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N EL PRIMO ANNIVERSARIO D ELLA GUERRA INFAME
Prevision I E Realta
Alla vigilia de1l'11/tim11111m che ap riva le ostilità dell' Italia contro la Turch ia - su questo stesso foglio, nel nume ro che fu incriminato e foml la base giuridica al processo del nove mbre - noi scrivevamo quest e testuali pJ.role che a distanza d i u n anno ci piace dì r iporta re per dimostra re che le nostre furono facili profezie N oi domandavamo :
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« Sarà così facile la vittoria, come sognano i nazion alisti imperversa nti nelle gazzette borghesi ? N e dubitiamo. La T u rchia. sì raccog lierà fo uno sforzo sup remo. Si t ratta di v ita o di morte Le arm i italiane, . se anch e non fo ssero vinte in battaglie campali, p otrebbero essere tenute in scacco e s tan cheggiate dalla guerrig lia deg li ìndigeni ».
I fatti ci hanno dato ragione. I nostri dubbi - e allora era qu asi de litto di lesa-patria l'esprimerli h anno ottenuto la p iena e triste con· ferma della realtà. La documentazione è _ ne lla cronaca di questi dodici mesi di gueHa. G iorno per giorno g li avvenimenti sfrondavano la corona delle m ir ifiche illusioni nazionaliste, Ora - p iuttosto ch e ricapito-lare le vicende sfortunate d i questa guerra-stilli cidio - domandiamoci p er q uali cause è stata possib ile una così colossale m istificaz ione ai dann i del popolo italiano. Sono due: la vantata faci lità delJ'impresa e la cr eduta utilità immediata della conq uista. '
I.e alt re ragioni diplomatiche, strategiche, poli~iche, non avr ebbero operato il miracolo di trascinare una nazione all'abiura solenne e brutale del suo più recent e e g lorioso passato. G li entusiasmi inneg abili dei p r imi giorni si spiegano cosl. Se invece di parlare .di una « innocua passeggiata militare>> che si sarebbe compiuta in «otto » giorni e nott sarebbe costata « né un uomo, né un sol do.» e avrebbe rich iesto l'imp iego di non p iù di « quindicimila soldati». attesi d el resto a braccia aperte come « liberatori » dagli ar abi anelanti a scuote re il giogo turco; se in vece d i descrivere una guerra alla Carlo V III si fosse on estame nte fatto il preventivo dell'impte$a -a norma d elle guerre coloniali combattute dalle altre nazioni europee i n tutto jl mond o e in p articol a.«! clalla Fran· eia proprio nell' Afrka settentrionale - è certo che g,li ·~
DALLA RIPRESA DELL'ATTIVITÀ, ECC. 213 polini dell'ottobre 1911 si sarebbero mantenuti al livello normale. Gio· vanoi Borelli poteva parlare di un'« atmosfera vittoriosa» davanti allo spettacolo delle foll e enormi che accompagnavano j primi scaglioni di truppe destinate alla Libia, ma la realtà è ch e le folle - turlupinate dalla propaganda nazionalista - credevano in un ritorno sollecito e trionfa le dei soldati ch e partivano. Pochi g io rni di guerra, anzi di manovra e niente di più. Poi la conquista, la gloria, l'Italia riabilitata e temuta nel concilio delle grandi nazioni. -Come la fac ilità, cosl fu magnificata l'util ità economica dell'impresa. Le fa vole più impudenti circolarono sui g iornali d'Italia. La Tripolitania era l'Eden, la Terra Promessa, il Ben~ godi della leggenda.
Il suo feracissimo suolo diviso in lotti e consegnato ai soldaticome Roma faceva coi suoi leg~onari - avrebbe arricchito migl ia ia di famiglie. Anche il sottosuolo nascondeva i tesori della natura. Si parlò di zolfi libici, poi di fosfati. l e immense distese di sabbia desertica nascondevano un suolo adatto per tutte le colture agricole. Ba.stava semplicemente liberare il deserto dalla sabbia.... fat ica sisifea come quella di chi voJesse liberare il mare dall'acqua... C'erano qua e là. in Italia voci alte e fioche che richiamavano gli italiani ad un più on~ o esame della realtà delle cose. Ma chi le ascoltava? Gli uomini benemeriti dell' Italia, perché diceva no la verit,\, non trovavano ospitalità sulle CO· lonne dei grandi giornali, ma dovevano confinarsi negli ebdomadari che influenzavano una troppo ristretta cerchia di persone. E il popolo prestò fede alle affermazioni nazionalistiche. Una cooperativa di siciliani:_ una cooperativa per Je affittanze collett ive - portò uomini e capitali in libia e dopo a un disastroso esperimento tornò in Italia dichiarando : il terreno è sterile. Le miniere non esistono, manca l 'acqua, non ci sono .fiumi a corso perenne, la Libia potrà essere una base strategica, non sarà mai una colonia di popolamento, Jnvece di arricchi re la madre-patria la dissanguerà Tutto ciò è ormai pacifico. Ma per giungere a questa
· constatazione è occorso il sacrificio di diecimila giovani esistenze.,.,
E la pace di cui si parla è una menzogna diplomatica. Chi impedirà. alle tribù arabe di combattere per loro conto? Quale protocollo impedirà la guerriglia araba? La guerra continuerà malgrado la pace e colla guerra continuerà il sac rificio inutile di denaro e di sangue del ·popolo italiano. Dopo dodici mesi di guerra, il principe dei giornalisti nazionaJjsti, il grande e posSente Edoardo Scarfoglio di Napoli, scrive nel suo giornale che la guerra libica è compresa fra due istituzioni: il Banco di Roma e Ja Banca Commerciale. Entrambe straniere. Della p rima è azionista Francesco Giuseppe, impera tore d'Austria; l'ultima è una emanazione diretta del cap itale bancario tedesco. Dopo dodici mesi di guerra un giornalista nazionalista ci d ice che il popolo italiano si è svenato del
Opera Omnia Di Benito Mussolini
suo sangue più vermigHo per dissetare i vampiri della finanza clericotedesca!
:2 ùn obbrobrio. Ah! se qualcuno osasse ancora parlarci di « bella guerra », oggi che i segni del disagio, della crisi, della disperazione sono manifesti dovunque, quegli sarebbe linciato da quello stesso popolo che pochi mesi or sono osannava i maggiori e minori T ony del circo nazionalista. La situazione è radicalmente cambiata. Il carnevale è finito. Co·m.incia l'espiazione, amara per tutti, amarissima per i responsabili che dovranno render conto del loro immane delitto prima al popolo, poi alla storia.
Da La Lotta di Claue, N. 138, 14 settembre 1912, IU. P ubblicato anche su lA I.ima (I, 104), N . 39, 2S settembre 1912, XX. Su La Lima ['articolo fu. mato Benito Mussolini.