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LA GUERRA DEGLI ISTRIONI

Non leggo più i quotidiani e sto meglio. Avevano finito per stomacarmi. Compro un solo giornale : quello del mio Partito, per dovere di disciplina. Ma gli altri - i foglioni dal notiziario chilometrico - li lascio alle edicole. La guerra mi ha stancato. La prosa guerresca dei corrispondent i straordinari è fastidiosa. Il ditirambo orgiastico, l'amp lificazione donchisciottesca, mi tediano. Mi rjbello al bluft sistematico. Io lo dico e non m'importa di scatena.re nuove ire e nuovi scandali : dUiante la guerra il giorna,!ismo italiano ha emulato il giornaliSlJlo turco. Per mc il Giornate d'I1alia equ.iva:lc al vecchio e risorto Tanin. ç redere nelle lom « versioni » è una specie di su.icidio morale. Non mi .rassegno a questa gigantesca truffa a.Il'americana. perpetrata ai danni dell'opinione pubblica disorientata, 110/tigeanle, inco nscia.

I « Barzini » sbocciati nelle serre del giornalismo guerrafondaio, sono innumerevoli. :8 una fioritura tropicale. Il giornalismo italiano è infetto di « barzinismo >>. Ma i nuovi. parvenus non sono avventurieri dalla penna di grande stile. Hanno rovinato il loro modello rendendolo popolare, comune, servizievole. Lo hanno svalorizzato introducendolo nella circolazione. di tutte le mediocrità redazionali. Il Barzini democratico non è più il Barzini. E già stato notato. I suoi discepoli sono dc( liceali mancati, dei novellieri disoccupati. Gente improvvisata, nòmi che non hanno mai figurato nell'albo del g iornadismo. Hanno fatto la corrispon· denza come si fa una no:vellaccia. Digiuni di urta qualsiasi c ultura sto• rica e cronistica, coloniale, strategica e giuridica, quando hanno voluto togliersi dall'impressionismo cinematografico ,per affrontare i problemi suscitati dalla guerra, quando invece dalla descrizione facilona a scene infinite di luoghi comuni hanno voluto incattedrarsi per ragionare, di· scutere, criticare, allora si è rivelata fulmineamente la loro impreparazione, la loro fenomenale ignoranza. Il cinismo disinvolto degli « inviati speciali » farà storia. Non all/evano che uno scopo: Ja glorificazione della conquista, l'apoteosi della guerra. Miravano a prcwocare il fri.SJon. La morale pacifista, la morale umana è stata pietinée dai gazzettieri ,J servizio di· Caneva. Sono .stati impudenti. Che importa la verità? L'es· $enziale è la tirahua. Ma qualcuno li ba colti in flagrante COJlle apprendisti del furto. Bevione è un bugia:rdo. De Maria un mistificatore.

Opera Omnia 01 Benito Mussolini

Gli è faUito il sensazionale tentativo reclamistico p erché aveva un precedente: Carrère. Quando penso che a Napoli la vettura di Jean Carrècc è· stata t rascinata dai dimostranti, quando ricordo che tu i volontarj quadrupedi c'era l'iJite partenopea con a capo il Sindaco D el Carretto, io mi ho a schifo di muovermi in questa Italia di briachi cialtroni. Ingannati, abbrutiti, storditi dai giornali, noi abbiamo avuto dei bruschi risveg li, dei soubresauJs improvvisi, delle delusioni tremende, Un altro popolo - meno ignaro deU 'italiano - non avrebbe tollerato l'enorme mistificazione governativo-giornalistica, ma sarebbe insorto in u n impeto di dignità civile.

Le carcasse dei -responsabili dovevano penzolare alle fantcmc d ei quadrivi.

Non rifaccio la cronaca, Mi limito agli ultimi avvenimenti. C'è stato un raid ai Dardanelli. Un atto audace, an2i temerario. Ebbene, dopo un mese, le versioni inedite non sono ancora finite. Tutto è stato notato, tutto è stato apoteizzato, anche i gesti insulsi, anche le frasi banali. Coloro che hanno osato criticare l'impresa, sono stati r icoperti di prosa vituperevole. Whital è stato silurato da colonne d'ingiurie in corsivo. Finalmente anche un giornalista italiano che fa del « barz.inismo », per· ché ha visto che nella borsa del giornalismo i « titoli » Bar2ini sono al disotto della pari, Corrà.do Z.Oli ha rifatto il raid, documentandolo e mostrando quale esso in realtà è stato : un atto di eroica pazzia.

E la crisi turca? Dal 24 luglio, anniversario della rivoluzione, tutti i giorni i quotidiani italiani ci hanno annunciato la fine dell'impero mussulmano. Nessun sintomo di quelli che precedono gli eventi storici fu trascurato. Il nuionalismo italiano ha creduto che Ja disgregazione deIJa Turchia sarebbe venuta dall'insuuezione albanese, dalla guerra col Montenegro o colla Bulgaria o colla Grecia, dalla sedizione militare, dalla rivolta della plebe, dalla crisi parlamentare, dalle catastrofi tellu· riche... Niente. La Turchia è in piedi. La Turchia sfida il nemico. Non cede. 8 un malato che non muore mai. 8 sempre sull'orlo de ll'abisso, ma non vi si precipita , solo per fa r piace re ai governi rapinatori del. . l'occidente.

Zuara. Qui siamo in piena Gran v;a. L'eroe di Daudet è riabilitato. L'Italia è un'immensa Tarascona. Zuara.-Città. misteriosa, fortezza inespu· gnabile, baluardo degli arabi. Caneva guardava Zuara come le Termopili del cimento supremo. Quanti nemici <:oateneva? Gli esploratori avevano

·contatele tende. Forse diecimila. Forse di -più Il giorno dell'avanzata è venuto. Protetti dalle formidabili bocche della marin a, i fucilieri divisi in tre colonne h,mno -preso d'assalto Z.Uara. La città è un villaggio, le tende sono baracconi abbandonati, di nemici nessuna traccia. Trionfo incruento."

Occupazione 1am çoup férir, l'episod io ricorda l'altro dè lla pr ima guerra

~ALLA RIPRESA DELL'ATTIVITÀ, ECC. 205 eritrea quando gl'italiani ingaggiarono battaglia contro una man dria. La presa di Zuara fornirebbe materia a una dozzina di poeti eroicomici. Semb ra una colossale fredd ura. Vi pare di loggere uno degli Schizzi di TWain. Manca all'Italia contemporanea un indiavolato Cervantes che p recipit i nel ridicolo la guerra degli ist rioni e gli istrioni della gueua. Io, intanto, boicotto i giornali che hanno imbestialito le folle.

L 0 HOMME QUI CHERCHE

D.1 L4 Folld, N. 6, 1 settembre ·1912, I.

( +) Mussolini espone le difficoltà f inanziarie in cui da Jempo si dibatte La Lotta di Classe, Egli cita i stUdf ici fatti dai compagni di Forlì per sostenerla finora. Dice però che tale stato di cose non può e non deve durare, Tutti i socialist i, degni .di questo nome - egli e1cfamadevono poter trovare la tenuissima quot a di 10 centesimi al mese che bastano per assicurare il funzionam ento della Federazione provinciale. La quale è necessaria anche per l'unità d'indirizzo politico da darsi a tutta la provincia. Cita eumpi e!tJq1m1ti di i ncongruenza e Cl)nJradJ;. torietà nell1azùme socialiJta d ella nostra Provincia . Ciò si deve alla mancata unicità di in diri2zo.

Egli spieg.a Che vuole il segrel<trÙJ/.fJ unico, non l 'unia) segretario; ch' egli sarà lieto il giorno in cui quattro segretari, uno per ogni c:oUegio della Provincia, potranno essere dig nitosamente mantenuti daUo sforzo concorde di tutte le forze socialiste d ella Provincia.

DeploM l'a.rsenteismo di Sanl 'A rcangelo .e dì Rimini o si dice disposto a far cessa.re la pubblicazione della Lolla di Class~ se le sezioni continuano a dar l'esempio, come qualcuna che è inutile nominare, di subire l'onta. di farsi pubblicare come sfruttatrici della stamp:i. socialista, senza trovare la forza di dignità necessaria a pagare le poche lire del loro debito. ( + ) 111 "'

• Riassunto del disco.n o pronunciato a Cesena, nel pah.no locaulli (via Tibt"rti 7), l'J St'ttembre 1912, nel corso del congresso delle se2ioni socialiste della provlllcia di Forll. (Da La Lolla di Cian e, N. H7, 7 settembre 19 12, lii).

•• Alla Jine, il congr esso approva il seguente ordine: del g io rno:

« I rappresentanti dei collegi dì Forlì e Cesena, constatato che per !'assenzi dal congres,o dei rappresentanti dei collegi di Sant'Arcangelo e Rimini non possibile prendere una deliberazione che obblighi l'intera Provincia; t: riaffermano la necessità della formaiione di un unico segretariato provinciale e rinviano a tale scopo il congresso ad altra epoca; u formano frattanto una Federazione birollegiale di Forll e ~ena, nominandone segretui Mussolini e Giommi ;

• fanno caldo appello ai compagni dei due coJlegi d i Rimini e Sa.nt' Arcangelo , perché ini.ziino immediatamente il fav<1ro nece5sario e predispona ano i mezzi onde la Federazione bicollegiale non rimanga tale, ma divenga provinciale con. l'assunzi0t1e di un altro segretario, particolarmrote destinato ai due collegi di Sant'Ar«ngelo e Rimini, nei q uali urge un va.sto e completo lavoro di riorganiz zazione socialista"*· (Da l.4 lolllf d i C/411e , n. 1.H, 7 settembre 19 12, III)

Amilcare Cipriani, al quale invio il saluto augurale dei socialisti di tutta la Provincia, non deve credere che io sia contrario all'organizzazione economica come parrebbe qualora si .intttpretasse alla le ttera fa fÙ16C paradossale da me ipronunciata al congresso romagnolo di ·Forll in risposta alle vivaci inte rruzioni di un gruppo di «sinistra» imolesi. No. C'è organizzazione economica e organizzazione economica, come ci sono rivoluzionari e rivoluzionari . C'è un'organ izzazione economica che non ha niente da pa rti re col socialismo: è l'organizzazione g ialla ch e si prefigge di raggiungere miglioramenti immediati e nient'.altro. Di questa forma d'organizzazione io sono e rimango dichiarato nemico. Sono invece partigiano e difensore dell'organizzazione economica quando es.sa s ia

• Questo scritto è una postilla ad un giudizio d i Amilcare Cipriani sul con!ttSSO di Reggio Emilia, giudizio apparso sull'Humanil.l di Parigi del 26 agosto 1912 e riportato da X. Y. Z. in una letten da Parigi pubblicala. su Lz LoJJd di C/,uJi. Il tenore deJle parÒle di Amilcare Cipriani è il seguente:

« In Italia, al congresso di Reggio Emilia, come l'ho scritto nel mio articolo del 19 luglio, ha trionfato la frazione intransigente rivolui ionaria, cioè la mia, e dovrei essere - invero - soddisfatto - q E vero che nel mio articolo d el 1? lug lio non mi sono esaltato. D icevo: " sarebbe rischioso fare pronostici Aspdtiamo la nuova Dirtziooe a ll' opera f! a lavoro finito che si può giudicare l'artefice" o, Francamente, è ancora un po· p resto per farsi un concetto chiaro e preciso, ma confesso che i primi atti lasciano alquanto a desiderare

<i Ebbene, lo confesso sin ceramente, non sono <!e l tutto soddisfatto, perché ci sono rivoluiionari e rivoluzionari, distinz:ione che io non sospettavo.

• La mia diffidenza s'accresce quando ricordo che - or non è moltoabbiamo visto Enrico Ferri prodamani rivoluzionario scientifico.

«Scientifico? Che cosa. vuol dire?

• La sua dottrina non era nient'altro che del confusionismo. l!. noto ch·egli ha Mito pu indossare Ja ca.sacca del monarchico. Se n'è andato dal nostro Partito, dopo averlo ingannato. l!. un traditore.

« Oggi, fra coloro che ha.nno trio nfato a Reggio Emilia, c'è un uomo, Mussolini, il cui ordine del g iorno ha trionfato . Quesfuomo mi piace molto. Il suo rivoluzionarismo è il mio, dovre i dire, il nostro, cioè quello che si chiama "da.nico".

« A questo valoroso Mussolini, mina solo semplicemente questo: di essere sociaJisla e sindacalista a V.A teJnpo », dichiaratamente socialista, cioè adotti il metodo della lotta di classe, per giungere come meta all'esp ropriazione della borghesia. L'apoliticismo sindacale mi sembra un povero trucco più o meno gesuitico L'organizzazione economica non può essere a1>olitica: o è socialista o è krumira.

O vuole la rivoluzione o non la vuole. Io accetto, in proposito, tutte le osservazioni d i Charles Albert.

A,·~ei stralciato dalla lettera parigina gli elogi che mi fa il Cipriani, elogi di cui mi sento un po' lusingato perché vengono da « lui » se non vi avessi trovato l'occasione d i spiegare a qual modo d'organiuazione economica io sia contrario. Sfioro l' argomento. Spero, n elle postille al libro di Charles Albert, di el im inare ogni equivoco.