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DEDUZIONI E CONCLUSIONE
La severa, duplice sconfitta, che aveva costretto le armate dei Balcan..i a riparare molto frettolosamente a nord della Sava incideva profondamente sul morale dell'esercito e delle popolazioni dell'impero; dava esca formidabile all'irredentismo slavo i cui rappresentanti presso le •potenze dell'Intesa già si agitavano per conseguire i loro -,copi di autonomia e di separatismo. Il prestigio dd governo imperiale ne' usciva 'Scosso agli occlhi dei popoli sottoposti ed a quelli dei nemici. Si dileguava. ogni speranza di intervento della Romania a fianco degli imperi centrali; la Bulgaria continuava a restare con le armi al piede in attesa di ·più favorevole occasione.
armate del Potiorek ridotte l'una, la sesta, a poco più di un decimo delle forze iniziali; l'altra a circa un terzo. Grande il numero di prigionieri caduti in mano <liei Serbi, di gran lunga superiore a quelli perduti da questi ultimi durante l'intera campagna; indice della rapida dissoluzione di quelle armate, che pure dall'agosto al novembre 'SÌ erano batn1te bene.
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Ma le privazioni, le sofferenze fisiche, i disagi sofferti durante la marcia dalla Drina alla Kolubara ed ai monti di Arangjelovac; la c;orpresa e la rapida e completa sconfitta della 6*' annata; la celere ritirata alla Sava, avevano sconvolte le unità austro-ungariche assai più dii quanto non lo fossero state le serbe, pure più volte battute e costrette a ripiegare abbandonando il suolo della patria in mano del nemico.
La multiforme varietà di razze; la consanguineità di taluni elementi con quelli dell'esercito nemico, impediivano la sicura cementazione soltanto possibile quando esercito e popolo si confondono. L'e- sercito degli Asburgo, che per secoli era stato base del per tere imperiale, cominciava a sentire le ripercussioni disgregatrici della lotta per la nazionalità; non potevano gli Slavi restare insensibili di fronte ai Serbi i quali, accanto al simbolo della Grande Serbia, già sbandieravano .anche quello della Jugo.5lavia. Tanto più pr ofondo era l'influsso, in quanto l'esercito del piccolo regno si, era mo.5tra:to capace di battere sui campi di battaglia quello del potente impero, lanciato.5i nella lotta con l'orgoglio.5a sicurezza di. schiacciarlo in breve tempo.
Il dis.astrooo esito della campagna dava un rude colpo alla saldezza dell'impero danubiano; il colpo più temuto e che si voleva ad ogni costo evitare,.
Il principe Alessandro, nell'assumere il comando dell'esercito serbo, a:veva il 4 ago.5to 1914 lanciato ai suoi soldati un proclama nel guale, mentre si dichiarava sicuro della vittoria, affermava: « Voi vi dovete misurare con un nemico che non ha mai avuto fortune di guerra nè yittorie belliche» .
Le 'Superbe parole non rispecchiavano fedelmente la storia del valoro.50 esercito austro-ungarico. Però nel dicembre i l princrpe pot eva rievocarle e, giustamente fiero della vi ttoria , affermare e sentire che pari alla sua orgogliooa p:revisione era stato il valore dei soldati. Che però parve esaurirsi con la vittoria.
L'es,ercito serbo rimase inopero.50 per tutto ii 1915, incapace ad intraprendere qualsiasi operazione; sino a quando l 'attacco autunnale, di Austriaci, Tedeschi e Bulga6, non lo travolse e lo disperse.

Realmente nel 1914 esso ayeva fatto anche troppo, battendo e ricacciando per ben due yolte le armate dei Balcani; pari per numero, superiori per armamento e per organizza.zione. Senza un periodo di sosta non erano possibile nuove offensive.
La sosta fu però soverchiamente lunga; l'inoperosità eccessiva. E' ammissibile infatti che nel gennaio e nel febbraio 1915 l'esercito serbo non fosse ancora in grado di invadere la Sirmia per vie t are alla quinta armata di partire alla volta dei Carpazi; non è però troppo ohi.aro come un'assoluta incapacità di operare permanesse nel maggio
1915, dopo ben cinque mesi; a tal punto da consentire al Comando Supremo austro-ungarico di trasferire sull'Isonzo, senza il minimo contrasto, anche il XV ed! il XVI Corpo d1 armata. Questa completa inazione, le cui ragioni sono sempre meno chiare (o fin troppo chiare) col trascorrere d ie i mes i e degli anni, rappresenta un successo strategico non indifferente delle annate de i Balcani; queste erano riu~cite a ridurre il nemico in così diisastrose condizioni da vietargli di prendere ulteriormente parte attiva alla guerra.

Sov-erchiamente caro era però il prezzo pagato. Governanti e generali, che avevano tenacemente volu:ta e condotta l'offensiva contro la Serbia, assai magra consolazione potevano trarre dal successo strategico che era costato, oltre a tutto il resto, la ~issoluzione di un forte nucleo dell'esercito il cui rendimento operativo sarebbe stato cli gran lunga maggiore sul princi-pale teatro di çipernioni. Successo strategico le cui conseguenze poterono essere valutate 'Solo più tardi, mentre per il momento restava solo il cocente dolore <klla dura sconfitta.
E di questa la maggiore responsabilità, la prima, gravava sugli uomini di governo.
Nella prima Grande Guerra politica e strategica assai spesso non ~anno agito in guisa da trarre il ma·ssimo frutto dalla situazione politica e dalle operazioni; non di rado sono state in contrasro. Nel campo austriaco la politica ha inizialmente impostato alla strategia un . problema di dubbia soluzione; imponendosi poi l'una all'altra ne è stato pregiudicato la condotta stessa delle operazioni.
La contemporaneità qella guerra SUI due fronti non fu prevista al punto da permettere allo stratega di prendere in tempo i provved imenti necessari; solo quando i mezzi erano orientati in una sola direzione ed il complesso meccarusmo ,della m obilitazione e della radunata già volto verso sudi nacque imprevist a, ma non imprevedibile, la necessità di provyedere anclhe ad oriente.
Pressioni politiche vogliono le ripetute offensive contro la Serbia e la sicura copertura -dell'Ungheria, come avevano prima volut~ quella della Bosnia e della Erzegovina; tolgono il Potiorek dalla clipen-
<lenza del Conrad e fanno ,delle operazioni nei Balcani ed in Galizia due eyenti non solo indipendenti ma contrastanti; concorrono nell'ultima fase della campagna al distacco <lelle due armate per cercare la pronta occupazione di Belgrado.
Scrivendo il Machjavelli della: vita ciyile e della yita militare, anche ai suoi tempi non <li rado in contrasto, afferma : << Se si considerassero gli antichi ordini, non si troverebbero cooe più unite, più conformi e che, di necessità, l'una amasse l1 altra, quanto queste ».

Parole pi ù saggie non potrebbero esprimere più sano concetto. Politica e strategia devono convergere allo stesso scopo : l'una prepara e l'altra risolve. Ad· un problema politico male impostato corrisponde sempre una pessima soluzione strategica; peggio ancora quando politica e strategia, anzichè proce<lere di conserva, contrastano e l' una cerca di soyrappors.i all'altra. Ed è pel' l'una o l'altra di tali ragioni che vediamo la Russ ia CO'ltretta a contemporanee offensive contro i due imperi centrali, con le conseguenze note; e l 'Austria agire contro Rus sia e Serbia; mentre i mezzi e l'organizzazione di cui ciascuno degli imperi di Mosca e di Vienna disponeva non consentivano di operare offensivamente nello stesso tempo in direzioni div~rse. Oltre all'andamento della rete ferroviaria andl).e considerazioni politiche, la copertura della Bosnia, influjscono sulla radrunatai delle annate dei Balcani in Sirmia e cost ringono ad operare contro la Serbia con una linea di rifornimento aleatoria.
La Germania dovette, in parte anche a ragioni politiche, la protezione della Prussia orientale, i1 naufragio sulla Marna del suo piano di guerra. I governanti inglesi furono causa precipuia <leJla infelice spedizione di Galli'p,i::>li e degli insuccessi del generale Murray in Palestina.
E non si può non ricordar,e che il notevole ritardo yerificatosi nella mobilitazione e radunata italiana, con la conseguente mancata ·sorpresa, fu d'avuto al nessun accordo fra politica e strategia; i governanti italiani non cred'ettero necessario informare a tempo il Capo di S. M~ dell'eserci to della data stabi'lita, d' intes.a con Francia ed Inghilterra, per l'entrata in guerra dell' Italia .
Nè meno nefasto è stato il prevalere della strategia: la Germa- oia, nel 1918, è anda:ta più completamente allo sfacelo per il soverchio ascendente ,del L udendorff sulla condotta politica della guerra.

Di fronte a tutti questi casi non brillanti di sfortuna to influ sso della p olitica sulla strategia, vi è stata, durante la Grande Guerra, una concezione strategica di un uomo politico che si è presentata con veste assai attraente.
Lloyd• George, è noto, proponeva di abbattere gli imperi centrali portando, attraverso la fronte italiana, un colpo morta le a ll ' A ustria, con forze italo-franco-inglesi . Gli fu favoreyole il Cadorna ; i capi degli eserciti francese ed inglese si opposero recisamente; l'idea rim ase nel cam'_po astratto ed ha serv i to al ministro inglese quale base ciii recriminazioni po.stume e di acerbe critiche nelle sue memorie.
Oggi altri .critica· la recisa opposizione di Joffre, Nivelle, Robertson.
Ma chi può dire come le cose sarebbero andate se l'idea fosse stata attuata?
La strategia, ha detto taluno, con ·soverchio semplioismo, è l 'a rte del buon senso; e siccome la concezione era basata sul buon senso, così doveva essere attuata, ne sarebbero nate grandi cose.
P uò ,essere ; ma la strategia è anche, e sostanzialmente, arte di esecuzione, come tutta l'arte della guerra; e di essa conta nella storia quello che è stato ccmpiuto, non quello che è stato concepito.
Ed i fatti dicono che nella Grande Guerra, come sempre, fintromissione inopportuna ,della politica nella strategia non è stata foriera dì succes·s~; i qua li invece non sono mai mancati quando politica e strategia hanno operato in re ale accordo.
Per i nostri P adri rcmani non v'era distacco fra politica e strategia; fra ordin amenti civili ed ordinamenti militari. Il console era generale; il cittadino soldato; il popolo esercito.
A rendere irreparabili le conseguenze dell'errore po litico-militare di una contemporanea offensiva su due fronti con mezzi inadeguati e di un a l i nea d'operaz ione inaqatta, 'SÌ aggiunge l'errore stra tegico finale del Potiorek : là divis ione delle forze di fronte al nemico, non iancora ·àel tutto fuori causa, per tendere con una grossa frazione di esse ad obiettivi del tutto secondari.
Il generale Bolfras, addetto alla segreteria militare dell'imperatore, gr-and'e amico del Potiorek e clhe tanto aveva contribuito a renderlo indipendente dal Conrad., l o definì « errore incalcolabile palese a tutto i l mondo ».
La concezione è nell'ordine del 19 noyembre: « Intendo - scrive il Potiorek - impadronirmi di Belgrado con la sa armata tenendo impegnato, con la 6"' armata, il grosso ·dell'esercito nemico...

« La 5" armata deve impadronirsi di Belgrado... convergerà poi a sud».
Deve ancora riuscire a porre il piede sulla destra della Kolubara, così importante per assicurare la nuova linea di rifornimento, e già imbastisce la manovra che separerà le due armate . E' bens.ì vero che in quel momento il Potiorek vedeva l'ulteriore avanzata come la prosecuzione dell'inseguimento di un nemico già in rotta ; ma anche quando le dperazioni del 21 e del 22 novembre mostrarono dhe una seria battaglia si era ingaggiata sul fiume e che il nemico resis teva ancora vigorosamente, egli non cambiò opinione e la'Sciò immutati gli ordini del 19.
I più hanno sempre vinto i meno. Il Potiorek dette ai Serbi facile modo clii essere successivamente i più contro ciascuna delle sue annate. Nè il sno pronto intervento per accelerare la conversione a sud della 5" armata riuscì a ridurre le funeste conseguenze della separazione delle forze .
L a 5"' A. operò con grande lentez.za; ma quand'anche fosse riu:scita a gua:dagnare un giorno non avrebbe ristabilita la situazione; ia sua pressione fu sentita dai Serbi l '8 dicembre, quando il forte scossone dato alla difesa di Belgrado costrinse il Putnik a togliere nuove forze dalla fronte occidentale; ormai però la sconfitta della 6&A. era irrepat1abile da due giorni ed il grossq dei Serbi poteva !iberamente man ovrare.
All'errore strategico si aggiunse l o sparpagliamento delle forze sul campo di battaglia della stessa 6" armata: l'allontanamento della 18aDiv. per l a manovra in val Morava, che l asciò più isolato che mai il XVI Corpo: il nucleo di forze maggiormente esaurito nel punto più .delicato, senza linea di rifornimento; a protezione della stazione terminale della .tanto desiderata ferroyia.
Anche l'esagerata svalutazione <lell'avversario concorse ad indurre: il Potiorek alla separazione delle forze ed a permanere nella sua concezione .pur quaod'o i 'combattimenti sulla Kolubara palesarono che non si trattava più, soltanto, di inseguire il nemico in ritirata.
La fortuna delle armi constantemente favorevole dalla Drina alla K ol ubara; i relitti della ritirata serba; la facilità con cui rtpar,ti nemici avevano ,ceduto le anni; fecero sì che tutti i comandanti fossero convinti della superiorità austro-ungarica. Le relazioni dei generali in sottordine mentre descriyevano a fosclhi colori stato delle truppe e disorganizzazione dei servizi, concludevano con proposte di carattere operativo.
Qualunque audacia era perciò ,possibile; anche l'imprudenza.
E, forse, qualunque audacia sarebbe stata p,o,sibile se si fos·se continuato, senza tregua, ad incalzare il nemico; non più quando si era costretti a lasc.iarlo ritirare, yolontariamente ed indisturb ato, dalla Kolubara.
Il ,Potiorek era ritenuto fra 1migliori strateghi e tattici dell'esercito aUJStro-ungarico; le ,esercitazioni ,da lui congegnate e dirette in pace facevano scuola; il carattere fiero, tenace e fermamente volitivo; l'intelligenza profonda e la vasta cultura; l'aspetto e l'animo di soldato ne facevano un comandante che molti ritenevano superiore al Conrad. Ed è probabilmente per la notorietà e la stima di cui era circondato nell'esercito, che egli non pagò il fio dell'assassinio di Sar,ajevo, ,dti cui fu immediato testimonio e di cui p ortava , una buona parte di responsabilità, quale comandante militare della Bosnia ed Erzegovina all'epoca della visita dell'arciduca Francesco F erd inando. Ma la tenacia del carattere e l'intelligenza, più profonda che vivace, fecero si che egli applicasse troppo rigidamente la dottrina di cui era imbevqto.
L a d ottri na dell'esercito austro-ungarico è, nel 1914, ipnotizzata come 11a germanica d'a cui' derivava, dal «' Cannae » dello Schlieffen.

La manovra a doppio avvolgimento è premessa indispensabile di yittoria: rapporto tra le forze, celerità <li mosse le soggiacciono.
Sì aggiunga l'influsso, ancora sentito, dei « Principi di str'ategia appUcata alla guerra del 1796 » delParciduca Carlo. La strategia, secondo l'Arciduca, è gioco di mosse meccaniche, 'SOttoposta a regole fisse; egli, dal suo Grande avversario, aveva assimilato forma, noo sostanza . Ne era nata una dottrina dura , schematica, materialista .

E l a condotta delle operazioni nella campagna austro-serba è schematica e materi alista: il prestudiato gioco delle mos se, la previ~tra direzione ·dii attacco sono tutto.
Abbiamo visto cane la manovra preconcetta debba sempre, ad ogni costo, essere attuata; andhe nel campo tattico, ed anche quando la situazione •presenti occasioni favoreyoli all'esecuzione di movimenti aiversi che potrebbero condurre al successo. Si arriva a perdere tempo, che in guerra è più che mai prezioso, pur di attuare quella determinata concezione.
E qualche volta il Potiorek, come nella manovra finale dj separazione delle due armate, agisce astraendo dal nemico; il quale avreb-be <lovuto consentirgli di far ccmpiere alla 5" annata il largo movimento avvolgente da nord, che avrebbe poi condotto alla battaglia finale con due attacchi conv ergenti.
I comandanti in sottordine lo assecondarono con una ,disciplina delle intelligenze talmente perfette da finire in una metodicità che fa battere UJ11a sola strada, inca'Pace di adattarsi a nuove situazioni, che avrebbero bisogno di elasticità di concezioni e procedimenti di pronta decisione e celerità dì esecuzione.
Ora la manovra serve a<L accrescere i risultati della vittoria; ma quella manovra che le circostanze consigliano, non un tipo unico nel quale il comandante si sia fossilizzato.
L'arte della guerra è l'arte delle combinazioni; non quella di una sola . ·
E nessuna combinazione riesce se non è accompagnata da ese·cuzione prontissima; e assecondata da una elastica .disciplina delle intelligenze dei capi jn sottordine, la quale faccia sì di tut te le j ntelligenze un fascio tendente ad uno scop 1mico, ma con mezzi e con modalità clie possono essere diversi da punto a punto, da memento a momento, da nemico a nemico.
Schematismo e rigidità sono il perfetto contrario dell'arte della guerra.
La R . A. scrive : « La vecchia esperienza che Napoleone espresse con le parole « l'art de vaincre est perdue sans l'art de subsister » si dimostrò ancora una volta veritiera » .

Non y'ha dubbio: ad una concezione teoricamente ingegnooa mancò proprio nell'esecuzione « l'art de subsister » .
Ma anche il disastrooo funzionamento dei servizi ha le sue prime origini nel rigido attaccamento al piano preconcetto e tenacemente mantenuto.
La direttrice di operazione della 6a A. era stata scelta quando il compito dell'armata era secondario; allora la conquista della linea di rifornimento meridiana era affidata a<l altre truppe marcianti da nord ,erso sud e non alla sesta armata la quale sarebbe arrivata nel cuore della Serbia ad avvenimenti già conclusi da parte della 2"' e della 5a A. e relativamente facile le sarebbe riuscito cambiare linea di operazione.
Inoltre era ben diverso seguire una direttrice povera <li strade nella buona stagione, quando cielo sereno e temperatura ruite aiutano a superare m o lte difficoltà, che non nella stagione autunnale. Non si tenne conto di ciò nè della maggiore importanz;a <lel compito affidato all'armata, la quale avrebbe dovuto ammassarsi assai più d ensamente che non nel caso di operazioni a Gruppo B integro e,d, operare con ritmo assai più dinamico: incontrando quindi maggiori d i ffico ltà nel funzionamento dei servizi.
Ed anche alla ripresa delle operazioni nel settembre, dopo la battaglia del Cer, il pi ano del P otiorek si basava su quello già stu·diato in pace; ohe non aveva subìto varianti quando era venuta a mancare la 2 · armata e non ne subiva neppure quando erano facilmente preved ibi li le difficoltà che, nella stagione autunnale, avrebbe presentato b l in ea di operai;ione or" '.?lta.
La preparazione della guerra era però, prima del 1914 un po' rigida presso tllitti gli ·stati maggiori .

Ciascuno aveva un piano perfettamente delineato dal quale nessun comandante seppe distaccarsi, prima di subire durissime lezioni; le quali m o.s trarono che situazione e forma di guerra non erano quelle previste.
Preparazione e condotta di una guerra non possono basarsi su una sola ipotesi. Un piano di operazioni non può risolvere tutti i molteplici problemi nè pflronta re tutte le mutevoli situazioni che si presenteranno, nelle forme più insospettate, allo scoppiare di una guerra.
Gli studi preventivi, per evitare di fossilizzare le m enti, devono concretarsi, per ciascuna possibilità di guerra, sostanzialmente in progetti d i radunata che si prestino al maggior numero di combinazioni; fra le quali la scelta, il più delle volte, non può essere compiuta che al momento.
Mcxnento che bisogna saper cogliere per prevenire l'avversario. 11 tempo è moneta nella vita ordinaria; è assai più che moneta, in guerra: è linfa vitale del paese che non si deve disperdere. N oi crediam o perciò altrcsì che, decisa la guerra, n on si debba tergiversare oltre; occorre dare subito addosso al nemico per batterlo ovunque e comunque. L 'attendere di essere meglio pronti per compiere un a manovra prestudiata è favorevol1e al n emico. Il bat~rlo non dipende dalle forze assolute che si possono mettere in campo; ma dalla relatività delle forze contrapposte. Se questa relatività in un certo punto ed in un duerminato memento è a nostro favore, si deve sfruttarla subito.
Nella scelta del momento e nella celerità operativa non brillò il comando dell'esercito austro-ungarico.
La guerra era certamente decisa sino da quando fu inviato l'ultimatum alla Serbia; rotte il 26 luglio le rel azioni diplomatiche l'esercito non era pronto,, forse anche per lo scarso accordo fra autorità politiche ed autorità militarì, ad operare. Si lasciò trascorrere più di mezzo mese perdendo li'occasionc di cogliere l'esercito serbo impreparato e lontano dalla fr onti era; gran parte di esso era infatti nelle provincie di recente annes.5e ed aveya bisogno di lungo tempo per accorrere verso nord.
Il tempo perdu to fu duramente scontato, come fu pagata ad: assai caro prezzo la lentlezza con la quale alcune unità , specie della 5" armata, operarono anche :sul campo tattico; lentezza sulla quale di volta in volta ci siamo soffermati nella narrazione.
La vittoria finale serba è la conclusione di una manoyra di rjpieg.amento; manovra, come abbiamo già ,dimostrato, non voluta <lal Putnik ma compiuta perchè imposta dall 'a vversario e subìta dopo ripetute sconfitte,
Il Putnik era un vecchio soldato; proveniente dall'artiglieria aveva preso parte a tutte le guerre combattute d aLla Serbia dal 1876 in poi, sino ad essere nominato nel 1912 Capo di Sta:to Maggiore generale. La sua mental ità era nettamente offensiva; in piena armonia con . la dottrina dell'epoca la quale, in tutt i gli eserciti, vedev a esclusivamente l'offensiva e preparava a ,tal punto animi e menti all'offensiva da farli trovare disorientati davanti al problema difensivo.
Ed il Capo di S. M. dell'esercito serbo, dopo aver compiu'to assai brillan temente· la manovra che portò alla vittoria sul Cer e sullo 'T adar, si trovò <lisorienta;to di fronte alla nuova offensiva del Potio· rek e non -seppe risolvere il problema della difesa se non schierando tutto l'esercito a cordone e cercando di evitare ovunque l'invasione della Serbia. Privo completamente di riserve non potè evitare che il suo schieramento sempre più lineare, debole ovunque, fosse causa di numerose sconfitte che obbligarono l 'esercito ad arretrare pa·sso passo per una profondità considerevole sotto la pressione <lelFavvers.ario. Non ebb-e mai in mente ;di compiere una vera manovra di ripiegamento che rcmpesse il contatto col nemico, il che non era difficile, e gli desse di nuovo in mano l'esercito ,riunito e gli consentisse di r ipartire all'offensiva nell ia djrezione più conveniente.
E' assai probabile che, senza l 'iniziativa del Misic e la conseguente bella e reale manovra ìdi ripiegamento del la I armata , l'esercito serbo si sarebbe logorato -sino ad ~sere ccmplet amente battuto fra Kolubara e M orava.

Il Putnik non yo lev a cedere territorio; i popoli erano già allora molto sensibili alla invasione ed i l comandante non poteva non esserne influenzato.
Ma più che altro alla libera concezione di una vol ontaria manovra di ripiegamento, per raccogliere meglio le forze e riacquistare la iniziativa delle operazioni , si opponeva la dottrina militare del preguerra; la quale volutamente la ignorava.. Solo l'accenno minacciava di incrinare lo spirito offensivo di cui tutte le dottrine erano impregnate.
Ed, è naturale che il Pu tnik, portato per natura all'offensiva ed imbevuto di quella dottrina, abbia esitato a ccmpiere a tempo una vera manovra di ripiegamento giungendo a farsi sempre imporre dal nemico l 'abbandono delle posizioni od a subire, contro le sue direttive, l'iniziativa dei coman,d anti di armata; ccmpiendo una ritirata dhe, ·sol o per la lentezza degli Austro-ungarici e per l'assoluta mancanza di cavalleria nemica, non portò al ccxnpleto dissolvimento del1 ' esercito serbo.
Tale era la fobia contro la manovra di ripiegamento che in Francia il generale Lanrezac fu « silurato » precisamente per aver interrotta la battaglia di Charleroi ed aver fatto ripi egare la quinta armata. Fu , forse, nei primi giorni della campagna, l 'unico atto di manovra ccmpiuto dai Francesi improntato a buon senso ed a dhiara visione ciella propria responsabilità di fronte al paese ed all'esercito.
La manovra del Lanrezac sventò il piano germanico e salvò l'esercito francese dandogli modo di vincere alla Marna; come il ripiegamento italiano nell'ottobre 1917 fu la base della battaglia d'arresto sul Pia ve (1) e delle vittorie del giugno e dell'ottobre r9r8; come guello serbo del 1914 fu necessario preludio alla vittoria di Arangielovac.
Ma se i risultati operativi furono in questi casi grandiosi, lo furono a mal grado degli uomini, giacchè i ripi egamenti attuati quando la situazione era diventata grave, trovarono quasi sempre comandanti che li subivano e stati maggiori impreparati alla tecnica di uno fra i più difficili atti di manovra.
(1) Ci piace riportare, a proposito della battaglia d'arresto sul Piave del novembre 1917, I.e parole del rnarescbllo P éta in: « Du m ont Grappa au Piave les armées italiennes reconstituées offrent à l'envasl-i~reur un~ barrièrc in frnn· chissable et s'assuren t a in~ le mcrite et l'honn cur de sa u ve r leur patrie».

Nella guerra di movimento la manovra di ripiegamento è un atto che può essere necessario ed utile senza che ne soffra il concetto generale offe nsivo di un'operazione; anzi per la migliore esplicazione <Ji esso.
« La concezione ·d'eHa guerra cli movimento - ~1a s.critto il generale Zoppi - parte da un punto di vista cristallino e perciò incqui-· vacabile: se si vuole fare guerra decisiva occorre muoversi. Muoversi sapientemente, muoversi preordinatamente .con saggezza guerriera ... avendo la coscienza di avere tutto previsto e tutto preordinato, pur sapendo che un tanto di rischio si dovrà sempre affrontare.. . Nella guet,ra di movimento si avvicendano, nel tempo e nello spazio, l'offensiva e la djfensiva » .

L a concezione non potrebbe essere più chiar a.
Ora la .cJifensiya non può e non <leve essere statica; quindi non va concepita quale difesa accanita di un lembo di terreno, cui ci si a ttacca quale ostrica allo scoglio.
In gl!erra di movimento occorre essere pront i a muovere in ogni direzione, per compiere quella manovra che il memento suggerisce. La manovra di ripiegamento è una di esse: bisogna essere in grado di ben preordinarla; dalla sua buona esecuzione può dipendere la vittoria finale delle stesse truppe ,dhe l a compiono o .cJj altre unità. Per guadagnare tempo e spazio, per facilitare la manovra principale offensiva, per rallentare la marcia dell'avversario; una difensiva movimentata, con imposizione di successivi tempi d'arresto al nemico può essere di ben maggior rendimento che non la difensiva statica. Di questa difensiya dinamica sarà elemento importante l a manov ra di ripiegamento.
Lo stabilire i l momento in cui svincolarsi dal nemico; le modalità da seguire; la cos·tituzione. ed i compiti delle retroguardie; le <l'irezioni di marcia; il movimento delle artiglierie ed i loro successivi schie ramenti; le posizioni di arresto, i tempi ed i punti delle contr~ffensive parzial i; la profondità dello scaglionamen to . La sapienza di agganciare il nemico quando si vuole, senza essere agganciati; il sottrarsi a tempo agli attacchi <legli elementi celeri e motorizzati o meccaniz7.,atÌ i quali saranno per certo di grande molestia per chi ripiega; la cooperazione atti va indispensabile ,dell 'aviazione. E<l ancora l'organizzazione dei seryizi, di particolare difficoltà in un movimento retr ogrado; la regolazione del movimento stradale; c05e queste ultime assai meno stmplici delle similari nelle marce di avanzata.
Si tratta di superare, spesso premuti dal nemico, difficoltà gravissime di impiego, di organizzazione e di tecnica; punti sui quali e.leve rapidamente soffermarsi la mente del capo, per concepire e decidere e sui quali comandanti e stati maggiori devono elaborare in breve tempo il procedimento da seguire per riuscire allo scopo nel migliore dei modi.
Questo tipo ,di manovra, proprio della difensiva dinamica in guerra di movimento, deve perciò essere studiato e conosciuto, anche nella sua parte tecnica, per evitare che un atto di manovra, necessario per il conseguimento dello scopo, si trasformi in disordinato arretramento.
Mi riferisco naturalmente alla manovra strategica; chi sul campo di battaglia ha or,dine di difendere una posizione non può e non deve pensare ohe a resistere sino all 'ultimo.

Il Putnik, alla testa di un esercito, operò in modo molto simile a quello del comandante di t!na piccola unità H quale, sul campo di battaglia, tende giustamente a morire sul posto piuttosto che abbandonare il territorio affidatogli. M a mentre questi ha ragione piena e non potrebbe agire dive rsamente, il comandante di un esercito deve bvecc sapere trovare in se stesso la forza di assumere a tempo anche la grave responsabilità di un ripiegamento, quando solo da qt1esto può sperare la salvezza dell'esercito e del Paese.
Il generale Misic, al quale più tardi dovevano essere affidate le sorti dell'esercito serbo negli ultimi mesi della Grande Guerra, vide assai megli o la situazione e comprese come solo liberand osi dalla morsa del nemico sarebbe stato possibile salvare l'esercito e passare poi alla controiTes.a. Il rip iegamento della sua armata dalla Kolubara alla Rudnik è un vero modello di manovra ben concepita e meglio attuata, come la 'SOll:ecita controffensiva del d'ue dicembre è un altro atto di iniziativa a ragione yeduta. Senza concepire difficili e particol ari combinazioni egli raccogli e, per mezzo della man ovr a di ripiegam ento, le sue d ivisioni'; ne forma una massa unica, compatta, elastica e la lancia suJ nemico, gettando le basi delk vittoria finale.
Meriterebbe lo studio della campagna l'approfondimento di altre questioni: l'esplorazione nel campo strategico e nel tattico le quali, per difetto di mezzi e per incertezza di concezioni non hanno sempre reso quanto da esse era giusto at tendere; la sicurezza in stazione ed in marcia che non sempre è riuscita a sventare la 'SOrpresa; l'azione dell'artiglieria contro le fanterie attaccanti e la conseguente necessità e.li una buona organizzazione di controb,atteria in guerra di movimento; la mancanza di sufficiente spinta negli inseguimenti e l'incompleto sfruttamento di alcune vittorie sul campo tattico; la facilità con la quale è stato quasi sempre possibile ad uno dei due avversari rompere il contatto e sottrarsi, anche in pieno combattimento, alla pressione dell'avversario; e molte a ltre questioni ancora .
Sarebbe lungo e non utile: lo studio e la discussione dei particolari di una campagna sono più redditizi ·sulle guerre del proprio esercito che non sulle altrui. Giacchè se nella condotta strategica ed in quella delle grandi battaglie contano mente ed animo d i capi, che possono essere U<Xllini di eccezione, nelle partiwlari operazioni h a valore essenzialmente l'animo della massa, che è. caraHeristico cli ogni popolo. Ciascuno fa una guerra sua, determinata dalla sua particolare psicologia.
La diversa psicologia dei due eserciti balza viva, anche nella campagna austro-serba da ll 'in:si eme delle operazioni.
Da un lato, l'austriaco, si punta più sul materiale, sulla organizzazione, sulla dottrina; sopravalutando se stessi e ponendosi più nel passato che nel presente, i capi austro-ungarici non tennero sufficiente conto del moral1e e dell'alto spirito cui il sentimento di nazionalità e la sensazione d i combattere per l a libertà e l'indipendenza del paese potevano elevare un popolo unito e l 'esercito che da esso nasceva .

I Serbi puntarono più che altro sul morale; e vinsero, cbè le sofferenze, forse maggiori di quelle sopportate dai nemici, non valsero a disgregarli.
La guerra è fenomeno altamente spirituale; vince chi ha in sè tanta forza d'animo da non sentirsi mai completamente battuto; e chi vede nel nemico, sino a quand o non lo ha completamente str oncato, una forza capace di risollevarsi e di far testa.
Il P otiorek clhe pur poosedeva la qualità di non sentirsi mai vinto .- dopo la sconfitta <li Arangjelovac già pensava a riordinare la 6· armata ed a riprendere le operazioni .- questo non vide. Ritenne il nemico talmente battuto, da indursi a proseguire le operazioni a malgrado della imbarazzante situazione logistica e con una man ovra fra le più imprudenti; sino all'insuccesso finale.
La lezione non doveva essere inutile.
Nella campagna del 1915 il M ackensen , pur trovandosi di fronte l'esercito serbo io vera e completa rotta tanto da poter trovare rifug:o soltanto in Adriatico sulle navi italiane ed alleate, arrestò l'avanzata quando le condizioni logistiche gli parvero proibitive.

Non ritenne prudente tenere troppo poco conto neppure di un nemic o che era già in vero sfacelo.
La consiiderazione del Clausewit:z che un esercito battuto può, nell'interno del pr oprio paese, trovare tali energie spirituali e materi al i <la trasformarlo da vinto in vincitore, fu tenuta ben presente dal M ackensen; era stata del tutro trascurata dal Poti orek.