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CONSIDERAZIONI

Considerazioni La nostra partecipazione alla seconda guerra mondiale sorprendeva la Libia con una parazione inadeguata sotto tutti gli aspetti: scarsa e inadatJta era la motorizzazione (i n carri armati, semoventi, autoblindo, autocarri protetti e non protetti) per una guerra di movimento sia offensiva che difensiva; incomplete erano le fo.ntifjcazioni delle cosiddette forti per una guerra difensiva di posizione intesa a «durare»; insufficiente era l'autonomia logistica per una guerra lunga.

Le direttive strategiche contenute nel piano P.R. 12 (l) consideravano la sola ipotesi difensiva; esse erano confermate all'inizio delle ostilità.

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L'offensiva in Egitto, iniziata in settembre, non venne studiata in precedenza nè sul piano terrestre, nè su quello navale, nè su quello aereo, per stabilirne le linee generali e, in dipendenza di esse, i mezzi necessari; essa venne improvvisamente ordinata e svolta soltanto in funzione di presupposti pohtici contingenti.

L'illusione di una vittoriosa conclusione della guerra a breve denza spingeva dapprima all'azione: « ... non si :t:ratita eli puntare su Alessandria e nemmeno su Sollum » telegrafava, il 19 agosto, il Capo del Governo al Maresciallo Graziani : « Vi chiedo soltanto di care le forze inglesi che avete di fronte »; la preoccupazione di maner fuori da ogni discussione, in caso di accordo fra Tedeschi ed Inglesi, determinava, venti giorni più tardi, l'operazione per l'occupazione di Sidi el Barrani, nonostante il parere contrario di tutti i Comandanti di Grandi Unità in posto.

Si giungeva così a quello schieramento avanzato di campi trincerati, non attrezzati per la difesa sui 360 gradi, che doveva costituire la rbase di pantenza per il successivo sbalzo su Marsa Matruh

(l) V d s. volume « In AfPica Settentrionale - La preparazione al conflittoL'avanzata su Sidi el Barrani >> , pubblicato dall'UFFICIO nel 1955 zo. - A.s_ e che il Gen. Wavell segnalava invece al Gen. O' Connor come promessa di un facile successo.

Nei corso della narrazione si è accennato ai contrasti di opinione tra le più alte Autorità sulla convenienza o meno di difendere le due piazzeforti Bardia e Tobruch o soLtan to T obruch.

Caduta questa, anzichè decidere di abbandonare Bengasi, sarebbe stato forse più opportuno far massa nella regione del Gebel el Achdar, che offre molti ostacoli naturali allo spiegamelllto di grosse zioni corazzate, per tentare di guadagnare in campo aperto, su zioni prescelte, con tutte le forze riunite (ar.tiglierie e armi anticarro opportunamente accentrate) quel lasso di tempo che era necessario all'arrivo dei rinforzi previsti?

Era questo un interrogativo ricorrente per il Comando Superiore A.S., per i Comandanti in sito, per lo stesso Comando Supremo. Se ne richiamano qui di seguuto i termini.

Il 17 dicembre, il Maresciallo Graziani, mentre scriveva al mando Supremo (v. pag. 134) di voler considerare se non convenisse di riunire in Tobruch anche le truppe di Bardia, avvertiva che il ciglione di Derna, fortissimo sulla fronte, poteva essere aggirato per la pista Martuba Berta e che non era da escludere che l'avversario potesse decidere di trascurare addirittura il ridotto Derna Berta per puntare decisamente da Tmimi, per Mechili, su Bengasi, Soluch e Agedabia.

Tornava sull'argomento, all'indomani della caduta di Bardia, in un rapporto dirotto al Duce e, fanto presente che con gli elementi in arrivo della sn armata avrebbe potuto schierare tra Derna, Berta e Mechili non più di 20.000 uomini, 350 cannoni e 60 carri medi, badiva i concetti prospettati in dicembre e concludeva che una nizzazione difensiva in profondità nella zona di ostacolo dell'Dadi Derna e dell'Dadi Beddahach, rafforzata da lavori di mina, zioni ecc., avrebbe potuto miracolosamente, forse, arrestare l'avanzata nemica ·tra D erna e Berta, ritardarla su Bengasi e Agedabia, ma non fermarla.

Il 7 gen naio, anche il Sottocapo di Stato Maggiore Generale, in un appunto per il Duce, considerava che l'efficienza difensiva di sto sistema improvvisato di successive resistenze, inevìtabilmell'te boli e basate sull'impiego a spizzico delle forze, se poteva tersi di ralle ntare lo slancio nemico non pareva potesse lasciare verchie speranze sulla sua capacità di arrestare definitivamente fensiva inglese.

Il giorno 9 Mussolini telegrafava al Maresciallo Graziani (v. pag. 160) che era in corso il trasporto in Romania di un numero imponente di Divisioni germaniche e che, quindi, si trattava di guadagnare attorno a Tdbruch il tempo necessario, perchè la minaccia alle basi britanniche del Mediterraneo apparisse agli Inglesi in tutta la sua imponenza e immediatezza.

Lo stesso giorno, il Maresciallo Graziani (v. pag. 160) diramava le «direttive per la battaglia d'arresto» chiudendole con l'esortazione: « Se riusciremo a resistere nel sistema Derna - Benta - Mechili fino al momento in cui i mezzi in afflusso potranno essere a nostra disposizione, ci arriderà con certezza la vittoria».

Nei giorni che seguirono si rafforzava nel Gen. Tellera, in ricognizione sul Gobel Achdar, la convinzione che il uemico non avrebbe potuto procedere nella re gione con soli mezzi motocorazzati e che la difesa organizzata dell'al·tipiano avrebbe dato la possibilità di resistere lungamente anche nell'ipotesi di un avvolgimento.

Ma, caduta anche Tobruch (23 gennaio), la sensazione che il nemico intendesse effettuare una manovra aggirante sulla nostra ala destra faceva maturare, nel Comandante Superiore A.S., la decisione di abbandonare Derna.

Il preannunciato arrivo di 100 apparecchi (telegramma di Mussolini giunto la sera del26) rendeva il Maresciallo Graziani (v. pag. 224) per un momento, più fiducioso nella valutazione degli eventi (... « State certo che il nemico ha compreso che la cosa che si riprometteva non è così facile»), ma non lo induceva a rinunciare alla contrazione che aveva in animo.

Il 29 (v. pag. 226), in una riunione a Berta, i Generali Tellera, Cona, Bergonzoli... invitati a far conoscere il proprio parere sull'abbandono della città, convenivano sulla opportunità de1la decisione cui era addivenuto il Comandante Superiore.

Allo sgombero di Derna, attuato la notte sul 30, seguiva, il 31, l'ordine di ritirata generale dal Gebel.

.L'opportunità del ripiegamento veniva messa in dubbio, il l o febbraio, in uno studio del Comando Supremo (v. pag. 232). In esso era detto che:

- le corazzate inglesi, lungo le piste del Sud Gebelico, quasi certamente, avrebbero preceduto su Agedabia le truppe del Maresciallo Graziani , le quali, non solamente avevano un maggior per- corso da compiere, ma si sarebbero dovute anche battere per sfuggire ali'accerchiamento a stretlto raggio;

- in questa situazione era da domandarsi se non sarebbe stato più redditizio operare offensivamente dal ridotto gebelico contro le unità inglesi in zona Mechili - da dove si dipartono le principali piste predesertiche che raggiungono il Sud Bengasino - e restringersi nel ridotlto stesso qualora le azioni offensive non avessero avuto successo o fossero sopraggiunte nuove forze inglesi.

Nell'alternativa, che così prende più precisa forma, non è privo d'interesse ripor tare quanto il Comandante del XX corpo d'armata scrive sullo Sltato d'animo dei suoi dipendenti:

«Il morale dei comandanti e della truppa, che già no11 aveva potuto non risentire dell'influenza dei successi nemici a Sidi el Barrani, Bardia e Tobruch, risenti dannosamente della forzata rinuncia alla conservazione e difesa di quella ben sistemata e colonizzata parte della Cirenaica, ricca di nuovi villaggi e popolata da Italiani, che sarebbe potuta ess ere sicuramente sottratta all'invasione nemica, se, come era stato promesso e previsto, fossero giunti gli attesi rinforzi. Non mancarono alcuni segni di sconforto e di preoccupazione sulla riuscita del lungo ripiegamento, sotto la continua pressione nemica e la minaccia dell'aggiramento di forze meccanizzate nemiche da Mechili, ormai sgombro, su Msus e Agedabia, contro i quali segni il Comando intervenne prontamente ed energicamente».

Ma lo stesso Generale Cona considera e avverte che, se fosse stato mantenuto l'ordine di resistenza a oltranza nella zona DernaMechili - Berta, il complesso di inferiorità di potenza e di capacità manovriera che aveva già imposto ristretti l.imi.Jti alle nostre possibihtà combattive, avrebbe agito dannosamente sullo spirito delle noSitre truppe dopo le vittorie nem iche a Sidi el Barrani, Bardia e Tobruch.

A completare gli elementi di apprezzamento del dilemma operativo presentatosi ai nostri Alti Comandi nel 1940...41, torna ora utile qualche precisazione sulle date di afflusso degli a.ttesi rinforzi.

I battaglioni M 13 VI e XXI sbarcarono tra il 17 e il 21 gennaio in tempo cioè, per poter partecipare ad una eventuale battaglia di logoramento sul Gebel.

La Divisione «Ariete» completò il 7 febbraio lo sbarco iniziato il 25 gennaio; il 9, la sua consistenza, a Tripoli (e cioè a 1000 chilo- metri dal Gebel el Achdar) era di 117 carri L , 720 automezzi , GO cannoni, 20 .m1tragliere da 20 mm., 103 mototricicli, 482 motocicli.

I primi elemefllti - non impiegabili - del Corpo corazzato tedesco sbarcarono il 15 febbraio {l).

Da parte nemica, un forte contingente di nuove forze corazzate {100 carri incrociatori) era atteso tra il 7 e il 9 febbraio a Mechili, epicentro della battaglia in Cirenaica.

Alla luce di questi dati di fatto, non sembra si possa neppur oggi propendere, senza esitazione, per una soluzione diversa da quella adot:Jtata.

Come avvenne la Ammesso che la decisione presa {ritirata geritirata nerale dalla Cirenaica) fosse la migliore, la esecuzione fu la più felice in rapporto alla situazione nostra e nemica? ·Più in par•ticolare: a) sarebbe stato possibile effettuare il movimento con sufficiente celerità per consentire alle forze in ripiegamento di preveni re l'aggiramento nemico e raggiungere in tempo la piana di Agedabia? b) di frofllte alla potenziale minaccia dell'accerchiamento dell'Armata a nord del Trigh Capuzzo, nella presunta impossibilità di stroncarla mediante una battaglia decisiva in campo aperto (impossibilità implicita nella decisione di si doveva cercare di salvare il salvabile e cioè la maggior par.te delle forze corazzate, delle az;tiglierie, aliquote dei servizi e reparti provvisti di automezzi propri?

Sarebbe stato possibile cioè alle nostre truppe di percorrere l'arco Berta- Barce- Bengasi- Ghemines- Agedabia con sufficiente anticipo sull'azione svolta dalle forze motocorazzate nemiche, cui era affidato il compito di tagliare la nostra r]tirata per la corda Mechili - Msus - « Ba1bia » tra Ghemines e Agedabia?

Sul buon esito della soluzione integrale (salvezza dì tutte le forze in ripiegamento) gravò, anzitu'llto, in ordine di tempo, la deficienza degli automezzi, che costrinse a ricorrere a complicate ma-

{ l) Un gruppo da ricognizione e un battaglione cacciatori di carri, comprendenti complessivamente: 27 autoblindo, 28 pezzi controcarro da 37 mm. (autocarrati) e 9 da 50 mm. (trainati da trattor.i cingolati), 2 pezzi da fanteria, un centinaio di mitragliatrici, circa 300 autO\'CÌcoli e 250 motomezzi novre di autocarri per !trasportare a Barce le uniltà non aventi dotazione propria di mezzi di trasporto (1).

Raggiunta la zona di Barce, la colonna, non dovendosi più occupare del movimento dei bat::taglioni a piedi, avviati per ferrovia (85o e 86° reggimento fanteria e XXXV btg. libico ecc.), poteva proseguire completamente autotrasportata, ma la celerità del suo movimento doveva necessariamente regolarsi su quella dei mezzi meno veloci, costituiti dai carri M 13 che, per mancanza dei regolamentari carrelli, occorrenti all'autotrasporto, marciavano sempre cingolati realizzando, in conseguenza, una minore velocità oraria e una più breve tappa giornaliera. E' da aggiungere che detto materiale, impegnato fin dal dicembre in lunghi spostamenti e in combattimenti, sempre senza l'ausilio dei carrelli, non poteva essere in condizioni di perfetta efficienza e rendimento.

Inoltre era causa di danno, durante lo sfilamento della colonna, il lìbero e caotico esodo da Bengasi di numerosi militari appartenenti a servizi, reparti di inrtendenza ed altro, insieme ad una ingente massa di civili (uomini, donne e bambini), che si inserivano e framm isc hiavano nella colonna stessa provocando disordine, arresti e allungamenti durante il movimento, difficoltà e turbamento durante i combattimenti.

L'esplorazione e la sicurezza terrestre da parte dei nostri non potevano esplicarsi che sulla rotabile. I m ezzi di cui disponevano il lOo reggimento !bersaglieri e il nucleo motorizzato « Allegri » (auto-

(l) In un a relazione del Gen. Della Bona si legge: « Fu necessario far compiere al/'85° e ali'Piio reggimento fanteria la marcia da Bir Gandula a Barce (km 70 circa) a piedi in tappe (notti sul 3 e sul 4). Nella notte dal 2 al 3 febbraio, per trasferire il Raggruppamento << Moech >> da Slonta al km. 20 (strada Barce - D erna) fu necessario togliere tutti gli automezzi al Raggruppamento « Co/pani >> e tutti quelli del Quartier Generale e dei servizi. Essi, a movimento ultimato, di pieno giorno (3 febbraio) e sotto periodico mitragliamento aereo, ritornarono a Bir Gandula, da dove, nella notte dal 3 al 4, effe/· tuarono lo spostamento del Raggruppamento << Co/pani )) da detta posizione a quella del monumento ai Caduti (Barce). Durante i movimmti, le artiglierie ferme non disponevano di un autom ezzo carri Fiat 626 e qualche Lancia 3 R.O.) non erano atti a muovere rapida m ente fuori strada; anche le motociclette dei bersaglieri non si prestavano, nel caso contingente, a tale compito.

<( Nella giornata del 4, l'Armata inviò 30 automezzi; con questi e con altri racimolati in Barce, fu possibile assegnare una aliquota di automezzi al Raggruppamento « Moech >> (48) e al Raggruppame1lto l( Colparri >> (16), aliquota molto ridotta che costrinse a lasciare anche quas-i tutte munizioni e ad accatastare 2 o 3 pezzi da 20 o da 47/ 32 con le poche munizioni possibili su un solo aut()Carro H.

L a protezione sul fianco fu affidata alla riserva mobile (Gen. Bignami), dislocata a Soluch e Sceleidima, e ad un nuovo Raggruppamento che, posto agli ordini del Gen. Bergonzoli, doveva entrare in funzione alle ore zero del 5 febbraio.

Il Raggruppamento lasciata Sceleidima la sera del 5, giungeva a Ghemines a mezzanotte, e qui, in base agli ordini ricevuti, si inseriva nella colonna distaccandosi dal XXI btg. carri M 13 che muoveva più lentamente a causa della limitata velocità di marcia c he potevano sviluppare i carri.

Il Raggruppamento « Bergonzoli sul quale si riponevano le maggiori speranze era, sulla carta, un complesso di forze tutt'altro che trascurabile (1). Esso rappresentava quanto di meglio rimaneva della ormai disfatta lOa armata; grav i e circostanze varie ne riducevano però l'efficienza: l'improvvisazione, la struttura, la dislocazione iniziale, l'impiego, incidevano, in particolare, sulle sue possibililtà operative.

L'improvvisazione, determinata dalla necessità co ntingente, aveva riunito reparti che non si conoscevano tra loro, non conoscevano il comandante nè erano da lui conosciuti.

L'elemento organicamente più completo ed o.nogeneo di mezzi, il VI battaglione carri M 13 (45 carri), era di nuova costituzione e non solo non aveva ancora combatltUto, ma non aveva neanche eseguito un qualsiasi rudimentale addestramento tattico d'insieme.

La dislocazione iniziale del Raggruppamento era viziata rispetto al punto nevralgico della lotta in quanto non consentiva un impiego unitario delle forze nè offriva possibilità d'azione manovrata : all'atto della sua entrata in funzione infatti (ore zero del 5 febbraio) le unità destinate a formare la Retroguardia Libia Oriental e erano dislocate: Comando, in marcia dal villaggio D'Annunzio a Benina; Brigata corazzata, in marcia da Barce a cl Abiar; Raggruppamento «Piana», in marcia da Lete ad el Abiar; gruppo «Ferrara», in marcia da Maraua ad el Abiar; nucleo «Cr ucillà », alla periferia di .Bengasi; l'altro eJemento assegnato alla Retroguardia il mattino del 5 (VI battaglione carri M 13) trovavasi anch'esso poco ad est di Bengasi.

Alle prime luci del 5, il Comandante del Raggruppamento decideva di re carsi ad el Abiar per prendere contatto con l'unità più esposta; contemporaneamente in viava il Capo di S. M. a Bengasi presso il Comando di Armata, per avere informazioni ed even tuali ordini operativi o diretJtive di massima.

Il Comando di Armata comunicava verbalmente che Msus era già occupata ed oltrepassata dal nemico e preavvisava ch e la R.L.O. doveva orientarsi a ripi egare verso sud nel pomeriggio.

Sulla base di tali direttive e degli ordini che seguirono (v. pag. 26 4) la Retroguardia Libia Orientale rimaneva ferma tutto il giorno 5, mentre il nemico co n tinuava ad avanzare verso sud, sud-ovest. Tale sosta - anche il Comando Armata e il Comando Corpo d'armata si attarda vano in Bengasi fin o alle ore 17,30 - alla stregua degli avvenime nti successivi, si dimostr erà pregiudizievole per l'esito della battaglia.

Due compiti venivano affidati successivamente al Ra ggruppam ento « Bergonzoli coprire Bengasi da est; coprire il tergo dell'Arma ta da nord.

Il primo, già nel pom eriggio del 4, era superato, in par te, dagli avvenimenti, p er chè la minaccia n emica non si presentava tanto ad est quanto a sud di Be ngasi. Alle 16,30, una i n tercettazione aveva lasciato intendere che 1'11 o ussari avesse per obiettivo Soluch e che, riconosciuto il nostro sc hi eramento ad est di Sceleidima, ricercasse a nord di detta locali.Jtà, in zona Sidi Brahim, un passaggio più facile per scendere dal Gebel nella piana bengasin a (1). Le ava ng uardie britanniche raggiungevano Msus alle ore 17 del 4, quando ancora le residue forze della nostra 10n armata erano quasi tutte a nord del parallelo di Ben gasi.

Il secondo compito si sarebbe potuto assolvere solo se la Retrog u ard ia Libia Orientale si fosse trovata m eno lontana dal punto nevralgico della battaglia; m a l 'avanguardia celere della 7a divisione corazzata britannica aveva raggiunto la rotabil e, a nord di Zuetina, all e 12,40 del 5, quand o la Brigata coraz z ata del Gen. Babini era ancora ad el Ahiar. Essa muoveva al •tramonto del giorno 5, e giungeva a Ghemines alle ore lO dd 6; illd pomeriggio, essa si trovava di fronte al grosso del Corpo corazzato britannico che, nel frattempo, aveva travolto la colonna della lOa armata proveniente da Bengasi, la riserva mobile e il XXI btg. carri già dislocati a Scdeidima, nonché i rinforzi inviati dal Gen. Bergonzoli su richiesta del Comandante del XX coropo d'armata (VI btg. carri M 13 e Raggruppamento « Crucillà »).

( l ) {( Rapporto tattico per l'obiettivo di Foes (?): a Sccleidima vi sono due fossi anticarro che traversano l'Dadi ed altri fossi anticarro circa mezzo miglio più a nord. 30 tende at S/ 1630, sono stati osservati due gruppi di automezzi a 4 miglia nord-est di Soluch alle ore ll,40., La scarpara è assai scoscesa nella maggior parte. Vi sono molte trappole anticarro in molti punti sotto la scarpata. La zona a Sidi Brahim è assai più pianeggiante n .

La battaglia nel Sud Bengasino, dunque, concludeva l'offensiva invernale del Gen. Wavell in Cirenaica e suggellava il primo grave rovescio delle armi italiane nel Nord-Africa.

Vista nel quadro della campagna, essa costituiva per i Britannici il logico sviluppo e lo sfrutJtamento del successo di Tobruch; per noi Italiani era una battaglia in r1tirata, perduta per inferiore mobilità e inferiore struttura organica della lOa armata. Peso e velocità erano i fattori decisivi del successo britannico, intesi il primo, come risultante dell'ordinamento, armamento ed equipaggiamento bellico dell'avversario; la seconda, come maggiore mobili:tà complessiva dell'attaccante, dovuta alla qualfltità e qualità dei suoi autoveicoli, alla libera scelta delle direzioni di attacco (manovra per linee eSiterne) ed alla minore lunghezza dei percorsi: noi muovevamo lungo l'arco cirenaico ; il nemico lungo la corda.

Alle Grandi Unità organiche bàtanniche, affiatate, costituite con prevalenza di unità corazzate, noi non potevamo opporre nessuna grande unità organica, ma soltanto raggruppameUJt:i tattici di circostanza formati all'ultimo momento, costituiti da unità disparate, scosse dai precedenti rovesci, dalla crisi dei trasporti e dalla inadeguata qualità del proprio armamento.

L'inferiorità di mezzi corazzati era aggravata dal frazionamento dei battaglioni carri su uno spazio troppo ampio.

L 'impostazione della battaglia, da par.te 'britannica, consisteva in una semplice manovra di aggiramento a cui faceva riscontro, da parte nostra, una batJtaglia improvvisata, snodatasi lungo la Litoranea in una serie di episodi staccati.

In conclusione, dagli avvenimenti lumeggiati in precedenza e dalla documentazione raccolta non è forse errato ritenere che, in quella sÌ!tuazione ed in naturale, le forze della lOa armata, molto difficilmente avrebbero potuto prevenire l'aggiramento da parte delle unità nemiche: l'azione dell'Armata poi, fin dall'inizio, era viziart:a da un tempo di ritardo rispetto all'azione avversaria. Non sembra invece si possa escludere che, opportune provvidenze - fra le quali quella (particolarmente dolorosa) di disinteressarsi di ciò che la si'.tuazione consigliava di abbandonare al proprio de&tino - avrebbero forse consentilto di salvare parte delle forze motorizzate e corazzate.

Si è visto come furono successivamente attaccati e travolti i quattro scaglioni in cui venne frazionata la 10a armata su una profondità di circa 800 chilometri.

Si è visto come la madrepa>tria, impegnalta duramente in Albania, inviasse, con l'aggravarsi della si·tuazione cirenaica, qualche reparto corazzato in Africa Sottentrionale precedendo di poco il concorso tedesco.

Nel corso della narrazione sono sta1:e anche messe in luce le differenze di armamento e di mobihtà e lo squilibrio determinato dalla diversa disponibilità di mezzi di lollta moderni- nonchè dalla superiorità britannica sul mare e nel cielo - che non potevano trovare sufficiente compenso nella superiorità numerica degli effettivi da parte italiana; superiorità che, se limitata al solo numero degli effettivi, nella guerra in zone deser,tiche produce più svantaggi che van1taggi.

Durante la guerra il Governo e la stampa britannica ovviamente sfruttarono - ed abilmente - ai fini di propaganda, il tema della superiorità numerica ed in particolare l'entità dei prigionieri catturati, per esaLtare i successi

<<La decisione del Gen. Wavell di attaccare un nemico numericamente tanto superiore», le conquiste territoriali realizzate, le perdite a noi inflitte, prese a sè stanti e non inquadrate in una visione generale ed obiettiva dei mezzi, delle possibilità e delle circostanze riguardanti le opposte forze in quello specifico scacchiere operativo, costituirono validi argomenti per far buona presa sull'opinione pubblica, inducendo ad apprezzamenti ingiusti ed inesatti nei riguardi delle 1truppe 1taliane.

Pertanto, sede di conclusione, qualche obiettiva osservazione, generalmente accebtata dai critici d'ogni paese, può giovare a ricondurre la questione nei suoi giusti termini.

E' ricorrente fra comandanti e scrittori militari 1taliani, tedeschi e inglesi, un efficace raffronto 1tra la guerra nel deserto e quella sul mar·e, nel senso che le piazzeforti e i capisaldi nel deserto - come le basi alle quali la flollta si appoggia per assicurare il dominio del mare - se non sono integrati dall'azione di mezzi corazzati e con- trocarro, che mantengano il dominio del terreno fra di essi interposto, non hanno possibilità di efficace resistenza di fronte ad un attacco di adeguati mezzi avversari, e non possono che sacrificarsi cercando di infliggere al nemico il maggior danno.

« Questo - scriveva il Maresciallo Graziani - in sintesi è avvenuto nella della Marmarica, dove le nostre basi e la nostra « flotta del deserto costituita da mezzi corazzati scarsissimi, antiquati e scadenti (carri leggeri tipo L 35 e carri medi .tipo M 11), priva dell'indispensabile naviglio silurante ed esplorante (autoblindo veloci), dovevano sostenere la lotta di una flol!ta ben più numerosa, moderna, potente, mobilissima ed

Trattando del rovescio che le armi britanniche subirono a due mesi di distanza dalla vrttoriosa prima offensiva in Marmarica, il Generale inglese Desmond Joung, che visse la lotta nel deserto finchè non fu fatto prigioniero a Gazala, a sua voLta, scrive (1): « Naturalmente destò un'impressione ancor più penosa nell'opinione pubblica, abituata a misurare i guadagni e le perdite sulla carta geografica. Ma poichè nel deserto il possesso del terreno ha scarso significato, sarebbe stato più saggio valutare la situazione col metro delle battaglie navali anzichè con quello d elle battaglie terrestri. Una volta messi fuori combattimento i mezzi corazzati nemici, la flotta vittoriosa dei carri armati poteva muoversi a piacimento, con l'autonomia e la velocità dalle scorte di benzina e dalla natura delle piste. Ciò che era più preoccupante, era la qualità net!tamerrte superiore dci mezzi corazzati .tedeschi. Questa superiorità durò fino all'arrivo degli « Sherman cioè fino alla battaglia di El Alamein. Il nostro Stato Maggiore Generale e il Gabinetto di guerra non seppero valutare nella giusta misura questo fattore, pensando che la quantità potesse supplire alla deficienza qualitativa. Questa teoria non era esatta, almeno nella guerra del Nessun commento a questa esatta valutazione dell'azione decisiva che la guerra nel deserto riserva alla superiorità in mezzi motocorazzati e in mezzi controcarro, sostenuti da una potente aviazione c alimentati da adeguati c tempestivi rifornimenti.

Nessun commen to a questo realistico quadro che, avvalorando relemento dominante della guerra in Africa Settentrionale, svela l'inconsistenza del numero, se i mezzi, ed in particolare l'armamento, non sono adatti.

( l) Vds. la pubblicazione (( Rommel '' del Gen. Inglese DESMONo Jo uNr., con prefazione del Feld Maresciallo Sir CLAUDE J . E.

Ma poichè sul numero rilevante di prigionieri italiani la propaganda nemica fece buona presa durante la guerra, sembra opportuna una leggera amplificazione dell'immagine marinara per includere in essa i prigionieri ca1lturati dopo una battaglia nel deserto e mostrarli, quali non possono non apparire in una rappresentazione fatta al vivo: naufraghi alla deriva presi a bordo dal nemico che ha mandato a picco le navi dell'antagonista (l).

Il raffronto tra la guerra sulla sabbia e quella sul mare, così completato, si illumina di onesti riflessi verso i combattenti di una sfortunata battaglia, che pur coscienti dell'impari lotta seppero, nella loro grande amarezza, continuare a battersi con bravura, durante due interi mesi, rispondendo alla imperativa voce del dovere.

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