Studi montefeltrani, n. 18 -1995

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S O C I E T À ' DI S T U D I S T O R I C I PER IL M O N T E F E L T R O S A N LEO

Studi montefeltrani

Studi montefeltrani rivista di studi storici diretta da Girolamo Allegretti numero 18 1995 © Società di studi storici per il Montefeltro Ediling Le penne (•m/ica Buon asorte Fotografìa Michele Sereni Impianti MagiComp Stampa Tipolito L a pieve Con il contributo di Fonda/ione Cassa di Risparmio di Pesaro Comune d L C a s t d d e k l

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18 1995


Indice ccione della Faggiola nelle vicende storiche fra Due e Trecento Franco Cardini Uguccione della Faggiola e il ghibellinismo fra Due e Trecento

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Giuliano Pinto Uguccione della Faggiola tra Firenze e Siena

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Marco Tangheroni Uguccione della Faggiola a Pisa e a Lucca

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Rino Avesani Uguccione della Faggiola a Vicenza in una iscrizione sconosciuta di Antonio da Legnago

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Studi e ricerche Dino Palloni Le fasi costruttive della rocca di Santagata Feltria. Osservazioni e ipotesi

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Anna Lia Ermeti Nuovi dati per la pre-protostoria dell'area del Sasso di Simone Giancarlo Renzi Marche o Toscana? Le confìnazioni storiche del Sasso di Simone Carlo Bisci, Francesco Dramis, Mariantonia Romano Frane storiche nell'Appennino marchigiano: informazioni rilevabili a partire dall'analisi di una bibliografia sismologica aggiornata

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Uguccione della Faggiola nelle vicende storiche fra Due e Trecento

Atti del convegno Casteldelci, 6-7 settembre

1986


Franco Cardini

Uguccione della Faggiola e il ghibellinismo fra Due e Trecento

I

Sì pubblicano, a nove anni di distanza dal convegno di Casteldelcl su Uguccione della •ggìolo [6-7 settembre 1 9 8 6 ) , le relazioni del professori Rino A v e s a n i , Franco Cardini, Giuliano Pinto e Marco longheroni, tempestivamente consegnate dogli autori. Non sono pervenuti a tutt'oggi i testi di alcune delle relazioni allora tenute. Pur ammoricondocene, obbiomo ritenuto di non rltordore ulteriormente lo pubblicazione degli udi disponibili. Il loro valore, e la chiara famo degli autori, ci sembrano giustificare appieno 1 deroga al principio della completezza.


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C h e guelfismo e g h i b e l l i n i s m o n o n fossero " p a r t i t i " n e l senso m o d e r n o d e l t e r m i n e , e che i n particolare n o n solo n o n conoscessero vere e p r o p r i e m o t i v a z i o n i ideologiche ( i l che è p e r f i n o tautologico, dato che l a d i m e n s i o n e d e l l ' i d e o l o g i a è c o m u n q u e m o d e r n a ) , m a che il loro stesso r a p p o r t o , rispettivamente, c o n i l papato e c o n l ' i m p e r o fosse più flessibile e complesso (e talora a n c h e contraddittorio) d i come sovente p e r u n motivo o per l'altro le varie f o n t i presentino, e soprattutto d i come è stato presentato più tardi, è cosa nota: e n o n d i poco tempo. C h e dirsi guelfi o g h i b e l l i n i corrispondesse i n realtà ad abbracciare u n a fazione i n opposizione a u n a fazione opposta n e l l a m e d e s i m a città o i n appoggio a u n a fazione a m i c a d ' u n a città diversa - i l discorso vale, evidentemente, p e r l ' I t a l i a c o m u n a l e d e l D u e - T r e c e n to, m a le parole i n d i c a n t i le due "maledette p a r t i " c o n t i n u a r o n o a d essere usate a n c h e più tardi, e a conservare u n valore b r u c i a n t e a l m e n o a n c o r a per tutto i l X V secolo -, e che i n u l t i m a analisi guelfismo e g h i b e l l i n i s m o fossero pretesti, alibi c h i a m a t i i n causa p e r c o p r i r e c o n u n a pàtina politica r i t e n u t a nobilitante q u e l l a che e r a l a b r u t a e n u d a lotta per i l potere i n seno ai ceti d i r i g e n t i cittadini ( u n a lotta rispetto alla quale i ceti s u b a l t e r n i risultavano obiettivamente estranei a n c h e q u a n d o - come accadeva quasi sempre - ne venivano coinvolti e ne sembravano c o m p a r t e c i p i ) , è u n dato su c u i molto h a insistito l a storiografìa ispirata alla scuola e c o n o m i c o - g i u r i d i c a , a n c h e per reazione rispetto a l l ' e r u d i z i o n e r o m a n t i c a c h e aveva abusato d e l l ' a n t i t e s i guelfìsmo-ghibellinismo a n c h e i n analogia c o n t a l u n i aspetti d e l l a vita p o l i d c a e dello stesso lessico politico d e l risorgimento. M a d e l l a pretestuosità degli s c h i e r a m e n t i guelfo-ghibellino, o meglio delle loro r a g i o n i ideaU, e r a n o già b e n c o n v i n t i gli u o m i n i d e l D u e T r e c e n t o . E basti citare D a n t e : Facciali li ghibellin, faccian lor arte sott'altro segno: che mal segue quello sempre chi la giustizia e lui diparte; e non l'abbatta esto Carlo novello co' guelfi suoi; ma tema delli artigli ch'a più alto leon trasser lo vello. Molte fiate già pianser li figli per la colpa del padre, e non si creda che Dio trasmuti l'arme per suoi gìgli! ^

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O l t r e u n secolo dopo, gli abusi perpetrati d a guelfi e d a g h i b e l l i n i sotto l ' a l i b i d e l l a difesa d e l papato e d e l l ' i m p e r o n o n e r a n o concet-

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Par., V I , 103-109.

F. Cardini

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tualmente cambiati, per quanto m u t a t a fosse l a situazione e n o n vi fosse più, pertanto, n e p p u r e i l pretesto dell'opposizione frontale a l m e n o politica (che teologica e filosofica tale opposizione n o n f u m a i : a n z i ! ) tra i due massimi poteri d e l l a Cristìanità. E difatd B e r n a r d i n o d a S i e n a , p r e d i c a n d o sovente c o n t r o le f a z i o n i e contro l'uso " i d o l a t r i c o " delle loro insegne, r i b a d i v a che i l loro r i f e r i m e n t o a papato e i m p e r o e r a pretestuoso e i l l o r o uso e d abuso colpevole i n quanto incitava alla g u e r r a f r a t r i c i d a . Q u a s i echeggiando D a n t e , B e r n a r d i n o osservava: ...aquila, in quantum dignitatem notat imperìalem, ghibelHna nequaquam est, et tamen in Italia prò ghibellina putatur. Propterea quidam in ghibellina parte cordialiter affectati vel, ut verius dicam, infernaliter et bestialiter insaniti, super arma expansam aquilam portant. Secus autem si infra sua arma vel iunctam cum eis gestant, quia privilegium imperii esse solet. Insuper insani quidam Ecclesiam autumant esse guelfam, et similiter Regales Francorum. Sed sicut experienda docet, guelfi centra Ecclesiam et ghibellini adversus imperium, si necesse fuerit, septies in die prò commodo proprio adversantur. ^

M a l a testimonianza d i B e r n a r d i n o v a oltre: e, c o n l ' a r i a d i f o r n i r c i particolari d i colore, c i mette forse i n realtà sulla b u o n a strada p e r c o m p r e n d e r e d a l d i dentro qualcosa i n più su u n f e n o m e n o p r o f o n d o . Difatti, i l g r a n d e predicatore francescano c ' i n t r o d u c e a n c h e a l l i n guaggio simbolico delle parti: che n o n si l i m i t a affatto alla diversa foggia della m e r l a t u r a , come n o i a m i a m o credere sulla base d i u n a m o d a affermata dai restauratori-falsificatori d e l l ' O t t o c e n t o , m a che investe i l regno d e l l a n a t u r a , i f i o r i , l a frutta, le a b i t u d i n i d e l q u o t i d i a n o . C i sono alberi guelfì e alberi g h i b e l l i n i , rose d ' u n a parte o d e l l ' a l t r a secondo che siano b i a n c h e o rosse, m o d i guelfi e m o d i g h i b e l l i n i d i sbucciare e di tagliare le pere e le pesche o d i trattare i l p a n e , l a carne, i l formaggio. E l a divisione i n guelfì e g h i b e l l i n i v a a d d i r i t t u r a oltre, fino a investire a n c h e l a corte d e l Paradiso: Chi dice che santo Giovanni è guelfo, e chi dice che è ghibellino. E così dicono anco degli angioli, che so' parfigiani. U h , uh, u h ! D i santo Ludovico non vi dico nulla, che perché egli fu de la casa di Francia, dicono che egli è guelfo... ^

I n s o m m a , f r a D a n t e e B e r n a r d i n o i l guelfìsmo e i l g h i b e l l i n i s m o sembrano essersi trasformati i n altrettanti pretesti p e r l a lotta civile, sclerotizzati e degenerati p o i i n u n a sorta d i f o l k l o r e d e l l a faziosità. A l

I due semiones dal titolo Cantra Guelfos et Ghibellinos et quascumque alias divisiones et partes, e Cantra insignia dislinguentia interpartes, in Bernardini Senensis, Quadragesimale de Christiana religione, I , A d Claras Aquas 1950, pp. 308-332. Bernardino da Siena, Le prediche volgali, ed. Banchi, Firenze 1924, I I , p. 232.


Srudi montefeltrani

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limite - come n o t a B e r n a r d i n o e come molte c r o n a c h e d e l tempo r i c o r d a n o - ci si poteva b e n u c c i d e r e p e r d e i colori o dei s i m b o l i opposti: m a i c o n t e n u d ideologici che avrebbero dovuto qualificare q u e i c o l o r i e q u e i s i m b o l i e r a n o s e m p r e più sfocati e l o n t a n i , a b e n guardare a d d i r i t t u r a i n u t i l i d a l m o m e n t o che, nelle lotte cittadine, q u e l che finiva p e r diventare essenziale a l m e n o nelle folle che si scontravano n o n e r a n o n é gli obbiettivi n é i p r o g r a m m i , bensì a p p u n t o gli schier a m e n t i e i segni c h e l i distinguevano. P e r i l resto, u n a densa e d e l resto b e n n o t a a n e d d o t i c a ci dice quanto facile e f r e q u e n t e potesse essere i l passaggio d a l l a parte guelfa alla g h i b e l l i n a e viceversa ( a n c h e se si potrebbero raccogliere, a l c o n t r a r i o , e s e m p i n u m e r o s i d i fedeltà ostinata) e quanto consueto fosse che dei guelfi si prendessero l a scomun i c a o che d e i g h i b e l l i n i fossero posti a l b a n d o d e l l ' i m p e r o . D ' a l t r o n d e , è p r o p r i o questa sovente asserita fedeltà a i simboli, che n o i m o d e r n i p o t r e m m o esser tentati d i relegare n e l l ' i r r a z i o n a l e o n e l

Casteldelci fCaiiramffiai; sullo sfoiido del monte Faggiola, cori sporadici resti del Cfwrr^ nel 1354 (pace di Sarzana)

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F, Cordini

Uguccione e il ghibellinismo

sovrastrutturale o d ' i n t e r p r e t a r e i n analogia c o n f e n o m e n i attuali sul tipo d e l tifo calcistico, a f o r n i r c i invece u n a v i a diversa p e r l ' i n t e r p r e tazione delle a z i o n i e d e l l a mentalità degli abitanti d e l l ' I t a l i a centrale f r a X I I I e X I V secolo, p e r i q u a l i i l parteggiare e r a connaturato alla c o n d i z i o n e d ' u o m o libero e dietro a i c o l o r i e a i s i m b o l i araldici si nascondevano verità teologiche e valori m o r a l i ; n o n solo, m a p e r i q u a l i i l parteggiare e r a sovente legato alla c o n s o r t e r i a o a l l ' a m i c i z i a , alla p a r o l a data, o quanto m e n o a l m e c c a n i s m o d e l l a vendetta che tendeva a istituzionalizzare a n c h e i n i m i c i z i e nate p e r caso, sulla base di u n o scontro m a g a r i fortuito che p e r ò , lasciando dei caduti sul terreno, apriva i m m e d i a t a m e n t e d e i c o n t i d a regolare. D a questo p u n t o d i vista guelfìsmo e g h i b e l l i n i s m o , aquile e gigli, rose b i a n c h e e rose rosse, divenivano i catalizzatori d ' u n a s o m m a d ' i m p e g n i , d i g i u r a m e n t i , d i a m o r i e d i o d i , d i r a p p o r t i d i f r a t e l l a n z a d ' a r m e e d i vendette d a c o m p i e r e . A l c a r d i n a l e Ottaviano degli U b a l d i n i , m o r t o n e l 1273, i n f a m a d i g h i b e l l i n i s m o e d i eresia, i l L a n a attribuisce l a celebre frase: " I o posso d i r e , se è a n i m a , che l ' h o p e r d u t a per parte g h i b e l l i n a " 4. E il conte R u g g e r o d i Bagnacavallo, g r a n g h i b e l l i n o i n q u e l d i R a v e n n a , i n p u n t o d i m o r t e r i m b e c c a v a i l frate che lo esortava a lasciar perdere le faccende d e l l a parte i m p e r i a l e e a pensare alle cose eterne, r e p l i c a n do - c i r a c c o n t a S a l i m b e n e -: "Sono o no u n u o m o ? " ^. A n e d d o t i d e l genere si potrebbero m o l t i p l i c a r e : p e r c o n c l u d e r n e - e questo c'interessa - che l a fedeltà alla parte, alla fazione, n o n riguardava affatto i c o n t e n u t i p o l i t i c i d i essa bensì s e m m a i d a u n a parte le persone che l a c o m p o n e v a n o , d a l l ' a l t r a i l suo schieramento i n quanto tale. Ciò nonostante, n o i c r e d i a m o che n o n si debba n e m m e n o essere troppo precipitosi n e l negare alle f a z i o n i u n loro apparato, se n o n ideologico, quanto m e n o politico-culturale che le distingueva e le opponeva. N o n si trattava tanto d i fedeltà o di affetto p e r l a C h i e s a o per l ' I m p e r o , che anzi c o n t i n u a v a n o i n u n certo senso a esser considerate due entità che stavano a l d i sopra delle parti, quanto piuttosto d i u n differente m o d o d i atteggiarsi d i guelfi e di g h i b e l l i n i rispetto a vari p r o b l e m i d e l l a vita politica e, soprattutto, religiosa d e l tempo. I l p r o b l e m a n o n è certo c h e i l g h i b e l l i n i s m o stesse d a l l a parte d e i " n o b i U " e i l guelfìsmo d a q u e l l a d e i " p o p o l a n i " , leggenda questa diffusa n e l l ' O t t o c e n t o sulla base d i u n a interpretazione affrettata soprattutto dei fatti f i o r e n t i n i d i m e t à D u e c e n t o e che serviva soltanto a gratificare d i u n m o d e l l o pseudostorico i l p r o g r a m m a neoguelfo d i alleanza tra borghesie italiane e papato i n f u n z i o n e antiasburgica. V i e r a n o s e m m a i Per questo personaggio cfr. Inf., X , 120. J . Larner, Signorie di Romagna, Ve. it., Bologna 1985, p. 84.


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fattori i n parte c o n g i u n t u r a l i , i n parte p e r ò p r o f o n d i , che a l m e n o tendenzialmente c o n d i z i o n a v a n o l'adesione al partito guelfo o a quello g h i b e l l i n o collegandola c o n altre o p z i o n i e situazioni. A d esempio, dì p e r sé i l noto a f o r i s m a guelfo f i o r e n t i n o , che voleva che i g h i b e l l i n i fossero tutti " p a t a r i n i " , cioè catari, e r a propagandistico e c a l u n n i o s o al d i là d e i casi concreti ai q u a l i si appoggiava - q u e l l i d e l l a f a m i g l i a degli U b e r t i , ad esempio, o d e l l ' a l l e a n z a f r a c o m u n e g h i b e l l i n o e g r u p p i catari n e l 1244, a l tempo d e l l a p r e d i c a z i o n e a F i r e n z e d i Pietro d a V e r o n a e d e l l a f o n d a z i o n e d a parte sua d e l l a " C o m p a g n i a maggiore della V e r g i n e M a r i a " -: sta tuttavia d i fatto che q u e l che restava a m e t à D u e c e n t o d e l m o v i m e n t o cataro, dopo l'episodio d e l l a crociata degli Albigesi, n o n poteva certo guardare se n o n c o n odio p r o f o n d o a l papato, e sentirsi q u i n d i attratto a solidarizzare c o n l ' i m p e r a t o r e F e d e r i c o e c o n M a n f r e d i di Svevia, che p u r e m a n t e n e v a n o n e i suoi c o n f r o n t i , e c o n i n e m i c i d e l l a C u r i a pontifìcia per q u a l u n q u e motivo fossero tali, u n a legislazione repressiva. A l d i là d e l caso cataro, che resta particolare, v ' e r a n o c o m u n q u e d e i caratteri c u l t u r a l i p e r u n verso, propagandistici per u n altro, che distinguevano guelfi e g h i b e l l i n i . I n parte, già c o n F e d e r i c o I e c o n E n r i c o V I i l papato aveva dato segno d i voler immettere n e l l a contesa politica e l e m e n t i religioso-disciplinari: m a n o n e r a andato oltre l a s c o m u n i c a . T u t t a v i a , ai p r i m i d e l D u e c e n t o , u n elemento obiettiva-

Ruderi della chiesa romanica di San Pietro, a Villa di Fragheto (Casleldelci)

F. Cordini

Uguccione e il ghibellinismo

m e n t e n u o v o si e r a avuto i n O c c i d e n t e c o n l'estensione d e l l a crociata (già usata n o n solo i n T e r r a s a n t a , m a a n c h e i n S p a g n a e contro i pagani d e l B a l t i c o ) e d e i privilegi relativi a n c h e a c h i avesse accettato d i combattere p r i m a c o n t r o i B i z a n t i n i , p o i i n P u g l i a i n opposizione a M a r w a r d v o n A n n w e i l e r , i n f i n e contro i catari stessi. E ' sintomatico che, p r o p r i o m e n t r e f r a terzo e quarto d e c e n n i o d e l X I I I secolo i t e r m i n i "guelfo" e " g h i b e l l i n o " - desunti c o m e si sa dalle vicende delle guerre civili d e l l a p r i m a m e t à d e l X I I secolo i n G e r m a n i a , e adattate alla situazione i t a l i a n a dove i f a u t o r i d e l l ' i m p e r a t o r e d i casa sveva potevano b e n c o n t i n u a r e a d e f i n i r s i g h i b e l l i n i , e q u i n d i guelfi e r a n o i suoi avversari senza più r i f e r i m e n t o alla dinastia bavaro-sassone - si diffondevano u n p o ' i n tutta l ' I t a l i a c o m u n a l e , si bandisse p e r volontà d i G r e g o r i o I X q u e l l a scandalosa crociata contro F e d e r i c o I I r e d u c e d a l l ' O l t r e m a r e , che metteva d i fronte i crociati v e r i e p r o p r i (sia p u r d i r i t o r n o d a u n a i m p r e s a sui generis c o m e q u e l l a c u l m i n a t a nell ' a c c o r d o tra F e d e r i c o e al-Malik a l - K a m i l ) e i clavigeri benedetti d a l pontefice. D a a l l o r a fino a tutto i l T r e c e n t o , le crociate politiche contro i g h i b e l l i n i - c o n tutto i l relativo apparato d i privilegi t e m p o r a l i e spirituali ai combattenti, di riscossione d i d e c i m e e d i elemosine, d i predicazione d u r a n t e l a quale i n e m i c i d e l p a p a si presentavano c o m e e m p i , devoti d i Satana, peggiori dei saraceni - f u r o n o parte integrante d e l l a politica p o n t i f i c i a ^ : e si capisce molto b e n e c o m e esse sortissero sì i l risultato d i scandalizzare m o l t i cristiani e s p i n g e r l i sulla s p o n d a d e l l a contestazione religiosa (dove trovavano ad esempio i f r a t i c e l l i , n o n a caso sovente protetti d a g r a n d i signori g h i b e l l i n i ) , m a potessero a n c h e i n f l u e n z a r e l ' o p i n i o n e pubbUca e radicare poco a poco l ' i d e a che seguaci d e l l ' i m p e r a t o r e e n e m i c i d e l l a C h i e s a e q u i n d i d e l cristianesimo (o a l m e n o dell'ortodossia) fossero o r m a i d i v e n u t i tutt'uno. S e n z a dubbio, l a p r o p a g a n d a guelfa si giovò molto d e l particolare coloristico d e l , d i c i a m o così, "esotismo" di F e d e r i c o e d i M a n f r e d i : i loro serragli, i l o r o f a l c o n i e r i arabi, soprattutto gli a r c i e r i saraceni d i Lucerà, si prestavano b e n e allo sfruttamento demagogico d e l l a parte p o n t i f i c i a ; episodi c o m e l a famosa salvezza d i Assisi d a parte d i Santa C h i a r a mostratasi sulle m u r a a i saraceni, o d e l "Santo C o r p o r a l e " d i B o l s e n a , c o r r i s p o n d o n o ad altrettanti m o m e n t i d ' u n a b e n congegnata campag n a d i organizzazione d e l consenso, alla quale c o r r i s p o n d e v a l a c o n d a n n a sul p i a n o religioso d e i g h i b e l l i n i . N e l l a leggenda che voleva E z z e l i n o d a R o m a n o nato d a l l ' u n i o n e d i A d e l a i t a degli A l b e r t i c o n i l d e m o n i o - a parte gli e c h i mitologici, che d e l resto A l b e r t i n o Mussato avrebbe p u n t u a l m e n t e ripreso - v i b r a l a stessa volontà d i , è i l caso d i d i r l o , Su questo tema i l volume di N . Housley,77ie Italian crusades, O x f o r d 1982.


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" d e m o n i z z a z i o n e " d i u n a parte politica. E ' diffìcile d i r e se, e fino a c h e p u n t o , questa c a m p a g n a g u e l f a abbia prodotto, d a l l ' a l t r a parte, u n a reazione consistente n e l l a r i v e n d i c a z i o n e d i un'ortodossia religiosa che n i e n t e aveva a che fare c o n l a lotta politica, o p p u r e - a l c o n t r a r i o - u n a sorta d i accettazione t r a i l p o l e m i c o e i l provocatorio d e l r u o l o d i impietas che ai g h i b e l l i n i l a p u b b l i c a voce alimentata dalla C u r i a e d a i guelfì voleva i m p o r r e . L e f o n t i , a d i r l a verità, offrono e s e m p i d i e n t r a m b e le r e a z i o n i , che d e l resto sembrano tutte e due plausibili. A n z i , l a " s i n i s t r a " f r a n c e s c a n a e r a f r a D u e e T r e c e n t o b e n p r o n t a , c o n i l suo atteggiamento che dalle a l i estreme d e l m o v i m e n t o spirituale p o r t a ai " f r a t i c e l l i " favoriti dai g h i b e l l i n i L u d o v i c o il B a v a r o , Marsilio d a Padova e G u g l i e l m o d ' O c c a m , a i n c a n a l a r e l'originale desiderio d i spiritualità e a d d i r i t t u r a d i testimonianza cristian a radicale espresso d a quei f a u t o r i d e l l a parte i m p e r i a l e i q u a l i rinfacciavano alla C u r i a p o n t i f i c i a - e a n c h e q u i si trattava d i u n vecchio linguaggio e d i u n a v e c c h i a tematica - l a sua m o n d a n i t à , l a sua avidità, i l suo desiderio dì potere e d i ricchezze, lo scandalo d e l l a croce predicata contro i cristiani. I l g h i b e l l i n i s m o ereditò i n s o m m a tra D u e e T r e c e n t o m o k i dei t e m i abituaU d e l l a protesta a n t i p o n t i f i c i a dei due secoli p r e c e d e n d ; i n più, a l l ' o m b r a d i F e d e r i c o I I e d i M a n f r e d i p r i m a , d i E n r i c o V I I p o i , d i L u d o v i c o i l B a v a r o i n f i n e , si a n d a r o n o elaborando gli e l e m e n t i caratteristici d i q u e l l a che i l B e n z h a definito "teologia i m p e r i a l e " : l'attesa - i c u i p r o d r o m i si e r a n o già avuù c o n F e d e r i c o I - d e l l ' I m p e r a t o r e d e i T e m p i U l d m i , che fosse malleus orbis. Misticismo francescano e d escatologia a tinte sempre più decisamente gioachimite si a n d a r o n o f o n d e n d o , a p a r u r e d a l l a m e t à d e l D u e c e n t o , fino a trovare espressione i n u n misticismo i m p e r i a l e le u l t i m e p r o p a g g i n i d e l quale g i u n g o n o sino alla vigilia d e l l a R i f o r m a e v a n n o a n c h e oltre essa. D a l l ' a l t r a parte, p e r ò . F e d e r i c o e i capi g h i b e l l i n i presentavano u n interesse per l a c u l t u r a filosofico-scientifica tornata i n O c c i d e n t e p e r i l tramite arabo che l a teologia d e l X I I I secolo - che n o n accettò subito n e p p u r e T o m m a s o d ' A q u i n o - r i t e n e v a sospetta d i a m b i g u i contatti c o n i l m o n d o magico; e i n particolare è noto l'interesse p e r l'astrologia n u t r i t o n o n solo dal grande sovrano svevo, m a a n c h e d a u o m i n i c o m e Ezzelino da R o m a n o e Guido di Montefeltro E r a n o interessi n e l l ' a r i a , e i prìncipi guelfi n o n davano ascolto agli astrologi m e n o d i q u e l l i g h i b e l l i n i : m a questi u l t i m i prestavano meglio i l fianco ai n o n d i sinteressati sospetti d e l l a C u r i a , e più c r e d i b i l m e n t e potevano v e n i r e

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Su questo tema, molte indicazioni si possono trovare in F . Bottin, Inscienze mediche, astrologiche e alchimistiche, in Aa. w . , Sant'Antonio, 1281-1981. Il suo tempo, il suo culto e la sua città, Padova 1981, pp. 372-75.

Uguccione e il ghibellinismo

accusati di n o n affidarsi alla Provvidenza, bensì d i prestare fede ai fatali segni dei g e l i d i astri. Questo q u a d r o politico-culturale interessa U g u c c i o n e d e l l a Faggiola molto m e n o d i altri suoi illustri c o n t e m p o r a n e i , a c o m i n c i a r e d a G u i d o d i M o n t e f e l t r o c o n i l suo astrologo G u i d o B o n a t t i . S e m m a i , U g u c c i o n e è i l tipo d e l politico g h i b e l l i n o , n o n m e n o spregiudicato e a c c o m o d a n te, q u a n d o o c c o r r a , d i altri signori che invece m i l i t a n o i n c a m p o guelfo: e basti q u i r i c o r d a r e M a g h i n a r d o d e ' P a g a n i d i S u s i n a n a , i l lioncel dal nido bianco che muta parte dalla state al verno

g h i b e l l i n o i n R o m a g n a , m a guelfo e c o m u n q u e alleato d e l l a F i r e n z e guelfa q u a n d o si trattava delle cose toscane. V e d i a m o M a g h i n a r d o combattere al fianco d e i f i o r e n t i n i n e l 1289 a C a m p a l d i n o ; lo troviamo poco dopo, n e l 1301, a c c o m p a g n a r e a F i r e n z e i l paciere C a r l o d i V a l o i s sul p u n t o d i d a r luogo alla spregiudicata repressione d e l l a parte g u e l f a bianca; e p p u r e , n e l 1282, aveva dato m a n forte a G u i d o d a Montefeltro n e l l ' e p i s o d i o d e l "sanguinoso m u c c h i o " d i Forlì. M a n e i c o n f r o n t i d i F i r e n z e , e d e l g r u p p o d e i m a g n a t i d i parte n e r a , egli si c o m p o r t ò sempre d a alleato leale: n o n a caso aveva sposato u n a d o n n a di u n a d i quelle g r a n d i famiglie, R e n g a r d a d e l l a T o s a . E i T o s i n g h i , arciguelfì e nerissimi i n casa loro, n o n disdegnavano parentele g h i b e l l i n e i n R o m a g n a : erano difatti imparentati anche c o n gli Alidosi ^. Q u a n t i h a n n o sostenuto l'inconsistenza " i d e o l o g i c a " d i guelfìsmo e g h i b e l l i n i s m o , avrebbero forse potuto sfruttare meglio, per d i m o s t r a r l a , p r o p r i o questo c o n t i n u o gioco delle p a r t i , questo c a m b i a r atteggiamento e partito d e i m e d e s i m i personaggi a seconda d e l l a situazione e d e l contesto geografico e politico. Queste cose, d e l resto, b e n le sapeva D a n t e che, guelfo b i a n c o e n e l l ' e s i l i o già a b b o n d a n t e m e n t e tinto d i g h i b e l l i n i s m o , aveva n o n d i m e n o innalzato alte Iodi al guelfo n e r o M o r o e l l o M a l a s p i n a . I n u t i l e c o n t i n u a r e c o n u n a casistica che potrebbe andare avanti p e r le l u n g h e . B a s t i r a m m e n t a r e Betto B r u n e l l e s c h i , magnate fiorentino (è i l "savio e i n t e n d e n t e c a v a l i e r e " d i G i o v a n n i B o c c a c c i o ) g h i b e l l i n i s s i m o p r i m a e arciguelfo poi; o C o r s o D o n a t i , u n o dei più decisi capi d i parte n e r a , i l quale già abbastanza avanti c o n gli a n n i sposò i n terze nozze l a figlia d i U g u c c i o n e d e l l a Faggiola ^. I n questo m o d o , n e l m o m e n t o stesso n e l quale i b i a n c h i e i g h i b e l l i n i potevano contare, grazie a n c h e alla loro posizione i n c a m p o finanziario, sull'ap-

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Larner, Signorie cit., pp. 68 sgg. R. Davidsohn, Storia di Firenze, tr. it., I l i , Firenze 1960, p. 486.


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poggio d e l l a C u r i a pontificia, C o r s o sperava d i poter rovesciare a suo vantaggio l ' e q u i l i b r i o f i o r e n t i n o o r m a i assestato attorno a l l ' a l l e a n z a tra popolo grasso e famiglie guelfo-nere più "moderate", come i B r u n e l l e s h i , i Pazzi, i T o s i n g h i . I l gioco astraeva q u i n d i a m p i a m e n t e dalle categorie e dalle professioni d i guelfìsmo e d i g h i b e l l i n i s m o , a l m e n o q u a n d o si trattava d e l potere. A livello d i p r o p a g a n d a e d i partecipazione popolare le cose a n d a v a n o però diversamente. D a parte sua, U g u c c i o n e e r a p r o f o n d a m e n t e inserito n e l m o n d o della parte g h i b e l l i n a . F i n o dal 1295 lo troviamo, al p a r l a m e n t o convocato d a Azzo V i l i d'Este a l l o r a i n g u e r r a c o n B o l o g n a , i n s i e m e con i g r a n d i c a p i g h i b e l l i n i d i R o m a g n a : M a g h i n a r d o d e ' P a g a n i , a l l o r a capitano delle m i l i z i e d i F a e n z a , e Scarpetta degli O r d e l a f f i , capitano di Forlì e d i C e s e n a ; anzi n e l '96 U g u c c i o n e - che l ' a n n o p r i m a aveva concluso i n m o d o poco brillante l a sua c a r r i e r a d i podestà i n A r e z z o , da c u i e r a stato cacciato - e r a stato n o m i n a t o capitano generale d i g u e r r a d a C e s e n a , Forlì e F a e n z a i n conflitto contro B o l o g n a . G i u n t a la pace n e l '99, U g u c c i o n e e r a entrato c o n F e d e r i c o d i Montefeltro e U m b e r t o Malatesta i n g u e r r a c o n t r o G u b b i o , d a c u i i n effetti e r a n o stati cacciati i g u e l f i e d e l l a quale n e l 1300 U g u c c i o n e stesso e r a divenuto podestà; m a n e l 1302 ne e r a stato espulso dai guelfi, r i e n t r a t i i n città con l'appoggio d e i P e r u g i n i e d e l c a r d i n a l N a p o l e o n e O r s i n i ; c h i a m a t o poi a c o p r i r e l ' u f f i c i o d i capitano a C e s e n a , aveva a n c h e lì dovuto a b b a n d o n a r e l a c a r i c a c o l r i e n t r o d e i guelfi. N e l 1302 stesso e r a d i nuovo podestà d i A r e z z o : f u i n quell'occasione che i g u e l f i b i a n c h i d i F i r e n z e , esuli, si c o n c e n t r a r o n o a p p u n t o i n q u e l l a città sperando d i trovare i n l u i u n appoggio. I n quello stesso a n n o e r a stato contratto i l m a t r i m o n i o tra i l D o n a t i e l a figlia d e l capo g h i b e l l i n o , e forse d a a l l o r a al 1310 si aprì i l periodo più incerto - a n c h e p e r c h é caratterizzato d a u n forte d i n a m i s m o - nelle sue p o s i z i o n i politiche. Difatti, pare che egli sperasse d i ottenere u n cappello c a r d i n a l i z i o p e r suo figlio; a l t e m p o stesso, egli a m b i v a c h i a r a m e n t e a farsi signore d i A r e z z o . S i appoggiò p e r questo a B o n i f a c i o V i l i , e rese impossibile l a p e r m a n e n z a d e i guelfi b i a n c h i n e l l a città d a l u i governata: questi, difatti - e f r a loro c ' e r a D a n t e - p r e f e r i r o n o spostarsi a Forlì, dove Scarpetta degli O r d e l a f f i offriva l o r o più leale e cortese ospitalità; m a i l c o m p o r t a m e n t o d i U g u c c i o n e aveva destato i sospetti d i u n a parte a l m e n o d e l l ' o p i n i o n e p u b b l i c a g h i b e l l i n a d i A r e z z o , q u e l l a egemonizzata d a i n o b i l i e detta d e i " v e r d i " , che riuscì a cacciarlo c h i a m a n d o al suo posto F e d e r i c o d a M o n t e f e l t r o ; U g u c c i o n e n o n mollò p e r questo l a presa, e c o n t i n u ò a occuparsi delle faccende aretine d i v e n t a n d o i l candidato d e l l a fazione ghibellino-popolare, quella d e i "secchi". E f u a n c o r a come esponente d e l l a p o l i t i c a a r e t i n a

F, Cardini

Uguccione e il ghibellinismo

che, n e l 1308, mosse contro F i r e n z e i n appoggio a l tentativo - fallito di colpo d i m a n o d a parte d e l suo c o n g i u n t o C o r s o D o n a t i . I l p i a n o era audace, e fallì: m a i n c a m b i o U g u c c i o n e , f r a 1308 e 1310, e r a riuscito a r i c o n s o l i d a r e le sue p o s i z i o n i i n A r e z z o . C o n l a discesa d i E n r i c o V I I i n T o s c a n a , c o m u n q u e , l a p o l i t i c a personalistica d i U g u c c i o n e parve, se n o n p r o p r i o cedere i l passo, p e r l o m e n o r i p r e n d e r e i l suo posto n e l l ' a m b i t o d i u n g h i b e l l i n i s m o più i m p e g n a t o . F u tra i p r i m i a d a c c o r r e r e presso l ' i m p e r a t o r e , i n s i e m e c o n F e d e r i c o e Galasso d a Montefeltro e c o n C a s t r u c c i o C a s t r a c a n i . Questo i m p e g n o g h i b e l l i n o c o n t i n u ò deciso n e g l i a n n i seguenti: o r m a i signore di Pisa d a l l a fine d e l settembre 1313, u n a n n o dopo - l ' i l settembre del 1314 - i n d u o m o , presso i l sepolcro d e l l ' i m p e r a t o r e d a poco defunto, egli g i u r a v a l a L e g a dei Pisani c o n C a n g r a n d e d e l l a Scala e c o n i B o n a c o l s i d i M a n t o v a ; frattanto, stipulava a c c o r d i con le g r a n d i famiglie f e u d a l i toscane dei Pazzi d i V a l d a r n o e degli U b e r t i n i . P o c h i mesi p r i m a , n e l giugno d e l 1314, U g u c c i o n e aveva imposto l a sua signoria a n c h e a L u c c a ; p o c h i mesi dopo, i l 29 agosto d e l 1315, avrebbe sbaragliato n e l l a battaglia di M o n t e c a t i n i le milizie guelfe d i F i r e n z e . D e l resto, l a stella d i U g u c c i o n e brillò a n c o r a p e r poco n e l firmamento del g h i b e l l i n i s m o toscano. N e l l a p r i m a v e r a d e l 1316 egli aveva già p e r d u t o sia L u c c a sia Pisa dove gli stessi g h i b e l l i n i , stanchi d e l l a sua crudeltà e d e l l a sua avarizia, lo avevano abbandonato; a l suo

Le trecenlesche campane di Santa Maria di Sasseto (epigrafata A [ N N 0 1 D [ O M I N I ] M C C C X V I / l A C O P U S A R E T I N U S M E F E C I T ) e di Fragheto (epigrafata A [ N N O ] D [ O M I N I ] M C C C L X X I / l A C O B U S M E FEC[1T])


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posto, stava sorgendo l'astro d i C a s t r u c c i o . D o p o u n tentativo, appoggiato dall'esterno d a C a n g r a n d e d e l l a Scala e d a Spinetta M a l a s p i n a e d a l l ' i n t e r n o d a i L a n f r a n c h i , d i r e i m p a d r o n i r s i d i Pisa, U g u c c i o n e a b b a n d o n ò le m i r e toscane e passò i n V e n e t o a l servizio d i C a n g r a n d e , p e r i l quale guidò l a g u e r r a c o n t r o B r e s c i a e Padova e tenne l ' u f f i c i o d i podestà d i V i c e n z a r e p r i m e n d o c o n d u r e z z a l a rivolta guelfa d e l maggio 1317. Morì i l 1 n o v e m b r e d e l 1319: i l suo corpo f u portato d a V i c e n z a a V e r o n a p e r esser t u m u l a t o n e l l a chiesa d o m e n i c a n a d i Santa Anastasia. A b b i a m o ricordato brevemente queste salienti tappe d e l l a vita e della c a r r i e r a d i U g u c c i o n e d e l l a Faggiola, d e l resto note, p e r impostare il p r o b l e m a n o n solo e n o n tanto d e i r a p p o r t i f r a l u i e D a n t e , quanto della possibilità c h e i l suo mito g h i b e l l i n o giungesse, a l m e n o i n certi p e r i o d i , a u n livello tale d a r e n d e r l o u n plausibile candidato al r u o l o del personaggio che si c e l a dietro i l simbolo d e l V e l t r o dantesco: ammesso p u r e che tale personaggio sia d a identificarsi c o n u n u o m o politico d e l tempo e n o n - c o m e n o i s a r e m m o p r o p e n s i a credere - c o n u n personaggio escatologico o a d d i r i t t u r a c o n l a f i g u r a d e l l ' I m p e r a t o r e d e i T e m p i U l t i m i . V i sono due possibili m o m e n t i d u r a n t e i q u a l i D a n t e p u ò aver provato simpatia p e r U g u c c i o n e : u n o d u r a n t e i l 1302, q u a n d o egli f u suo ospite i n A r e z z o e forse - secondo l a tradizione raccolta d a l B o c c a c c i o - a n c h e n e l castello d e l l a Faggiola; e u n a f r a 1312 e 1316, q u a n d o U g u c c i o n e sembrò davvero raccogliere i n T o s c a n a lo stendardo i m p e r i a l e p r i m a c o l l a b o r a n d o alla politica d i E n r i c o V I I , p o i c o n t i n u a n d o l a e infliggendo a F i r e n z e l a d u r i s s i m a lezione d i M o n t e c a t i n i . P e r l a verità, n o n si p u ò escludere che a n c h e n e l b i e n n i o successivo al f a l l i m e n t o delle sue prospettive toscane, cioè tra 1316 e 1318, D a n t e possa aver m a n t e n u t o u n atteggiamento favorevole n e i c o n f r o n t i d i c o l u i che e r a tanto nelle grazie dei M a l a s p i n a e degli Scaligeri; m a , certo, dopo i l '16 U g u c c i o n e n o n e r a più i n grado d i a n i m a r e , a l m e n o c o m e protagonista, sogni d i riscossa g h i b e l l i n a . Né si può pensare a possibili atteggiamenti d i simpatia d i D a n t e per l u i f r a 1302 e 1312, visti sia i l suo c o m p o r t a m e n t o l u t t ' a l t r o c h e c h i a r o i n A r e z z o c o n gli esuli f i o r e n t i n i d i parte bianca, sia l'ambiguità d e l l a sua politica c o n B o n i f a c i o V I T I , sia forse i n f i n e l a sua p a r e n t e l a c o n C o r s o D o n a t i . Premesso q u i n d i che a proposito d e l l a famosa lettera d i frate I l a r o n o i c i s e n t i r e m m o - c o n tutta l a p r u d e n z a d e l caso - d i discostarci d a l parere a n c o r oggi maggioritario (che l a vuole u n a falsificazione) e d i a l l i n e a r c i s e m m a i sulle p o s i z i o n i d e l P a d o a n ci s e m b r a che sia i l passaggio d i D a n t e d a l l a L u n i g i a n a che f u causa d e l l ' i n c o n t r o f r a l u i 10

G . Padoan, Ilaro, in Enciclopedia dantesca, I I , pp. 361-363.

F. Cardini

Uguccione e il ghibellinismo

e i l m o n a c o d e l l ' a b b a z i a d i Santa C r o c e d e l C o r v o , sia l a lettera d i questi a U g u c c i o n e , v a d a n o collocati attorno a l 1314-15, a p p u n t o i l p e r i o d o attorno a l quale l a cantica deìVInfemo, o r m a i completa, c o m i n c i a v a a circolare. E r a n o a n n i i n c u i davvero U g u c c i o n e poteva v e n i r guardato c o m e l a g r a n d e speranza d e l partito i m p e r i a l e toscano e c o m e i l solo i n grado d i dare a F i r e n z e l a lezione c h e essa meritava; e d e r a n o a n c h e a n n i n e i q u a l i g r a n d e e r a l a sua i n f l u e n z a i n L u n i g i a n a , dal m o m e n t o che egli signoreggiava L u c c a e d e r a i n b u o n i r a p p o r t i c o n i l marchese M o r o e l l o M a l a s p i n a , dedicatario - r i c o r d a n e l l a sua lettera frate I l a r o - d e l l a c a n t i c a d e l Purgatorio; a parte che poteva a n c h e essere patrono dell'abbazia d i S a n t a C r o c e , retta d a l l a congregazione benedettina d e i pulsanesi, dal m o m e n t o che suo fratello F e d e r i c o e r a a p p u n t o m o n a c o d i tale congregazione. M a l a questione d e l l a lettera d i frate I l a r o n o n porterebbe - a n c h e se risolta n e l senso proposto d a l P a d o a n - a l c u n c o n t r i b u t o all'ipotesi c h e dietro l a f i g u r a allegorica d e l V e l t r o possa c o m u n q u e celarsi U g u c c i o n e . S u l l a tesi tuttavia d e l V e l t r o identificabile i n U g u c c i o n e , che c o m e si sa f u avanzata per l a p r i m a volta dal T r o y a n e l 1826, n o n sta a n o i insistere se n o n p e r rilevare c o m e n i e n t e , nelle vicende comprese tra 1302 e 1315 - questi gh a n n i d a tener presenti - può davvero aver lasciato i n D a n t e u n a traccia così p r o f o n d a d a i n d u r l o a identificare l a figura allegorica d e l salvatore d e l l a Cristianità c o n q u e l l a d e l g r a n signore g h i b e l l i n o che più volte s e m b r ò essere sul p u n t o d i i m p o r s i m a n o n v i riuscì m a i v e r a m e n t e - quale p a d r o n e d e l l a T o s c a n a .


Giuliano Pinta

Uguccione della Faggiola tra Firenze e Siena


Studi montefeltroni

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Parlare dei rapporti di Uguccione della Faggiola con Firenze e Siena significa essenzialmente ripercorrere le vicende degli anni 13131316, ovvero il duro scontro che oppose il condottiero, signore di Pisa e subito dopo anche di Lucca, alle due altre grandi città toscane schierate dalla parte avversa, nella Lega guelfa. In realtà Uguccione già in precedenza aveva pesato, e non poco, nelle vicende interne ed esterne della repubblica fiorentina. Basti pensare al periodo in cui era stato capitano della Lega ghibellina in Romagna (1300) e poi podestà - e in pratica signore - della ghibellina Arezzo (1308-1310); basti ricordare soprattutto l'appoggio dato al genero, Corso Donati, nel tentativo - tragicamente fallito (1308) - di impadronirsi della signoria di Firenze. Ma è pur certo che il nome di Uguccione è legato soprattutto alle vicende degli anni immediatamente successivi alla scomparsa di Arrigo VII e alla ripresa in grande stile dello scontro tra guelfi e ghibellini. In questo frangente il ruolo di Firenze e di Siena non fu il medesimo. Firenze fu l'avversaria principale, l'animatrice delle diverse alleanze contro il Faggiolano. Siena fu molto più tiepida, trascinata nello scontro più dall'appartenenza alla Lega guelfa che da interessi concreti. Del resto la vicina e potente repubblica fiorentina faceva più timore ai senesi della lontana Pisa Ma andiamo per ordine. Tra il settembre 1313, quando - a meno di un mese dalla morte di Arrigo VII - Uguccione divenne di fatto signore di Pisa, assumendo le cariche di capitano di guerra, di podestà e di capitano del popolo, e l'aprile del 1316, quando prima Lucca e subito dopo Pisa si liberarono del tiranno, le vicende politiche della Toscana furono segnate dallo scontro tra Uguccione e Firenze, la città di gran lunga più importante della Lega guelfa: al centro l'episodio, glorioso o tragico secondo i punti di vista, della battaglia di Montecatini (29 agosto 1315). Si trattava nella sostanza di uno scontro impari. Da una parte c'era Firenze, in quegli anni una delle città più ricche d'Italia e d'Europa, capace di mettere insieme senza grosse difficoltà parecchie decine di migliaia di fiorini a sostegno dell'esercito guelfo; e accanto a Firenze, molte altre città della regione e delle regioni vicine (Siena, Prato, Pistoia, Arezzo, Volterra, San Gimignano, Bologna, Perugia, Città di Castello, Gubbio, ecc.) e poi, naturalmente, gii Angioini di NapoU. Dalla parte di Uguccione stavano Pisa - città sostanzialmente in crisi dopo la Meloria, debilitata dalle lunghe guerre e con un ceto mercantile e armatoriale che aveva poco da guadagnare dalla guerra con Firenze -, un'altra città, Lucca, occupata militarmente e quindi poco affidabile come gli eventi stessi dimostreranno, e poi le frange del ghibellinismo toscano ormai tramontante: le grandi casate feudali

G. Pinto

Uguccione tra Firenze e Siena

(Ubertini, Pazzi del Valdarno, Tarlati, conti di Santa Fiora, ecc.) e i fuoriusciti delle città guelfe. 11 vero punto di forza di Uguccione era costituito - oltre che dalla sua abilità di condottiero - dall'appoggio dei resti delle truppe imperiali: circa 1800 cavalieri tedeschi, che si posero al servizio di Pisa e di Uguccione formando il nerbo del suo esercito. Soldati di ventura, certo, e trattenuti al servizio di Pisa a suon di fiorini, ma animati anche da un odio profondo verso i guelfi e gli Angioini; odio di cui è singolare testimonianza l'insegna di guerra che si erano scelti: una bandiera con l'effigie della testa di Corradino di Svevia. Del resto, l'antagonismo, se non l'odio, nei riguardi di Firenze - la rivale di sempre - e il desiderio di rivalsa sembrano essere le ragioni che spingevano Pisa ad accettare la pesante tirannia di Uguccione. Ad esempio, quando nella primavera del '15 un momentaneo smacco subito dalle truppe di Uguccione di fronte alle mura di Montecatini rinfocolò il malcontento dei pisani per la dura signoria del Faggiolano, Uguccione seppe acquietarli solleticando con grande abilità - e in questa circostanza si dimostrò buon politico - le corde del sentimento patrio. Ricordò di fronte ai Consigh cittadini le precedenti vittorie, sostenne che si dovesse fare ogni sforzo per giungere alla conquista di Firenze; e le sue parole infiammarono a tal punto i pisani che le vie delle città echeggiarono del grido: "Viva Uguccione! A Firenze, a Firenze!" Ed è altrettanto significativo che l'anniversario della vittoria di Montecatini (29 agosto, giorno della Decollazione di San Giovanni) fu celebrato a Pisa per quasi un secolo - fino alla conquista fiorentina del 1406; un po' come i senesi fecero, e fanno, per ricordare Montaperti. Al contrario la sconfitta bruciò tanto ai fiorentini che da allora la festa del Battista fu spostata dal 29 agosto al 24 di giugno. La poUtica di Firenze verso Uguccione, tuttavia, non fu lineare, né sempre improntata a fermezza. All'inizio ci fu una sottovalutazione del pericolo rappresentato dal Faggiolano. Si giudicava che con la morte di Enrico VII la minaccia dei ghibellini si fosse praticamente dissolta; si sperava che il dominio di Uguccione su Pisa fosse di breve durata e senza solide fondamenta. E questo forse non a torto se si pensa che i pisani cacciarono Uguccione a meno di otto mesi dal trionfo di Montecatini. I fiorentini si limitarono, tra la fine del 1313 e l'inizio del 1314, a occupare Montecatini, che apparteneva ai lucchesi, per sbarrare a Uguccione la strada verso Pistoia, e a rinforzare il presidio di San Miniato a difesa del Valdarno di sotto. Le cose cambiarono dopo la conquista di Lucca del giugno del '14, quando Uguccione, ormai capo dichiarato dei ghibellini toscani e a cui guardavano con simpatia le


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grandi famiglie signorili dell'Italia padana (dai Visconti, ai Bonacolsi, agli Scaligeri) mostrò la chiara intenzione di minacciare Firenze lungo le due direttrici della Valdinievole e del Valdarno inferiore. I l grande comune toscano fu costretto a serrare nuovamente le fila e a promuovere un'ennesima alleanza delle città guelfe, i cui oneri militari e finanziari ricadevano in gran parte sulle proprie spalle. Ci si rivolse naturalmente anche a Roberto d'Angiò, da cui si ottenne l'invio in Toscana del fratello Pietro, conte di EboU, con 300 cavalieri, che costarono tuttavia ai fiorentini ben 96 mila fiorini l'anno. Successivamente arrivarono da Napoli un altro fratello del re, Filippo di Taranto, e il di lui figlio, Carlo di Acaia, con un altro contingente di cavalieri e di fanti. Sulla carta l'esercito guelfo appariva senza dubbio più forte, contando su oltre 3 mila cavalieri e fra 30 e 60 mila fanti. Ma a Montecatini, nello scontro decisivo, l'insipienza dei condottieri angioini e l'abilità di Uguccione capovolsero le sorti della guerra. I guelfi - e in primo luogo Firenze - subirono una sconfitta paragonabile per il clamore e la sorpresa, anche se meno cruenta, a quella "che fece l'Arbia colorata in rosso". E ' sempre diffìcile ricostruire lo svolgimento e valutare gli esiti di una battaglia medievale sulla base delle cronache del tempo, spesso di parte e perciò portate a gonfìare o a minimizzare il numero dei caduti, e del resto fonti più dirette in genere non ce ne sono. E ' certo tuttavia che a Montecatini i guelfi morirono a migliaia: molti uccisi sul campo di battaglia, molti annegati nella fuga attraverso le paludi della Guisciana e di Fucecchio. Dei tre capi angioini, Carlo di Acaia morì in combattimento, il conte di Eboli scomparve, probabilmente annegato, Filippo di Taranto, febbricitante, non partecipò neppure alla battaglia, e si rifugiò al più presto entro le mura di Firenze. Tra le grandi famiglie fiorentine, poche non contarono lutti al proprio interno; molti cavalieri furono condotti prigionieri a Pisa e liberati dopo il pagamento del riscatto. Se Giovanni Villani si limita a indicare in 114 il numero dei cavalieri fiorentini caduti in battaglia o fatti prigionieri - ma probabilmente furono più del doppio - un cronista senese. Agnolo di Tura del Grasso, ci ha lasciato un elenco più preciso, che vale la pena di riportare perché dà l'idea di cosa avesse significato tale sconfitta per le grandi famiglie della più potente città guelfa. Di Firenze vi fu morti 26 cavalieri a speron d'oro e più di C donzelli e gentili omini e popolari, e molti altri ne furo presi e menati a Pisa, de' quali contaremo alquanti, che sapiamo il nome; cioè, due de' Bardi, tre de' Rossi e uno de' Frescobaldi e due degli Alimieri e 4 de' Nelli e sei de' Gherardini e 4 de' Buondelmonte e 4 de li Spini e 2 de' Giandonati e uno de' Bostichi e due de' Tornaquinci e due degli Agli e 5 de' Tosenghi e due degli Adimari e 3 de' Bisdomini e uno de' Pazi e due de' Donati e uno de' Foraboschi e uno de' Cerchi e due de' Brunelleschi e due de' Pigli e uno degli Amidei.

G. Pinta

Uguccione tro Firenze e Siena

Quindi un vero e proprio massacro. E pensare che i fiorentini si erano illusi di fare una sorta di passeggiata, tanta era la superiorità numerica del loro esercito! Ma è anche vero che i fiorentini del tardo Medioevo non si distinsero mai troppo per le loro capacità militari. Ben altre erano le loro risorse, e alla lunga risorse decisive: la ricchezza dei singoli e le notevoli risorse finanziarie del comune, la tenuta - nonostante tutto - delle isfituzioni, la solidità dei legami internazionali, la capacità di tessere alleanze, ecc. Firenze, abbandonata da gran parte delle città toscane, che si affrettarono a chiedere e a ottenere la pace con Pisa, riuscì a salvarsi grazie a una ritrovata concordia interna - che emergeva quasi sempre nei momenti di vero pericolo - e grazie all'indecisione di Uguccione, grande condottiero ma mediocre politico, a cui mancò il coraggio di attaccare direttamente la grande rivale. Firenze così ebbe il tempo di riorganizzarsi e di ottenere l'invio da parte di Roberto d'Angiò di un capitano di valore qual'era Bertrand de Baux, cognato del re. Al resto ci pensarono i pisani, che non contenti, pare, di come fosse stata effettuata la spartizione del bottino e delle somme ricavate dal riscatto dei prigionieri, colsero la prima occasione utile per liberarsi di Uguccione. Sicuramente i motivi di questa scarsa simpada - nonostante tutto - dei pisani verso il grande Faggiolano, erano di natura più composita e riguardavano la durezza del suo governo, l'esosità delle imposte richieste dalle esigenze militari, il danno che alla lunga la guerra poteva arrecare agli interessi di una parte della cittadinanza, ecc.: problemi complessi, che non tocca a noi approfondire. Per Siena il discorso è in parte diverso. Se si eccettuano i mesi successivi alla sconfitta di Montecatini, i senesi non furono mai in prima fila nella lotta contro Uguccione. Le vicende militari della Lucchesia e del Valdarno li riguardavano solo indirettamente; né, quasi mai, la guerra fu condotta nel territorio di Siena. Anzi l'unica incursione effettuata prima del 1316 da Uguccione (il tentativo del settembre del '14 di strappare ai senesi il castello di Elei) non ottenne esito alcuno; e i senesi poterono celebrare la vittoria - che poi gran vittoria non era - accendendo di notte fuochi di giubilo sul palazzo pubblico. Semmai la politica di Uguccione rappresentava una spina nel fianco dei senesi per un altro motivo. L'alleanza con la media e grande feudalità della Toscana centro-meridionale (i conti d'Elei, appunto, e poi quelli di Santa Fiora, di Sticciano, di Sassoforte, ecc., molti dei quali appartenenti alla stirpe degli Aldobrandeschi: i grandi signori della Maremma) rmvigoriva la loro resistenza contro l'espansionismo senese, creando una situazione d'incertezza e dando vita a una serie di scontri e di scaramucce che incidevano notevolmente sulle condizioni del dominio.


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Né infine il governo dei Nove poteva vedere di buon occhio l'appoggio che Uguccione dava alle famiglie senesi ghibelline andate in esilio: gli Ugurgieri, i Pagliaresi, i Salvani, gli Arzocchi, ecc. Del resto la polidca di Siena segue in quesd anni una linea ben definita - si potrebbe dire tradizionale - dove il pragmatismo prevale sui progetd più ambiziosi. L'alleanza guelfa poneva la città in una posizione in qualche modo subordinata rispetto a Firenze, ma al contempo ne consentiva l'espansione nella Toscana meridionale e la metteva al riparo da aspiranti signori di fede ghibellina o dai rischi di un predominio imperiale che avrebbe costituito una minaccia per il governo dei Nove. E ' naturale quindi che i Noveschi appoggiassero la Lega guelfa - ed era difficile fare diversamente - ma i contributi in denaro e in uomini non furono mai paragonabili a quelli forniti da Firenze, anche tenendo conto del diverso peso economico e demografico delle due città. Siena avrebbe preferito evitare una guerra che, comunque si fosse risolta, non poteva assicurarle grossi vantaggi. Tuttavia, alla resa dei conti, l'apporto dei senesi contro Uguccione non fu trascurabile. I bilanci militari, e le entrate ("dazi", "preste", prestiti volontari) ad essi destinate, risultarono negli anni 1314-1316 in forte aumento. A Montecatini i senesi furono presenti con 400 cavalieri (in parte nobili della città, in parte assoldati) e con tremila fanti provenienti dalle varie parti del dominio, e pagarono un duro scotto in morti e in prigionieri (circa 100 cavalieri e 800 fanti) in quello che il maggior organo deliberativo della città - il Consiglio generale - definì come iniquo exercitu Montis Catini Le conseguenze della sconfitta - che le fonti senesi, come vedremo, attribuirono principalmente alla presunzione e all'insipienza dei fiorentini - furono pesanti anche per Siena, nonostante il tentativo di arrivare a un accordo con Uguccione. Una testimonianza di poco posteriore ci descrive gli effetti della guerra e della sconfitta: i commerci con il Valdarno e con la Valdelsa erano praticamente cessati tra il luglio e il settembre del 1315; nel territorio a sud di Siena le scorrerie dei pisani avevano reso difficili i traffici anche verso il Patrimonio di San Pietro; il movimento del bestiame transumante tra la montagna e la Maremma si era ridotto drasticamente. Tutta l'economia - che si basava in larga misura sugli scambi commerciali e sull'allevamento - ne usciva danneggiata. In effetti nel marzo del '16, per vendicare una precedente sconfitta dei ghibellini aretini, le truppe di Uguccione avevano invaso il territorio senese mettendolo a ferro e a fuoco fino a Rosia e a Torrenieri, a pochi chilometri dalle porte della città. L'esercito senese, per quanto superiore di numero, non osò attaccare le milizie di Uguccione, accompagnate dalla fama della vittoria, e si limitò a

G. Pinto

Casieldelci, il pome medievale sul Seiiatello

Uguccione tra Firenze e Siena


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controllarle a debita distanza. Un ambasciatore di Montepulciano, testimone oculare delle scorrerie, scrisse al suo comune che i soldati di Uguccione avevano acceso in quella occasione i più bei fuochi che mai si fossero visd nel contado senese. In Maremma le scorrerie dei vari signori si moldplicarono e il traffico con Talamone, e in generale tutti i commerci, subirono gravi danni, tanto che nel ConsigUo generale si imprecò contro la "maledetta guerra". Di conseguenza la caduta di Uguccione fu accolta anche a Siena con sollievo e giubilo. Tra l'altro con la cacciata del grande Faggiolano, venendo meno il principale sostegno della feudalità territoriale si aprivano buone prospettive per il consolidamento e l'ampliamento del dominio. I l 30 agosto del 1316 il Consiglio generale di Siena approvò i capitoli della pace con i pisani e della tregua con i lucchesi, che prevedevano, tra l'altro, la liberazione reciproca dei prigionieri, la piena libertà di commercio (eccetto che per il grano) e l'applicazione a Siena delle stesse gabelle che Pisa riservava ai fiorentini. Questo diverso atteggiamento, di Firenze e di Siena, nei riguardi di Uguccione della Faggiola si rispecchia in una certa misura nelle cronache delle due città, la cui rilettura suggerisce alcune considerazioni. Senza dubbio la figura di Uguccione esercitò un fascino notevole sui contemporanei e sulle generazioni immediatamente successive. Quando diventò protagonista delle vicende polidche italiane, il Faggiolano aveva già superato la sessantina, ma conservava intatta l'energia, l'efficienza fisica, l'abiUtà di condotdero. Altri aspetd della sua persona erano tali da colpire i contemporanei: l'alta statura, la forza fisica, il grande appetito - considerato allora segno di potenza e di ricchezza - e ancora la rapidità nelle decisioni, la freddezza nei momenti di pericolo. Si dice che avvisato dello scoppio della rivolta a Pisa continuasse a consumare il pasto tranquillamente, fino ai confetti. E poco importa che l'episodio sia vero, l'importante è che apparisse verosimile. E ancora l'alternare azioni di grande crudeltà, se ritenute necessarie (vedi l'uccisione a Pisa dei Buonconti) a gesti squisitamente cavallereschi, quaU, ad esempio, il concedere l'onore delle armi o degna sepoltura ai nemici che si erano battuti con valore. Nei cronisti fiorentini sono in genere gli aspetti negativi ad essere messi in rilievo: la crudeltà, la ferocia in guerra, la durezza del suo regime. E se Marchionne di Coppo Stefani, che vive e scrive vari decenni dopo, pur ricordandolo "nimicissimo del comune di Firenze e ghibeUino", definisce Uguccione "uomo d'arme ardito e savio", "uomo di gran virtù e possanza [...] sofficiente capitano e signore", Giovanni Villani sorvola sulle doti di grande condottiero, mentre dà

G. Pinto

Uguccky» tra Firenze e Siena

largo spazio al triste episodio della decapitazione dei Buoncond, e attribuisce la sconfitta di Montecatini non all'abilità di Uguccione ma alla troppa sicurezza dei comandanti guelfi e dei fiorentini, nonché alla mancata resistenza dei fanti senesi e colligiani di fronte all'attacco dei cavalieri nemici. Spiegazione ripresa circa un secolo dopo da Leonardo Bruni. Agnolo di Tura sottolinea invece più volte l'abilità di Uguccione, "maestro nell'arme", conoscitore delle "malitie della guerra". Descrive minuziosamente la varie fasi della battaglia di Montecatini, che vede essenzialmente come una sconfitta dei fiorentini: ricorda la presunzione dei capitani guelfi che "avieno i nemici per niente, che non stimavano la poca gente d'Uguccione e de' Pisani"; sottoUnea lo stratagemma di Uguccione che fìnse di ritirarsi (ma alcuni sostennero che voleva ritirarsi sul serio), e poi l'avventatezza dei soldati angioini e fiorentini che, messisi a saccheggiare gli alloggiamenti abbandonati dall'esercito nemico, si fecero cogliere di sorpresa dall'attacco di Uguccione alla testa dei cavalieri tedeschi. Dopo il lungo e doloroso elenco dei caduti guelfi (tra i senesi caddero membri delle famiglie Buonsignori, Piccolomini, Saracini, Malavolti, Bandinelli, ecc.). Agnolo di Tura conclude la narrazione della battaglia ribadendo il concetto già precedentemente espresso: E questa rotta intervenne per più cose: l'una principale, che i Fiorentini e loro campo non stimavano il canpo de' Pisani lor nemici, e stavano i Fiorentini e loro canpo all'agiata, senza ordine di guardie, senza alcuno sospetto, giacevano il dì e la notte nei letti agiati, come v'erano venuti per ponpa, e così godevano su per le taverne dell'oste come se fussero nella città, senza sospetto. E l prenze e li altri capitani dell'oste Fiorendna mandavano i bandi nel canpo, che si tenesse buone guardie e altri bandi bisognevoli al detto canpo, e niuno udiva e facevasi beffe per poca stima faceano del nimico.

Per Agnolo di Tura sembra quasi che la sconfitta non riguardi che marginalmente i senesi, nonostante i molti cittadini uccisi o fatti prigionieri. Su un punto tuttavia, i cronisti di Siena e di Firenze sono concordi: nell'esprimere un duro giudizio sui pisani che cacciarono Uguccione. Agnolo di Tura riprendendo quasi con le stesse parole le considerazioni di Giovanni Villani - ma potrebbe essere il Villani a dipendere da Agnolo: un problema che meriterebbe di essere studiato - così conclude la narrazione delle vicende che portarono alla caduta del signore di Pisa e di Lucca: Questo fu il guiderdone che lo popolo di Pisa rendè a Uguccione da la Fagiuola, che gli avea vendicate di tante vergogne e raquistate tutte le loro castella e degnità e rimisserli nel magiore stato e più temuto da' loro vicini che città d'Italia.


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La cacciata di Uguccione che avrebbe dovuto riscuotere il plauso di coloro che del Faggiolano erano stati i principali avversari e che da quello erano stati ripetutamente battuti, è vista sostanzialmente come una riprova della perfidia e dell'ingratitudine dei pisani. Riaffiora ancora una volta la rivalità e il forte municipalismo che animavano le città toscane del Medioevo.

Le fonti narrative a cui si è fatto diretto riferimento sono: Giovanni Villani, Cronica, ed. F. Gherardi Dragomanni, Milano 1848, I X , 58-78; Agnolo di Tura Del Grasso, Cronaca senese, a cura di A. Lisini e F . lacometti, in Rerum Italicarum Scriptores, I I ed., t. XV, parte V I , Zanichelli, Bologna 1931-1939, pp. 336-361; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, a cura di N. Rodolico, in Rerum Italicarum Scriptores, I I ed., t. X X X , parte I , Lapi, Città di Castello 1903, pp. 113-120; Leonardi Aretini, Historiarum Fiorentini populi libri XII, a cura di E . Santini, in Rerum Italicarum Scriptores, II ed., t. X I X , parte III, Lapi, Città di Castello 1926, pp. 111-115. Tra le fonti documentarie si veda: Archivio di Stato di Siena, Consiglio generale, 87, ce. 143v, 115v-122r. Per quanto riguarda le vicende degli anni 1313-1316, la ricostruzione di gran lunga più accurata e puntuale resta quella di R. Davidsohn, Storia di Firenze, trad. it., Sansoni, Firenze 1956-1968, voi. IV, pp. 761 sgg. Per Siena si veda anche W. Bowsky, Le finanze del Comune di Siena, 1287-1355, trad. it., L a Nuova Italia, Firenze 1976, pp. 59, 186-189; e dello stesso autore la recente sintesi Un comune italiano nel Medioevo. Siena sotto il regime dei Nove, 1287-1355, trad. it., il Mulino, Bologna 1986, pp. 226, 238-239, 250. Utile anche la voce di R. Piattoli, Faggiuola, Uguccione della, nella Enciclopedia dantesca, II ed., Roma 1984, II, pp. 778-780, e, per una testimonianza precisa sulla battaglia di Montecatini, quelle di A. Campana, Biondo Flavio e Calvi Pellegrino, ibidem, I , pp. 634-635, 770-772. E ' d'obbligo infine il rimando ai saggi di Rino Avesani, Franco Cardini e Marco Tangheroni raccolti in questo stesso volume. Il dattiloscritto della presente relazione è stato consegnato nel giugno 1987.


Marco Tangheroni

Uguccione della Favola

a Pisa e a Lucca


18, 5 9 9 5

Sudi mont^trani

I l periodo la cui trattazione mi è stata affidata è breve, racchiuso c o m ' è tra il 1313 e il 1316 ^ E pur tanto intenso da consendre di rivolgere, in questa occasione, la nostra attenzione soltanto ad alcuni punti, peraltro decisivi per la comprensione di ciò che significò allora Uguccione per Pisa e per Lucca ma, anche, s'intende, di cosa significarono queste due città nella vita di Uguccione. Partiamo da quel che un cronista lucchese della fine del Trecento, mercante e attivo protagonista della vita politica cittadina, Giovanni Sercambi, ci dice 2; e oltre che da quel che ci dice, da quel che egh ci fa vedere con le splendide illustrazioni che adornano il codice lucchese delle Cronache^, certo eseguite sotto la sua personale direzione e sue precise indicazioni Dunque, un'illustrazione (o vignetta, come viene definita dalla Cristiani Testi) accompagna ed arricchisce anche il racconto di come Uguccione e i l comune di Pisa vinsero Lucca, come accade capitolo per capitolo proprio a partire da questo punto, per l'intero primo volume delle Cronache. Sulla destra di questa composizione a blocchi contrapposti viene rappresentato l'esercito pisano nel suo avvicinamento a Lucca. E penso che Uguccione possa essere identificato nel guerriero che, a passo di parata, cavalca u n imponente cavallo bianco. Viene qui in mente la poesia Faida di comune di Giosuè Carducci nella quale è appunto narrata, in versi felici, proprio una guerra tra pisani e lucchesi. Viene in mente p e r c h é i l poeta ottocentesco rappresenta Uguccione che "sta sul grande cavai bianco e imbracciato ha il grande scudo" ^. I l Carducci, grande conoscitore di cronache 1

Mantengo sostanzialmente intatto il tono discorsivo del mio intervento al convegno di Casteldelci, a n c h e c o n u n po' di nostalgia p e r le belle giornate passate i n queiramenissimo paese. H o tuttavia fatto diverse aggiunte,

c o n citazioni e d

osservazioni allora impossibili per ragioni di tempo. Ringrazio l'amico C u r r a d o C u r r a d i cui devo la trascrizione del m i o intervento, base utilissima per trovare il coraggio di riscrivere questo testo; nelle n o n poche disavventure c h e m i sono d o p o quei giorni capitate avevo infatti, tra l'altro, smarrito la m i a copia. 2 3

G . S e r c a m b i , Cronache, ed. S. B o n g i , voi. I , L u c c a 1892. Giovanni

Sercambi. Le illustrazioni

delle Croniche nel codice lucchese,

M, Tangheroni

Uguccione a Pisa a a Lucca

medievali e che su una di queste basò anche questa poesia, vide il codice? Un'ipotesi da verificare. E , in ogni caso, mi permetto di avanzare l'idea che in altre cavalcate storico-rievocative, come quella cui abbiamo assistito qui, il cavallo di Uguccione sia sostituito da un cavallo bianco, i l più grande e marziale che si riesca a trovare. Quanto al personaggio vestito di rosso che guida, in cima ad una scala, l'assalto dell'esercito pisano alla conquista di Lucca, città rappresentata, col realismo emblematico ^ proprio del nostro codice, come città turrita, si potrebbe pensare a Castruccio Castracani che dovette avere parte rilevante in quell'episodio. Sempre che non si tratti dello stesso Uguccione se la "vignetta", come altre dello stesso codice, è leggibile come rappresentazione simultanea di eventi successivi ^. Quanto alla bandiera pisana che sventola sulla torre di destra potrebbe trattarsi di un riferimento alla conquista avvenuta o in corso, ovvero di un riferimento a quel lenzuolo esposto sulla Torre del Vento, quale decisivo segnale di azione, da parte di quei congiurati lucchesi che si erano accordati con Uguccione per facilitarne l'ingresso in città. Gli avvenimenti che ho rievocato ebbero luogo il 14 giugno 1314, un venerdì. Da soli nove mesi Uguccione era diventato podestà e capitano generale di guerra di Pisa. L a sua signoria su Pisa e, poi, anche su Lucca d u r e r à fino al 10 aprile 1316 ^. I n quali circostanze politiche Uguccione era divenuto signore di Pisa? Perché la città dell'Arno si era rivolta a lui? Bisogna ricordare che in agosto era morto, a Buonconvento, l'imperatore Enrico V I I , 1' "alto Arrigo", nel quale Pisa, non meno di Dante, aveva riposto tutte le sue speranze. Ora, come, nonostante le incertezze e le difficoltà, la presenza dell'imperatore nella penisola aveva indubbiamente risollevato le posizioni della parte ghibellina, così la sua morte minacciava di provocarne in tutta Italia una gravissima crisi, restituendo perciò Pisa al suo isolamento. Ciò dopo che, come ha scritto Emilio Cristiani, tutte le categorie sociali cittadine avevano dato la propria adesione alla politica ghibellina e al sostegno all'imperatore ^. Ci dice il Villani che i pisani rimasero sconsolati e impauriti Ed una cronaca pisana chiosa: "mai tanto duolo e pianto non fue fatto per

con c o m m e n t o

storico e artistico di O . Banti e M . L . Cristiani, G e n o v a 1978. L e illustrazioni sono circa seicento. I l codice a p p a r t e n n e a Paolo G u i n i g i , signore di L u c c a , cui dovette

6

Giovanni

Sercambi. Le illustrazioni cit., i n particolare p. 67.

essere

7

Giovanni

Sercambi. Le illustrazioni

donato

dallo stesso autore. I l secondo

volume,

relativo alle

vicende

4

C o m e dimostra, nel c o m m e n t o storico-artistico citato alla nota precedente, la

8

Su questo periodo è fondamentale E . Cristiani, Nobiltà

e popolo nel comune di Pisa.

Dalle origini del podestariato alla signoria dei Donoratico, N a p o l i 1962, c u i mi rifarò

Cristiani Testi, il Sercambi "chiaramente seguiva da vicino l'attuazione del lavoro"

spesso.

(p. 7 1 ) , e a p. 70 la stessa studiosa parla di "plausibile ipotesi di ideazione delle 5

cit., pp. 78-79, c o n l'esempio dell'illustrazione

relativa al capitolo 237.

successive al 1400, h a gli spazi b i a n c h i per illustrazioni mai realizzate.

illustrazioni da parte del Sercambi".

9

Ibidem.

G . C a r d u c c i , Faida di Comune, v. X X .

10

G . V i l l a n i , Cronaca, lib. I X , cap. 58.


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Studi monteFeltrani

11 pisani quanto allora p e r c h é avevano speso più di due milioni di fiorini e non avevano fatto prode nessuno, e rimaneano in briga grandissima e senza moneta" U n a parte delle forze militari germaniche lasciava a poco a poco Pisa e la Toscana. Centri importanti tornarono in possesso della lega guelfa come Sarzana, Pietrasanta, Poggibonsi. Pisa riuscì comunque a trattenere, assoldandoli, oltre ad una decina di nobili fiamminghi, millecinquecento inglesi e tedeschi a cavallo, più un certo numero di fand Però, anche al di là del notevole sforzo finanziario, il problema era quello di trovare una guida militare adeguata per fronteggiare la nuova situazione. G l i stessi mercenari tedeschi si rivolsero vanamente al figlio dell'imperatore, Giovanni, re di Boemia, figlio del re, che sembrava pronto, sotto la guida della madre a riprendere la politica paterna, mentre i pisani sollecitavano inutilmente Arrigo di Fiandra. Ma già dovevano essere stati avviati contatti anche con Uguccione, i l quale arrivò a Pisa poco prima del 20 settembre, giorno in cui cominciò il suo regime, come ci è ricordato dall'unico registro superstite della cancelleria comunale. Soltanto dopo l'arrivo di Uguccione, Arrigo di Fiandra si offrì di assumere il comando delle masnade ultramontane, ma era troppo tardi Allora, dice una cronaca pisana, "partissi molto minaciando". Forse era rimasto indeciso p e r c h é aveva sperato di coinvolgere direttamente i l re di Siciha. Pochi giorni prima dell'arrivo di Uguccione era approdato a Porto Pisano Federico I I (o I I I ) re di Sicilia o, come aveva accettato di intitolarsi dopo la pace di Caltabellotta e come qui torna a chiamarsi, rex Triname. Egli stesso raccontò alcuni giorni dopo, scrivendo da Cagliari al fratello Giacomo I I , re d'Aragona, la sua versione delle trattative condotte con i l comune pisano e della politica da lui seguita in quell'anno. Egli, scrive in sostanza, aveva accolto favorevolmente le proposte di Enrico V I I per due ragioni: in primo luogo p e r c h é egli era l'imperatore (caput reipublice in temporalibus); in secondo luogo p e r c h é impegnato in

M. longheroni

Uguccione a Pisa e a Lucca

DI

GIOVANNI

SHUCAMBI

6i

H O , del modo dclki terra, et avendo avute buone promissioni di I O dare la terra & mectcrli dentro, i dicti usciti

fenno

rltermarc

Uguiccionc & le ycnti di Pisa, dicendo : noi abiamo cho quelli nostri amici dentro nìectcranno uno lenzuolo in sulla torre del Veglio, e allora ]i amici nostri leveranno romore de noi traiamo alle porti c cosi arèuio la terra. 15

Alle quali parole Uguiccione aconsentio; e non molti giorni apresso, cioì: adi . \ i m . gugno,Io dicto lenzuolo fu messo, e quelli del campo ciò vedendo, e sentendo lo ron)ore levato in L u c c l u , Uguiccione colle brigate trassero intorno a L u c c h a con

schale

e coni fuoco, il quale fu messo alle posterie di prato, san Gior20 gio, san Frediano.

L colle schale

s.iglendo su per lo mura, i

Lucchesi non polendo difendere la terra per la divizÌo;ie dentro, fu di necessita clic Lucila fus.se del dicto Uguiccione e di Pisa, L t entrati dentro, Lucha andò a saco e tu rubato il te/oro della Chieza, che papa Chlmento

avea allogato i n ' i i e l l a sacrestia di

25 sam Frediano; e trovònsl . x \ i i . cliase essere state a dare Luccha U

Cristiani, Nobiltà

12

L e cifre date dai cronisti, c o m e di consueto, variano. C o m u n q u e faccio notare che

cit., p. 294.

i 700 di cui parla u n a n o n i m o testo cronistico è cifra c h e si riferisce soltanto ai tedeschi rimasti. S o n solito i n d i c a r e questa fonte c o m e A n o n i m o M u r a t o r i a n o per

a Uguiccione & a Pisa, excepLo che la casa delll Opisi. C X V I I . CoMH U G U I C C I O N I Ì r u C H A C C I A T O E

D I PISA

DI LUCCA.

distinguerla da altre p r e c e d e n t i c r o n a c h e a n o n i m e : cfr. Rerum Italicarum Scriptores (d'ora i n poi RIS), t. X V , M o d e n a 1929, col. 993. 13

P. V i g o , Uguccione della Faggiola potestà di Pisa e Lucca, L i v o r n o 1879, p. 6. I l volume del V i g o è a n c o r a di utilissima consultazione.

14

li usciti l o r n ò r o in Luccha, fra quali fu Cliastruccio Interniinelli, il quale doppo alcuno piccolo tempo, volendolo fare

C o m e re di Sicilia i n d u b b i a m e n t e I I ; m a molti autori, p e r distinguerlo meglio da F e d e r i c o I I di Svevia, preferiscono c h i a m a r l o I I I .

I soldati di Uguccione espugnano l-ucca {dalle Croniche di Giovanni Sercambi, a c. di S. Bongi, Roma 1892)


Studi montefeltroni

18, 1 9 9 5

una guerra contro il re angioino che gli si era opposto ingiustamente l ^ . Dopo la morte di Enrico aveva ricevuto delle lettere del maresciallo Arrigo di Fiandra che lo sollecitava ad unirsi con il re di Boemia già in Lombardia; perciò, memore anche della parentela stabilita tra il proprio figlio e la figlia dell'imperatore, aveva accettato di recarsi a Pisa. Qui però aveva saputo che il re di Boemia non solo non era arrivato, ma dava segni di rinunciare alla spedizione italiana. Così, durante i giorni della sua permanenza a Pisa i Pisani gli avevano proposto una stretta alleanza (Pisani requisiverunt nos de amidda, unione et sodetate mutuo contrahenda), mostrandosi assai ben disposti nei suoi confì-onti. Ma egli aveva declinato l'offerta p e r c h é avrebbe danneggiato gli interessi del fratello che voleva continuare a rispettare come fratello e padre e capo della dinastia. E r a così ritornato verso la Sicilia, ma una tempesta lo aveva obbligato a deviare verso la Sardegna e a far sosta a Cagliari da dove, appunto, il 18 ottobre gli scriveva Federico non se l'era sentita, dunque, di lasciarsi coinvolgere in una politica italiana che lo avrebbe portato a raccogliere l'eredità imperiale e a divenire, quasi riprendendo a mezzo secolo di distanza, erede della politica di Manfredi; e ciò sia per lo scarso appoggio tedesco sia p e r c h é Pisa aveva chiesto qualcosa (evidentemente la conservazione della Sardegna 'pisana') che lo avrebbe portato a rompere gli stretti rapporti con il fratello e la Corona d'Aragona. Incertezze abbastanza tipiche del personaggio, sia detto di passaggio, che spiegano le oscillazioni nel giudizio dantesco su di lui. Mi sono soffermato su questa vicenda - che peraltro meriterebbe uno studio più esteso - p e r c h é ci permette di comprendere in quale situazione sia arrivato nella città toscana Uguccione. E p e r c h é in quei giorni di settembre 1313 Pisa fu veramente al centro di scelte molto importanti, dalle conseguenze decisive per la storia di tutta l'Italia e del Mediterraneo occidentale. L a scelta, quasi obbligata, di trovare in Uguccione la propria guida aveva, invece, conseguenze geograficamente più limitate. Così, dunque, il 20 settembre 1313 egli era nominato potestas pisanorum et capitaneus generalis pisani populi et guerre pisane Dire chi era stato fino ad allora Uguccione sarebbe ora superfluo,

M . Tangheroni

Uguccione a Pisa e a Lucca

collocandosi queste pagine proprio in un volume a lui dedicato, nel quale altri sono incaricati di mettere a fuoco la sua figura. Potrei cavarmela con i versi che un secolo più tardi gli dedicherà Antonio Pucci: Poi c h i a m a r di g u e r r a capitano il valente U g u c c i o n della Faggiola c h ' e r a i n quel tempo in tal mistier sovrano ' 9 .

Vediamo, piuttosto, cosa rappresentava allora agli occhi dei pisani. Gli stessi titoli e poteri che gli vennero immediatamente dati ricordano quelli di Guido e poi di Galasso da Montefeltro ^0, grandi capi ghibellini chiamati per risolvere con le armi la difficile situazione politica di Pisa. I l Faggiolano aveva, da questo punto di vista, le carte estremamente in regola. A d Arezzo, nelle sue numerose podesterie, aveva sempre sostenuto la parte dei ghibellini e dei guelfi bianchi, fino a diventare praticamente capo della città nel 1309. T r a il 1296 e il 1297 aveva guidato brillantemente la guerra di una coalizione di città romagnole, Forlì, Faenza e Cesena, contro Bologna. Da Arezzo, come tanti bianchi e tanti ghibellini, tra i quali Federico e Galasso da Montefeltro e Castruccio Castracani, suo punto d'appoggio anche per la successiva conquista del potere a Lucca, si era precipitato a Genova per unirsi all'imperatore 21. E questi Io ricompensò nominandolo suo vicario nella città ligure. I l 22 marzo 1314 Uguccione faceva arrestare e decapitare Banduccio e Piero Bonconti al loro rientro in città dopo che avevano concluso un trattato di pace con Roberto d'Angiò e la lega guelfa; un trattato che prevedeva la restituzione dei castelli conquistati e la concessione di grosse facilitazioni commerciali per le merci in transito dei fiorentini e degli altri comuni guelfi L'accusa fu di tradimento, ma diversi storici, come il Vigo, il Davidsohn e soprattutto il Cristiani, hanno osservato, contro quanto affermato dal Volpe e, con maggior prudenza, dal Rossi Sabatini, che gli ambasciatori pisani dovevano essersi mossi d'intesa con lo stesso podestà e capitano generale Del resto i Bonconti, in quei decenni in primissimo piano nella vita politica pisana, avevano nei mesi precedenti collaborato strettamente con Uguccione.

15

E che e r a u n suo personale n e m i c o ; m a n o n lo scriveva.

19

A . P u c c i , Centiloquio, citato da Vigo i n Uguccione cit., p. 177.

16

L e t t e r a conservata nell'Archivio della C o r o n a d ' A r a g o n a e d edita da V . Salavert y R o c a , Cerdenay la expansion mediterranea de la Corona de Aragon, M a d r i d 1956, voi. I I , doc. 479.

20

A n c h e F e d e r i c o da Montefeltro era poi stato insieme p o d e s t à e capitano del

21

Cristiani, NoUltà

cit., pp. 294-295.

17

E . H a b e r k e r n , Der Kampf um Sizilien in den Jahren 1302-1327,

22

Cristiani, Nobiltà

cit., pp. 261-267.

18

C o m e accennato d a Vigo, Uguccione cit., p. 6.

23

Cristiani, Nobiltà

cit., pp. 297-299.

B e r l i n 1921, P- 5 1 .

popolo, m a n o n aveva avuto la carica di capitano della g u e r r a .


18, 1995

Srudi monteteltrani

In realtà, l'azione del Faggiolano, più che essere l'espressione di un presunto partito della pace (espressione di interessi mercantili o armatoriali) contro un presunto partito della guerra (espressione di interessi industriali), sulla cui inesistenza ho scritto già una ventina di anni or sono mirava all'instaurazione di un regime personale. Come ben detto da un cronista pisano: "e prese lo libero arbitrio e disfece la tasca delli anziani e fecela al modo antico e non potea essere anziano se 'mprima non provasse per molti testimonii che fusse stato vero ghibellino" ^6. U n criterio di selezione basato sull'arbitrio di chi deteneva i l potere e assumeva i l diritto di ammettere o non ammettere tra gli eleggibili, secondo una pratica largamente diffusa, allora, nei comuni italiani. Concordo quindi con le seguenti conclusioni di Emilio Cristiani: "Non si trattò dunque di annullare l'opposizione del solo ceto mercantile contrario al proseguimento della politica ghibellina intransigente. I l mercante Banduccio Bonconti, da lui fatto decapitare, lo 24

M. T a n g h e r o n i , Politica, commercio, agricoltura a Pisa nel Trecento, Pisa 1973, capitoli

II e III. 25

C i o è la borsa da cui venivano sorteggiati i n o m i degli anziani, di a n n o in a n n o .

26

Cronica di Pisa, in RIS,

X V , col. 990.

M. longheroni

Uguccione a Pisa e a Lucca

abbiamo trovato, tra il 1300 e il 1313, costantemente a capo di quell'orientamento ghibellino che aveva cercato l'accordo con i re aragonesi, e poi con Enrico V I I , e che certamente aveva avuto una parte determinante nella chiamata dello stesso Uguccione" 27, Tanto più che nei mesi successivi agli avvenimenti di marzo troviamo, nonostante la scarsità della documentazione, esponenti di quasi tutte le principali famiglie di quello stesso ceto mercantile impegnate accanto ad Uguccione in questioni di politica estera, interna e finanziaria. Tanto meno accettabili sono le letture di carattere moralistico, quale, ad esempio, quella proposta da Renato Piattoli, il quale scrive, a proposito di Uguccione, che cadde per il suo "carattere dispotico, tirannico, avido di potenza, di gloria e di danaro", per le sue "malvage qualità", per la sua "crudeltà" 28, n problema va dunque correttamente impostato in termini differenti. Dalla fine del Duecento e per tutto i l Trecento la storia politicoistituzionale di Pisa appare caratterizzata da una costante tensione tra la necessità di ricorrere nei momenti di maggiori necessità e difficoltà esterne a regimi signorili e il desiderio dell'oligarchia mercantile di riprendere la gestione diretta del potere attraverso il ripristino, non solo formale, delle ormai tradizionali forme comunaU di governo. Secondo una caratteristica, del resto, di tutte le città toscane a differenza di quelle dell'Italia settentrionale dove p u ò ben dirsi ormai generalizzato il regime signorile 29_ E d è in questa chiave che vanno in gran parte lette tanto la politica interna quanto quella estera di Uguccione della Faggiola, nei limiti in cui la scarsa documentazione superstite e le avare testimonianze cronistiche lo consentono. In poUtica interna, così, oltre ad assumere il controllo della scelta degli anziani, accrebbe il peso delle Sette Arti, e cioè degli artifices in seno a questa magistratura deliberante Si appoggiò poi maggiormente su alcune famiglie della nobiltà ed in particolare sui Lanfranchi. Tipicamente signorili furono anche altri tratti, come i

27

Cristiani, Nobiltà

28

R . Piattoli, Faggiuola, pp.

29

cit., p. 299. Uguccione della, i n Enciclopedia Dantesca, voi. I I , R o m a 1970,

778-780.

E d è questo il p r o b l e m a storico da risolvere. Spiegazioni c o m e q u e l l a offerta d a G . Rossi Sabatini, Pisa al tempo dà Donoratico,

1316-1347.

Studio sulla crisi costitu-

zionale del comune, F i r e n z e 1938, p. 17, basate su "l'ingegno vivace e versatile del popolo toscano" n o n sono evidentemente 30

Ipopulares

VOrdo Mercatorum e l'Arte della Lana. Uguccione cacciato da Lucca (dalle Croniche ó.c\, cit.)

31

accettabili.

non artifices facevano parte, infatti, dei tre o r d i n i maggiori: VOrdo

C f r . Cristiani, Nobiltà

cit., pp. 300-301.

Mans,


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Shjdi monlefaltrani

discorsi che teneva al popolo nella cattedrale, la concessione di amnistie, la maggior durata fissata per la carica di cancelliere degli anziani (tre anni invece di uno), una politica fiscale "arbitraria" e non gestita dal ceto mercantile in quanto stabilita ad aspectumpersone. D'altra parte Uguccione, per sostenere la sua aggressiva politica estera, fece ricorso a imposizioni dirette particolarmente gravose, mentre manteneva tutti gli uomini di Pisa e del contado in uno stato pressoché permanente di mobiUtazione. I n politica estera esordì con una serie di piccoli ma numerosi successi militari, segnati da una prima sconfitta di Lucca e dalla conquista di una gran numero di castelli, successi che un testo cronistico pisano lungamente descrive Quindi, dopo la rottura di fatto pressoché immediata della pace del 27 febbraio 1314 con Roberto d'Angiò e i guelfi e del 25 aprile con i lucchesi, ci fu la conquista di Lucca dalla quale ha preso le mosse il nostro ragionare. Essa d'altronde, come già si è detto all'inizio, con l'appoggio di una parte dei lucchesi stessi, fuorusciti e non. Per dirla col cronista pisano Ranieri Sardo, egli la p r e p a r ò facendo "parlamento con tutti gli usciti di Lucca e con gli altri lucchesi" I l Sercambi definisce gh esuli "ghibellini" ma in realtà molti fuorusciti appartenevano piuttosto ai guelfi bianchi. T r a questi fuorusciti, comunque, un ruolo già notevole aveva il ghibellino Castruccio Castracani degli Antelminelli. Tuttavia, in questa occasione Lucca venne sottoposta a saccheggio e diverse famiglie mercantili e soprattutto, pare, artigianali lucchesi presero a loro volta la via dell'esilio, con un indebolimento dell'economia cittadina sulla cui portata gli storici discutono, ma che non p u ò , sostanzialmente essere messa in dubbio anche p e r c h é in atti notarili

M. Tangheroni

Uguccione a Riso e a Lucca

DI

CCXIX. COME LUCHA DELLA

R E

33

R. Sardo, Cronaca di Pisa,

F U SIGNOREGGI.VTA

FAGIUOLA

I N KO.ME

PER UGUCCIONE

D I

PlSA.

icordavi del pczzlnio Uguccione, C l i c L u c c h a coniquistò por

tnidiuiento,

della ni.ortc e dello uccizione,

E

tucto avenne per

dlvizionCj

Porcile c i a . s c L u i o vole;i i reginicnio. E

i n ci niille trecento

T r e d i c i ricevco cotale offesa. che '1 tozoro della chìcza

Di E ' quella raccontata dal C a r d u c c i in Faida di

SERCAMBI

D e ' cipt:idini fecio nìortal tormento.

E

32

GIOVANNI

San

Frediano fu tolto da* soldati.

Comune.

ed. O . B a n t i , R o m a 1973, pp. 60-65. C o m e chiarisce il

O

L u c h c s i pregiati, c e » ,

Banti n e l l ' I n t r o d u z i o n e , R a n i e r i Sardo c o m i n c i ò a scrivere solo a partire dagli avvenimenti

del 1355; la parte precedente

è u n a delle varie versioni, a n o i

pervenute, di u n a c r o n a c a a n o n i m a . 34

Sardo, Cronaca c i t , p. 66.

35

Sercambi, Croniche cit., pp. 60-61.

36

B. A n d r e o l l i , Considerazioni

C C X X . C O M E L U C I iA r u S I G N O U I C G I A T A DI

sulle campagne lucchesi nella prima metà del secolo XTV:

paesaggio, economia, contratti agrari, i n Castruccio Castracani e il suo tempo, L u c c a 1985, pp. 295-296, ove si rifa alle osservazioni fatte d a l l ' I n g h i r a m i g i à n e l 1842 sui d a n n i derivanti all'industria serica lucchese dalla dispersione degli artigiani specializzati nell'arte della seta. V e r r e b b e c o s ì confermato il giudizio del V i l l a n i secondo il

R Per

MAREMMA

D.\ CONTE

GADDO

D I PISA.

icordavi del conte Gaddo, poi C!i'

Uguccion fu cacciato coni

lo suo

senno e dclli amici

furore.

soi,

Subitaniento fu facto signore.

quale mai nessuna città e r a stata sottoposta ad u n a distruzione e c o n o m i c a m e n t e e umanamente

c o s ì pesante: L u c c a sarebbe rimasta e n o r m e m e n t e impoverita

"d'avere e di persone" (Cronaca, lib. I X , cap. 60).

Il vessillo di Pisa inalberalo sulla città di Lucca dal "pessimo Uguccione" (dalle Croniche cil.)


18, 1 9 9 5

Sludi niorleFeltrani

degli anni successivi se ne trovano ricordi precisi ^'^. Inoltre venne allora rubato anche il tesoro pontificio che era stato depositato da papa Clemente V presso San Frediano. L'eco degli avvenimenti fu da questo episodio ingigantita e allargata, contribuendo a quella che potremmo chiamare l'internazionalizzazione della politica di Uguccione e delle sue conseguenze. Dopo la conquista di Lucca - dove inviò come suo vicario il figlio Francesco - Uguccione riprese la guerra contro Firenze, sottoponendola ad una serie di attacchi ora contro questo ora contro quel castello, senza concederle tregua. I l possesso dei castelli così conquistati venne confermato al signore di Pisa e di Lucca da Ludovico il Bavaro con un diploma del marzo 1315. Firenze fu allora costretta a cercare la soluzione in una grande battaglia campale, contando sull'alleato angioino e sulla superiorità numerica del proprio esercito. Questa battagUa ebbe luogo il 29 agosto 1315, a Montecatini in Val di Nievole. F u tra le più sanguinose in quel secolo, almeno in Italia, e vi trovò la morte lo stesso figlio di Uguccione. Ma l'esercito guelfo vi fu disfatto lasciando stupefatti e in pericolo i fiorentini. Non sono un esperto di storia militare e lascio ad altri il tentativo di ricostruire ed analizzare la battaglia Ma, considerata la forte differenza numerica degli eserciti contrapposti, non si p u ò non pensare ad una grande capacità strategica di Uguccione; anche se si p u ò pure aggiungere che i mercenari tedeschi e i rinforzi ghibellini di Toscana e Lombardia fossero qualitativamente superiori alle forze angioine (e la storia militare degli angioini in Italia, almeno a partire dal Vespro, non è certamente delle più brillanti). Ma la signoria di Uguccione della Faggiola cadde il 10 aprile 1316, allontanando così il grave pericolo da Firenze; per il momento, p e r c h é esso si ripresenterà, ancora più gravemente, un decennio dopo con Castruccio, signore di Lucca e poi anche di Pisa. Vero è che dopo Montecatini Uguccione non proseguì la lotta contro Firenze, passando ad una "inspiegabile inattività" •'^9, che p u ò farci pensare sia a difficoltà logistico-militari sia alla sensazione di qualche difficoltà interna a Pisa e a Lucca. E ciò sia detto senza dimenticare quella tristezza da cui venne afflitto per la morte del figlio Francesco, della quale ci parla la tradizione cronistica pisana

M. Tangheroni

Uguccione • Pisa e a Lucca

Era, quel giorno, un sabato santo; e la settimana santa ben si prestava, per l'affluenza di gente, per le feste che si celebravano, ad eventi di questo tipo; come p u ò bastevolmente ricordarci l'esempio dei famosi Vespri siciliani. Anche lo svolgimento della congiura, la mattina del sabato, così c o m ' è raccontata dall'Anonimo Muratoriano rafforza questa considerazione. Egli ci dice che i congiurati ("certi nobili e populani grassi") attirano la folla sciogliendo un toro "molto bravo" per la carraia di San Martino e correndogli dietro, a mo' della festa attuale di San Firmino a Pamplona, gridando "Al toro! A l toro!". Raccolta così una gran folla, snudarono le spade e svelarono i loro intenti al grido "viva il popolo e muoia Uguccione!" ^ l . E d il paragone con Pamplona non è del tutto peregrino, visto quel che dice il cronista: si trattava di un toro "molto bravo", con un'espressione muy castiza. Si ebbe un combattimento di più di un'ora intorno al palazzo di Uguccione, dove molti dei suoi furono uccisi. Ma il successo della rivolta fu assicurato soltanto prima dal ritardo nell'intervenire della "masnada", forte di ottocento uomini, e poi dall'accordo che il suo capitano concluse con i capi della ribellione, ai quali prestò giuramento di fedeltà. A mezzogiorno tutto era concluso Analogamente a quanto accadrà nel 1368 per il dogato di Giovanni dell'Agnello la rivolta non scoppiò a Lucca, bensì a Pisa. Ma la sollevazione fu possibile p e r c h é Uguccione, con quattrocento cavalieri, si era allontanato dalla città per recarsi a Lucca, con l'intento di deprimere l'ascesa sempre meno controllabile del suo principale sostegno lucchese degli anni precedenti, Castruccio Castracani. Questi aveva combattuto al suo fianco a Montecatini alla testa di truppe lunigianesi. L'Anonimo Muratoriano così scrive, infatti: "In questa battaglia ebbe grande onore Spinetto marchese e Castruccio deUi Interminelli da Lucca, lo quale venne con quaranta cavalieri e mille pedoni di Serezzana e della contrada" Ma Castruccio aveva subito dopo dato molti segni di indipendenza, sia orientandosi, tra i pretendenti all'impero, verso Federico I H anziché, come Uguccione, verso Ludovico il Bavaro, sia con i l tentativo di farsi una signoria personale in Lunigiana come vicario imperiale E perciò lo aveva fatto arrestare dieci giorni prima. Rimando il lettore alla illustrazione (qui riprodotta) che ac-

37

Ricordati d a C . F e r r i , Alcune considerazioni sulla vita civile e amministrativa del territorio lucchese al tempo di Castruccio Castracani, i n Castruccio cit., pp. 331-333.

38

A m p i a descrizione della battaglia si p u ò c o m u n q u e trovare n e l l ' A n o n i m o Muratoriano, coli. 994-996, in G . V i l l a n i , Cronaca, lib. I X , capp. 71 e 72, n e l p o e m a di R a n i e r i G r a n c h i , hb. I .

41

RJS, X V , coli. 996-997.

42

Si veda il racconto fatto dalla fonte e n e l luogo citato alla nota precedente.

43

RJS, X V , col. 996.

L'espressione è di Rossi Sabatini, Pisa cit., p. Sardo, Cronaca cit.

44

Basti qui il r i m a n d o alla bella voce di M . Luzzati, Castracani

39 40

80.

Castruccio, in Dizionario

Biografico degli

Italiani.

degli

Antelminelli


Studi monteFeltrani

18, 1 9 9 5

compagna, nel codice lucchese delle Croniche di Giovanni Sercambi, il capitolo 117, "Come Uguccione fu cacciato di Pisa e di Lucca" per ricostruire idealmente la situazione di Uguccione trovatosi con i l suo esercito tra Pisa ribelle e Lucca dove i seguaci di Castruccio lo avevano liberato e innalzato al potere come garanzia di indipendenza, come indicato dalle bandiere rosse, insegne comunali pisane, fatte rovinare giù dagli spalti mentre appaiono nuovamente innalzate quelle bianche e rosse di Lucca. Questa "composizione di luogo" - per usare un termine ignaziano destinato, in verità, a ben più alti esercizi - p u ò aiutarci a comprendere un po' meglio la debole reazione di Uguccione, che pure poteva contare in Pisa ancora su molti sostenitori, una parte dei quaU, del resto, continuò negli anni successivi a operare in favore di un suo ritorno. Alla difficoltà della situazione, alla violenza della sollevazione pisana bisogna anche aggiungere, probabilmente, la ricordata tristezza per la morte del figlio e quella, nuova, per la defezione della masnada, ma soprattutto, l'idea che una coalizione ghibellina poteva meglio essere formata e guidata recandosi nell'Italia settentrionale dove Cangrande della Scala poteva ora rappresentare un nuovo punto di riferimento. L'Anonimo Muratoriano ci narra che Uguccione venne informato della rivolta pisana mentre era a tavola a Lucca. Si levò, allora, "tutto furioso", per recarsi subito a Pisa. Ma quando giunse vide che la città era, almeno per i l momento, perduta. T o r n ò allora verso Lucca, ma anche qui gli eventi erano, sotto la guida di Castruccio, precipitati. Così rimase tra le due città, come ce lo rappresenta i l Sercambi Comunque, la cacciata di Uguccione venne vista a Firenze con sollievo ma anche come segno dell'ingratitudine dei pisani. I I Villani commenta sarcasticamente: "e questo fu i l guiderdone che lo ingrato popolo di Pisa rende a Uguccione della Faggiola che li aveva vendicati di tante vergogne" ^7. E d un documento pisano del 1318 conferma quanto diffuso fosse questo giudizio: riferendosi ad una rissa avvenuta dopo la cacciata di Uguccione tra Guido Spezzalasta ed alcuni fiorentini, la dice scoppiata p e r c h é questi ipsam expulsionem reprobabant et alia

45

C h e p o r t ò a n c h e alla distruzione della quasi totalità d e l l a d o c u m e n t a z i o n e cancelleria: cfr. Rossi Sabatini, Pisa cit., p. 80, n. 1.

46

Soltanto R a n i e r i G r a n c h i ci dice che U g u c c i o n e sarebbe riuscito a entrare in L u c c a , dove, i n pericolo di vita, sarebbe stato salvato p r o p r i o da Castruccio: cfr. R. G r a n c h i , De prceliis Tuscia, ed. C . M e l i c o n i , R o m a 1911, w . 274-392, per tutta l'ampia n a r r a z i o n e della cacciata di U g u c c i o n e . P e r l ' i n q u a d r a m e n t o del p o e m a cfr. M . T a n g h e r o n i , Rileggendo il Ve preliis Tuscie'.

47

Villani, Cronaca cit., lib. I X , cap. 98.

di

M. Tangheroni

Uguccione a Pisa e a Lucca

verba inepta inde dicebant contra bonum statum pisani comunis et populi L'accusa di ingratitudine nei confronti di colui che chiama i l Vincitore è del resto più volte formulata, contro i propri concittadini, anche dal poeta pisano Ranieri Granchi ^9. L o stesso Villani peraltro mostra di comprendere le prevalenti ragioni di politica interna che condussero, secondo quella interpretazione che ho dianzi fatta mia, alla caduta del regime uguccioniano allorché lo classifica come "tirannica signoria". E ' interessante osservare, a conferma delle prevalenti ragioni di politica interna della cacciata di Uguccione, quali sono le tre ragioni che animavano l'opposizione pisana contro di lui secondo il frate poeta Ranieri Granchi, spesso di diffìcile comprensione per la sua versificazione e il suo latino, spesso anche volutamente oscuro, ma probabile testimone di quegli eventi e appartenente a famiglia del ceto dirigente pisano. Esse sarebbero state la tirannide (cioè i l regime signorile), l'uccisione dei Bonconti e accordi segreti che stava trattando con Firenze. Che trattative di questo tipo fossero in corso non è, certo, provato ed io, per ora almeno, non ne sono convinto. Tuttavia, anche in rapporto alla sua inattività dopo la battaglia di Montecatini, di cui sopra ho fatto cenno, non si p u ò escludere che Uguccione stesse pensando alla conclusione di una pace con Firenze, nell'interesse del comune e del suo regime. Ma quel che invece appare credibile, ed in sintonia con la linea di politica estera seguita dai nuovi governanti, fedele, sostanzialmente e formalmente alla tradizione ghibellina di Pisa, è che tra le voci contro Uguccione ci fosse anche quella che egU si stesse accordando segretamente con Firenze. Allora, forse, anche quelle cridche fiorentine di cui si è detto potrebbero essere lette in ben diversa chiave.

48

Citato d a Rossi Sabatini, Pisa cit., p. 82.

49

A l l a fme del racconto della cacciata, il presunto salvatore della vita di U g u c c i o n e , Castruccio, gli avrebbe detto dei Pisani: gens ingrata nimis fuit natantum,

/ hoc cognosce,

semper, c o n riferimento alla i m p o s s i b i l i t à di fidarsi di gente di mare.

Queste parole sono messe i n b o c c a a Castruccio, m a nell'esordio del p o e m a , p r i m a allusivamente e poi, ai versi 20-22, direttamente Pisa è accusata di ingratitudine: Qualis palma fuit, qualis Victoria cives/ quam tulit ingratis Marchia 50

quam genuit titulatus de Fagiola.

C o m e provato d a Cristiani, Nobiltà

cit., pp. 303-306.

Ugucdo tunc

dominatus/


18, 1 9 9 5

Stwdi montefeltrani

S T R A L C I O DI G E N E A L O G I A DEI SIGNORI D E L L A FACIGIOLA

Taddeo di Casteldelci (1211)

I R;iiiifri di Casicliit'lc

Uguccione di Casteldelci

(1232)

(1232-12;Ì4)

Ranieri del i Faggiola (12521292)'

Ranieri di Casteldelci (1288)

I — Ugo (1293)

I Federico 1306]

r Ugiuxione della Faggiola (1250 ca. - 1319)

1 Ubertino (1293)

1— I-ondazz; (1298)

Ribaldo (1293-1308)

I

Paolozzo (1308)

Francesco

Uguccione (1322-1350)

Uguccione (1335)

Francesco (1355d378)

I

Ranieri di Casteldelci (1311)

Guitta di Ranieri (1313)

Neri (1315-1360)

(+1315)

Luf)

Nicolò (1369)

Sigillo di Francesco di Neri della Faggiola e genealogia dei signori della Faggiola (da F.V. Lombardi, Lo stemma araldico dei signori della Favola di Casteldelci, [Rimini] 1991)


Rino Avesani

Uguccione della Faggiola a Vicenza in una iscrizione sconosciuta di Antonio da Legnago


Studi monteFeltroni

18, 1 9 9 5

Nel combattimento memorabile della notte tra il 21 e il 22 maggio 1317, quando Cangrande sorprese i fuorusciti vicentini e veronesi, che con l'aiuto dei padovani e la complicità di alcuni cittadini intrinseci tentavano la riconquista di Vicenza entrando da Porta Berica, Uguccione della Faggiola era al suo fianco e comandava i mercenari tedeschi. L o scontro fu sanguinoso e decisivo per le sorti della città, come, concludendone i l racconto nella sua Historia, e non senza un'ombra di rimpianto, già avvertiva Ferreto de' Ferreti: "lux illa Pentecosten . X F . kalendas iunii memorabilis, longum patrie nostre conscribenda annalibus, exules Vicentinos irreparabili iactura delevit" \ Uguccione, che poco tempo prima era stato accolto in Verona con grandi onori, c o n t i n u ò a militare per Cangrande anche nella successiva aggressione contro Padova, cosicché i cronisti di quegli anni lo indicarono come "magister militum domini Canis" o "dux militie domini Canis" 2. Ma già durante il giugno 1317, nel corso delle inquisizioni che seguirono al combattimento di Porta Berica e durarono cinquantadue giorni, per fronteggiare più efficacemente le mire padovane Cangrande aveva anche nominato Uguccione podestà di Vicenza in luogo di Bailardino Nogarola: "tunc Canis Ugucionem ut Patavis verendus metum addat, ne ulterius in se male coniurent, ammoto Baylardino, pretorem designat, illique moderamen apud Vicentiam et sceptra permittit" ^. A lui si devono le due sentenze emesse il 13 lugUo, alla fine

1

2

3

Le opere di Ferreto de' Ferreti vicentino, a c. di C . Cipolla, I I , Roma 1914, p. 245; G . Sandri, Un "quatemus condempnationum communis Vincentie" e la sorte degli ultimi guelfi vicentini, nei suoi Scritti, a c. di G . Sancassani, Verona 1969, pp. 277-287 (riprodotto da "Archivio veneto", s. V, 23, 1938, pp. 179-213); G.M. Varanini, Vicenza nel Trecento. Istituzioni, classe dirigente, economia (1312-1404), in Storia di Vicenza, I I , L'età medievale, a c. di G. Gracco, Vicenza 1988, pp. 141-144; G. Arnaldi, Realtà e coscienza cittadine nella testimonianza degli storici e cronisti vicentini dei secoli XIII e XIV, ivi, pp. 336-337; la presenza di Uguccione nel combattimento di Porta Berica è ricordata dal Varanini, La signoria scaligera e i suoi eserciti. Prime indagini, in Gli Scaligeri, 12771387. Saggi e schede pubblicati in occasione della mostra storico-documentaria allestita dal Museo di Castelvecchio di Verona (giugno-novembre 1988), a c. di G.M. Varanini, Verona 1988, pp. 169-170. I l corpus degli Epigrammata di Antonio da Legnago a cui, come dirò, appartiene l'iscrizione su Uguccione della Faggiola che presento in queste pagine, è tra gli argomenti di una ricerca sui cicli degli Uomini famosi diretta dal Prof. S. Settis e finanziata dal M U R S T ; sul testo degli Epigrammata, che saranno presto pubblicati, ho discusso con vari amici, i cui contributi saranno indicati all'occasione. Varanini, La signoria scaligera cit., pp. 169-170; dell'accoglienza di Uguccione a Verona fa menzione P. Rigoli, L'esibizione del potere. "Curie" e feste scaligere nelle fonti cronistiche, in Gli Scaligeri cit., p. 150. Cosi Ferreto nella Historia (Le opere di Ferreto de'Ferreti cit., I I , pp. 245-246); Sandri, Scrìtti cit., p. 277.

R. Avesani

Uguccione a Vicenza

delle inquisizioni, l'una contro i rivoltosi intrinseci, che dopo cinquantadue giorni di torture furono impiccati, l'altra contro i contumaci ^. Portano il suo nome, inoltre, due ben note provvisioni, prese rispettivamente il 7 lugUo 1317 e il 4 luglio 1319, delle quali già fece conoscere il testo C. Troya. Sulle sue orme le ha riprese in esame F. Lampertico, sottolineando soprattutto l'importanza della seconda, con la quale si abolivano precedenti norme statutarie e si decretava che chi si macchiasse di omicidio, fatti salvi i casi di legittima difesa, o di omicidio compiuto "casu fortuito et sine dolo", o quello di coloro "qui interficerent aliquem bannitum p r ò homicidio", non potesse più conseguire un accordo con gli eredi del defunto e stabilire la tregua col Comune mediante il pagamento di un'ammenda, ma dovesse essere a sua volta giustiziato. Tale provvisione fu inserita negli Statuti comunali del 1339 K U n a nuova testimonianza sulla podesteria vicentina di Uguccione è fornita ora da uno dei brevi componimenti prosastici del cancelliere scaligero Antonio da Legnago traditi dal Vat. lat. 3134 (solo due di essi figurano anonimi anche in un codice Trivulziano), dove sono così intitolati: Epigramata quorundam nobilium dominorum, magnificorum regum et principum tunc temporis extantium vel de proximo defunctorum, eorum probitates, operationes et gesta brevi compendio declarantia, composita per egregium et facundum virum Antonium Gaiy de Consilio Dominorum de la Scala ^. 4 5

Sandri, Scrìtti cit., pp. 275-307. C . Troya, Del Veltro allegorico de' Ghibellini con altre scritture intomo alla Divina Commedia di Dante, Napoli 1856, pp. 58-60, 318-21; F . Lampertico, Uguccione della Faggiuola a Vicenza. Due documenti di diritto penale ed un verso della "Divina Commedia ". Lettera al Sen. Marco Tabarrìni ed al Prof Agenore Celli, nei suoi Scritti storici e letterarii, I I , Firenze 1883, pp. 139-162 (riprodotto da "Archivio storico italiano", s. I V , 5, 1880, pp. 31-44); ma v. già Id., Dei fatti d'arme combattuti al Palude e del vescovo Andrea de'Monti. Commento alla terzina 16 del c. IX del Paradiso e alla 38 del c. XVdell'Inferno, in Dante e Vicenza. XIV maggio MDCCCLXV, Vicenza 1865, pp. 78-85.

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Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 3134, ff. 92r-93r; R. Avesani, Il preumanesimo veronese, in Storia della cultura veneta, I I , Vicenza 1976, pp. 132-134, che utilizzo qui insieme alle pagine dedicate ad Antonio da Legnago (pp. 131-136). Solo i due epigrammata dedicati a Cansignorio e al card. Egidio Albornoz (non Colonna), si leggono anche, ma anonimi, nel Triv. 964, f. 14v: G.P. Marchi, "Valore e cortesia": l'immagine di Verona e della corte scaligera nella letteratura e nella memoria storica, in Gli Scaligeri cit., pp. 493 n. 4 1 , e ora Id., Intorno a Codino da Sommacampagna, in Gidino da Sommacampagna, Trattato e arte deli rithimi volgari. Riproduzione fotografica del cod. C C C C X L I V della Bibl. Capitolare di Verona. Testo critico a c. di G.P. Marchi e una nota musicologica dì E . Paganuzzi, Vago di Lavagnano (VR) 1993, p. 22 n. 31; ivi, pp. 21-22 è pubblicato Vepigramma su Cansinorio. Del f. 14v del cod. Trivulziano ho visto una fotocopia amichevolmente fornitami dallo stesso Marchi.


Studi montoFotrroni

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Si tratta di venti brevi testi, in cui sono illustrate la figura, le gesta (in un caso, un detto) di diciannove uomini illustri (vi sono due redazioni dell'epigramma per Carlo duca di Calabria), tutti, ad eccezione di Ezzelino da Romano, effettivamente contemporanei di Antonio da Legnago o scomparsi nella prima metà del Trecento. Figurano tra essi soltanto tre signori della Scala (Cangrande, Mastino I I e Cansignorio), ma numerosi sono coloro che già a prima vista risultano legati alla signoria scaligera. Forse p e r c h é visto in una prospettiva analoga a quella in cui lo aveva considerato Ferreto Ferreti, è compreso qui anche Ezzelino, definito sì quale tiranno spietato, ma di cui è tuttavia ricordata una esemplare decisione. Come ha dimostrato Giovanna Gianola, infatti, già celebrando Cangrande nel suo De Scaligerorum origine (che "risulta chiaramente congegnato come una risposta polemica all'attacco portato più di dieci anni prima da Albertino Mussato a Cangrande con la sua Ecerinis " ) , il Ferreti aveva intenzionalmente ridotto la figura di Ezzelino, demoniaca nel Mussato, "a dimensioni totalmente umane" e ciò naturalmente aveva portato come conseguenza "almeno l'attenuarsi dei colori più foschi dell'immagine del dranno della Marca, la cui caduta, nella macchina del poema, prepara e rende in un certo senso possibile l'ascesa del protagonista" ^. Pare certo che gli Epigramata siano stati pensati come iscrizioni da inserire in appositi spazi (forse dei riquadri, o cartigU), posti ciascuno sotto, o, comunque, accanto ad un ritratto del personaggio a cui il testo è di volta in volta dedicato, e viene spontaneo connetterli con la serie dei medaghoni che, secondo la tesdmonianza del Vasari, Altichiero dipinse nella sala grande del palazzo scaligero, in conformità a un modulo decorativo diffuso allora e ancor più in seguito nei palazzi principeschi e signorili e nei palazzi pubblici ^. Ma è rilevante

R, Avesani

che in questa serie veronese sia del tutto ignorato il repertorio di exempla proposti dalla letteratura giullaresca francese, dai quali trasse origine i l canone famoso dei NeufPreux (tre eroi pagani, tre ebrei e tre cristiani, cioè Ettore, Alessandro Magno, Giulio Cesare, Giosuè, Davide, Giuda Maccabeo, Artù, Carlo Magno, Goffredo di Buglione), al quale rinvia in parte la serie degli uomini famosi dipinti probabilmente da Giotto a Napoli in una sala della reggia di Roberto d'Angiò e illustrati intorno al 1360 dai sonetti di Giovanni da Firenze ^. E poiché, se vedo bene, e come dirò meglio in altra sede, i nostri Epigramata sembrano composd tra la fine dell'ottavo e l'inizio del nono decennio del Trecento, non è meno notevole la circostanza che a Verona sia ignorato anche l'esempio del ciclo degU eroi romani, che negli anni immediatamente precedentì alla stesura della nostra serie, o forse in parte negli stessi anni, cioè, come sembra, tra i l 1368 e l'inizio del 1379, era stato dipinto a Padova nel palazzo dei Carraresi su ispirazione del De viris illustribus del Petrarca, ciclo che tanta fortuna avrebbe avuto nel successivo sviluppo di quel modulo iconografico I l Vat. lat. 3134, che solo, come accennavo, conserva il breve testo relativo a Uguccione, è una grossa miscellanea di estratti e testi latini e in minima parte anche volgari, messa insieme e scritta per intero da F. Maturanzio relative al ciclo di Casa Baglioni a Perugia, ma ignorando la bibliografia precedente, è intervenuto G . Zappacosta, Francesco Maturanzio umanista perugino, Bergamo 1970, pp. 11-12 e 84 n., e II "Gymnasium" perugino e altri studi sull'umanesimo umbro (con testi inediti e rari), a c. di V . Licitra, Roma 1984, pp. 45 n. 22, 171-176 (edizione del testo) e 185 nn. 3 e 4; sugh epigrammi di Francesco da Fiano per Palazzo T r i n c i a Foligno v. ora R. Guerrini, Anthologia Latina 83155d Riese. Per un'edizione critica degli epigrammi di Francesco da Fiano (Sala degli Imperatori, Palazzo Trinci, Foligno), in "Materiali e discussioni per l'analisi dei testi classici", 20-21, 1988, pp. 329-342. 9

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G. Gianola, L'Ecerinide di Ferreto Ferreti: "De Scaligerorum origine", I , 119-455, in "Studi medievali", 25, 1984, pp. 201-236: ho citato dalle pp. 207, 233, 234 (a p. 234 è ricordato Vepigramma di Antonio da Legnago); Arnaldi, Realtà e coscienza cittadine cit., pp. 317-319.

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Avesani, // preumanesimo veronese cit., pp. 132-134; F . Pietropoli, / sottarchi dipinti da Altichiero nel palazzo di Cansignorio, in Gli Scaligeri cit., p. 319; Marchi, "Valore e cortesia"cit, p. 490; sulla tipologia e diffusione di questo modulo decorativo, M.M. Donato, Gli eroi romani tra storia ed "exemplum" [primi cicli umanistici di Uomini Famosi, in Memoria dell'antico nell'arte italiana, a c. di S. Settis, I I , / generi e i temi ritrovati, Torino 1985, pp. 97-152 ( a p . 100 è ricordato il ciclo veronese); C.L.JoostGaugier, Storia di un tema visivo come cultura umanista, in Validità perenne dell'umanesimo, a c. del Centro di studi umanistici "A. Poliziano", Fondazione Secchi Tarugi, Firenze 1986, pp. 141-155; M . Ciccuto, "Trionfi"e "Uomini illustri"fra Roberto e Renato d'Angiò, in "Studi sul Boccaccio", 17, 1988, pp. 343-402. Sulle ottave di

Uguccione a Vicenza

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Sul ciclo dei Nove Prodi, Donato, Gli eroi romani cit., pp. 97-103; per i l ciclo di Giotto a Castel Nuovo, il "ciclo più antico noto in Italia", ivi, p. 100 e 111, e Ciccuto, "Trionfi"e "Uomini illustri"cit., passim (a Napoli gli uomini famosi sono Salomone, Ettore, Achille, Enea, Sansone, Paride, Ercole, Alessandro Magno, Cesare); per l'attribuzione dei relativi sonetti a Giovanni da Firenze, noto anche come Malizia Barattone, F . Sabatini, Napoli angioina. Cultura e società, Napoli 1975, pp. 84, 103, 250 n. 141, 256 n. 203, 307-308 n. 141 e P. StoppeUi, Isonetti di Giovanni daFirenze (Malizia Barattone), in "FM. Annali dell'Istituto di Filologia moderna dell'Università di Roma", 1, 1977, pp. 189-221, che dei sonetti del giullare fiorentino fornisce anche l'edizione critica (pp. 194-201, il testo dei nove sonetti relativi ai "famosi huomini" di Castel Nuovo). Sul ciclo padovano, Donato, Gli eroi romani cit., pp. 103-124, che giustamente ne sottolinea il significato innovativo rispetto alla tradizione dei Neuf Preux, ma v. Ciccuto, "Trionfi"e "Uomini illustri"cit.; S. Skeri Del Conte, Petrarca ispiratore del ciclo pittorico della Sala del Ma^or Consiglio in Palazzo Ducale a Venezia, in "Lettere italiane", 44, 1992, pp. 51-52.


studi montofellrani

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Ramo Ramedelli a Mantova e praticamente sconosciuta prima che Augusto Campana vi scoprisse, tra l'altro, la lettera del Boccaccio a Donato degU Albanzani del 4 aprile 1365 Quanto a Ramo Ramedelli, già in precedenza noto come copista e miniatore, egli si qualificava "massarius camere" di Francesco Gonzaga nel 1392 e "pincerna et scriba" della corte di Margherita Malatesd nel 1398; figura più volte nei registri gonzagheschi, dove l'uldma menzione di lui è del 1430. Dopo tale data mancano sue notizie Vale la pena di ricordare che in una nota di spesa di Paola Malatesd del 9 settembre 1417 egli è menzionato come "seschalcus", quindi ancora con funzioni di rilievo, mentre un altro pagamento della marchesa del 25 ottobre dello stesso anno è desdnato "Ramo p r ò una lanterna[...] p r ò scribendo Donatum p r ò magnifico Ludovico, ac p r ò cera, corda privilegii et carta Corporis C h r i s d [ . . . ] " E da ciò si p u ò dedurre che lo stesso Ramo avesse avuto l'incarico di copiare un Donato per il giovinetto Ludovico Gonzaga, primogenito di Gianfrancesco e di Paola Malatesti. Sul suo conto si p u ò ancora avanzare un'ipotesi. Delle undici lettere del piccolo magistrato veronese Guglielmo da la Pigna pubblicate da Remigio Sabbadini, la seconda comincia: "Scio quidem, mi Rame, te ocii contemptorem et quibus in rebus ingenio uti valeas te libentissime operam dare". L'autore si rivolge a Ramo come a persona studiosa, chiedendogli di essere fatto partecipe dei risultati che egli consegue: "ut tuo mecum communices studio utque non tibi soli sed et mihi tua 11

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U n a prima notizia del codice in A. Campana, Poesie umanistiche sul castello di Gradara, in "Studi romagnoli", 20, 1969, pp. 503-504; ivi, pp. 504-515, il Campana pubblica dallo stesso codice u n carme i n lode del castello di Gradara e un'epigrafe, in sei esametri, sottoposta a un'immagine di Ettore "in guardacamera Magnifici Domini Domini Malateste de Malatestis" (come lo stesso Campana mi fa osservare, tale epigrafe fu scritta non già per la rocca di Gradara - secondo che egli riteneva quando la p u b b l i c ò - bensì per il palazzo malatestiano di Pesaro: S. Eiche, Architetture sforzesche, in Pesaro tra Medioevo e Rinascimento, Venezia 1989, p. 274). L a lettera del Boccaccio, segnalata e illustrata dal Campana nel Convegno boccacciano di Certaldo dell'ottobre 1965, è stata ora da lui pubblicata in G . Boccaccio, Tutte le opere, a c. di V. Branca, V 1, Milano 1992, pp. 738-742, con una sua nota editoriale, ivi, pp. 742-743. Anteriormente alla scoperta del Campana pare che i l codice sia stato citato a stampa solo da V . Forcella, Catalogo dei manoscritti riguardanti la storia di Roma che si conservano nella Biblioteca Vaticana, I , Roma 1879, p. 20 n. 6 1 , i l quale ricorda gli anonimi Sequela de Romanorum geslis dei ff. 7v-18v e De Romanorum gestis dei ff. 60v-62v (ff. 9v-20v e 64v-66v, non 67, secondo la vecchia numerazione in uso al tempo del Forcella). Campana, Poesie umanistiche cit., pp. 504, 508 e bibliografia ivi citata; ma, come dirò più avanti i n nota, un'altra notizia sul suo conto p u ò riferirsi ad anni posteriori. C . Cenci, / Gonzaga e i frati minori dal 1365 al 1430, in "Archivum Franciscanum historicum", 58, 1965, pp. 236 e 267.

R. Avesani

Uguccione • Vicenza

solers assiduaque studii cura prosit, has scribendas duxi"; e, dopo aver rilevato quale esempio e stimolo alla virtù e alla scienza abbia offerto il recente capitolo dei Domenicani, si diffonde in ascetiche considerazioni sulla nobiltà degli studi: chi l i coltiva, scrive, "non sidt non famet non friget, omnia possidet nihil habens". Ma naturalmente non gli sfugge che la mancanza di riconoscimenti induce molti ad altre attività: "Qui si ab urbium dominis premia caperent a popularibusque, quod semper fuit virtutis alimentum uberrimum, honorem admitterent, adeo virtutibus assuefacerent, ut alios Cicerones Virgilios et Senecas videremus" ^\ Identificando il capitolo domenicano menzionato da Guglielmo in uno dei due capitoli generah svoltisi a Bologna nel 1407 e nel 1410, il Sabbadini data rapidamente la lettera "1407-1410"; e ricorda inoltre che Guglielmo da la Pigna fu a Mantova nel 1416 in quaHtà di giudice vicario al seguito del podestà, che era i l suo concittadino Gian Nicola Salerno Se si considerano queste date e la rarità del nome del destinatario della lettera, viene spontaneo pensare a Ramo RamedeUi. Vero è che di lui non si conosce finora nessuna composizione, in prosa o in versi, che propriamente possa qualificarne la figura di studioso ma chi osservi anche solo la mole e varietà di letture da cui deriva il

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R. Sabbadini, Documenti guariniani, in "Atti e memorie dell'Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona", s. I V , 18, 1917, pp. 216-217. Sabbadini, Documenti guariniani cit, pp. 213, 216, 217, e Id., Epistolario di Guarino Veronese, I I I , Venezia 1919, p. 48; i l nome di Guglielmo da la Pigna, che era stato allievo di Guarino, compare di frequente ncWEpistolario: v. indici. Cinque lettere sue a Galeazzo Buzzoni, influente consigliere della corte mantovana, si conservano nell'Archivio Stato Mantova (Arch. Gonzaga, b. 2389): R. Zucchi, Ottonello Descalzi e la fortuna del "De viris illustribus", in "Italia medioevale e umanistica", 17, 1974, p. 488 n. 2; non sorprende se, come scrive G . Schizzerotto, Cultura e vita civile a Mantova fra 300 e '500, Firenze 1977, p. 86, "ben altro e di più si p u ò dire sull'attività del Ramedelli a Mantova". D i un suo "epystolaris sermo" in onore di Vittorino da Feltre ha lasciato notizia lo stesso Ramo Ramedelli, che nel suo zibaldone ( Vat. lat. 3134, f. 3a r) trascrisse un sonetto e un biglietto latino inviatigli in merito a questo suo sermone dal conte Ricciardo di Bagno, i l cui nipote Giovanfrancesco fu allievo di Vittorino: C . De' Rosmini, Idea dell'ottimo precettore nella vita e disciplina di Vittorino da Feltre e de' suoi discepoli... con k notizie su la vita e .su le opere del medesimo Rosmini, Milano 1845, p. 230. Scrive L . Passerini, CAiidi di Romagna, tav. V I (in P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano 1865) - anche i conti di Bagno, come mi ricorda Campana, appartennero a questa larghissima famiglia -, che Ricciardo di Bagno, mortogli nel 1431 il figlio Guido, "ch'era domiciliato a Mantova presso i suoi parenti Gonzaga", venne a Mantova "per assumere la tutela dei nipoti e vi pose egli pure stabilmente la sua sede". Se i due


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Vat. lat. 3134, "enorme miscellanea di tesd ed estratd classici, patrisdci, medievali e del primo umanesimo", per dirla con le parole del Campana non dovrebbe aver difficoltà ad ammettere che esse possano ben giustificare le parole del magistrato veronese. Se il desdnatario di questa lettera fosse realmente Ramo Ramedelli, Guglielmo da la Pigna potrebbe aver fornito in tutto o in parte i diversi tesd veronesi che Ramo trascrisse nel Vat. lat. 3134 Naturalmente, il fatto che Ramo abbia atteso per decenni a trascriversi estratd e tesd interi di vario genere, fino a riempire con la sua scrittura piuttosto minuta un codice di oltre cinquecento fogli di non piccolo formato non significa che fosse anche un filologo, o comunque uomo di studi rigorosi. Esaminando i l cod. Laur. Ashburn. 1014, in cui i l Ramedelh trascrisse VAfnca del Petrarca nell'edizione curata da Pietro da Parma, Vincenzo Fera ha rilevato che "la cultura di questo copista è assai modesta: egli ha spesso frainteso il testo e talvolta ha lasciato spazi in bianco nel mezzo del verso, forse per non aver saputo decifrare la scrittura dell'antigrafo" 20. I n effetd, anche nel Vat. lat. 3134 i testi presentano spesso corruttele e non mancano spazi vuod per parole che Ramo evidentemente non ha saputo leggere: è

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brevi scritti da lui rivolti a Ramo Ramedelli menzionati or ora risalissero all'epoca della sua dimora mantovana (e non a rapporti precedenti, come pure è possibile: si ricordi che Vittorino venne a Mantova nel 1423), essi rappresenterebbero la testimonianza p i ù tarda finora conosciuta sul Ramedelli. I l sonetto e il biglietto latino di Ricciardo ( i l cui omonimo nonno fu in corrispondenza col Petrarca) pubblico in Per il rimatore trecentesco Ricciardo dei conti Guidi di Bagno e il suo omonimo nipote, in Filologia umanistica. Per Gianvito Resta, in corso di stampa nella collana "Medioevo e umanesimo" dell'Editrice Antenore di Padova. Campana, in Boccaccio, Tutte le opere cit, V 1, p. 742. Dei vari testi veronesi traditi nel Vat. lat. 3134 insieme agli Epigramata di Antonio da Legnago, G . Billanovich, Terenzio, Ildemaro, Petrarca, in "Italia medievale e umanistica", 17, 1974, p. 2 n. 2, ricorda l'epitafio di Giacomino Robazzi e a p. 10 pubblica l'epitafio di Bonaventura da Santa Sofia, cancelliere di Cangrande. Rileva la presenza nel nostro codice del carme di Moggio Moggi a Giacomino Robazzi (edito da M . Vattasso, Del Petrarca e di alcuni suoi amici, Roma 1904, pp. 98400, in base al solo Vat. lat. 1680) lo Schizzerotto, Cultura e vita civile a Mantova cit., p. 86, che alle pp. 85-105 pubblica dal Vat. lat. 3134un manipolo di epitafi metrici di Andrea Painelli da Coito. I I Vat. lat. 3134 è di mm. 285x210, ff. 496 secondo la moderna numerazione meccanica, ma la numerazione antica di mano di Ramo Ramedelli, nell'angolo superiore destro del foglio, giunge a 513 (al centro del margine superiore vi sono tracce di un'altra numerazione antica, apparentemente relativa a un precedente assetto dei vari fascicoli); due riproduzioni della scrittura di Ramo in Campana, Poesie umanistiche cit., pp. 504 e 515. V . Fera, Antichi editori e lettori dell'"Africa", Messina 1984, p. 175 n. 1.

R. Avesani

Uguccione a Vicenza

anche vero, tuttavia, che tali spazi vuoti sono almeno anche indizio di modestia e di prudenza e che, per quanto riguarda il nostro codice, non conosciamo in quale stato fossero gli antigrafi che Ramo ha utilizzato. E d ecco Vepigramma su Uguccione della Faggiola, che trascrivo dal Vat. lat. 3134, f 92v, adeguando l'interpunzione all'uso moderno e correggendo i l testo dove necessario, ma conservando la grafìa del codice: De Ugutione de Faciola Recenseri quoque Ugutionis de Faciola iustissime sententie expetunt, qui, cum Cymbriace urbi p r ò eodem Canegrande presideret, unicum nepotem suum, quod adverso equi impetu (quem ad infaustum pueriliter cursum affixis calcaribus incitaver a t ) obvium fortasse iuvenem inopinanter extinxit capite multandum censuit, gratissimi salutem nepotis rectissime severitati digne postponens.

Dunque, mentre era podestà a Vicenza, Uguccione avrebbe giustamente anteposto agli affetd famigliari la severità della giustìzia e avrebbe condannato a morte il suo unico, carissimo nipote, che, avendo con poca prudenza incitato a correre i l suo cavallo, aveva in tal modo provocato la morte di un giovane che gli si era casualmente trovato davanti. Dell'episodio non ho trovato traccia presso i cronisti contemporanei e in ogni caso il racconto di Antonio da Legnago contiene almeno una notizia erronea. Risulta, infatti, dal Litta che entrambi i figli di Uguccione, Francesco e Neri, ebbero ciascuno due figU: Francesco ebbe Cassandra e Uguccione, mentre Neri ebbe Uguccione e Francesco. Posto anche che i figh di Neri, sposatosi nel 1317, siano nati dopo la podesteria vicentina di Uguccione, a quell'epoca erano certamente in vita e forse già grandicelli i figli di Francesco, morto il 1° settembre 1315. P u ò essere dunque che Antonio da Legnago, senza tener conto di Cassandra, alluda a Uguccione di Francesco? Ma anche questo nipote del vecchio condottiero, al pari degli altri, era ancora vivo dopo la 21

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"soceres" ms. (sopra la parola figura un segno di richiamo a forma di croce, col quale evidentemente si volle segnalare l'errore); cf. Vepigramma su Ezzelino da Romano {Vat. lat. 3134, f. 93r): "luvat Ecerini de Romano sanctissimam non preterire sententiam...". Risale al Ferreti l'ipotesi delle origini "cimbriche" dei "Vicentini" e quindi l'uso, che avrà larga diffusione in età umanistica, di indicare Vicenza come Cymbrìa o Cymbrìaca urbs: L . Gracco Ruggini, Storia totale di una piccola città: Vicenza romana, in Storia di Vicenza, I , Il territorio. La preistoria. L'età romana, a c. di A . Broglio e L . Gracco Ruggini, Vicenza 1987, p. 214, e v. pure Arnaldi, Realtà e coscienza cittadine cit., pp. 320 e 325. "incitaverat" G . Orlandi; "invitaverat" ms. "extinxit" M . De Nonno; "extitit" ms.



Stvdi montefeltrani

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morte del nonno ^s. E pertanto, escludendo in ogni caso che si possa parlare di un nipote unico, o la condanna del giovane Uguccione non ebbe seguito, oppure vittima del severissimo podestà fu un altro suo nipote, di cui (forse proprio p e r c h é morto ragazzo) non ci sono pervenute altre notizie. Se, con queste precisazioni, ammettiamo che l'episodio narrato da Antonio da Legnago sia realmente accaduto, si può ben immaginare che il suo ricordo fosse rimasto vivo nella memoria dei vicentini (e non solo di essi); forse Antonio da Legnago ne venne a conoscenza tramite suo padre, che a Vicenza nel 1376 era stato capitano scaligero ^e. E si potrà anche osservare che la delibera del vecchio podestà, il quale condanna a morte il suo unico nipote reo di aver commesso un omicidio "inopinanter", cioè senza volerlo, sembra più crudele che dura, tanto più se si considera che nella provvisione vicentina del 1319 sopra ricordata, presa proprio durante la podesteria di Uguccione, dalla pena capitale era escluso non solo chi avesse ucciso per legittima difesa, ma anche chi l'avesse fatto "casu fortuito et sine dolo", come appunto fece lo sventurato giovane. Si deve peraltro rilevare che, magnificando per lo più l'abilità bellica e le virtù morali degli uomini che egli celebra, in taluni casi Antonio da Legnago traccia di essi un ritratto complessivo, altre volte esemplifica le loro virtù riferendo particolari imprese, o (come nel caso di Uguccione) non comuni decisioni, o detti, in modo tale che i suoi Epigramata ricordano da vicino i Detti e fatti memorabili di Valerio Massimo; e verso tale opera, anzi, egli sembra talvolta debitore anche per quanto riguarda la struttura del periodo e le scelte lessicali. Ciò si potrebbe già spiegare considerando che in quel medesimo torno di tempo il maestro Marzagaia leggeva Valerio Massimo al giovane Antonio Della Scala ^\a c'è anche una testimonianza esplicita, b e n c h é 25

Litta, Famiglie cetebri italiane. Signori Della Faggiuola nel Montefeltro (tav. unica), Milano 1850; nulla aggiungono in proposito le voci di C. E . Meek, Della Faggiuola, Francesco, e Della Faggiuola, Uguccione, in Dizionario biografico degli Italiani, 36, Roma 1988, pp. 800- 801 e 804-808, e quella di F . Allegrezza, Della Faggiuola, Ranieri (Neri), ivi, pp. 801- 804.

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Biadego, Per la storia della cultura veronese nel XIVsecolo. Antonio da Legnago e Rinaldo da Villafi-anca. Nuove ricerche, in "Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti", 62, 2, 1902-1903, pp. 585-586. Su Marzagaia, Avesani, Il preumanesimo veronese cit., pp. 137-139, e ìd.,Verona nel Quattrocento. La civiltà delle lettere, Verona 1984, pp. 27-30; sulla sua opera principale, il De modemis gestis, utili le "schede" di M . Ruffo, Un culto contro la peste: S. Luigi IX, in Gli Scaligeri cit., p. 475, e di Varanini, Il "De modemis gestis" di Marzagaia: la corte e la tarda età scaligera nel ricordo di un testimone, ivi, pp. 550-551, e I d . , Maffei, Muratori e le fonti cronistiche veronesi (1723), ivi, p. 561.

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Uguccione a V k e n z a

indiretta, dell'interesse di Antonio per lo storico romano ed è dello stesso Marzagaia, del quale in anni recenti è riemerso il commento ai primi due libri di Valerio Massimo, seguito da un compendio dei libri rimanenti. L o scritto ci è pervenuto anonimo e anepigrafo nel cod. 303 della Biblioteca Comunale di Assisi, dove è stato identificato dal p. Cesare Cenci e indipendentemente da lui da Dorothy M. Schullian, che ne ha curato la presentazione per i l Catalogus translationum et commentariorum Per lo stile dell'autore e lo stato della tradizione, la dedica dell'opera è spesso oscurissima e talora incomprensibile, ma sembra certo che essa sia rivolta a uno Scaligero, giacché in un passo, peraltro corrotto, Marzagaia scrive: "o pie inter divos ac serenissime [ . . . ] , quod Scaliger divinitati consimiUs est", e, quindi, avviandosi alla conclusione prosegue: "Ideo aliquid, prout vires mese valuerunt, ad Valerli declarationem, quamquam et alii melius dixerint, vestrae majestati narrare proposui et quasquam disertissimo viro vestro Gaio Antonio corrigenda disposui, quae forte minus bene posita, permulta historicorum considerans...". Dunque, Antonio da Legnago, a cui l'autore si rivolge poi direttamente nel commento e il cui nome compare con quello del medesimo Marzagaia in una poco perspicua canzone che conclude il tutto, fu interpellato da Marzagaia, che gli sottopose la propria esposizione di Valerio Massimo, p e r c h é la correggesse e mettesse in ordine 29.

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Cenci, Bibliotheca manuscripta ad Sacrum Conventum Assisiensem, I I , Assisi 1981, pp. 520-21; D.M. Schullian, Valerìus Maximus, in Catalogus translationum et commentariorum: Mediaeual and Renaissance Latin Translations and Commentaries. Annotated Lists and Guides, V, ed. F . E . Cranz, P.O. Kristeller, Washington 1984, pp. 344-347. Schullian, Valerìus Maximus cit., pp. 345-347, da cui ho riportato i passi di Marzagaia ritoccando la punteggiatura. L a Schullian sembra restare dubbiosa sulla data di composizione del commento e conseguentemente sulla identificazione del dedicatario e del "Gaius Antonius" che vi è nominato: " I f it ( i l commento) was set down at the time of the lessons, the reference in the dedication to impending blindness, if literal, is striking. If, on the other hand, it was set down in the early decades of the fifteenth century, when Marzagaia was stili writing, it could not bave been dedicateti to Antonio della Scala, and the references to the 'very learned' Gaius Antonius, to whom Marzagaia submitted it for correction and who is mentioned in the dedication, in the work itself, and in the canzone, cannot be to Antonius de Gaio of Legnago who died in 1384 [ . . . ] " (p. 345). L'accenno di Marzagaia alla cecità è il seguente: "Quid obesse liquet ut mihi, cui caacitas imminet, non minuenda vestri divina claritas elucescat?" (p. 345), ed è inserito in un contesto che poco aiuta ad intenderlo. Tuttavia, considerando che la "caecitas" dell'autore è posta in relazione con la "divina claritas" del dedicatario, nonostante la scarsa intelligibilità dell'insieme, sono propenso a ritenere che non si tratti di cecità fisica (che si dovrebbe intendere comunque parziale), ma di una non sorprendente professione di modestia e che i l commento risalga effettivamen-


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Forse non a caso nella serie dei nostri Epigramata a quello su Uguccione della Faggiola ne seguono immediatamente altri due di argomento analogo, l'uno sul poco noto Simone de Spatis, l'altro su Paganino da Bizzozzero, lodad entrambi p e r c h é in nome della giustizia non esitarono a condannare a morte un proprio figlio Poiché anche per quesd due casi mancano per ora riscontri in altre fond, è impossibile sapere se ed eventualmente in quale misura i tre raccond tramandino episodi realmente accaduti. Certo è, comunque, che nel loro insieme essi si trovano in perfetto parallelismo con il cap. 8 del libro V di Valerio Massimo, De severitate patrum in liberos. Trattandosi qui di Uguccione della Faggiola, si p u ò ancora ricordare che nei suoi Rerum memorandarum libri il Petrarca, dopo avere riferito che il signore ghibellino era stato accolto con magnificenza a Verona da Cangrande, racconta come proprio alla mensa scaligera Pietro Nani gli avesse inferto una feroce stoccata Ugutio etate nostra multis actus fortune tempestatibus, ad aulam tandem memorati Canis Magni veronensis, velut in portum aliquem, fessus senex appulit; ubi magnifìce exceptus - quod in illa domo precipuum erat - non hospitis sed parentis locum tenuit. Orta tamen, ut fu super mensas, semel edendi mentione, cum multi magni comestores referrentur ab aliis, expectantibus ut Ugutio ipse, qui inter maximos habebatur, de se aliquid loqueretur, cepissetque vir immensi corporis de esu suo in etate iuvenili quedam incredibilia narrare, Petrus Nanus, qui in eadem Canis aula sapientia Celebris sed mordax habebatur, respondisse traditur: "Minime quidem miror hec que dicis, cum maiora sileas, que taraen scimus: Pisas ac Lucam uno prandio comedisti". Pungends ioci cuspidem transfixisse senis animum reor: constans enim est opinio potuisse die ilio quo de dictarum civitatum dominio pulsus erat vulgi tumultum comprimi sì e convivio surrexisset.

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te all'ultima età scaligera e il "«very learned» Gaius Antonius" sia Antonio da Legnago. Come si sottoscrive in un documento del 26 luglio 1369, in cui si dichiara "publicus imperiali auctoritate notarius et praefati magnifici Cansignorii de la Scala scriba", Antonio era "filius domini Johannis dicti Gay de Leniaco"; Marzagaia lo ricorda con il soprannome del padre anche nel De modemis gestis: Biadego, Un maestro di grammatica amico del Petrarca (Rinaldo Cavalchini da Villa/ranca), in "Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti", 58, 2, 1898-1899, pp. 262-265. Valga questa opinione come contributo ai "various problems" di cui la Schullian - come lei stessa scrìve - avrebbe voluto mi occupassi in un momento in cui ciò era per me impossibile: ma rimane vivo il rammarico di non aver potuto allora collaborare con lei, studiosa discreta e dottissima, che sull'esempio del suo maestro B . L . UUman aveva stretto fedele, duratura amicizia con p i ù di uno studioso italiano. Vat. lat. 3134, f. 92v. F . Petrarca, Rerum memorandarum libri, ed. critica per c. di G . Billanovich, Firenze 1943, pp. 99-100.

R. Avesani

Uguccione a Vicenza

Come è noto, l'opera del Petrarca rimase incompiuta e cominciò a diffondersi solo dopo la morte dell'autore ed è perciò del tutto improbabile che Antonio da Legnago l'abbia avuta tra le mani. Si p u ò tuttavia presumere che l'episodio circolasse a Verona indipendentemente dall'opera petrarchesca e che, mentre i l Petrarca intendeva mettere in riUevo l'ingegno acuto e pronto di Pietro Nani, dell'episodio da lui narrato colpisse già allora soprattutto l'attaccamento di Uguccione al mangiare e al bere tanto smodato che per esso perdette come uno stolido le due città. Certo è che nella prima metà del Cinquecento Paolo Giovio riferirà l'episodio nel suo elogium di Uguccione per sottolineare la condizione umiliante in cui egli era caduto, sì da essere considerato "tanquam admirabile insolentis Fortunae documentum". Non a caso nel racconto del Giovio figurano alcuni particolari che mancano in quello del Petrarca (dal Giovio peraltro non citato), con il risultato che la figura di Uguccione scade nel ridicolo e diventa più caustica la battuta di Pietro Nani Fuit apud Canem summo in honore Uguccio spectabaturque procerus et ventricosus senex tyrannico vultu ferociam retinens, tanquam admirabile insolentis Fortunae documentum, quum paulo ante rerum bello gestarum fama illustris, semihorae momento geminati principatus fastigio praeceps datus, et miserabilis et ridendus evasisset. Ad eam enim calamitatem Fortuna immitis id quoque adiecerat, ut contemptus mordacibus dicteriis incesseretur: ut tum accidit quum in convivio Canis de edacibus illato sermone loqueretur, et Uguccio se iuvenem quaternos altiles capos et totidem perdices, assos item haedi clunes, et elixum vitulae infarctum pectus, praeter salsamenta, recta in coena exedere solitum narrarci; Petrus Navus e convivio vir salsus: "non est - inquit - Uguccio cur haec a te iuvene comesta multum admiremur, postquam senex, nec piane dentibus instructus, duas urbes integras uno prandio absumpseris". Erat enim fama Uguccionem si ab inchoato prandio temperasse!, satis in tempore ad sedanda nascentis tumultus initia Pisas regredì, et utramque urbem sibi incolumem servare potuisse.

Alcuni decenni più tardi, l'erudito recanatese Francesco Angelita, in quella sua "Opera non meno ripiena di dottrina, che di piacere" (come recita i l sottodtolo), che sono Ipomi d'oro, a proposito dei danni provocad all'uomo dall'incontinenza nel mangiare e nel bere, prima ricorda naturalmente che "anche i Lacedemoni solevano sovente porre innanzi gli ubbriachi alla gioventù: accioché vedendo ì strani lor gesd,

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Billanovich, in Petrarca, Rerum memorandarum cit., pp. X I - X V I . P. Giovio, Gli elogi degli uomini illustri (letterati - artisti - uomini d'arme), a c. di R. Meregazzi (P. lovii Opera, V I I I ) , Roma 1972, pp. 276-277; "Navus" dell'ed. sarà errore di stampa per "Nanus".


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Forse non a caso nella serie dei nostri Epigramata a quello su Uguccione della Faggiola ne seguono immediatamente altri due di argomento analogo, l'uno sul poco noto Simone de Spatis, l'altro su Paganino da Bizzozzero, lodad entrambi p e r c h é in nome della giustizia non esitarono a condannare a morte un proprio figlio ^o. Poiché anche per quesd due casi mancano per ora riscontri in altre fond, è impossibile sapere se ed eventualmente in quale misura i tre racconti tramandino episodi realmente accaduti. Certo è, comunque, che nel loro insieme essi si trovano in perfetto parallelismo con il cap. 8 del libro V di Valerio Massimo, De severitate patrum in liberos. Trattandosi qui di Uguccione della Faggiola, si p u ò ancora ricordare che nei suoi Rerum memorandarum libri il Petrarca, dopo avere riferito che il signore ghibellino era stato accolto con magnificenza a Verona da Cangrande, racconta come proprio alla mensa scaligera Pietro Nani gli avesse inferto una feroce stoccata Ugutio etate nostra multis actus fortune tempestatibus, ad aulam tandem memorati Canis Magni veronensis, velut in portum aliquem, fessus senex appulit; ubi magnifìce exceptus - quod in illa domo precipuum erat - non hospitis sed parentis locum tenuit. Orta tamen, ut fit super mensas, semel edendi mentione, cum multi magni comestores referrentur ab aliis, expectantibus ut Ugutio ipse, qui inter maximos habebatur, de se aliquid loqueretur, cepissetque vir immensi corporis de esu suo in etate iuvenili quedam incredibilia narrare, Petrus Nanus, qui in eadem Canis aula sapientia Celebris sed mordax habebatur, respondisse traditur: "Minime quidem miror hec que dicis, cum maiora sileas, que tamen scimus: Pisas ac Lucam uno prandio comedisti". Pungentis ioci cuspidem transfixisse senis animum reor: constans enim est opinio potuisse die ilio quo de dictarum civitatum dominio pulsus erat vulgi tumultum comprimi si e convivio surrexisset.

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te all'ultima età scaligera e i l "«very learned» Gaius Antonius" sia Antonio da Legnago. Come si sottoscrive in un documento del 26 luglio 1369, in cui si dichiara "publicus imperiali auctoritate notarius et praefati magnifici Cansignorii de la Scala scriba", Antonio era "filius domini Johannis dicti Gay de Leniaco"; Marzagaia lo ricorda con il soprannome del padre anche nel De modemis gestis: Biadego, Un maestro di grammatica amico del Petrarca (Rinaldo Cavalchini da Villafranca), in "Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti", 58, 2, 1898-1899, pp. 262-265. Valga questa opinione come contributo ai "various problems" di cui la Schullian - come lei stessa scrive - avrebbe voluto mi occupassi in un momento in cui ciò era per me impossibile: ma rimane vivo il rammarico di non aver potuto allora collaborare con lei, studiosa discreta e dottissima, che sull'esempio del suo maestro B . L . Ullman aveva stretto fedele, duratura amicizia con p i ù di uno studioso italiano. Vat. lat. 3134, f. 92v. F . Petrarca, Remm memorandarum libri, ed. critica per c. di G . Billanovich, Firenze 1943, pp. 99-100.

R. Aveioni

Uguccione a Vicenza

Come è noto, l'opera del Petrarca rimase incompiuta e cominciò a diffondersi solo dopo la morte dell'autore ed è perciò del tutto improbabile che Antonio da Legnago l'abbia avuta tra le mani. Si p u ò tuttavia presumere che l'episodio circolasse a Verona indipendentemente dall'opera petrarchesca e che, mentre i l Petrarca intendeva mettere in rihevo l'ingegno acuto e pronto di Pietro Nani, dell'episodio da lui narrato colpisse già allora soprattutto l'attaccamento di Uguccione al mangiare e al bere tanto smodato che per esso perdette come uno stolido le due città. Certo è che nella prima metà del Cinquecento Paolo Giovio riferirà l'episodio nel suo elogium di Uguccione per sottoHneare la condizione umiliante in cui egli era caduto, sì da essere considerato "tanquam admirabile insolentis Fortunae documentum". Non a caso nel racconto del Giovio figurano alcuni pardcolari che mancano in quello del Petrarca (dal Giovio peraltro non citato), con il risultato che la figura di Uguccione scade nel ridicolo e diventa più causdca la battuta di Pietro Nani Fuit apud Canem summo in honore Uguccio spectabaturque procerus et ventricosus senex tyrannico vultu ferociam retinens, tanquam admirabile insolentis Fortunae documentum, quum paulo ante rerum bello gestarum fama illustris, semihorae momento geminati principatus fastigio praeceps datus, et miserabilis et ridendus evasisset. Ad eam enim calamitatem Fortuna immitis id quoque adiecerat, ut contemptus mordacibus dicteriis incesseretur: ut tum accidit quum in convivio Canis de edacibus illato sermone loqueretur, et Uguccio se iuvenem quaternos altiles capos et totidem perdices, assos item haedi clunes, et elixum vitulae infarctum pectus, praeter salsamenta, recta i n coena exedere solitum narraret; Petrus Navus e convivio vir salsus: "non est - inquit - Uguccio cur haec a te iuvene comesta multum admiremur, postquam senex, nec piane dentibus instructus, duas urbes integras uno prandio absumpseris". Erat enim fama Uguccionem si ab inchoato prandio temperasset, satis in tempore ad sedanda nascentis tumultus initia Pisas regredì, et utramque urbem sibi incolumem servare potuisse.

Alcuni decenni più tardi, l'erudito recanatese Francesco Angehta, in quella sua "Opera non meno ripiena di dottrina, che di piacere" (come recita il sottodtolo), che sono Ipomi d'oro, a proposito dei danni provocati all'uomo dall'incontinenza nel mangiare e nel bere, prima ricorda naturalmente che "anche i Lacedemoni solevano sovente porre innanzi gli ubbriachi alla gioventù: accioché vedendo i strani lor gesd,

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Billanovich, in Petrarca, Rerum memorandarum cit., pp. X I - X V I . P. Giovio, Gli elogi degli uomini illustri (letterati - artisti - uomini d'arme), a c. di R. Meregazzi (P. lovii Opera, V i l i ) , Roma 1972, pp. 276-277; "Navus" deli'ed. sarà errore di stampa per "Nanus".


Sfudi montefelln

18, 1995

da sì brutto vitio si astenesse", ma subito dopo, seguendo fedelmente il racconto del Giovio (da lui non nominato), così prosegue E ne' tempi p i ù freschi Ugoccione della fagiuola non perde due nobili città, cioè Pisa, e Lucca per non perdere un desinare? Percioché, havendo avviso della ribellione di Pisa, non volse lasciar il mangiare per ire a rimediarvi, i l che fu cagione, che ribellandosi i Lucchesi, anch'eglino lo cacciarono di Stato: onde egli riparatosi in casa di Cane della Scala signor di Verona, una volta, che si vantava, che quando egli era giovane, si mangiava in una cena due paia di capponi grassi, altrettante starne, un quarto di capretto arrosto, e un petto di vitella ripieno a lesso, li fu acutamente risposto non è maraviglia, Ugoccione, che essendo tu giovane tanto mangiassi, posciaché essendo vecchio, e di denti mal fornito, due città intere in un sol pasto ti hai divorato.

Non è provato, ma non si p u ò neppure escludere che Antonio da Legnago avesse presente il discredito che quest'episodio gettava sulla memoria di Uguccione e intendesse tacitamente opporvisi, esaltando la virtù integerrima di quest'uomo famoso, che combattendo e governando per Cangrande aveva fino all'uldmo servito fedelmente il più grande tra i signori Della Scala. Antonio da Legnago fu ucciso il 30 marzo 1384 ed aveva attirato su di sé un tale odio, che il suo corpo fu tagliato a pezzi. Si trattò forse di una vendetta di corte, ma Conforto da Costozza, fratello del corrispondente del Petrarca Enrico Pulice, così malediceva i funzionari scaligeri, che, come egli stesso aveva sperimentato, gravavano odiosamente la mano su Vicenza: "Et o sic proveniat ceteris similibus ex consiliariis, ut evenit uni, super omnibus nequam, qui iugulatus ferro, divisus fuit in frusta, nomine Antonius de Leniatico, cancellarius curie" Sulla sua tomba in Santa Eufemia fu collocato un epitafio composto di sei esametri rimati, in cui per prima cosa, cioè nel primo verso, si presenta un uomo che ha costruito con le sue mani la propria fama ("Hic situs ofTiciis celebrem se grandibus egit"); e procedendo, prima di ricordare il proprio amore per le lettere e i libri degli antichi, il defunto precisa che o p e r ò con equità, in modi leciti e legittimi, fu consigliere degU Scaligeri ed ebbe la capacità di piegare la fortuna e di sottoporre il suo animo alla ragione Visto il giudizio di Conforto 34 35

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G.F. Angelita, T pomi d'oro, Ricanati 1607, pp. 178-179, che leggo nella ristampa fotostatica Con introduzione e note di F . Foschi, Recanati 1978. Conforto da Costoza, Frammenti di storia vicentina (aa. 1371-1387), ed. C . Steiner (Ris\m 1), Città di Castello 1915, pp. 31 e 57-58; Billanovich, Dal Livio di Raterio (Laur. 63,19) al Livio del Petrarca (B.M., Mari. 2493), in "Italia medioevale e umanistica", 2,1959, p. 161 e Id., La tradizione del testo di Livio e le orioni dell'umanesimo, I , Padova 1981, p. 270. L'epitafio è stato stampato più volte: vedilo in Marchi, Giacomino Robazzi e Antonio da Legnano, in "Italia medioevale e umanistica" 17, 1974, p. 511.

R. Aveiani

Ugucciof» a Vicenza

da Costozza, che verosimilmente avrà avuto il consenso di moki, è difficile immaginare che dopo la morte di Antonio da Legnago qualcuno, posto che lo ritenesse giusto, abbia avuto il coraggio di scrivere per lui questo epitafio. Anche perciò, e nonostante la povera vanità dell'ultimo verso, in cui, se ha ben visto il Marchi, l'autore si rivolge alla patria di Antonio, compiangendola p e r c h é la morte ha tolto di mezzo i l suo concittadino più illustre, sembra assai probabile che si tratd di un autoepitafio ^\e non in "un momento di profondo scoramento", come sembra ritenere il Pelaez si p u ò immaginare che Antonio l'abbia scritto avendo ben presente quanto si pensava e diceva sul suo conto e quindi con la precisa intenzione di dare egli stesso su di sé un proprio giudizio per i posteri. Dopo la sua morte, qualcuno (forse il padre) fece celebrare delle messe per la sua anima nella chiesa di Santa Maria della Scala E qualcuno, in un epitafio che ci è pervenuto anonimo nel cod. 170 della Biblioteca Comunale di Treviso, immaginò che Antonio, implicitamente riconoscendo nella sua eccessiva durezza la causa della sua morte, ricordasse al lettore il suo caso, esortandolo con tono fraterno alla dolcezza '^^\ Epitafium^^ Anthonii Gai scribe dominorum de la Scala Anthonius Gai celato cesus ab hoste hic cubo, Scaligeris cautus amicus heris. Magnus eram durusque nimis; dulcescere fratres, discite dent vobis nostraque facta modum.

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Marchi, Giacomino Robazzi, cit., p. 513; Avesani, Il preumanesimo veronese, cit., p. 136. M . Pelaez, L'epitaffio di un grammatico veronese (Nota scaligera), in "Bulletdno delrisdtuto storico italiano per i l Medio Evo e Archivio Muratoriano", 52, 1937, p. 89. Biadego, Per la storia della cultura veronese cit., p. 606 n. 3. Treviso, Bibl. Comunale, cod. 170, f 127r, di cui ho visto una fotocopia gentilmente fornitami dal Direttore della Biblioteca, dr. Emilio Lippi, che ha anche controllato per me sul codice la lettura di una parola. Sul codice v. ora C . Griggio, in F . Barbaro, Epistolario, I , La tradizione mano.scritta c a stampa, a c. di C . G., Firenze 1991, p. 301; alla bibliografia ivi indicata si possono aggiungere G . Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intomo la vita, e le opere degli scrittori viniziani, I , Venezia 1752, p. 324, e A . Zeno, Lettere, I , Venezia 1785, p. 187, indicatimi dal dr. Lippi, il quale inoltre, con lettera dell' 11 febbr. 1987, mi fa sapere che "il codice appartenne alla Biblioteca dei Padri Eremitani di Padova e quindi al bibliofilo Jacopo Capitanio (donde alla Comunale)", secondo una trafila identica a quella percorsa dal cod. 43 della medesima Biblioteca Comunale, sul quale v. Lippi, Su un autografo di Giovanni Sabadino degli Arienti, in "Studi trevisani. Bollettino degli istituti di cultura del Comune di Treviso", 2, 4, 1985, pp. 117-126. "Ephitafium" ms. "dulcescere" P. Garbini; "duscescere" ms.


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L'eccessiva durezza che qui Antonio riconosce a sé stesso ricorda agevolmente quella di Uguccione della Faggiola e di altri uomini celebrati negli Epigramata e il cui esempio forse effettivamente influì sul di lui comportamento. Comunque sia, questo nuovo epitafio sembra indicare che almeno qualcuno tra i contemporanei, pur dissentendo apertamente da lui, ma forse anche dai suoi nemici ("celato cesus ab hoste"), ne riconobbe la statura, quasi rammaricato per quel suo atteggiamento che gli aveva procurato la morte.

Studi e ricerche


Dino Pai oni

Le fasi costruttive della di Santagata Feltria. Osservazioni e ipotesi


Studi montefeltrani

18, 1995

Prima di iniziare la trattazione del divenire storico del castello di Santagata (fig. 1 ) è opportuno definire chiaramente i limiti della presente relazione: essa è basata quasi esclusivamente sulla lettura della struttura muraria, e ciò sia per l'incompetenza di chi scrive in campo storico sia per consolidato metodo di lavoro; le varie fasi non vengono perciò attribuite a specifici momenti storici, ma solo delineate in termini di successione costruttiva. Poiché si è proceduto per analogia con altri fortilizi, vengono a volte suggerite datazioni basate esclusivamente su considerazioni tipologiche, che non hanno valore probatorio se non come termini post quem. Naturalmente la lettura del tessuto murario è stata fortemente limitata dalla impossibilità di assaggi sulle strutture e dalla presenza dell'intonaco che impedisce una piena osservazione, ma ha comunque portato ad alcune ipotesi che sì spera possano essere in futuro di aiuto ad altri studi più compled, in dialogo con le fond archivisdche. Come ultima avvertenza ed ammissione va detto che le planimetrie utilizzate sono del tutto indicative, essendo basate su una collazione di estratti catastali, dalla precisione quantomeno sospetta. Depurazione della pianta dalle superfetazioni Il muro o-p e la retrostante area, evidenziata in tono più scuro nella fig. 2, sono stati aggiunti in epoca molto tarda, come si rileva dalle seguenti constatazioni: 1) i tre muri interni sono di spessore molto rilevante, adeguato ad esigenze di difesa; 2) il beccatellato della torre prosegue entro il corpo di fabbrica e ai due lati si trovano beccatelli angolari, e da quello corrispondente alla lettera "p" parte un filo di spigolo che giunge fino a terra; 3) al piano terra dell'attuale interno del corpo di fabbrica in questione si vedono i tre muri interni foggiati a scarpa e con segni di degrado tali da far ritenere che siano stati a lungo a cielo aperto; 4) entro lo spazio ora coperto si trova il campo di tiro di un cannoniera, il che fa pensare che all'epoca della realizzazione della cannoniera stessa quest'area si trovasse all'esterno del perimetro difeso; 5) le scarpe dei corpi laterali si inoltrano nel corpo in questione. Anche il paramento q-r e l'area retrostante sono di aggiunta recente, valendo per essi le considerazioni di cui ai punti 1, 2 e 5. L a fronte del castello presentava quindi due gole oggi non più avvertibili, delle quah quella dietro il muro o-p molto profonda. Tentiamo ora di proporre uno schema plausibile delle fasi di formazione del castello, che come quasi tutti gli impianti fortificati è frutto di numerosi interventi.

D. Palloni

Le Fasi costruttive dalla rocca di Santogata Fellria

Primo impianto. Segni del recinto primitivo Alcune discontinuità nelle murature visibili dall'esterno del castello si combinano con gli spessori murari per convalidare l'ipotesi che il fortilizio all'origine fosse configurato come un recinto pressoché quadrato ( fig. 3 ) : in corrispondenza degli spigoli B e C si notano dall'esterno i fili angolari primitivi e lo spessore dei muri A B e AD è rispettivamente di 1,40 e 2 metri, cioè più che adeguato a murature esterne nel primo periodo medievale, con lo spessore maggiore nella direzione da cui più facile era l'approccio. L a giacitura del lato CD è del tutto ipotetica p e r c h é non si trovano discontinuità nelle pareti della galleria successivamente praticata alla base del puntone massiccio: ciò si potrebbe spiegare con la precedente distruzione di tale lato, ma la cosa in verità non è del tutto soddisfacente. U n importante indizio a favore delle coincidenza del primitivo impianto con la corte attuale è che ivi si trovano le predisposizioni per le scorte alimentari dell'intero castello: la cisterna per la raccolta dell'acqua (fig. 4 ) , ancora con i canali adduttori realizzati con tegole canale sovrapposte, e la fossa da grano. L a porta originale potrebbe essere stata quindi quella da cui si accede attualmente alla corte, ipotesi avanzata a causa dell'accurata esecuzione della ghiera ( fig. 4 ) , improbabile in un passaggio interno, ma corrente per gli ingressi principali e resa ancor più plausibile dallo sfalsamento assiale tra l'apertura in questione e l'androne del corpo antistante; le tracce di apertura che si trovano al di sopra dal lato del cortile potrebbero rappresentare l'accesso ad una plausibilissima bertesca sopra la porta stessa. L a tipologia che si evidenzia è quindi quella del castello recinto proposta da Perogalh ^ Castelli recinto o castelU torre in zona non mancano; per citare solo i più vicini nomineremo Petrella Guidi, esemplare per chiarezza ed essenzialità dell'impianto planimetrico, Bascio,

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C . P e r o g a l l i , Il tipo del castello-recinto sul lago di Como in particolare, i n A a . w . , Lefortificazioni del lago di Como, C o m o s. d . E s s e n z i a l i i n d i c a z i o n i b i b l i o g r a f i c h e s u l t e m a d i q u e s t o i n t e r v e n t o (svolto i n o c c a s i o n e d e l c o n v e g n o t e n u t o a S a n t a g a t a F e l t r i a i l 12-13 s e t t e m b r e 1987 s u " I l r e t t o r a t o d i S a n t ' A g a t a F e l t r i a f r a X I I e X V I I I s e c o l o " ) : F . M a n c i n i , W . V i c h i , Castelli rocche e torri di Romagna, Forlì 1959; A . N a t a l i {-d cura), meravigliosa. Castelli e fortificazioni,

Italia

M i l a n o 1974; D . P a l l o n i , Prime ipotesi sulle fasi di

costruzione del castello di Santagata Feltria, i n M . M a u r o , Castelli rocche torri cintefortificate delle Marche, v o i . I , A n c o n a 1992^; F . T o m b a r i , I castelli nella provincia diPesaro e Urbino, P e s a r o 1964; G . V o l p e , Rocche e fortificazioni

del ducato di Urbino, F o s s o m b r o n e 1982;

I d . , Francesco di Giorgio. Architetture nel ducato di Urbino, M i l a n o 1 9 9 1 ; G . Z a v a g l i , LIV viaggio di studio alle rocche malatestiane di Romagna, R i m i n i 1 9 7 7 .


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fasi costruttive dello rocca di Santagata Feltricj

1 Come molti altri castelli, la rocca di Santagata rivela la sua storia soprattutto quando si osservano i lati che si affacciano sugli strapiombi rocciosi, sia perché ci si è meno curati di rendere II paramento omogeneo allo vista, sia perché le impalcature sono di posa più difficile e pericolosa. Nell'immagine si vede chiaramente la discontinuità tra la parte beccatellato ed il precedente corpo di fabbrico , a sinistra. La precedenza cronologica di una porte rispetto all'altra è inequivocabilmente marcata dalla presenza dell'indentatura angolare sul lato più antico.

2 Le aree più scure dietro i segmenti o_p e q_r marcano il sedime di superfetazioni aggiunte ben oltre il periodo medievale. La persistenza d'uso di molti castelli è spesso dovuta alla lunga durata delle entità proprietarie: stati nazionali, signorie regionali poi confluite nel demanio statale e grandi famiglie, i cui beni, anche in caso di estinzione, vengono spesso accorpati al patrimonio di altre grandi famiglie. Questo ha preservato molti castelli dalla rovina, ma per contro li ho alterati profondamente, a causa delle innumerevoli modifiche apportate nel corso dei secoli. L'analisi della vicenda muraria si prefigge lo scopo di determinare, per quanto possibile, lo consistenza del manufatto nei suoi successivi stadi di sviluppo.

3 Nella nostra ipotesi la porte più antica di Santagata si configura come "castello-recinto" (vedi testo), e risponde al "tipo" riportato da Settìa come "domigno" (o "donionum" o "doglonum") col significato di piccolo recinto di pertinenza esclusiva del signore del luogo, il "dominus" ( A . A . Settia, Castelli e villaggi nell'Italia padana, Napoli 1986, pp.375-384 e passim). Questo termine, oggi traducibile con "dongione", è a prima impressione ostico perché gli autori francesi hanno imposto il termine "donjon" come sinonimo dì grande castello torre, mentre in inglese "dungeon" Ìndico una cella di prigione medievale. Si pone come sempre il problema della nomenclatura castellana, in cui i vari termini vengono coricati di significati diversi dall'uso medievale - peraltro variabilissimo - e da valenze impostesi successivamente, come negli esempi precedenti. La soluzione più razionale, a giudizio di chi scrive, sarebbe uno convenzione fondata sull'autorità di uno studioso moderno, per esempio Perogalli.

Maciano e Pietrarubbia. A questo tipo ossidionale appartenne del resto la quasi totalità dei castelli fino a tutto i l X I I I secolo. A l recinto era solitamente associata una torre residenziale: ci si permette qui di suggerire che probabilmente anche a Santagata ve ne fosse una: in effetti non se trova attualmente alcun indizio, tranne, forse, in un filo angolare nella parte alta della parete esterna B C . L a torre potrebbe aver quindi occupato l'angolo nord del recinto sopra individuato, ma nessun'altra traccia della sua esistenza è stato possibile trovare. Un'altra possibilità è che la torre fosse posta all'interno dell'area di sedime del corpo prossimo all'abside della chiesa e che i suoi resti siano pertanto in esso inglobati. Quest'ultima possibilità non è controllabile perché il corpo di fabbrica in questione è realizzato in muratura massiccia. Primo ampliamento. Raddoppio del recinto Sulla faccia esterna del lato sud ovest è visibile un'altra marcata discontinuità, resa a n c o r a p i ù evidente dalla mancanza di beccatellato nel corpo di sinistra. Ad essa corrisponde all'interno un muro di forte spessore la cui base si osserva ancora, nei sotterranei, provvista di una marcata scarpa rivolta verso i l paese: si propone pertanto l'ipotesi (fig. 5) che i l primo amplia-

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mento del castello sia rappresentato da un corpo residenziale a più piani E-F-B-G, perché dall'esterno si vedono i resti di un'antica finestra, e soprattutto perché dal vano cantina si p u ò accedere, attraverso un pertugio in rottura di muro, in un condotto verticale che fungeva da scarico di tre latrine sovrapposte che si trovavano in questo corpo e delle quali sopravvive visibile quella sita al piano terra, dove era probabilmente ubicato i l corpo di guardia. La torre poligonale A sinistra dell'ingresso si trova una torre esagonale (fig. 6) abbastanza slanciata che è stata variamente attribuita ai Malatesta o a Francesco di Giorgio, ma che in loco porta il nome tradizionale di "torre di Simonetto Fregoso" 2. C h i scrive tende piuttosto ad attribuirla al X I V secolo ed all'area malatestiana. 2

F. D a l l ' A r a , Sant'Agata Felina, A r e z z o 1980, p. 6 1 .


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Le fasi costrunive dello rocca di Santagata Faltrìa

4 L'esecuzione dell'orco ogivale di passaggio dal rivellino allo corte presenta un grado di accuratezza tale da rendere possìbile l'ipotesi che al momento dello sua realizzazione si trottasse dell'ingresso principale del castello, ipotesi rafforzota dal suo disassomento rispetto all'androne su cui attualmente si opre. Lo lettura delle murature castellane è agevolata dallo rimozione degli intonaci operata correntemente nei restauri, che però contravviene al criterio del restauro filologico, dato che anche i paramenti ossìdionali erano ricoperti do strati protettivi in latte di calceo do intonaci veri e propri, sia per protezione contro gli agenti atmosferici che per ragioni estetiche e araldiche, come ben testimoniato nella vicina Petrella Guidi e a Castel Sismondo a Rimini (cfr. G . Rìmondinì: Analisi di piazza Cavour, in corso di pubblicazione). 5 L'area e j _ b _ g rappresenta il sedime di un ipotizzato "palatium" aggiunto al precedente recinto. Lo destinazione residenziale è accertato dagli scarichi delle latrine inseriti nelle murature in fase di costruzione e così pure il numero dei piani, tre compreso il piano terra. Lo lettura delle predisposizioni residenziali, latrine, lavabo per l'igiene personale, lavelli di cucina, camini, finestre e, in minor misura, armadi in nicchia murale, è preziosa per stabilire lo destinazione d'uso dei singoli ambienti. Tanto più colpevole è perciò il loro occultamento o, peggio, la loro eliminazione in fase di restauro, come purtroppo spesso avviene per insufficiente capacitò dì riconoscimento o dì valutazione. 6 La torre a pianta poligonale a sette loti mostra la differenza tra i materiali, pietra e laterizio, usati nel corpo principale e nell'apparato a sporgere, qui come nel resto del castello. Questo si può spiegare in due modi: realizzazione dell'apparato a sporgere in un secondo tempo, cosa peraltro certa per buona porte del fortilizio, oppure, per la parte tardo quattrocentesca, con considerazioni dì natura tecnica ed economica - muratura principale in pietrame irregolare di basso costo, ma dì tale spessore do rendere ininfluente lo scorsa coesione Intrìnseca, e particolari di più delicato esecuzione in laterizio. 7 In base alle considerazioni esposte nel testo sì evidenzia che lo torre H era collegata al resto del castello solo dal segmento murario f_hl. Tale configurazione è assai interessante e trova paralleli, a d esempio, nel castello di Assisi ove la torre staccata è pure a pianta poligonale; si pensa che servisse a d interdire ad un eventuale assedionte un pianoro troppo grande per essere recintato oppure, e forse meglio, a d estendere le capacitò dì avvistamento del castello. Le origini albornozione del castello di Assisi possono suggerire una attribuzione cronologico di questa parte del castello alla seconda metà del XIV secolo. Nel G/osso/re Villena attribuisce lo specifico nome spagnolo di "corocho" alla muraglia di collegamento delle torri Isolate, ciò che dimostra lo loro diffusione nello penisola iberica.

Comunque sia essa solleva u n certo numero di interrogativi. Innanzitutto il muro che la collega all'androne di ingresso, come abbiamo visto, è vistosamente aggiunto in epoca più tarda e da ciò, a meno di pensare alla totale sparizione di grosse evidenze murarie, si ricava una disposizione come quella mostrata in fig. 7: la torre H era collegata al resto del castello solo dal segmento murario F-H, del quale costituiva la testata, che alla base, scarpata, misura il rispettabile spessore di circa 3,10 metri. Tale configurazione è rara, ma non unica: nell'albornoziano castello di Assisi si trova un esempio consimile e si pensa che servisse ad interdire ad un eventuale assediante un pianoro troppo grande per essere recintato oppure, e forse meglio, ad estendere le capacità di avvistamento del castello. Del resto Villena nel suo Glossane^ riporta che in Spagna a questa disposizione edilizia è stato attribuito un nome specifico, coracha, a riprova della sua diffusione. 3

L . V i l l e n a e a l t r i , Glossaire, F r a n k f u r t a m M a i n 1 9 7 5 , p . 5 7 .

I l collegamento tra la torre ed il corpo principale del castello sembra essere stato possibile solo da un cammino di ronda provvisto di apparato a sporgere bilaterale, come mostrato nello schizzo assonometrico di fig. 8, anche se si p u ò ipotizzare un'altra via di comunicazione tramite una galleria in spessore di muro a quota inferiore, attualmente non visibile. I n realtà nella pavimentazione quattrocentesca dell'unico piano della torre si vede un'inserzione rettangolare più tarda e con ogni probabilità si


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8 Nel disegno di Silvio Germano viene proposta una ricostruzione congetturale dei castello alla fine del XIV secolo. Alla destra si potrebbe essere trovata uno eventuale torre pertinente al primitivo castello recinto, ma in assenza di indizi sufficienti non se ne è fatto cenno; in sua assenza si è invece Ipotizzata uno torre a filo nell'angolo esposto del recinto. Molti altri elementi sono di puro supposizione: lo copertura a tetto del "palatium", i cammini di ronda a cielo aperto, la configurazione del bottiponte e della relativa rampa, la finestratura del "palatium" e simili. Le rappresentazioni grafiche sono peraltro l'unico tipo di ricostruzione ammesso dallo corretta pratica di restauro odierna e, pur prestando il fianco a plausibili osservazioni, restano un prezioso mezzo didattico nei confronti del grande pubblico, che in realtà godrebbe assai di più i vecchi restauri ricostruttivi "olla Viollet-le-Duc" , che i doveri nei confronti de la corretta pratica scientifica e dei posteri vietano alla nostra epoca.

tratta di una antica botola di comunicazione con il piano inferiore e forse con la galleria, ma non è stato possibile convincere le competenti amministrazioni a tentare un saggio, al fme di penetrare nel più che probabile vano sottostante. Interessante sarebbe anche la ricerca di eventuali beccatelli rasati nelle sale attualmente intonacate. La sistemazione quattrocentesca. Un intervento coerente: rivellino e puntone L'ingresso del castello è coperto da un'opera di protezione (fig. 9 ) , che, senza entrare in disquisizioni terminologiche, definiremo rivellino. Questo è di pianta rettangolare e portava all'esterno un ponte levatoio azionato mediante bolzoni contrappesati; l'accesso ora avviene tramite una rampa in muratura, ma scavando nel prato antistante si dovrebbero trovare i resti del ponte morto. Al piano rialzato si trovano quattro belle cannoniere (fig. 10) protette all'esterno da una scudatura in arenaria con foro circolare e tacca di mira sovrastante non collegata, in leggera variante dalla diffusissima forma a toppa di serratura capovolta, usata correntemente dalla fine del X I V secolo agli inizi del X V I . L e cannoniere non sembrano essere state inserite successivamente e questo fornisce un termine post quem. Verso nord-est il castello termina con planimetria poligonale (fig. 11 ) ora raccordata al rivellino appena esaminato: questo raccordo è chiaramente composto anche da un tratto aggiunto successivamente: è infatd agevole osservare che la scarpa si inoltra entro questa aggiunta, che il beccatello sulla destra dell'arco di scarico è angolare, che la qualità del muro medesimo è ben diversa da quella dei muri adiacenti ed infine che è presente un evidente spigolo verticale. Riportando in pianta (fig. 12) il castello con le due gole ora nascoste vediamo il rivellino precedentemente descritto, marcato con la lettera N , e quest'ultimo corpo a terminazione poligonale, marcato M. Opere di questo tipo sono state chiamate in vari modi, ma il termine più adatto è probabilmente "puntone", e venivano poste sulla direttrice d'attacco più pericolosa per deflettere i colpi dell'assediante ed opporre la massa più

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Le fasi costruttive della rocca di Santagata Feltria


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Le fasi costruttive dello rocco di Santagata Feltria

9 L'immagine mostra chiaramente la soproelevazione di un piano subita in epoca tarda dal castello. I grandi archi di sostegno ai lati del rivellino corrispondono alle gole originarie, poi chiuse per guadagnare spazio, mostrate nella fig. 2. Poiché l'arco di destra è singolo, mentre l'arco di sinistra è doppio, è ragionevole pensare che la gola di sinistra sia stata chiusa per primo e quella di destra sia stata occlusa contemporaneamente allo soproelevazione del castello. Attua mente monca ogni accenno di fossato, ma è probabile che uno scavo ne possa mostrare le tracce come pure i resti del bottiponte e della relativo rampa. 10 Le cannoniere a tiro incrociato alla sinistra dell'ingresso sono del tipo classico quattrocentesco, con camera di tiro trapezoidale, scudatura in pietra a filo esterno e cielo a gradoni, privo di camino per lo sfiato dei fumi dello polvere nero. Non si insisterà mai abbastanza sull'importanza delle cannoniere come elemento fondamentale per la datazione delle varie parti di un castello, a causa dello generale povertà di elementi stilistici qualificanti, al di fuori delle poche considerazioni tipologiche a disposizione. La distinzione fra cannoniere e feritoie di altro genere, archibugiere e t c , è immediato, perché solo le cannoniere presentano l'apertura a quoto del pavimento, a causo dello generale consuetudine di offustare le bocche da fuoco maggiori, bombarde, su tavoloni semplicemente appoggiati, mentre alcune artiglierie a polvere leggere erano poste su cavalietti (cfr. M. Mauro, Antiche Artiglierie nelle Marche secc. XlV-XVIIh Ancona 1990). 11 II puntone che si trova sul lato more del castello è di grande interesse e la sua presenza ha indotto molti studiosi ad attribuire l'intero complessoo Francesco di Giorgio Martini. È però buona norma, anche in oltre occasioni, considerare che quasi sempre le rocche tengono conto di notevoli preesistenze, ed è opportuno prendere le distanze dalla generale propensione od attribuire quanti più possibile fortilizi montefeltrani al grande architetto senese. Tra l'altro, non tutto ciò che si trovo nei Trattati è ó\e originale, ciò che Francesco peraltro non pretende, mostrandosi in essi anche tanti elementi che facevano parte della corrente pratico costruttiva de l'epoca. PeresempÌoaMontepoggiolo(Fo) si vedono applicati moltissimi dettati dell'opero in argomento, senza che perciò si possa sospettare un intervento martiniano in uno sfera politica e culturale assai diversa.

poderosa possibile alle offese nemiche, d'ariete, di zappa o d'artiglieria che fossero. I l puntone di Santagata in particolare è in effetd tutto di muratura massiccia e portava le sue difese solo in sommità, tranne una piccola eccezione di cui parleremo successivamente. Infatti quando i monaci della chiesa vicina vollero collegarsi al castello dovettero scavare alla sua base una vera e propria galleria e dall'esterno non si vedono tracce di aperture di alcun genere, ma solo una nicchia che quasi certamente alloggiava uno stemma o una lapide. Puntoni simili, a volte staccati ed avolte collegati col corpo principale del castello, si cominciarono ad usare negli ultimi tre decenni del X V secolo e si trovano al forte di Sarzanello (Sp), di forma triangolare e distaccato dal corpo abitato della rocca, realizzato negli anni ottanta del X V secolo, n o n c h é a Fossombrone (Ps) e a Monte Sant'Angelo (Fg), questi ultimi collegad al corpo principale ed a forma di mezza mandorla. L'aggiunta del rivellino e del puntone sembra quindi frutto di un unico esteso intervento tardoquattrocentesco che da taluni viene collegato al nome di Francesco di Giorgio Mardni, che ne mostra diversi nei suoi Trattati. Ciò è perfettamente possibile, però si desidera qui rimarcare

alcune differenze stilistiche e funzionali fra ciò che sappiamo delle preferenze dell'architetto senese e le soluzioni adottate a Santagata. In primis non vi è redondone fra la scarpa ed il tratto verticale dei paramenti esterni, mentre a Cagli, a San Leo ed ovunque nei trattati dell'architetto senese ve ne sono addirittura due, uno in sommità alla scarpa ed uno alla base dei beccatelli. Inoltre il ponte levatoio è realizzato tramite bolzoni contrappesati, mentre Francesco di Giorgio preferiva adottare catene a


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Le fasi costruttive dello rocca di Santogata Feltrii

I 2 Con le lettere M ed N sono riportati in pianta gli elementi più qualificanti di quello che si suppone l'intervento avvenuto nella seconda metà del XV secolo. I due e ementi sono supposti contemporanei ed omogenei, ma di ciò non v'è nessuna certezza, potendo benissimo trattarsi di realizzazioni successive. In tal caso considerazioni tipologiche porterebbero a qualificare come precedente il rivellino N , che non presenta particolari caratteri di modernità, a parte le cannoniere, di uso generale dallo fine del Trecento. II puntone M, invece, è un elemento di grande interesse, o causo della sua rarità e dello sua realizzazione in muratura totalmente massiccia, per quanto è doto di sapere. 13 II castello di Santagata Feltria, pur con superfetazioni planimetriche ed altimetriche, resto un esemplare ossidionale di grande bellezza ed interesse ed è infatti meta di numerosi turisti e studiosi. La posizione naturale a strapiombo sulla rupe, l'Impressione di grande omogeneità - fallace, se sono vere le nostre Ipotesi - la conservazione degli ambienti Interni, seppure dovuti nell'attuale veste od epoche successive, lo rendono degno di noto, e di visita, assai più di altri castelli di maggiore fama.

sollevamento diretto e nei trattati ne spiega anche esplicitamente i l motivo, cioè che i bolzoni sollevati offrivano un bersaglio molto più esteso alle artiglierie nemiche del semplice foro d'uscita di una catena. Vi è anche una leggera differenza nella forma delle scudature delle cannoniere, che Francesco nelle sue opere e nei trattati invariabilmente mostra a toppa capovolta, mentre qui appunto tacca di mira e foro per la bocca del pezzo sono staccati. Infine non vi sono cannoniere nel puntone, e soprattutto nel rivellino non si trova alcun accorgimento per lo smaltimento dei fumi delle bombarde, mentre a Sassocorvaro, a Mondavio ed a San Leo i camini verticali di sfiato sono invariabilmente presenti ed è stata dedicata a questo problema la massima attenzione. Non si p u ò d'altronde negare che il puntone abbia un'aria piuttosto martiniana, per cui non si desidera assolutamente qui negare la possibilità di un intervento di Francesco di Giorgio, magari un po' diluito per un qualsiasi motivo. Momenti unificanti Pur non essendo necessariamente esatta questa ricostruzione degli interventi succedutisi nel castello di Santagata, è perlomeno certo che l'attuale aspetto è dovuto a numerose fasi di costruzione: eppure a prima vista l'impressione è di una grande unità stihstica p e r c h é due elementi, la scarpa e l'apparato a sporgere, omogeneizzano visivamente tutta la costruzione. Scarpa. L a scarpa attualmente visibile deve essere stata aggiunta perché dove la base del puntone è stata coperta dai monaci si trova una conformazione ben diversa, molto più bassa e meno sporgente, che certamente è originale perché i l sabbione del terreno è stato sagomato a sua continuazione. Eppure questa aggiunta non p u ò essere tanto tarda p e r c h é la vediamo proseguire sotto i l paramento che ha trasformato in vano interno lo sgolo del puntone ed anche perché già dopo i primi

decenni del X V I secolo fortilizi come quello di Santagata perdettero ogni rilevanza militare. L a scarpa, tra l'altro, è stata ricostruita piuttosto recentemente, forse nel 1931, data incisa su un lato del rivellino, probabilmente quasi per intero. Coronamento. Anche l'apparato a sporgere (fig. 13) è continuo ed omogeneo su tutti i lati visibili del castello e si suggerisce di considerarlo una aggiunta posteriore, non tanto perché esso è realizzato in laterizio, quanto p e r c h é su un lato del puntone è presente un residuo di cannoniera in laterizio omogeneo al beccatellato di forma completamente diversa dalle altre. Anche questo, naturalmente, deve essere stato aggiunto, o più probabilmente rinnovato, al massimo nei primi decenni del X V I secolo. Da questi ultimi interventi in poi furono eseguite solo modifiche a fini residenziali.


Anna Lia Ermeti

Nuovi dati per la pre-protostoria dell'area del Sasso di Simone *


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L a presenza u m a n a sul Sasso d i S i m o n e , segnalata d a l V e g g i a n i (fig. 1) a l m e n o d a l p r i m o m i l l e n n i o e d o c u m e n t a t a d a i p o c h i f r a m m e n ti c e r a m i c i conservati n e l Museo archeologico nazionale d i Sarsina, ^ trova puntuale c o n f e r m a i n a l c u n i m a t e r i a l i rinvenuti i n questi u l t i m i a n n i sul p i a n o r o stesso. L a d o c u m e n t a z i o n e a r c h e o l o g i c a si è v e n u t a a r r i c c h e n d o a seguito d i r i c o g n i z i o n i superficiali che h a n n o restituito, insieme a due f r a m m e n t i d i selce, a n c h e u n b u o n n u m e r o d i f r a m m e n t i c e r a m i c i , ritrovati sparsi su tutto i l p i a n o r o d e l Sasso a testimonianza d i u n a presenza u m a n a d i u n a certa consistenza n e l l a z o n a . S u l lato m e r i d i o n a l e , i n u n ' a r e a soggetta a smottamenti e frane, è stato r i n v e n u t o ^ i n mezzo ad u n o dei c r e p a c c i formatosi per i l c o n t i n u o m o v i m e n t o franoso, u n o strato d i terreno antropico relativamente r i c c o d i m a t e r i a l i fittili; m a t e r i a l i che si presentano, a n c h e a d u n a p r i m a osservazione, tutti fra loro s i m i l a r i , f o r m a t i d a u n impasto scuro piuttosto grossolano e sicuramente formati a m a n o (tav. 11,1). Quesd frammenti ceramici insieme a quelli già precedentemente raccolti soprattutto n e l l ' a r e a occidentale d e l p i a n o r o sono n e l complesso troppo n u m e r o s i ( a n c h e se p e r lo p i ù si tratta di f r a m m e n t i d i p a r e t i ) , per ipotizzare u n a semphce frequentazione d e l sito, e i n d u r r e b b e r o a pensare ad u n i n s e d i a m e n t o forse c o n r i t o r n i p e r i o d i c i , m a g a r i legato alla t r a n s u m a n z a , a n c h e se l a m a n c a n z a d i scavi regolari rende alquanto p r o b l e m a t i c a l'interpretazione dei dati. U n a futa vegetazione r i c o p r e tutto i l p i a n o r o e impedisce qualsiasi osservazione i n o g n i stagione d e l l ' a n n o ; infatti, nonostante le n u m e r o s e r i c o g n i z i o n i aeree effettuate s u l l ' a r e a , a n c h e n e l periodo m e n o propizio alla vegetazione, si è potuto osservare c h e i l manto erbaceo copre n o n soltanto le strutture m u r a r i e d i e t à m e d i c e a , m a tutto quanto i l p i a n o r o . I n u n a foto aerea (tav. I ) scattata a l c u n i a n n i fa si n o t a sia

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Desidero ringraziare sentitamente Editta Castaldi e Mirella Cipolloni S a m p ò per aver letto i l dattiloscritto e per i preziosi suggerimenti. I reperti qui analizzati sono in visione presso la Biblioteca comunale di Sestino. A.Veggiani, Tm(:(:e di insediamenti preistorici sul Sasso Simone (m. 1204) nel Montefeltra, in "Emilia preromana", 6, 1970, pp. 101-107; cfr. anche L . Bentini, P. Biondi, A. Veggiani, Ricerche speleologiche nel territorio romagnolo fra il Montone e il Foglia, in "Studi romagnoli", X V I , 1965, p. 491: "in numerosi altri punti del monte si trovano tracce di insediamenti umani preistorici". Si tratta di due frammenti di selci e di alcuni frammenti di ceramica grezza ad impasto: A . Veggiani, Le raccolte geologiche e preistoriche, in Aa. w . , Sarsina. La città romana. Il Museo Archeologico, Faenza 1967, p. 67. Desidero ringraziare a questo proposito i l prof. Enio Renzi di Miratolo che, sensibile alla problematica storica offerta da questa documentazione, ha raccolto buona parte del materiale qui presentato. M . Cosci, Fotointerpretazione archeologica, Firenze 1988, tav. I I .

A, L, Ermeti

Nuovi daK lullo pre-protostorio del Sasso di Sii

i n c o r r i s p o n d e n z a d i questo lato m e r i d i o n a l e sia i n quello occidentale, l a presenza d i n u m e r o s i c e r c h i scuri, p i ù o m e n o g r a n d i , d i f o r m a circolare o ovoidale, che suggeriscono, come d'altronde è stato fatto ^, la presenza di f o n d i di c a p a n n a . E ' evidente che solo scavi sistematici p o t r a n n o dare u n a risposta precisa a quest'ipotesi, m a i l ritrovamento fra i m a t e r i a l i r e c u p e r a t i i n superficie a n c h e d i due f r a m m e n t i d i i n t o n a c o c o n i m p r o n t e d i canneggio ( u n o è al museo d i S a r s i n a ) p u ò senza dubbio accreditare questa tesi. L ' a n a l i s i tipologica dei f r a m m e n t i c e r a m i c i p e r m e t t e d i i n d i v i d u a r e fra gli e l e m e n d vascolari r i c o r r e n t i ( o r l i diritti, c o r d o n i Usci o d e c o r a d a tacche, f o n d i p i a n i , prese) a l c u n i r e p e r d che consentono u n a d e t e r m i n a z i o n e c r o n o l o g i c a abbastanza precisa d e l l ' i n s i e m e . I m a t e r i a l i sono riferibih a due dpologie: q u e l l a d i gran l u n g a p i ù consistente è q u e l l a dei f r a m m e n t i a d impasto grossolano, con n u m e r o s i grossi inclusi, i n argilla grigio-nera o rossiccia, costantemente n e r a a l l ' i n t e r n o , c o n s u p e r f ì c i i r r e g o l a r i e opache, usato per m a n u f a t d a d i b i t ì alla cottura o a l l a conservazione dei cibi; l'altro a impasto semidepurato, con degrassante p i ù fine e s u p e r f ì c i levigate e c o n p a r e d g e n e r a l m e n t e p i ù sotdli, p e r u n probabile uso d a mensa, d i colore ugualmente rossiccio o grigio-nerastro, sia a l l ' i n t e r n o che sulla s u p e r f ì c i e . 5

Gianluca Bottazzi, recentissimamente (durante il convegno sulla Città del Sasso, tenutosi a Frontino il 17 settembre 1994) aveva indicato come probabili fondi di capanna questi cerchi scuri presenti sulla foto aerea.

Fig. 1. Da A. Veggiani, Traccedi rinvenimenti preistorici, cil. in nota


Studi montefeltra ni

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Frammenti ad impasto grossolano 1) F r . d i parete d i olletta c o n orlo decorato d a tacche i r r e g o l a r i c o n t i n u e . A breve distanza, sotto l ' o r l o , c o r d o n e a rilievo orizzontale liscio. H . c m 5,5; l a r g h . c m 5,5; spess. parete c m . 0,8 (fìg. 2 , 1 ; tav. 11,2) B i b l . : A . V e g g i a n i , Una stazione della tarda età del Bronzo con elementi protovillanoviani sul Monte della Perticara (Val Marecchia), i n "Padusa", 12-3-4, 1975, tav. I I I , a ; E . Castaldi, / / materiale e l'inquadramento storico, i n G . B a l d e l l i , O . Nesci, E . Castaldi, Prospezione e prospettive a Cà Balzano (Ghilardino di Fossombrone, Pesaro), i n " R i v . Scienze Preist.", X L I , 1-2, 1987-88, fìg. 6,8; A . C a r d a r e l l i , L'età del bronzo: organizzazione del territorio, forme economiche, strutture sociali, i n A a . w . , Modena dalle origini all'anno mille, M o d e n a 1988, I , p. 72, n . 15; I I , scheda 610 (Baggiovara), p. 165, fìg. 116,7; scheda 629 (Baggiovara, Stradello Baggiovara), p. 165, fìg. 121,4 ( B r o n z o M e d i o , fase 2 : X V a . C ) . 2) 2 frr. d i parete ( d i c u i solo u n o dis.) d i probabile o l l a decorata da cordone orizzontale liscio. H . c m 4; l a r g h . c m . 6,5; spess. parete c m 0,8. H . c m 3,5; l a r g h . c m 5,5; spess. parete c m . 0,8. (fìg. 2,2; tav. 11,2) 3) F r . d i parete d i olla (?) c o n decorazione a Ustello liscio. H . c m 4; l a r g h . c m 5; spess. parete c m 0,8 (fìg. 2,3; tav. 111,1). 4) F r . d i parete d i olla (?) c o n decorazione a Hstello decorato a incisioni digitali. H . c m 6,5; l a r g h . c m 8; spess. parete c m 0,6 (fìg. 2,4; tav. 111,2). B i b l . : V e g g i a n i , Una stazione cit., tav. I l i , b-c-d; tav. I V , b . 5) F r . d i parete d i olla (?) c o n decorazione a listello decorato a piccole i n c i s i o n i ovali ottenute a stecca. H . c m 5; l a r g h . c m 3,5; spess. parete c m 0,8-1. B i b l : G . M o r i c o , L'età del Bronzo, i n D . V i t a h ( a c u r a ) , Monterenzio e la valle delVIdice, B o l o g n a 1983, p. 72, n . 12; Castaldi, Prospezione e prospettive cit., fìg. 6,13; C a r d a r e l l i , L'età del Bronzo cit., fìg. 64,8 ( B r o n z o Recente: X I I I - X I I a.C.) 6) F r . d i parete d i olletta (?) c o n decorazione a listello decorato a piccole i n c i s i o n i ovaU ottenute a stecca. H . c m 3,5; l a r g h . c m 3,5; spess. parete c m 0,5 (fìg. 2 , 6 ) . 7) F r . d i parete d i olla (?) c o n decorazione a listello liscio. H . c m 3; l a r g h . c m 3; spess. parete c m 0,6-1. 8) F r . d i fondo d i grosso contenitore. H . c m 3; l a r g h . c m . 6; spess. parete c m 1; spess. fondo c m 1,4 (fìg. 2 , 8 ) . 9) F r . d i fondo piano d i olla ( ? ) . H . c m 2; l a r g h . c m 5; spess. parete c m 0,8; spess. fondo c m 1,2 (fìg. 3 , 9 ) . 10) F r . d i fondo d i grosso recipiente. H . c m 3,5; l a r g h . c m 6; spess. parete c m 1,2. L i s c i a t u r a n e l l a parte i n t e r n a (fìg. 3,10).


Sludi monleMtrani

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11) F r . d i orlo d i olla a d orlo arrotondato. H . c m 4,8; largh. c m 4,5; spess. parete c m . 0,8-0,9 (fig. 3,11). 12) F r . d i orlo estroflesso e arrotondato d i olla. H . c m 4,5; l a r g h . c m 6,5; spess. parete c m 0,8 (fig. 3,12). B i b l . : Modena dalle origini all'anno mille cit., I I , scheda 639 (Corleto), p. 173, fig. 122,5. 13) F r . d i fondo p i a n o c o n piede espanso e pareti diritte d i b i c c h i e r e ( ? ) . H . c m 2,5; largh. c m 5; spess. parete c m 1; spess. fondo c m 1,2 (fig. 3,13). B i b l . : A . Piccoli, R . P e r o n i , Per una ricostruzione della sequenza cronologica delVIsolone del Mincio nell'ambito dell'età del Bronzo padana, i n "Rass. d i A r c h e o l o g i a " , 10, 1 9 9 1 / 9 2 , p. 219, tav. 11,5. 14) F r . d i parete d i scodellone decorato c o n u n listello esterno. H . c m 5; l a r g h . c m 4,5; spess. parete c m 1,1. 15) F r . d i o r l o d i scodellone a pareti diritte c o n presa d e l tipo a l i n g u a semicircolare. H . c m 6; l a r g h . c m 4; spess. parete c m 1 (fig. 4,15; tav. I V , 2 ) . B i b l . : Castaldi, Prospezione e prospettive cit., fig. 6,13; C a r d a r e l l i , L'età del bronzo cit., fìg. 65,7; G . B e r m o n d M o n t a n a r i , L'insediamento di valle Felici presso Cervia e la media età del Bronzo in Romagna, i n "Rass. d i A r c h e o l o g i a " , 10, 1 9 9 1 / 9 2 , p. 379, fig. 4, 12-13. 16) F r . d i parete d i f o r m a n o n identificabile c o n presa d e l dpo a grossa l i n g u a i n parte spezzata sulla punta; l a presa è disposta i n obliquo. H c m 2,5; largh. c m 4,5 (fig. 4,16; tav. I V , 1 ) . Impasto semidepurato 17) F r . d i ansa a sezione rotonda. D i a m . c m 1,2; l u n g h . cons. c m 6 (fìg. 4 , 1 7 ) . 18) F r . d i parete d i vaso d i f o r m a n o n d e t e r m i n a b i l e a pareti m e d i a m e n t e sottili, decorato c o n u n piccolo listello Uscio orizzontale. H . c m 3; l a r g h . c m 3; spess. parete c m 0,6 (fig. 4 , 1 8 ) . 19) E l e m e n t o d i p i c c o l a presa a l i n g u a . H . c m 2; l a r g h . c m 3,5 (fig. 4.19; tav. V , l ) . B i b l : Modena dalle origini all'anno milledt., I I , scheda 629(Baggiovara, Stradello di Baggiovara), p. 165, fig. 120,5. 20) F r . d i tazza carenata, lisciata a stecca n e l l a parte superiore. H . c m 3,5; largh. c m 5,5; spess. parete c m 0,5-1 (fig. 4,20; tav. V , 2 ) . B i b l . : M o r i c o , L'età del Bronzo cit., n . 8, p. 64; Castaldi, Prospezione e prospettive c i t , fig. 6,18; C a r d a r e U i , L'età del Bronzo cit., fig. 61,1 e 4r 6 ( B r o n z o M e d i o , fase 2: X V a . C ) ; fìg. 65, 1-3 ( B r o n z o R e c e n t e : X I I I X I I a . C ) ; Modena dalle origini all'anno mille cit., I I , scheda 916 (Magreta,

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h W i d a t i sullo pre-protostorio M Sasso di Simone

Formigine), p. 176, fìg. 128,1 ( B r o n z o Medio, 2-3). 21) F r . d i tazza carenata. H . c m 2,2; l a r g h . c m 4; spess. parete c m 0,5-1. Impasto semidepurato a n u m e r o s i vacuoli (fìg. 4 , 2 1 ) . B i b l . : Modena dalk origini all'anno millecit., I I , scheda 629 (Ba^ovara, Stradello Baggiovara), p. 165, fìg. 118,3 ( B r o n z o M e d i o , fase 2: X V a . C . ) ! 22) F r . d i orlo d i tazza carenata c o n parete esterna sagomata a larghe solcature. A l t . c m 4,5; largh. c m 3,5; spess. parete c m 0,6 (fig. 4,22). B i b l . : C a r d a r e l l i , L'età del Bronzo cit., fìg. 53, 5-10 ( B r o n z o M e d i o , fase 2: X V a . C ) ; Modena dalle origini all'anno milk cit., I I , scheda 629 (Bag^ovara, Stradello Bag^ovara), p. 165, fìg. 120,8; A a . w . . Ambiti culturali e fasi cronologiche delle terremare emiliane in base alla revisione dei vecchi complessi e ai nuovi dati di scavo, i n "Rass. d i A r c h . " , 10, 1 9 9 1 / 9 2 , p. 336, tav. 2 , T 7 4 e tav. 3 , T 3 1 B ( B r o n z o M e d i o , fase p i e n a ) . 23) F r . d i ansa a nastro rialzata sul bordo; breve tratto d i parete. H . c m 3,5; largh. c m 4; spess. parete c m 0,3. Impasto r i c c o d i vacuoli (fìg. 4 , 2 4 ) . 24) F r . d i ansa a sezione rotonda. D i a m . c m 2,2; l u n g h . residua c m 6. (fig. 4 , 2 4 ) . B i b l . : Castaldi, Prospezione e prospettive cit., fig. 6,15; C a r d a r e l l i , L'età del Bronzo cit., fig. 54,1-4. Impasto depurato 25) F r . d i sopraelevazione d i ansa a nastro c o n appendice conica. Impasto depurato a superficie grigio-nera lisciata a stecca. H . m a x . c m 4; largh. m a x . c m 5.5. (fig. 4,25; tav. V I , 1 ) B i b l . : V e g g i a n i . Una stazione cit., tav. I.e; C a r d a r e l l i , L'età del Bronzo cit., fìg. 55, 4-5 ( B r o n z o M e d i o , fase 2: X V a . C . ) , fig. 59, 3-4; Modena dalle origini all'anno millecit., I I , scheda 629 (Bag^ovara, Stradello Baggiovara), p. 172, fig. 119,3; ibid.,schcd2i9l6(Tabina di Magreta), p. 173, fìg. 124.12 ( B r o n z o M e d i o , fase 2: X V a . C ) ; L . Prati, L'insediamento di Coriano (Forlì): la fase del Bronzo Medio, i n "Rass. d i A r c h e o l o g i a " , 10, 1 9 9 1 / 9 2 , fig. 671,18. 26) P i c c o l a fusaiola a impasto semidepurato a s u p e r f ì c i e liscia, d i colore grigio-rosato. D i a m . c m 2 (fig. 3,26; tav. V I , 2 ) . 27) F r . d i intonaco c o n i m p r o n t a d i c a n n a o arbusto. A r g i l l a rossa friabile e polverosa a l tatto. I m a t e r i a l i esaminati costituiscono u n complesso abbastanza omogen e o che s e m b r a potersi collocare i n u n m o m e n t o avanzato d e l B r o n z o M e d i o e R e c e n t e . N u m e r o s i sono i confronti c o n m a t e r i a l i s i m i l a r i


Studi montofeltrani

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r i n v e n u t i i n complessi e m i l i a n i distribuiti l u n g o l a fascia pedecollinare, fino a B o l o g n a ^. L e g g e r m e n t e p i ù antica sembrerebbe l ' a n s a a c o r n a con a p p e n d i c i c o n i c h e ( n . 2 5 ) , che trova confronti i n aree terramaricole d e l l a seconda fase del B r o n z o M e d i o , e l a tazza carenata c o n parete esterna a solcature ( n . 2 2 ) , che trova anch'essa confronti i n area t e r r a m a r i c o l a d e l B r o n z o Medio, fase 2 ( X V a . C ) ; m a l ' a n s a a c o r n a è presente a n c h e i n contesti r e c e n z i o r i , vale a dire sub-appenninici m e n t r e significativa è l a c o m p l e t a assenza d i c e r a m i c a c o n decorazione a p p e n n i n i c a . N o n c i sono invece e l e m e n t i c h e possano offrire i n d i c a z i o n i riguardo a d u n ' e v e n t u a l e c o n t i n u i t à d e l l ' i n s e d i a m e n t o n e l l a fase finale d e l l ' e t à d e l B r o n z o . Dai dati a nostra disposizione s e m b r a abbastanza verisimile ipotizzare u n o stanziamento stabile o c o n r i t o r n i p e r i o d i c i , c o n capanne d i f o r m a circolare o ovoidale, forse c o n pareti a cannicciato ( u n piccolo f r a m m e n t o s e m b r a recare traccia di u n a sottile i n c a n n i c c i a t u r a ricoperta di intonaco rossiccio) ^, d i p o p o l a z i o n i dedite soprattutto alla pastorizia ( i l r i n v e n i m e n t o d i u n a fuseruola i n d i c a u n a lavorazione sul posto d e l l a l a n a ) , iniziato i n t o r n o a l l a seconda fase d e l l a M e d i a E t à del B r o n z o ( X V a . C ) e che h a avuto p i e n o sviluppo n e l l a fase d e l B r o n z o Recente ( X I I I - X I I a . C ) . Posto sullo spartiacque t r a le valli del M a r e c c h i a e del Fogha, l'insediamento d i m o n t a g n a del Sasso d i S i m o n e , situato a m 1204 s.l.m., presenta strette analogie c o n quello individuato a m o n t e A q u i lone d i Perticara, ^ situato i n c o r r i s p o n d e n z a dello spartiacque tra le vaUi del Savio e del M a r e c c h i a , a m 833 s.l.m. I materiali r i n v e n u t i sul m o n t e d i P e r t i c a r a datano l ' i n s e d i a m e n t o n e l l a fase del B r o n z o R e c e n t e e i l sito è q u i n d i i n parte coevo a quello del Sasso d i S i m o n e . I l m o n t e d o m i n a l a vallata d e l M a r e c c h i a e costituiva senza dubbio u n sito

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G . Morico, L'età del bronzo, in D. Vitali (a cura), Monterenzio e la valle delVIdice, Bologna 1983, p. 63. C a ' Balzano, Ps: E . Castaldi, Il materiale e l'inquadramento storico, in G . Baldelli, O. Nesci, E . Castaldi, Prospezione e prospettive a Cà Balzano (Ghilardino di Fossomhrone, Pesaro), in "Riv. Scienze Preist", X L I , 1-2, 1987-88, p. 293. U n fr. ceramico esposto nella vetrina del museo di Sarsina presenta una parete diritta e l'altra a superficie concava. I l materiale è simile al nostro, rossiccio e farinoso, e reca un'evidente traccia di un arbusto che potrebbe essere interpretato come un frustolo di intonaco. Sul cannicciato presente in insediamenti dell'età del Bronzo Medio cfr. G . Bermond Montanari, L'insediamento di Valle Felice presso Cervia e la media età del bronzo in Romagna, in "Rass. di Arch.", 10, 1991-92, p. 376. A. Veggiani, Una stazione della tarda età del Bronzo con elementi protovillanoviani sul Monte della Perticara (Val Marecchia), in "Padusa", 1-2-3-4, 1975, pp. 173-179.

A. L. Ermeti

Nuovi doti sulla pre-protostoria del Sasso di Simone

importante n e l l a strategia d i c o n t r o l l o delle p r i n c i p a l i vie d i transito l u n g o l a catena a p p e n n i n i c a . Per quanto r i g u a r d a i l p o p o l a m e n t o d e l l ' a r e a a p p e n n i n i c a centrosettentrionale i n e t à preistorica, gli studi p i ù r e c e n t i h a n n o evidenziato u n ' o c c u p a z i o n e abbastanza intensa d e l l ' a r e a m o n t a n a a partire d a l l ' a n tica età del B r o n z o fino a l B r o n z o recente I n particolare ci sono n u m e r o s i dati relativi agli i n s e d i a m e n t i dell'alto A p p e n n i n o , a l c u n i dei quali sorgono p r o p r i o su u n rilievo m o n t u o s o p i ù o m e n o isolato, allo sbocco delle vallate a p p e n n i n i c h e . M a n o n esiste u n a tipologia costante per quanto r i g u a r d a sia l a distribuzione che l ' u b i c a z i o n e e l a f o r m a di questi i n s e d i a m e n t i per c u i è evidente che essi r i s p o n d o n o ad u n a serie d i esigenze diverse. E queste esigenze v a n n o ricercate n o n solo i n rapporto alle attività stagionali, m a forse anche a l l a p o s s i b i l i t à d i sfruttamento delle risorse superficiali dell'area m o n t a n a e q u i n d i questi siti rappresenterebbero i n o d i produttivi e i transiti c o m m e r c i a l i per a l c u n i tipi di m e r c i , forse i l legname L a funzione d i questi insediamenti s e m b r a infatti poter essere messa i n relazione c o n u n ' o r g a n i z z a z i o n e del territorio relativamente complessa e i n t e r d i p e n d e n t e fra abitati d i p i a n u r a e abitati d i altura. Per quanto r i g u a r d a i l territorio delle alte vallate d e l F o g l i a e d e l M a r e c c h i a u n a frequentazione d e l l ' a r e a appare fin d a l neolitico, c o n r i n v e n i m e n t i isolati sul m o n t e F u m a i o l o , sulla C a r p e g n a e a S a n L e o ^1 N o n ci sono p e r ò altri dati oltre a queUi relativi a l l ' i n s e d i a m e n t o d i P e r t i c a r a d i c u i è stato detto, c u i poter fare r i f e r i m e n t o . I rinvenimenti

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A . Cardarelli, L'età del bronzo: organizzazione del territorio, forme economiche, strutture sociali, in Aa. w . , Modena dalle origini all'anno mille, I , Modena 1988, p. 115, fig. 69. Sulla situazione reladva all'età del Bronzo nella Romagna orientale cfr. G . Bermond Montanari, M . Massi Pasi, G . Morico, Aspetti della media età del Bronzo nella Romagna orientale, in "Rass. di Archeologia", 10, 1991-92, pp. 668 seg.; M . B e r n a b ò Brea, M . Cremaschi, P . L . Dall'Aglio, Insediamento collinare e montano, in Aa. w . , Ambiente, insediamento, economia. I . L'Italia settentrionale, in "Rass. di Archeologia", 10, 1991-92, pp. 166-168. B e r n a b ò Brea, Cremaschi, Dall'Aglio, Insediamento collinare cit., p. 167. Cardarelh, L'età del bronzo cit., p. 115. Ibid., p. 167. D. Diringer, G.A. Mansuelli, F^oglio 108 (Mercato Saraceno). Edizione archeologica della carta d'Italia al 100.000, Firenze 1954; A. Veggiani, // Sasso di Simone: dalla sua genesi all'inizio del popolamento e gli interessi per le scienze della terra, in A a . w . , Tutela e valorizzazione dell'area del Sasso di Simone, atti conv., Siena 1989, p. 20. Sull'officina litica nei pressi di Mercato Saraceno cfr. A . Veggiani, Un'officina litica alla Fornace di San Damiano (Mercato Saraceno - Forlì), in "Riv. Scienze Preist.", V i l i , 3-4, 1953, pp. 190-194.


studi monteWlrani

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del Sasso diventano così a n c o r a p i ù i m p o r t a n t i i n u n ' a r e a abbastanza scarsa di testimonianze archeologiche d i questo periodo; essi evidenziano infatti u n abitato d i altura, d i p o p o l a z i o n i probabilmente dedite soprattutto a l l a p a s t o r ì z i a , databile tra X V e X I I I secolo a . C . Q u a n t o a l l ' a m b i e n t e c u l t u r a l e , l a s i m i l a r i t à dei m a t e r i a l i a c c o m u n a questo sito ad altri distribuiti n e l l ' a r e a a p p e n n i n i c a centrale gravitante p i ù verso l a z o n a p a d a n a che verso i l P i c e n o ^^; questi e l e m e n t i t e r r a m a r i c o l i sono infatti c o m u n i a n c h e agli altri i n s e d i a m e n t i m o n t a n i d e l l ' A p p e n n i n o tosco-emiliano I m a t e r i a l i r e c u p e r a t i mostrano d a u n a parte stretti contatti c o n i l m o n d o t e r r a m a r i c o l o : tipologie carenate (olle a c o r d o n i sotto l ' o r l o ) , s c h e m i decorativi ( c o r d o n i plastici lisci o a tacche, o r l i pizzicati), b u c c h e r o t e r r a m a r i c o l o ( c o n tipologia d e l l ' a n s a c o r n u t a ) ; d a l l ' a l t r a sono riferibili ad u n à m b i t o culturale p i ù p r o p r i a m e n t e suba p p e n n i n i c o , a dimostrazione forse p r o p r i o d i u n controllo d i direttrici d i traffico che portavano verso l a P a d a n i a d a u n a parte e verso l ' a r e a t i r r e n i c a settentrionale d a l l ' a l t r a .

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Per l'età del Bronzo finale nelle Marche cfr. D. Lollini, Il Bronzo finale nelle Marche, in "Riv.Scienze Preist.", X X X I V , 1-2, 1979, pp. 179-215. B e r n a b ò Brea, Cremaschi, Dall'Aglio, Insediamento collinare cit., pp. 166-168.




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A, L, Ermeti

Nuovi dati sulla pre-protostoria del Sasso di Simone


Sludi montefeltrani

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Giancarlo Renzi

Marche o Toscana ? Le con/inazioni storiche del Sasso di Simone


Studi montefeltroni

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"Chi ha rubato il Sasso di Simone?" L a domanda la ponevamo oltre vent'anni fa ^ ed oggi il tema, che ha ancoraggi secolari, torna d'attualità. Dobbiamo interrogarci, dunque, se il Sasso di Simone appartenga tutto al comune di Sesdno e quindi alla Toscana o se, giurisdizionalmente, esso sia un exemplum, certamente singolare, di "monumento" suddiviso tra più realtà amministrative. L a singolarità del fatto starebbe nella singolarità del sito, poiché i l Sasso di Simone è un immane parallelepipedo, dalle pareti scoscese, con un solo accesso, che vedrebbe come bizzarria la suddivisione della pianura sommitale tra due regioni. L'attualità del problema, invece, è data dal vasto dibattito innestato dalle politiche locali nel tentativo di mettere in atto progetti - regionali e interregionali - mirati alla "tutela e alla valorizzazione dell'area del Sasso di Simone" ^. L a storia - nel contesto di ecosistemi naturali di rilevante importanza scientifica e paesaggisdca ^ - ha ivi depositato scrigni di muldverse

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G . Renzi, Chi ha rubato il Sasso di Simone?, in " L a Voce", Fossato di Vico, 13 agosto 1972. Tutela e valorizzazione dell'area del Sasso di Simone, atti convegno (Sestino 1988), pubblicati con la stessa denominazione quale numero monografico della rivista "Quaderni di E . P.", Università di Siena, 1,1989. Quanto ai progetti già ufficializzati o in corso di elaborazione, ricordiamo: M . Pandolfi, P. Rossi Pisa, D . Ubaldi, Proposta per la costituzione della riserva naturale dei boschi di Sasso Simone e Simoncello, atti conv., Bari s. d. (estratto); L . R. Marche n. 15 del 28 aprile 1994, con la quale si isdtuisce il Parco naturale "del Sasso di Simone e Simoncello"; Programma triennale 1994/96 per la tutela dell'ambiente. Approvazione del documento regionale di programma, in "Bollettino ufficiale della Regione Toscana", n. 63 del 28 settembre 1994, che prevede i l completamento del programma per la istituzione del Parco naturale del Sasso di Simone e Simoncello; Proposta di legge di iniziativa popolare per la istituzione in Toscana di 11 parchi naturali, tra i quali quello del Sasso di Simone; proposta del comune di Sesdno, nel quadro dei "parchi culturali" in Toscana, del "Parco geo-archeologico della città del Sasso di Simone": l'iniziativa è stata poi ricompresa nei progetti Cee 5b, Leader 2 e Pie. Segnaliamo, in proposito, gli studi più recenti, con ricca bibhografia: G . Pisa, D. Ubaldi, Osservazioni naturalistiche nei dintorni del Sasso di Simone e Simoncello, in "Natura e montagna", 2 ( X I ) , giugno 1971; Tutela e valorizzazione eh.; G . Allegretti (a cura), La città del Sasso, Villa Verucchio 1992; "Nodziario di mineralogia e paleontologia", 66, gennaio 1991, con due studi di L . Bagli e F. Bernardini; "Formazione e società", 16, 1987, soprattutto gli intervend di A. Veggiani, A . Gradi e D . Ubaldi; D . Ubaldi, Nuove associazioni vegetali del Montefeltro e dell'Alta Valle del Foglia, in "Proposte e ricerche", 20, 1988, pp. 38-47; G . Renzi {a cura), // Sasso di Simone. Scritti di naturalisti toscani del Settecento, San Leo 1990; Aa.w., IV Seminario. Deformazioni gravitative profonde in Toscana. 24-28 maggio 1993, Firenze 1993, soprattutto pp. 36-47; N . Gasagli, V . H . Gardunno, C. A . Garzonio, U . Tarchiani, P. Vannocci, Large-scale complex slope movements at Sasso di Simone Mt. Simoncello, in "Memorie Società Geologica Italiana", preprint; Gasagli N . , Catani F., Tarchiani U . ,

G , Renzi

Marche o Toscana?

civiltà, che oggi, quali beni culturali fortemente caratterizzati, possono costituire materia prima e risorsa preziosa per la montagna appenninica ^. L a opinione corrente è che il Sasso di Simone appartiene parte a Sestino e parte a Carpegna. Vedremo se ciò ha fondamenti storici o se è soltanto un approccio approssimativo della cartografia moderna, perdita della memoria storica e segno della decadenza dei luoghi. L a materia, fortunatamente, ha supporti documentali tali da consentire, con più fonti, un percorso che, partendo assai da lontano, giunge alla situazione attuale. Ma vanno segnalate, innanzitutto, alcune condizioni: 1) attorno al Sasso di Simone si sono addensate oltre sei secoli di vertenze confinarie, documentate, a partire dal 1398-99, con una caterva di documenti in numerosi fondi archivistici e con all'attivo antiche e moderne ricostruzioni storiografiche; tali controversie coinvolgono le comunità di Castellaccia (Carpegna), Presciano, Martigliano e la stessa Sestino; San Sisto (Piandimeleto) e Frontino ^; 2) dal sec. X I I sul Sasso di Simone è attiva una abbazia benedettina

Analisi di alcune colate dell'alta Val Marecchia (Italia), in "Geolep/Dgc", Ecole polytechnique federale, preprint. Giova ricordare anche l'attenzione che riviste specializzate ultimamente stanno riservando all'ambiente storico e naturale del Sasso di Simone: "Rivista del Trekking", giugno 1990; "Archeologia viva", giugno 1993; "Airone", settembre 1993; "Gardenia", maggio 1994; "Airone", dicembre 1994. 4

Per storia e archeologia ci limitiamo ad una essenziale bibliografia: A. Potilo, La fortezza del Sasso di Simone, Urbania 1972; E . Coppi, La fortificazione del Sasso Simone, San Leo 1993 [ l a ed. 1973]; G . Spini, E . Coppi, G . Renzi, A . Polito, Il Capitanato di giustizia del Sasso di Simone, Sestino 1977; G . Conti, / Malatesta a Sestino e un tentativo di città-fortezza sul Sasso di Simone, in S. Anselmi (a cura). La montagna tra Toscana e Marche Ambiente, territorio, cultura, società dal Medioevo al XIX secolo, Milano 1984; G . Renzi, Sestino. Storia civile e religiosa del Cinquecento, Sestino 1973; M . Ferrara, Annotazioni sull'architettura della fortezza medicea del Sasso di Simone, in La montagna tra Toscana e Marche cit.; L . Donati, Pergamene inedite dell'abbazia benedettina del Sasso di Simone, in Aa.w., La Pieve di Sestino, atti convegno. Rimini 1980, pp. 5180; G . Allegretti, Disfecemi Maremma. Note sulla disertata "città" del Sasso di Simone, in "Studi montefeltrani", 13, 1986; Id., La città del Sasso cit.; F . V . Lombardi, La Contea di Carpegna, Urbania 1977; A . Veggiani, Tracce di insediamenti preistorici sul Sasso di Simone, in "Emilia preromana", 6, 1970, pp. 101-107; C . Leonardi, La relazione della visita apostolica del vescovo Gerolamo Ragazzoni al nullius dicecesis di Sestino, 1574, in "Studi montefeltrani", 13, 1986; W. Monacchi, / / terrìtono del Montefeltro in età romana, in Aa.w., Monumenti e culture nell'Appennino in età romana, Roma 1993, pp. 15-32.

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Sul problema: G . Lotti, Consilium prò ilLmo comite Horatio Carpineo et eius castro Castellatice in causa finium communis defensionis cum castro Martiliani serenissimi magni ducis jEtrurice, Mantova 1603; G . Renzi, Antiche vicende dei confini tra Marche e


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col titolo di San Michele Arcangelo, abbazia nullius ma ascritta nell'ambito della diocesi feretrana ^; 3) il progressivo decadimento dell'abbazia coincide con la crescente "tutela" che su di essa assumono personaggi della casata degli Oliva (Piandimeleto), fino al suo incameramento nel 1462 da parte della consorella di Santa Maria del Mutino Andando a ritroso, in un excursus che avrebbe bisogno di qualche approfondimento, il Sasso di Simone lo troviamo entro i confini della Massa Trabaria, secondo il diploma ottoniano del 1209 (provincia della quale Sestino è una delle pievanie comprimarie), e assai prima dentro i confini del municipium romano dei Sestinates ^. Questi riferimenti, che crediamo non del tutto superflui, n é contraddittori, restano, comunque, come scenario di fondo, nel quale si proietta la futura vicenda quotidiana del Sasso di Simone. I l discorso assume a riferimento alcuni precisi periodi ed episodi storici, in quanto emblematici dell'intera questione. Base sufficientemente solida, sul piano storico, ed esplicita sul piano operativo sono i documenti di confinazione del 1398-1399 tra Mardgliano/Castellaccia e tra Mardgliano/San Sisto, allora dei cond di Piagnano. Sestino, in quel periodo, era governato dai Malatesta di Rimini, che si erano spind, nel 1372, fin nella Valtiberina, e la casata

Toscana, San L e o 1972; Lombardi, La Contea di Carpegna cit.; I d . , Dalla Massa Trabaria al ducato di Urbino, in G . Allegretti (a cura). Frontino, V . Verucchio 1990, pp. 43-66; G . Martellini, G . Lorini, Voto a favore della Toscana nella vertenza colla S. Sede sulla sovranità delle antiche contee di Carpegna e Scavolino, Firenze 1860. Per i fondi archivistici di riferimento: Archivi comunali di Sestino, Casteldelci, Verghereto; Arch. St. Firenze, Confini e Urbino; Bibl. univ. Urbino, Comune, voi. 82; A r c h . St. Pesaro, Leg. ap.. Revisione dei confini dello Stato ponfificio; A r c h . St. Forlì; Bibl. Oliveriana Pesaro, ms. 1520. 6

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A . Potito, Visita apostolica di mons. Ragazzoni e Chiese del Pleberio agli albori del Capitanato, in Aa.w., Il Capitanato di Giustizia del Sasso di Simone cit. p. 82; L . Donati, Regesti di pergamene inedite del Montefeltro. Sec.XII, in "Studi montefeltrani", 1, 1971, pp. 115-138; Id., Aspetti giuridici e socio-economici quali risultano dalle pergamene delle abbazie del Sasso di Simone e S. Maria del Mutino, in Aa. w . , / benedettini nella Massa Trabaria, atti conv., Sansepolcro 1982, pp. 163-170; W. Tommasoli, Per una storia delle signorie minori fra Marche e Romagna: i conti Oliva di Piandimeleto, in A a . w . , // convento di Montefiorentino, atti conv., San L e o 1982. Leonardi, La relazione della visita cit.; Donati, Aspetti giuridici cit.; G . Allegretti (a cura), Girolamo Ragazzoni e la Feretrance ecclesiee visitatio. 1574, San Leo 1989. V . Lanciarini, // Tifemo Mataurense e la provincia di Massa Trabaria, reprint, Sant'Angelo in Vado 1988; T . Codignola, Ricerche storico-giuridiche sulla Massa Trabaria nel XIII secolo, Firenze 1940; F . V . Lombardi, Il plebato di Sestino fra XII e XV secolo, in La pieve di Sestino cit., pp. 41-55; A . Minto, Sestinum (Sestino), Roma 1940.

G . Renzi

Marche o Toscono?

degli Oliva era retta dal conte Bessarione o Bisaccione, personaggio tra i più autorevoli nella storia di quella casata. Non è improbabile, pertanto, che certe puntigliose esigenze di riaffermazione di proprietà e di giurisdizione fossero il riflesso della movimentata situazione politica e delle spinte contrapposte conseguend alla presenza malatestiana, nel contesto della microfeudalità locale. I l 20 febbraio 1399 furono concordati confini e giurisdizione tra Martigliano e Castellaccia ^, iniziando dal Poggio del Montale o Antigola, proseguendo per "silvas Simonis [...] usque ad confìnem Martiliani" (dove fu collocato il 3° termine), proseguendo poi "per dictas silvas Simonis usque ad flumen sive fossatum Seminici" (4° termine); continuando, poi, lungo il detto Seminico fino ai confini "curias Martiliani versus serram Plani Vallium" (5° termine). Nel luglio dello stesso anno furono apposd i termini di confinazione tra Martigliano e San Sisto: "incipiendo a Turre Peschii sive Petralonga [...] descendendo recto tramite ad locum qui dicitur Petraguttola [...] (2° termine, affisso su un sasso). I l terzo termine fu messo a dimora sul Colliccione, il quarto a " i Saudi" e infine il quinto a "sommo della Valle o Pallareto". I documenti, invero, sono ricchi di annotazioni, qui non riprese, e soprattutto disegnano, nel complesso, un redcolo di strade, le quali fanno supporre una densa frequentazione antropica ed un territorio nevralgico non solo per economie agro-silvo-pastorali. Ma soprattutto essi definiscono una linea confinaria che si pone a oriente del Sasso di Simone, senza giungere a interessarlo direttamente, restando, esso, sopra il descritto confine Martigliano/Castellaccia.

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Rinviamo, per i documenti richiamati, a: Renzi, Antiche vicende cit., pp. 111-114.

Appunti di lavoro delia confinazione Diacceio (1556-58), Ìii AsC


IB,

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G . Renzi

Marche o Toscana?

T r a i l 1489 e i l 1491 si sviluppa un secondo momento di rilevand tensioni confinarie, con sentenze contraddittorie o non attivate ma che comunque recano u n inequivocabile apporto all'individuazione giurisdizionale del Sasso di Simone, proprio mentre si registra, per un verso, i l decadimento dell'abbazia di San Michele Arcangelo e per l'altro una più vigorosa presenza dei conti Oliva, per merito del conte Carlo sono proprio gli Oliva che premono sui vecchi confini, cercando di "sforare" verso i l Sasso. Così nel 1491 si addivenne ad uno strumento quale "transactio et finium terminatio et appositio" che interessava San Sisto, Sestino e Presciano, i l quale specifica: "Quia incipiendo a ulteriori parte Sassi Simonis aspiciente versus Carpineum [...] quae pars habeatur p r ò primo termino ita tamen quod totum Sassum Simonis sit et remanere debeat totum et liberum hominum et

universitatum prsedictorum castrorum Sexdni et Riprasciani" I controversi documend mai mettono in discussione lo 5^ato amministrativo del Sasso di Simone mentre evidenziano che si disputa "come" arrivare a confinare con esso. I n definitiva le varie c o m u n i t à si contendono un varco per l'accesso al Sasso o per arrivare a confinare con esso, il controllo delle strade e quindi dei commerci e lo sfruttamento dei terreni prospiciend (coki e incoki). L e strategie polidche delle signorie attive nello scenario medio-italico creano i l "caso" politico, vedendo nel Sasso di Simone uno strumento di pressione verso le popolazioni, di controllo di territori posti in posizione nevralgica, giacché "dictus locus est maxime importantie quia est locus eminentissimus, inexpugnabilis et existens in confinibus plebatus Sixdni domini ducis Urbini, florendnorum, comitum lohannis et Ugonis de Carpegna, comitis Caroli de

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Sul conte Carlo e, in generale, sugli Oliva: Tommasoli, Per una storia delle signorie cit.; Id., I conti Oliva a Piagnano nelsec. XV, in G . Allegretti (a cnT?^), Piagnano, Pesaro 1988; F . V . Lombardi, / conti di Piagnano nel Medioevo, ivi, pp. 7-11.

Arch. St. Firenze (Asf), Confini, f. 59: i documenti, comunque, sono replicati in copia in p i ù e diverse collocazioni; A r c h . Palazzo Carpegna (per gentile concessione del principe Guidubaldo Falconieri), Confini, Instrumenti, I ; cfr. anche A r c h . St. Cesena, Notarile, Gaspare Marzi, 1489-92, (14-21) -108.

Contea, di Larpt(jna.

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Studi montefeltrani

IB, 1995

Piagnano, ecclesie romane et dominii ariminensis, et est quasi una clavis totius diete Provincie Romandiole et quod quotiescumque in dicto Saxo edificsetur castrum et custodiretur per aliquem dominum potestatem posset quasi leo fortissimus dirruere omnia alia castra et loca circumstanda et impune se tueri" Questa "interpretazione" strategica del Sasso è tradotta in pratica da Malatesta Novello, signore di Sesdno e di Cesena, che attorno al 1454 vi iniziò la costruzione di un vero e proprio castello fortificato. I n relazione a ciò una serie di testimonianze affermano (e ciò importa al nostro discorso): "Item dixerunt quod singulo anno diebus dominicis iunii in dicto Saxo cellebratur nundine et semper vicarius plebatus Sixtini cum guardia semper 300 hominum et ultra dicti plebatus vadit ad custodiendum dictum locum ne rixe fiant et ibi per homines dicti plebatus fmnt taberne cum vasis bullatis bulla comunis dicti plebatus" Questa appartenenza del Sasso al "plebatus" di Sesdno è così riconosciuta che non viene messa in discussione neanche dalle vertenze che ebbe Frontino con i confinanti nel 1419, nel 1496 (quando, nel periodo della sua massima espansione, il suo territorio parte "dal Sasso grande di Simone, cioè dal cantone verso Carpegna") e nel 1504, quando i l suo confine si attesta "alle Schieggi de la Val del Prete: et da indi in là sino al Sasso di Simone è territorio de la Castellaccia" Di adamantina chiarezza è, ancora, un lodo del 15 ottobre 1531, dato per arbitrato del conte Francesco di Gattaia e del conte Guidone di Carpegna, proclamato "in camera contigua soprascripte sale magne suprascripti palatii Corgnani", località alle porte di Sestino ma allora - come ora - appartenente a Carpegna: che essi si facessero garanti della composizione delle liti reiteratamente verificatesi tra Presciano e Sestino, sottolinea la loro estraneità alle località che contribuiscono a dividere e confinare. Tale confinazione - prendendo atto che, per la conformazione dei territori, non è possibile ripartirli equamente e distintamente tra le due c o m u n i t à - attribuisce un terzo dell'area a Presciano e due terzi a Sestino, con una preziosa precisazione; e cioè: ponendo il primo termine "veniendo versus Sextinum et Riparsianum a Schiegia sive Schiegione saxi qui dicitur Saxum Simonis [...] itaque dictum Saxum Simonis remaneat et sit in dicds duabus tertiis comunitatis Sextini integraliter". L a situazione, dal punto di vista pratico, è così bizzarra, che il

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Conti, I Malatesta a Sestino cit., p. 105 Ivi, p. I l i Arch. Palazzo Carpegna, Confini, tomo I I I , n. 34.

G , Renzi

Morche o Toscano?

"comodato" si realizza facendo sfruttare quei terreni e sue adiacenze due anni a Sestino e un anno a Presciano: soluzione accolta anche dagli statuti di Sestino del 15 ottobre 1540, che mettono in guardia dall'usurpare i beni e pasture del Sasso nel periodo dei due anni nel quale spetta a Sestino la pastura E ' la certezza che il Sasso di Simone appartiene alla podesteria di Sestino, e quindi alla Toscana, che consente a Cosimo I di riassumere, nel 1565, il disegno malatestiano, dando l'avvio alla costruzione di una nuova città/fortezza: operazione che sarebbe stata impossibile se il sito non fosse stato di sua piena disponibihtà e giurisdizione E solo quando si avverte la necessità (1575) di dare una struttura al mercato che si svolgeva all'aperto, e da tempo immemorabile, ai piedi del Sasso di Simone, dovendo, la costruzione, essere collocata in prossimità del confine con Castellaccia di Carpegna, non lontano dalla "posta" dove essa faceva pagare le gabelle per le merci in transito, il granduca - forse per gesto di cortesia e di buon vicinato - chiede il "consenso" del conte di Carpegna: "Porticus Saxi Simonis fuit factum a serenissimo magno duce prius requisito consensu illustrissimorum dominorum comitum

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Asf, Confini, £ 59. Per Presciano: A r c h . com. Sestino (Acs), f. 297, t. I l i , Partiti di Presciano: i l 23 aprile 1561 fu fatto l'incanto "per chi voleva comprare le pasture del Sasso per questo anno che viene del 62 con questi patti che chi le volerla comprare dovesse dare li denari contanti per i l tempo di otto giorni proximi e da venire, p e r c h é questi denari se deputarano al massaro con questi patti che dovesse fare el pane da vendere per tutto giugno" (c. 19). Nel 1580 vennero messe all'incanto e aggiudicate a 'Vangelista di Piero del Paradiso per prezzo di scudi quarant'uno de moneta de grossi venti" (c. 95). Tornando ai contenuti del lodo 1531, che esplicita una ricca messe di microtoponimi e di "situazioni" quotidiane, rileviamo succintamente che i confini tra Presciano e Sestino furono così delineati: da "Schiegia sive Schiegione Saxi" al "Colle delle rupine", ad un "coUiculum rotundum", "ad quemdam lapidem magnum" diviso in mezzo, al "raggio del Casciano", alla "strada dei Cavalieri". Q u i terminava la parte indivìsa tra Presciano e Sesdno e il confine proseguiva fino ai beni di Donino della Petrella, al "raggio di Monte Robonio", al "fossato del Vado", alla vigna di tal Giovanni di Presciano e ad altro fossatello, discendendo, poi, "per la via vecchia" fino ai beni di Magi di Tommaso da Presciano in luogo "tra le vie", ai beni di Cecco di Giovanni da Monte Cerignone e quindi alla "fonte Aquaiola"; il confine seguiva, poi, il "fossato della fonte dell'Aquaiola", scendeva al Seminico, risaliva, infine, al colle rotondo detto "Colle de la Traforata".

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Per la storia della fortezza: Potito, La fortezza medicea cit.; Coppi, La fortificazione cit.; Spini, Coppi, Renzi, Potito, Il Capitanato di giustizia cit.; Allegretfi, La città del Sasso cit.; Renzi, Mestieri e quartieri nella città-fortezza del Sasso di Simone in una relazione del 1644, in "Studi montefeltrani", 17, 1993, pp. 85-111; M . Ferrara, La fortezza del Sasso di Simone, in Aa.w., Il potere e lo spazio: riflessioni di metodo e contributi, Firenze 1980, pp. 99412.


Studi montafaltroni

18, 1 9 9 5 G . Renzi

Carpinie, qui prestiterunt consensum" Sono testimonianze raccolte a favore di Castellaccia, è vero, nelle immarcescibili vertenze comunitative; ma è diffìcile considerarle meramente di parte e irrilevand anche quando affermano: "Homines Castellatie et forsan convicinos qui verosimiliter adesse potuerunt stante notabili novitate accessus eiusdem serenissimi ad dictum Saxum ubi fuit tractatum de dicto portico [...] Gabelle seu pedagia semper fuerunt exacta per gabellarios Castellatie in loco dicto il Bottaccio suptus porticos Saxi Simonis, et iuxta mcenia dictorum porticorum ex parte versus Castellatia post fabricatam fortilitiam Saxi, antea vero ad scalas seu prope scalas Saxi, ab omnibus transeuntibus cum quolibet genere mercium et particulariter ab hominibus dicti castri Sancti Sixti et Planimeleti" Molti i riscontri su questo aspetto non secondario della imposizione delle gabelle; pagano "de Penna mercatores lini et lane"; un "merciarium de Sancto Angelo in Vado qui solvit ut supra, omnes phigulos durantinos si fuerit opus, et omnes calceolarios et galligario[s] Penne Billorum" ^^: tutte tesdmonianze che confermano non tanto la situazione politicoamministrativa del Sasso di Simone quanto connotano consuetudini mercandU e intreccio di poliversi interessi nell'area circostante al ciclopico masso: loro scopo, comunque, è di attestare la contiguità dei territori di Castellaccia e Martigliano nella fascia territoriale che si situa alle pendici del Sasso. L a città-fortezza resistette - sottoposta a varie vicissitudini e limitazioni - sotto il libero dominio fìorendno, ed anzi elevata a rango di capitanato di giustizia, fino al 1673 quando fu messa in disarmo; nel 1712 i beni residui (unità edilizie, manufatti, terreni) furono dati in affitto poi furono venduti dal governo granducale a vari privati e accatastati agli estimi della podesteria nel 1777 Dunque tutto

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Marche o Toscana?

conferma la piena e libera giurisdizione di Sestino e di Firenze sul Sasso di Simone; n é questo vien meno nei decenni successivi quand'esso è ormai ridotto a "cadavere" di città e a terreno agro-pastorale. Altro punto cardine e incontrovertibile dell'appartenenza del Sasso di Simone alla Toscana, allora granducato, è costituito dalla prima e generale confinazione realizzata a partire dal 1786 tra i l granducato, la contea di Carpegna e lo stato pontificio, che aveva ormai incamerato tanto la contea degli Oliva quanto lo stesso ducato di Urbino. I solenni strumenti di confinazione parlano chiaro: i termini "triplici" (cioè tra stato pontifìcio, contea di Carpegna e granducato), nel tratto in questione, erano "dietro i l Simoncello", sul Seminico (il fossatello tributario del Mutino), dal quale il confine arrivava - per il conte Antonio di Carpegna - "fino all'angolo del Sasso di Simone e che mediante i l divisato accomodamento dovrà rimanere di libera giurisdi-^

Testimonianze sulle controversie del sec. X V I tra Castellaccia e San Sisto (Arch. Pai. Carpegna, Confini, I ) . Ivi. Ivi. Asf, Fabbriche, f. 1939, n. 1422; l'atto è rogato "Biturgiae domi infrascripti d. de Alberti", alla presenza di Giuliano Alberti, provveditore della fortezza della città di Sansepolcro, con licenza di Pietro Guerrini, provveditore delle fortezze. Cfr. anche: Acs, f. 322, I , Libro di deliberazioni e paniti per la Comunità di Sestino: nel 1777 Antonio Maria e fratelli Ligi della Petrella Massana acquistano "per compra da sua altezza reale tutto il recinto dell'antica fortezza del Sasso di Simone e sue adiacenze, situato nel comune di Sestino, ed il tenimento di terre sode e macchiate al sudetto Sasso contiguo, posto nel comune della Petrella, nessun de' quali effetti si trova descritto a rispettivi estimi" (c. 25). Particolare del Calaala leopoldinu, m Asii


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G . Renzi;

studi montefeltrani

zione di codesto dominio" (cioè della Toscana) Con razionale e scrupolosa medcolosità la descrizione del confine con Carpegna è così riferita: parte da un punto "distante dall'angolo del Sasso di Simone canne dieci fiorentine, che sono canne romane dieci, palmi zero, once nove e punti uno, e seguita la base di detto Sasso di Simone a far confine fino ad altr'angolo del medesimo [...] Da questo punto il confine stesso p r e n d e r à la direzione del crine invariabile del monte sino ad un monticello denominato Simoncellino [...] di dove perverrà alla base del Sasso di Simoncello, come dimostra la pianta, perverrà al punto n. X , ove t e r m i n e r à di esser confine con lo stato di Toscana la contea di Carpegna, succedendo quella di Scavolino nel comune di Miratolo" L e piante della confinazione che interessano questo tratto sono tre, tutte del 27 settembre 1788: la n. 1 con 21 termini definisce i confini tra il vicariato di Sestino e la comunità di San Sisto, fino al fosso del Seminico; la n. 3 definisce il confine ai piedi del Sasso, tra il fosso del Seminico e l'angolo del Simone verso Carpegna, attraverso la messa a dimora di sei termini; la n. 4 disegna il confine tra Sestino e la contea di Carpegna, dall'angolo del Sasso di Simone fino all'angolo ovest del

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A s f , Confini, f 365; cfr.: Renzi, Antiche vicende cit., p. 105. Ivi, p. 106; cfr.: Arch. St. Pesaro, Revisione dei Confini dello Slato Pontificio, Confinazione tra Sestino e Carpegna, tomo V (1787-88), c. 33.

'ariicolare del cessalo Culailo purUiJicio di Pesaro e Urbino, mappa di Carpegna, in Asp

Marche o Toscono?

Simoncello Dopo circa quattro secoli di controversie confinali si sigilla con un "imprimatur" internazionale l'ininterrotta appartenenza del Sasso di Simone a Sestino. A n c h e i l catasto leopoldino del 1826 e le sue filiazioni, ottocentesche ^'^ confermano la situazione con disegni mappali chei presentano almeno due pregi: posizionano al centro della pianura sommitale del Simone le rovine dell'abbazia, p e r c h é evidentemente erano ancora elemento visibile e rilevabile; e documentano altresì la presenza di più strade che confluiscono al Sasso di Simone: tracciati, quindi, ancora attivi o riconosciuti, che sintetizzano perlomeno il palinsesto dei "servizi" di cui godeva la zona. Ma ancora p i ù l'analisi della struttura particellare e proprietaria della sommità del Simone, d i c h i a r a la completa trasmigrazione dell'acrocoro verso u n a

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A s f , Piante moderne. Vicariato di Sestino; sono state pubblicate in: Renzi, Antiche vicende cit.

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A r c h . St. Arezzo, Catasto Leopoldino, C o m u n i t à di Sestino, sezione B detta del Presciano e Sasso di Simone, foglio unico levato in pianta dal geometra di prima classe Francesco Leanti, colla scala da uno al cinquemila, terminato sul terreno nel settembre del 1826; per l'escussione particellare: Catasto leopoldino, Sestino, 1, tavola indicativa dei proprietari e delle p r o p r i e t à rispettive. Copia dì tale catasto in A r c h . Istituto interregionale studi e ricerche della civiltà appenninica, Sestino. Per la contigua zona marchigiana: Arch.St. Pesaro, Catasto Pontificio, (1816-1921), mappa di Carpegna, porzione I I , 14, fogli X I X - X X .

Regione Toscana, pianinieLiia caiaslale Sasso di Simone e Simoncello


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studi montel^ltrani

connotazione silvo-pastorale. Nel 1826, infatti, l'intera estensione cacuminale è suddivisa in poche pardcelle, appartenend ai primi acquirenti o a loro discendenti. L a particella n. 7, comprendente "lato modo" i già quartieri di Sansepolcro e di Sestino, di proprietà "Ligi Barboni Luigi di Niccolò della Petrella Massana", è descritta come "pastura e sterpi", di braccia 25.744; la particella 8, comprensiva dell'area abbaziale dall'attuale croce monumentale al dirupo sulla zona franosa e calanchiva del Seminico di Sestino, appartenente allo stesso proprietario, è prato di braccia 88.386; la particella 9, di proprietà di Ligi Barboni Luigi di Niccolò e Antonio di Giuseppe, è costituita dalla "fontana" (cisterna), di braccia 168; la particella 10 comprendente all'inarca la zona pertinente all'antica fortezza e ai quartieri di Pieve Santo Stefano, è di Ligi Barboni Antonio di Giuseppe, descritta come "pastura e sterpi" di braccia 12.784; la particella 11, che si riferisce alla parte prativa

C a r i a I G M , loglio

Mercalo Saraci'iio (part.)

G , Renzi

Marche o Toscana?

prospiciente il Simoncello, di proprietà ancora di Ligi Barboni Antonio di Giuseppe, è classificata "prato", di braccia 74.646. L a strada di accesso che s'inerpica dal piede del Sasso lungo la parete rocciosa ad est, è accatastata come particella 6, di proprietà di Ligi Barboni Luigi di Niccolò della Petrella Massana descritta "pastura e sterpi", di braccia 14.592. L a parete protetta dall'antica porta del soccorso é la particella n. 12, "Sasso nudo", di braccia 59.916, il cui proprietario è Ligi Barboni Antonio di Giuseppe. L a zona a pie' del Sasso, interessata dalla presenza dell'antico portico del mercato, è suddivisa nelle particelle 13 ("pastura e sterpi", di braccia 43.076, di Ligi Barboni Antonio di Giuseppe) e 15 (ancora "pastura e sterpi", braccia 35.756, proprietario Ligi Barboni Luigi di Niccolò). Non distante, nella vallicola tra Bottaccio dell'Abate e fosso del Bottaccio, figura la particella 39, intestata alla "Cappella di Santa Maria


18, 1 9 9 5 Sludi montefeltrani

Maddalena del Sasso di Simone, rettore don Francesco Ruggeri, pastura, di braccia 168.384". L'intera area, dunque, per quanto^ in materia il dato possa valere, figura proprietà della famiglia che l'acquistò all'atto della vendita del "recinto della fortezza", appunto, da parte di Firenze. Invero, non tanto il Sasso di Simone, quanto l'intero confine orientale tra granducato toscano e Stato pontificio presentava situazioni aggrovigliate e pesanti, sul piano pratico, per le varie popolazioni confinanti. Tentativi di rettificare tale arruffata matassa confinaria, per rendere la linea giurisdizionale meno tortuosa e più riconoscibile e praticabile, non mancarono ma si risolsero sempre in un nulla di fatto, in virtù di questioni di principio che dal 1520 pendevano tra Santa Sede e Firenze circa il territorio di Sestino: territorio della Chiesa, da Leone X dato "in pegno" alla repubblica di Firenze in attesa di

G . Renzi

riscattarlo pagando le pendenze risalenti ai primi anni venti del '500 L'unità d'Italia ereditò la situazione nei termini descritti, per cui Sestino rimase - ed ancora oggi lo è - interamente alla Toscana e il Sasso di Simone vide passare ai suoi piedi non più il confine internazionale sanzionato a fine '700 tra Stato pontificio e granducato dei Lorena ma quello più domestico dei comuni di Carpegna, della provincia di Pesaro e Urbino e quindi della regione Marche. Solo la cartografia moderna "attenta" a questo quadro storico consolidato. L e carte I G M - compilate nel 1943 dai rilievi del 1937, e i successivi aggiornamenti - sono la fonte dell'errore, che poi trasmigra nelle ortofotocarte regionali. L ' I G M non ricalca pedissequamente i vecchi tracciati confinali - misurati, riscontrati, descritti "in verbis", disegnati "in faccia ai luoghi" e "fermati" da paletti provvisori e poi da termini in pietra come voleva l'arte degli antichi architetti, ingegneri e agrimensori - ma, giunti al Sasso di Simone, traccia arbitrariamente un tratto in linea retta verso il Simoncello, spaccando con i l confine interregionale la città-fortezza o meglio le vestigia dell'utopia malatestiano-medicea: si p u ò dire, con approssimazione, che, con le carte I G M le Marche "entrano" per la porta d'ingresso ed escono dal Sasso per la porta del soccorso e da qui si dipartono verso il Simoncello. Le ortofotocarte sono ancora più approssimative, e non solo in questo tratto; sono anche le più contraddittorie p e r c h é evidentemente si sono scontrate con dati anomali: la ortofotocarta regionale delle Marche, foglio 279, Urbino, sezione 279010 (Carpegna) collima con la carta topografica marchigiana, foglio 108, Mercato Saraceno, quadrante 108, I I , e ambedue, appunto, suddividono il Sasso tra le due regioni. Ma la ortofotocarta regionale Toscana riferita allo stesso areale, attribuisce i l Sasso di Simone alla Toscana, collocando lo svincolo confinale al "puntone" verso Carpegna (punto fermo nella storia del confine), anche se "aggiusta" in più parti l'andamento del "limes" interregionale Restano fedeU alla storia - ed è comprensibile- i catasti. Essi, invero,

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Oriol<»[()<;iiia iigioiic

loscaiia

Marche o Toscana?

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G . Renzi, Progetto di permute tra Granducato di Toscana e Contea di Carpegna, in "Studi montefeltrani", 5, 1978; Id., Casteldelci territorio di frontiera tra Urbino e Firenze dal '500 al '700, V . Verucchio 1993; Id., Sestino. Storia cit., pp. 57-59. I n effetti i l problema, non risolto, del "pegno" pare assumere contorni assai interessanti e nuovi, secondo uno strumento stipulato il 28 aprile 1524 tra Sestino e la repubblica fiorentina, la quale "volle in tal guisa riconoscere o ricompensare la fedeltà di detti sestinesi i quali, allorché nell'anno 1522 tutta la provincia Monte Feltro r i t o r n ò sotto il dominio del sommo pontefice, non volsero aderire alla chiamata, alle promesse e minacce dell'istesso pontefice, proferendo di mantenersi costanti nell'obbedienza del comune di Firenze" (Asf, Miscellanea Medicea, f. 523, c. 529r). Carta tecnica della regione Toscana, ortofotocarta al 10.000, sezione 278040.


Studi montefeltrani

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vengono periodicamente controllati, p e r c h é oggetto di numerosi atti e p e r c h é sovente portano gli autori sul posto, i quali controllano le misure "sul campo" e si appoggiano a termini e pund naturali inamovibili. Anche per i catasd, dunque, il Sasso di Simone è ancora collocato in Toscana. U n catasto ottocentesco, riportato da D i Pietro e Fanelli , collima con quello leopoldino, già citato, e con quelli attualmente in uso negli uffici tecnici comunali. I l foglio 19 del catasto comunale di Carpegna esclude il Sasso di Simone dal proprio territorio, mentre il corrispondente catasto sestinate lo include nel proprio ambito Tutto ciò è in linea con la tradizione e la storia. Se r i G M ha spaccato, consegnandolo a due regioni, il Sasso grande, è fatto del tutto arbitrario e non modifica di per sé lo status geoamministrativo di esso. Sul piano giuridico, infatti, se è vero che lo Stato con legge n. 68 del 02.02.1960 ha riconosciuto gli elaborati IGM come carta ufficiale dello Stato, è altrettanto vero che il succedersi delle norme che disciplinano l'organizzazione dei comuni, delle provincie e delle regioni prevede sempre una precisa procedura amministrativa e volontà politica per variare i confini comunali o delle altre circoscrizioni territoriali. C'è una prassi mai unilaterale o di ufficio ma atti di iniziativa dei consigli comunali, provinciali, regionali e, ultimamente, per proposta referendaria. L a stessa Costituzione della Repubblica italiana disciplina la materia con gli artt. 117, 132 e 133 Non p u ò essere, pertanto, l'errore o la decisione di un cartografo a modificare - di poco o di molto - le circoscrizioni e il territorio degli enti locali. L'errore cartografico, ovverosia la modifica risalente alla sintesi ricostruttiva IGM - evidentemente frutto della irrilevanza storico-economico-strategica del sito in epoca moderna (in controtendenza con alcuni periodi storici, cicHcamente ricorrend, tra i quali si ascrive anche la stagione presente) affida, così, a Toscana e Marche, in una cogestione che riecheggia i termini del lodo antico Presciano/Sestino, un unicum per conformazione geologica e caratterizzazione storica, costituendo, in tal modo, una "situazione ambientale" anomala che aggiunge legittime curiosità su una località segnata profondamente da millenni di storia e di storie poliverse.

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G . D i Pietro, G . Fanelli, La Valle Tiberina Toscana, Arezzo 1973, p. 506, sch. 1115. Planimetria catastale, scala 1:5.000, elementi 278042 (Sasso di Simone) e 278043 (Simoncello). I n precedenza la materia era disciplinata dal T U della legge comunale e provinciale, approvata con R D del 3 marzo 1934, n. 383, che al tit. I I , art. 32 prevedeva, in casi del tutto particolari (ma non è i l caso nostro), anche procedure d'ufficio per la rettifica di confini. Attualmente la materia è regolata, recependo i principi costituzionali, dall'art. 11 della legge n. 142 dell'S giugno 1990.


Carlo Bisci, Francesco Dramis, Mariantonia Romano

Frane storiche nell'Appennino marchigiano: informazioni rilevabili a partire dall'analisi di una bibliografia sismologica aggiornata


Studi montefeltrani

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N e i secoli passati, p e r molto tempo, l a p a r o l a "terremoto" h a indicato semplicemente u n m o v i m e n t o d e l terreno; n e l l a sua accezione generica, q u i n d i , tale t e r m i n e p u ò riferirsi tanto a d u n evento sismico quanto a d u n a f r a n a ^ A l c u n i studi recenti h a n n o evidenziato u n n u m e r o significativo d i casi i n c u i i l r i m a n e g g i a m e n t o delle fonti o u n a l o r o n o n attenta lettura o interpretazione h a n n o portato a catalogare come eventi sismici g e n e r i c h e citazioni d i m o v i m e n t i d e l terreno 2. F r a n e e t e r r e m o t i sono eventi n a t u r a l i che lasciano u n a traccia n e l l a m e m o r i a d e l territorio i n c u i accadono, e d è pertanto possibile cercare testimonianze u t i l i p e r u n a ricostruzione delle fenomenologie e d ascriverle n e l l a giusta classificazione. N e l l a regione M a r c h e , e d i n particolare n e l Montefeltro, i l p r o b l e m a d e l l ' i n s t a b i l i t à costituisce u n f e n o m e n o diffuso s u quasi tutto il territorio, a tal p u n t o d a assumere u n a grande r i l e v a n z a sociale e d e c o n o m i c a essendo causa d i i n g e n t i d a n n i e d e l l a p e r d i t a d i n u m e r o s e vite u m a n e . L e statistiche ufficiali p e r il p e r i o d o 1868-77 r i p o r t a n o che l a percentuale d i decessi p e r caduta dall'alto, p e r schiacciamento sotto frane, alberi, rovine d i fabbricati, valanghe d i neve ecc. raggiunge i l 6 8 , 7 1 % d e l totale delle m o r t i a c c i d e n t a l i a livello regionale (secondo valore a livello n a z i o n a l e ) , c o n l a m e d i a p i ù alta ( 9 1 , 9 8 % ) n e l l a p r o v i n c i a d i PesaroU r b i n o ^ . Successivamente, l ' A l m a g i à ^ r i f e r e n d o s i a l l ' a r e a d e l Montefeltro l a definisce c o m e u n a delle zone " i n isfacelo" a causa delle n u m e r o s e frane che si verificavano. A n c h e se n o n m a n c a n o b u o n i esempi ^ d i catalogazione sistematica

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?.Mbmi,A.Be{ìa.nì,M.Stucchi/rerremoti efranenelle Alpi Cent^^^ della Litosfera, CNR, Milano 1990. P. Albini, J . Vogt, Landslides and earthquakes in historical sources: case histories, 1992, in F. Faccioli, A. Peker (acura), Proceedings of theFrench-Italian Conferenceson SlopeStability in Seismic Areas, Bordighera 1992. A. Carpanelli, Il Montefeltro, Firenze 1906. R. Almagià, Studi geografici sullefranein Italia, voi. I I , L'Appennino centrale e meridionale. Conclusioni generali, in "Memorie della Società Geologica Italiana", 15, 1910. Ad esempio: G. Brancucci, R. Castello, M. Lombardi, P. Maifredi, S. Nosego, Il censimento dei fenomeni franosi come base per la valutazione dell'instabilità dei versanti, in "Memorie della Società Geologica Italiana", 19, 1978; P. Canuti, P. Focardi, C.A. Garzonio, D. Morini, F. Pittalunga, P. Vannocci, Il censimento dei fenomeni franosi: metodologia e finalità per lo studio della stabilità dei versanti nella regione Toscana, Conferenza nazionale sulla cartografìa, Firenze 1979, in "Studi di Geologia Applicata e Geologia dell'Ambiente", 12, 1979; F. Guzzetti, M. Cardinali, Carta inventario dei movimenti franosi della Regione Umbria ed aree limitrofe, CNR-GNDCI, 1989; F. Guzzetti, M. Cardinali (a cura), Carta inventario dei movimentifranosidella Regione Marche ed aree limitrofe, CNR-GNDCI, 1993.

C . Bisci, F, Dramis, M. Romano

Frano shorìche nell'Appennino marchigiarto

delle frane attuali p e r aree ristrette e progetti d i r e c u p e r o d i u n a storia regionale delle frane per gli u l t i m i 100 a n n i ( P r o g r a m m a speciale "Studio c e n t r i abitari i n s t a b i l i " ) , fino a d oggi n o n sono m a i state eseguite catalogazioni sistematiche delle frane c h e h a n n o interessato i l territorio nazionale ^ c o n u n a completezza paragonabile a q u e l l a raggiunta dai v a r i cataloghi sismici n a z i o n a l i e regionali, quale, a d esempio, quello prodotto n e l l ' a m b i t o d e i lavori d e l Progetto F i n a l i z z a t o G e o d i n a m i c a / C N R . Considerate le analogie tra i due f e n o m e n i (tanto linguistiche quanto d i impatto s u l l ' a m b i e n t e e sulla m e m o r i a dei t e s t i m o n i ) , ci si è chiesto quindi: 1) quante delle i n f o r m a z i o n i relative a i t e r r e m o t i registrati n e l g i à citato catalogo sismico d e l P F G / C N R fossero i n r e a l t à d e i f e n o m e n i franosi interpretati d a i c o m p i l a t o r i d e l catalogo come eventi sismici; 2) se d a l l ' a n a l i s i d e l l a base i n f o r m a t i v a usata p e r l a catalogazione dei t e r r e m o t i storici si potessero ricavare i n f o r m a z i o n i e d i n d i c a z i o n i u t i l i p e r u n p r i m o tentativo d i censimento delle frane; 3) q u a l i dei t e r r e m o t i storici riportati n e l suddetto elenco avessero innescato degli eventi franosi. N e l l ' a r e a studiata n o n sono emerse evidenze tali d a i n d u r r e a d afferm a r e che p e r l ' i n t e r v a l l o d i tempo considerato n e l Catalogo dei terremoti italiani d e l P F G / C N R ^ siano riportati eventi n o n d i n a t u r a sismica. P e r r i s p o n d e r e a l m e n o i n parte ai r i m a n e n t i due interrogativi si è ritenuto o p p o r t u n o effettuare u n ' a p p o s i t a analisi conoscitiva p e r il periodo d a l l ' a n n o M i l l e a l l a fine d e l X I X secolo su d i u n ' a r e a c a m p i o n e che, sia p e r motivi d i v i c i n a n z a geografica c h e p e r motivazioni p i ù strettamente scientifiche, è stata i n d i v i d u a t a n e l l a p o r z i o n e a p p e n n i n i c a d e l territor i o regionale m a r c h i g i a n o , i n quanto è risultato d a analisi p r e c e d e n t i ^ che p r o p r i o i n questa fascia a p p e n n i n i c a e p r e a p p e n n i n i c a è concentrato il maggior n u m e r o d i dissesti storici.

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R. Almagià, Studi geografici sulle frane in Italia, voi. I , parte generale, L Appennino settentrionale e il Preappennino tosco-romano, in "Memorie della Società Geologica Italiana", 13, 1907; Id., Studi geografici, 1910, cit.; R. Zecchi, Carta della distribuzione degli effetti geomorfolo^d indotti dai terremoti che hanno interessato l'Italia dall'anno 0 1986, Atti del Convegno Le Scienze della Terra nella Pianificazione Territoriale, parte seconda, in "Memorie della Società Geologica Italiana", 38, 1987. D. Postpischl (a cura). Catalogo dei terremoti italiani dall'anno 1000 al 1989, in "Quaderni della Ricerca Scientifica", Bologna, 114(2B), 1985. V. nota precedente. M. Romano, Frane nel territorio marchigiano: dati rilevabili da una bibliografia sismologic aggiornata, tesi di laurea. Dipartimento di Scienze della terra. Camerino 1994.


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Siudi monWfelh-oni

Viste le f i n a l i t à d e l presente studio, l a b i b l i o g r a f ì a sismologica potenzialmente utile alla individuazione d i b a c i n i informativi c o n t e n e n t i dati relativi a f e n o m e n i franosi è stata così individuata: - estrazione d a l catalogo sismico P F G / C N R degli eventi p i ù significativi per i l territorio regionale (tab. 1); - analisi delle b i b l i o g r a f ì e del catalogo per i soli eventi selezionati. LEGENDA 3 Agamennone, 1897 36 Agamennone e C a n c a n ! ~7Ó^ Baratta,

1897

71 Baratta, 1898 75 Baratta. 1901 116 C a n c a n i 173 De Rossi, 222 Issel,

1877

1898

304 Peronaci (inedito) 333 Tacchini (1897) 510 Postpischl, 1985 511 Stucchi et alìi, 1982 173

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511

516

516 Postpischl et ahi,

1982

iìg. 1 - Dislribuzione percentuale delle foiiii utilizzale relativamente a! territorio regionale marchigiano per la compilazione del catalogo sismico (citato alla nota 7), a cui si fa riferimento per le esatte descrizioni delle fonti bibliografiche

I risultati d i quest'analisi h a n n o permesso d i evidenziare c o m e fino al 1899 sia di g r a n l u n g a d e t e r m i n a n t e l ' o p e r a storica sismologica del Baratta (fìg. 1 ) , c h e si è q u i n d i p r o c e d u t o a d analizzare finalizzandone i risultati a l raggiungimento d e i seguenti scopi: 1) individuazione delle tipologie d i fonti utilizzate dall'autore, e q u i n d i potenzialmente u t i l i per u n c e n s i m e n t o sistematico d e i f e n o m e n i di i n s t a b i U t à d e i versanti n e l territorio m a r c h i g i a n o ; 2) individuazione degli eventuali eventi franosi erroneamente catalogati c o m e f e n o m e n i sismici; 3) individuazione dei m o v i m e n t i di massa l a c u i attivazione risulta essere descritta i n c o i n c i d e n z a d i forti terremoti. L e fonti utilizzate d a B a r a t t a per l ' a r e a m a r c h i g i a n a possono essere suddivise nelle seguenti c i n q u e categorie: 1) fonti narrative c o m p r e n d e n t i c r o n a c h e cittadine, storie, a n n a h e b i o g r a f ì e (coeve e n o n ) ;

10

M. Baratta, I terremoti d'Italia, Torino 1901.

C . Bisci. F. Dramii. M. Romano

Frane storiche nell'Appannino marchigiano

tab. ] Elenco dei terremoti con intensità > 7 M C S che hanno interessato il territorio marchigiano dall'anno 1000 all'anno 1899; per i riferimenti vedere la f i ^ r d ^ Postpischl, 1985). ^ ^ lat long mt 4 2 , 4 5 12.45 V I I 4 3 . 4 0 13.40 v i l i 42.45 12.45 V i l i 4 3 . 1 0 13.00 I X 4 3 . 3 0 12.15 v i l i 4 3 . 3 0 13.40 V I I 4 4 . 5 0 12.35 v i l i 4 2 . 5 0 12.55 X \^^7 i 15 4 4 . 1 0 12.15 V I I 1353 1 1 4 3 . 2 0 12.15 V I I 1389 4 - 4 3 . 5 0 13.50 V I I 1 3 8 9 1 0 2 8 4 3 , 3 0 12.15 V i l i 1448 4 2 6 4 3 . 3 0 12.15 V i l i 1 4 5 6 1 2 9 4 3 . 3 0 12.15 V I I 1457 4 26 4 3 . 2 0 12.20 I X 1457 4 3 0 4 3 . 2 0 12.20 V I I I 1 4 5 7 4 30 4 3 . 2 0 12.20 v i l i 4 4 . 0 0 12.30 1468 4 3 . 4 0 13.40 V I I 1474 4 2 . 4 5 13.40 V I I 1480 4 4 . 1 5 12.30 v i l i 1484 4 2 . 4 5 12,40 V I I 1496 6 - 43,45 12.45 V I I 1502 1 23 4 3 . 3 0 13.40 V I I 1502 9 6 4 3 , 1 0 13.40 V I I 1540 4 8 4 2 . 4 5 13.00 V I I 1567 8 2 7 4 2 . 4 5 12.45 V I I 1571 4 2 0 4 3 , 4 5 13.00 V I I 1572 7 13 4 3 . 5 0 12.30 V I I I 1604 - - 4 4 , 0 0 12.30 v i l i 1 6 2 5 1 2 5 4 4 . 0 0 12,30 V I I 1 6 2 5 1 2 6 4 3 , 2 0 13.30 V I I 1626 5 12 4 2 . 4 5 12.45 V I I 1 6 6 7 - - 4 4 . 5 0 12,40 V i l i 1672 4 14 4 3 , 5 0 13,00 v i l i 1688 5 31 4 3 . 3 7 13.30 v i l i 1 6 9 0 1 2 2 3 4 3 . 5 0 13,00 v i l i 1 6 9 2 1 0 2 4 4 2 , 5 0 13,50 vili 1 7 0 2 1 0 18 4 2 , 5 5 12,40 V I I 4 2 . 4 5 12.45 1 7 0 2 1 1 14 VII 4 2 , 4 5 12.45 1703 6 29 VII 4 2 . 4 5 13,00 1704 5 20 VII 4 3 , 4 5 12.30 171610 4 VII 4 3 . 4 5 13,15 1 7 2 7 1 2 15 4 2 , 5 3 12,40 V I I 17.30 6 4 3 , 2 0 12.54 V I I 1740 6 - 4 3 . 5 5 13,00 V I I 1741 4 2 4 4 2 , 5 0 12,50 I X 1744 4 2 2 4 3 , 1 2 12,50 V I I 1745 3 - 4 3 , 1 5 12.45 V I I 1747 4 17 4 3 . 1 5 12,45 V I I I 1751 7 26 4 3 , 1 5 12.45 I X 1751 7 28 4 3 . 3 5 13.35 V i l i 1751 7 3 0 4 2 , 4 5 12.55 V I I 1 7 5 5 1 2 25 4 2 . 4 5 12.45 V I I 1 7 6 6 1 2 25 4 3 , 3 4 12.37 V I I 1767 6 4 4 3 . 3 4 12.37 V I I - V I I I 1781 6 3 4 4 , 0 0 12.36 X 1781 6 3 4 4 , 0 8 12.15 VIII- IX 1 7 8 6 1 2 25 4 3 , 5 0 13.00 VIII 1 7 8 6 1 2 25 4 3 . 3 7 12.14 VII 1788 4 18 VII 1789 9 3 0 IX anno in g

1246 - 1268 - 1277 - 1279 4 . 3 0 1292 - 1298 - 1308 I 25 I328I2 1

rif. 75 75 75 75

75 75 75 75 75

75 75 75 75 75

75 75 75 75 75 75 75 75 75 75 75 75 75 75 75 75 75 75 75 510 75

5n 75 511 75 75 75 75 75 75 75 75 3 0 4 75 75 511 75 75 75 75 75 511 75 75 3 0 4 510 516 75 75 3 0 4

anno m g

lai long int rif 1799 7 2 8 4 3 . 1 0 13,10 I X 510 1809 8 25 4 3 . 2 0 13.30 V I I 75 3 0 4 181010 4 3 . 3 5 12,25 V I I 75 181010 4 3 , 3 5 12.25 V I I 75 181010 43.35 12.25 V I I 75 181010 4 3 . 3 5 12,25 V I I 75 181010 4 3 , 3 5 12,25 V I I 75 1812 9 3 4 2 , 4 5 13.00 V i l i 75 1826 3 17 4 3 . 5 0 13.00 V I I 75 1828 4 8 4 4 . 1 0 12.30 V I I 75 1828 4 1 1 4 3 , 4 5 12.45 V I I 75 1828 4 11 4 4 , 1 0 12,30 V I I 75 V I I 75 183110 2 7 4 2 . 5 6 12,42 1831 :l 6 4 2 , 5 6 12.42 V I - V l ! 75 1832 1 13 4 2 . 5 6 12.42 V I I M X 75 3 0 4 1832 1 13 4 2 . 5 6 12.42 V I I 75 1832 1 19 4 2 , 5 6 12,42 V I I 75 1832 1 2 7 4 2 , 5 6 12.42 V I I 75 V I I 1832 1 2 9 4 2 . 5 0 12,40 75 1832 2 10 4 2 . 5 6 12.42 V I I - V I I I 7 5 1832 2 IO 4 2 , 5 6 12.42 V I I - V I I I 75 1832 3 13 4 3 , 4 0 12,37 V I I 75 1838 1 5 4 2 , 5 0 12,55 V I I 75 1838 1 5 4 2 . 5 0 12,55 V I I 75 1838 2 14 4 2 , 5 0 12.55 V I I 75 1838 6 2 3 4 3 . 5 0 13.00 V I I 75 1 8 5 4 2 12 4 3 , 5 0 12,35 V I I 75 1854 2 12 4 3 , 5 0 12.35 V I I - V I I I 75 304 1854 5 15 4 3 , 5 0 12.35 V I - V I I 75 1854 5 15 4 3 . 5 0 12,35 V l - V I I 75 1854 5 15 4 3 , 5 0 12.35 V I I 75 1859 8 22 4 2 , 5 0 13,00 V i l i 75 304 1860 5 2 7 4 2 . 5 0 13,00 V i l i 75 1865 9 21 4 3 , 3 5 12,15 v i l i 75 3 0 4 1866 2 1 4 2 , 5 0 12.45 V I - V I I 75 1866 2 15 4 2 , 5 0 12.45 V I - V I l 75 1870 2 8 4 3 , 3 5 13,35 V I I 75 3 0 4 1871 7 10 4 2 , 4 5 13,00 V I - V I I 75 1873 3 12 4 3 . 0 7 13.50 v i l i 75 3 0 4 1875 3 17 4 4 . 1 2 12 2 4 V i l i 5 1 0 75 173 3 0 4 1876 5 22 4 2 . 4 5 12.42 V l - V I I 75 3 0 4 1878 9 15 4 2 . 5 2 12.40 v i l i 75 3 0 4 75 3 0 4 1878 9 15 4 2 . 5 2 12.40 V I I 75 3 0 4 1878 9 16 4 2 , 5 2 12,40 V I - V I I 1879 2 23 4 2 , 4 7 13,30 V I I - V I I I 75 304 1881 9 2 8 4 4 , 0 8 12.12 V I I 75 3 0 4 1882 8 16 4 2 . 5 7 13,52 V I I 75 3 0 4 1884 8 15 4 2 . 5 6 13.50 V I I 75 V I I 75 1887 5 2 6 4 3 . 3 0 13.15 189211 21 4 3 . 3 2 12,20 V I I 75 3 0 4 V I I 1895 5 20 4 2 . 4 5 12,42 75 3 0 4 V I I 3 304 1897 1 19 4 2 , 4 5 12.53 3 1897 1 19 42.45 12,53 V I - V I I 1897 3 1 4 3 , 1 0 12,36 V I - V I I 3 304 1897 9 21 4 3 , 4 6 13.20 V I I 3 70 333 1 8 9 7 1 2 18 4 3 . 3 2 12.15 V I I - V I I I 3 71 2 2 2 1898 2 3 4 2 . 4 9 12.56 V l - V I I 36 I 8 9 8 4 23 4 2 , 5 5 12.58 V I I 36 1898 8 25 42.55 13,20 V I - V I I 3 6 75 1898 9 12 4 2 . 5 5 13,20 V I I I 3 6 75 1899 2 7 4 2 . 4 9 12,57 V I - V I I 1 16 3 0 4


studi monlefaltrani

8, 1 9 9 5

2) p e r i o d i c i d ' i n f o r m a z i o n e (fonti g i o r n a l i s t i c h e ) ; 3) p e r i o d i c i s c i e n t i f i c i / s i s m o l o g i c i (bollettini, monografie e c c . ) ; 4) fonti d o c u m e n t a r i e o archivistiche, c o m p r e n d e n t i materiale eterogeneo sia d i tipo amministrativo (civile o d ecclesiastico), sia di tipo tecnico (perizie e c c . ) ; 5) fonti iconografiche e d epigrafiche.

fig. 2 - Distribuzione percentuale dei tipi di fonti utilizzate da Baratta (citato alla nota 10) per lo studio dei terremoti umbro-marchigiani

T r a i b a c i n i i n f o r m a t i v i così i n d i v i d u a t i (fig. 2 ) , i l p i ù a m p i o è risultato essere quello costituito dai p e r i o d i c i scientifici, l a m a s s i m a parte d e i quali n o n è p e r ò stata presa i n considerazione i n quanto a carattere p u r a m e n t e sismologico. I l p r i n c i p a l e lavoro a carattere scientifico utilizzato è stato l ' o p e r a d e l l ' A l m a g i à (1907-1910), che costituisce i l p r i m o tentativo d i censimento d e i f e n o m e n i franosi a scala nazionale e d è tuttora ricco d i interesse a n c h e per l a regione M a r c h e . A l c u n e i n f o r m a z i o n i sono state rintracciate i n p e r i o d i c i scientifici a carattere geologico ( p u b b l i c a z i o n i d e l l a S o c i e t à G e o l o g i c a I t a l i a n a , d e l Servizio Geologico d ' I t a l i a , d e l l a S o c i e t à Geografica I t a l i a n a , n o n c h é i n altri p e r i o d i c i a carattere geologico-geomorfologico e geotecnico e monografie su tematiche i n e r e n t i il tema). Dato che il secondo bacino informativo per a m p i e z z a è risultato essere quello costituito dalle fonti narrative d i carattere storico locale, si è deciso d i basare il c e n s i m e n t o d e i f e n o m e n i franosi s u quest'ultimo tipo d i fonte, che peraltro offre u n a c o p e r t u r a capillare del territorio. Si è perfettamente consapevoli che l a scelta c o m p i u t a c o m p o r t a u n a l i m i t a z i o n e , m a c i ò è motivato dal fatto che il presente studio n o n prevede u n a catalogazione sistematica d i tutti i potenziali eventi franosi occorsi, m i r a n d o semplice-

C . Bisci, F. Dramis, M. Romano

Frana storicha nell'Appennino marchigiano

m e n t e ad integrare l a collezione d i i n f o r m a z i o n i sulla f r a n o s i t à storica d e l l ' a r e a e, soprattutto, a sperimentare u n nuovo approccio metodologico al p r o b l e m a . C o m e base d i p a r t e n z a è stato utilizzato l ' e l e n c o delle storie locali m a r c h i g i a n e predisposto d a l l ' a r e a d i r i c e r c a d i sismologia dell'Osservator i o Geofisico S p e r i m e n t a l e d i M a c e r a t a p r o c e d e n d o a d integrazioni d e l l a c a m p i o n a t u r a tramite i n d a g i n i n e l l ' a m b i t o dei restanti b a c i n i informativi. L e fonti d o c u m e n t a r i e , p u r n e l l a limitatezza delle r i c e r c h e effettuate, si sono dimostrate r i c c h i s s i m e d i i n f o r m a z i o n i e costituiscono u n p a t r i m o n i o insostituibile a l fine d e l r i c o n o s c i m e n t o e d e l l a catalogazione degli eventi franosi. L e fonti giornalistiche n o n sono state esaminate c o n particolare dettaglio i n quanto r i g u a r d a n o solo m a r g i n a l m e n t e i l periodo storico i n esame. I risultati d e l l ' a n a l i s i c o n s e n t o n o d i f o r m u l a r e a l c u n e considerazioni generali sul valore delle i n f o r m a z i o n i raccolte. V a innanzitutto rilevato come le fonti storiche locali siano generalmente molto attente n e l l a segnalazione d i eventi straordinari; i n particolare, relativamente alle frane, ne segnalano l a presenza soprattutto q u a n d o esse abbiano provocato u n d a n n o a manufatti, m e n t r e sono p i ù r a r i i casi i n c u i vengono ricordati f e n o m e n i che n o n abbiano coinvolto a l m e n o u n e d i f ì c i o . A l c u n e i n d i c a z i o n i per u n possibile a p p r o f o n d i m e n t o delle i n d a g i n i vengono talora fornite dalle storie locali stesse, grazie alle citazioni i n esse c o n t e n u t e c h e r i n v i a n o p r i n c i p a l m e n t e a fonti d o c u m e n t a r i e e / o m e m o r i a l i s t i c a locale inedita. P u r n o n sviluppando u n a r i c e r c a sistematica o c a m p i o n a r i a , il presente studio h a permesso il recupero d i alcune i n f o r m a z i o n i d a fonti epigrafiche e d iconografiche. A d esempio, s u l lato destro d e l l a facciata d e l l a chiesa d i S. M a r i a d i Piazza a Serrapetrona, g i à Santa M a r i a d a S e r r a o d e l l a F o n t e , è stata r i n t r a c c i a t a u n ' i s c r i z i o n e d e l 1775 (fig. 3) posta i n r i c o r d o d e l l a frana che d i e c i a n n i p r i m a aveva distrutto l a chiesa. N e l n o r m a l e approccio scientifico, lo studio d e i f e n o m e n i franosi è limitato ad eventi attuali o subattuali e viene effettuato su basi geologiche, geomorfologiche e geotecniche, definendone l a tipologia e v a l u t a n d o l i i n base alle caratteristiche dei t e r r e n i coinvolti e d ai fattori predisponenti e scatenanti. T a l i m o d a l i t à d i classificazione adottate nelle M a r c h e sia

11 12

Osservatorio Geofisico Sperimentale di Macerata, Elenco delle storie locali della regione umbro-marchigiana, rapporto interno. F. Dramis, C. A. Garzonio, T. Nanni, L. Principi, Franosità e dissesti dei centri abitati delle Marche: primi risultati del censim£nto e dello studio delle situazioni arischio,in "Memorie della Società Geologica Italiana", 37/1,1987; F. Dramis, C.A. Garzonio, S. Leopardi,


Studi montefeitrani

'

dallo S C A I (Studio C e n t r i A b i t a t i I n s t a b i l i ) , sia dal Progetto A V I ( A r e e Italiane V u l n e r a t e d a C a l a m i t à I d r o g e o l o g i c h e ) , n o n sono p e r ò adottabili per gli eventi "storici", p o i c h é ciò richiederebbe l a loro caratterizzazione i n base a p a r a m e t r i quasi m a i d e t e r m i n a b i l i .

fig. 3 - Iscrizione rinvenuta sul lato destro della chiesa di Santa Maria di Piazza di Serrapetrona { D E I P A R A . / PATRON^E SVM/ Q U O D MONS P R O X I M U S C A S U P I ^ C I P I T I / D E I E C E R A T / S E R R A F I D E L I S C O M M U N I S T U D I O / T R A N S T U L I T E R E X I T R E S T I T U I T / AN. U N . IVB. M D C C L X X V ) [La fedele Serra (Petrona) con sforzo comune trasferì, eresse e riedificò (la chiesa) della Madre di Dio sua patrona, che era stata distrutta dalla caduta precipitosa del monte vicino. Anno del Giubileo Universale IVZB].

S i è pertanto ritenuto o p p o r t u n o organizzare i dati raccolti secondo u n a scheda d i sintesi b e n p i ù semplice, c o n t e n e n t e quanto segue: 1) data d i attivazione dell'evento; 2) l o c a l i t à interessata; 3) descrizione d e l f e n o m e n o tramite l a trascrizione d i a l c u n e p a r t ì d i testo originale ritenute significative (descrizione dell'evento, a r e a coinvolta, d a n n i m a t e r i a l i provocati, n u m e r o delle vittime, possibili cause scatenanti); 4) r i f e r i m e n t i bibliografici. N e l l a maggior parte d e i casi le storie locali r i p o r t a n o i n f o r m a z i o n i d i seconda m a n o , molte volte prive d i r i m a n d i alle fonti o r i g i n a l i . L ' a p p l i cazione d i u n rigoroso metodo critico richiederebbe l a ricostruzione del tragitto d e l l ' i n f o r m a z i o n e attraverso le varie citazioni e l'utilizzo delle sole i n f o r m a z i o n i originali per l a ricostruzione dell'evento d a studiare. C i ò significa che le i n f o r m a z i o n i stesse possono essere state citate i n m a n i e r a scorretta o m a l interpretate o, ancora, duplicate; a d esempio, l'evento d e l 14 aprile 1816 interessante l a l o c a l i t à T u f o , viene d a t a l u n i attribuito e r r o n e a m e n t e alla data 1820.

F. Pontoni, !.. Principi, M. Rainone, Esempi rappresentativi di centri abitati instabili nelle Marche, Atti del Convegno Studio Centri Abitati Instabili, Portonovo (AN) 1989.

C . Bisci, F , Dramis, M. Romeno

Frano storiche nell'Appennino morchigiono

N e l caso specifico, n o n potendo p r o c e d e r e ad u n sistematico r e c u p e r o delle i n f o r m a z i o n i o r i g i n a l i data l a m o l e d e l lavoro e l ' i r r e p e r i b i l i t à d i molte delle fonti p r i m a r i e , si è cercato d i conservare u n accettabile livello d i giudizio critico o p e r a n d o n e i seguenti m o d i : 1) confronto dei diversi eventi citati i n u n a stessa l o c a l i t à o i n l o c a l i t à limitrofe, allo scopo d i i n d i v i d u a r e eventuali d u p l i c a z i o n i causate d a e r r o r i n e l l a datazione; 2) confronto delle diverse d e s c r i z i o n i d i u n o stesso evento allo scopo d i i n d i v i d u a r e eventuali m o d i f i c h e "arbitrarie" operate dagli a u t o r i successivi rispetto alla descrizione originale ( a d esempio, l'evento d e l 1279, d a vari autori riferito a F i u m i n a t a , o a C l u i a n o o, ancora, ad O r b e , s e m b r a i n r e a l t à d a localizzare a Serravalle d i C h i e n t i ) . Si p u ò dire che, i n l i n e a d i massima, i n caso d i d e s c r i z i o n i contraddittorie si è sempre preferito accordare l a fiducia agli autori p i ù v i c i n i all'evento d a l p u n t o d i vista cronologico, t r a n n e che n e i casi i n c u i gli stessi n o n si fossero g i à dimostrati inaffidabili e / o i m p r e c i s i r i g u a r d o ad altre citazioni. L a r i l e t t u r a c r i t i c a d e i dati d i partenza h a permesso u n m i g l i o r a m e n t o d e l l a q u a l i t à delle i n f o r m a z i o n i e l'identificazione d i fonti p i ù attendibili rispetto a quelle iniziali, anche p e r c h é i n m o l t i casi sono state rintracciate fonti coeve agli eventi franosi, o c o m u n q u e cronologicamente p i ù vicine a d essi. D a questa analisi delle fonti bibliografiche (tab. 2) sono emerse notizie relative a 78 eventi franosi, d i c u i i n tab. 3 viene riportato l ' e l e n c o cronologico corredato d a i n f o r m a z i o n i c i r c a l'ubicazione e le fonti consultate. P e r b u o n a parte degli eventi r i c o n o s c i u t i è stato inoltre possibile i n d i v i d u a r e l a data esatta d i attivazione. N e l l ' a m b i t o d e l territorio investigato sono r i c o n o s c i b i l i diverse u n i t à geologico-geomorfologiche A n o r d , affiora soprattutto l a colata g r a v i t a t i v a d e l l a V a l M a r e c c h i a , composta i n p r e v a l e n z a d a argille scagliose, che d a n n o luogo ad a m p i e fasce c o l l i n a r i c o n alta frequenza d i forme calanchive, i n c u i "galleggiano" e n o r m i b l o c c h i d i t e r r e n i p i ù resistenti, prevalentemente calcarei, a m o r f o l o g i a aspra. A l centro, invece, sono presenti le strutture a n t i c l i n a l i c h e prevalentem e n t e calcaree d e l l a D o r s a l e U m b r o - M a r c h i g i a n a e d e l l a D o r s a l e M a r c h i g i a n a (rispettivamente ad ovest e a d est), c h e mostrano u n a tipica m o r f o l o g i a m o n t u o s a , c o n valli strette e p r o f o n d e . T a l i strutture, subparallele tra d i loro, sono divise d a u n a complessa struttura sinclinalica

13

C. Bisci, F. Dramis, Geomorphologic-seismic zonation of the Marche Region (Central Ita using computer aided techniques: preliminare considerations, in "ITC Journal", 1992/2


Studi monleFellrani

18, 1995

tab. 2 - Elenco alfabetico delle fonti consultate. 1 ) Acquacotla C. Memorie di Matelica 2, Ancona. 1838, 30) Conti A, Camerino e i suoi dintorni. Camerino. 1872, 2) Allegretti G. Una fase acuta del dissesto nel primo otto- 31) Dominici L , Sant'Agata Felina illustrata. Novafeltria, cento In: Allegretti G. e Lombardi F V. (a cura) Le frane 1959. nella storia della Val Marecchia. Atti 1 Conv. Difesa del 32) Dominici L, Pennabilli. culla dei Malatesta. Rimini, Suolo nella Val Marecchia La memoria storica del dissesto. 1966, Sant'AgataFcltria.C.M. Alta Val Marecchia, 1993. 33) Gaspari D. Memorie storiche di Serra San Quirico. 3) Almagià R. Studi geografici sulle frane in Italia, voi. !, Roma, 1883. parte generale. L'Appennino settentrionale e il Preappen- 34) Guerrieri P,A. La Carpegna abbellita et il Montefeltro nino tosco-romano. Mem Soc Gcogr It, 13. 1907. illustrato. 1667 In: Donati L, 7/ Montefeltro illustrato. Ri4) Almagià R. Studi geografici sulle frane in Italia, voi. II, mini, 1979. L'Appennino centrale e meridionale. Conclusioni generali. 35) Leonardi C. Movimenti tellurici della Massa Trabaria. Mem. Soc. Geogr. It., 16, 1910. In: Sori E . (a cura di) - Geodinamica e Storia Sismica: le 5) Anonimo Consigli Archivio Stonco di Esanatoglia v. Mafc/je, Proposte e Ricerche, 13, 1984. X X I I I , cc.281, (22W, 222v), 1638-1648 36) Lilii C. Istoria della città di Camerino. Camerino, 1835, 6) Anonimo Memoriale pote.^tatum Regiensium (1154-Ristampa, Sala Bolognese, 1991. 1290), RIS, V i l i , Milano, 1726. 37) Lombardi F.V. Le torri del Montefeltro e della Massa 7) Anonimo Consigli. Archivio Slonco Comunale di Serrape- Trabaria Rimini, Firenze, 1981, trona, 1767. 38) Lombardi F V. La tragica frana di Maialo dell'anno 8) Anonimo Lettere della Comunità: Pesaro. Archivio della 1700. In: Allegretti G e Lombardi F.V, (a cura) Le frane Legazione Apostolica di Urbino b. 138, Archivio di Stato di nella .storia della Val Marecchia. Atti I Conv, Difesa del Pesaro, 1780-1781, Suolo nella Val Marecchia La memoria storica del dissesto, 9) Anonimo Perizie del Terremoto. Archivio della Legazione Sant'Agata Feltria, C,M, Alta Val Marecchia, 1993, Apostolica di Urbino b, 1, Archivio di Stato di Pesaro, 1781, 39) Ludovici L, Alcune memorie di Seppia. Pioraco, 1893, 10) Anonimo Le/fere delle Comunità: Montefeltro. Archivio 40) Marchegiani L, Dall'origine della Signoria Da Varano ad della Legazione Apostolica di Urbino b, 160. Archivio di oggi. In: A A V V , Camerino: ambiente, storia, arte. CamcnStato di Pesaro, 1782, no, 1976. 11) Anonimo.5M;fp/(c;je Archivio della Legazione Apostolica 41) Massaioli S,, Cardellini B. e Begni G, Relazione dei di Urbino b. 41, Archivio di Stato di Pesaro, 1782. Gonfalonieri provinciali per la revisione dell'estimo ntsti12) Anonimo Lettera del Delegato Apostolico della Dele- co. Archivio di Stato di Roma, Buon Governo, s. I I . b. 2492, gazione Apostolica di Macerata al Gonfaloniere di 1815, S.S.Quirico. Archivio Storico di Domo, 1819 42) Mataloni T. Prolaqueum romano-religioso. Camerino, 13) Anonimo Chronica Sorteti Petri Erfordensis moderna, 1957, XIV. ed, 0 Holder Hgger, MGU, SS,, 30/1, Hannover, 1896. 43) Monachcst G {a cura) Revisione della sismicità di rife14) Baratta M Sul terremoto di Cagli del 3 giugno 1781. rimento per i Comuni di Esanatoglia (MC). Cerreto d'Usi Mem. Soc Geogr. Ital. ,5, 1896, (MC), Serra San Quirico (AN). Macerata, Macerata, 1987. 15) BarattaM/Terremoft rfV/ci/ia , Bocca, Tonno, 1901, 44) Moreschini M, Ragionamento stonco-filo.sofico sul 16) Bartolini A, Perticara nel Montefeltro. Un monte, una tremuoto accaduto in Camerino il di 28 luglio 1799. V. miniera, un paese. Rimini, 1974. dori. Camerino, 1802, 17) P-aiU^XeWìM. Le ricorrenti frane di Sant'Agata Feltria e 45) Niccoli E , La frana di Perticara. Bollettino del Regio Perticara. In: Allegretti G e Lombardi F,V, (a cura) - Le fra- Comitato Geologico d'italia, 16, 1. 1885, ne nella storia della Val Marecchia. Atti 1 Conv Difesa del 46) Potito A. Le vicende di un mona.stero. Vemjcchio (FO), Suolo nella Val Marecchia La memoria storica del dissesto, 1988. Sant'AgaU Feltria, C . M Alta Val Marecchia. 1993 47) Reggiani F. Panorami dei Montefeltro. Il Monte Carpe18) Benedettoni G Riflessioni storiche, topografiche, geor- gna. Pesaro, 1935, giche. orittologiche sopra Piero.sara castello di Fabriano. 48) Salimbene de Adam. Cronica, sec, X I I I , Ristampa, Bari. In: Colucci G, Delle Antichità Picene, 2, Femio, 1788. 1966. 19) Bcrtozzi L.A, Lettera all'Eminentissimo Cardinale An- 49) Savini P, Storia della città di Camerino. Ora per la tonelli .sul terremoto accaduto in Cagli il di 3 dello .scorso prima volta pubblicata.. Camerino, 1864, giugno / 75/, Antologia Romana, 8, 1791, 50) Savini P. Storia della città di Camerino narrala in 20) Bianchi D, Cantiono: vita di una comunità Cantiano, compendio. Camerino, 1895. 1973. 51) Tarducci A. Piobbico e i Brancaleoni. Cagli. 1897. 21) Bittarelli A,A, La Marca di Camerino. I quaderni del- 52) liberi G, A ritroso nel tempo Ira vecchie pietre. Urbal'Appennino Camerte, 7, 1975, nia, 1987. 22) Dischi D. L'area di Apecchio nei secoli XVI e XVII: 53) Ugolini F, Storia dei Conti e Duchi d'Urbino. \ 2,, F i aspetti generali e presenza umana. In:Anselmi S, (a cura) renzc, 1859. La Montagna tra To.scana e Marche. Ambiente, territorio, 54) Veggiani A Variazioni climatiche e presenza umana cultura, economia, società dal medioevo al XIX secolo. F. sulla montagna tra Toscana e Marche dall'alto medioex'o Angeli, Milano, 1985. al X7X secolo. In Anselmi S. ( E d ) - La montagna tra To23) Boccanera G, Camerino e i terremoti, L'Appennino Ca- .scana e Marche. Ambiente, territorio, cultura, economia. merte, 1971(29), 1971, società dal medioevo alXIXsecolo. U\Uno, 1985. 24) ^occmet?iG. Serrapetrona. Macerata, 1982, 55) Veggiani A, Ricorsi ciclici dei movimenti franosi nel 25) Cappello A, Os.^er\'azioni geologiche e memorie stori- Montefeltro Marecchiese. In: Allegretti G, e Lombardi F,V, che dìAccumoli in Abruzzo. Giornale Arcadico, 1825. (a cura) Le frane della Val Marecchia. Atti I Conv, Difesa 26) Capponi A, Pioraco il paese della carta. Camerino, del Suolo nella Val Marecchia La memoria storica del dis1981, sesto. Sant'Agata Feltria. C,M Aita Val Marecchia, 1993, 27) Carpanelli A, Il Montefeltro. Firenze. 1906. 56) Volpe G, Rocche e fortificazioni nel Montefeltro. 1982, 28) Cecini Note d'arte e di storia su S. Agata Feltria Ur- 57) Zucchi Travagli A . M Raccolto isterico ovvero Annali bania, 1977 del Montefeltro. Archivio Storico Comunale Pennabilli, sec. 29) Celani L. Storia del Piceno Ascoli Piceno. 1982. XVIII,

C . Bisci, F. Dramis, M. Romano

Frano storiche nell'Appennino marchigiano

lab. 3 - Elenco cronologico degli eventi franosi individuati; per la struttura geologica (Str.) si fa riferimento alla fig. 4, mentre per i riferimenti bibliografici, si fa riferimento alla tab. 2. Data

L o c a l i t à , Str. Rif. bibliografici D a t a

30 4 1279

SenavalledC.D

dopo il 1293 dopo il 1293 tra I200e 1361 prima del 1462 1477 primi del 1500 1504 feb,1538 prima metà 1500 25 3 1561 1600 1604 1622 1625 1629 1644 3 1646. 1646 1653 1690 1690/1691 1698 fine 1600 28-29 5 1700 1722 1728 1733 1746 1749 22 7 1765 7 1765 23 71765 1775 1781 1781 36 1781 3 61781 3 6 1781

6, 13, 15,21,23,36, 43. 44, 48, 49 Ausonio (M Grimano), V 34, 57 Castel Vecchio(MGrimano), V 34, 57 Sorbo (Maciano, Pennabilli). V 32. 37. 38 S.Agata Feltria, V 55 Tufo o Capodacqua (AP), D 4, 25 Monte Boaggine (Montecopiolo), V 37 B. S.Giorgio (Camerino), B 30. 36, 40, 50 S. Donato in T, (Sassocorvaro). B 52 S Agata Feltna, V 17 M Ercole (S.Agata Feltria), V 17, 28. 31 Barione (Carpegna), V 34 M.Ercole (S.Agata Feltria), V 17, 31, 57 Matelica, B l Caprarnla (Montecopiolo). V 34, 37, 57 Pontcdazzo (Cantiano), D 20 S.Agata Feltna, V 17, 55, 57 Esanatoglia, D 5, 43 Sen-a S,Quirico, D 33 S.Leo, V 38.57 Strada Cantiano-Gubbio, M 20 V.Caibianchi (Montecopiolo), V 57 Pennabilli, V 38.46,57 Perticara (Novafeltna). V 17 Maiolo. V 27, 37. 38, 47, 53. 54, 55. 56, 57 Perticara (Novafeltria), V 16, 17. 38 V. di Teva (Sassocowaro). B 37. 54. 57 Ripalta (Mercatino C ) , V 57

3 6 1781 3 6 1781 3 6 1781 1785 1809 163 1812 primavera 1812 prima del 1815 prima del 1815 prima del 1815 prima del 1815 1814 1815 1441816 1819 1855 1855 13 5 1856 1859o1869 1865 ! 1865 1867 1870 1875 26 7 1875 2 1877 1880 1884 e 85

3 1885 C. Secco (Montegrimano), V 57 1890 Maiolo, V 38 1895 (in poi) F. del Picchio (MNerone), D 22, 51 4 1896 F, Valrapara (Pierosara, Genga), D 18 2 1897 Serrapetrona, D 7, 24 24 ottobre 1897 Piano di S.Paolo (Maiolo), V 38 1897 Montegelli (Urbino), V 8,9,10, 11 1897 Pancione (Pennabilli), V 10. 11 1897 M. Nerone. D 14. 15. 19,35, 43.51 1898 M,di Montlego, D B.della Penna, M

14. 15, 19, 35. 43,51 1899 14. 15, 19, 35.43,51

L o c a l i t à , Str. Rif. bibliografici Ranco di Nino, D 14, 15, 19,35.43,5] FCandigliano, M 14, 15, 19. 35, 43, 51 Garden a, D 14, 15. 19, 35, 43. 51 S.Agata Feltria, V 17 M, Carpegna. V 2 Fragheto (Casteldelci). M 55 Savignano di Rigo, V 55 Soanne (Pennabilli), V 2, 41 S.Leo. V 2,41 MCengnone, V 2.41 MGrimano. V 2.41 M, Grimano, V 2,41 M. Grimano, V 2, 41 Tufo(Arquata del T.), B 4, 25. 29 Domo (Sen-a S.Quinco). B 12 Tenitono di Talamelio, V 3 Taiolo (S,Agata Feltria), V 3 Ormagnano (Pioraco), D 26, 39, 42 Lama Acqualagna, D 4 Schigno (Ca.sleldelci), D 3 Montevarchi (Cagli), D 4 Monte Murano (Serra S.Quirico), D 33 Montavello (Apiro), B 4 Territorio di Talamelio, V 3 Agolla(Sefro), D 4 M, Carpegna, V 3 Temtono di Samano, B 4 Perticara (Novafeltria), V 17.27. 45, 55 S.Agata Feltria, V 17.55 Pennabilli -Scavolino, V 3 MCarpegna, V 3 I. del Piano, B 4 M, Carpegna. V 3 Borgiano (Serrapetrona), B 4 Cagnore (S Severino M , ) , B 4 Gagliannuovo (S.Severino M ) , B 4 Paterno (SScvenno M.), B 4 Territorio di Samano, B 4 Montavello (Apiro), B 4

( B a c i n o M a r c h i g i a n o i n t e r n o ) n e l l a quale affiorano t e r m i n i p i ù r e c e n t i e d e r o d i b i l i , simili a q u e l l i che affiorano lungo i m a r g i n i esterni delle dorsali suddette ( B a c i n o M a r c h i g i a n o esterno, a d est, e B a c i n o U m b r o , ad ovest), che d a n n o luogo a morfologie c o l l i n a r i . V e r s o sud, i n f i n e , tale struttura s i n c l i n a l i c a va progressivamente r i d u cendosi e le due dorsali carbonatiche si f o n d o n o n e l l a struttura complessa dei M o n t i S i b i l l i n i (dove, peraltro, si m i s u r a n o le quote p i ù elevate). A i f i n i del presente lavoro, i l territorio è stato suddiviso i n quattro u n i t à (fig. 4 ) : D o r s a l i , B a c i n i m a r c h i g i a n i ( i n t e r n o e d e s t e r n o ) . B a c i n o u m b r o e V a l Marecchia.


Studi montefeltrani

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C . Biici, F, Dromii, M , Romano

Frane storiche nell'Appennino marchigiono

L'assetto geologico e l a m o r f o l o g i a d e l l ' a r e a d i p e n d o n o molto strettam e n t e d a l l ' e v o l u z i o n e tettonica c h e l a stessa h a subito I n particolare, gran parte dell'assetto strutturale d e l l a regione è stato determinato d a l l a fase tettonica compressiva che h a avuto inizio d u r a n t e il M i o c e n e superiore e d è proseguita fino al P l i o c e n e medio-superiore, q u a n d o l ' i n t e r a regione h a iniziato a subire u n a seconda fase tettonica, questa volta distensiva, che prosegue fino ai nostri g i o r n i , a l m e n o i n b u o n a parte d e l l a regione. A l l a tettonica distensiva, si è associato u n intenso sollevamento che p u r raggiungendo l a p r o p r i a m a s s i m a i n t e n s i t à n e l Pleistocene inferiore h a continuato a far sentire i p r o p r i effetti a n c h e i n t e m p i recenti e s e m b r a tuttora essere attivo C o m e diretta conseguenza d i questo sollevamento e d e l generalizzato i n c r e m e n t o d e l rilievo che esso h a prodotto, i n tutta l a regione si sono avuti intensi f e n o m e n i d i incisione fluviale, c o n conseguente creazione d i p e n d i i r i p i d i (e q u i n d i p i ù soggetti ad instabilità). A n c h e l a forte sismicità che caratterizza l a z o n a ^ ^ e che i n p i ù d i u n caso potrebbe aver scatenato f e n o m e n i franosi sembra poter essere ricondotta alla suddetta attività tettonica distensiva. I l c l i m a attuale, sufficientemente u m i d o c o n p r e c i p i t a z i o n i concentrate soprattutto n e l l e stagioni i n t e r m e d i e , favorisce l'attivazione di movim e n t i d i massa; tali c o n d i z i o n i h a n n o subito n e l l a z o n a n o t e v o l i fluttuazioni, n e l l ' a m b i t o delle quaU sono persistite ( a n c h e per p e r i o d i piuttosto l u n g h i ) c o n d i z i o n i particolarmente negative (fredde e d u m i d e ) , a c u i h a sovente fatto riscontro u n i n c r e m e n t o d i frequenza e d i n t e n s i t à dei f e n o m e n i franosi

14 15

16

17 18 19

C. Bisci, Dramis F., La geomorfologia delle Marche, in L'ambientefisicodelle Marche, Firenze 1991; F. Calamita, G. Deiana, C. Invernizzi, A. Pizzi, Tettonica, ivi. P. Ambrosetti, F. Carraio, G. Deiana, F. Dramis, Il sollevamento dell'Italia centrale tra il Pleistocene inferiore e il Pleistocene medio, CNR-Progetto finalizzato "Geodinamica", Contributi conclusivi per la realizzazione della Carta Neotettonica d'Italia, 2, 1982; F. Dramis, limolo dei sollevamenti tettonici a largo raggio nella genesi delrilievo appenninico, in "Studi Geologici Camerti", voi. speciale, 1993. P. Ambrosetti, E . Centamore, G. Deiana, F. Dramis, U. Pieruccini, Schema di evoluzione neotettonica dell'area umbro-marchigiana tra il Tronto e il Metauro, in "Rendiconti della Società Geologica Italiana", 4, 1981. Autori Vari, Attività nel settore della difesa dai terremoti, CNR (Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti) e Regione Marche, 1986. V. nota 12. C. Bisci, F. Dramis, S. Leoperdi, F. Pontoni, F. Pontoni, The Sant'Agata Feltria landslide (Marche Region, Central Italy): a case of recurrent earthfiow evolving from a deep-seated gravitational deformation, 111 International Geomorphology Conference, Hamilton (Canada), Geomorphology, in stampa.

fìg. 4 - Suddivisione delle Marche in strutture geologiche; il rettangolo indica l'ubicazione delle figure 5 e 7. Legenda - D: Dorsali (D. Umbro-Marchigiana ad ovest e D. Marchigiana ad est); B: Bacini marchigiani torbiditici (B. Marchigiano interno, tra le dorsali, e B. della Laga, a sudest, studiato solo parzialmente) ; M: Bacino della MarnosQ-Arenacea {Bacino Umbro); P: Depositi Plio-Pleistocenici (non studiati); V: Val Marecchia.

L ' i n s i e m e dei fattori suddetti fa sì che l a regione m a r c h i g i a n a risulti particolamente interessata d a f e n o m e n i franosi d i diverso tipo e d i m e n sioni, r e n d e n d o l a così assai i d o n e a come a r e a c a m p i o n e per i l presente studio. L e i n f o r m a z i o n i raccolte sono state q u i n d i sottoposte a d analisi statistic h e a l fine d i evidenziare le caratteristiche d e l l a distribuzione spaziale e temporale degli eventi sismici e franosi. P e r facilitare l a lettura di tali risultati, si è fatto ricorso ad u n a carta d i d e n s i t à degli eventi (fig. 5 ) , c h e p u r n e l l a sua estrema s e m p l i c i t à ha

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J.V. De Graff, P. Canuti, Using isopleth mapping to evaluate landslides activity in ration


18,

studi monteiytroni

1995

C. Bisci, ì'-

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F. Dromis, M, Romano

Frane storiche nell'Appennino mordiigiano

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storici. Gli asterischi indicano le frane

consentito d i effettuare alcune interessanti osservazioni. L ' a r e a p i ù instabile si osserva n e l l a V a l M a r e c c h i a ( p r o b a b i l m e n t e i n conseguenza delle scadenti caratteristiche l i t o t e c n i c h e delle argille scagliose), m e n t r e valori i n t e r m e d i si osservano n e l l ' a r e a c o m p r e s a tra A p i r o e S a n Severino M a r c h e n o n c h é lungo le D o r s a l i ( c o n u n picco nell'area di Monte Nerone-Piobbico). D a l confronto d i questa carta c o n u n a analoga elaborata d a G a r z o n i o per i d a d relativi a l l ' u l t i m o secolo (fìg. 6 ) , si evidenziano alcune analogie e varie divergenze. I l q u a d r o "storico", infatti, c o n f e r m a n e l l e linee generali quello "recente" per l a sola area del Montefeltro (dove e n t r a m b e mostrano u n picco d i f r a n o s i t à ) , m e n t r e le altre zone ad elevata d e n s i t à d i frane "storiche" risultano caratterizzate d a u n a relativa c a r e n z a di dissesd notevoli r e c e n ù . P e r quanto r i g u a r d a l ' a r e a c o m p r e s a tra A p i r o e S a n Severino M a r c h e , l a divergenza potrebbe d i p e n d e r e dal diverso trattamento dei dad, essendo i r e c e n t i b e n p i ù n u m e r o s i a livello regionale.

agrìcultural practices, in "BuUettin of the International Association of Engineering Geology", 1988. C A . Garzonio, Le indagini in corso della unità operativa SCAI Marche, Atti del Convegno Studio Centri Abitati InstabiU, Portonovo (AN) 1989.

fig. 6 - Caria della Ircqucnzii degli cvciiLi li iiiuoi

.IIIII.LII

f ] tunti

L u n g o le dorsali, si h a maggiore d e n s i t à d i eventi a n t i c h i , con u n picco n e l l ' a r e a d i M . Nerone-Piobbico, dove si ebbero grossi f r a n a m e n t i i n seguito al catastrofico terremoto d e l 3 giugno 1 7 8 1 . S e m p r e n e l l ' a r e a a p p e n n i n i c a , si h a n o t i z i a d i u n ' i m p o r t a n t e f r a n a i n occasione del terremoto d e l 30 aprile 1279 n e l l ' a n t i c a ubicazione d i Serravalle d i Chiend. I n fig. 7, v i e n e riportata l ' u b i c a z i o n e degli eventi rilevati su u n a carta interpretativa d e l l a frequenza d e i terremoti storici, dalla quale emerge u n ' a p p a r e n t e relativa c o i n c i d e n z a d i aree sismiche e f e n o m e n i franosi; tale correlazione sembrerebbe essere confermata d a u n a semplice analisi delle o c c o r r e n z e t e m p o r a h dei due tipi d i f e n o m e n i (fìg. 8 ) . A n a l i z z a n d o p e r ò i n maggior dettaglio i singoli eventi franosi e sismici - come c h i a r a m e n t e emerge dalla tab. 4, i n c u i a c i a s c u n a frana viene associato l'evento m a c r o s i s m i c o d a c u i c o n l a m a s s i m a p r o b a b i l i t à potrebbe essere stata i n d o t t a - ci si p u ò facilmente r e n d e r e conto d e l l a m a n c a n z a di f o n d a m e n t o di tale apparente analogia, i n quanto solo tre evenri sismici (ovvero q u e l l i d e l 1279, d e l 1781 e del 1899) possono i n r e a l t à aver indotto f e n o m e n i d i dissesto riportati i n letteratura. D a tale osservazione emerge c h i a r a m e n t e l a scarsa affidabiUtà delle analisi statistiche p i ù b a n a l i n e l l o studio d e i r a p p o r t i tra frane e sismi, n o n c h é l a n e c e s s i t à d i p i ù accurate verifiche d a effettuare caso per caso.


18, 1 9 9 5

Sludi montotótrani

14 -j12 -• 10

° ° 9 9 ' = ' ° o ° C ) O o o o o o o o o o o o o o • ^ i ^ o c o t D O C M i o a j i - T j - r - o f o t D O i C M i n c o T - T t f ^ o

fig. tì - Grafico di comparazione temporale tra eventi sismici e lenomcni franosi {intervallo di tampionamen 10 anni)

Anno ; K m ;Anni 1279 ; 11 , 0 1477 ; 108 ; 3 15Ò4 ;""Vi"""' ? 1538 ' 96 ; 35 1561 : 140 • 21 1600 ; 53 ; 28 1604 : 88 : 0 1622 ; 65 : 18 1625 i 83 : 0 1629 i 73 : 3 1644 ; 119 i 18 1646 • 41 : 70 1646 ; 46 : 20 1653 : 111 : 27 1690 : 54 ; 2 1698 : 59 ; 6 1700 : 56 i 8 1722 ; 140 : 5 1728 i 126 i 6 1733 : 61 ; 3 1746 i 117 ; 0 1749 : 96 : 2

Anno 1765 1765 1765 1775 1781 1781 1781 1781 1781 1781 1781 1781 1785 1809 1812 1812 1814 1815 1816 1819 1855 1855

; ; : ; : ; ; : ; ; ;

i

: : : : : ; ; ;

i ; ;

K m ;Anni 53 : 10 55 : 10 86 : IO 128 : 8 4 i 0 7 i 0 8 : 0 8 : 0 8 ; 0 13 ] i) 123 ; 0 140 i 0 45 : 4 97 ; 0 32 : 2 • 40 : 2 130 : 2 7i i 3 20 • 4 72 i 7 91 : 0 93 : 0

Anno 1856 1865 1865 1867 1870 1875 1875 1877 1880 1884 1885 1885 1890 1895 1896 1897 1897 1897 1897 1897 1898 1899

; K m ; Anni i 36 ; 2 • 84 i 5 i Ì24 i"""5""' : 69 : 0 : 69 : 0 : 109 : 0 ; 125 : 0 ; 119 ; 0 i 35 : 0 ; 167 ! 0 i 167 ; 0 : 124 : 0 ; 84 ; 3 1 56 : 0 ; 119 : 0 ; 60 ; 0 : 60 ; 0 .1.60.. i 0 : 68 : Ò : 108 ; 0 : 57 ; 0 : 25 : 0

tab. 4 - Rapporti temporali e spaziali tra frane e terremoti. Nella prima colonna sono riportati gli anni di attivazione dei dissesti di cui si hanno date esatte, nella seconda la loro distanza in Km dall'epicentro stimato dell'evento sismico immediatamente precedente e nella terza gli anni intercorsi tra la scossa sismica c la frana

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