T R A V A G L I , Rerum Feretranarum Scriptores, ms. sec. X V I I I conservato presso l'Archivio Comunale di PennabilH, I X , pp. 343 ss. (41) L'attuale borgo di Montegelli era chiamato Villa Mellini e Casa Armanni mentre la località dove si trova la parrocchiale era detta L a Pieve. (42) Cfr. Libro de trasporti della Comunità di Monte Celli 1795, ms. conservato presso l'Archivio di Stato di Cesena, ed anche Libro secondo de' trasporti della Comunità di Montegelli, 1807. (43) G . S c A R A B E L L i , Descrizione della Carta geologica del versante settentrionale dell'appennino fra il Montone e la Foglia, Forlì 1880, p. 85-93, carta topografica sez. 11; E . R O S E T T I , La Romagna. Geografia e Storia, Milano 1894, p. 397. (44) E . N I C C O L I , Relazione delle escursioni fatte fra Rimini e S. Marino, «Rivista della Società Geologica ItaHana», V I I , fase. 3 (1888). p. 2.
(45) L a tradizione popolare vorrebbe che l'edificio avesse l'abside rivolta verso est ove attualmente trovasi la facciata ed entrata principale.
ALESSANDRO MARCHI
il trittico di torricella di benedetto e bartolomeo coda
Nel museo Diocesano del Montefeltro "Antonio Bergamaschi" di Pennabilli è conservato un trittico a sportelli mobili del X V I secolo sino ad oggi rimasto praticamente inedito. L'opera proviene dalla Chiesa Parrocchiale di Torricella (1). L a tavola centrale porta la firma: «OPUS B ARIMINENSIS MDXX...»: la " B " , a cui fa seguito una lacuna, è sicuramente da sciogliere con " B E N E D I C T I " , anche se è da notare che lo spazio della lacuna potrebbe agevolmente contenere pure il nome " B A R T O L O M E I " (2). I l dipinto è ascrivibile infatti alla collaborazione fra Benedetto e Bartolomeo Coda, suo figlio, attivi a R i mini almeno dall'ultimo quinquennio del '400 al primo trentennio del secolo successivo. L a vicenda bibliografico-critica del dipinto appare abbastanza originale e vale la pena di ripercorrerla. «Per ultimo veniamo a sapere che un altro quadro di Benedetto trovasi in Torricella del Montefeltro, ridotto esso pure a deplorevoh condizioni.»: così il Tonini nel 1888 (3) è l'unico a riconoscere nell'opera un prodotto certo del Coda; ancora nel 1942 l'esatta attribuzione è invece ignorata da Guido Mattei Gentili che compila una "Cronistoria Parrocchiale di Torricella in Diocesi di Montefeltro" (data alle stampe in Roma): «... — l'opera d'arte migliore della Parrocchiale di Torricella — da collocare negli inizi di questo secolo X V I . Questo tritti-
(1) U n a riproduzione fotografica dell'opera si trova nel volume di A . P O T I T O , Il feudo dei Conti di Bologna, Rimini 1975, pp. 150-1. I l trittico, dipìnto a tempera su tavola, misura nella parte centrale cm. 145x89,5 e negli sportelli laterali cm. 145x47 ciascuno. (2) È da osservare che Benedetto si firma « d e A r i m i n o » e « A r i m i n e n s i s » dalla Pala della Chiesa di San Domenico a Ravenna (1515) in avanti. (3) C f r . Storia Civile e Sacra riminese, V o i . V I , Rimini 1888, p. 320.
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IL TRITTICO DI T O R R I C E L L A DI BENEDETTO E B A R T O L O M E O CODA
C O somiglia all'affresco tornato in luce a Rimini sotto l'orchestra della Cattedrale dopo gH ultimi terremoti, firmato Franciscus De Bais de Imola — 1515. Nell'affresco riminese vi è in più un S. Francesco, inginocchiato innanzi alla Madonna del Carmine dalla parte di S. Sebastiano (sin.) il quale può rappresentare l'autore (di nome Francesco) e conservarne i lineamenti. Alcuni dicono che il nostro trittico sia di scuola Fanese» (4). Nei primi anni sessanta l'opera venne sottoposta a restauro nei laboratori fiorentini (innanzi l'entrata in Museo) dai quah ritornò con l'iscrizione integrata in "Benvenuti": toccò al Pasini correggere l'errore e cancellare il fantomatico "Benvenuto da Rimini" che ancora sopravvive nell'Achivio Fotografico Villani di Bologna (ai nn. 28582 e 28583). Recentemente il Potito ha pubblicato una fotografia dell'opera con didascalia incompleta e senza cenni nel testo (5). L o Zamboni e successivamente la Scaghetti, pur ignorando l'esatta collocazione delle tavole — dopo averle visionate nelle fotografie già presenti nella fototeca del Kunsthistorisches Institut di Firenze — rilevano la sua importante posizione d'aggancio con la cultura pittorica ferrarese del primo cinquecento (6). L o scomparto centrale vede raffigurata la Madonna del Carmine incoronata da due angeli in volo, ai lati sono posti, rispettivamente, a sinistra S. Sebastiano, a destra S. Rocco; l'esterno degli sportelli in cui figurano i due Santi è occupato dall'Arcangelo Gabriele e dalla Vergine Annunciata, inscritti in una cornice ovale mistihnea che include in due cerchi (sovrapposti agli ovali) la scritta " A V E M A R I A " e in altri due cerchi sottoposti due stemmi della Comunità di Torricella, committente del dipinto forse a seguito di una qualche epidemia pestilenziale qualche anno dopo il 1520. L'unica caratterizzazione ambientale della raffigurazione è il graii.; , ^ - / P h ' i ' j ] •
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(4) G . M A T T E I G E N T I L I , Cronistoria..., cit. nel testo, p. 12. Ulteriori e più precise notizie su questo affresco si trovano in C . R i c c i , / / Tempio Malatestiano, Milano-Roma 1924, pp. 230-231. (5)
C f r . A . P O T I T O , Ufeudo...,
cit.
(6) C f r . S. Z A M B O N I , Pittori di Ercole I d'Este, Ferrara 1975, pp. 31-2 e 36; D . S C A G H E T T I , in Dizionario Biografico degli Italiani, R o m a 1982, Benedetto C o d a "ad vocem". L e fotografie sono recentemente "misteriosamente" scomparse dalla cartella della Fototeca dell'Istituto Germanico di Firenze; devo alla cortese collaborazione della Dott.''" Scaghetti, che qui ringrazio, l'identificazione del dipinto citato dai due studiosi con la nostra tavola.
Il trittico a sportelli chiusi.
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IL TRITTICO DI TORRICELLA DI BENEDETTO E BARTOLOMEO CODA
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done sporgente da un muretto che funge da trono per la Madonna; dal muretto si alzano due colonne semplicissime che vanno a sostenere la cornice della tavola e completa il tutto un drappo rosso — di seta marezzata — che pende dalla cornice, sul quale è stampigliata la corona dorata e le aureole, pure dorate, della Madonna e del Bambino. L e componenti della cultura figurativa di Benedetto, e di seguito quelle dell'ambito della sua bottega, l'articolazione sintattica del suo linguaggio pittorico si rivelano in una pittura all'apparenza facile e quasi ingenua. Man mano che l'analisi si spinge in profondità appare un linguaggio colmo di citazioni attentamente aggiornate alle "mode" culturali del primo cinquecento. Procedendo con ordine, sulla traccia critico-filologica felicemente individuata dalla Scaghetti, riscontriamo che alla data del trittico (1520 o qualche anno dopo) il Coda non conserva quasi più nulla di quell'etere rarefatto di discendenza belliniana che pervadeva le sue prime prove, compiute in stretta corrispondenza con Nicolò Rondinelli; quasi a dar ragione al Vasari quando affermava che presso il Bellini il Coda "non fece molto frutto" (7). Rapide e quasi scialbate sono le citazioni dagli Zaganelli, altro polo della cultura figurativa in Romagna; un collegamento, anche se non proprio serrato, lo rileviamo nella resa volumetrica dello sfumato nei corpi nudi (S. Sebastiano, Gesù Bambino) con i personaggi dello "Sposalizio mistico di S. Caterina" di Francesco nel Seminario Arcivescovile di Ravenna. Non è facile ritrovare poi nell'opera di Torricella alcun collegamento con Girolamo Marchesi da Cotignola, splendido colorista di dolcezze quotidiane, col quale il Coda intrattenne sicuramente un dialogo proficuo durante il periodo di attività riminese precedente la definitiva partenza del Marchesi per Bologna. L'elaborazione iconografica del trittico appare svolta secondo un percorso interno del pittore nell'ambito della sua produzione: il gruppo centrale deriva dal medesimo gruppo nella pala che il Coda dipinse per la Chiesa di San Domenico di Ravenna, a sua volta composta sulla pala domenicana ora nel Museo Civico di R i -
(7) C f r . G . V A S A R I , Le Vite..., 1568, E d . a cura di P. D e l l a Pergola, L . Grassi e G . Previtali, Milano 1963, V o i . I l i , p. 98.
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IL TRITTICO DI TORRICELLA DI BENEDETTO E BARTOLOMEO CODA
mini. In base ad altre suggestioni visive appare invece elaborata la figura del San Sebastiano, il quale ricalca nella posa lo stesso santo che il Ghirlandaio o meglio la sua bottega fiorentina, in seguito a committenza malatestiana, eseguì per la Chiesa domenicana di San Cataldo di Rimini nel 1494 (ora Museo Civico). I l Coda appare particolarmente suggestionato dalla splendida ricaduta della folta chioma dell'atletico Santo della pala riminese; lo stesso santo si presta ad ulteriori riferimenti stihstici, mi riferisco cioè alla pittura bolognese dei Francia e fors'anche qualche ricordo del ferrarese Lorenzo Costa o meglio il nuovissimo linguaggio umbro-peruginesco, che a quegli anni ha colonizzato di già l'area padana. Su questo riferimanto si inserisce la ripresa iconografica del S. Sebastiano dal "Martirio di San Sebastiano fra i Santi Girolamo e Lorenzo" attribuito dal Marcheselli nella sua guida delle pitture di Rimini addirittura al Perugino, un tempo nella Chiesa di S. Maria di Scolca (ora S. Fortunato) ed andato distrutto dopo che era entrato a far parte della Pinacoteca Civica, del quale esiste una fotografia nell'Archivio Croci presso l'Istituto di Storia dell'Arte dell'Università di Bologna (n. 2339), sulla quale è riportata dubitativamente l'attribuzione a Benedetto Coda; è da ricordare che nella medesima chiesa Girolamo da Cotignola aveva dipinto a fresco un'intera cappella (8).
Il trittico nel suo insieme mostra un'esecuzione piuttosto veloce, le pennellate di colore sommariamente diluito, Hquido, danno luogo ad una superficie pittorica discontinua nè troppo compatta nè omogenea, la luce si uniforma sulle figure e così le zone meno intrise di materia pittorica si evidenziano per le tonalità opache, conformate ad un generale tono rossastro-terroso (quello della preparazione) identico a quello della tavola con lo "Sposalizio della Vergine" nel Museo Civico di Rimini; la lucentezza quasi squillante della pala domenicana dello stesso Museo appare perduta irrimediabilmente. Quasi sicuramente questa, che potrebbe configurarsi come una vera e propria involuzione del linguaggio formale del Coda, è da connettere con l'intervento del figlio Bartolomeo, artista più debole tecnicamente e meno geniale. L a stessa non elevata qualità è riscontrata dalla Scaghetti nella complessa pala dipinta per la Chiesa della Misericordia in Pennabilli, passata dalla collezione Battaghni di Rimini ad un'altra collezione privata (9). Dalla vicenda critica è emerso che il pregio maggiore del dipinto di Torricella è quello di prospettare un rapporto del Coda con la cultura ferrarese del tempo di Ercole I d'Este. A Siila Zamboni si deve la cauta proposta di attribuzione al pittore dell'affresco del catino absidale della chiesa ferrarese di S. Maria della Consolazione con VIncoronazione della Vergine (10). Pur basandosi unicamente su un confronto perpetrato attraverso le riproduzioni, la recente attribuzione (accolta dalla Scaghetti) si appoggia su alcune affinità tipologico-stihstiche come ad esempio la grafia dei panneggi o l'identità di tipi fisici nei personaggi. A l momento ritengo però che la questione, e cioè l'identità di mano nelle due opere, vada tenuta sospesa. Alla luce delle nuove acquisizioni (come ad esempio il dipinto di Valdragone di S. Marino attribuito dal Pasini, ma non ancora pubblicato) credo vada riesaminata tutta l'attività del Coda e della sua bottega nel contesto ancora nebuloso della pittura a Rimini tra quattro e cinquecento.
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I l San Rocco, pur condividendo gli stessi riferimenti culturali del S. Sebastiano, non vanta riferimenti iconografici precisi, anche se l'impostazione elementare appare come invenzione originale del Coda. L'Annunciazione dipinta nella parte esterna degli sportelli, poiché immobilizzata verso la parete dalla cornice, è piuttosto compromessa nello stato di conservazione, le tinte scialbate e spente, quasi di monocromo, aumentano paradossalmente le sue qualità peculiari di chma intimo e quotidiano. L'Angelo è puntualmente ripreso, nella sua positura, da Bartolomeo neìVAnnunciazione della Chiesa della Madonna del Monte di Cesena; il confronto può essere esteso anche al piano stihstico con l'identificazione di una medesima mano.
( 8 ) C f r . C . F . M A R C H E S E L L I , Pitture delle Chiese di Rimini, Rimini 1754, E d . a cura di P . Pasini, Bologna 1972, pp. 126 e ss. I l Pasini, ignorando l'esistenza della fotografia, propone per l'opera una datazione molto vicina alla realtà, in prossimità c i o è della cappella affrescata da Girolamo da Cotignola datata al 1512.
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(9) C f r . D . S C A G L I E T T I K E L E S C I A N , Benedetto Coda, in Pittura a Rimini tra Gotico e Manierismo, C a t . della Mostra, Rimini 1979, p. 74. ( 1 0 ) C f r . S . Z A M B O N I , Pittori,.., cit., pp. 3 1 - 2 . L a Chiesa della Consolazione si trova a Ferrara nell'Addizione E r c u l e a ed appartiene ai Padri Serviti della C o n gregazione dell'Osservanza.
GIROLAMO A L L E G R E T T I
disfecemi maremma^ note sulla disertata «città»\ del sasso di simoné
L a storiografia relativa al Sasso di Simone rappresenta di per sé un capitolo di storia feretrana. Quasi ignorata dai contemporanei (1), la fortezza fu progressivamente sepolta, diremmo con barocca metafora, dai rovi dell'oblio: tanto che solo vaga nozione ne resta negli scrittori novecenteschi di cose feretrane (2). A d Amedeo Potito spetta di avere, con una silloge di documenti inediti dati alle stampe nel 1971, riproposto i l tema (3), che subito è stato
(1) Poco più che fuggevoli accenni in V . C i M A R E L L I , Istorie dello Stato di Urbino [...], Brescia 1642, p. 23; O . O L I V I E R I , Monimenta feretrana [...], ed. I . P A S C U C C I , San L e o 1981, p. 336; P . A . G U E R R I E R I , La Carpegna abbellita et il Montefeltro illustrato, p. I , Urbino 1667, p. 29, e p. I I I / 1 - 3 , Bologna 1924, p. 23. È del 1705, dunque tarda ma de visu, la vivace relazione di G . M . L A N C I S I , (Lettere inedite [...] nelle quali descrive un suo viaggio da Urbino a Montefeltro, e alla Repubblica di S. Marino, c. T . C I C C O N I , R o m a 1841, p. 12). (2) Accenna brevemente e inesattamente alla fortezza L . D O M I N I C I , La regale San Leo, Rimini 1979, [ l . a ed. 1956], p. 171; la ignora P . F R A N C I O S I , pur appassionato cultore di questa materia alla quale d e d i c ò molti scritti, fra cui le quattro serie di Rocche e castelli del Montefeltro, in « R a s s e g n a marchigiana per le arti figurative, le bellezze naturaU, la m u s i c a » , a. 1 n. 10 (1923), a. I H nn. 5-6 (1925), a. V i l i nn. 5-7 (1930), a. I X nn. 6-11 (1931). Per
l'Ottocento si segnala il capitolo, ampio quanto male informato, dedicato al
Sasso di Simone
da M . S A L V A D O R I , Storia del Montefeltro,
ms. in B I B L . P A S S I O N E I
F o s s o M B R O N E , F . Biblioteca, voi. 6 1 , pp. 150-154; ancora utile risulta invece la voce Sasso di Simone in E . R E P E T T I , Dizionario fisico geografico storico della Toscana, Firenze 1833, voi. V , p. 203. A l l a lunga eclissi della memoria storica del Sasso ha certamente contribuito anche una travagliata vicenda confinaria (cfr. G . R E N Z I , Chi ha rubato il Sasso di Simone?, in «La v o c e » , 13 agosto 1972; F . V . L O M B A R D I , La contea di Carpegna, Urbania 1977, p. 183). (3) A . P O T I T O , Premesse e documenti inediti per la storia della fortezza Sasso Simone, in «Studi M o n t e f e l t r a n i » , I (1971), pp. 79-88; I o . , La fortezza Sasso di Simone, San L e o 1972. Sullo stesso primo numero degli «Studi Montefeltrani» L . D O N A T I riapriva con diti documenti il capitolo relativo alla abbazia del Sasso, sulla quale pure esiste
del del ineuna
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GIROLAMO
ALLEGRETTI
NOTE S U L L A D I S E R T A T A «CITTÀ» D E L SASSO D I SIMONE
ripreso e sviluppato da studiosi prevalentemente toscani (4); talché potrebbero dirsene ormai chiarite le ragioni e le vicende, le forme e le valenze. In realtà il capitolo, una volta aperto, non finisce di generare sorprese e problemi. Sorprendente è stata la scoperta di una fortezza malatestiana concepita e almeno parzialmente realizzata sul Sasso un secolo prima di quella medicea (5). E tutto aperto è ancora il problema dell'abitato (e degli abitanti) che nell'uno e nell'altro progetto doveva coronare la fortificazione e conferirle un senso più ampio che non quello puramente militare: problema aperto perché è prevalsa finora l'attenzione alla fase costruttiva e agii aspetti politico-militari del progetto, o agli effetti che la sua relizzazione ebbe sulle comunità preesistenti (6). Si è tacitamente convenuto cioè di considerare la civitas una illusione, una utopia, e su ciò si può convenire; è stato dato anche
specifica letteratura (cfr. G . R E N Z I , L'abbazia del Sasso di Simone e il territorio di Sestino. Appunti, in A A . V V . , / benedettini nella Massa Trabaria, Sansepolcro 1982, pp. 163-170). (4) G . R E N Z I , Sestino. Storia civile e religiosa del Cinquecento, Sestino 1973 (in particolare le pp. 27-36); E . C O P P I , La fortificazione del Sasso Simone, San L e o 1 9 7 5 ; I D . , / / Capitanato di Giustizia del Sasso di Simone e la politica di Cosimo I, in G.
S P I N I , E . C O P P I , G . R E N Z I , A . P O T I T O , / / Capitanato
di Giustizia del Sasso di Si-
mone, Sestino 1977, pp. 17-32; G . R E N Z I , Residenza del Capitano e sede del Tribunale, ivi, pp. 33-68; A . P O T I T O , Visita Apostolica di Mons. Ragazzoni a chiese del Fleberio agli albori del Capitanato, ivi, pp. 69-86; I . B I A G I A N T I , Capitanato di Giustizia del Sasso di Simone, recensione in « A r c h i v i o Storico I t a h a n o » , 2/1979, pp. 271-275; M . F E R R A R A , La fortezza del Sasso di Simone, in A A . V V . , / / potere e lo spazio: riflessioni di metodo e contributi, Firenze 1980, pp. 99-112; M . F E R R A R A , E . C O P P I , La fortezza medicea del Sasso di Simone, « L ' U n i v e r s o » , 6/1981, pp. 881-902; G . C O N T I , / Malatesta a Sestino e un tentativo di città fortezza sul Sasso di Simone, in S. A N S E L M I (a cura di), La montagna tra Toscana e Marche. Ambiente, territorio, cultura società dal medioevo al XIX secolo, Milano 1985, pp. 95-111; E . C O P P I , L'Appennino tra Toscana e Marche: fra politica del Principato mediceo e Ducato di Urbino, ivi, pp. 112-119; M . F E R R A R A , Annotazioni SUWarchitettura della fortezza medicea del Sasso di Simone, ivi, pp. 137-146. I progressi degli studi sono stati in p i ù occasioni sintetizzati e stimolati da Giorgio Spini: suoi interventi in / / Capitanato di Giustizia cit., pp. 9-16 e 87-91, e in La montagna tra Toscana e Marche cit., pp. 9-12. (5)
C O N T I , / Malatesta cit.
(6) A l fall-out sulle popolazioni del capitanato sono dedicati i citati lavori di Giancarlo R e n z i , come sempre attento alla influenza delle istituzioni sulla concreta quotidianità del vivere.
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per scontato che «il progetto di rendere abitabile il Sasso di Simone [fu] abbandonato già [...] durante gh ultimi anni della sua costruzione» (7): ma a questo proposito si può dimostrare che i l progetto di popolamento fu definitivamente liquidato solo nella seconda metà del X V I I secolo. E allora interesserebbe conoscere le condizioni e i modi in cui si svolse,, nei cento anni tra fondazione e abbandono, la vita degli abitanti di quella incredibile città che non riuscì neppure a essere villaggio. A l Sasso di Simone Cosimo I dovette pensare non solo come ad anello essenziale nella catena di fortificazioni militari confinarie quanto piuttosto come a originale progetto politico con molteplici funzioni: «spina nel fianco» per i duchi di Urbino, richiamo aggregante per le piccole signorie dell'area di confine (non a caso, ci sembra, alla solenne giornata della posa della prima pietra presiedettero un Carpegna e una creatura degli Oliva (8)), presidio della legalità là dove essa era più precaria, centro di organizzazione e di irradiazione della vita civile, paradigma realizzato della superiorità dell'idea ordinatrice come criterio di governo. I l granduca aveva pensato al Sasso già nel 1554. Nel 1563 vi fece un sopralluogo; nel 1566 visitò i lavori appena iniziati e nel 1572 vi soggiornò per cinque giorni «mostrando piacerU ogni cosa e particolarmente gh piacque le case, e in quello istante si cominciò l'altro filo delle case» (9). L o sguardo del demiurgo si posava compiaciuto sulla città più che sulla fortezza. Nel 1574, delle settantadue case progettate, quaranta erano già ultimate e dieci in via di realizzazione (10), e ne resta ancora
(7)
C O P P I , La fortificazione
cit., p. 104.
(8) Ivi, doc. X I I . Esiste anche, sulla giornata, una memoria di Paolo Moni. Questi, prima e oltre che parroco nel piandimeletese, fu attivissimo notaio nei domini Oliva e molto legato ai signori, per i quah r o g ò importanti atti. Si conservano di lui sedici volumi rogati tra 1525 e 1587. L a memoria, che si dà in appendice, è in A R C H . S T O R . C O M - P I A N D I M E L E T O , Atti del notaio Paolo Moni, c, 254v. E m i l i o Batteniamo (altrove Battemano e Battemoni), senese, fu abate del Mutino (giuspatronato degli Oliva) almeno dal 1566 al 1576. N e l 1550, quando era ancora maestro di scuola a Sant'Angelo in V a d o , fu presente al testamento di Carlo I I O l i va {Atti Moni cit., c. 178 e c. 60v/test.). (9)
R E N Z I , Sestino cit., p. 131; C O P P I , La fortificazione
cit., doc. L I I .
(10) R E N Z I , La residenza cit., p. 38; C O P P I , La fortificazione
cit., doc. L X I V .
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Oggi visibile i l reticolo sotto la vegetazione che ha ricoperto le rovine; e ben visibile dall'alto resta anche, sul declivio sottostante, il disegno di indecifrabih sistemazioni del terreno: disegno che è anch'esso un documento (e quanto importante!) che andrebbe studiato con idonei strumenti. Cominciava allora il popolamento del Sasso, ed era g i à evidente a tutti la difficoltà di trovare gente disposta a risiedervi, a cominciare dal podestà che a fine agosto chiedeva «gratia di differire questa mia residenza sin tutto aprile» (11). Intanto però qualche casa era già abitata, come riferisce monsignor Ragazzoni che proprio nel luglio di quell'anno vi giunse come visitatore apostolico. Anche i l vescovo di Famagosta è perplesso circa la possibilità che la città si popoh, e sottolinea l'asprezza dei luoghi e la inclemenza del clima. D a l verbale di visita (12), rimasto finora sostanzialmente inedito, si apprende che la chiesa abbaziale (contrariamente a quanto risulterebbe nella nota carta Zani) (13) era ancora esistente, atta al culto e officiata da un cappellano. V i si apprende anche, non senza stupore, che Cosimo aveva inteso dare a questa sua creatura il nome di Maris Civitas (14). Infine è degno di nota il fatto che il canceUiere di visita, uomo a cui non sfuggivano certo le implicazioni giuridiche dei termini, abbia usato per il Sasso l'appellattivo civitas, riservato nel Montefeltro solo a San Leo (la stessa San Marino è designata come oppidum, benché insigne) (15). I documenti editi indurrebbero effettivamente a concludere, come ha concluso Coppi, che l'idea di popolare la nuova città, dimostratasi irrealizzabile, sia stata subito accantonata. L e vicende abitative del Sasso furono in realtà lunghe e complesse, e non è
(11) C O P P I , La fortificazione C\X., doc. L X V I I . (12) V . app. I I . L a relazione Ragazzoni è ignorata, nella parte fondamentale, da tutti gli storici del Sasso, perfino (e davvero inspiegabilmente) da P O T I T O , Visita apostolica cit. (13) Ultimamente pubblicata, con altre carte relative al Sasso, in F E R R A R A C O P P I , La fortezza cit. (14) L a scoperta complica e confonde la simbologia nota. C f r . C O P P I , / / Capitanato cit., p. 29, e G . S P I N I , La montagna cit., p. 11; sul tema, più in generale, L . F I R P O , La città ideale del Rinascimento. Urbanistica e società, Torino 1975. (15) A R C H . S E G R , V A T . , S . Congr. Concila, Visit. Ap., 28, ce. 2 e 31 v.
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pensabile una loro ricostruzione senza una appropriata ricerca documentaria; e questa non è fattibile senza i registri parrocchiali del Sasso, che probabilmente sono perduti per sempre. E del resto i numeri che di seguito si indicano, o quelli che potessero essere indicati in futuro, hanno nel caso del Sasso valore appena latamente indicativo: in pochi luoghi come in questo infatti sono ampie le escursioni fra residenti e presenti, le fluttuazioni fra estate e inverno, forse addirittura fra dì e notte; le anime della Pasqua non risulterebbero a Natale, non tutte le case aperte in giorno di fiera lo sarebbero i l giorno seguente; qualche proprietario della zona avrà una casa al Sasso da utilizzare per l'alpeggio. Pur con tutte queste riserve di metodo, però, è certo che la «città», oltre che una popolazione stagionale od occasionale, ebbe una sua popolazione effettiva, se molti come vedremo la indicavano come patria. I l popolamento del Sasso si mostrò subito difficile, com'era prevedibile e previsto. Luogo di immensa bellezza nei giorni di pace, diventa un inferno quando lo combattono gh elementi e da ogni lato i venti ne spazzano inesorabili lo spogho tavoliere. «Per dir la messa l'invernata» si costruì una cappelletta nel palazzo perché per «sei mesi dell'anno» non si poteva andare «alla chiesa ordinaria rispetto a tempi cattivi»: erano appena settanta metri, dalla chiesa di Sant'Angelo al filo delle case, ma possiamo concedere che fosse una distanza incolmabile nei giorni di bufera, quando «il vento caccia la neve persino nei letti» (16). L a documentazione nota non allude a difficoltà annonarie particolari, che sarebbero però risultate enormi se le case si fossero riempite di abitatori e la città si fosse sviluppata fino a occupare tutto l'acrocoro com'era probabilmente nei desideri di Cosimo. Sta di fatto che le case abitate erano nel 1574 «perpaucae», nel 1575 erano cinque o sei «e questi anchora non havendo a lavorare si voglano partire, che non ci possono vivere», nel 1577 «ve n'è habbitate quattro-otto compresovi il bombardiere Tamburo, uno dottore da Urbino e certe povere donne con uno hoste che solo porta secho i l nome» (17): quattro-otto come ognun vede non
(16) C O P P I . La fortificazione cit., docc. L X X V I , L X X I X . (17) Per il 1574 v. infra, app. I I ; per il 1575 e il 1577 C O P P I , La
fortificazione
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è numero che conferisca alla esattezza, ma insomma la sostanza è chiara. Intanto si proponevano, e Firenze le approvava, misure di incentivazione in favore dei potenziaU abitanti «con dar loro le case senza pigione e farh esenti delle macine, et anchora che non possino essere astretti da debiti fatti davanti a drieto», e si pensava «anchora mandarci qualche confinato» (18). Questo pacchetto di «esenzioni» probabilmente sortì qualche effetto, anche perché si accompagnava alla attivazione dell'importante ufficio del capitano di giustizia e all'acquartieramento della guarnigione militare. Della creazione del capitanato naturalmente Sestino aveva scapitato, e scalpitava: in maggioranza però i comuni erano contenti, chi «per esser miglior strada, et più comoda», altri «per che quando arrivano la su vi è una prateria da poter dar mangiare alle bestie», altri perché trovano conveniente abbinare «alla rassegnia [...] i fatti della Giustizia»; quelh di San Donato infine «dissero più volentieri andare al Sasso per fantasia» (19). Se le funzioni militari, giudiziarie e di controllo amministrativo potevano dirsi artificialmente imposte dalla volontà granducale, il Sasso aveva per sua parte una naturale vocazione e tradizione: quella di luogo di fiera. Una fiera vi si teneva, già nella prima metà del Cinquecento, la prima domenica di giugno, «con grande concorso di popolo» (20); e nel 1567 era ormai «solito, ogni anno tutte le domeniche di giugno, farsi la fiera»; nel 1575 si progettò di istituire un mercato settimanale al sabato: i l capitano pensava di tenerlo dentro la fortezza facendo «lasciare alla porta ogni sorta d'arme» (21). I n fortezza era già stata costruita all'uopo una loggia coperta di circa 200 metri quadrati: ma come al sohto a Firenze si era di idee più grandi, e si preferì costruire ai piedi del Sasso un secondo portico (22), e all'area servita dalla nuova struttura fu dato i l nome pomposo di Scala del Sasso, come appare nel disegno
cit., docc. L X X V , L X X X I (dove, in luogo di «il bombardiere T a m b u r o » , proporremmo di leggere «il bombardiere, t a m b u r o » ) . (18) C O P P I , La fortificazione cit., docc. L X X V , L X X V I , L X X V I I I . (19) R E N Z I , La residenza cit., app. 3 (pp. 63 sgg.), (20) R E N Z I , Sestino cit., p. 29. (21) C O P P I , La fortificazione cit., docc. X X I I , L X X V . (22) Ivi, pp. 79 e 100, doc. L X X V I I .
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coevo che si riproduce in queste pagine (23). D e l mercato ai piedi della fortezza è memoria anche nello Zucchi Travagh, il quale a metà del Settecento scriveva: Concorrendo i convicini del Sasso di Simone fortezza munita da sua eccellenza il granduca di Toscana appiè del detto Sasso per trattare de' loro interessi riguardo al mercimonio ad uso di fiera in più volte dell'anno, e bramando sua signoria serenissima di accrescere il commercio co' sudditi tanto mediati che immediati del duca d'Urbino, p e n s ò di fabbricare un portico, o loggiato, perché ne' tempi piovosi potesse servire di ricovero a' mercadanti ed altri che al detto luogo concorressero (24).
Perché potesse assolvere a questo insieme di funzioni, i l Sasso fu collegato in zona «con nuove strade massicciate [...]. Una via maestra, inoltre, collegava direttamente i l Sasso con la città di F i renze», come appare da una registrazione di spesa del 1585 (25). Dunque la volontà dei granduchi di fare del Sasso una «città» non era venuta meno dopo le prime delusioni, e possiamo supporre che qualche risultato si sia ottenuto anche riguardo al popolamento; fatto sta che vi funzionarono una osteria, un fabbro ferraio, una fornace e un salnitraio (26). Qualche risultato ma non certo pieno successo, anche perché proprio a partire dagh anni settanta la montagna aveva cominciato a dar segni preoccupanti di crisi e lo sviluppo demografico si era arrestato e qua e là invertito (27). I l tracollo decisivo, per la montagna e per l'impresa del Sas-
(23) Recentemente scoperto da Francesco V . Lombardi in A R C H . S T A T O F O R L Ì , Confinazioni, cartone C , n. 1. (24) A . M . Z u c c H i T R A V A G L I , Raccolto istorico ovvero Annali del Montefeltro, ms. in A R C H . S T O R . C O M .
P E N N A B I L L I , t. V , c. 248v (sub 1582).
L a struttura sorse in territorio di Carpegna, per cui si rese necessaria l'autorizzazione di quei conti: G . L O T T I , Consilium prò Co. Horatio Carpineo et eius castro Castellaliae in causa finium communis defensionis cum castro Martiliani Serenissimi Magni Ducis Aetruriae, Modena 1602, p. 95. (25) R E N Z I , Sestino cit., p. 34; cfr. G . C O N T I , La salvaguardia del territorio nella Romagna fiorentina sotto Cosimo / , in II potere e lo spazio, cit., p. 90. (26) R E N Z I , Sestino cit., p. 32. (27) Il processo, messo in luce per l'area di Camerino dagli studi di E . D i S T E F A N O (da Una comunità della montagna camerinese in età moderna: Appennino fra XVI e XVIII secolo, in « P r o p o s t e e R i c e r c h e » , 7 (1981), pp. 105-126, fino al più recente La crisi del Seicento nell'area appenninica: il territorio camerte, in « P r o p o s t e e R i c e r c h e » , 17 (1986), pp. 73-85), sembra essersi sviluppato in parallelo nella zona di cui ci occupiamo; quanto alla montagna romagnola, cfr. C . C A S A N O V A , Comunità e governo pontificio in Romagna in età moderna, Bologna 1981, p. 20, Per il vica-
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Schema della viabilità fra Urbino e il Sasso Simone (sec. X V I ) .
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A . S. F o r h , Confinazioni, C , n. 1: particolare della carta confinaria con l'ideografia della zona del Sasso Simone.
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SO, possiamo supporlo intervenuto in conseguenza della carestia del 1590, quando nella provincia feretrana fu tanto il macello che il morbo fece de' miseri mortali che molti luoghi affatto quasi mancarono, altri rimasero d'abitatori così esausti che poi in appresso l'abitationi istesse precipitando per deficienza di chi loro porgesse mano furono adeguate al suolo ( 2 8 ) .
E tuttavia la disponibilità di case nuove e decenti, le immunità e le agevolazioni, la permanenza in loco degli uffici pubblici esercitarono una forza di attrazione potente tanto da impedire per qualche generazione l'abbandono dell'incasato. Anche dopo i l 1590 si continuò a lottare per difendere dai geh case e pubblici manufatti, per disinfestare la zona da lupi e banditi: le porte della fortezza continuarono per mezzo secolo ancora a serrarsi di notte e all'ora di pranzo (29): la vita, pur in mezzo a tante difficoltà, continuava. In una delle case appunto andò ad abitare nel 1597 Silvia Amatucci, piacente vedova di vent'anni, stata in Frontino giovane da bene. Piacendo al parroco di Frontino, don Giovanni Cresci da Casteldurante, e al cavaliere del Sasso Alessandro Sacchini, questi scrisse al prete avvertendolo di portar rispetto a Silvia come a cosa sua. I l don Cresci non dovette darsene per inteso, se era finito prigione nelle carceri vescovih alla Valle, e il cavahere aveva convinto la vedovella a trasferirsi al Sasso, «dove tiene casa da se stessa e vive delle sue fatiche» (30). Questo episodio, di per se non particolarmente significativo, è uno dei rari squarci aperti sulla vita del Sasso. Non si conosce nulla della sua economia e della sua organizzazione sociale, anche se la prima si può immaginare imperniata su silvicoltura, allevamento brado e pastorizia transumante, la seconda aggregata attorno ai
riato di Sestino, già appartenente al capitanato del Sasso, è stato calcolato che fra 1 5 5 1 e 1 6 3 2 la popolazione p a s s ò da 3 4 a 2 1 ab/kmq. ( L . R O M B A I , M . S O R E L L I , Demografia, insediamemo, mestieri nel Vicariato di Sestino tra la fine del XVIII e la metà del XIX secolo, in ( A N S E L M I ) , La montagna cit., p. 2 6 2 ) . (28)
Z u c c H i T R A V A G L I , Raccolto
menta feretrana (29)
cit., c. (sub 1 5 9 2 ) ; cfr. O . O L I V I E R I ,
[...], ed. G . G I N E P R I , Pennabilli 1880,
R E N Z I , La residenza
Moni-
p. 2 3 3 .
cit., pp. 4 0 - 4 1 .
( 3 0 ) A R C H . S T A T O P E S A R O , Legazione, Lettere dalle comunità. 1807, Lettere del vicario, Frontino 2 2 maggio e 2 4 giugno 1 5 9 7 .
Frontino
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due poh estremi dei funzionari granducah e dei miserabih, dunque senza nessuna possibilità dinamica. I l dechno di tutta l'area appenninica, iniziato negU anni settanta e col 1590 trasformatasi in catastrofe, non potè che accelerare e rendere irreversibile il fallimento dell'impresa. Non così repentinamente, tuttavia, che nel 1627 non vi si contassero ancora 46 anime, secondo un documento fondamentale per la demografia feretrana (31), e nel 1656 addirittura una sessantina, secondo il primo censimento dello Stato pontificio (32): ma, in questo caso, è del tutto probabile (dati anche i fini fiscali del rilevamento) che si sia fatto il novero di quanti ancora vi avevano casa e beni ma non vi abitavano più o non vi capitavano che in piena estate: fatto sta che nel 1673 la fortezza venne disarmata e nel 1679 si dichiarava disabitata (33). Giancarlo Renzi ha già indicato nella emigrazione stagionale verso le Maremme uno degli esiti della crisi dell'area di Sestino, e quindi anche del Sasso, fra Cinque e Seicento (34). Noi stessi abbiamo richiamato in più occasioni l'attenzione su questo tema e su quello connesso della emigrazione permanente (35), ed ora siamo in grado di situare appunto nelle Maremme la tomba di quella sfida affascinante e impossibile che fu la città del Sasso. Lo spoglio del Liber mortuorum di una sola delle sei parrocchie di Corneto per gh anni 1646-1663 è sufficiente a delineare il
( 3 1 ) Riportato con varianti in G . B . M A R I N I , Apologeticon Feretranum, Pesaro 1 7 3 2 , pp. 7 - 9 ; I D , Memorie storiche sulla Provincia di Montefeltro, ms. in A R C H . S T O R . C O M . S A N L E O , t. I I , p. I I , p. ds. 3 5 ; L . D O M I N I C I , Storia generale montefeltrana. Lanciano 1 9 3 1 , pp. 1 9 2 - 1 9 5 . ( 3 2 ) V i si contano per il Sasso 5 5 anime «dai tre anni in su» (e quindi in totale 6 0 - 6 5 ) : F . C O R R I D O R E , La popolazione dello Stato Rorrtano (1656-1901), R o m a 1 9 0 6 , p. 8 0 . Si parla ancora, crediamo enfaticamente, di «molti abitanti del Sasso» nel 1658: cfr. F E R R A R A , La fortezza cit., p. 1 0 6 . (33)
R E N Z I , La residenza
cit., pp. 5 2 - 5 4 .
( 3 4 ) R E N Z I , La residenza cit,, p. 5 7 . ( 3 5 ) G . A L L E G R E T T I , Dall'Appennino pesarese alle Maremme: l'emigrazione stagionale tra '700 e '800, in Campagne maremmane tra '800 e '900, Firenze-Grosseto 1 9 8 3 , pp. 1 5 7 - 1 6 4 ; I o . , Marchigiani in Maremma, in S. A N S E L M I (a cura di), Marche, in corso di pubblicazione in Storia d'Italia Einaudi, Regioni; I D . , L'apporto marchigiano al popolamento di Corneto, in corso di pubblicazione in « B o l l e t t i n o della S o c i e t à Tarquiniense di Arte e Storia», 1 5 .
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fenomeno: su 257 morti, 45 furono cornetani, 183 forestieri (di 29 manca l'indicazione di patria). Dei forestieri, 67 erano originari delle Marche e di essi 19 del Montefeltro marchigiano: ma, considerando l'ambito dell'antica diocesi anche fuori della circoscrizione regionale, i morti feretrani salgono a 36 almeno: un numero appena inferiore a quello dei morti cornetani. In questa numerazione (che vede un'altra area di forte incidenza nell'alta Valtiberina) il primato spetta appunto al Sasso di Simone con 10 morti, ai quali sono da aggiungere altri 5 familiari che le annotazioni stesse danno presenti a Corneto. Sembra legittimo correlare questi 15 emigrati alle cifre, di poco superiori, della popolazione totale: gU ultimi pionieri del Sasso avevano cercato scampo sotto un cielo non meno crudele, e quelle annotazioni di morte sono forse l'ultima memoria della impossibile e ormai spenta città (36). L a Maremma del resto è i l destino di altre Totalwustungen (37), di altre diserzioni in massa da castelh del capitanato del Sasso, come Rocchetta e Castelnuovo (38). C'entra per qualcosa in tah esodi l'instabilità geologica del luoghi, ma decisiva risulta in fondo la disgregazione sociale e lo squilibrio, cronico per più di un secolo, fra popolazione e risorse. E non si tratta di uno squilibrio aritmetico, tale che possa malthusianamente essere sanato da diminuzioni di popolazione: la popolazione residua si ritrova infatti ogni volta stremata a un livello più basso, e le risorse tendono a concrezionarsi sempre più intorno a una agricoltura a sua volta sempre più elementare e avara (39).
( 3 6 ) Sulla problematica dell'abbandono dei centri abitati C . K L A P I S C H - Z U B E R , Villaggi abbandonati ed emigrazioni interne, in Storia d'Italia Einaudi, voi. V , Torino 1 9 7 3 , pp. 3 0 9 - 3 6 4 . ( 3 7 ) W . A B E L , Die Wùstungen des ausgehenden Mittelaltes, Stuttgart 1 9 5 5 , pp. 55 sgg, (cfr. K L A P I S C H - Z U B E R , Villaggi abbandonati cit., p. 3 1 3 ) . ( 3 8 ) Per le due località G . R E N Z I , Cronotassi e aspetti della visita dell'Ordinario, in A A . V V . , La Pieve di Sestino, Rimini 1 9 8 0 , p. 1 2 3 ; si veda anche la bella tavola pubblicata (purtroppo senza collocazione archivistica) in Carpegna feudo imperiale sotto la protezione dei Fiorentini, a c. di A . P O T I T O , San L e o 1 9 7 5 . ( 3 9 ) Si hanno presenti le riserve sul concetto di «crisi» del Seicento formulate nel convegno di M o r r ò d'Alba nel 1 9 8 6 e riassunte in R . P A C I (a cura di). L'agricoltura marchigiana nella <fcrisi» del Seicento, in « P r o p o s t e e R i c e r c h e » , n. 1 7 ( 1 9 8 6 ) , pp. 7 - 8 5 . Per la montagna sembra tuttavia più convincente il quadro di piena crisi delineato da E m a n u e l a D ì S T E F A N O {La crisi cit.) e condiviso in una limpi-
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Le registrazioni di morte della pieve di San Giovanni in Vecchio (40) (comprendenti appunto Rocchetta e Castelnuovo) delineano con chiarezza il quadro di due comunità in sfacelo. Sono almeno 54 gh abitanti di Castelnuovo, e 39 della Rocchetta, morti in Maremma nel Seicento: e le registrazioni non peccano certo per eccesso. Più ancora delle cifre complessive colpiscono certi dati parziah: i 17 morti in Maremma del triennio 1621-1623, i 14 del triennio 1652-1654, i 10 del triennio 1670-1672, i 20 del triennio 1678-1680 con una coda di 8 nel triennio successivo; lo sterminio di intere famiglie, come quella di Luca di Gio:Paulo della Rocchetta con i suoi 6 figh, tutti morti a Corneto nel 1654, o quella di Gio:Piero di Lazzaro da Castelnuovo che, lasciati due figli morti a Corneto, muore egh stesso assieme alla moglie durante il viaggio di ritorno, nel 1622, anno di peste, e muoiono anche i due figli rimasti a casa. Frana insomma, prima ancora che fisicamente, nelle strutture economiche, sociah e politiche (e di tutto questo il collasso demografico è l'aspetto più misurabile), il bacino di argille sul quale la «città» del Sasso aveva inteso ergersi propugnacolo di forza razionalizzatrice. L a rovina del Sasso non fu una rovina isolata: per questo la pohtica medicea in questo estremo lembo di Toscana non sembra imputabile solo di un errore di valutazione tecnica. Quanto alla fortezza, prima del suo disarmo avvenuto nel 1673, aveva continuato a rappresentare una presenza minacciosa e almeno psicologicamente efficace. I consigheri di Piandimeleto, ad esempio, solo per la vicinanza del Sasso s'indussero a sostenere nel 1643, correndo «romori di guerra» e dovendosi approntare la difesa del paese, le spese contro le quaU avevano tenacemente riluttato (41).
da nota di R . P A C I , {L'area montana: il caso di Appennino, le Marche nel Cinquecento, Ancona 1 9 8 2 , p. 3 1 2 ) . (40)
ARCH.
PARR.
S. GIOVANNI
IN VECCHIO,
in A A . V V . , Ancona e
SESTINO,
Liber
defunctorum
1600-1855. I l documento mi è stato segnalato e messo a disposizione in copia da Giancarlo R e n z i , che tanto pili sentitamente ringrazio in quanto so che ne sta facendo materia di un suo studio {Morti parvoli, padri incogniti e società nel Capitanato del Sasso di Simone, di prossima pubblicazione). ( 4 1 ) A R C H . S T O R . C O M . P I A N D I M E L E T O , Libro dei Consigli, 1637-1647, ce. 99V-134.
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• '
•
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Nel 1661, Pier Antonio Guerrieri ne lodava la ricca dotazione di armi e l'efficienza, e la considerava «gran tutela e presidio [...] per tener netto il paese, e la selva da ogni sospetto di ciurma de banditi, e fuorusciti» (42). L a lettera del 1705 di monsignor Lancisi è forse l'ultima descrizione di chi vide la fortezza ancora in piedi, anzi ancora custodita a chiave: aperta la porta da un vecchio custode, i visitatori, in estasi per i l «prodigio della natura», si trovarono davanti un «cadavere» per i l quale non si poteva provare che «orrore» (43).
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APPENDICE L
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MEMORIA DELLA FONDAZIONE DEL
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SASSO
A l l i 14 di luglio 1566. Io don Favolo Moni da Tornano rettore di Santa Maria del Montione di Piandimeleto mi trovai alle cerimonie della prima petra benedetta messa e posta nelli fondamenti del Sasso di Simone c i o è del palazzo posto apresso alla porta del detto Sasso a instantia dell'illustrissimo signor duca Cosmo delli Medici di Firenza duca anco delli senesi. Messer Emilio Batteniamo senese abbate della badia del Sasso di Simone e parimente di Santa Maria del Mutino c a n t ò la messa e fece le benedittioni delli fondamenti di detto palazzo e della porta maggiore er del socorso, con dodeci sacerdoti parati delli quali io fui uno. C h e in detto Sasso non si era fatta fabrica alcuna ma solo cavati li fondamenti del palazzo, della porta del socorso, et della citerna da tenere acqua: et così fatta la benedittione del detto Sasso intorno processionalmente cantando le tanie sua eccellenza dette ordine con solecitudine al fabricar et fortificar detto Sasso col nome di lesu Christo salvator nostro. ( A R C H , S T O R . C O M . P I A N D I M E L E T O , ms. 16, Atti notaio Paolo Moni erroneamente titolato sul dorso Libro delle cause, c. 254v). .-.
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IL V I S I T A A P O S T O L I C A D I M O N S . G I R O L A M O R A G A Z Z O N I (1574) Sestini visitatione peracta, ad Monasterii iurisdictionem nuUius item dioecesis invisendam se contulit dominus visitator, quo in itinere • dieXXIIIIiulii visitavit abbacciam Sancti Angeli de Saxo Simonis annexam antiquitus infrascriptae, in qua peracto sacro indulgentiaque ennunciata et Sanctitatis Suae nomine praesentibus benedictione impartita officioque p r ò defunctis absoluto et visis videndis haec statuit.
(42) G U E R R I E R I , La Carpegna cit., I , p. 29. (43) L A N C I S I , Lettere cit., pp. 12-13.
Patenam inaurari unius mensis spacio. Tabullatum apponi super altare maius. Planetam novam comparari. De novo vasculo infirmorum provideri, cui aptetur bursa serica. Nemo in acclesia ipsa sepeliatur nisi in tumbis. Capellanus hanc curam quae modo valde exigua est exercet R . D . Bernardinus de Naldis de Faventia satis aptus ad id muneris sustinendum: qui litteras exhibuit ordinum suorum et dimissorias. Haec abbacia in titulum iam obtinebatur a monacis Sancti Benedicti, qui eum locum videntur elegisse non solum ut solitudinem sed etiam ut asperitatem, ad diffici[li]orem vitae traducendae rationem, sequerentur. Scopulus erigitur ad Apenini vertices asperrimus et inaquosus, fronde omni spoliatus, praecisus undique atque praeruptus et praeceps, nivibus prò maion' anni parte
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obntus, mille fortasse passuum ambitu. Q u o in scopulo, qui (ut supra dictum est) vulgo Saxum Simonis appellatur et in finibus florentinae ac urbinatensis ditionis est, magnus Florentiae dux, cisterna late effossa, urbem caepit construere non multis abbine annis, loci apportunitate atque assecuritate adductus, quam Maris Civitatem appellavit. E t Ucet multae domus iam aedificatae ibi sint, perpaucae tantum habitantur, et aegre fieri vìdetur posse ut civitas haec a multis incolatur, hyemali praesertim tempore. ( A R C H . S E G R , V A T . . 5 . C. Episc. et Regni, Visit. Ap., 22)
III. F E R E T R A N I M O R T I D A L 1646 A L 1663 N E L L A D I S. M A R I A E M A R G H E R I T A D I C O R N E T O .
Liber Mortuorum dioecesis
Burgi Sancti Sepulchri aetatis suae annorum sexaginta circiter in communione . . . 1647, 3 mar.,
Herculanus de Claris ex loco dicto Concelalto dioec. Montis Feretri a. 27 . . . 26 apr., Bartholomeus alias Meo q. Bernardini de Miratolo comitatu(s) C a r penie a. 60 circ. in domo R e v . D o m . Ioannis Baptistae Crochi . . . 28 apr., D . a Felix q. Petri della Penna di Bilia . . . 1 mag., D . a Felix Pauli del Sasso di Simone mulier Ioannis Mariae de Sebastiano a.33 . . .
.. g i ù . , D . a Gentilis q. Benedicti de Federico ex loco Sancti Donati a.13 . . . 1648, 19 set., Gregorius de Carpenia a.20 . . . 1649, 2 mag., Santinus Antonii Galli de Montefeltro a.48 . . . 3 giù., Costantia Ioannis q. Lazari de Saxo Simone a.3 . . . 9 giù., Gratiosa q. L a z a r i uxor Ioannis q. Lazari de Saxo Simone a.43 . . . 15 g i ù . , Hilarius Leonardus de Pen(n)a Billorum a.55 . . . in quodam domo Angelae Simonis Clari . . . 28 g i ù . , Benedicta q. Baldasaris de Saxo Simonis a.50 in domo propria . . . 29 Ing., Francisca q. Evangelistae uxor PauH q. Lazari de Concelalti Palatio a.50 . . . 18 ago., Paulus q. L a z a r i de Concelalti Palatio a.45 . . . 22 ago.. Maria q. Pauli L a z a r i de Concelalti Palatio a,10 . . . 30 gen., Robertus Cortellinus sacerdos de Talamello a.34 . . .
21 set., Benigna q. G o r i de Gattaia a.50 . . . 15 ott., Baptista q. Valentini de Saxo Simonis a.64 . . . 1653, 4 ago., Violans q. Antonii de Pinna Billorum uxor Francisci de Grossa eiu-
6 set.,
a.65 ...
( A R C H . D U O M O T A R Q U I N I A , F . Parr. S. Maria
1646, 12 d i e , Doninus quondam Camilli ex loco dicto Sasso di Simone
1 set.,
1655, 10 set.. Gratiosa q. Matthei de Saxo Simeonis uxor Camilli q. Francisci de eodem loco a.37 . . . 1656, 12 gen., Franciscus filius Pasquini q. A u r e l i i de Scaulino a.19 . . . 3 nov.. Margarita de Sancto Marino uxor Caroli de Verucchio a.50 . . . 1657, 15 ago.. L u c i a filia Margarithae de Saxo Simeonis a.17 . . . 7 nov., Dolarix uxor Francisci Santoni de Pinna Billorum a.22 . . . 1658, 13 ott., Antonius filius Bedini de Talamello a.8 . . . 12 nov., Costantinus de Pinna Billorum a.40 improvisa morte correptus . . . 18 d i e , Michael filius q. ... de Pinna Billorum a.18 . . . 1660, 1 gen., Francisca q. Cristophani de Sancta Agatha uxor Francisci q. Horatii a.40 . . . 1662, 10 mar., Ioanna q. Antonii Spigagliae de Saxo Simeonis
PARROCCHIA *
1651,
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sdem loci a.26 . . . Petrus Francisci de Pinna Billorum a.6 . . .
Dominica de Conticellis uxor Francisci de Manuahs de Pinna Billorum a.35 . . . 24 ott., Angelus q. Bartholomei de Pinna Billorum a.65 . . . 1654, 29 gen., Camillus filius Franciscae viduae de Saxo Simeonis a.5 . . . 8 die, Mattheius filius Francisci de Talamello mensium 3 . . . 12 d i e , Lazzarus q. Matthei de Petrella a.40 . . . 22 d i e , Franciscus de Scavolino a.24 . . .
e
Margh.,
1646-1683)
CORRADO
LEONARDI
la relazione della visita apostolica del vescovo gerolamo ragazzoni al nullius dioecesis di sestino - 1574
La
pubblicazione della Visita Apostolica di M o n s . R a g a z z o n i
al N u l l i u s D i o e c e s i s di S e s t i n o , c u i f a r à seguito q u e l l a di M u t i n o , è u n a specie di coronamento alle ricerche storiche dei due territori effettuate
non tanto dagli antichi famosi eruditi del M o n t e f e l t r o ,
quanto dei p i ù recenti apparsi nella collana di Studi Montefeltrani ( 1 ) , o negli A t t i di convegni di studio o in monografie ( 2 ) . È i m portante p e r c h è segna u n punto fermo di raffronto di u n a visita eseguita da u n estraneo all'ambiente, mons. R a g a z z o n i , con le alt r e v i s i t e p a s t o r a h c h e gU O r d i n a r i d e l N u l l i u s h a n n o e s e g u i t o , sufficientemente sunteggiate i n « C r o n o t a s s i » da G i a n c a r l o R e n z i i n quello che concerne i l p i v i e r e di Sestino ( 3 ) e ricordati d a E . B u sca, almeno per quanto riguarda i l vescovo di Montefeltro G i o v a n ni F r a n c e s c o S o r m a n i , del quale restano le R e l a z i o n i alla C o n g r e gazione del Concilio ( 4 ) . Visita fondamentale
(1)
L . DONATI,
p e r c h è effettuata
Regesti di pergamene
« S t u d i M o n t e f e l t r a n i » , 1 ( 1 9 7 1 ) pp.
a un decennio
inedite del Montefeltro
1 1 7 - 1 3 8 ; / / - sec.
XIII,
Ivi,
dalla
1 - sec. XII, in
2 ( 1 9 7 3 ) pp.
96-117.
( 2 ) A . PoTiTO, Visita Apostolica di Mons. Ragazzoni a chiese del Plehario agli albori del Capitanato, in «Il Capitanato di Giustizia di Sasso S i m o n e » , Atti del I V Centenario. Sestino 1 9 7 7 , p. 7 2 bis; G . R E N Z I , Sestino. Documenti e Sinodi del Piviere «Nullius». Sestino, 1 9 7 6 ; F . V . L O M B A R D I , / / plebato.di Sestino fra XII e XV secolo, in « L a Pieve dì S e s t i n o » . Atti del convegno 1 9 7 9 . Rimini 1 9 8 0 , pp. 4 1 - 4 9 ; L . D O N A T I , Pergamene inedite dell'abbazia benedettina del Sasso Simone riguardanti Sestino, Ivi, pp. 5 1 - 7 9 ; N . S T O R T I , Origine del Piviere «Nullius» di Sestino e sua evoluzione nei secoli XVI, XVII, XVIII, Ivi, pp. 1 0 1 - 1 1 2 ; G . R E N Z I , L'Abbazia di Sasso Simone e il Territorio di Sestino. ( 3 ) G . C . R E N Z I , Cronotassi e aspetti delle visite dell'Ordinario, in « L a Pieve di Sestino» cit., pp. 1 1 3 - 1 3 4 . ( 4 ) E . B U S C A , Giovanni Francesco Sormani vescovo di Montefeltro, in «Studi M o n t e f e l t r a n i » , 1 ( 1 9 7 1 ) pp. 8 8 - 1 0 2 . L a relazione del 1 4 giugno 1 5 9 3 contiene la importante questione del P ì e v a n a t o di Sestino. Ivi, p. 9 7 .
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CORRADO
VISITA APOSTOLICA D E L V E S C O V O G E R O L A M O R A G A Z Z O N I A SESTINO
LEONARDI
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c h i u s u r a del C o n c i l i o di T r e n t o (4 dicembre 1564; b o l l a di P i o I V di
Espletata la visita alla abbazia di L a m o h , i l vescovo Ragazzo-
c o n f e r m a nelle C o n c l u s i o n i : 26 gennaio 1565) nel fervore della mes-
n i g i u n g e a S e s t i n o , « i n F i o r e n t i n a D i c ì o n e » , i l 15 l u g l i o 1 5 7 4 . I n i -
sa i n a t t o d e l l e r i f o r m e t r i d e n t i n e . I m p o r t a n t e p e r c h è
zia subito i l giorno seguente, 16, l'ispezione d e l l a stessa pieve di S .
conglobata
nella visione locale p i ù ampia del Concilio Provinciale celebrato i n
Pancrazio, cantando
U r b i n o d a l l ' a r c i v e s c o v o F e l i c e T i r a n n i n e l 1569 e s t a m p a t o i n P e -
r e n d o n e l p o m e r i g g i o l a S . C r e s i m a a u n a gran m o l t i t u d i n e di fe-
saro n e l 1570 ( 5 ) , e soprattutto p e r c h è d e c r e t a t a d a l l a S . S e d e i n
d e h , p e r l a m a g g i o r p a r t e a n z i a n i . I l g i o r n o 17 l a s c i a i l c e n t r o d i
un
feretrana,
Sestino per visitare la piccola parrocchia di S. M a r i n a del castello
q u a n d o e r a sorta l a contestazione a l passaggio d e l l a sede episcopa-
di D e s e , l'altra di S. L e o n e di Miraldella, l a chiesa semplice di S.
le d a S . L e o a P e n n a b i U i , p a s s a g g i o d e c r e t a t o d a l v e s c o v o S o r m a -
B a r t o l o m e o « d e S p a g a t o » , la parrocchiale di S. Pietro in C a m p o
ni. N o n per n u l l a fu i n v i a t o quale visitatore apostolico della dioce-
con l a chiesa s e m p l i c e annessa di S . D o n a t o « d e B o r e g n o » ; i l gior-
si d e l M o n t e f e l t r o e d e i N u l l i u s d e l l a P i e v e d i S . P a n c r a z i o d i S e -
n o 18 s i r e c a n e l l e p a r r o c c h i e d i S . A n g e l o « d e c a s t r o C a s a h s » , d i
momento
di tensione
entro
i confini della diocesi
la messa p e r c h è giorno domenicale e confe-
stino e della abbazia di S . M a r i a del M u t i n o u n vescovo estraneo,
S. N i c o l a « d e T r i x e n i o » c o n l a v i c i n a chiesa semplice di S. Pater-
che sostenne apertamente i p r o g r a m m i del vescovo feretrano ( 6 ) .
niano di C a s a l e , di S. A n d r e a « d e massiUano», di S. Paolo di
•
Monteromano
M o n s . G e r o l a m o R a g a z z o n i era un illustre prelato veneziano,
con l'oratorio di S. M a r i a . I l giorno seguente, 19,
amico del cardinale C a r l o B o r r o m e o , creato vescovo di F a m a g o -
torna a Sestino per visitare i l poverissimo monastero delle mona-
sta. Stretto n e l l a m o r s a dell'assedio d i C i p r o effettuato dai T u r c h i
che di S. M a r i a fondato dieci anni avanti, e da qui v a nelle parroc-
nel 1570, riusciva ad eludere i l blocco correndo a V e n e z i a a invo-
chie di S. G i u h a n o « d e castro V a l e n t i a n i » con l a unita chiesa sem-
care soccorsi, e partecipando
plice di S. M a r i n o , di S. M a r t i n o « d e villa montis B r e v i s » ( 8 ) , di
a l l ' u l t i m a sessione del conciho di
T r e n t o , dove tenne i l discorso di chiusura. Q u i conobbe i l cardina-
S. Stefano di Castellacciola, di S. M a r i a di Piego di
Monterone
le b o l o g n e s e U g o B o n c o m p a g n i d i v e n t a t o n e l 1 5 7 2 p a p a G r e g o r i o
con
battesimale
l ' a l t r a di S. M a r i a dove o r d i n a di erigere i l fonte
X I I I . E a p p u n t o G r e g o r i o X I I I n e l 1574 g l i a f f i d a v a i l m a n d a t o d i
( 9 ) ; i l giorno 20 luglio si r e c a nelle p a r r o c c h i e di S. T o m m a s o « d e
V i s i t a t o r e A p o s t o l i c o di tutte le pievi e le chiese di U r b i n o , di P e -
C o l c e l l a t o » e decreta l'erezione del fonte battesimale p e r c h è quel-
saro, di C a g h , del Montefeltro e dei Nullius adiacenti, e quindi del
lo della P i e v e dista quattro miglia e l a popolazione è p i ù n u m e r o s a
Nullius di S. L o r e n z o in C a m p o , di Casteldurante ( U r b a n i a ) , di
di q u e l l a di Sestino. V i s i t a anche l a parrocchiale di S. M a r t i n o fuo-
Mercatello, di L a m o l i , di Sestino e di M u t i n o ( 7 ) .
ri del castello unita a quella di S. T o m m a s o e ordina di erigere u n a croce sui ruderi della chiesa di S. M a r i a di Facciano non mancan-
(5) Mons. Ragazzoni direttamente impone all'arciprete di Sestino l'osservanza dei decreti urbinati: «Tradita sunt Archipresbitero huic, ut etiam Mercatelli, decreta quaedam observanda ex iis decerpta, quae in Urbinatensi D ì o e c e s a n a Synodo recitata fuerunt» {Ivi, c. 249, c. 251), U n esemplare dei « D e c r e t a / P r o v i n c i a l i s C o n ciiii quod/ Urbini ab amplissimo/ archiepiscopo Felice /Tyranno habitum / est. / Pisauri M D L X X / A p u d Hieronimum C o n c o r d i a m » è conservato nella Biblioteca C o munale di Urbania ( I - M U R - 1 2 ) e contiene in calce un fascicolo manoscritto di esecuzioni conciliari tutte riguardanti l'arcipretura di Mercatello, da! 19 aprile 1572 al 1 agosto 1624. Su Felice Tiranni cfr. B . L I G I , / vescovi e arcivescovi di Urbino. U r bino 1953, p. 160. (6) E . B U S C A , G. F. Sormani vescovo di Montefeltro, in «Studi Montefeltrani», 1 (1971) pp, 93-94. (7) P. B L E T , Girolamo Ragazzoni, evéque de Bergamo. R o m a 1962; A . R O N C A L L I , Le visite pastorali dei vescovi di Bergamo dopo il concilio di Trento, in « L a vita d i o c e s a n a » . Bergamo 1909; I D . , / due vescovi di Bergamo contemporanei e
amici di S. Carlo. Ivi, Bergamo 1 9 5 0 ; N . S T O R T I , Origine del piviere cit., p. 1 0 8 ; I D . , Abbazie benedettine della Massa Trabaria nella Visita di Mons. Girolamo Ragazzoni (1574), in «I Benedettini nella Massa Trabaria». A t t i del Convegno di Sestino 1 9 8 0 . Città di Castello 1 9 8 2 , pp. 1 3 8 - 1 4 8 . L e Relazioni di trovano in Archivio Segreto Vaticano. Visitationes Apostolicae. Vesc. Regolari, R . 2 2 . ( 8 ) Se ne veda l'etimologia in W A L T E R V E N T U R I N I , Montelabreve e i Venturini. Città di Castello 1 9 8 0 , pp. 1 4 - 1 6 . I l Venturini conosce la visita di mons. Sormani del 1 5 7 7 , ma non questa di mons. Ragazzoni del 1 5 7 4 . Ivi, p. 1 8 . ( 9 ) L a ragione è basata sul fatto che il fonte battesimale, per antico diritto, esisteva soltanto nella chiesa madre, ossia la Pieve di Sestino, e che la chiesa di Monterone, come l'altra di Colcellalto erano poste agli antipodi della circoscrizione ecclesiastica e che, pertanto, dovevano avere il fonte battesimale a c o m o d i t à dei fedeli. Ivi, c. 2 6 1 .
56
CORRADO
VISITA APOSTOLICA D E L V E S C O V O G E R O L A M O R A G A Z Z O N I A SESTINO
LEONARDI
57
1^ ^ S i m i c A ' ì l B I l W E N ' r
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tCCLESTAE^ - I TEM MXRCATILLf
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ym IVloiSTASTERll ^
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B
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• '^^^V
O
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.
Frontespizio del ms. originale contenente la Relazione della Visita Apostolica del vescovo G . Ragazzoni al Piviere di Sestino 1574: Vìsitatio Urbinatensis Ecclesiae. Item Mercatelli - Lamollarum - Sestinì - Monasterii Nullius Dioecesis Jurisdictionum.
^,. yjitf,
Xyìk-wu^
m^^^udr 9^'Cf4fy
À^fì^
L a prima pagina (c.247r) della Relazione della Vìsita Apostolica del vescovo G . Ragazzoni al Nullius di Sestino.
\
58
CORRADO LEONARDI
VISITA APOSTOLICA D E L VESCOVO G E R O L A M O R A G A Z Z O N I A SESTINO
do di ispezionare
nel castello l'oratorio
59
e l'ospedale della S S . m a
T r i n i t à . I l giorno 2 1 si r e c a nelle chiese p a r r o c c h i a l i di S. L e o n e di Colcellalto, di S. G i o v a n n i i n B e l v e d e r e , di S. G i o v a n n i di G o r g a s c u r a , n e l l a chiesa semplice di S. A p o l l i n a r e di C a s t e l n u o v o ,
nel
luogo dove sorgeva l a chiesa semplice di S. S i m e o n e u n i t a alla parrocchia di S. L e o n e , nella popolosa parrocchiale
di S. G i o v a n n i
«in V e t e r i » , in quella piccola di S. A l e s s i o di Castelnuovo assieme
annessa
alle chiese semplici di S. L o r e n z o e dì S. C l e m e n t e
«de
M o n t i c e l l i s » alla parrocchiale di S. G i o v a n n i , nella parrocchiale di
farrecaJff Omlu^. , ^>
S. Cristoforo « d e S c h i a r o l a » , curata dai cento u o m i n i del luogo,
/
spostandosi poi nella parrocchiale di S. A n d r e a di M o n t e Fortino e a l l ' u n i t a m i n u s c o l a p a r r o c c h i a di S. P i e t r o « d e R o n c o h n o » .
Non
tralascia di compiere u n sopralluogo ai ruderi della chiesa di S. L o r e n z o , alla chiesa semplice di S. Cristoforo dipendente da S. Andrea,
all'oratorio
«sine titulo» del
castello
di
Montefortino.
N e l l a s e r a t a dello stesso giorno l a v i s i t a è trasferita n e l centro di Sestino a l l a F r a t e r n i t à di S . M a r i a . I l 23 lugUo i l p r e l a t o
avanza
per visitare l a chiesa semplice di S . M a r i a « d e ponte R a n c o » , le p a r r o c c h i a h di S. D o n a t o del castello o m o n i m o , di S. G i o r g i o e di
c T-rir-
w». tur^^
^
S. M a r i a dello stesso l u o g o , di S . M a r i a di L u c i m b u r g o , l a c h i e s a
*^
semplice di S. Salvatore, volgarmente chiamata « L a C a n o n i c a » , la parrocchiale
J^/jtk,^À^~
c-^^.
^^^^'t^JU^fJr^^-
J^JiUA^'yt^.'^Jdsn.M/^'
tn.ix-
jr^^Un^^ii^n^^
r.-.^r f T - ^ l
di S. M a r i a « d e L i p e r s i a n o » della quale è contestata
la p a r r o c c h i a l i t à , i ruderi della chiesetta
di S. M a r i a e la chiesa
semplice di S. B a r b a r a « d e L i p e r s i a n o » . D i ritorno a Sestino è v i sitato l'Ospedale,
i n disuso, pur attrezzato di letti a d
accoghere
pellegrini e i n f e r m i . I l giorno 24, i n c u i si conclude l a v i s i t a apostolica ( 1 0 ) , è dedicato alla Confraternita del Ss.mo Sacramento.
Da
Sestino i l giorno stesso i l v e s c o v o R a g a z z o n i parte per iniziare la visita a l Nullius dell'abbazia di Monastero (11).
L'ultima pagina (c.277r) della Relazione della Visita Apostolica del vescovo G . Ragazzoni al Nullius di Sestino nel 1 5 7 4 : Index ecclesiarum omnium Iurisdictionis Sestini.
( 1 0 ) L o Storti afferma che la visita di mons. Ragazzoni al Piviere di Sestino «si svolse dal 1 6 al 2 3 luglio 1 5 7 4 » ( N . S T O R T I , Origine del Piviere «Nullius» di Sestino cit., p. 1 0 9 ) . L'autore non si accorge che il diario della visita nella prima parte non segue uno stretto ordine cronologico, giustificato dallo stesso estensore della relazione, il coadiutore del Visitatore che appunto scrive: « R e v . d. Auditor (cum primum d. Visitator ad Sestini oppidum accessit) profectus cum Notarlo ad invisendas iurisdictionis huius acclesias suam Visitationem cum reversus retulisset, ea a d. Visitatore diligenter perspecta in sequenti forma redacta est». E c i ò scrive nei primi fogli, in calce alla visita del 2 4 luglio. Ivi, c. 2 5 3 . ( 1 1 ) «Sestinì visìtatione peracta, ad Monasterii jurisdictionem se contulit D .
60
CORRADO
V I S I T A A P O S T O L I C A D E L V E S C O V O GEROLAMO R A G A Z Z O N I A S E S T I N O
LEONARDI
D a i r i t i n e r a r i o e d a l c u m u l o dei sopralluoghi si
comprende
come l a visita del sestinate sia stata effettuata alacremente m a , per ristrettezza dei tempi, sommariamente.
È vero che i Visitatori di-
61
Striminzita omelia. C i ò nonostante non vengono registrati scandaU o irregolarità rilevanti. L a p o v e r t à dei benefici del N u l l i u s sestinate r i s u l t a dallo stato
s p o n g o n o d i f o r m u l a r i d i s a c r a v i s i t a ( 1 2 ) e d e m e t t o n o d e c r e t i ste-
materiale
reotipi a suon di multe pecuniarie, con quell'ordine e con quel si-
s c o n n e s s i , d a i p a v i m e n t i i n t e r r a b a t t u t a , dagU altari s q u a l h d i , d a l -
stema illustrato sufficientemente
le sepolture a b b a n d o n a t e , dalla m a n c a n z a perfino di c a m p a n e . M a
d a l R e n z i ( 1 3 ) . M a le difficoltà
delle chiese, spesso
fatiscenti, dai tetti sprofondati
o
i n a r e a alpestre, gli scarsi m e z z i di c o m u n i c a -
soprattutto dalla valutazione i n scudi del reddito beneficiario, re-
zione, i gravi problemi religiosi, sociaU, m o r a h ed economici mossi
golarmente registrato dal R a g a z z o n i per ogni istituto, dopo l a di-
dalla riforma tridentina, avrebbero richiesto u n a p i ù lenta
chiarazione esphcita che «in quelle regioni n o n circola
delle infrastrutture
appro-
moneta»
Comunque
(15). T a l i redditi, assommati, raggiungono l a s o m m a totale di scu-
l a v i s i t a d e l v e s c o v o R a g a z z o n i offre e l e m e n t i p i u t t o s t o c h i a r i a v a -
di 757, p o c h i a raffronto dei redditi beneficiah delle diocesi circo-
fondita introspezione della vita comunitaria sestinate.
del secondo cinque-
stanti e dei bisogni del v i v e r e . Se si pensa che i benefici parroc-
cento nelle impervie zone dell'Appennino tra T o s c a n a , M a r c h e e
c h i a h d e l N u l l i u s s e s t i n a t e s o n o 2 6 , l e c h i e s e s e m p l i c i 15 o l t r e a u n
R o m a g n a . I l clero, a differenza di altre giurisdizioni ecclesiastiche
monastero e ad u n ospedale, u n a pensione apostolica gravante per
limitrofe, risiede n o r m a l m e n t e nelle parrocchie affidate, forse per-
24 scudi l a parrocchiale di S. L e o n e i n C o l c e l l a l t o , occorre conclu-
c h è è quasi tutto originario di Sestino ( 1 4 ) o dei dintorni, m a v i
dere che la maggior parte del clero (16) n o n riusciva ad usufruire
vive u n a vita grama, senza impegni vissuti, nella p o v e r t à spirituale
di quei 24 scudi a n n u a h di rendita domenicale che m o n s . R a g a z z o -
ed e c o n o m i c a . L o si c o m p r e n d e
ni stabiUsce come tetto per l'onesto sostentamento del clero ( 1 7 ) .
lutare la vita ecclesiale, sociale e campestre
dalla impreparazione
dei
fedeh
che i l p i ù delle volte sono assenti alla visita, n o n partecipano
alla
vita delle Confraternite, trascurano i Sacramenti, in particolare la C r e s i m a che viene conferita dal Visitatore a grandi masse di persone anziane, anzi « v e c c h i e » , dopo u n a s o m m a r i a spiegazione i n u n a
Visitator, quo in itinere die X X I I I iulii visitavit Abbaviam Sancti Angeli de Saxo S i m o n e » . Ivi, c. 279. (12) L a Biblioteca Comunale di Urbania conserva il ms. 46 verosimilmente servito allo stesso mons. Ragazzoni, p e r c h è in calce porta scritto « M o n s . i l l . m o l'anno 1575 alla fine di agosto si partì per le visite et a n d ò a S. Cipriano». Libellus prò visitatione ecclesiarum Urbis anno Millesimo quingentesimo septuagesimo tertio S.mi D. N. Gregorii XIII Anno primo. Il formulario è chiaro. E s . : Regio, Nomen, R e c tor, Possessori CathedraUs, Collegiata, Parochialis; Titularis, Dependens, Simplex. Nel ms. 46 sono riferite anche le disposizioni specifiche di visite ai monasteri. ORDO VISITAE. (13) G . R E N Z I , Cronotassi e aspetti delle visite dell'Ordinario cit., pp. 113-114. (14) Sestinati sono d. Achille Detti cappellano dell'arciprete D . Roberto Magi che, invece, proviene da Mercato Saraceno, d. Domenico Arengo, parroco di Dese, d. Lamberto Marini parroco di S. Pietro di Campo, d. Tiberio Magini, parroco di S. A n d r e a di Massiliano, d. Vincenzo Angelini, parroco di S. Paolo di Monteromano, d. Paolo Paolucci, parroco di S. Giuliano di Valenzano, d. Muzio Ruggeri parroco di S. Tommaso di Colcellalto, d. Dionisio C i r i , rettore di S. Salvatore, d. Carlo Moneta, parroco di Ranco.
(15) «In his regionibus [...] non abundat p e c u n i a » . Ivi, c. 251. (16) Faceva eccezione l'arciprete, che recepiva 150 scudi annui, e i parroci di Colcellalto e di S. Giovanni «in V e t e r i » che venivano a prendere scudi 80 annui, ma p e r c h è godevano i frutti di altre parrocchie e chiese annesse. (17) C O R R A D O L E O N A R D I , Investimenti terrieri nella erezione della Diocesi di Urbania: 1636, in « P r o p o s t e e R i c e r c h e » , 17 (1986) pp. 16-17.
62
CORRADO
LEONARDI
VISITA APOSTOLICA D E L VESCOVO G E R O L A M O R A G A Z Z O N I A SESTINO
63
rebus fieri solent. Q u a r e mandatum illi est, ut ( q u e m a d m o d u m facere coepit) ab his se rebus abstineat. Q u o d si iure i d se posse facere arbitretur, probet S.mo D . N . ut etiam aliis huiusmodi O r d i VÌSITATIO SESTINI NULLIUS DIOECESIS
nariis supra fuit iniunctum. I t e m provisi ratione supradicta de B e neficiis n o v a m a Sancta Sede provisionem beneficiorum suorum obtineant sub poenis super annotatis in V i s i t a t i o n e M e r c a t e l l i . Plebis huius A r c h i p r e s b i t e r , et totius huius iurisdictionis quae (ut infra apparebit) X X parochiales ecclesias habet, praeter quasdam simplices sibi subiectas, ordinarius est reverendus D . R o b e r t u s Magius de M e r c a t o Saraceno Sarsinatensis D i o e c e s i s , v i r probatis
IURISDICTIONIS ;
C.247
A b b a t i a e L a m o l l a r u m V i s i t a t i o n e peracta ad Sistini Jurisdiction e m , in F i o r e n t i n a D i c i o n e positam, nullius et ipsam D i o e c e s i s , invisendam contulit se D . V i s i t a t o r . E t c u m ad plebem oppidi ipsius pervenisset die X V J u l i i , in D o m i n i c a m d i e m , quae tertio die futura erat dilata Indulgentiae annun-
DieXVIJuli]
c.248
C.249
[1574].
V i s i t a v i t plebem ipsam, quae sub invocatione est B . P a n c r a t i j . I n qua peracto p r ò defunctis officio visisque videndis, c u m caetera se p r ò rectoris diligentia satis ornate haberent, i d tantummodo statuit, ut quandoquidem sacri F o n t i s petra tuta non est, alia, quae ad id i a m parata est, m a r m o r e a eius loco ponatur, cui superponatur ciborium decens, idque quanto citius. I t e m ut, v i t r e i loco, argenteum tabernaculum comparetur p r ò Sanctissima E u c h a r e s t i a e Sacramento. A l t a n a m u l t a i n hac ecclesia sine dote, cum patronis tamen, et curatoribus, quae m u l t a desiderant, ornentur r e v . d i i p sius A r c h i p r e s b i t e r i arbitrio, poena ac tempore, prout eius D o m i nationi videbitur. B u l l a in C o e n a D o m i n i , quae multis abhinc annis i n hac ecclesia aut iurisdictione publicata non est, mandatum fuit ut hoc et sequentibus tribus annis suo tempore termino publicetur, eaque postea affigatur in / ea ipsa ecclesia in oculis o m n i u m ; affigantur etiam confessorio casus reservati ipsi O r d i n a r i o et formula absolutionis, quae illi tradita est impressa. Jurisdictio haec N u l l i u s Dioecesis est ante o m n i u m h o m i n u m mem o r i a m : nihil autem i n scriptis de ea exemptione demonstratum est; C a t h e d r a l e m ecclesiam v i c i n i o r e m habet F e r e t r a n a m , a cuius P r a e s u l i solita fuit aliquando visitari. Plebs est non collegiata, et ab A r c h i p r e s b i t e r o ipso ( q u i i a m diu residet assidue) regitur, et a capellano, neque eius cura tam magna est, ut a duobus administrari commode n o n posse, praesertim cum M o n a s t e r i u m habeat fere coniunctum F r a t r u r n Sancti A u g u s t i n i . E x a m i n a t o r e s etiam A r c h i p r e s b i t e r hic et ipse habuit, et B e n e f i c i u m aliquod contulit de e o r u m sententia aliquando e t i a m sine concursu. D i m i s s o r i a s i t e m quasdam concessit, et excommunicationes, quae monitionibus praemissis ad finem revelationis p r ò deperditis, seu subtractis
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•• •
/ moribus et ad i d muneris sustinendum valde aptus et idoneus, sine quaerela i a m p r i d e m v i v e n s , et valde b o n u m habens a suis testimonium. E i u s litterae O r d i n u m et institutionis B e n e f i c i i huius rite multis abhinc annis conscriptae visae sunt. Capellanus i n hac cura A r c h i p r e s b i t e r u m ipsum adiuvat R . D . A c h i l l e s D e t t u s de Sestino, satis aptus ad i d muneris sustinendum, qui litteras exhibuit o r d i n u m suorum. Plebis huius fructus 150 scuta non dicuntur excedere. T r a d i t a sunt A r c h i p r e s b i t e r o h u i c , ut etiam M e r c a t e l l i , decreta quaedam observanda ex iis decerpta, quae i n U r b i n a t e n s i D i o e c e sana Synodo recitata fuerunt, quae iurisdictioni huic opportuna v i s a sunt, ut ea R . ipse A r c h i p r e s b i t e r constitutionibus suis addat, quas habet multos i a m annos rite conscriptas. Die XVIII
Julii.
R e v e r e n d u s D . V i s i t a t o r hac die, quae D o m i n i c a fuit,
missam
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m a i o r e m i n plebe ipsa decantavit, i n qua ad populum sermonem
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habuit; eique Indulgentiam ennunciavit et B e n e d i c t i o n e m Sancti-
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tatis Suae nomine impartivit, et de currenti evangelio quaedam dixit, seque demonstravit post p r a n d i u m Confirmationis sacramentum administraturum, eius v i m atque virtutem explicans, et ration e m i l l u d cum fructu suscipiendi, idemque antea curavit per paro-
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chias rurales denunciari. E t cum haec D o m i n i c a tertia mensis esset, processio eo ipso mane facta est a D . V i s i t a t o r e / s.mae ipsius E u c h a r i s t i a e , de cuius etiam dignitate panca quaedam populum a l locutus est. Post p r a n d i u m ideo S a c r a m e n t u m supradictum Confirmationis satis magnae h o m i n u m multitudini et provectae p r ò m a i o r i parte aetatis, q u o r u m o m n i u m et eos tenentium nomina descripta sunt, et tradita rev. ipsi A r c h i p r e s b i t e r o , ut ad perpetuam m e m o r i a m i n archivio plebis conserventur p r ò m a t r i m o n i o r u m impedimentis cognoscendis.
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CORRADO
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VISITA APOSTOLICA D E L VESCOVO G E R O L A M O R A G A Z Z O N I A SESTINO
LEONARDI
V i s i t a v i t i n oppido ipso Sistini m o n i a l i u m M o n a s t e r i u m Sanctae M a r i a e , quod decimo abhinc anno institutum est ab hominibus loci, ut filias suas, quas i n matrimonio non poterant decenter collocare, i n tuto, ac honesto loco ad D e i omnipotentis obsequium conservarent. A d monasterium autem hoc fabricandum, ut sumptui parcerent, ecclesiam elegerunt Societatis Sanctae M a r i a e , super q u a m cubiculum quedam construxerunt, in quibus sine uUo fere alio additamento X I I I I modo M o n i a l e s habitant, non solum anguste, sed etiam periculose; n a m ex illis multae b r e v i tempore obierunt, et reliquae male sanae sunt. E c c l e s i a vero ipsa tota fornice contegitur p a l t ò . M o n a s t e r i u m hoc alio transferre p r i m u m cogitavit d . V i s i t a t o r , sed cum neque locus, neque facultates ullo modo suppeterent, eo devenit ut omnino faciendum esse censeret a m p l i a n d u m esse monasterium ipsum, et locis i n circuitu perlustratis, occasionem reperit id faciendi. Sed c u m monialibus ipsis quotidianus victus deficeret, ne d u m pecunia abundaret ad fabricandum, decretum fuit de A r chipresbiteri O r d i n a r l i sui sententia, ut tametsi maior numerus earum sit, quam monasteri] certis redditibus, et solitis elemosynis possint sustentari / liceat illis n i h i ì o m i n u s m o n i a l e m u n a m accipere c u m dote ad minus 250 florenorum, quae omnis pecunia ad descriptam fabricam, n o n ad a l i u m u s u m intelligatur applicata. Q u i bus nummis se praedia in his regionibus ( i n quibus non abundat pecunia) emerentur, ex eorum fructibus unde moniales non i n commode videretur posse alieni moniali parentes, aut propinqui obligare se praeterea efficaciter teneantur ad certam s u m m a m O r dinarli arbitrio singulis annis, quantum v i x e r i t , despendendam. I p sarum vero m o n i a l i u m numerus ad X I I definitus est. D e c r e t u m que factum illis, ac i n t i m a t u m fuit ex formula in U r b i n a t e n s i V i s i tatione praescripta: donec vero res ad praefinitum numerum redigatur, salma tritici monasterio huic assignata est ab infrascripto HospitaU. M o n a s t e r i u m hoc sub r e v . d i A r c h i p r e s b i t e r i iurisdictionis huius O r d i n a r l i cura est et bene ac honeste regitur, clausura diligenter servata, cui monasterio praeter fabricam suprascriptam sancitum fuit, ut quanquidem oratorium non habet, i n quo commode possint moniales d i v i n u m officium decantare, et in ecclesiam ad missam audiendam prospicere, partem ipsius ecclesiae quae e maioris altaris regione est, ei liceat sibi adiungere, a porta ad c u l m e n , col u m n a i n medio posita, ad trabem sustentandam, qui locus ecclesiam versus cratis ferreis bene ac tuto clausus sit. I a m v e r o , cum monasterium hoc neque r o t a m habeat neque crates, ut cum neces-
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sitas postulat, foris aliquid accipiendi v e l cum aliquo coUoquendi, porta, quae p r ò clausura est, aperienda sit, decretum fuit ut descriptis ac designatis a d. Visitatore locis, et rota fiat et crates ponantur quanto citius, ad quas tamen crates aut r o t a m accedere nuUus audeat praeter patrem et m a t r e m ut c u m monialibus ipsis coUoquatur, sub poena excommunicationis, nisi licentia ab O r d i nario in scriptis obtenta. r I n monasterium supradictum ingressus d.Visitator c u m A r c h i p r e sbitero tantummodo et m o n i a l i u m ipsarum confessore, sermonem ad eas habuit de t r i u m v o t o r u m observantia, eisque B e n e d i c t i o n e m Sanctitatis Suae nomine impertivit et Indulgentiam ennunciavit. /
Die XXII Julii. :u\t Societatem Sanctae M a r i a e , quae c u r a m gerit supradictae ecclesiae, eamque instructam et ornatam conservat, et divino sacrificio curat frequentari; nihil fere certi habet i n redditu, sed tem..•jj pore messis elemosynae coUiguntur, quibus impensae supradictae fiunt, et praeterea festivis diebus celebratur honorificentissime. Sed c u m fratres convenire n u n q u a m soleant ad simul canendum, -, .
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C.253
deliberatum fuit, ut i d altera quaque hebdomada semel saltem fiant, et ter i n anno ad caelestem m e n s a m , confessis peccatis suis, accedant. Die XXIII Julii. V i s i t a v i t in eodem oppido Hospitale quod ad X V scuta habet i n redditu; lectus i n ea fulcitus est ad peregrinos et infirmos recipiendos, sed perpauci hic hospites devertunt, quod reUqui est, i n pauperes loci dicitur erogar!, et rationes videre solent singulis annis ab ordinario. E x his elemosynis salma tritici applicata est monasterio supradicto m o n i a l i u m , donec ad praefinitum n u m e r u m redigatur, factumque fuit mandatum Syndicis, et gubernatoribus hospitalis ipsius ex formula supradicta in V i s i t a t i o n e U r b i n i et M e r cateUi. Die XXIIII Julii. V i s i t a v i t in plebe ipsa Societatem S . m i S a c r a m e n t i , quae nihil fere habet in redditu, et elemosynis regitur, quare etiam rationes videri solent ab O r d i n a r i o . Sed quoniam fratres i i , qui m u l t i sunt, convenire n u n q u a m solent ad simul o r a n d u m , neque ad id locum aptum / habent, locus ad ecclesiam repertus est ad i d accomodatissimus, quem susceperunt o r n a n d u m , quo mandatum illis fuit, ut semel saltem i n mense die dominico, i n quadragesima v e r o , et i n adven-
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VISITA APOSTOLICA D E L VESCOVO G E R O L A M O R A G A Z Z O N I A SESTINO
tu dominicis omnibus diebus conveniant ad septem psalmos, v e l B . M a r i a e officia c o m m u n i voce recitandum, et eam sibi legem praescribant, ut quater saltem in anno, confessis peccatis suis, ad sanctissimae E u c h a r i s t i a e preciosam mensam accedant, quae facturos se ipsi allacriter promiserunt. R e v . d . A u d i t o r ( c u m p r i m u m d.Visitator ad Sestini oppidum accessit) profectus cum Notarlo ad invisendas iurisdictionis huius ecclesias suam V i s i t a t i o n e m cum reversus retulisset, e a a d.Visitatore diligenter perspecta in sequenti forma redacta est. Die XVII
C.255
R e c t o r est R e v . D . D o m i n i c u s A r e n g u s de Sestino residens, aptus ad c u r a m hanc, quae valde exigua est, administrandam. E i u s litterae o r d i n u m visae sunt et institutionis beneficii de sententia e x a minatorum in hac j u r i s d i c t ì o n e electorum, coUatio sine uUa concursus mensione, qua de re supra dictum est. E c c l e s i a e fructus X I I scuta n o n dicuntur excedere. / Eadem
die.
/-
V i s i t a v i t simplicem ecclesiam Sancti B a r t o l o m e i de Spagato annex a m antiquitus superiori; quae reperta est hnis et tritici piena, quae prophanae res statim iussu d . A u d i t o r i s amotae fuerunt, i m positumque rectori sub poena suspensionis a divinis, et scutorum X X ut ecclesiam ipsam perpetuo a rebus prophanis i m m u n e m conservet. I n ea ecclesia iussum est, ut quoniam aliqua ex parte r u i nam minatur, ea omnino ante h y e m e n reparetur sub poena duph et porta ita aptetur, ut tuto et commode possit Claudi X V dierum termino poena scutorum t r i u m . / , • , r.,,^
Julii.
V i s i t a v i t paroecialem ecclesiam Sanctae M a r i n a e de Castro D e s i et rectori, cum alius adesset nemo, ennunciata Indulgentia peractoque p r ò defunctis offitio visisque videndis, haec statuii: P a t e n a m renovari duorum mensium spacio sub poena scutorum t r i u m . B u r sam aptari sericam vasculo O l e i i n f i r m o r u m X V d i e r u m spacio, sub poena scuti unius.
c.254
Eadem
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R e c t o r est r e v . d . L a m b e r t u s de M a r i n i s de Sestino residens, aptus ad curam administrandam. E i u s litterae o r d i n u m visae sunt et i n stitutionis beneficii.
die.
E c c l e s i a fructus cum annexo infrascripto 24 scuta dicuntur conficere.
\t paroecialem ecclesiam Sancti L e o n i s de Castro M i r a l d e l lae ratione praescripta. I n qua haec statuit: T a b u U a t u m apponi super altare maius d u o r u m mensium spacio poena scutorum t r i u m . Confessorium in ecclesia sisti, cui affigatur bulla I n C o e n a D o m i n i ; casus O r d i n a r i o reservati et formula absolutionis unius mensis spacio sub poena scutorum t r i u m . B u r s a m aptari sericam vasculo O l e i infirmorum X V dierum termino sub poena scuti unius. A l t a n a duo, quae candellabra c r u c e m et scabellum ligneum desiderant, ornetur quatuor mensium spacio ab i i s , ad quos pertinent, sub poena eorum unicuique scutorum sex. R e c t o r est R e v . D . B e r n a r d i n u s de Bartoluciis de C a s t r o Plebis residens, satis aptus ad i d muneris substinendum. E i u s litterae ordin u m visae sunt et institutionis beneficii a Sancta Sede i a m diu obtenti. E c c l e s i a fructus c u m annexa infrascripta 24 scuta dicuntur conficere.
Eadem die V i s i t a v i t paroecialem ecclesiam Sancti P e t r i de C a s t r o C a m p i ratione praescripta. I n qua iussum est tabullatum apponi super altare maius duorum mensium spacio sub poena scutorum t r i u m . B u r sam aptari sericam vasculo O l e i i n f i r m o r u m X V dierum termino. E c c l e s i a m , ex parte quae id desiderai, dealbari sex mensium spacio sub poena scutorum quatuor. Q u a t u o r i n hac ecclesia altaria, quae multa ad sui ornamenta desiderant, decenter instrui, et ornari a curatoribus suis sub poenis et termino a r e v . O r d i n a r i o apponendis.
Eadem die. V i s i t a v i t simplicem ecclesiam Sancti D e n a r i de B o r e g n o annexam supradictae quae p r ò loci condirione et facultaribus ecclesiae satis instructa est rebus ad huiusmodi ecclesiam pertinentibus, atque in ea praeter festum suum diem aliquando etiam solet celebrari.
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Die XVIII Julii. V i s i t a v i t paroecialem ecclesiam Sancti A n g e l i de Castro Casalis ratione praescripta. I n qua hoc statuit; F o r n i c e m altaris maioris labentem / ac prope cadentem, et tectum item ecclesiae reparari atque instaurar! omnino ante h y e m e m sub poena d u p l i . P r o v i d e r i de vasculo staneo p r ò O l e o i n f i r m o r u m , cui aptetur bursa serica X V dierum termino sub poena scuti unius. Confessorium apponi, cui affigatur b u l l a I n C o e n a D o m i n i , casus O r d i n a r i o reservati et formula absolutionis unius mensis spacio, sub poena scutorum t r i u m .
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VISITA APOSTOLICA D E L V E S C O V O G E R O L A M O R A G A Z Z O N I A SESTINO
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R e c t o r est r e v . d . Z a n o b i u s de F a b r i s de L a m o l i s residens, aptus ad c u r a m , cuius litterae o r d i n u m visae sunt et institutionis Beneficii a Sancta Sede obtentae. E c c l e s i a e fructus c u m annexo infrascripto X V scuta dicuntur conficere. c.258 Eadem
die.
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V i s i t a v i t paroechialem ecclesiam S a n c d Nicolai de F r i x e n i o u n i t a m antiquitus supradictae propter vicinatatem, paupertatem et exiguum a n i m a r u m n u m e r u m , in qua celebrari solet alternis dominicis, ut etiam in supradicta, et tunc populus omnis eo c o n v e n ì t , ubi celebrandum est. Satis instructa est, p r ò facultatibus suis, rebus ad e a m pertinentibus.
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c.257
E c c l e s i a e fructus X V scuta dicuntur conficere. Eadem
Eadem
die.
V i s i t a v i t paroecialem ecclesiam Sancri P a u l i de C a s t r o Monris R o m a n i ratione praescripta. I n qua iussum est: T a b u l l a t u m apponi super altare maius unius mensis spacio sub poena scutorum duorum; confessorium apponi, cui affigatur b u l l a I n C o e n a D o m i n i ; casus O r d i n a r i o reservati et forma absolutionis unius mensis spa-
die.
V i s i t a v i t i n eodem Castro O r a t o r i u m Sanctae M a r i a e unitum supradictae parochiae, i n quo aliquando devorionis causa celebratur.
die.
V i s i t a v i t paroecialem ecclesiam Sancti A n d r e a e de Massiliano et rectori ennunciata / , c u m alius adesset nemo, indulgenria peractoque p r ò defunctis officio, et visis videndis haec statuit: E c c l e s i a m , qua parte id desiderai, dealbari sex m e n s i u m spatio sub poena scutorum quatuor; confessorium apponi, cui affigatur bulla I n C o e n a D o m i n i , casus O r d i n a r i o reservati et f o r m u l a absolutionis, unius mensis spatio sub poena scutorum t r i u m . D e vasculo novo staneo provideri p r ò oleo i n f i r m o r u m , cui aptetur bursa serica X V dierum spacio sub poena scutorum duorum. R e c t o r est r e v . d . T i b e r i u s Magnus de Sestino, residens, satis aptus ad c u r a m hanc, quae valde exigua est, administrandam. E i u s litterae ordinum visae sunt et bullae beneficii ei collati de sententia e x a m i n a t o r u m in hac ipsa iurisdicione electorum, sine tamen u l l a de concursu mentione.
ciò, sub poena scutorum t r i u m . P r o v i d e r i de novo vasculo staneo p r ò oleo i n f i r m o r u m , cui bursa aptetur serica unius mensis spacio sub poena scutorum t r i u m . E c c l e s i a m ex ea parte, quae id desider a i , dealbari sex m e n s i u m spacio sub poena scutorum quatuor. R e c t o r est r e v . d . V i n c e n t i u s de A n g e l i n i s de Sestino, residens, aptus / ad c u r a m e x e r c e n d a m , qui institutionis beneficii litteras ostendit. I n quibus nulla de concursu mencio. C o l l a t u m vero ei fuit beneficium de e x a m i n a t o r u m sententia in hac ipsa iurisdictione electorum, qua de re supra. O r d i n u m vero litteras nullas e x h i buit, c u m regularis fuerit ordinis Sancti F r a n c i s c i , sed licentiam ex bulla f e r e . P i i 4.ri rite compositam ostendit e x t r a claustra degendi in habitu secularis praesbiteri. E c c l e s i a e fructus X V scuta dicuntur conficere c u m annexo infrascripto.
Eadem die. ' V i s i t a v i t simplicem ecclesiam Sancti Paterniani de C a s a l e , cuius cura spectat ad communitatem loci sine ullo certo redditu, q u a m adhortatum est rev. A u d i t o r homines illos, ut curent dealbandam eiusque p a v i m e n t u m sternendum. Eadem
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Die XVIIII Julii. V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sancti J u l i a n i de C a s t r o V a l e n t i a n i , et rectori, cum alius adesset n e m o , ennunciata indulgentia peractoque p r ò defuncris officio, visisque videndis hoc statuit: T a bullatum apponi super altare maius d u o r u m m e n s i u m spacio sub poena scutorum t r i u m ; provideri de novo vasculo p r ò O l e o infirm o r u m cui aptetur bursa serica unius mensis spacio sub poena scutorum d u o r u m ; comparari n o v u m pajlium p r ò m a i o r i altari sex m e n s i u m termino sub poena scutorum sex; ecclesiam dealbari, qua parte id desiderat, quatuor mensium spacio, sub poena scutor u m quatuor /; confessorium apponi, cui affigatur bulla I n C o e n a D o m i n i , casus O r d i n a r i o reservati et formula absolutionis unius mensis spacio sub poena scutorum t r i u m . R e c t o r est r e v . d . P a u l u s Pauluccius de Sestino, residens, satis aptus ad c u r a m hanc quae exigua est administrare. E i u s litterae O r d i n u m visae sunt, et institutionis beneficii. E c c l e s i a e fructus c u m annexo infrascripto X X scuta dicuntur conficere. Eadem die. V i s i t a v i t simplicem ecclesiam Sancti M a r i n i u n i t a m supradictae. I n qua iussum est p a v i m e n t u m sterni, et ecclesiam dealbari unius anni t e r m i n o , sub poena scutorum X I I .
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Eadem die. V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sancti M a r t i n i de V i l l a Montis B r e v i s , et rectori ennunciata indulgentia cum alius adesset nemo, peractoque p r ò defunctis officio, visisque videndis haec statuit: Confessorium apponi, cui affigatur bulla I n C o e n a D o m i n i , casus O r d i n a r i o reservati et formula absolutionis unius mensis spacio sub poena scutorum t r i u m ; bursam aptari sericam vasculo O l e i i n f i r m o r u m X V dierum spacio sub poena scuti unius. R e c t o r est r e v . d . A n t o n i u s de Casahnis de Castellazola, qui ad ecclesiam non habitat, sed i n villa non m u l t u m ab ecclesia distanti, ut residere procul dubio videatur aptus est ad c u r a m exercendam, eius litterae O r d i n u m visae non sunt, quas se affirmat amisisse; septuagesimum quartum aetatis annum agit et habitus semper est, ut praesbiter saecularis /. Insdtutionis vero beneficii litterae, quas etiam amisit, e registro plebis Sestini, a qua illud iampridem obtinuit, visae sunt. E c c l e s i a e fructus X X X scuta dicuntur conficere. Eadem die. V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sancti Stephani de Castellazola, et rectori, cum alius adesset nemo, ennunciata indulgentia, peractoque p r ò defunctis officio, et visis videndis, statuit id tantum: T a bullatum apponi super altare maius duorum mensium spatio sub poena scutorum t r i u m ; i n altare C r u c i f i x i , quod de iure patronatus est famihae de Casalinis, et habet in redditu ad sex scuta, pingatur denuo icona, quae n i m i a vetustate consumpta est, atque i d quatuor mensium spacio sub poena scutorum sex. R e c t o r est r e v . d . D o n a t u s de A m a n t i n i s de R a s c h i o , qui residet, satis aptus est ad munus huiusmodi sustinendum, et litteras exhibuit ordinum suorum et institutionis beneficii. E c c l e s i a e fructus quadraginta scuta dicuntur conficere.
VISITA APOSTOLICA D E L V E S C O V O G E R O L A M O R A G A Z Z O N I A SESTINO
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E c c l e s i a e fructus cum a n n e x a infrascripta X X X scuta dicuntur conficere.
Eadem die. V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sanctae M a r i a e i n C a s t r o supradicto ad quam habitat rector propter commoditatem populi, c u m supradicta extra C a s t r u m sit. U n i t a haec est superiori propter v i c i natatem, et paupertatem. I n qua iussum est tabellatum apponi super altare maius duorum mensium spacio sub poena scutorum t r i u m ; confessorium sisti in ecclesia, cui affigatur bulla I n C o e n a D o m i n i , casus O r d i n a r i o reservati et formula absolutionis unius mensis spacio sub poena scutorum t r i u m ; bursam aptari sericam vasculo O l e i i n f i r m o r u m X V d i e r u m spacio sub poena scuti unius. B a p t i s m i fons in hac ecclesia iussum est, ut ex nunc perpetuo custodiatur, quod loci homines petierunt, et se ipsos obligaverunt fontem ipsum decentem suis expensis constructuros ante finem p r o x i m i mensis septembris. I n hac tota iurisdictione alibi fons sacer non custoditur quam i n plebe. Q u a m o b r e m opportunum v i sum est in hac ecclesia, quae in finibus iurisdictionis est, et in altera infrascripta de Colcellalto, quae et ipsa i n finibus ex altera parte est, eum conservari. Q u o d factum esse intelligatur sine ullo rev. ipsius A r c h i p r e s b i t e r i praeiudicio, ne scilicet de eo, quod in ipsis castris aut villis coHgit quartensium, v e l decimarum nomine, m i nus alquid propria habeat. Statutum insuper est, ut rector hic, et infans, qui fontem habebunt baptismi, ut onus hoc libentius substineant, p r i m u m locum habeat i n processionibus, et locis aliis i m mediate post r e v . i p s u m A r c h i p r e s b i t e r u m , de cuius consensu fontes ij i n his ecclesiis constituti sunt /.
c.262
; Eadem die. V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sanctae M a r i a e de Piego C a s t r i Monteronis ratione praescriptae. I n qua hoc statuit: E c c l e s i a m ipsam dealbari, eiusque pavimentum sterni unius anni termino sub poena scutorum X I I / R e c t o r est rev.d.Silvester de N a n i s , residens, aptus ad c u r a m administrandam; eius litterae ordinum visae sunt, et institutionis beneficii a Sancta Sede i a m die obtentae.
71
Die XX Julii. V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sancti T h o m a e de Colcellato (sic!) et multis qui aderant, ennunciata indulgentia peractoque officio p r ò defunctis, et visis videndis, i n primis statuit: U t quoniam ecclesia haec, ut supra dictum est, i n finibus ex altera parte iurisdictionis huius est, distans a plebe ultra miUìaria quatuor, et m a gnum habet, ut superior, a n i m a r u m n u m e r u m , erigatur et in ipsa sacer B a p t i s m i fons, quem loci homines suis sumptibus constructuros se prompte promiserunt, gratias etiam agentes hanc sibi commoditatem i m p a r t i r i . C u i fonti iussum fuit apponi decens cibor i u m . Paeterea iisdem de causis deliberatum fuit s.mae E u c h a r i stiae sacramentum i n hac ecclesia perpetuo esse servandum. Ipsi vero homines id alacri animo audientes obtulerunt se medietatem impensae collaturos ad tabernaculum ligneum inauratum. et p i x i dem argenteam p r ò S . m i ipsius Sacramenti custodia; et societatem inter se facturos s.mae ipsius E u c h a r i s t i a e . Q u a m o b r e m mandat u m est rectori, ut aliam medietatem conferai, curetque o m n i n o .
72
c.263
CORRADO
VISITA APOSTOLICA D E L VESCOVO G E R O L A M O R A G A Z Z O N I A SESTINO
LEONARDI
Ut t r i u m ad s u m m u m m e n s i u m spacio custodiatur in ea ecclesia s.ma ipsa E u c h a r i s t i a incipiatur sub poena scutorum X X V . I n s u per in hac ecclesia haec statuta sunt: I c o n a m apponi in m a i o r i a l tari decentem sex m e n s i u m spacio sub poena scutorum decem; pav i m e n t u m ecclesiae sterni, eamque dealbari sex m e n s i u m termino sub poena scutorum X I I ; tabullatum apponi super altare maius d u o r u m m e n s i u m termino; de vasculo novo stanneo provideri p r ò O l e o i n f i r m o r u m , cui aptetur bursa serica unius mensis spacio, sub poena scutorum d u o r u m ; / crucem decentem, et n o v u m pall i u m comparari p r ò m a i o r i altari quatuor mensium spacio sub poena scutorum octo. I n altare modo erecto a B a p t i s t a dicto vulgo B a r t o z z o , iconam fieri, c r u c e m , scabellum ligneum et candellabra poni s e x mensium spacio sub poena scutorum octo. I d ipsum i n a l tare erecto a D . O l i v e r i o de Justis, quod eorum uterque facturum promiserunt.
Die XXI
Eadem
C.265
t.
die.
V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sancri Joannis de B e l v e d e r i o ann e x a m anriquitus supradictae propter v i c i n i t a t e m , paupertatem et exiguum a n i m a r u m n u m e r u m ; q u a m iussum est d e a l b a r i , eiusque p a v i m e n t u m sterni unius anni termino sub poena scutorum X V ; / T a b u l l a t u m apponi super altare maius d u o r u m m e n s i u m termino, sub poena scutorum quatuor. E t q u o n i a m ecclesia haec magnam campanam habet, et superior, quae p r i m a , et principaliter ecclesia est, satis p a r v a m , permissum rectori fuit, ut hanc mutet c u m i l l a . Eadem
die.
V i s i t a v i t simplicem ecclesiam Sancti Joannis de G o r g a scura annex a m parochiali supradictae, cuius tectum labens, ac prope cadens iussum est reparari omnino ante h y e m e m sub poena dupli, et portas refici X V dierum spacio sub poena scutorum quatuor. E t quon i a m in hac ecclesia neque aUare est, neque unquam solet celebrar i , iussum fuit, ut altare i n ea erigatur, et decenter ornetur t r i u m m e n s i u m spacio sub poena scutorum X V et in ea celebretur saltem in die patroni solemni officio sub poena a rev.do O r d i n a r i o apponenda. Eadem
C.266 Eadem die. V i s i t a v i t i n eodem castro O r a t o r i u m et Hospitale S.mae T r i n i t a t i s , quod utrumque X X V scuta habet in redditu. R e c t o r i s huius elecrio ad communitatem pertinet, quae ad i d nominavit r e v . d . J o . J a cobum M a r t e l l u m de eodem castro, qui et O r a t o r i j , et Hospitalis c u r a m gerit. O r a t o r i u m satis ornatum est rebus ad d i v i n u m Sacrificium pertinentibus, i n quo frequenter celebratur. Hospitale etiam recte se habet, et i n eo Hospitalitas servari et dicitur et v i detur.
.
E c c l e s i a e fructus cum annexis infrascriptis 80 scuta dicuntur conficere super quibus fructibus reservata est pensio apostolica annua scutorum X X I I I I rev. domino B o n i f a c i o D u r a n t i de U r b i n o .
Eadem die. V i s i t a v i t locum quendam, i n quo fuisse dicitur simplex ecclesia Sanctae M a r i a e de F a c c i a n o unita supradictae Sancti T h o m a e ; nunc n u l l a apparent vestigia; eo in loco iussum fuit crucem firmiter p o n i , et altare construi i n ecclesia ipsa matrice, i n quo aliquando celebretur et in festo suo die solemne ofricium peragatur. / C.264
-
V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sancti L e o n i s de eodem castro C o l c e l l a l r i , quam iussum est dealbari, qua parte id desiderat, et super altare maius tabullatum apponi, atque id t r i u m m e n s i u m spacio sub poena scutorum decem.
R e c t o r est r e v . d . M u t i u s de Ruggeriis de Sestino residens assidue et aptus ad c u r a m administrandam. E i u s litterae ordinum visae sunt, et institutionis beneficii a Sancta Sede i a m diu obtentam. E c c l e s i a e fructus 80 scuta dicuntur conficere c u m annexis infrascriptis. Eadem die. V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sancti M a r t i n i e x t r a dictum castrum unitam superiori, quae antea p r i m a , ac praecipua erat ecclesia, sed propter populi commoditatem supradicta i n dicto castro fuit aedificata. H a n c ecclesiam iussum est dealbari, eiusque pavimentum sterni unius anni spacio poena scutorum X V .
Julii.
73
die.
V i s i t a v i t simplicem ecclesiam Sancti A p o U i n a r i s de Castro N o v o u n i t a m et ipsam supradictae parochiali Sancti L e o n i s . I n qua celeb r a r i nunquam solet, neque / i n ea altare u l l u m est; quod iussum fuit erigi, et decenter o r n a r i t r i u m m e n s i u m spacio sub poena scut o r u m X V . E t in ea celebrari saltem i n die patroni solemni officio sub poena a r e v . O r d i n a r i o apponenda. Eadem die. V i s i t a v i t locum Sancti Simeonis panca quaedam d e m o l i r i , ibique
quendam, i n quo fuisse dicitur simplex ecclesia unita supradictae parochiae Sancti L e o n i s . N u n c tantum modo apparent vestigia, quae iussum fuit crucem firmare, et diruptae huius ecclesiae quae
74
CORRADO
VISITA APOSTOLICA D E L VESCOVO G E R O L A M O R A G A Z Z O N I A SESTINO
LEONARDI
refici nullo modo potest nomine altare erigi i n supradicta Sancti L e o n i s ecclesia, atque i n eo celebrari aliquando et i n die praesert i m sancti Simeonis solemne officium peragi.
c.268
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C.267
'i'
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Eadem
Eadem
C u r e t u r / autem o m n i n o , ut societas introducatur in ea ecclesia s.mi ipsius S a c r a m e n t i , explicatis amplissimis privilegiis societatibus huiusmodi a Sancta Sede elargitis; quae privilegia explicavit d . A u d i t o r i i s , qui tunc aderant. I t e m in ea ecclesia iussum est: P r o v i d e r i de novo et decenti pallio p r ò altare m a i o r i quatuor mens i u m spacio sub poena scutorum octo; confessorium apponi, cui affigatur b u l l a I n C o e n a D o m i n i , casus O r d i n a r i o reservato et for-
Eadem die. V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sancti A l e x i i i n C a s t r o N o v o perpetuo u n i t a m supradictae propter v i c i n i t a t e m , paupertatem et e x i guum a n i m a r u m n u m e r u m ; q u a m iussum est dealbari sex mensium spacio sub poena scutorum octo; tabullatum apponi super a l tare maius d u o r u m m e n s i u m spacio sub poena scutorum t r i u m . /
die.
V i s i t a v i t simplicem ecclesiam Sancti C l e m e n t i s de Monticellis unit a m et ipsam parochiali Sancti J o a n n i s ; quam iussum est dealbari eiusque p a v i m e n t u m sterni, et depingi in pariete i m a g i n e m patron i , atque haec unius anni spacio sub poena scutorum X I I .
n a c u ì u m comparetur ligneum, inauratum et decens panno serico ab intus o r n a t u m , et corporali subter extenso, quod i n m a i o r i altar i collocetur; comparetur etiam pixis argentea, atque haec o m n i a expensis rectoris t r i u m m e n s i u m spacio sub poena scutorum X X V .
m u l a absolutionis unius mensis spacio sub poena scutorum t r i u m ; b u r s a m aptari sericam vasculo O l e i i n f i r m o r u m X V dierum spacio sub poena scuti unius; altare A n n u n c i a t i o n i s B . M a r i a e a rectore paulo ante erectum suis omnibus ornamentis instrui. R e c t o r est rev.d.Mattheus de Justis de Castro Colcelalto ( s i c ! ) , residens assidue, satis quo ad u s u m aptus ad c u r a m administrandam et valde bene apud suos audiens; eius litterae o r d i n u m visae sunt et insitutionis beneficii a Sancta Sede obtenti. E c c l e s i a e fructus c u m annexis infrascriptis 80 scuta dicuntur conficere.
die.
V i s i t a v i t simplicem ecclesiam Sancti L a u r e n t i i de dicto loco u n i tam et ipsam parochiali supradictae Sancti J o a n n i s . I n qua iussum est p a v i m e n t u m sterni, et i n pariete maioris altaris depingi imagin e m patroni atque haec ses m e n s i u m spacio sub poena scutorum decem.
Die XXII Julii. V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sancti Joannis i n V e t e r i , i n qua multis, qui convenerant, ennunciata Indulgentia, peractoque offi. c i ò p r ò defunctis, et visis videndis, haec statuit: I n primis ut quon i a m ecclesia abest ab alia ecclesia et in qua s.mum S a c r a m e n t u m conservetur, et magnum habet i n c u r a sua c u m suis annexis anim a r u m n u m e r u m , et facultates i d non recusant, s.ma ipsa E u c h a ristia i n ea perpetuo custodiatur. A d q u a m conservandam teber,n'
Eadem
75
•
C.269
die.
V i s i t a v i t ecclesiam Sancti C h r i s t o p h o r i de S c h i a v o l a , quae ab hominibus loci ultra centum numero habetur p r ò c u r a t a , et ab eis capellanus tenetur, qui o m n i a s.ma Sacramenta eis administrat; a rectore vero supradicto Sancti L e o n i s de Colcellato (sic!) dicitur esse simplex, et unita parochiae suae; sed adhuc super ea re lis contestata non est. I u s s u m fuit a d.Visitatore ut ita progrediatur res, ut i n v e n t a fuit; et homines loci perseverent i n curato tenendo. N i h i l habet ecclesia haec in redditu. I n ea iussum est, et h o m i n i bus illis suasum, ut ecclesiam ipsam curent, quanto poterint citius dealbari eiusque p a v i m e n t u m sterni, et scabellum ligneum apponi / ad maius altare, cui superponatur tabullatum; provideant praeterea de novo vasculo staneo p r ò oleo i n f i r m o r u m , cui aptetur bursa serica, et confessorium sistant i n ecclesia, cui affigatur formula absolutionis, casus reservati O r d i n a r i o et bulla I n C o e n a D o m i n i . Capellanus hanc c u r a m modo exercet rev.d.Jacobus de P e n n a b i l l o r u m satis aptus ad c u r a m eam administrandam, qui litteras ordin u m suorum exhibuit, et dimissorias.
Eadem
die.
V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sancti A n d r e a e de M o n t e F o r t i no, et V i c a r i o , c u m ahus adesset nemo, ennunciata indulgentia peractoque officio p r ò defunctis, et visis videndis, haec statuit: E c clesiam ipsam dealbari, eiusque p a v i m e n t u m sterni et i n pariete maioris altaris imaginem patroni depingi, atque hoc sex m e n s i u m spacio sub poena scutorum X V ; tabullatum superponi m a i o r i altari d u o r u m m e n s i u m spacio, sub poena scutorum quatuor. P r o v i d e ri de novo vasculo staneo loco v i t r e i , quod nunc est, oleo infirmor u m , cui bursa aptetur serica X V dierum spacio sub poena scutor u m d u o r u m ; crucem n o v a m , et p a l l i u m decens comparari p r ò
76
CORRADO LEONARDI
malori altare quatuor mensium spacio sub poena scutorum sex. C a m p a n a m p r ò hac ecclesia comparari t r i u m mensium spacio sub poena scutorum decem; / l i b r u m fieri p r ò describendis matrimonia contrahentibus, et annotandis animabus omnibus, quae communicant in parochia, X V dierum termino sub poena scuti unius; provideri de altare portatili duorum mensium termino, sub poena scut o r u m sex. R e c t o r est r e v . d . C h r i s t o p h o r u s P e t r i de P e n n a B i l l o r u m , qui his ipsis diebus beneficium hoc, quod vacabat, obtinuit per concursum ante examinatores electos i n synodo D i o e c e s a n a Feretranae ecclesiae, cui rectori mandatum fuit, ut duorum mensium spacio transferat commorationem suam ad ecclesiam, sub poena non residentibus apposita. E i u s litterae ordinum et institutionis beneficii visae sunt. A capellano nunc V i c a r i ! nomine, haec cura geritur. E c c l e s i a e fructus X X X V scuta dicuntur conficere c u m annexis i n frascriptis. , . , . '
VISITA APOSTOLICA DEL VESCOVO GEROLAMO RAGAZZONI A SESTINO
Eadem
-lijìif
^
" •
• C.272
Die XXIII
Julii.
V i s i t a v i t simplicem ecclesiam Sanctae M a r i a e de ponte R a n c o , cuius portas in primis iussum est recifi X V dierum spacio sub poena scutorum quatuor. I t e m ecclesiam ipsam dealbari, eiusque pav i m e n t u m sterni unius anni termino sub poena scutorum decem. Praeterea quoniam i n hac ecclesia nunquam solet celebrari, mandatum fuit ut in ea celebretur praeter festum suum diem ter saltem in anno in solemnitatibus B . V i r g i n i s sub poenis a r e v . O r d i n a rio apponendis. E c c l e s i a e fructus X I I scuta dicuntur conficere. R e c t o r est r e v . D . C a r o l u s M o n e t a de Sestino. Eadem
- .. .
die.
V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sancti D o n a t i i n Castro eiusdem nominis, et multis, qui aderant, ennunciata indulgentia peractoque officio p r ò defunctis, et visis videndis, haec statuit: C a l i c e m ab intus inaurar! duorum mensium spacio sub poena scutorum quatuor; provideri de novo vasculo staneo p r ò oleo i n f i r m o r u m , cui bursa aptetur serica unius mensis spacio sub poena scutorum t r i u m ; ecclesiam ipsam dealbari, qua parte i d desiderat, sex mensium spacio sub poena scutorum quinque.
Eadem die. V i s i t a v i t locum quendam, i n quo fuisse dicitur ecclesia Sancti L a u rentii unita parochiali supradictae Sancti A n d r e a e . N u n c panca quaedam apparent vestigia / quae iussum fuit penitus demolire, et ibi crucem firmiter erigi. N o m i n e vero diruptae huius ecclesiae a l tare construi i n parochia ipsius Sancti A n d r e a e , i n quo aliquando celebretur, et in solemni suo die solemne officium peragatur. Eadem die. V i s i t a v i t simplicem ecclesiam Sancti C r i s t o p h o r i unitam et ipsam supradictae parochiae Santi A n d r e a e , quae sine porta est, et suis omnibus ornamentis spellata. I u s s u m fuit sub poena scutorum decem, ut X V dierum spacio ei porta fiat, quae bene clausa teneatur; neque i n ea celebretur, nisi prius reconcihata sit, quod fiat quantocius, et altare postea i n ea ornetur et in festo saltem suo die solemne i n ea officium peragatur sub poena a r e v . O r d i n a r i o apponenda.
'
V i s i t a v i t i n eodem castro Montefortini O r a t o r i u m sine titulo cuius tectum labitur, parietes etiam ruinosae sunt, neque videtur posse reparari. E i u s c u r a spectat ad communitatem loci, quae aliud se O r a t o r i u m loco huius constructuram se pollicitus est. I u s s u m fuit, ne i n veteri ilio valde indecenti ac periculoso oratorio amplius celebretur, sed eius materies ad n o v a m oratorii supradicti constructionem possit adhiberi. /
Eadem die. • '• V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sancti P e t r i de R o n c o l i n o perpetuo a n n e x a m supradictae propter vicinitatem, paupertatem, et e x i guum a n i m a r u m n u m e r u m ; quam iussum est dealbari, eiusque pav i m e n t u m sterni unius a n n i spacio sub poena scutorum decem.
C.271
die.
77
. ,
R e c t o r est r e v . d . G r e g o r i u s de Evangelistis de dicto loco, residens, satis aptus ad id muneris substinendum. E i u s litterae o r d i n u m v i sae sunt, et institutionis beneficii ab O r d i n a r i o suo ei collati rite ante T r i d e n t i n u m C o n c i l i u m . E c c l e s i a e fructus c u m annexis infrascriptis 24 scuta dicuntur conficere. /
c.273
Eadem die. V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sancti G e o r g i ! de dicto loco annex a m antiquitus supradictae propter vicinitatem, paupertatem et exiguum a n i m a r u m n u m e r u m ; cuius portam iussum est ita aptari, ut commode et tuto possit Claudi, X V dierum spacio, sub poena scutorum quatuor.
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CORRADO
Eadem die. V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sanctae M a r i a e de dicto loco ann e x a m et ipsam propter easdem causas supradictae Sancti D o n a t i . I n qua iussum est tabullatum apponi super altare duorum mensium spacio sub poena scutorum t r i u m . :. • ^
c.274
.:-.ti
VISrrA A P O S T O L I C A D E L V E S C O V O G E R O L A M O R A G A Z Z O N I A S E S T I N O
LEONARDI
C.275
Eadem die. V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sanctae M a r i a e de Castro L u c i m burgi, et rectori, cum alius edesset nemo, ennunciata indulgentia peractoque officio p r ò defunctis, et visis videndis, haec statuit: P r o v i d e r i de novo vasculo staneo p r ò O l e o i n f i r m o r u m , cui bursa aptetur serica unius mensis spacio sub poena scutorum quatuor. P a l l i u m n o v u m p r ò m a i o r i altare comparari quatuor mensium spacio sub poena scutorum quatuor; confessorium i n ecclesia sisti, cui affigatur bulla I n C o e n a D o m i n i et casus O r d i n a r i o reservati et formula absolutionis unius mensis spacio sub poena scutorum t r i u m ; pavimentum capellae maioris, quod stagnum est, sterni trium mensium spacio sub poena scutorum quatuor /. R e c t o r est r e v . d . D i o n i s i u s C i r u s de Sestino, residens, aptus ad id muneris sustinendum. E i u s litterae ordinum visae sunt, et institutionis beneficii R o m a e rite conscriptae. E c c l e s i a e fructus X I I scuta dicuntur conficere. Eadem die. ' • ' / V i s i t a v i t simplicem ecclesiam Sancti Salvatoris canonicam vulgo appellatam, in cuius pariete iussum est imaginem aliquam devotam depingi duorum mensium spacio sub poena scutorum X I I ; provideri de novo missaU unius mensis spacio sub poena scutorum quinque et ex v e t e r i , quod repertum est, abscissa fuerunt secreta, ne amplius adhibeatur i n missa; c r u c e m apponi m a i o r i altari unius mensis spacio sub poena scutorum quinque; ecclesiam ipsam, qua parte i d desiderat, dealbari quatuor mensium spacio sub poena scutorum octo. I n hac ecclesia iussum est celebrare praeter festum suum diem semel saltem in mense sub poena a r e v . O r d i n a r i o apponenda. R e c t o r est r e v . d . F r a n c i s c u s Canigianus F l o r e n t i n u s . E c c l e s i a e fructus 40 scuta dicuntur conficere. Eadem die. V i s i t a v i t parochialem ecclesiam Sanctae M a r i a e de L i p e r s i a n o , in qua multis, qui convenerant, ennunciata indulgentia peractoque officio p r ò defuncitis, et visis videndis, haec statuit: p a v i m e n t u m , qua parte bonum non est, sternatur quatuor mensium spacio, poe-
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n a scutorum sex /; provideri de novo vasculo staneo p r ò O l e o i n firmorum cui aptetur bursa serica unius mensis spacio sub poena scutorum duorum; confessorium sisti in ecclesia, cui affigatur bulla I n C o e n a D o m i n i , casus O r d i n a r i o reservati et formula absolutionis unius mensis spacio sub poena scutorum t r i u m ; tabullatum apponi super altare maius duorum mensium termino poena scutor u m t r i u m ; coemeterium C l a u d i , q u a p a r t e i d desiderat, trium mensium spacio sub poena scutorum quatuor. N e m i n e m i n ecclesia sepeliri nisi in tumbis sub poena scuti unius p r ò qualibet vice rectori. A l t a r i a duo lignea, q u a e patronos habent, e lapidibus construant, et decenter curetur, sex mensium termino, aliter demoHantur cum modo valde indecora sint, et scandalum parenria. R e c t o r est rev.d.Petrus Genrilis Galeottus, de Monte R o m a n o , qui non residet i a m d i u . I n i u n c t u m est efficaciter r e v . d . A r c h i p r e sbitero iurisdictionis huius O r d i n a r i o ut contra rectorem supradictum ut contra non residentes e x T r i d e n t i n i concilii decreri procedat. I n quo A r c h i p r e s b i t e r i ipsius onerata conscientia est. C o n t r o v e r s i a autem est, u t r u m ecclesia haec c u r a m a n i m a r u m habeat nec ne. C a p e l l a n u s i n ea c u r a deservit rev.d.Mattheus Paradisus de M e r catello, satis quo ad usum aptus ad i d muneris susrineri, qui litteras exhibuit o r d i n u m , et dimissorias. E c c l e s i a e fructus X X I I I I scuta dicuntur conficere. Eadem
C.276
Eadem •\
die.
V i s i t a v i t locum quendam, i n quo fuisse dicitur simplex ecclesia Sanctae M a r i a e unita supradictae; nunc panca tantum apparent vestigia, quae iussum est penitus d e m o l i r i , quandoquidem facile intelligitur non posse ecclesiam hanc ullo / modo refici. E o vero in loco mandatum fuit crucem firmiter erigi, et altare construi in parochiali supradicta; in quo diruptae huius ecclesiae nomine a l i quando celebretur, et solemni suo die solemne officium peragatur. die.
V i s i t a v i t simplicem ecclesiam Sanctae B a r b a r a e de dicto loco, quae nihil habet i n redditu et ad communitatem loci pertinet, et m u l t a ad sui ornamenta desiderat. H o m i n e s illos adhortatus est d. A u d i t o r , ut suis eleemosynis ad hanc messem collectìs altare decentius ornent, p a v i m e n t u m sternant, et ecclesiam ipsam curent dealbandam. F i n i s Visitationis Iurisdictionis Sestini.
80 C.277
CORRADO
LEONARDI
VISITA APOSTOLICA D E LVESCOVO G E R O L A M O R A G A Z Z O N I A SESTINO
I N D E X ecclesiarum o m n i u m Iurisdictionis Sestini IN OPPIDO Plebs ipsa M o n a s t e r i u m M o n i a l i u m Sanctae M a r i a e Societas Sanctae M a r i a e Hospitale Societas S . m i Sacramenti
•> .-
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c.247 c.250 c.252
-
c.252 c.252
PAROCHIALES E X T R A OPPIDUM Sanctae M a r i n a e de Castro D e s i Sancti L e o n i s de Castro M i r a l d e l l e Sancri P e t r i de Castro C a m p i Sancri A n g e l i de Castro Casalis Sancti Sancri Sancti Sancti
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c.253 c.254 '
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c.256 c.256 c.257 c.258
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N i c o l a i de F r i x e n i o ei unita •••A-.Ì A n d r e a e de M a r s i l i a n o P a u l i de Castro Montis R o m a n i J u l i a n i de Castro V a l e n z a n i
Sancri M a r r i n i de V i l l a Monris brevis Sancti Stephani de Custellazola (sic!) Sanctae M a r i a e de piego Sanctae M a r i a e de Castro Monteronis Sancri T h o m a e de Colcellato (sic!) Sancri M a r t i n i unita supradictae Sancri L e o n i s de Castro Colcelalri Sancti Jonnis de B e l v e d e r i o ei unita
, •
c.255 c.255
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c.259 c.260 c.260 c.261 c.262 c.263 c.264 c.264
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Sancri Joannis i n V e t e r i Sancti A l e x i j de Castro Novo ei unita Sancti Christophori de Schiavola Sancti A n d r e a e de M o n t e fortino Sancri P e t r i de R o n c o l i n o ei a n n e x a Sancri D o n a r i i n Castro eiusdem nominis Sancri G e o r g i i ei unita Sanctae M a r i a e ei unita Sanctae M a r i a e de Castro L u c i m b u r g i Sanctae M a r i a e de L i p e r s i a n o
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SIMPLICES ' ' . - " ^ i Sancti B a r t h o l o m e i de spagato Sancti D o n a t i de B o r e g n o Sancti Paterniani de Casale Sancti M a r i n i unita parochiali de castro V a l e n z a n i O r a t o r i i et Hospitalis S.mae T r i n i t a r i s de Colcelato
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c.266 c.267 c.268 c.269 c.270 c.272 c.273 c.273 c.273 c.274
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c.254 c.255 c.256 c.259 c.264
Sancti Johannis de G o r g a unita parochiali Sancri L e o n i s Sancri P e t r i eidem annexa Sancti A p o l i n a r i s ei itidem unita Sancti L a u r e n t i i unita parochiali Sancti Johannis i n veteri Sancti Clementis ei itidem unita Sancri Christophori unita parochiali de Montefortino O r a t o r i i de eodem castro Montis ferrini Sanctae M a r i a e de Ponte ranco Sancri Salvatoris C a n o n i c a appellata Sanctae B a r b a r a e de lipersiano /
81
c.265 c.265 c.265 c.268 c.268 c.271 c.271 c.272 c.274 c.276
L O C A i n quibus alias fuisse dicunt ecclesias I n quo fuisse dicitur simplex ecclesia Sanctae M a r i a e de P a d a n o I n quo fuisse dicitur simplex ecclesia Sancti Simeonis
c.263
de Castro Colcealto (sic) I n quo fuisse dicitur ecclesia Sancti L a u r e n t i i unita parochiali Sancri A n d r e a e de Montefortino I n quo fuisse dicitur simplex ecclesia Sanctae M a r i a e
c.266
unita parochiali de L i p e r s i a n o
c.270 c.275
PIER PAOLO
GUARDIGLI
un caso di banditismo sociale nel montefeltro
1.
Premessa. È l'anno 1785. I territori di confine fra le legazioni di R o m a gna e di U r b i n o , i v i compresa la R e p u b b l i c a di S a n M a r i n o , sono attraversati da bande di briganti; i n particolare fa parlare di sè quella del bandito T o m m a s o R i n a l d i n i di Montemaggiore, meglio conosciuto nella sua terra come « M a s ò n dia B l o n a » , ovvero T o m maso figlio d e i r i s a b e l l o n a . Non è nostro intento narrare le vicende di questo fuorilegge, già ampiamente rese note dalle pubblicazioni a l u i dedicate ( 1 ) , quanto invece di inquadrarlo nel contesto del « b a n d i t i s m o sociale»
( 1 ) L a più completa ed esauriente è senza dubbio quella di N E V I O M A T T E I N I , Masòn dia Blona, Ravenna, Edizioni del Girasole, 1 9 8 4 . I n essa lo storico riminese ricostruisce l'intera carriera del Rinaldini attraverso una copiosa serie di fonti originali, coeve ed inedite, e numerose altre bibliografie. T r a le prime citeremo: M I C H E L A N G E L O Z A N O T T I , Giornale di Rimino, ms., 1 7 8 4 - 1 7 8 6 , Biblioteca Gambalunga di Rimini; N I C O L A G I A N G I , Cronaca, ms., 1 7 8 2 - 1 8 0 5 , ibidem; l'autore trascrive inoltre un poema di M A R I A N O M I N G H E T T I , Le memorande imprese di Rinaldini e dell'immortal Tremane, in M . Z A N O T T I , op. cit., e l'opera a stampa di autore ignoto Istoria delti famosi banditi, pubblicata a Ravenna e Bologna nel 1 7 8 6 . F r a le opere bibliografiche citiamo ancora: Ristretto delli processi originali, R a v e n n a , Stamperia Camerale, 1 7 8 6 ; C O R R A D O R I C C I , Nostalgie feltresche, in « M u s e u m » , a . X I V , 1 9 3 0 3 1 ; G I U L I A N O G O Z I , La banda del brigante Rinaldini e la parte avuta da San Marino alla sua cattura, in « A n n u a r i o Liceo G i n n a s i o » , a . X I I , 1 9 6 9 - 7 0 ; E M I L I O R E N Z E T T I , Un contrabbandiere bandito nel secolo'XVIII, in «Corriere r i m i n e s e » , a . I V , nn. 4 7 4 9 - 5 1 , 1 9 1 4 ; G I O R G I O B E R T I N I , Antiche storie di Romagna. Tommaso dell'Isabellona, il Passatore del XVIII secolo, in «Corriere p a d a n o » , 1 9 4 1 ; F L A V I O L O M B A R D I N I , Tommaso Rinaldini: antesignano del Passatore. Brigante o gentiluomo?, in « L a P i e » , a . L I , n. 6 , 1 9 8 2 ; citiamo infine il lavoro successivo a quello del Matteini: A L F I O C A V O L I . Briganti a San Marino, in A A . V V . , Storia illustrata della Repubblica di San Marino, San Marino, A I E P , 1 9 8 4 , pp. 2 5 3 - 2 6 8 .
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PIER PAOLO
UN
GUARDIGLI
come lo ha definito E r i c J . H o b s b a w m nella raccolta di saggi titolata / banditi ( 2 ) . D a l l a rilettura delle rocambolesche vicende del brigante R i naldini si evincono aspetti ed episodi che lo riconducono, indubitabilmente, al fenomeno così acutamente approfondito dallo storico inglese. D a i suoi saggi, anzi, sono state tratte le titolazioni dei capitoli di questa breve riflessione, intendendo aggiungere in questo modo — quantunque non ve ne fosse certo la n e c e s s i t à — un'ulteriore testimonianza a conferma e a riprova della validità delle tesi di H o b s b a w m . COSÌ
2.
C h e c o s ' è i l banditismo sociale e chi diventa bandito? C h i u n q u e venga posto al bando per aver commesso atti criminosi quah rapine, assassini e similari viene denominato bandito: egli è dunque un fuorilegge, definito spesso brigante o malvivente. V i sono p e r ò particolari tipi di banditi « c h e l'opinione pubblica non considera delinquenti c o m u n i » ( 3 ) ; essi sono coloro che i n tendono l a loro condizione di fuorilegge come forma di ribellione nell'ambito della loro s o c i e t à prevalentemente rurale, dunque come forma di l i b e r t à dagli stretti vincoli del lavoro contadino o comunque subordinato. T o m m a s o R i n a l d i n i nasce a Montemaggiore, un piccolo comune rurale sul Metauro, e la cronaca lo vorrebbe figlio di u n falegname da cui avrebbe lui stesso appreso quel mestiere. M a aldilà della sua originaria occupazione, l'ambiente sociale da cui egU proviene è appunto i l mondo contadino di una ristretta c o m u n i t à di agricoltori. L ' e c o n o m i a rurale settecentesca non offriva certo ai più una vita agiata, se non a quei grandi proprietari terrieri i quah, sovente, preferivano ormai vivere nella città o nella discreta tranquiUità di un castello ( 4 ) . Ora, quando l a richiesta di manodopera nelle campagne scar-
(2) C f r . E R I C J . H O B S B A W M , / banditi. Il banditismo sociale nell'età moderna, Torino, E i n a u d i , 1971. (3) Ibidem, p. 11. (4) Per la realtà del territorio sammarinese, ad esempio, si veda P I E R P A O L O G U A R D I G L I , / / secolo dei lumi a San Marino. Vicende politiche, economiche e sociali della repubblica nel '700, in A A . V V . , Biblioteca e ricerca. San Marino, A I E P , 1983.
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MONTEFELTRO
87
seggiava, o quando le famiglie del contado raggiungevano liveUi di indigenza insostenibili, allora giovani uomini alimentavano, con maggiori p r o b a b i h t à , le schiere del brigantaggio. Questi ed altri elementi ai margini della società — m a sempre in e t à giovanile o liberi dai vincoli familiari — scelgono l'illegaUtà come unica risorsa per una sopravvivenza dignitosa. E certamente i l R i n a l d i n i , quando decide di iniziare i suoi traffici illegali di polvere da sparo — che lo porteranno a contatto con la banda di « P u j e n a » e, fatalmente, a scontrarsi per l a p r i m a volta con gU sbirri — non s a r à scevro da questi pesanti condizionamenti socio-economici. V a detto che la scelta dell'illegalità, seppure determinata da insopportabih condizioni sociaU, non comporta necessariamente una presa di coscienza lucida: «il banditismo in sè non è un programma della società contadina, m a una forma di autonomia per sottrarsi ad essa in circostanze p a r t i c o l a r i » ( 5 ) . L ' i d e a l e politico — se è lecito i l termine — del bandito sociale è meramente quello della restaurazione di un ordine tradizionale, ove l'uguagHanza e la giustizia abbiano l a meglio sull'oppressione e lo sfruttamento. U n a certa predisposizione di carattere, per operare scelte di malavita, egU deve p e r ò possederla: essa si manifesta in una tendenza all'anticonformismo estremo. A l R i n a l d i n i non mancava questa dote; l a sua religiosità, ad esempio, non p u ò certo dirsi ortodossa. Sebbene i l giorno che dette inizio alla sua tragica capitolazione egh si trovasse in chiesa, a seguire una funzione religiosa, la sua condotta è innegabilmente quella di u n eretico e di u n peccatore. M a al fine, anche l a banda di « M a s ò n » dovette soccombere per i l tradimento di un loro ex-compagno, Sebastiano Z o l i n i , che la vendette i n cambio della clemenza per le sue malefatte. Questo è d'altronde i l destino comune a molti banditi: si pensi a Jesse J a mes, a B i l l y the K i d , a R o b i n H o o d o allo stesso G i u h a n o . Sembra che ciò faccia parte di un copione prestabilito, così come i l tempo medio della durata di una banda di briganti che non supera quasi mai i due o tre anni.
(5)
E . J . H O B S B A W M , op.
cit.,
p.
19.
88
3.
PIER PAOLO GUARDIGLI
I giustizieri.
-
UN CASO D I BANDITISMO SOCIALE N E L MONTEFELTRO
•;
L a carriera di R i n a l d i n i ha inizio con una vicenda emblematica, che c o n t r i b u i r à a crearne i l mito, ove si manifesta tanto l a sua ferrea morale quanto i l suo coraggio: « e b b e le sue origini nella rappresaglia contro l a polizia, colpevole d'aver ucciso un suo compagno ch'egli considerava, come l u i , dedito ad affari inoffensivi» ( 6 ) , cioè i l contrabbando delle polveri. D a qui in avanti egU g i u r e r à vendetta e l'odio verso le forze dell'ordine non lo a b b a n d o n e r à p i ù . M a questo, per qualche ragione, gh a s s i c u r e r à grande simpatia e appoggio morale e materiale dalla popolazione, particolarmente la p i ù umile. L a sua pratica della violenza è dunque determinata da un sentimento di rivalsa e di giustizia, comune a tutti i banditi sociaU: «i banditi non sono tanto i raddrizzatori di torti, quanto i giustizieri, coloro che impongono la forza; non sono i difensori della giustizia, m a uomini che, con le loro azioni, dimostrano che anche i diseredati e gli indifesi possono diventare terribili» ( 7 ) . E terribile T o m m a s o lo divenne: audace e scaltro, p i ù volte • g r a z i ò i suoi nemici, m a fu implacabile in battaglia e sarebbe stato addirittura crudele se avesse potuto mettere le m a n i su «e fiol d'Z u h e n » , i l traditore Z o h n i : « Q u a l ferito leone in selva oscura T r e m a n d o gira, e orribilmente rugge E i l cacciator pieno di paura Impallidito lo r i m i r a , e fugge: C o s ì T o m m a s o maledice, giura, . i - * Insulta, grida, e di livor si strugge. R i c o p r e i lumi suoi cieco furore, E pur lo guida alla Consorte a m o r e » . C o s ì padre Mariano Minghetti immagina i l bandito, accecato dall'ira per i l tradimento, m a pur lucido per comprendere che l ' u nica salvezza, in quel frangente, è la fuga. A l u i stesso v e r r à offerta clemenza i n cambio del tradimento, durante i l processo che lo p o r t e r à al patibolo; ecco come Giuseppe
(6)
N . M A T T E I N I , op.
(7)
E . J . H O B S B A W M , op.
cit.,
p.
17.
cit.,
p.
52.
89
Z a n e t t i (fratello del cronista Michelangelo) commenta l a sua eroica fermezza: ^ .••^^••n-r^ ,w « P o t e a , e non volle generoso, e forte Salvar T o m m a s o la temuta testa, M a i l tradimento onore i n cor gli desta, :^ ; .. . E impallidire non lo p u ò l a m o r t e » . L a sua etica fatta di coerenza e giustizia non gli consente la scorciatoia alla salvezza: anche l ' i r r i d u c i b i h t à p u ò distinguere i l bandito sociale dal malavitoso privo di scrupoli, dal mero rifiuto della s o c i e t à . 4.
E c o n o m i a e politica del banditismo. C o m e sostiene correttamente H o b s b a w m , «è u n errore i m m a ginare i banditi come primitivi figli della natura, intenti a arrostire capretti nel folto del b o s c o » ( 8 ) . L ' e c o n o m i a di una banda di briganti — eccetto che per i traffici illeciti — non si distingue molto da quella di una regolare com u n i t à : essi devono mangiare e vestirsi, devono acquistare (polvere da sparo, ad esempio), devono insomma spendere i l denaro sottratto indebitamente. T u t t a una rete di contrabbandieri e malviventi di piccolo cabotaggio offrono le necessarie intermediazioni ai fuorilegge al bando (lo stesso « M a s ò n » iniziò così l a sua escalation malavitosa, come abbiamo ricordato), m a spesso l a stessa popolazione è disposta ad offrirgli aiuto o entrare in rapporti commerciali con loro. L a banda R i n a l d i n i viveva sfuttando gli «oboli» e l ' o s p i t a h t à — di certo non liberamente offerti — dei signorotti della zona, i quali erano ben contenti di favorirli in questo modo onde evitare il peggio. Sono emblematici in questo senso sia l'incondizionato aiuto, offerto ai resti della banda in fuga dal Palmegiani, governatore della contea dei principi di Carpegna, sia l a riscossione, durante l'occupazione di Montebello, ai danni dei possidenti e facoltosi, quah i l M o l a r i di S. G i o v a n n i , i l M a r t i n i dello stesso Montebello o i l B u s c a r i n i di Pietracuta. Nessuno osava rifiutarsi alle form a h e cortesi richieste di « M a s ò n » e dei suoi. U n ' u l t e r i o r e dimostrazione dell'integrazione nell'economia
(8) Ibidem,
p. 8 1 .
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PIER PAOLO
GUARDIGLI
locale del bandito è offerta dalle vicende sammarinesi: si pensi, i n fatti, che le a u t o r i t à della R e p u b b l i c a giustificarono l a loro inerme condizione di impotenza nei confronti dei fuorilegge adducendo un presunto credito che i l R i n a l d i n i non aveva ancora potuto r i scuotere i n quel territorio; c i ò , a loro dire, gli dava i l diritto di transitarvi e sostare a suo piacimento. Questo fatto è p e r ò anche sintomatico di certe strategie operate da alcune a u t o r i t à locali che, sovente, prefeiriscono instaurare coi banditi accordi — taciti o espliciti — mantenendo l a loro criminosa attività entro limiti accettabili. I n questo senso è lecito affermare che l a s o c i e t à rurale, che ha generato le condizioni socio-economiche di sviluppo del banditismo, tende talvolta a riassorbirlo ed integrarlo nel suo stesso sistema. L a d d o v e la rottura diviene invece insanabile — e questo s a r à il caso di R i n a l d i n i — i l bandito sociale d o v r à essere estirpato e punito p r i m a che divenga u n pericoloso capo popolo. E d è questa, i n definitiva, l a principale ragione dell'estremo accanimento e dello smisurato impiego di forze da parte dei papalini contro di l u i , e della macabra affissione della sua testa decapitata alla porta d'ingresso della Legazione. 5.
B a n d i t i e rivoluzione. V: i . : Ogni rivoluzione, nella sua fase di incubazione, è alimentata anche dai disordini sociali; è comunque evidente che «la malavita entra nella storia delle rivoluzioni esclusivamente nei limiti i n cui le classes dangereuses sono frammischiate alle dasses laborieuses» (9). I l bandito, d'altro canto, ha sedimentati i n sè quei valori e quelle aspirazioni della società rurale da cui proviene, mutuando dalla sua condizione — reale o virtuale — di ribelle anche i sentimenti p i ù squisitamente rivoluzionari. L a sua m e n t a l i t à ed i l suo potenziale militare organizzato in bande, inoltre, lo rendono propenso ad aggregarsi ai « c o m b a t t e n t i socialmente c o n s a p e v o l i » . Non fu forse lo stesso M a o a reclutarli sistematicamente fra le sue file di guerrigheri? E , sebbene con maggiori a m b i g u i t à , non fu Pancho V i l l a ad affiancare i l movimento insurrezionale di E m i l i a -
(9) Ibidem,
p. 92.
UN
CASO D I BANDITISMO SOCIALE NEL
MONTEFELTRO
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no Z a p a t a negli episodi che precedettero l a rivoluzione messicana? • : ^ • ••^ Ora, nel 1785, anche fra R o m a g n a e Montefeltro i l malcontento sociale inizia a darsi forma politica attraverso l'influenza illuministica proveniente dalla F r a n c i a ; i n condizione p i ù arretrata r i spetto, ad esempio, al ducato di M i l a n o o al granducato di Toscana, l'assolutismo papale determina delle aree di fervore rivoluzionario. Solo una decina di anni dopo saranno proprio B o l o g n a , che con F e r r a r a , Modena e Reggio, dichiareranno fondata l a prima R e p u b b l i c a ItaUana, denominata Cispadana. E n t r o i l 1799 i l movimento giacobino itaUano si s a r à esteso i n tutta l a penisola; nella stessa S a n M a r i n o , da sempre repubbHcana, i l giacobinismo si s c h i e r e r à contro i locali aristocratici ed oligarchi perseguendo un programma di annessione alla R e p u b b l i c a Cisalpina ( 1 0 ) . È evidente che i n questo contesto, disseminato di sovversivi, le bande di briganti acquistavano, agli occhi del potere centrale e delle forze dell'ordine, una maggiore p e r i c o l o s i t à . Non si p u ò escludere che l a dichiarata simpatia della popolazione per l'inafferrabile ribelle R i n a l d i n i fosse anche carica di v a lenze socio-politiche: i l contado vedeva certamente i n lui i l condottiero che l a faceva i n barba a l l ' a u t o r i t à ed agli aristocratici e facoltosi signori della zona, dando soddisfazione ad u n sentimento, tanto diffuso quanto represso, di odio e di rivalsa nei loro confronti. U n a politicizzazione del banditismo di R i n a l d i n i rimane p e r ò una posizione in fieri: è possibile inoltrarsi solo nel campo delle ipotesi, suffragate magari da analisi sull'inconscio collettivo di quella classe subalterna in cui « M a s ò n » nuotava, senza alcun dubbio, come pesce nell'acqua. M a tutto questo non autorizza a sostenere di p i ù . L ' u n i c o tentativo, infatti — e sarà u n tentativo estremo e disperato — di coinvolgere la popolazione nella sua soggetti-
(10) C f r . P I E R P A O L O G U A R D I G L I , La Rivoluzione francese e Naspoleone. Le ripercussioni a San Marino, in A A . V V . , Storia illustrata..., cit., pp. 269-284. M a una singolare vicenda accaduta nel fermano nel '97 attesterebbe anche la tendenza contadina a ribellarsi sia al clero che ai francesi: cfr. J O Y C E L U S S U , Aspetti del brigantaggio contadino del fermano, in Ribellismo, protesta sociale, resistenza nell'Italia mezzadrile fra XVIII e XX secolo, a cura di A . C A R A C C I O L O , in « A n n a l i delFIstituto A . Cervi», n. 2, 1980, pp. 317-334.
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PIER PAOLO
GUARDIGLI
va rivolta, i l R i n a l d i n i lo farà a Carpegna, nei giorni dell'infausta e drammatica sua cattura. Asserragliato ed isolato nella soffitta del palazzo Carpegna, tenacemente convinto a resistere all'assedio della numerosissima «sbirraglia» capitanata dal tenente Piccoli, i l R i n a l d i n i coi suoi tre compagni rimasti t e n t e r à l'ultima carta: gridando invita i carpegnoli, dall'alto di quell'edificio messo a ferro e fuoco, ad insorgere contro i birri. M a tutto quello che a v r à in risposta non è che qualche isolato e distante colpo di fucile. L ' e s t r e m o tentativo dell'insurrezione era fallito e, venuto meno anche l'appoggio dei «suoi» contadini, a « M a s ò n » non resta che cedere le armi. 6.
I l bandito come simbolo. Storia e leggenda di T o m m a s o R i n a l d i n i viaggiano su due distinte rotaie di u n unico binario: l a prima, quella che ci ha consentito di rievocarne le gesta ad oltre duecento anni di distanza, deve il suo tributo alle fonti scritte — e in quanto tali colte — di coloro che, rimasti impressionati da questa singolare figura o in qualche modo coivolti — magari per ragioni d'ufficio — ne narrano le rocambolesche vicende. L a seconda è debitrice della tradizione orale l a quale, diffusasi fra le classi sabalterne, ha evocato con toni leggendari l'eroe degU oppressi. A l l a creazione del « m i t o » R i n a l d i n i contribuiscono ambedue le componenti, intellettuale e popolare, interagendo in forme distinte e misure diverse. « M u s a cantiam le memorande imprese D i R i n a l d i n , dell'immortal T r e m o n e , A quali Morte i l cor d'ardir accese D i R i n a l d o , ed Orlando al paragone, E sempre invitti, e vincitor l i rese I n ogni audace bellica tenzone. Onde l a v i i sbirragha infame, e sciocca M o r d e per rabbia ancor l a lingua in b o c c a » . A parlare non è u n infervorato ribelle m a i l prelato Mariano Minghetti di F o r l ì , nella seconda ottava dei suoi tre canti — tutti di questo tenore — dedicati al R i n a l d i n i . I l bandito diviene protagonista di u n poema epico, al pari dell'Orlando e di R i n a l d o ; i l
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CASO DI BANDITISMO SOCIALE NEL
MONTEFELTRO
93
suo coraggio e l a sua invincibilità vengono cantati a suo onore ed a scorno delle forze dell'ordine, che anzi vengono offese e vituperate. A differenza della cultura « a l t a » , quella popolare è veicolata oralmente. A l m e n o un paio di testimonianze, pervenute sino a noi, attestano l a presenza nella memoria collettiva del bandito R i naldini. L a p r i m a , citata dal R e n z e t t i nel 1914 sulle pagine del « C o r riere R i m i n e s e » ( 1 1 ) , narra di una canzone su « T o m a s o R i n a l d i n i / C h e vien da M o n t e b e l l o » , cantata spesso nelle cantine dagh avventori p i ù spavaldi, i quali ne intonavano in coro i versi, enfatizzando coi gesti e col tono di voce soprattutto l'ultima strofa: «r birri con pugnali pistole e con tromboni con bombe e con cannoni noi l i farem t r e m a r » . È evidente, da questa reminiscenza tardo ottocentesca, l a trasposizione che i lavoratori facevano della vicenda del bandito settecentesco alla loro condizione politica e sociale — densa come si sa di fermenti rivoluzionari anarcosocialisti — operando un transfer psicologico che h appagava temporaneamente dei loro desideri di rivalsa e di ribellione, manifestati particolarmente nei confronti di quello che era considerato i l « b r a c c i o a r m a t o » della borghesia dominante: i birri. L a seconda testimonianza proviene dalla ricerca scientifica applicata al recupero della tradizione folklorica. U m b e r t o Foschi (12), citando i l Pergoh, trascrive i testi di due versioni di un vecchio canto popolare, titolato / / bandito, che egh ritiene riferito a « M a s ò n » , sebbene,' col tempo, i l nome del protagonista si sia trasformato in « R i m o n d i n i » ; essendosi persa memoria dell'uomo realmente vissuto, se ne è p e r ò mantenuta v i v a l a sua immagine mitica e simbolica, in u n procedimento assai frequente nel patrimonio di cultura orale. I significati della storia di R i n a l d i n i entrano dunque a far par-
(11) N . M A T T E I N I , op. cit., pp. 114-115. (12) C f r . U M B E R T O F O S C H I , / canti popolari cangelo, Maggioli, 1974, pp. 86-87.
della vecchia Romagna,
Santar-
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PIER PAOLO
GUARDIGLI
te del patrimonio folklorico, come fatto di creazione collettiva, superandone l a « c e n s u r a p r e v e n t i v a » e radicandosi nella memoria popolare ( 1 3 ) . E s s i anzi varcano una soglia — culturale e temporale — generalmente fatale a quel patrimonio: l ' e t à della R i v o l u z i o ne Industriale, giungendo, ancora vivi ed immutati, fino al nostro secolo. Q u a l e migliore dimostrazione dell'aureola di « e r o e p o p o l a r e » assegnata dalla tradizione a « M a s ò n » e del suo ingresso a pieno titolo nella leggenda? È straordinario come nei racconti formalizzati alcuni aspetti della storia del « R i n a l d i n i - e r o e » ricalchino esattamente vicende di uomini, suoi pari, vissuti in altre epoche e perfino in continenti diversi. S i prendano, ad esempio, le storie di Jesse James o di Pretty B o y F l o y d , giunte a noi dai repertori di canzoni del folklore nordamericano; si cogheranno immediatamente gh aspetti comuni, segni di u n ' u n i c a denotazione, quella simbohca dell'eroe buono, i l quale è fuorilegge suo malgrado, non per interesse personale m a per n e c e s s i t à sociale; vinto nella sue destrezza, t e m e r a r i e t à , invincibilità, solo dal tradimento, proposto come assoluto valore negativo, i n contrapposizione alla « d e v i a n z a » positiva del bandito sociale. «It was R o b e r t F o r d , that dirty httle c o w a r d , I wonder how he does feel, For he ate of Jesse's bread, and he slept in Jesse's bed. A n d than laid poor Jesse in his g r a v e » ( 1 4 ) . E ancora, a riguardo della proverbiale g e n e r o s i t à e « s i n t o n i a »
(13) Si veda la nota teoria della langue e della parole nei fatti di folklore di P. B O G A T Y R E V - R . J A K O B S O N , Il folklore come forma dì creazione autonoma, in «Strumenti critici», a . I , n. 3, 1967. (14) « F u Robert F o r d , quello sporco piccolo codardo/ M i chiedo come si senta/ P o i c h é ha mangiato il pane di Jesse e dormito nel suo letto/ E poi ha gettato il povero Jesse nella fossa»; definito il Robin H o o d americano, Jesse James era un ex soldato nella Guerra Civile che, tornato a casa e resosi conto delle ingiustizie usate alla sua gente, divenne un rapinatore di treni e di banche, divenendo ben presto famoso in tutto il centro ovest per le sue doti di rapidità, di inafferrabilità e generosità nei confronti della popolazione più umile. F u ucciso da F o r d , un membro della sua banda, con un colpo alla schiena. A L A N L O M A X , American Folk Songs, Baltimore, Penguin, 1964, p. 103.
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CASO D I BANDITISMO SOCIALE NEL
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col popolo, così spesso « f i a n c h e g g i a t o r e » delle gesta del bandito, ecco un'altra canzone: « T h e r e ' s many a starvin' farmer, the same old story told, H o w this outlaw paid their mortgage, and saved their little home. Others teli you 'bout a stranger, that come to beg a m e a l . A n d underneath his napkin left a thousand dollar bill» ( 1 5 ) . Quanto somiglia R i n a l d i n i a Jesse James e Pretty B o y F l o y d ? C o m e i l primo finisce tragicamente, tradito da un ex compagno, come i l secondo non si esime dal corrispondere alla simpatia e l'ospitalità popolare, ad esempio con «prestiti di fiducia», come attesta la vicenda sammarinese già ricordata. L ' a d d o l o r a t a presenza i n massa della cittadinanza, che gh tributava i l suo ultimo omaggio, il giorno i n c u i , catturato, fu messo alla berlina per le vie della città di R i m i n i , dimostra l'esplicita ammirazione della gente da cui lui stesso proveniva. « S c a l t r o , destro, ardito, robusto, sdegnoso, fiero, forte, coraggioso, altero, bello, aitante, convincente, generoso, temuto, audace, d o l c e » : questi alcuni degh aggettivi con cui cronisti noti e memorialisti ignoti dipingono « M a s ò n dia B l o n a » ; pregni non solo di carica semantica m a soprattutto simbolica, tali attributi evocano le virtri positive che contribuiscono ad esaltare valori, forse ovvi e scontati, m a inquietanti, desueti e forse addirittura rivoluzionari se attribuiti ad un fuorilegge, ad un uomo che ha scelto l'illegalità, che ha scelto di essere posto al bando pur di non chinare la testa, a costo di perderla; ad un uomo che, entrato nella storia, è divenuto ben presto leggenda.
(15) «Molti contadini affamati raccontano la stessa vecchia storia/ D i come quel fuorilegge p a g ò il loro debito salvandogli la casa./ Altri raccontano di uno straniero che venne a mendicare un pasto/ e sotto il suo tovagliolo lasciò un biglietto da cento dollari». Pretty B o y F l o y d , famoso in Oklahoma, divenne fuorilegge per aver ucciso, in una collutazione, uno sceriffo arrogante e violento che lo aveva provocato: P E T E S E E G E R , Woody Guthrie Folk Songs, New Y o r k , Ludlow Music, 1963, p. 5 1 .
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pionieri delVindustria solfifera ^ perticar ese
I
«Discendesi alla miniera, che già per più centinaia di metri é profonda, o per pozzi verticaU e diritti, ottimamente costrutti dall'alto stesso del monte, ovvero per una stretta via aperta nel fianco meridionale del monte stesso, la quale in lunghi e tortuosi giri sempre in basso inclinati, e per lunghe gradinate, giunge al fondo, che distendesi molto avanti nel corpo stesso del monte. I l primo entrare a quei luoghi si cavernosi e profondi, la notte cupa e profonda che vi regna, rotta sol da lucignoh vari di uno o due fili, la vista incerta e melanconica per essi degli scavatori taciti e faticanti, l'aere crasso e fetente pel vapor del bitume che è in tutto lo spazio e rende grave il respiro, pongono all'animo una tristezza che mal si potrebbe rappresentare». Tratto da D . S A N T A G A T A , Dei gessi e della formazione dello zolfo in Perticara, in «Nuovi Annali delle Scienze Naturali di Bologna», nov. 1845, p. 7.
La gestione del conte Cisterni. I l conte Giovanni Cisterni di Ancona comparve sulla scena della imprenditoria perticarese nel 1816 allorché acquistò dalla famigUa Masi di Perticara (per scudi 18.000) la miniera Cà de Masi, una delle prime ad essere stata coltivata in territorio perticarese e certamente la più fertile fra quelle allora esistenti. Tre anni più tardi egh e Giuseppe Bufalini di Mercato Saraceno figurano in società per la conduzione di tutte le miniere aperte in detto territorio e ormai tutte, o quasi tutte, in comunicazione fra loro e perciò non più distinguibiU, se non per il nome, e ancora per breve tempo, l'una dall'altra. Solo la miniera Montecchio, in fondo Cà de Masi, ricomparirà con i l suo nome molti anni più tardi, ma solo per un biennio, precisamente nel 1858-59 (annoverata fra le miniere gestite dalla Società delle Miniere Zolfuree di Romagna), dopo del quale fu «chiusa per ragioni di convenienza potendosi compenetrare i lavori nella vicina Perticara» (1). Non sappiamo di quale rilevanza fosse la compartecipazione del Bufalini nella società; di lui comunque non si sentirà più pariare dopo il 1819, verosimilmente perché liquidato dal Cisterni che divenne così l'unico proprietario di tutte le miniere di zolfo esistenti in Perticara. Anche la limitrofa concessione della miniera Marazzana (in territorio santagatese) passò, nel 1819, nelle sue mani e le lavorazioni, che in essa erano state sospese fino dal 1814, furono ripristinate (2).
(1) M . B A T T I S T E L L I , Miniere di zolfo a Perticara, in «Studi Montefeltrani», S. Leo 1 9 8 5 , p. 1 1 6 ; A . B A R T O L I N I , Perticara nel Montefeltro, Rimini 1 9 7 4 , p. 6 6 ; Monografia statistica ed economica della provincia di Forlì, Forlì 1866, p. 7 8 . ( 2 ) M . B A T T I S T E L L I , Le miniere di zolfo del Santagatese, in «Studi Montefel-
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Fino dai primi anni della sua gestione il Cisterni ampliò in modo rilevante i lavori sotterranei ed apportò innovazioni alle varie fasi della lavorazione (specialmente con la costruzione di nuovi forni fusori), ridonando così nuova vita ad una attività che da alcuni anni languiva, oltre che per la difficile congiuntura economica, per l'inerzia degli antichi coltivatori che scavano «la miniera della Pertica] a poco attentamente e con nessuna idea di miglioramento». Siccome la grande profondità dei lavori (si erano già raggiunti i 200 metri) richiedeva molto tempo per il trasporto del minerale in superficie egli intervenne ad abbreviare il tempo dell'ultima fase di questa operazione con l'installazione alla bocca del pozzo principale, in sostituzione del vecchio argano azionato a braccia, di una «macchina» mossa da due cavaUi che consentiva di portare in superficie il minerale più celermente (60 secchioni di pietra solfurea del peso di libbre romane 200 l'uno ogni ora) e minor impiego di mano d'opera. I l trasporto dall'una all'altra delle gallerie inferiori, fino alla base del pozzo della superiore, era fatto da uomini, collocati a brevissima distanza gli uni dagU altri in modo da formare una catena, che si passavano i secchioni con «misurata rapidità e senza interruzione fino ad assicurarli al canape della macchina». Dove vi erano pozzi fra l'una e l'altra delle gallerie inferiori il sollevamento dei secchioni era effettuato a braccia con l'ausilio di argani collocati sulla sommità degli stessi. Pompe idrauliche furono adottate per l'eduzione delle acque, ma presumibilmente questo nuovo sistema non dette i risultati sperati dato che spesso alcuni fronti di avanzamento dovevano essere per lungo tempo abbandonati a causa dell'allagamento dei sotterranei. Per ciò che concerne il trattamento del minerale i vecchi doppioni furono in parte rimpiazzati dalle carcare, le quali non abbisognavano di recipienti per la distillazione e di legna da ardere, am-
trani», S. Leo 1975, p. 4 6 . L'attività mineraria alla sinistra del torrente Panante non era stata comunque sospesa del tutto, infatti nel 1818 una miniera (la Solfatara?), condotta da Giovanni Fabbri, era in attività. ( A R C H I V I O D I S T A T O , P E S A R O — d'ora in avanti A . S . P . — , Delegazione apostolica, Tit. IV, arti, professioni e commercio, 1818, fase. I ) .
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bedue assai costosi, e compivano «la stessa operazione con più sicurezza, sollecitudine e risparmio» (3). Per effettuare la fusione nelle carcare bastava semplicemente accatastare il minerale in piccoli mucchi di circa due metri di diametro ed appiccarvi il fuoco nella parte superiore. I l calore svolto dalla combustione di parte del minerale serviva a fondere il rimanente. L a fusione presentava però degli inconvenienti rispetto alla distillazione. Con essa infatti si aveva una elevata perdita di zolfo per combustione ed il prodotto, di colore bruno (zolfo brutto) a causa delle impurità che conteneva, era meno pregiato di quello che si otteneva dai doppioni, che era di colore giallo. L'inquinamento dell'aria, poi, per il diffondersi di notevoli quantità di anidride solforosa, arrecava danno alle colture, per cui vi era il divieto dell'uso delle carcare per lo meno nei mesi di maggio e giugno e si era tenuti al risarcimento dei danni agli agricoltori. Sembra tuttavia che l'alto costo della legna da ardere (questa proveniva tutta dai numerosi boschi vicini alla zona mineraria, che venivano rapidamente depauperati visto che se ne consumava circa 4.200.000 hbbre ogni anno) e dei recipienti metallici per la distillazione, gravati, questi ultimi, da un forte dazio d'importazione (i recipienti di terracotta, di produzione locale, stavano lasciando il posto a quelli di ghisa a causa della loro breve durata), oltre alle considerevoli spese sopportate per la costruzione, la manutenzione e la riparazione dei forni fusori, rendesse più conveniente tale nuovo procedimento (4). A questo calcolo prettamente economico oggi si sarebbero aggiunte considerazioni sull'opportunità di conservare un patrimonio boschivo, composto di cerri e querce, che invece è andato totalmente distrutto. Preziosa testimonianza di quello che dovette essere il paesaggio prima di quel disboscamento selvaggio è che la strada che collegava la zona mineraria di Perticara e Marazzana con il
(3) A R C H . D I S T A T O , R I M I N I (d'ora in avanti A . S . R . ) Memoria relativa alla statistica industriale e manifatturiera richiesta dal Governo, 1 8 2 4 , pp. 1 9 e 6 6 ; A R C H I V I O D E L L A C U R I A , P E N N A B I L L I (d'ora in avanti A . C . P . ) , Tit. XIII, vescovi e regolari, 1 8 4 6 , n. 194. ( 4 ) A R C H . D I S T A T O , C E S E N A (d'ora in avanti A . S . C . ) Tit. XVIII, miniere, 1 8 2 1 , rubr.5: Ivi, 1 8 3 9 , rubr.3 e 1 8 5 4 , rubr.5; A . G A L L I , Cenni economico statistici sullo Stato pontificio, Roma 1840, p. 140; A . S . P . , Del. ap., Tit. IV, cit., 1824, b.3.
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paese di Ugrigno si chiamava, assai significativamente, «strada del bosco» (5). Bosco di cui oggi non è rimasta traccia alcuna. Nonostante le economie realizzate con l'adozione delle carcare il costo del prodotto finito era ancora troppo elevato per gareggiare con la concorrenza siciliana, cosicché il Cisterni decise di porre sul mercato un prodotto piià pregiato, il//or di zolfo, che allora (si era nel 1821) era assai richiesto nei mercati esteri e spuntava un prezzo sensibilmente superiore a quello raffinato con il vecchio sistema. A tal fine fece costruire presso il porto di Rimini uno stabilimento in cui installò delle fornaci per la distillazione del grezzo, adottando il sistema, nuovo per gli Stati itahani, ma già in uso in Francia e in Inghilterra, della sublimazione «all'uso di Marsiglia», con il quale si otteneva appunto il fior di zolfo, la cui purezza era superiore a qualsiasi altro prodotto consimile. I l fior di zolfo, anche se ottenuto con un procedimento più rudimentale, non era comunque una novità per il Montefeltro, infatti, nel 1812, in una solfatara vicina a PennabiUi «s'impedisce la libera esalazione dai doppioni de' vapori solfurei, e si obbligano ad attraversare tubi di terra sempre raffreddati, in cui si va deponendo ì\ di zolfo, e si trae partito dai detti vapori che altrimenti si disperderebbero» (6). Nei primi anni del terzo decennio del secolo i prezzi di vendita dello zolfo ebbero un andamento crescente. Dagli scudi 4.50 il migliaro (mille libbre) del 1821 si passò ai 5 nel 1822, ai 5.50 nel 1823 e ai 7 nel 1824 per il grezzo. I l raffinato spuntava all'incirca 3 scudi in più. Dopo il 1824, però, i prezzi precipitarono: il grezzo fu venduto a scudi 3.50 nel 1825, a 3 nel 1826 e a 4 nel 1827. I prezzi del raffinato (fior di zolfo), che costituiva ormai la quasi totalità delle esportazioni, si mantennero ancora di 3 scudi al di sopra di queUi del grezzo (7). Negh anni immediatamente precedenti il 1823 gU operai impiegati nei sotterranei della miniera di Perticara erano una novan-
tina e circa 110 gU uomini e i ragazzi impiegati in superficie. Circa 40 animali, fra asini e muli, erano adoperati per il trasporto della legna e per i vari servizi di superficie. I l salario giornaliero degli uomini era, mediamente, di baiocchi 25, l'orario di lavoro di 10 ore al giorno, i giorni di lavoro circa 200 all'anno. I l prodotto annuo era compreso fra due milioni e due mihoni e mezzo di libbre di zolfo fuso e veniva trasportato a Rimini da una compagnia di vetturaU (mulattieri e birocciai); poche migliaia di libbre erano vendute in loco ai fabbricanti di polvere da sparo di Talamello e dintorni (8). A Rimini lo zolfo veniva raffinato e quindi esportato quasi per intero in Austria e nel Lombardo-Veneto (9). Occorre a questo punto fare una precisazione. Pur provenendo i dati su riportati dalla statistica industriale e manufatturiera del 1824 essi non possono essere attribuiti a detto anno poiché le relazioni (sono due) — che fra l'altro danno per la produzione valori sensibilmente diversi — furono consegnate all'autorità competente dello Stato a metà anno. I dati non possono neppure riferirsi al 1823 poiché una delle relazioni c'informa che la miniera di Perticara da circa una anno (e quindi per buona parte della seconda metà del 1823) non era in attività «attesa una grossa sorgente d'acqua scoperta nelle grotte, che v'impedisce il lavoro, e quindi l'estrazione della pietra. Sembra che mediante una gran chiavica nella parte inferiore, e precisamente al fosso detto del Panante potesse richiamare a se tutte le acque, e così togliere ogni ostacolo al lavoro: ciò però non si potrà ottenere senza grave dispendio» (10). Tutto ciò ha determinato in noi la convinzione che i dati assunti come base per la statistica si debbano riferire ad anni antecedenti il 1823 (presumibilmente il 1822). I l valore che il compilatore della medesima ha attribuito alla produzione complessiva risulta così essere inesatto perché egli ha considerato per il computo, come valore unitario, il prezzo corrente nel 1824.
( 5 ) A . S . P . , Catasto pontificio, s. V, mappe, Perticara, 1 8 1 3 . ( 6 ) A . S . R . , Memorie, cit., p. 6 6 ; Almanacco del Dipartimento del Rubicone per l'anno bisestile 1812, Forlì, p. 2 1 1 . ( 7 ) Esercitazioni dell'Accademia Agraria di Pesaro, a. I , sem. I , Pesaro 1 8 2 9 , appendice.
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( 8 ) A . S . P . , Deleg. ap., Tit. IV, arti, professioni e commercio, 1824, busta 3 e 1824-25, busta 14; A . S . R . , ibidem. ( 9 ) F . B O N E L L i , // commercio estero dello Stato pontificio nel secolo XIX, in «Archivio economico dell'unificazione italiana», serie I , voi. X I , fase. 2 , p. 1 3 1 . Dal 1829 figureranno importatori dello zolfo riminese anche l'Olanda e l'Inghilterra. (Cfr. C . C A L I N D R I , Saggio statistico storico del Pontificio Stato, Perugia 1 8 2 9 , p. 592).
( 1 0 ) A . S . P . , Deleg. ap., Tit. IV, cit., 1824, b. 3 .
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D a una lettera del 13 febbraio 1844 inviata dal governatore di S. Agata Feltria al cardinale legato di Urbino e Pesaro (11) apprendiamo che «... la famigUa del sig. Luigi Masi è stata sempre propensa, ed attivissima, affinché la miniera solfurea di Perticara fosse tenuta in esercizio, e siccome nel 1821, stanteché il sig. Conte Cisterni non poteva, [a causa] di calamitose sue circostanze proseguire i lavori, dalla suddetta famiglia vennero assunti, e continuati fino al 1833 con rimessa di qualche migliaio di scudi». Questa notizia ci pone di fronte a un quesito di difficile soluzione. Chi condusse la miniera durante i l periodo citato? I dati che possediamo, provenendo tutti da documenti coevi costituiti per lo più da relazioni di organi amministrativi e da statistiche inviate all'autorità statale, sono tutti meritevoli di fede ma ci trasmettono una contrastante realtà dei fatti. Parte di essi — la lettera citata — attribuisce infatti la gestione della miniera ai Masi, mentre l'altra l'attribuisce al Cisterni. Come si può mettere in dubbio la veridicità del documento stilato dal governatore di S. Agata (che contiene anche altre informazioni riguardanti la famigHa in questione del tutto esatte), tenuta presente anche l'autorità del destinatario? Eppure tutti gh altri dati in nostro possesso sono in contrasto con quanto emerge — per la parte che qui c'interessa — da questo documento. Ma vediamo i dettagli. Nella statistica del 1824 è i l conte C i sterni che risulta essere proprietario della miniera di Perticara e «fabbricatore» dello zolfo. È da escludere che a Perticara vi potes-
L'accesso più antico (menzionato da D . Santagata).
(11) Ivi, Tit. VI, finanza, 1844. D a una serie di atti pubblici riguardanti la famiglia Masi di Perticara, emersi da una indagine del governatore di S. Agata F . , di cui ci è pervenuto il transunto mercé una lettera della Legazione Apostolica di Urbino e Pesaro del 26.3.1844, apprendiamo che detta famiglia tenne in esercìzio la miniera Cà de Masi dal 1800 al 1816 con una rimessa complessiva di scudi 11.000 (In A . S . P . , ibidem). Con ciò resta colmato il vuoto di notizie che si aveva su questa miniera per buona parte del periodo citato, ma emerge anche come in detto periodo — se il dato economico corrisponde a verità — la coltivazione della miniera abbia fruttato più perdite che utili. Se si pensa che la miniera dei Masi era reputata la più produttiva fra quelle in attività negli anni della «febbre dello zolfo», anni in cui l'elevato prezzo del metalloide sicuramente consentiva ricavi assai remunerativi, il saldo passivo dell'intero periodo considerato dovette dipendere massimamente dagli ultimi anni di gestione, anni in cui ci fu il crollo di tutto il settore commerciale dello zolfo romagnolo e marchigiano. (Cfr. M . B A T T I S T E L L I , Miniere di zolfo a Pericara, cit., pp. 114-117-118).
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se essere un'altra miniera di zolfo (coltivata dai Masi) perchè la statistica non ne fa menzione. D a una lettera del 23 aprile 1829 spedita dal cardinale Albani al delegato apostolico di Urbino siamo venuti a conoscenza che il Cisterni nel 1828 voleva sospendere i lavori nella sua miniera a causa dell'incagho nel commercio del prodotto raffinato derivante dal protezionismo dei Paesi importatori e dalla concorrenza siciliana, che offriva il suo prodotto a un prezzo bassissimo. Dalla stessa lettera apprendiamo che nel 1829 egli beneficiò di un aumento di premio per l'espostazione dello zolfo raffinato dall'S (percentuale concessa a tutte le manifatture nazionah) al 15 e 1/2% grazie all'intervento in suo favore dello stesso pontefice (Leone X I I ) . Ricordiamo qui, per inciso, che tale premio non fu ritenuto sufficiente dal Cisterni per superare le difficoltà del momento e che «in tempo di sede vacante» (1829) egli chiese al S. Collegio il 30%, che però non gU venne concesso. Tale rifiuto comunque non lo scoraggiò poiché l'anno seguente egU acquistò dai Masi per scudi 5.100 i diritti che questi si erano riservati nella vendita del 1816. D a un ultimo documento risulta che nel 1829 il Cisterni è proprietario delle miniere C a ' de Masi (la miniera di Perticara), Marazzana e Pedrizzo (la miniera di Formignano, in Romagna) (12). Prima di chiudere quest'argomento — per il quale ci esimiamo di proporre deduzioni conclusive, anche se propendiamo per l'attribuzione della gestione al Cisterni — ricordiamo che il 20 dicembre 1824 si fece il funerale del fabbro Biagio Marchionni, precipitato nel pozzo delle «zolfatare Masi» (13). Una notizia questa che non deve trarci in inganno perchè pur appartenendo la miniera già da otto anni al conte Cisterni — e il parroco che registrò l'avvenimento nel Libro dei Morti sicuramente ne era a conoscenza — essa conservava ancora per le popolazioni che attorno ad essa gravitavano l'antica denominazione. Nel 1831 la forte domanda da parte dei produttori inglesi di acido solforico determinò un nuovo rialzo dei prezzi — che comunque non languivano più ai bassi liveUi del 1825-27 — e i coltivatori di miniere solfuree risposero prontamente alle aumentate ri-
chieste del mercato. Molte miniere abbandonate rientrarono in attività e quelle attive intensificarono le lavorazioni. L a produzione della miniera di Perticara aumentò e superò in breve tempo i 3 milioni di libbre annue di zolfo fuso (nel 1829 era stata di libbre 1.800.000) (14). ;^-^-c.vin - ^A^vr.:.-:: .,,fl..:Tt7n> \ .•^•.:;'.-v Riteniamo utile a questo punto riferire testualmente i brani più salienti della relazione del naturalista senigalliese V . Procaccini Ricci letta all'Accademia Agraria di Pesaro e scaturita da una visita che egli fece nel 1834 alle miniere del Montefeltro (15). I l relatore, dopo aver rilevato che numerose erano le cave di zolfo a valle di Perticara, informava l'uditorio che «le fornaci in cui il minerale vien posto alla fusione sono situate a poca distanza dai pozzi e costruite con svariati sistemi. Alcuni coU'uso delle pile [le carcare], altre a volta [i doppioni]. L o zolfo si hquefà, diviene scorrevole e si raccoglie dentro forme preaparate, nelle quali si raffredda e, fatto solido, rimane di figura parallelepipeda; così ridotto viene trasportato dai somieri a Rimino, dove esiste un bellissimo edificio per raffinarlo e dargh la forma di candele, che sono della massima purezza. [...] Quasi presso la sponda del torrente Panante si sta aprendo una strada sotterranea ad uso di galleria, la quale ha per iscopo di aprire un emissario capace di asciugare quei pozzi della miniera che sono ora inaccessibiU perchè riempiti di acque stagnanti. [...] Risalendo dalle sponde del Panante, punto più inferiore a quelle adiacenze, se ci rivogiamo al Nord per progredire all'insù s'incontrano parecchi pozzi dai quaU si estrae senza interruzione [il minerale] da esporsi alle fornaci per formare i pani di zolfo adatti all'uso del commercio. Intesi asserirsi con sicurezza che se ne cavano oltre quattro milioni di libbre romane in ciascun anno. D a ciò si comprende quanti abbiano ad essere gh operai colà, e con quanta sollecita premura si affatichino in quei penosi lavori».
(12) A . S . P . , Tit. IV, cit. e Tit. VI, cit., 1829, fase. 15; A . C . P . , ibidem. (13) A . B A R T O L I N I , ibidem.
Fino al 1834 la domanda estera del «raffinato di Romagna» fu in continuo aumento e a stento la produzione riuscì a soddisfarla.
(14) F . SOUARZINA, Produzione e commercio dello zolfo in Sicilia, 1963, p. 22; Esercitazioni dell'Accademia Agraria di Pesaro, a. V , sem. 1, 1835, p. 103; A . S . P - , Deleg. ap., Tit. VI, cit., 1829, fase. 15. (15) V . P R O C A C C I N I R I C C I , Osservazioni geognostiche da Monteluro nel Pesarese a Perticaja, in «Esercitazioni ecc.», a. I V , sem. I I , 1834, p. 73 ss.
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Dal 1835, però, tale domanda cominciò a diminuire e nel 1837 le esportazioni erano già diventate circa un terzo di quelle del 1834 (16). E r a una nuova crisi. Si disse che essa dipendeva da cause di ordine tecnico inerenti all'estrazione del minerale e non da variazioni della domanda, in quanto il prezzo del raffinato aveva segnato soltanto una lieve contrazione rispetto all'alto livello raggiunto negli anni precedenti: era infatti passato da scudi 16 a 14 il miglia^ ro. Noi però non siamo dello stesso avviso poiché, in quell'anno, il Cisterni aveva oltre un mihone di libbre di zolfo in cannoli invenduto nel suo deposito di Trieste. Comunque, qualunque fosse la causa della crisi, sta di fatto che questa motivò l'intenzione del Cisterni di sospendere i lavori nelle sue miniere, a meno che il Governo non fosse intervenuto hquidandogli il premio di 30.000 scudi che gh era stato assegnato per l'esportazione degh zolfi (17). Egh giustificò la sollecitazione dell'impegno assunto nei confronti della sua casa con un dato di estrema gravità: l'assoluta mancanza di mezzi finanziari in suo possesso e l'impossibilità di reperirne presso terzi. D a una lettera del 28 febbraio 1837 della Magistratura di Sogliano al cardinale legato di Forlì (18) apprendiamo che il Cisterni, non avendo riscosso il premio, chiuse le miniere e la raffineria. L a stessa lettera c'informa come la Magistratura implorasse un «provvedimento sovrano» per far riaprire le miniere e così evitare i gravi inconvenienti che avrebbero potuto derivare dallo stato di disoccupazione di centinaia di operai ed altri lavoratori che da quelle miniere traevano i l loro sostentamento, e manifestava il timore che ciò potesse dar luogo a «brigantaggio e ladroneggio, sventura che afflisse [quelle contrade] nei tempi passati di miseria (1814)». Non sappiamo se, e quah misure prese il Governo per scongiurare i paventati disordini, sta di fatto comunque che le miniere rimasero inattive per circa 20 mesi. Scrisse G . Nigrisoh (19) che «primo ad intraprendere un vasto
(16)
F . B O N E L L I , op.
cit.,
p.
campo di lavorazione fu il conte Giovanni Cisterni di Rimini che dopo alcuni anni di lucroso esercizio vendette nel 1836 le miniere, e sue pertinenze, alla società francese Picard e C . pel valore di un milione di franchi [scudi 200.000]». Attingendo verosimilmente a questa fonte A . Scich ribadiva che «le miniere [Perticara e Marazzana] passarono nel 1836 dal conte Cisterni alla società Augustin Picard e C.» (20). Una lettera dell'archivio della Curia di PennabiUi (21) a firma cardinale Orioli e datata da Roma il 15 maggio 1847, indirizzata al papa, dalla quale abbiamo attinto la notizia — riferita in un nostro precedente studio (22) — della vendita delle miniere alla società menzionata, e aUa quale ha fatto ricorso anche A . Bartolini quando ricorda come il conte Cisterni ahenasse nel 1838 le miniere a una società commerciale estera (23), consentì di correggere l'errata datazione tramandataci dal Nigrisoh, ma ci lasciò in errore riguardo alla loro vendita, poiché la confermava. In realtà non c'era stata alcuna vendita avendo il tesoriere generale dello Stato opposto il suo veto. Ragguagh suUa vicenda della fallita cessione ci sono offerti da una lettera inedita che N . Micard, direttore delle miniere di zolfo del Montefeltro nel periodo in questione, inviò il 29 dicembre 1839 al legato di Urbino e Pesaro, cardinale Riario Sforza (24). I n essa si legge che «il conte Gio. Cisterni non ahenò le sue miniere come l'aveva progettato in un contratto provvisorio del mese di lugho 1838 e ciò in conseguenza della inibizione del Tesoriere, del 4 agosto successivo. I signori Agostino Picard, d'Avignone, e Carlo Pothier, dimorante in Firenze, nativo del dipartimento des Vosges in Francia, ottennero gh 13 ottobre 1838 per mezzo dell'Ambasciatore di S.M. il re dei francesi, a Roma, che Sua Santità permettesse a loro la conclusione di una Società commerciale per 10 anni — non per 50 come scrivemmo in un nostro precedente studio — con il Conte Cisterni per l'andamento delle miniere solfuree e stabilimenti relativi di proprietà del medesimo. L e condizioni e
(20) A . S C I G L I , L'attività estrattiva e le risorse minerarie della regione EmiliaRomagna, Modena 1972, p. 121.
185.
(17) A . S . C . , cit., 1837, rubr. 3. (18) Ibidem. (19) G . NIGRISOLI, Rivista dei più importanti prodotti dello Stato Ferrara 1857, p. 230, nota 1.
109
(21)
A.C.P.,
(22) M . Pontificio,
(23)
cit.
BATTISTELLI,
Le miniere di zolfo del Santagatese, cit., p. 48.
A . B A R T O L I N I , op.
cit.,
p.
68.
(24) A . S . P . , Tit. VI, finanza, 1839, fase. 15.
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V
MARCO
1 PIONIERI DELL'INDUSTRIA SOLFIFERA PERTICARESE
BATTISTELLI
proporzioni d'interessanza fra i tre soci appariscono dal contratto registrato, e pubblicato nella Camera di Commercio di Rimini, ritornando il Conte Cisterni unico padrone delle sue miniere dopo il termine della società suddetta. I soci scelsero il sig. Picard per gestore della Società, [mentre] i signori Cisterni e Pothier non dovevano più prendere nessuna parte neha medesima. I soci cedettero poi commercialmente a diversi parte della loro rispettiva interessanza e così vi ebbi partecipazione anch'io. Conosciute queste premesse il sig. Picard è l'unico gestore della Società avendo egh solo la direzione superiore di tutte le operazioni, e t c , e lasciò a me la direzione della parte attiva e materiale». Resta così inequivocabilmente chiarito anche il noto coinvolgimento del Cisterni nel falhmento (1841) della società summenzionata. Cosa che fino alla scoperta deha lettera del Micard ci aveva lasciato alquanto perplessi, poiché le testimonianze che suffragavano l'avvenuta vendita delle miniere non erano sospettabili di inattendibilità. A d offuscare ulteriormente la questione aveva giocato anche la circostanza che durante i tre anni di gestione dei francesi (dall'ottobre 1838 all'agosto 1841) la società ricorreva nelle varie testimonianze con la ragione sociale Picard e C , mentre negli anni successici si parlava del fallimento della società Cisterni, Picard e C , come se il Cisterni fosse entrato a far parte della stessa poco prima del suo falhmento (25). :• ^ . ,
(25) A dire il vero la denominazione sociale Cisternì-Picard appariva esattamente collocata nel tempo in Tencaìoli ( O . F . T E N C A I O L I , La pieve di S. Pietro in culto, Roma 1947, p. 27) quando ricordava come il 20 gennaio 1840 detta società avesse assunto Pincarico di costuire una strada che avrebbe collegato Cà di Susa (a mezza strada circa fra Perticara e Mercatino) con Campiano (sulla strada RiminiMercatino, a un paio di chilometri di distanza da quest'ultimo), sostituendosi alla vecchia mulattiera che collegava le due località. Noi però demmo maggior rilievo agli altri documenti in nostro possesso e trascurammo questa fonte. L a strada, una volta nota come stada dei francesi, puntualmente costruita, è tuttora rotabile e attraversa l'abitato di Talamello. Proprio nello stesso periodo della costruzione della medesima fu apprestato quel ripidissimo tratto di strada che da Cà di Susa conduce rapidamente a Novafeltria e che servì per molti anni «al sollecito trasporto dello zolfo della miniera di Perticara». {Ivi, p. 28).
La società Cisterni, Picard e C.
'
111
^ •
Quelle che la società Cisterni, Picard e C . cominciò a gestire nell'ottobre 1838 erano miniere di proporzioni notevoh. Si contavano ben 7 pozzi a Perticara e addirittura 9 a Marazzana, anche se buona parte di essi serviva ora unicamente per l'aeraggio delle gallerie e dei cantieri di lavoro. Vastissima era l'estensione dei sotterranei e numerosi gl'impianti di superficie. ' I pozzi erano situati tutti nei pressi di una strada, detta della Perticara, che dal paese omonimo scendeva, costeggiando Montecchio, C a ' de Masi e l'odierna Miniera, fino al ponte sul torrente Panante, oltrepassato il quale si entrava nella concessione di Marazzana e, quindi, in territorio santagatese. Partendo dal Panante i pozzi che via via s'incontravano salendo erano quelh deUe Rotelle, deUa Rovere, Croce, Nuovo, della Strada, Lungo e Alessandro, tutti più a valle della attuale locahtà ex-cantiere Certino e quindi concentrati in un'area assai ridotta. D i questi, il secondo, il terzo e il quarto erano provvisti della «macchina pel tiro della pietra», azionata da cavalli; gli altri servivano invece per l'aerazione dei sotterranei. A fianco del pozzo Croce si apriva una rampa di scale che permetteva ai minatori di raggiungere la base del pozzo. G h spostamenti degh stessi all'interno deUa miniera avvenivano invece lungo le gallerie che, in un dedalo intricatissimo, collegavano tra loro i vari fronti di avanzamento e le vecchie coltivazioni (26). Sembra che per la rampa del pozzo Croce fosse sceso nel 1823 un visitatore d'eccezione, il cardinale Sermattei deUa Genga, dallo stesso anno pontefice con il nome di Leone X I I (27). Gli impianti di superficie consistevano, oltre agli argani menzionati, in 28 forni fusori {doppioni), tre botteghe da fabbro ferraio, una bottega da falegname, una fornace da gesso; e poi vi erano stalle per cavalh, una polveriera, una legnaia, vari magazzini, un botteghino per la dispensa dei viveri, uno scrittoio e un edificio per l'amministrazione. L a nuova società, in soh tre anni di gestione, ampliò notevol-
(26)
ARCHIVIO DI STATO, ROMA,
(27)
A . S C I G L I , op.
cit.,
p.
120.
Collezione delle mappe, voi. 116.
112
MARCO BATTISTELLI
mente gli scavi e riaprì gallerie da tempo abbandonate, fra le quali una, lunga circa mezzo miglio, che metteva in comunicazione i sotterranei di Perticara e Marazzana; installò un ventilatore per espellere le esalazioni di gas (il cosiddetto tuffo) provocate dagh incendi; «un grande lavoro contro le inondazioni del torrente Panante» (verosimilmente un argine a protezione dei cantieri esterni della Marazzana); costruì magazzini, alloggi per gh operai, una fabbrica di pignatte per la fusione del minerale, una fonderia, una fornace per mattoni e una macina da gesso. Nel 1840 furono adottati per il trattamento del minerale, affiancandoh ai doppioni, nuovi forni «a tubi e ampie pentole di ghisa» con i quah si aveva una resa pressocché uguale a queUa dei doppioni, che era del 1516%, ma molto maggiore di queUa che si otteneva con le carcare — abbandonate nell'anno —, che non superava il 3%. Nonostante il costo iniziale di queste nuove attrezzature per la fusione fosse maggiore di quello che si sosteneva per quelle tradizionah, il loro impiego era reputato più conveniente perché con esse si sarebbero evitate, o ridotte al minimo, le elevate spese d'esercizio che si avevano per queste ultime, derivanti dalla loro manutenzione, riparazione o sostituzione. Lo zolfo grezzo prodotto veniva dapprima trasportato con barrocci trainati da buoi ai depositi di Mercatino e poi spedito con carri trainati da cavaUi a Rimini per la raffinazione. L a produzione dell'intero triennio fu di hbbre 12.817.643 (tonn. 4.345,18) di zolfo raffinato che venne quasi per intero esportato a Trieste e in Inghilterra al prezzo medio, sulla piazza di Rimini, di scudi 13.50 il migliaro (28). Gli interessi del Picard non si esaurivano nelle miniere della ex casa Cisterni e nella raffineria di Rimini. Egli ne aveva anche in Francia, ma con poco successo, atteso che nel febbraio 1840 il tribunale di Parigi lo dichiarava in fallimento e gh interdiceva di lasciare la città. Proprio nel febbraio 1840 nell'amministrazione della società, fino ad aUora condatta dal vice-gerente Micard, avvenne un cam-
( 2 8 ) Progetto di una società in accomandita per la conduzione della miniera zolfurea della Busca, Cesena 1 8 4 6 , p. 1 2 ; G . N I G R I S O L I , op. cit., p. 2 3 1 ; N . M I C A R D , Risposta aPlibello del sig. P. F. Guébhard, Rimini 1 8 4 2 , pp. 2 7 - 3 2 - 3 4 e 3 5 .
I PIONIERI DELL'INDUSTRIA SOLFIFERA PERTICARESE
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biamento. I l Picard infatti intendeva curare direttamente l'amministrazione delle miniere, ma non potendo assentarsi da Parigi, mandò a rappresentarlo un suo collaboratore, un certo P. F . Guébhard. L'avvicendamento al vertice deh'amministrazione della società trovava giustificazione nel cattivo andamento dell'intrapresa, imputato in qualche misura al Micard, e nel tentativo di porvi rimedio o, quanto meno, di migliorare la situazione. Ma così non fu. I l nuovo amministratore, non appena arrivato a Rimini, emise diverse cambiali a brevissima scadenza per far fronte agli impegni più urgenti, ma ciò non servì ad altro che a prendere un po' di respiro dato che poi quelle cambiah furono protestate (29). Nel marzo dello stesso anno anche il Picard giunse a Rimini e s'interessò senza frappor tempo al tempo all'andamento della miniera di Perticara dove, fra l'altro, impiantò nuovi apparecchi di fusione e ridusse le spese di esercizio con il licenziamento di un certo numero di operai, risoluzione, quest'ultima, che ebbe come contropartita la contrazione della produzione rendendo vani i benefici effetti delle diminuite spese per la mano d'opera. Nonostante le difficoltà incontrate i lavori proseguirono senza interruzione e la produzione si mantenne per tutto l'anno al nuovo livello medio mensile di 376.000 libbre di zolfo raffinato (nell'ultimo mese di direzione del Micard era stata di 448.865) (30). Nel dicembre 1840 il Picard ripartiva per Parigi e affidava la direzione generale delle miniere Perticara e Marazzana a un consiglio di amministrazione composto dagh impiegati superiori di dette miniere, fra i quali figurava un Masi come direttore dei lavori sotterranei. A capo dell'amministrazione societaria rimaneva il Guébhard, mentre N . Micard continuava nella sua funzione di vice-gerente (31). Durante l'assenza del Picard gh eventi precipitarono a tal punto che nell'agosto 1841 le miniere del Montefeltro vennero chiuse. D a una lettera inviata dal governatore di S. Agata, Gaspare Carli, al cardinale legato della provincia di Pesaro e Urbino, datata 8 agosto 1841, apprendiamo che «la chiusura in jeri
( 2 9 ) A . S . C . , Tit. XVIIl, (30)
N.
MICARD,
op.
cit.,
miniere, 1841, rubr. 3. pp.
7 e 40.
( 3 1 ) A . S . P . , Deleg. ap., Tit. VI, privative, 1840, fase. 16, lettera di A . Picard a G . Carli, governatore di S . Agata F . , da Rimini il 6 die. 1840.
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seguita della miniera solfurea di Perticara ebbe luogo senza alcuna . conseguenza con tutta tranquillità». I timori di una protesta violenta dei minatori, che verosimilmente non percepivano lo stipendio da qualche mese, o lo percepivano in misura ridotta (il debito verso gli operai ammontava a piìi di 6.000 scudi), aveva comunque consigliato le autorità a tenere appostata nel castello di Perticara una brigata di carabinieri pronta ad «accorrere ad ogni chiamata del consiglio di amministrazione» (32). Con sentenza del tribunale civile di Forlì del 31 agosto dell'anno in corso il Guébhard fu soUevato daU'incarico e, in assenza del gerente principale, il tribunale di commercio di Rimini confermò l'amministrazione al Micard, che di fatto già la esercitava dal 13 agosto. Egh riaprì la raffineria di Rimini, cui giungeva il prodotto della miniera di Formignano, ancora in attività, ma per Perticara nulla potè fare, se non gli ordinari lavori di manutenzione, per la mancanza di quei mezzi finanziari che avrebbero potuto consentirne la riapertura (33). Nonostante il tracollo finanziario del Picard, che indubbiamente ebbe il suo peso sul destino delle miniere del Montefeltro, la causa prima della loro decadenza va ricercata ancora una volta nella insostenibile concorrenza sicihana. Grandi quantità del meralloide giacevano infatti invendute nei vari depositi a causa del massiccio e continuo afflusso sul mercato dello zolfo siciUano, venduto a più basso prezzo di queUo romagnolo. Sin dall'inizio degli anni Quaranta si era dehneato nel settore dello zolfo l'avvento di una nuova crisi per il forte divario esistente fra domanda ed offerta, ma soUanto verso la fine del 1842 questa si sarebbe manifestata in tutta la sua gravità con il crollo dei prezzi, che scesero rispetto aUa media registrata nell'ultimo decennio di circa il 60% (34). L a situazione di grave disagio che derivò a quest'industria durò per più di un quinquennio e si risolse soltanto quando, per l'aumentata domanda (1848), i prezzi diventarono più remunerativi (35).
(32) (33) (34) (35)
Ivi, Miniere, 1841; N . M I C A R D , op. cit., p. 30. A . S . C . , ibidem. T . R I C H A R D , Rapporto sulle miniere zolfuree cesenati, 1864, appendice. C . R O D A N O , in «Enciclopedia Treccani», ediz. 1949, Zolfo, p. 976.
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I PIONIERI D E L L T N D U S T R I ASOLFIFERA P E R T I C A R E S E
Una società in accomandita fra i creditori insoddisfatti.
•' .
I l 17 febbraio 1842, con sentenza del Tribunale d'Appello di Bologna, fu nominato amministratore dei beni della fallita società Cisterni, Picard e C . Ettore Galh di Rimini (36). Poi, nello stesso .anno, tutto passò neUe mani dei creditori insoddisfatti, costituitisi in società in accomandita, che avevano potuto ottenere la proprietà «ad un prezzo convenientissimo» per mancanza di altre persone interessate all'acquisto. Fino a tutto il 1842 si fecero comunque unicamente lavori di manutenzione e riparazione, e soltanto con l'inizio del nuovo anno (10 gennaio 1843) si dette l'avvio ad una limitata estrazione del minerale e si rimisero in attività alcuni forni del cantiere di Perticara (37). I l 22 gennaio 1843 il dr. Cludiface TrovaneUi, agente «prorogato» al fallimento della società, con una lettera al vescovo deha diocesi montefeltrana (38), chiedeva il permesso di lavorare alle fornaci della miniera di Perticara (due forni a tubi e due doppioni da sei pignatte ognuno) anche nei giorni festivi, «eccettuati i solenni, finché durerà l'attuale provvisoria, limitata lavorazione», dopo aver rilevato che «avendo potuto superare in gran parte i molti ostacoh che pel lasso di 18 in 19 mesi hanno impedito la riattivazione dei lavori di questa miniera solfurea, da cui traggono il vitto giornaliero molte centinaia di persone le più miserabili di queste parrocchie circonvicine, si è dato tutto il pensiero di fare eseguire con la massima soUecitudine le più necessarie riparazioni dei moltissimi guasti cagionati nelle cave, ed agh apparecchi esterni di fusione, da una così lunga sospensione, e molto più dalle nevi straordinarie cadute nello scorso inverno che avevano totalmente devastato questo stabilimento. L'impresa si è ardua oltre ogni credere, ma l'umile scrivente, mercè la cooperazione dei sottoscritti primari impiegati [due dei quah, il direttore dei lavori sotterranei ed il magazziniere, erano dei Masi], spera di riuscire a dare un saggio soddisfacente ai nuovi interessati anche in questi primi mesi
(36) A . S . C . , Tit. XVIII, miniere, 1842, rubr. 3. (37) Non siamo in grado di citare la documentazione sulle notizie qui riferite per non averne, a suo tempo, annotata la fonte. (38) A . C . P . , cit., 1843,
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di una limitata lavorazione in onta alla corrente invernale stagione troppo contraria a tal sorta di lavori, ed in onta al deprezzamento degli zolfi, e nutre fiducia che i risultati di questa tenue lavorazione saranno di stimolo a chi subentrerà nella amministrazione per assicurare stabilmente, e per estendere anche, i vantaggi di una lavorazione che ridoni a queste montagne lo stato della floridezza primiera...». I l permesso fu accordato. Ben presto gh eventi precipitarono nuovamente, come apprendiamo da una lettera inviata dal Trovanelli al governatore di S. Agata F . in data 4 ottobre 1843. «Fin dal 24 Ago. p.p. fui costretto dalle impreviste circostanze del deprezzamento dello zolfo, e del costante incagho nel commercio di questo articolo a sospendere la lavorazione di questa miniera solfurea; toghendo così mio malgrado i l pane a tante centinaia di persone che da questa ritraevano i l loro sostentamento. Persistendo tuttora i motivi suddetti, che m'indussero a tale determinazione, non si sarebbe potuto riprendere così sollecitamente [il lavoro], se i l sig. Paolino Masi [il direttore citato] animato da vero spirito di filantropia non avesse proposto di assumere in appalto la nuova lavorazione che avrà principio col giorno d'oggi; proponendo delle condizioni, le quah chiaramente addimostrano, che si è indotto a ciò fare non per vista d'interesse, ma solo per procurare di dare i mezzi di sussistenza a tanta povera gente anche neU'inverno prossimo» (39). I l riconoscimento dell'appalto al Masi richiese i l rilascio di un certificato da parte della Curia Vescovile Feretrana contenente il curriculum (predisposto dal governatore di S. Agata F . ) della famigha Masi fin da quando Marco Masi, nel 1754, aveva rinvenuto la pietra solfurea nei suoi fondi. A proposito di questo ritrovamento, che aveva richiesto lo scavo di diversi pozzi, i l notaio santagatese Cristoforo Beni aveva dichiarato in un brevetto del 9 marzo 1801 che «per detti lavori i l detto Marco Masi impiegò grandissime somme di denaro perché avendo dei censi a suo favore e dei bestiami aveva dismesso il tutto, anzi aveva imposto censi passivi ancora, cosicché i parenti, ed amici sgridavanlo, affinché desistesse da detti lavori, ne' quah aveva impiegato sicuramente molte mighaia di scudi, dicendogU anche che avrebbe mandato ad accattare
(39) A . S . P . , Deleg. ap., Tit. VI, finanza, 1843, fase. 15.
I PIONIERI DELLTNDUSTRIA SOLFIFERA PERTICARESE
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la limosina i di lui figh giacché poco, o niente gh avanzava del suo» (40). Per la concessione dell'appalto occorreva anche il parere favorevole deU'autorità statale, che arrivò puntualmente. A tal'uopo il cardinale legato di Urbino e Pesaro aveva spedito a Roma i l 26 marzo 1844 (quindi assai dopo dell'effettiva assunzione dei lavori da parte del Masi) una missiva con il curriculum riguardante la famiglia Masi che metteva, fra l'altro, in evidenza che «la famigha medesima, sempre di buona condotta politica, e morale, si è resa in ogni tempo benemerita di quella popolazione, che nei lavori della miniera ha trovato nei tempi più critici la sussistenza, per lo che merita ogni elogio, e considerazione» (41). Tutta questa disponiblità dell'autorità a vantaggio deha prosecuzione dei lavori nella miniera di Perticara fu sicuramente influenzata da un'altra considerazione, quella cioè di evitare che coloro che traevano sostentamento da quel lavoro si trovassero senza occupazione e potessero turbare «la pubblica tranquillità costretti a qualche eccesso dalla miseria» (42). Il 7 agosto 1844 il Masi chiedeva al vescovo di Pennabilh la proroga per un triennio del permesso di continuare la sola fusione nei dì festivi, dato che l'interruzione settimanale deUa stessa avrebbe arrecato «un danno non lieve per il buon andamento della miniera» (43). Anche questa volta il permesso fu accordato. I l 7 luglio 1847, in una lettera al pontefice, i l consigho di amministrazione (il Masi non era più conduttore della miniera) domandava la proroga per un altro triennio. L'esito di questa nuova petizione fu anch'esso positivo (44). L e reiterate suppliche di non sospendere la fusione nei giorni festivi trovavano la loro motivazione nei danni che tah sospensioni avrebbero arrecato ai forni fusori e nelle maggiori spese che si sarebbero dovute sostenere per il combustibile. «Porta un danno non heve — così spiegava Paolino Masi nella citata lettera del 7
(40) Ivi, 1844. (41) Ibidem. (42) A . C . P . , cit., 1843, lettera di P . Masi al vescovo del Montefeltro del 7 agosto 1844. (43) Ibidem. (44) A . C . P . , cit., 1847; A . B A R T O L I N I , op.
cit.,
p.
185.
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agosto 1844 — la cessazione della fusione dello zolfo nei dì festivi: perché soffrono assai le fornaci, calcinandosi la pietra nelle medesime; perché i tubi di ghisa per la fusione, cessando il calore, soffrono nella loro tenacità; perché una maggior quantità di combustibile occorre per far ritornare le fornaci a quel grado di calore necessario per la fusione deUo zolfo, il che apporta grave danno anche per la scarsezza della legna». Nella lettera al papa, del 7 lugho 1847, nuove motivazioni, più drammatiche, sottolineava il consigho di amministrazione onde ottenere il rinnovo deUa concessione. «Essendo oggi scaduto il tempo per cui queUa concessione era lasciata, la Società stessa umilmente implora daUa S.V. che la concessione medesima venga prorogata ad un altro triennio. E porta fiducia di essere esaudita daha singolare benignità della S . V . imperocché oggi che i zolfi hanno così notabilmente diminuito di prezzo più che mai la interruzione dei lavori nelle miniere nei giorni festivi porterebbe alla Società un danno si grave che la metterebbe nella necessità di abbandonare l'impresa, e così lasciare senza pane centinaia di famighe che da essa traggono unicamente il loro sostentamento». Fino al 1847, stante la bassa quotazione del prezzo dello zolfo, i lavori dovettero procedere a rilento e non è escluso che ci sia stata qualche altra, seppur breve, interruzione. Agh inizi del 1845 la miniera era in attività, come lo attesta la visita ai sotterranei del geologo bolognese Domenico Santagata, che vide gh «scavatori» al lavoro e osservò che le lavorazioni erano così bene avviate da non lasciare alcun dubbio sul loro «lieto avvenire» (45). Aperta era anche nel 1847, come si desume daha citata richiesta di proroga del permesso di fondere lo zolfo nei giorni festivi. A Perticara la gestione per conto dei creditori insoddisfatti apportò diverse innovazioni, fra le quah le più rilevanti furono: l'instaUazione di una pompa idraulica per la eduzione delle acque (1845); l'impiego deha lignite della vicina miniera di Soghano a parziale sostituzione della più costosa lignite d'Arsa (1847); la raffinazione in loco di parte del prodotto grezzo; l'instahazione di una macchina a vapore di 10 cavalli (primo esperimento del genere in Itaha) per il sollevamento del minerale da uno dei pozzi prin-
cipali (1848); l'adozione del metodo dei calcaroni — già in uso in Siciha — per la fusione del minerale in sostituzione di quello delle carcare (1851), senza però scalzare ancora del tutto l'uso dei doppioni (46). I l metodo dei calcaroni, che altro non era se non un perfezionamento di quello delle carcare (47), presentava il vantaggio rispetto a quest'ultimo di una riduzione della perdita di zolfo per combustione dal 75 al 40-45%; ma anche con esso «si avvelenava l'aria con l'anidride solforosa, esiziale per la vegetazione, e quindi origine di liti interminabili fra i coltivatori delle miniere e i coltivatori del terreno agrario, fino ad impedire l'esercizio di qualche miniera» (48). Nel 1848 l'utilizzazione dello zolfo nella lotta contro l'oidio, il terribile parassita che stava distruggendo i vigneti europei, fece aumentare notevolmente la domanda di zolfo romagnolo e marchigiano (49), ponendo fine a quella crisi che ormai rischiava di compromettere irrimediabilmente non solo l'avvenire della nostra miniera, ma anche quello dell'intera industria zolfifera romagnola. A questa nuova favoravole congiuntura gh imprenditori risposero prontamente e la produzione segnò una progressiva e netta ripresa. Nel quinquennio 1850-54 la quantità di zolfo raffinato esportata dai porti deh'Adriatico pontificio, massime da Rimini, fu in media di hbbre 10.400.000 (tonn. 3.579,46) l'anno, con il massimo di
(46) Progetto di una Società in accomandita ecc., cit. p. 15; G . N I G R I S O L T , op. cit., p. 232; V . S I M O N E L L I , //patrimonio minerario del Bolognese e della Romagna, Siena 1923, p. 13; G . T E S T O N I , Alcune notizie sugli zolfi italiani, Bologna 1913, p. 12. I l primo calcarone fu acceso a Perticara nel luglio del 1851 ed era stato ottenuto con l'accumulo di 500 secchioni di minerale. L a tecnica del suo uso era stata appresa in Sicilia da Paolino Masi che a tal'uopo là si era recato nel maggio dello stesso anno su incarico del direttore della miniera, Pietro Pirazzoli (Vedi nota 54). (47) « I calcaroni erano costituiti da grandi fosse circolari in muratura con il fondo a piano inclinato verso la parte anteriore, ove trovavasi l'apertura. Si disponeva in dette fosse Ìl minerale in modo da lasciare dei canali verticali per l'accesso dell'aria; tutta la massa veniva ricoperta da minerale polverizzato e poi da minerale calcinato. Indi i l blocco, con fascine di legna, veniva acceso dalla parte inferiore. Una parte dello zolfo bruciando svolgeva il calore necessario perché il resto dello zolfo fondesse e si raccogliesse in appositi stampi, dove solidificava». (Cfr. G . L A M BERTiNi, S. T E S T A I , L . A Z A N , Chimica e mineralogia, PozzuoU 1963, p, 155). (48)
(45)
D.
S A N T A G A T A , op.
cit.,
p.
7.
119
V . S I M O N E L L I , op.
cit.,
p.
15.
(49) C . R O D A N O , in «Enciclopedia Treccani», ediz. 1949, voce zolfo, p. 976.
7:11»
un
L'esecuzione della sciografia risale agli ultimi anni di gestione del conte Cisterni ( 1 8 3 6 - 3 8 ) . Ringraziamo il parroco di Perticara, Cappella don Pietro, per averci concesso la riproduzione.
libbre 12.618.888 (tonn. 4.277,803) nel 1854 (50). Non sappiamo però quanto di questo prodotto provenisse dalle miniere del Montefeltro per la mancanza di dati sulla produzione delle singole miniere. I l nuovo vigore che presero le lavorazioni a partire dal 1848 interessò sicuramente anche la nostra miniera, ma le notizie che possediamo ci permettono sohanto di venire a conoscenza che fino all'avvento della nuova gestione (1855) a Perticara si lavorò, e poco o nuha di più. Oltre ai due anni già evidenziati nel novero delle innovazioni apportate aha miniera (il 1848 e il 1851), le testimonianze riguardano il dicembre 1849 (una delibera municipale secondo cui la manutenzione della strada che daha miniera saliva alla Serra, attraverso la Selvaccia, spettava alla società esercente le miniere) (51), il novembre 1852 (una lettera del direttore della miniera, Pietro PirazzoU, al vescovo del Montefeltro contenente la richiesta del permesso di usare nella sua casa «i cibi di grasso anche nei giorni
vietati») (52) e, infine, l'agosto 1854 (la cronaca di una grave sciagura mineraria riportata nel Libro dei Morti della parrocchia di Ugrigno) (53). L a notte del 3 agosto 1854 un incendio era divampato nei sotterranei deUa miniera di Perticara causando la morte di 13 minatori. D a l libro testé citato abbiamo stralciato la pagina che ricorda l'accaduto: «Domenico Gengotti del fu Paolo di anni 29, essendo cavatore nella Miniera Zolfurea di Pericara in compagnia di altri 30 fra tiratori, manuah, neUa notte antecedente del sud", giorno, mentre tutti attendevano al proprio lavoro, d'improvviso si aviddeva il fumo, si accorsero del fuoco sul passo di dietro, nacque tra
( 5 0 ) F . B o N E L L i , op. cit, (51)
O. F . TENTACOLI,
(52)
A . B A R T O L I N I , op.
pp. 9 1 e 1 8 5 .
La Pieve di S. Pietro in Culto, Roma 1 9 4 7 , p. 2 8 . cit.,
p.
186.
Poco prima di andare in macchina abbiamo appreso da un transunto fattoci dall'amico don Pietro Cappella del contenuto delle numerosissime lettere che Pietro Pirazzoli scrìsse durante la sua direzione della miniera di Perticara che nel periodo considerato la stessa fu sempre in attività (le lettere sono conservate dalla pro-loco di Perticara). ( 5 3 ) Ringraziamo it sig. CappaneUi Giorgio di Miniera di Perticara per averci concesso di prendere visione del documento.
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loro grande confusione, diecisette si chiusero sotto il pozzo del Vapore, sette si nascosero nel profondo dei sotterranei, e gli altri sette tentarono di sortire, fra i quah due soh vi riuscirono, e quegli portarono la notizia, per cui poterono hberare i 17 da sotto il pozzo, ma uno di quei due fra pochi giorni se ne morì. Intanto il fuoco prese campo, saltarono moltissimi nei soterranei, fu chiamato la giustizia sul luogo, il Governatore decretò la chiusura di tutta la Miniera, ed il povero Gengotti fu ritrovato dopo 28 giorni cogli altri undici putrefatto, fra i cinque che tentarono la fuga, e fu condotto alla Perticara con funerah solenni. In fede. Gio. Bianchi Curatus». I l 6 agosto, attraverso la discenderia del pozzo Croce, un gruppo di soccorritori scese nei sotterranei della miniera, ma ogni tentativo di salvare coloro che laggiù erano imprigionati risultò vano. I l 9 agosto venne riaperto uno degh ingressi aUa miniera — in precedenza opportunamente chiusi per impedire che la circolazione di aria fresca ahmentasse il fuoco —, ma l'enorme sviluppo che aveva preso l'incendio consigliò di desistere da ogni tentativo di spegnimento operato con interventi dah'esterno. L e operazioni di spegnimento poterono iniziare soltanto verso la fine del mese ed il primo settembre nella miniera si riprese a lavorare in misura ridotta. I l 5 dello stesso mese ogni attività rientrò nel suo normale funzionamento (54). « i - . . . o .-:Ì.
La Società delle Miniere Zolfuree di Romagna nei suoi primi anni di gestione. I l 14 febbraio 1855 fu costituita in Bologna la Società (anonima) delle Miniere Zolfuree di Romagna per la conduzione dehe miniere Perticara, Marazzana e Formignano, acquistate per la somma di scudi 220.000 (1.100 azioni di 200 scudi ciascuna). L o statuto era stato deliberato daU'assemblea generale degli azionisti il 30 novembre 1854 e approvato da Pio I X il 10 gennaio 1855 (55).
(54) L e notizie qui riportate sono state tratte dalle lettere di Pietro Pirazzoli di cui alla nota 52. (55) Annali di agricoltura, industria e commercio, 1, Torino 1862, p. 539; A . S . C . , Tit. XVIII, miniere, 1862, rubr. 1. Assieme alle miniere la società era en-
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AU'inizio della gestione la nuova società si trovò ad affrontare gravi difficoltà a causa del basso prezzo dello zolfo che non compensava neppure i costi di produzione (56), ma in breve volger di tempo le quotazioni dei prezzi ebbero un marcato rialzo per l'aumentata richiesta del metalloide per usi bellici (guerra di Crimea) e le difficoltà furono rapidamente superate (57). I l mighoramento nella situazione del mercato (che perdurò anche a guerra finita) invogliò gh amministratori ad aUargare il campo di azione della società, che si concretizzò neh'ottenimento della concessione governativa deh'S gennaio 1857 di «scavare miniere di zolfo nella Legazione delle Romagne e del Montefeltro (territ. di Urbino), fino al fiume Conca», che prevedeva una durata di anno 50 e richiedeva il canone di una libbra d'argento «da pagarsi annualmente in Roma alla vigiha dei SS. Pietro e Paolo, senza obbligo di retribuire verun compenso ai proprietari dei terreni» (58). I l disposto che ai proprietari dei terreni in cui venivano aperti pozzi non spettasse alcun compenso tranne, ovviamente, anche se non menzionato, il risarcimento dei danni arrecati con l'esercizio minerario, era in armonia con la legislazione mineraria vigente nello Stato pontificio secondo cui tutte le miniere erano di diritto sovrano. Principio che era stato per la prima voha esplicitamente proclamato da Pio I I nel 1462 quando stabilì che: «Metalla absque principis hcentia fodi non possunt cum regaha iura existant», e che era rimasto immutato (tranne la breve parentesi napoleonica) attraverso i secoh fino all'avvento del Regno d'Itaha, quando ad esso si sostituì il principio sancito con la legge sarda 20 novembre 1859 (entrata in vigore in Romagna con R . D . 23 marzo 1865) secondo cui le miniere venivano considerate res nullius e, di conse-
trata in possesso delle fabbriche di Rimini: «la Raffineria, ia Polverizzazione e la Fabbrica degli Acidi», nonché del magazzino centrale di Cesena. (Cfr. A . B A R T O L I N I , op. cit., p. 73). (56) A . C . P . , Tit. XVIII, 1857. Lettera dell'amministrazione della società alla Curia di PennabiUi del 1" maggio 1855. (57) T . R I C H A R D , op. cit., appendice; Giornale di agricoltura, industria e commercio, a. I , voi. I I , Bologna 1864, p. 26. (58) A . S . C . , Tit. XVIII, fase. 18.1.5, 1857. L'ampia concessione fece scaturire piìi di una controversia fra gli antichi proprietari di miniere e la nuove società.
124
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, •
guenza, con la concessione lo scopritore acquisiva anche la proprietà della miniera (59). A poco più di tre anni dalla sua costituzione la società si trovò ad affrontare una grossa controversia con la Camera Apostohca che rischiò di far interrompere i lavori nelle miniere. Con decreto del 2 luglio 1858, infatti, il tesoriere generale dello Stato l'aveva dichiarata decaduta dalla facoltà di scavare e raffinare zolfo nelle tre miniere che essa gestiva, «ed in qualsiasi altro luogo». I lavori dovevano essere sospesi perché la società non aveva adempiuto all'obbligo della presentazione del certificato comprovante la piena attività delle miniere. L'ingiunzione non fu però rispettata ed il 9 luglio dello stesso anno il gerente della società, ingegner Antonio ZanoHni, inviò una supplica al delegato apostolico di Forlì per ottenere che gh fosse concesso di proseguire i lavori, adducendo quale motivazione che la loro sospensione avrebbe arrecato danni gravissimi aUe miniere a causa degh aUagamenti sotterranei (per evitare i quah si lavorava anche nei giorni festivi). Egh faceva anche rilevare che danni di natura economica sarebbero derivati non solo alla società esercente, ma anche alla regione e allo Stato, per l'inadempimento degli impegni assunti con gl'importatori presso i cui paesi lo zolfo di Romagna godeva grande favore. L a disoccupazione dei 500 operai impiegati nelle miniere del Montefeltro e dei 150 di Formignano — egli sottolineava in fine — avrebbe sicuramente determinato l'insorgere di pericolosi tumulti. A l delegato apostolico di F o d ì scriveva in data 15 lugho anche il governatore distrettuale di Cesena informandolo che nonostante l'intimazione della chiusura delle miniere i lavori — per ordine dell'agente generale Pietro Pirazzoh — continuavano e non era prudente farli cessare con la forza essendo impiegati nelle miniere centinaia di operai, dai quali si potevano attendere tumulti che avrebbero potuto compromettere l'ordine pubbhco non avendo la gendarmeria del luogo forze sufficienti per sedarh (60). Ciò nonostante il governo non annullò la revoca, ma nel contempo non reputò prudente di farli cessare con la forza. Tutto fu in fine
(59) G . B R U Z Z O , Legislazione e industria mineraria, in «Rivista di agricoltura, industria e commercio», Firenze, ott. 1871, p. 14 e die. 1871, p. 177. (60) A . S . C . , Tit. XVIII, miniere, 1858, rubr. 5.
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sanato con la concessione che il nuovo governo rilasciò alla Società delle Miniere Zolfuree di Romagna con R . D . 13 novembre 1860 (61). G l i inevitabili turbamenti derivati dalle vicende politiche e belliche che caratterizzarono il 1859 e il 1860 non influirono sulla attività delle miniere deUa società, la cui produzione complessiva si mantenne ai livehi degli anni precedenti (62). L'avvento del Regno d'Itaha sembra invece aver incoraggiato l'intraprendenza della stessa se, nel dicembre 1861, investì nuovi capitah per l'acquisto (da Natale Deh'Amore) delle miniere Busca-Montemauro e Luzzena-Fosso, contigue a quella di Formignano, e dell'impianto di Cesena per la raffinazione del grezzo per il prezzo complessivo di lire 435.000 (63). L'estrema purezza raggiunta con i perfezionati metodi di raffinazione fece si che lo zolfo prodotto dalla nostra società fosse preferito, al pari di quello della Casa Albani di Pesaro, ad ogni altro allora in commercio tanto nei mercati nazionali quanto in quelli esteri, massime per la solforazione deUe viti. Grazie a questa preferenza esso potè essere venduto per diversi anni ad un prezzo considerevolmente più alto di quello di Sicilia — anche perché quest'ultima metteva sul mercato unicamente zolfo grezzo —, compensando la società delle maggiori spese incontrate nella estrazione del minerale e consentendole di prosperare malgrado l'esuberante produzione isolana (64). I I riconoscimento che la Società delle Miniere Zolfuree di Romagna ebbe alla esposizione internazionale di Londra del 1862 per il «processo poco costoso adoperato neUa produzione dello zolfo [raffinato]» lascia intuire quale impegno essa mettesse per contenere al massimo i costi di produzione in quella fase della lavorazione, la trasformazione del grezzo, in cui tah economie erano più facilmente possibih (65).
(61) F . S Q U A R Z I N A , Industria e legislazione mineraria in Italia, parte ITI, Faenza 1960, p. 35. (62) Cfr. la Monografia statistica ed economica della provincia di Forlì, Forlì 1866, p. 78. (63) A . S . C . , cit., 1862, rubr. 1. (64) Monografia statistica ecc., p. 7 1 . (65) Annali di agricoltura ecc., cit., p. 628. Nella stessa esposizione la casa Albani fu premiata per «l'ingegnoso processo adoperato nella produzione dello zolfo». {Ibidem, p. 626).
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I l grezzo prodotto annualmente nella miniera di Perticara fu mediamente di tonn. 3.284,4 (il 59% dell'intera produzione societaria) nel quinquennio 1855-59 e di tonn. 2.446 (il 47,5%) in quello successuvo (66). L a diminuzione della produzione media annua del secondo quinquennio dipese da un esteso crollo avvenuto nel 1861 nella miniera di Perticara (in cui persero la vita 3 minatori) che ridusse notevolmente l'estensione dei lavori d'estrazione del minerale e, conseguentemente, determinò un sensibile calo nelle produzioni di quell'anno e del successivo (67). È assai rilevante constatare che lo zolfo grezzo prodotto nel decennio considerato dalla nostra società rappresentò aU'incirca i 4/5 della intera produzione romagnolo-marchigiana. Produzione che in larga musura sotto forma di zolfo raffinato in cannoli e polverizzato — prodotti assai ricercati per la loro estrema purezza — era destinata principalmente ah'Austria e ai paesi del levante; non trascurabile era altresì la domanda del mercato itahano, specialmente deUa Lombardia, della Toscana e del Lazio (68). Nei suoi primi dieci anni di attività la Società delle Miniere Zolfuree di Romagna apportò molti miglioramenti alle miniere da essa esercite. D i essi ricordiamo i più notevoh: il largo impiego deUe mine per l'abbattimento dehe rocce più tenaci (per le più tenere si usava il piccone); l'eduzione delle acque dai sotterranei di Perticara «per mezzo di un maneggio a cavalli» (gli animali entravano nella miniera attraverso la discenderia Panante) in sostituzione del vecchio sistema dei secchi o delle trombe a mano; l'installazione di una nuova macchina a vapore di 20 cavalli per il sollevamento dei secchioni da uno dei pozzi principah di Perticara; l'impiego di trombe d'aeraggio per liberare i sotterranei dalle esalazioni di anidride solforosa; la stesura di rotaie nelle gaUerie adibite alla carreggiatura. Miglioramenti di ordine tecnico si ebbero anche nel trattamento deho zolfo dei calcaroni. Mentre lo zolfo (di colore giallo) dei doppioni era commerciabile tale e quale si otteneva dalla di-
stillazione, quello (di colore bruno) dei calcaroni e delle non ancora scomparse carcare doveva invece essere purificato delle scorie deUa fusione per poter essere posto in commercio. L'innovazione rispetto al vecchio sistema deha distillazione del grezzo in forni a pignatte era che ora ci si serviva di forni a grandi storte di ghisa (metodo marsighese) o a piccole storte, sempre di ghisa. L'invenzione di quest'ultimo, il più usato negh stabihmenti deha società, si dovette all'ing. Zanolini che lo sperimentò per la prima volta nel 1859. L a costituzione di una cassa di mutuo soccorso fra operai e impiegati, la costruzione di case per le famighe dei minatori, l'istituzione di una scuola elementare, il divieto deU'impiego dei fanciulh di età inferiore ai dodici anni (i fanciulh di maggiore età lavoravano solo in superficie) testimonia che non furono trascurati neppure importanti provvedimenti di natura sociale (69). Per meglio comprendere la portata di questi riteniamo sia utile fare un raffronto con le condizioni di lavoro a cui erano soggetti nello stesso periodo i minatori siciliani. Per quelli che lavoravano nelle solfatare distanti dall'abitato non v'erano ricoveri: d'estate i minatori dormivano aU'aperto ed d'inverno pernottavano nelle gallerie delle miniere. Per ciò che concerne il lavoro dei fanciulli è a tutti tristemente noto il largo impiego che di essi (carusi) si faceva per il trasporto del minerale a spalla all'interno (lungo anguste gallerie mal ventilate) e all'esterno della miniera. Anche i tentativi di fondare società di mutuo soccorso non ebbero successo ed in caso di malattia contratta in servizio (ben poche però erano le malattie considerate tali) o di infortunio sul lavoro l'operaio doveva accontentarsi di un contributo assai modesto da parte deU'amministrazione alle dipendenze della quale aveva lavorato (70). Infine, anche de non siamo informati al riguardo, riteniamo assai improbabile che ci fossero scuole per i figh dei minatori. Per ciò che concerne il trattamento economico il salario pagato dalla Società delle Miniere Zolfuree di Romagna era superiore non solo a quello
( 6 6 ) Per i dati parziali della produzione cfr. la Monografia statistica citala, p. 7 8 . ( 6 7 ) Ibidem, pp. 7 1 e 7 8 ; A . B A R T O L I N I , op. cit., p. 1 6 0 . ( 6 8 ) Statistica del Regno d'Italia. Industria mineraria, Firenze 1868, p. 4 7 .
P. B I A N C H I , Cenni e studi sulle miniere solfuree di Romagna, Torino pp. 2 4 , 3 8 , 4 2 , 5 5 e 7 4 . ( 7 0 ) M I N I S T E R O D I A G R I C O L T U R A , I N D U S T R I A E C O M M E R C I O , Annali di statistica, serie 3\. 14, Roma 1 8 8 5 , pp. 6 8 e 7 3 . (69)
1863,
128
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delle miniere siciliane, ma anche «ad ogni altro del Regno» (71). A Perticara nel 1860 i minatori addetti allo scavo (cavatori) erano un centinaio, divisi in 4 compagnie che lavoravano 12 ore ciascuna. In tal modo ogni operaio veniva impiegato per 12 ore ogni 48 ed aveva così il tempo di attendere al lavoro dei campi. I l salario era di hre 2 per ogni tonnehata di minerale estratto; con tale computo i cavatori, che erano i megho pagati, percepivano all'incirca tre lire al giorno. Erano però a loro carico le spese per la polvere da mina e per l'oho delle lampade (72). In detto anno la profondità massima raggiunta dagh scavi era di m. 235, che raffrontata con i 120 di Formignano e i m. 50 dehe miniere di Siciha risuha assai ragguardevole (73). Se voghamo prestar fede a quanto ebbe a scrivere il Giornale di Agricoltura, Industria e Commercio nel 1864 sembra che sotto la gestione deha Società delle Miniere Zolfuree di Romagna la nostra miniera abbia vissuto uno dei momenti mighori deha sua storia. D a esso apprendiamo infatti che «in meno di sette anni detta società condusse le miniere Perticara e Marazzana a tal grado di perfezionamento che dai più esperti neh'arte mineraria sono reputate prime in tutto il Regno e proposte ad esempio» (74).
(71)
P . B I A N C H I , op.
cit.,
p.
129
APPENDICE Prospetto allegato alla lettera del conte Giovanni Cìsterni al cardinale legato della provìncia dì Forlì del 7 febbraio 1837. (Vedi nota 1 7 ) . «Stato dimostrativo del numero e qualità delle persone addette al servizio della miniera del solfo posta nella parrocchia di Perticara, Comune di Talamello, nel Montefeltro; e della raffineria in Rimino, di proprietà del Conte G . Cìsterni. n. 3 6 cavatori (che cavano la pietra solfurea) »
3 2 carreggìatori (che trasportano la pietra solfurea dalle cave sotto i pozzi)
»
3 6 sbagagliatori (per tenere libere le cave da tutto ciò che li cavatori cavano dai filoni estraneo alla pietra solfurea)
»
2 8 acquataccì (necessari a tenere sgombre le cave dall'acque che scaturiscono dalle vene trasmettendola questa per mezzo di trombe ideauliche nel grande emissario fatto di recente dal proprietario che le fa scendere dal torrente Panante al fiume Savio)
»
2 4 grottaroli (che servono a tenere sempre aperte le cave da un punto all'altro per il giro necessario dell'aria, onde la miniera non sì renda impraticabile per mancanza della medesima)
»
2 direttori nei sotterranei (per regolare Tescavazione del minerale)
»
7 2 tiratori (che dai sotterranei per mezzo dei rispettivi pozzi estraggono la pietra sino alla superficie)
»
8 carreggiatori (che dai pozzi trasportano la pietra ai forni fusori)
»
1 8 abbadatori (che servono alla fusione di detta pietra mediante n. 2 6 forni in attività)
»
6 carreggiatori (che trasportano Ìl «capo morto», così detto «brucciaticcio», che si estrae dai detti forni dopo la fusione)
»
3 fabbri (addetti con le loro rispettive fucine per tutti i lavori che sono necessari alla miniera)
»
6 muratori stabili (per ìl ristauro dei forni fusori)
»
2 gessaroh (necessari per l'opera da muratore)
»
4 minatori per sassi (al bisogno dì dette fabbriche)
»
4 falegnami e secchiari (che servono per fare i recipienti necessari per estrarre la pietra)
»
3 impiegati (al servizio della dispensa di generi ai lavoranti)
»
6 mulattieri (addetti al trasporto dei suddetti viveri dalle comuni limitrofe alla miniera)
38.
Ivi, pp. 2 4 , 3 5 e 7 3 . Ivi, pp. 2 8 , e 4 2 ; F . S Q U A R Z I N A , Produzione e commercio dello zolfo in Sicilia, 1963, p. 5 2 . ( 7 4 ) Giornale di agricoltura ecc., cit., p. 2 2 1 . (72)
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BATTISTELLI
»
1 fornitore dei suddetti viveri
»
3 sorveglianti per il ricevimento della legna, pignatte, tavole, ecc, non che per la fabbricazione e spedizione del zolfo
(73)
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»
60 mulattieri (addetti al trasporto giornaliero del solfo dalla Pericara a Pietracuta)
»
1 direttore generale
»
1 ministro agente deH'amm.ne interna
»
1 contabile
»
1 cappellano
» »
1 medico chirurgo 1 postiglione (pagato mensilmente per la rispettiva comunicazione di due volte le settimana col proprietario, e per il ritiro dei fondi necessari per pagare i lavoranti)
»
»
>' ; :
•
2 impiegati a un magazzino intermedio a Pietracuta che serve per ricevere il solfo dalla miniera col mezzo dei mulattieri per respingerlo poi a Rimino mediante dei birocciai 1 appaltatore che ha assunto la condotta dei solfi [a Rimini]
- ''
» 50 a 60 legnaroli (che portano legna e fascine quasi tutti li giorni) 129 birocciai in ruolo (Pietracuta-Rimìno)
»
14 individui addetti alla fabbrica di raffinazione dei solfi in Rimino
»
12 facchini
»
4 spacca legna (per le fornaci)
»
4 muratori (per l'opificio)
»
1 fabbro
»
1 artista per il ristauro degli utensili che servono a fare i cannoli dei solfi
;^ '
. . v - ..y -
5
21
»
1 ministro
»
18 a 20 individui marinari (che servono esclusivamente con le proprie barche al trasporto dei solfi per i porti dell'Adriatico, e per l'importazione dal Regno Ungarico ecc. delle tavole, legna, ferrarecce, utensili, ed ogni altra cosa occorrente per servizio di detto stabilimento».
ALESSANDRO MARCHI, //
trittico di Torricella di Benedetto e
Coda.
31
G I R O L A M O A L L E G R E T T I , Disfecemi maremma. Note sulla disertata «città» del Sasso di Simone.
51
La relazione della visita apostolica del vescovo Gerolamo Ragazzoni al nullius dioecesis di Sestino • 1574. ...
83
. r.^^.
» 3 falegnami per la costruzione delle casse
P I E R L U I G I S A C C H I N I , Tra Feretrano e Sarsinate: la Pieve di S. Stefano in Montegelli (Sogliano al Rubicone).
Bartolomeo
'
» 4 pensionati invalidi (che si sono resi inabili a poter lavorare per cui le vien somministrato dall'amm.ne un salario giornaliero affinché possino vivere) »
INDICE
CORRADO LEONARDI,
PIER PAOLO GUARDIGLI,
Montefeltro. 97
MARCO BATTISTELLI,
rese.
Un caso di banditismo sociale nel . :-.
/pionieri dell'industria solfifera pertica-