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Il Piano di Contingenza
rimane un’ipotesi residuale e l’impiego delle Forze Armate, di massima, dovrebbe avvenire con il consenso del Paese ospitante e con l’approvazione del Governo italiano. Secondo la Direttiva IPPOCAMPO, lo sviluppo del Piano di Evacuazione integra la redazione di un PdE e si avvale, per contenuti e previsioni operative, dei rilievi fatti dalle Missioni Tecniche e dai JST, che, come si è visto, concorrono a elaborarne alcuni degli elementi essenziali, quali la conoscenza del territorio, la presenza italiana nel Paese e la struttura di allertamento. Tutti questi elementi, così come le osservazioni in ordine alla gestione della crisi, si possono sovrapporre a quelli elaborati dal MAE. Gli strumenti, invece, differiscono nella pianificazione e nell’esecuzione delle attività di evacuazione, rispondendo a esigenze affatto differenti. In primo luogo, secondo le disposizioni della Direttiva, la richiesta di evacuazione da parte del Capo Missione, per il tramite dell’UdC, conduce necessariamente all’esecuzione di una NEO. Per questo motivo, secondo le disposizioni militari, tutti gli elementi e le attività programmate dal PdE diventano strumentali all’esecuzione di una Non-combatant Evacuation Operation. La NEO, tuttavia, stante la grave compromissione della sicurezza, necessita di un’accorta pianificazione da parte del COI, che può avvalersi del contributo del COFS, di quello degli Stati Maggiori delle Forze Armate, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, e si realizza nella predisposizione di un Piano di Contingenza (PC).
Il Piano di Contingenza Il Piano di Contingenza organizza e coordina le attività della NEO con disposizioni sulle possibili linee d’azione militare. Approvato dal Ca.SMD, il Piano di Contingenza indica gli assetti militari - in termini di personale, mezzi e risorse - per la gestione delle emergenze, che vengono indicati come Joint Evacuation Task Force (JETF). Dal momento che, per le attività previste dal Piano di Contingenza, le Forze Armate devono potersi coordinare con quelle dell’UdC, la Direttiva dispone che il JETF debba mantenere il più efficace collegamento con la MD e, per questo motivo, un cosiddetto “Team
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di collegamento” deve essere inviato nell’area in crisi già a Livello di allerta 2. In proposito, è opportuno precisare che le disposizioni del 2010 della Direttiva IPPOCAMPO sui Team di Collegamento sono state seguite, nel 2011, da specifici protocolli operativi, che hanno riorganizzato la struttura e le funzioni dei Team di Collegamento nei NACC, i Nuclei Avanzati di Collegamento e Coordinamento, che operano secondo le direttive del Piano RAPIDO. In questo senso, si chiarisce quanto anticipato sulla possibilità di condurre attività operative secondo la Direttiva IPPOCAMPO e, in parallelo, condurne altre secondo il Piano RAPIDO. Il Piano di Contingenza, infatti, si avvale del contributo dei NACC e si realizza secondo una serie di linee guida, individuate schematicamente nella Direttiva IPPOCAMPO come: - Monitorizzazione della crisi; - Area delle Operazioni; - Area Intermedia; - Trasporto Strategico; - Trasporto del PE (interno, intermedio, finale); - Rilevanza mediatica; - Evacuazione medica; - Comunicazioni; - Sostenibilità. Non intendendo riproporre i contenuti della Direttiva, ai fini del presente studio è opportuno analizzare le “linee guide” del Piano di Contingenza negli elementi che maggiormente si discostano da quelli di un PdE. Dando per scontato che le attività di gestione delle emergenze e le operazioni di evacuazione, presuppongono - in ogni fase e a ogni livello - il più stretto di collegamento tra UdC e assetti militari, non bisogna dimenticare che i responsabili delle strutture realizzano attività operative con modalità affatto differenti e che le culture professionali di appartenenza esprimono mentalità altrettanto diverse, per quanto capaci di coordinarsi, a livello di prudent planning. È opportuno precisare che la pianificazione di una NEO necessita della verifica di tutte le opzioni realizzabili in scenari incerti.
In particolare, per il contingente militare coinvolto è indispensabile avere contezza di tutti gli elementi del Piano di Emergenza e, soprattutto, conoscere il numero esatto dei civili del cosiddetto Personale da Evacuare, che, come ricordiamo, comprende sia connazionali sia civili stranieri, che hanno titolo a ricevere assistenza dal MAE. Tornando alle Linee guida di una NEO, la cosiddetta attività di “monitorizzazione” si realizza attraverso gli aggiornamenti che possono pervenire ai militari, sia dai NACC che dalla UdC, sullo stato di crisi e l’evoluzione delle emergenze nell’area di operazioni, che nella pianificazione di una NEO ha una portata più vasta dell’area sulla quale ha responsabilità la MD. Se, infatti, la Missione Diplomatica ha competenza entro i confini del Paese ospitante, secondo le norme di ordinamento del MAE, l’Area di Operazioni di una NEO deve intendersi come l’area geografica interessata dalle operazioni di evacuazioni e, pertanto, non limitata ai confini nazionali del Paese ospitante. Le esigenze di evacuazione, infatti, possono riguardare anche aree limitrofe a quelle del Paese ospitante, che la Direttiva definisce Joint Evacuation Operation Area (JEOA). Per meglio esplicitare il concetto è necessario collegarlo a quello di Area Intermedia. L’AI soddisfa, infatti, le necessità logistiche di una NEO e, per questo motivo, gli assetti predisposti devono trovarsi in luogo sicuro per le attività di supporto. Se nel Paese d’intervento non sono presenti aree sicure per allestire la logistica, questa deve essere collocata in Paesi vicini (si pensi, per esempio, a uno scalo aereo durante un volo verso l’Italia). La JEOA può allargarsi, quindi, oltre i confini del Paese interessato dalla NEO. Peculiari sono invece le esigenze di trasporto strategico della JETF. Il movimento di personale, mezzi e materiali per l’esecuzione di una NEO assume un valore assoluto per la sua riuscita. Le ulteriori attività interessate dalla logistica relative alle linee guida “Evacuazione medica”, “Comunicazioni” e “Sostenibilità” sono fortemente influenzate dalle capacità di proiezione delle forze militari in aree lontane dalle proprie basi. È del tutto ovvio che le operazioni